8. CATTIVO
Capita a tutti di fare
delle cose tremende,
ma ciò non ci determina
come persone cattive.
Sei un'ingrata. Un'ingenua. Non avrei mai pensato di avere un fallimento, invece che una figlia.
Trattengo alcune lacrime, al ricordo della voce di mia madre che mi parla con disprezzo.
Per la prima volta, stavo provando a credere di essere su una giusta strada con il mio "coinquilino".
Sul serio... stamattina, nonostante i tanti piccoli battibecchi, siamo riusciti a parlare da persone civili, o meglio, lui ci è riuscito.
A quanto pare, però, non potevo sbagliarmi più di così.
Da quando è uscito sbattendo la porta di casa, non l'ha più riaperta. Ho provato ad aspettarlo per il pranzo che gli avevo proposto di preparare, ma il risultato è stato pessimo, perché i tanti pensieri mi hanno fatto completamente dimenticare del forno accesso, e di conseguenza la torta rustica francese si è bruciacchiata.
Sono riuscita a mangiare solo un po' del ripieno, ma la fame non si è neanche fatta sentire. È completamente sparita, con lo scatto fulmineo di Koray.
Persino ora che sta cominciando a fuoriuscire la luce della luna, della fame non avverto neanche l'ombra, e i pensieri e le paure inondano la mia piccola mente.
E se gli fosse successo qualcosa? Se si fosse perso nel mezzo della foresta? Non credo sia possibile, perché lui ha un'abilità invidiabile nella neve, ma non riesco a togliermi queste pippe dalla testa.
Mi ritengo leggermente fortunata ad avere la compagnia del suo husky, ma ciò mi porta ancora più probabilità di esposizione ai pericoli. Sono senza freni.
«Kurt, tu conosci bene il tuo padrone. Ha mai fatto una cosa simile?»
«Ouhh...»
«Cosa devo fare, secondo te? È eccessivo andare a cercarlo tra gli alberi e la neve?»
«Wouf.»
Mi abbandono con la schiena sullo schienale del divano, sbuffando. Cosa è giusto da fare in questo momento? Se andassi a cercarlo, potrebbe pensare male di me, anche perché non abbiamo un rapporto stretto, e non siamo neanche entrati nella fase della confidenza. Se non lo facessi, però, potrebbe pensare che sono un'egoista, un'inetta o una codarda, ed io sto cercando di dimostrargli che di me si può fidare.
Ingrata. Ingenua. Fallimento.
Queste parole che frullano come un disco rotto nella mia testa devono smettere di girare. Mi hanno rovinato la sanità, e non posso permettere di farlo ancora.
A questo punto, la risposta alla mia stessa domanda mi appare chiara davanti agli occhi - come se un fantasma la stesse appena scrivendo sul muro invisibile - quindi mi impalo dal comodo divano, indosso il cappotto, e apro la porta di casa, per poi voltarmi verso l'interno.
«Vieni, Kurt. Il tuo olfatto sarà utile per individuarlo.»
Ci avviamo subito fra gli alberi colmi di bianco luccicante. Deve aver nevicato ancora. Kurt sembra aver capito esattamente cosa deve fare, infatti gira a destra e a sinistra, allungando il volto per annusare le parti vicine.
«Cavolo, è in questi momenti che vorrei avere un cellulare, uno vero e proprio, che possa valere la pena avere.» Borbotto, parlando da sola. Insomma, parlare con me stessa o con un cane non fa la differenza.
Comunque sia, penso davvero questa cosa banale, perché avrei potuto chiamare il diretto interessato, oppure provare con suo fratello Serkan o sua sorella Günes... avrei potuto chiedere loro se l'avessero visto da qualche parte nelle ultime ore...
Ma ovviamente, qualche giorno fa ho quasi rischiato di buttare il mio cellulare, perché è insulso e non funziona affatto bene, e non l'ho neanche portato con me. A dir la verità, credo proprio che non abbia più possibilità di vivere, quel catorcio.
Mi sento completamente inutile, in questo momento. Non conosco neanche la strada per andare dal nonno di Koray.
Dopo circa mezz'ora passata a girovagare nei boschi, la mia testa comincia a farsi pesante, costringendomi a rallentare. Kurt, intanto, resta sempre vicino a me ad annusare da una parte e l'altra.
«Credo di dover tornare indietro, cucciolo. Se vorrà tornare, lo farà da solo, e credo proprio che lo farà, perché la casa è sua.»
Mi giro di 360 gradi, e ritorno a casa. È lì che, mentre avanzo per aprire la porta, avverto una figura seduta a terra, al lato sinistro della casa, dove io ho dormito circa una settimana fa. Ha la testa china sulle ginocchia piegate contro al petto. Incredibile, ma è... sì, è proprio lui, Koray. I capelli sono inimitabili. Sta dormendo fuori casa?
«Hey, tutto... tutto bene?» Gli chiedo, avvicinandomi.
Non si muove di una virgola. La mia apparizione improvvisa non lo ha spaventato, ma riesco ad individuare la sua schiena che si alza e si abbassa a ritmo dei respiri. Non capisco se sta seriamente dormendo, ma almeno mi sta confermando di essere vivo.
«Non osare avvicinarti, e tanto meno toccarmi.» Parla d'acchito, con un tono duro, senza però alzare lo sguardo.
«Mi... mi sono preoccupata.»
Con la mia ammissione, finalmente alza il volto e mi permette di vedere il suo sguardo che, seppur vuoto, riesce a farmi nuotare all'interno. «Ah, sì? Preoccupata per me? Ma fammi il favore. Cosa avrebbe dovuto allarmarti, poi?» Continua con il suo tono di voce aspro e ironico.
«Sei scappato senza dire nulla, e non sapevo se avessi fatto qualcosa... qualcosa di sbagliato.»
«È questo il problema: tutto quello che fai è sbagliato, per me, ma è anche giusto. Non ho niente da dirti, e sono stanco di assecondarti e sopportarti. Sei un intralcio.» La sua voce si fa a tratti più delicata, ma anche più severa, tanto da farmi allontanare quasi di scatto. Non è lui a farmi paura, ma i suoi pensieri. Cosa gli passa di così negativo per la testa?
Sei un intralcio...
«Mi... mi dispiace. Non era mia intenzione. Io...»
«Smettila, ti prego.» Ora anche lui si è alzato in piedi, ma nel suo sguardo non ci trovo pericolo... non riesco molto a decifrarlo, i due colori diversi trasmettono altrettante emozioni diverse.
Ciononostante, non mi impedisce di indietreggiare di qualche passo. Credo di essere diventata più piccola, davanti a lui. «Cosa devo fare, allora?»
«Devi andartene da casa mia. Sei pesante per me. Trovati un altro alloggio. Non voglio più vederti.»
Non voglio più vederti.
Non voglio più vederti.
Le sue parole sono come un pugno al cuore, che finalmente stava cominciando a vedere una piccola luce nel nostro strano rapporto. A quanto pare me la stavo solo immaginando.
«O-okay.» È l'unica cosa che riesco a dire, prima di voltarmi ed entrare in casa.
Le lacrime cominciano a solcare le guance, ma non lascio dare il libero sfogo fin quando non mi chiudo a chiave nella mia camera. So quello che devo fare, ma non riesco a prenderne atto.
Delusione. Quel che sento crescere dentro di me è una forte e incessante delusione, e non riesco a collegare cosa mi sta ferendo di più. La falsa speranza? Il comportamento di Koray? È tutto così strano, e fatico a credere di essermi immaginata una possibile amicizia tra noi due. Lui si è dimostrato una buona persona, non può cambiare all'improvviso.
Nonostante gli infiniti pensieri contrastanti e autodistruttivi, prendo il bagaglio appena svuotato, e butto alla rinfusa le mie cose. Non sono una persona disordinata, ma quel che sento al momento nella mia testa è solo un'immensa confusione, e non riesco quindi a fare le cose con la mia solita vena di perfezionismo.
Dopo averla chiusa, resto a guardarla, mentre le lacrime rallentano. Devo ragionare lucidamente, e capire bene cosa fare. Non posso agire d'impulso e combinare casini.
Mi butto sul letto, in attesa di calmarmi, e penso. Penso a me, a Koray, alla casa, a cosa fare...
Niente, non mi salta niente in mente. Sono completamente bloccata. So che andarmene in un'altra casa è la cosa giusta per entrambi, ma una parte di me si rifiuta di fare questa cosa. Finalmente ho trovato un bel posto nell'unica città che riesco a considerare casa... non posso tornare al punto di partenza. Come mi devo muovere, allora?
Pensa, Aylin. Ce la puoi fare.
Illuminata, salto giù dal letto e corro fuori casa recuperando le mie chiavi. La valigia resta dove sta, e le chiavi vengono con me. Finché non parlo con l'unica persona che si occupa di queste faccende, la situazione resta invariata.
Nonostante la mia forte determinazione del momento, la corsa mi fa cascare in pieno nella neve, guadagnandomi una sonora risata da parte del ragazzo appoggiato al muro esterno della casa.
«Sei troppo spassosa, però.»
Il suo urlo divertito mi lascia senza parole, ma non mi volto, e costringo tutto il mio corpo a ripartire. Ho un obbiettivo da portare a termine, e anche se c'è una strada più semplice per risolvere la questione, non ho più un telefono - l'ho buttato quando non voleva più saperne di accendersi - quindi questa è la mia unica chance. Potrei chiedere in prestito il cellulare di Koray, ma già posso immaginare la sua risposta, quindi è scartata anche questa idea.
Con notevole piacere, Kurt mi segue, mantenendo il mio passo, e appena sono inoltrata nella foresta, dove la visuale della casa non è più visibile, mi chino alla sua altezza.
«Kurt, ho bisogno del tuo aiuto. Mi devi indicare la strada della casa di Serkan, oppure quella di Günes. Non so da chi andare, ma devo urgentemente parlare con uno di loro.»
Il cane, confuso, continua a fissarmi mentre scodinzola la coda. Non posso di certo biasimarlo, perché qualche persona sana di mente si metterebbe a parlare con un animale?
«Serkan.» Dico di scatto a Kurt, tentando ancora di farmi capire. Ho speranza, e so che gli animali sono super intelligenti.
Come se gli si fosse accesa una lampadina in testa, comincia a correre nella foresta.
«Non così veloce, Kurt.» Cado, mentre provo a seguirlo, ma non mollo. Mi rialzo e proseguo. Cado altre tre volte, sentendo la risata beffarda di Koray nella mia testa, ma continuo ancora.
Come se avesse intuito la mia sfacciataggine, l'husky comincia a fare avanti e indietro tra me e la strada indicata, così da permettermi di andare più lenta, e rischiare meno cadute. Mi ritroverò con le ginocchia e le braccia piene di lividi, senza dubbio.
«Santi numi, chi si rivede.» Sento la sua voce affettuosa, e non riesco a sopprimere un sorriso. Serkan mi raggiunge, lasciando sospesa la legna che stava lavorando, e mi abbraccia.
In un primo momento, sono tentata di allontanarlo, ma alla fine ricambio la stretta delle braccia attorno alla schiena. Lui non è come suo fratello. Lui è un bravo ragazzo.
«Come sei arrivata fin qui? Ma soprattutto, cosa ci fai qui?» Mi chiede, felice di vedermi.
Io rivolgo uno sguardo al cane, che ora sta giocando con un altro husky dal pelo prevalentemente nero, con qualche piccola parte bianca. «Kurt è un mito. Oggi non sei in agenzia?»
«Ho staccato poco fa, e sono tornato a casa. Ora mi dedico a riscaldare la casa.» Esulta, divertito, guadagnandosi la mia confusione. Nonostante ciò, non faccio domande.
«Cosa ci fai qui, allora?» Chiede di nuovo. «Koray non è qui.»
«Oh, lo so dov'è lui. A dir la verità, stavo cercando proprio te.» Ammetto, e gli si illuminano gli occhi.
«Uh, ora mi fai sentire importante.» Lo guardo torvo, sforzando tutta me stessa per non scoppiare a ridere, e lui torna serio. «Cos'ha combinato quello scemo?»
La mia espressione cambia radicalmente. Se fino a qualche secondo fa ero felice di vedere Ser, ora i miei occhi sono lucidi. La mia determinazione è sparita, perché ho pensato solo a trovare il biondo, ma non a cosa dirgli. Ho avuto quel pizzico di speranza perché ho avuto un piccolo obbiettivo da raggiungere, seppur stupido, ma ora mi sento di nuovo persa. Detesto tutta questa vulnerabilità. Non mi vergogno di esserlo, ma certe volte mi serve un po' di forza in più.
Le sue iridi celesti mi fissano, e lui mi prende il volto tra le mani. «Senti... qualunque cosa sia, devi lottare. So che è un'impresa ardua avere la sua presenza - e lo è ancora di più chiederti di stare nella stessa casa con lui - ma ha bisogno di aiuto. Non mi sarei mai azzardato a fare una cosa simile, se non fosse stato per una seria ragione.» La sua voce sembra maledettamente sincera. Non c'è alcuna vena di bugia, e quelle si individuano subito.
Indietreggio, con ancora le lacrime agli occhi. «Cosa... che...» Non riesco a dire niente, e di conseguenza non riesco neanche a chiedere spiegazioni per mettere ordine nel mio caos.
«Non posso dirti di cosa si tratta, o cos'ha, perché non è una cosa che riguarda me. Non spetta neanche a me dirti queste cose. Ti chiedo solo di stargli vicino, sopportare i suoi scatti d'ira e capirlo, senza farlo sentire inferiore o sbagliato. Non è cattivo come vuole far credere, ma deve capirlo anche lui. Deve capire che non è colpa sua.» Mi spiega saltuariamente le sue ragioni.
Mi sento il cuore andare in pezzi, e non riesco a capire perché. Sapevo che dietro quegli occhi diversi non si nascondeva nessun'anima malvagia. Capita a tutti di fare delle cose tremende, ma ciò non ci determina come persone cattive.
Sentire queste cose dal fratello della persona in questione mi distrugge, perché dimostra a pieno la sua preoccupazione. Sono figlia unica, per quel che so di me, e non ho mai provato un sentimento simile.
Posso dire, però, che sto provando una cosa molto simile a questa in questo momento, e sono giunta ad una conclusione: seppur non conosco le cause che lo portano ad avere alcuni comportamenti contrastanti, gli starò accanto. Imparerò a capire quali sono i momenti in cui ha bisogno di qualcuno, anche se dice il contrario. Scoprirò cosa lo porta al cambiamento improvviso dell'umore, così da non ripetere gli stessi errori. Studierò ogni suo gesto ed ogni sua parola, in modo da avere più mezzi a disposizione per aiutarlo ad uscire dal suo limbo. Io ho già visto un po' di luna nei suoi occhi, e non permetterò che la perda nel vuoto.
«Farò tutto il possibile. Devo andare.» Scappo via, salutandolo alla svelta, e chiamo Kurt, così da avere un punto di riferimento da seguire per tornare a casa.
Dopo un'iniziale massimo equilibro, le mie forze cedono, ma non ho un impatto con il freddo della neve. Non so come sia possibile, ma riesco a sentire un profumo di cioccolato fondente dalle braccia che mi hanno appena afferrata. Mi ricorda il primo odore che mi ha accolta la casa.
«Sei proprio spassosa.» Sento dirmi nell'orecchio. È impossibile, c'era Serkan poco distante da qui.
Mi raddrizzo, aiutata dalla forza delle sue braccia, e lo guardo. I suoi profondi occhi mi perforano il mio sguardo. Da una parte mi perdo nel giorno, e dall'altro mi perdo nella notte. Le mie lacrime si asciugano da sole, forse per il potente calore che mi infuoca dall'interno, scatenato dal suo semplicissimo tocco.
Mi sento quasi svenire, ma lui continua a sorreggermi, quasi avesse paura di perdermi.
«Dove scappi?» Mi chiede, allarmato, attendendo una risposta che non riesco a tirare fuori mentre lo guardo. «Dobbiamo tornare a casa.»
Non sono sicura di aver sentito bene, perché mentre lui parla, io chiudo gli occhi e abbandono tutte le mie energie.
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