Capitolo 14 - Calum (R)
Lydia non veniva a scuola da una settimana e nonostante io fossi andata direttamente a casa sua, sua madre mi aveva riferito che la mia amica era malata e, prima ancora di chiederle se potessi salutarla, tagliò corto dicendomi che stava dormendo ed era meglio non disturbarla. Dopodiché, con poca delicatezza, mi aveva chiuso la porta in faccia ed ero stata costretta a tornarmene a casa poi amareggiata di prima.
Appena messo piede sul vialetto, venni travolta da un ragazzo fin troppo familiare; alle sue spalle notai un grosso borsone nero e dedussi che sarebbe rimasto a farmi compagnia per un po' di tempo.
«Mi sei mancato tanto Cal, ma se vuoi che tua sorella rimanga tale, devi allentare un po' la presa» sussurrai con voce strozzata.
Restammo stretti uno all'altra per molto tempo: era da mesi che non ci vedevamo o sentivamo, eppure, chissà come, ora che sentivo il bisogno di averlo accanto, si era materializzato qui a Beacon Hills.
Rise allegro e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, permettendomi di respirare nuovamente. «Perdonami. Mi sei mancata anche tu.»
Entrammo in casa e, nel mentre che lui sistemava le sue cose nella camera degli ospiti, io cominciai a cucinare qualcosa, certa che dopo il viaggio da... Be', da ovunque arrivasse, avesse fame.
«Vedo che ti sei sistemata bene» osservò ironicamente, indicando con un cenno la pila di scatoloni che regnava in salotto.
«Non male, oserei dire. E comunque non ho avuto tempo di disfare tutto, dato che mamma e papà mi hanno fatta arrivare qui il giorno prima dell'inizio della scuola.» Continuai a mescolare il sugo, con maggior vigore, leggermente irritata dalla sua frecciatina.
«Potresti chiamare qualcuno che lo faccia al posto tuo. Lo sai che i soldi non sono un problema.» Venne al mio fianco, appoggiandosi sul mobile accanto ai fornelli. La faccia da schiaffi intonata barba leggermente incolta, mi faceva salire una gran voglia di prenderlo a bastonate. Che istinto fraterno il mio!
«Ottima idea Calum! Così poi non so nemmeno dove ho messo le calze quando ne ho bisogno.» Poggiai accidentalmente una mano sulla pentola bollente nel tentativo di tenerla ferma, con l'unico risultato di ustionarmi e mordermi la lingua per non farlo a vedere. «Inoltre credo di averti detto già detto mille volte che io non ho bisogno di qualcuno che faccia le cose al posto mio. Posso benissimo cavarmela da sola, come ho sempre fatto.»
Andai a prendere una qualunque cosa dal frigorifero con una stupida scusa, solo per mettere la mano al fresco qualche attimo. Sospirai infatti di gioia quando il palmo ferito percepii il fresco di una confezione di carne. Poco dopo, tornai al mio lavoro ringraziando mentalmente Calum di non aver commentato il mio comportamento.
Non mi piaceva affatto la piega che stava avendo questa conversazione. Perché non potevamo essere una coppia di fratelli normali?
«Non resisteresti nemmeno un giorno se fossi completamente da sola, lo sai bene» ricominciò lui non appena gli fui accanto nuovamente.
Alzai il mestolo minacciosamente contro di lui e mi voltai di scatto. «È da molto che non ci vediamo, quindi ti pregherei di evitare la paternale su quanto io sia irresponsabile. Non hanno detto nulla mamma e papà, dunque non capisco perché debba tu.»
Da che era comodamente appoggiato allo stipite del mobile, si sporse verso di me con aria da chi la sa lunga e, con molta naturalezza, allungò una mano e spense il gas.
«Ancora un minuto e avresti mandato la casa a fuoco. Complimenti miss-sto-benissimo-da-sola!»
Ero così tentata di tirargli la pentola in faccia, ma purtroppo sapevo che non avrei risolto nulla con la violenza; mi schiarii dunque la gola e preparai la tavola mente lasciavo quell'ingrato di un fratello a finire di cucinare.
"Cara Diana, sono così felice che tu mi ospiterai per un tempo indefinito, anche se io nemmeno ti avevo avvertito che sarei passato e nonostante io stia continuando a darti fastidio."
"Ma no, figurati Cal, è un piacere per me."
Ecco come sarebbe dovuta andare!
Il resto del pranzo passò silenzioso, intervallato ogni tanto da mio fratello che tentava di sembrare premuroso, chiedendomi della scuola e delle amicizie.
«Cosa ci fai realmente qui?» sbottai esasperata ad un certo punto, mentre lavavo i piatti.
«Volevo salutare la mia sorella preferita.» Ed ecco la velata ironia che mi aveva sempre ammattita.
«Perché allora non sei da Hanna? Da che ricordo l'ultima volta hai scelto lei.»
Il ricordo di quel giorno bruciò più dell'acciaio bollente, riportando a galla terribili ricordi; non riuscivo ancora a capacitarmi di ciò che aveva fatto.
«È successo solo una volta, diamine! Perché sei così rancorosa?» Alzò le mani in segno di resa, conscio di star attraversando un terreno pericoloso.
«Difetto di famiglia» commentai acida.
«Difetto di Diana, semmai.»
Presi a sparecchiare. Dovevo allontanarmi da lui il prima possibile o gli avrei fatto davvero male.
«Il bue che dà del cornuto all'asino! Ti ricordo che l'ultima volta che ti ho fatto un torto, se così può essere definito, è stato quando ho spifferato ai nostri genitori dove ti trovassi la notte di Halloween, semplicemente perchè ero preoccupata. Non rispondevi al telefono da ore e sembravi scomparso e tu, per questa bazzecola, non mi hai parlato per due settimane.» Riportai l'accaduto tutto d'un fiato.
Strinsi forte un bicchiere e cominciai a sfregarlo con foga, sperando di renderlo più lucido di un diamante e tentando di eliminare dalla mente ricordi sgraditi.
Alla fine però, l'unico risultato che ottenni fu che si ruppe. Maledizione.
Calum, affatto preoccupato del fatto che magari potessi anche essermi fatta male, prese dalle mie mani la spugna e proseguì al posto mio. «Lascia fare a me, pasticciona.»
«Divertiti.»
Gli lanciai un'occhiata assassina e andai ad accomodarmi sul divano, per poi accendere la televisione sperando in un qualche film che potesse aiutarmi a sbollire la rabbia: perché ogni volta che parlavamo, doveva sempre finire in un mezzo litigio?!
Poco dopo percepii il cuscino abbassarsi sotto il delicato peso di mio fratello, che decisi comunque di ignorare.
«Scusami. Non avrei dovuto dire certe cose, non te le meriti. Posso solo immaginare quanto per te sia stata dura tra il trasferimento, la partenza dei nostri genitori con Hanna e il mio allontanamento. L'insieme non deve essere stato facile da digerire.»
Con la coda dell'occhio vidi che si massaggiava le tempie: sembrava triste, per me. Non osai aprir bocca e continuai a lasciarlo parlare sia perché le sue scuse erano rare come la neve ad agosto, sia perché sentivo che aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno. «Da quando sei partita tutto è cominciato ad andare male. Sarah mi ha lasciato perché secondo lei ultimamente ero troppo strano, come se lei invece fosse tutta a posto, ipocrita. Il lavoro mi ha chiesto "se avessi bisogno di una pausa" che, tradotto nel linguaggio comune significa: "schiarisciti le idee e quando stai meglio torna, altrimenti cercati un altro posto". Mamma e papà non mi parlano nemmeno dopo l'incidente che ho combinato prima che tu partissi e Hanna, be' tu la conosci meglio di chiunque altro, dunque hai presente quanto si sia offesa quando ho scelto di rimanere a Londra con te piuttosto che seguirla in Italia con i nostri genitori. Tutto sta andando a rotoli.»
Nel mentre che parlava mi ero fatta sempre più vicina a lui e mi ero accoccolata al suo fianco tentando di dargli supporto: ogni parola che pronunciava suonava sempre più triste.
Non dissi nulla, non ne avevo bisogno: sapeva che per lui ci sarei sempre stata. Restammo così abbracciati ad osservare il film senza nemmeno guardarlo realmente mentre ogni tanto lo sentivo respirare profondamente.
Andrà tutto bene, pensai. Risolveremo ogni cosa, insieme.
Presto si fece sera e ancora non ci eravamo parlati; ero sul punto di chiedergli una qualsiasi cosa per rompere finalmente quel silenzio, ma venni interrotta da qualcuno che bussava insistentemente alla porta.
Spazientita corsi ad aprire, sperando di sbrigarmela in fretta ma appena vidi di chi si trattava, capii che ci avrei messo molto più tempo.
«Possiamo parlare?»
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