36. ODIO
Tu hai un cuore puro,
che non appartiene all'odio.
Se almeno una persona tra
le due deve essere felice,
tu scegli di far stare bene lui.
«Cos'hai in mano, Mister Douglas?» Osservai una carta rossa, più scura dei miei capelli. «È un regalo per me?» I miei occhi si illuminarono.
«È il tuo compleanno, piccola luna. I quindici anni segnano il pieno dell'adolescenza, e le persone cominciano a crescere davvero. Tu sei cresciuta in fretta, ma molte cose di te sono rimaste invariate. Un piccolo regalo ci vuole.» Mi porse il pacchetto, ed io lo afferrai con il cuore che batteva all'impazzata. Era l'unico che ricordava il mio compleanno, il 20 luglio. Diceva che ero nata nel giorno dedicato alla luna, e che era impossibile dimenticarlo, considerato il nome che mi aveva dato mia madre. Lo aprii, e due rossetti rossi, con un mascara, caddero sulle mie gambe, lasciandomi a bocca aperta e gli occhi lucidi. Non avevo mai messo un po' di trucco in vita mia, e lui me li aveva appena regalati.
«Buon compleanno, Aylin Keenan. Sono sicuro che la tua mamma sarebbe fiera di te.»
Gli rivolsi un piccolo sorriso malinconico, al pensiero di mia madre.
«Sai... ho provato spesso ad odiarla, per avermi lasciato da sola quando ero ancora una bambina. Continuo a provarci ogni giorno, in ogni secondo... ma non ci riesco. La mia testa mi dice che è sbagliato odiare: e se avesse avuto una grave ragione per abbandonarmi?»
Il suo sorriso era sincero. «Piccola Lin, tu hai un cuore puro. Non sei fatta per odiare.»
Sospirai, contenta ma anche abbattuta dalla sua risposta. «Chissà cosa avrebbe pensato la mamma che mi ha fatto nascere, se mi avesse conosciuta.» Rimasi a guardare la luna che si illuminava sempre di più. Sentii un singhiozzo provenire dall'uomo al mio fianco, ma pensai che fosse soltanto commosso, quindi inspirai un po' di aria.
«Ti avrebbe amata.» Sussurrò, come se la sua voce potesse cullarmi.
«Hai messo il rossetto?»
«No.»
«La matita per la coda dell'occhio.»
Sospiro. «Neanche.»
«Il mascara?»
«Non so come si mette senza sporcarmi le palpebre.» Ammetto.
La osservo mentre fa cadere il suo capo all'indietro, spazientita. «Com'è possibile che a quasi vent'anni non sai come si mette un po' di trucco?»
La mia espressione si fa un po' malinconica per la sua osservazione sincera. Quel che vorrei rispondere è che non ho mai avuto una stabilità in un posto, e soprattutto non ho mai avuto una figura femminile che potesse comprarmi una semplice matita per gli occhi e insegnarmi a metterla. La mia unica amica avuta, in Francia, non era mai presente in casa, e quando c'era, dormiva.
«Scusa, non volevo dire questo... sono un po' su di giri.» Si giustifica, ma io la tranquillizzo subito. Non è colpa sua se ho passato la mia vita a cambiare paese di continuo. «Dammi qua, te lo metto io.» Mi afferra il mascara dalle mani, estraendo lo spazzolino dal piccolo contenitore. «Devi solo stare ferma e tenere lo sguardo semi aperto, puntato verso il basso.»
Cerco di rispettare i suoi consigli, anche quando si avvicina con la spatola del mascara. D'istinto stringo gli occhi fortemente: le setole mi pungono gli occhi, creandomi un pizzico di bruciore.
«No no, oddio, ferma. Apri gli occhi, altrimenti ti combini come un mostro.» Grida Nes, spaventata al posto mio. Ridacchio ma, quando apro gli occhi e mi vedo allo specchio, mi rendo conto che aveva ragione. Non avrei dovuto chiudere gli occhi di scatto senza far asciugare il mascara.
«Oh Dio... vuoi andare alla festa truccata da panda?» Chiede, sembrando quasi seria con la sua voce.
Ridacchio. «I panda sono stupendi, mi fanno venire voglia di abbracciarli fortissimo.» Commento, sognante.
«Zitta che non è il momento adatto per le chiacchiere. Cavolo, ora come te lo devo togliere questo disastro senza rovinare il resto?» Appoggia un dito sul mento, tamburellandolo mentre riflette nella sua mente.
Sbuffo. «Io lo avevo detto, che era meglio non truccarmi. Non sono capace di farlo da sola, e tu devi prepararti e non puoi pensare anche a me.»
«Di certo non puoi andare ad una festa con il tuo solito volto stanco. Per carità, invidio la tua faccia acqua e sapone, ma dobbiamo andare ad una festa, ed un po' di cambiamenti non guastano.»
Alzo le spalle. «Allora hai visto che era meglio non accettare l'invito? Non so neanche se fa al caso mio, Nes. Io non sono mai stata ad una festa in confraternita.»
Lo sguardo che mi rifila potrebbe essere quasi capace di appiccarmi fuoco in un secondo, se fosse possibile, ed io non riesco a non ridere.
«Aylin...» Mi ammonisce, severa. «È la volta buona per iniziare con le nuove esperienze nella vita reale, quindi non voglio sentire altre storie. Fammi sistemare i tuoi occhi, il vestito e poi andiamo alla festa. Fine della discussione.»
Non credo di aver mai visto, finora, una Nes così tosta e determinata. Lei è quella che sprizza felicità da tutti i pori, mentre io sono quella più riflessiva. Ora sembra quasi aver invertito i ruoli.
Come di parola, si mette subito all'opera per rendermi almeno presentabile con il trucco, e ci riesce: rimuove il mascara dalle guance, copre i disastri con un po' di correttore - quasi più chiaro della mia pelle bianca latte - e fa applicare a me, con molta calma, il mascara sulle ciglia senza sporcarmi o prendere infarti improvvisi.
«Perfetto, non guardarti allo specchio, adesso. Ti conosco abbastanza per sapere che avrai la forte tentazione di toglierti ogni cosa.» Mi tiene bloccata. Ha centrato perfettamente il punto per cui odio mettere il trucco: è fastidioso, e non mi ci riconosco.
«Dobbiamo fare più in fretta, Lin. Siamo leggermente in ritardo.» Comincia a vagare per la stanza in cerca delle ultime cose che deve mettere, facendomi ridacchiare. Si sta facendo prendere dal panico, e non riesco neanche a capire perché.
«È la tua prima festa universitaria?» Chiedo, confusa. Insomma, io anche ho un po' di ansia, ma non mi sento così in fibrillazione... forse perché parto dal presupposto che non mi piacerà e me ne starò in disparte, andandomene via presto.
Mi rivolge uno sguardo infastidito. «No, ma ci saranno un sacco di ragazzi, e detesto non essere bellissima.»
La sua risposta mi fa liberare una risata sincera. Insomma, lei è bellissima anche senza trucco, ed ha tanti ragazzi che le chiedono di uscire... non capisco perché ora sia così in ansia.
«C'è qualcuno che deve venire a prenderti?» Chiedo, curiosa, con un sorriso quasi malizioso sul volto. Anche se fosse, sono molto contenta per lei. Merita di uscire con qualcuno.
Ora mi rivolge uno sguardo in cagnesco, ed abbasso subito lo sguardo, imbarazzata. «Tu pensa a vestirti. Dove sta l'abito lungo che ti ho dato?»
Okay, forse non le va di parlare di lei... è tutta rossa.
«Non so se voglio mettere quello, Nes. Io non sono mai stata ad una festa, e mettere un vestito con uno spacco sulla gonna che arriva fino alla coscia non fa altro che rendermi più nervosa. Io sono una ragazza che indossa sempre tute sportive, e casualmente metto i jeans. Già il trucco è troppo per me.» Mi lamento, sedendomi al bordo del suo letto. È cosparso di trucchi e ciondoli, quindi cerco di fare attenzione a non rompere nulla.
La sua occhiata è quasi glaciale. «Aylin, c'è sempre una prima volta, a tutto. Hai quasi vent'anni e devi cominciare a vivere. Soprattutto, devi scoprire quel fisico da dio che hai.»
Le mie guance si fanno rosse per l'imbarazzo. Non ritengo di avere un bel fisico, considerando i chili in più che avevo in tenera età, e quelli che ho perso a causa del dolore interiore.
Lo osservo afferrare il vestito lilla che dovrei indossare, e me lo mette davanti. «Muoviti, non fare altre storie e indossalo.»
Con un sorriso sulle labbra, ma anche un po' in trappola, allungo il braccio per afferrare il vestito, e lo guardo. È bellissimo, e mi chiedo perché devo rovinarlo sul mio corpo... è uno spreco.
Mi svesto dai larghi pantaloni che indosso, togliendomi anche la felpa calda, e mi preparo a congelare. Mi rialzo per farmi chiudere la zip dalla mia migliore amica.
«Oddio, Lin...» Resta a bocca aperta, appena vede il risultato finale.
«Fa così schifo?» Mi copro il viso con le mani.
«Scherzi?» Mi toglie le mani dal volto, costringendomi a guardarla negli occhi. «Dimmi che stai scherzando. Sei uno schianto, e credo che tu sia l'unica a non vederti come tale.»
La sua sincerità mi fa cedere una lacrima dagli occhi, ed è lei ad asciugarla, facendomi sorridere.
«Devi convincertene tu stessa, altrimenti non starai mai davvero bene.»
L'abbraccio, con tutto il caldo che il mio cuore possiede. «Grazie, Nes. Non pensavo che fossi così sincera e buona.»
«Okay, adesso basta, però, altrimenti rovini il trucco ancora prima di arrivare alla confraternita.» Si stacca dall'abbraccio, quasi terrorizzata mentre studia attentamente il mio viso.
Indossa anche lei il suo abito, più corto di quello che ha dato a me, mentre io resto ad osservarla. Il vestito rosso, che le arriva appena sopra al ginocchio in una gonna larga, le fascia il corpetto come se avesse appena messo una tutina da ballerina. Le spalline sottili vengono coperte da un coprispalle trasparente, e ai piedi indossa un paio di tacchi a spillo dorati, che risaltano il colore dei suoi riccioli d'oro. È... indescrivibile.
«Questo è l'unico vestito che riesce a nascondere i miei fianchi larghi.» Mi rivela, imbarazzata. «È l'unico con il quale riesco a sentirmi a mio agio.»
«Non hai bisogno di nasconderti, perché ogni corpo ha una sua specialità. Ti sta davvero bene, però.» Ammetto, mentre decido di fronteggiare la morte, indossando dei tacchi bianchi non molto alti. È la prima volta che li metto... finirà in una catastrofe, senza dubbio.
«Pronta?» Mi chiede, indossando il cappotto elegante beige. Annuisco, indossando quello che mi ha prestato lei, bianco.
Raggiungiamo la cucina, dove ad aspettarci troviamo il nonno, che ci guarda stralunato. «Ammazza, oh... su chi dovete fare colpo, belle donzelle?»
«Nonno, abbiamo una festa universitaria. Ci siamo solo fatte più carine.»
«Altro che carine... sembra che vi siete preparate per andare ad un matrimonio.»
Avvampo, sentendo la sua voce raggiungere le mie orecchie. Lo sapevo, abbiamo decisamente esagerato. L'ho già detto che così non sembro neanche io?
«Koray, dobbiamo fare bella figura. Non potevamo vestirci da sguattere ma neanche da mignotte.» Ribatte la sorella, tosta.
Lui si avvicina a me, prendendomi il volto. «Infatti così è perfetto. Siete stupende.» Commenta, guardandomi negli occhi. Le mie guance sembrano andare a fuoco, mentre mi lascia un bacio sulla fronte davanti alla sua famiglia.
«E Serkan dov'è? Aveva detto di accompagnarmi...» Si lamenta Nes, guardandosi attorno.
«Eccomi, non trovavo la cravatta.» Ser ci raggiunge mentre si sistema il colletto della camicia. Indossa una cravatta rossa sopra alla camicia bianca e al pantalone nero elegante. L'ha abbinata al vestito di Nes.
Immediatamente, il mio pensiero va al ragazzo di fronte a me, e studio attentamente il suo smoking, soffermandomi poi sulla cravatta che indossa. Guardo Nes e lei mi sorride, soddisfatta. Guardo di nuovo la cravatta, e poi guardo i suoi occhi che scintillano in due colori diversi.
«Hai davvero indossato una cravatta abbinata al visto che indosso io? Lilla?»
«Eh già, qualcuno ha insistito...» Si riferisce sicuramente a sua sorella. «Ora ho paura di essere scambiato per un ricchione dal tuo amico Cody.»
Scoppio a ridere per la sua ammissione, ma cerco di calmarmi per non rischiare di esagerare.
«Almeno, però, così sapranno che faccio sul serio, con te.» Mi sussurra nell'orecchio, ed io mi sento morire di emozioni dentro.
Sta facendo sul serio con me? Lo ha detto davvero?
Mi lascia un bacio veloce sotto all'orecchio, sul collo, incendiandomi. Poi si stacca con un sorriso pienamente soddisfatto.
«Direi che adesso possiamo andare, non ci siamo vestiti così per niente.» Borbotta Nes, facendo ridere tutti, perfino suo nonno.
«Mia cara Nes, se torni a casa con un ragazzo, ti caccio fuori.» La minaccia, ma lei ride di gusto.
«Tanto starai già dormendo, quando torneremo.»
Esce di casa prima di ascoltare un'altra risposta, e dopo aver salutato, usciamo tutti entrando nella Cross di Ray. Guida lui, ovviamente, e intanto che i due ragazzi siedono avanti, io e Nes ci accomodiamo ai sedili posteriori, facendo attenzione. Il mio vestito arriva ai piedi, ed ho paura di romperlo.
Il posto indicato non è molto distante, infatti arriviamo a destinazione in quindici minuti. L'aria è molto fredda, ma ciò non ferma gli altri studenti dal ballare all'aperto. Sbaglio, o c'è anche qualcuno che nuota in piscina?
Ray mi afferra la mano, mentre ci dirigiamo verso l'entrata, mentre Serkan e Günes camminano davanti a noi, come a fare da scudo alle occhiatacce. Okay, è un modo di dire, ovviamente. Ray esagera un pochino.
«Però, per essere la seconda festa dell'anno, ci sono più persone di tutte quelle che vedo in università.» Commenta la mia migliore amica.
«La fine della sessione riunisce tutti, dal primo all'ultimo.» Risponde Ser. Quasi stento a sentirli, perché la musica è tremendamente alta.
«Vuoi qualcosa da bere?» Mi domanda Ray, nell'orecchio.
«No, grazie. Io non bevo alcolici.» Urlo per far arrivare la mia risposta a lui, e ridacchia.
Osserviamo gli altri mentre ballano e si scatenano in pista, mentre Serkan raggiunge qualche suo ex compagno e Nes si allontana fino al bancone.
«Ti va di ballare un po'?» Mi chiede il ragazzo al mio fianco, di nuovo nell'orecchio.
Lo guardo negli occhi per capire se parla sul serio. È più che determinato. «Va bene, ma non ti prometto di esserne in grado.» Gli mostro i tacchi che indosso, facendogli capire la causa che potrebbe rallentarmi.
«Linny, capisco che adesso non sei vestita da Linny Klaus, ma tu sei sempre un'imbranata.» Commenta, con il divertimento che gli riempie gli occhi e la voce.
Rido, imbarazzata. In effetti cado ogni due per tre sulla neve, quindi i tacchi non hanno colpe, in questo momento.
«Facciamo così: ti lascio appoggiare i tuoi piedi sui miei, se tu mi concedi un bel ballo.»
Le mie guance si fanno rosso fuoco, quasi come i miei capelli. Davvero mi sta dando un motivo per ballare con lui?
Annuisco, anche se piena di imbarazzo. «Si può fare, ma se ti faccio male anche così?»
«Zitta, e vieni in pista. Non fare la guastafeste.» Mi tira dalla mano che regge, facendomi ridere.
Nonostante il forte imbarazzo che sto provando, lo guardo negli occhi appena ci fermiamo ad un posto più libero. Mi prende sotto le ascelle per sollevarmi e farmi poggiare i miei piedi sui suoi. Scorgo qualche sguardo strano in mezzo alla sala, ma ignoro tutto concentrandomi solo sul suono della canzone che viene suonata, e sugli occhi incandescenti di Ray che mi scrutano con una felicità palpabile.
«Oggi Beethoven ci tiene compagnia, a quanto pare.» Commenta lui, facendomi ridacchiare. È proprio così, ci troviamo ad ondeggiarci a ritmo di un lento classico, suonato da un pianoforte e da un violino.
«A quanto pare, il mondo è dalla nostra parte.» Ribatto io con il sorriso stampato sulle labbra. Non ci ho neanche pensato, prima di pronunciare queste parole.
«Di solito, quando pensiamo di stare finalmente sulla giusta strada, il karma ci riserva qualcosa di orribile. Non so quanto la tua frase possa essere positiva.»
Lo fisso con attenzione, oscillando il mio sguardo da un occhio all'altro. È sincero, quel che ha detto lo pensa sul serio, e non gli fa molto piacere.
«Vuol dire che dobbiamo crederci con tutte le nostre forze.» Consiglio, sperando di convincere entrambi. So che le cose belle non durano per sempre, ma almeno diamo loro la possibilità di avere più tempo.
Sospira, ed io nascondo il mio viso nell'incavo del suo collo. Mi guadagno un suo caldo bacio sul lato della fronte, mentre continua a muoversi lentamente, stando attento a non farmi cadere dalle sue scarpe. Gliele starò sicuramente sporcando.
Inspiro un po' del suo profumo, e al posto del suo solito odore di cioccolato, prevale l'acqua di colonia e muschio.
Ogni cosa di lui è destinata a diventare una mia cosa preferita.
Ogni cosa di lui mi fa sentire bene.
«Linny, ti stai addormentando?» Lo sento chiedere nel mio orecchio, ed io alzo la testa di scatto, per poi scoppiare a ridere.
Oddio, stavo collassando su due piedi...
A quanto pare, la sua stretta vicinanza crea una valvola di pace in me.
«Vuoi qualcosa da bere, adesso?» Mi chiede, appena la canzone si stoppa.
Mi guardo attorno, un po' spaesata, e annuisco. «Ho bisogno di un po' d'acqua.»
Ci avviamo verso il bancone, mentre un brusio si innalza nella sala. «Non so se sia normale chiedere l'acqua ad una festa.» Mi prende in giro, scherzosamente.
«Un succo di frutta?» Riprovo, facendolo ridere più di prima.
«Ancora peggio. Credo che quello non lo tengono neanche in magazzino. Qui campano solo di alcolici.»
Sbuffo, frustata. Ed io, astemia, cosa bevo adesso? «Penso di prendere ugualmente un po' d'acqua.» Ribatto, sicura di me. Per tutte le figure di cavolo che faccio, questa potrebbe essere la meno strana.
Raggiungiamo il bar, e il ragazzo dietro al bancone, dopo aver servito una ragazza poco distante da me, ci raggiunge.
«Ma guarda un po', una cravatta lilla. Mi hai mentito, signorino Makay?» La voce sarcastica di Cody squilla davanti a me. Oddio...
«Cody, non sono gay, e non ti ho mentito.» La risposta di Ray risulta essere un po' secca, però a me fa quasi ridere. Cavolo, lo aveva previsto: Cody lo avrebbe preso per gay, ed infatti così è stato.
«Oh... allora state insieme? Cavolo, indossate i colori in modo coordinato, vi siete dichiarati amore eterno?» Esulta, ed io arrossisco.
Cody sa che mi interessa Ray in modo particolare, e non come un semplice amico. Credo lo abbia capito anche lui, considerato tutto ciò che è accaduto durante la giornata di oggi.
Ma se così non fosse?
Se Ray mi ha baciata per davvero e fatta sentire un angelo solo per svagarmi la mente?
Oddio... in questo caso, l'imbarazzo sarà proprio in grado di uccidermi, insieme alla delusione.
«Stupido Cody, se ti azzardi ancora a dire cose senza senso, ti castro.» Lo prende per il colletto della camicia della divisa, ma lui non si scompone. Non ha affatto paura di quel ragazzo dai capelli scuri.
«Ah, capito. C'è qualcosa tra di voi ma tu non vuoi approfondire la cosa...» Continua a stuzzicarlo, con un sorriso divertito stampato sul volto.
Ma... oddio. Le mie palpebre pizzicano per l'imbarazzo, e tento di avvicinarmi a Ray, mentre lui tira uno schiaffo non molto leggero sulla nuca di Cody.
Gli appoggio una mano sul braccio che lo regge per il collo. «Ray.» Sussurro nel suo orecchio, cercando di essere calma e non lasciar trapelare la vergogna. «Ray, fermati. Sta solo scherzando.» Tento di aiutare il mio amico, ma lui non sembra smuoversi. «Lo sai che gli piace stuzzicarti e vederti reagire con rabbia.» Sussurro ancora.
Si volta verso di me, la collera nello sguardo, ma lentamente la sua presa si allenta. Le sue iridi tornano a risplendere di luce propria anche sotto a quella artificiale, ed io gli sorrido sincera. Mi ha dato ascolto...
«Amico, lasciati dire che hai un controllo della rabbia davvero pessimo. O forse dovrei dire controllo della gelosia?» Riprende a stuzzicarlo Cody, rendendo più chiaro il suo senso dell'umorismo. Mette in chiaro che sta solo scherzando.
Lo guarda infastidito, ma la sua scintilla adesso non l'abbandona. «Versami da bere prima che ti metto fuoco con la vodka.»
Cody scoppia a ridere, anche se io resto un po' interdetta per la minaccia appena sentita.
«Linny, ora sei tu a non aver capito che sto solo scherzando.» Sussurra Ray nel mio orecchio, con il suo tono di voce cauto e dolce.
Gli rivolgo un piccolo sorriso, mentre Cody ride quasi come un pazzo di noi. Prepara uno shottino di vodka per Ray, e chiede a me cosa desidero.
«Posso avere dell'acqua?» Domando, un po' timorosa. Per quanto io conosca Cody, so per certo che mi prenderà in giro a vita per aver bevuto solo acqua ad una festa.
«Acqua? Ma sei seria? Dai, facciamo un sacco di cocktail carini alla frutta...» Cerca di convincermi, ridendo. Beh, un po' meglio di quel che mi aspettavo.
«Sono astemia, Cody. Bevo solo acqua.»
«E dai, ma siamo ad una festa... che ne pensi di un crodino? È un drink analcolico.»
Lo guardo con gli occhi storti. «Cody...»
«Coca Cola...» Tenta ancora.
«Acqua.» Insisto.
«Aranciata...»
«Cody, dai...»
«Thè al limone...»
«Alla pesca.»
«Bleah, meglio l'acqua.» Mi riempie un bicchiere d'acqua e me lo porge, mantenendo un'espressione schifata.
Butto giù un lungo sorso. Ne avevo davvero bisogno. «Davvero detesti il thè alla pesca?»
«E tu davvero bevi acqua ad una festa?» Ribatte, ridendo. Beh, ci ha voluto più tempo del previsto per mettersi a ridere di me. Ci ha messo tanto, ma ora neanche smette più.
Osservo Koray che ride insieme a lui, mentre mi osserva bere con fierezza la mia acqua.
«Direi che è proprio quello che mi serviva.» Borbotto, facendoli ridere ancora di più. Beh, non mi resta che seguirli a ruota.
«Linny, mi stai facendo pisciare sotto.» Mi avverte Ray, avvicinandosi a me, mentre i suoi occhi sono quasi lacrimanti per le risate.
«Ray.» Mi copro subito il viso per l'imbarazzo, ridendo.
«Va bene, ho capito. Vado e torno, altrimenti non resisto più. Scemo, preparami un Malibu.» Avverte Cody, prima di lasciarmi un bacio sulla guancia e allontanarsi.
«Credo di doverne fare uno anche a te, Linny.» Scimmiotta il modo in cui mi chiama Koray, divertito.
Lo guardo male. «Zitto, solo lui usa questo nome, e solo lui lo rende speciale.»
«Oh, perbacco... sorella, sei proprio cotta di lui.»
Divento rossa davanti alla sua notazione. Non so se dire che ha fottutamente ragione.
«Hey, Lin. Sei venuta...» Qualcuno mi chiama dalle spalle. Con il frastuono dei presenti, non distinguo la voce, quindi mi volto.
Oh... è il ragazzo che mi ha invitato a questa festa, nonché anche il "proprietario" di questo posto e colui che ha organizzato tutto. «Ciao, Zack.»
«Sei bellissima.» Mi guarda da capo a piedi, ed io arrossisco, a disagio. Gli rivolgo solo un piccolo sorriso, mentre cerco di coprire lo spacco del vestito sulla gamba.
Lancio uno sguardo veloce al bancone, ma Cody non è più dietro di me: è impegnato a servire altri ragazzi.
«Ti va di ballare? Ora dovrebbero azionare le canzoni più ritmate.»
Mi guardo attorno, non sapendo come comportarmi. Sono tutti impegnati tra di loro, a ridere, ballare, strusciarsi e cantare. Non c'è traccia di Nes o Serkan da nessuna parte, mentre Ray è andato in bagno. Zack continua a farsi sempre più vicino e non so se fidarmi o meno.
Considerando come è finita l'ultima volta che Ray mi ha visto insieme a lui, non credo che mi convenga accettare l'invito di ballare. Ho già sbagliato a presentarmi a questa festa, avendo avuto la proposta da lui.
Ah, e quel che è accaduto il primo giorno che Zack mi si è avvicinato? Cavolo, quel giorno Ray lo aveva quasi smembrato a suon di pugni.
«Mi sto un po' riposando, a dir la verità.» Mento, sperando che capisca che non sono disposta a seguirlo in pista.
«Dai, è già da un bel po' che ti ho vista qui al bancone a ridere e bere. Andiamo, solo un ballo e ti lascio libera, promesso.» Mi afferra la mano, mentre il suo calore mi provoca scosse fastidiose.
Okay, devo provare a pensare al fatto che sembra davvero cambiato...
Sembra davvero pentito di quel che ha fatto con me.
Sembra essersi reso conto che prendermi per una facile, molestarmi verbalmente e far girare brutte voci sul mio conto è stata una cosa completamente sbagliata da fare.
«Solo uno...» Ripeto, con sguardo tosto. Ho ceduto, ma posso provare a dargli solo una possibilità di mostrarsi per la persona buona che è.
Mi sorride, grato, e una musica non molto allegra comincia a riecheggiare nella grande sala. La voce di Taylor Swift sembra quasi cantata in live, e subito la mia testa immagina un suo concerto. Le sue canzoni sono conosciute maggiormente per i suoi testi che esprimono dolore, vendetta, tradimenti...
Mi piacciono perché spesso mi ci sono rivista nelle sue parole - non in ambito amoroso, per me - e in un certo modo è come se lei mi capisse senza conoscermi.
Canto a squarciagola, sorridendo a Zack che mi fissa con il divertimento negli occhi. Anche lui canticchia alcune parole, di tanto in tanto, anche se non le sa. La sua mano è ancora legata alla mia, e la fisso. Non la lascia, anzi la usa per tirarmi verso di sé.
Guardo lui negli occhi, e nelle sue iridi marroni c'è una strana luce: credo sia quella della libertà.
«Sei stupenda, te lo hanno mai detto?» Urla nel mio orecchio, cercando di sovrastare la musica alta.
Arrossisco all'istante, non sapendo cosa dire. Penso che questa potrebbe essere la prova del suo cambiamento: sta cercando di essere migliore, senza pensare soltanto a come scalfire le persone.
«Ti imbarazza sentirti dire che sei bella?» Urla ancora, vedendo che non pronuncio nessuna parola. Scuoto la testa, anche se in realtà la risposta è sì. C'è solo una persona in grado di farmi sentire il mondo, quando mi dice che sono bella.
«Vieni qua, stringiti a me. Ora fanno un piccolo lento.» Mi comunica, con un ampio sorriso sulle labbra. Non capisco quel che intende esattamente, ed è lui ad afferrarmi il busto, attaccandomi contro il suo petto.
Sento il fiato stringersi in gola, per l'ansia. Non credo sia ansia positiva, però.
Cerco di scostarmi senza insistenza, perché non è lui a spaventarmi ma il gesto di per sé, fatto in modo così avventato, a mandarmi in crisi. Ci provo con un po' più di forza, ma non ci riesco. Lui sembra reggermi sempre di più contro il suo corpo.
Cerco di guardare oltre il suo petto per quel che riesco a fare, girando un po' la testa verso dietro, ma ognuno è impegnato a farsi i cavoli propri, e di Ray non c'è nemmeno la traccia, come del resto della sua famiglia.
Calma, Aylin. Niente panico, sta solo ballando.
Ondeggia a destra e a sinistra come una coppia di sposi, e solo il pensiero mi fa morire di vergogna. Ho detto che Zack sembra cambiato, ma questo non vuol dire che mi piace come sono interessata a Ray.
«Zack...» Sbiascico contro il suo petto. Nessuna risposta, quindi riprovo, cercando di premere contro i suoi pettorali, fasciati dalla camicia, per potermi allontanare. Rischio di spezzarmi un polso, ma mi regge in modo troppo forte.
«Non respiro...» Tento di dire, sperando che almeno questo lo faccia mollare la presa. Contrariamente alle mie aspettative, la presa si stringe ancora di più, rischiando di stritolarmi anche le ossa della schiena. Fa male...
Come se non bastasse, lo sento cominciare a lasciare una scia di baci sul mio capo, attorcigliandosi i miei lunghi capelli rossi attorno alle dita. «Capelli rossi... speciali.» Commenta.
Non ci vedo più dalle emozioni negative. Comincio a dimenarmi, ma ad ogni movimento le sue braccia si fanno più ferme contro la mia schiena. Tento di pungere il suo piede con la punta del mio tacco, ma nulla... è troppo furbo.
«Da chi vuoi scappare, Aylin? Sai che sei proprio una troia, come lo era l'altra ragazza rossa, Hailey? Cavolo, siete davvero molto simili, voi due. Peccato per la sua fine.»
Tento di divincolarmi con più energia, sopprimendo le lacrime che minacciano di essere liberate. Le sue mani affondano nel mio sedere coperto e fasciato dal vestito, facendomi male. Non riesco neanche più a parlare, gridare o guardarmi attorno. Il volume troppo alto della musica non è dalla mia parte.
«Rossa di capelli, golosa di piselli. I detti hanno sempre ragione. Senti quanto è dotato il mio pacco? Cerca solo te.» La pressione della sua erezione contro la mia pancia, nonostante i pantaloni che lui indossa, si fa sentire ed una lacrima cade dai miei occhi come una fuggitiva.
Riprovo di nuovo a staccarmi, ormai quasi senza forze, e in men che non si dica mi ritrovo a terra. Ho perso l'equilibrio per le troppe energie usate per scollarmi da Zack?
Nonostante la musica continui a riecheggiare, nella sala cala un silenzio di chiacchiericci e risate, come se chiunque fosse impegnato con le proprie faccende fino ad un minuto fa, ora non lo sia più.
Non faccio neanche in tempo a guardarmi attorno, perché davanti a me Zack è a terra con una persona addosso che lo massacra di pugni in faccia.
Cerco di muovermi, ma mi sento come bloccata davanti a questa scena.
Capisco subito chi è l'assalitore.
Mi è bastato vedere la cravatta che ha buttato a terra, vicino a me, e soprattutto la sua collera è... la sua.
Si riconosce da un miglio, e mi sento così in colpa per essere la causa della sua perdita di controllo. È colpa mia se adesso è sfuggito a questa crisi. Aveva detto di non volermi vedere con Zack, ed io che ho fatto?
Afferro la cravatta, cercando di avvicinarmi a loro, in lacrime. «Ray...» Urlo. Non mi sente neanche.
Le persone attorno ci guardano, inorridite: c'è chi filma con il cellulare, chi fa il tifo per uno dei due, chi istiga a continuare con i pugni...
Nessuno che prende in mano la situazione, tentando di staccare Ray dal corpo quasi esanime di Zack.
«Ray, fermati...» Urlo a più non posso, avvicinandomi maggiormente. Sto quasi per toccargli il braccio, ma una presa mi fa cadere all'indietro, e subito dopo qualcuno afferra Ray con tutta la forza possibile, cingendolo per il petto e bloccandogli i polsi: è Serkan.
Cody solleva me da terra, mentre Serkan, aiutato da Nes, mantengono il loro fratello.
«Lasciatemi. Lasciatemi.» Urla lui, dimenandosi nella presa di suo fratello, con la voce colma di rabbia. «Io ti ammazzo, schifoso.» Latra ancora, ma la sua famiglia lo porta fuori con la forza, non facendolo più avvicinare a Zack.
Cody porta fuori anche me, mentre io libero alcune lacrime che non riesco a trattenere. Vedere Koray in questo stato, completamente fuori di sé, mi distrugge. Non riesco a fare altro che darmi la colpa per quanto è accaduto. Se non avessi ceduto alla proposta... ora staremmo ancora ridendo.
«Fermati, coglione. Dobbiamo andarcene, prima che qualcuno chiami la polizia.» Tuona Serkan, dando uno schiaffo sul capo di suo fratello.
«Io lo ammazzo a quello, un giorno. Lo uccido con le mie mani.» Continua ad urlare. «Lasciatemi andare, ora. Devo finire quello che ho iniziato.» Urla, con tono pienamente fatto di odio.
Mi sento un peso enorme per tutti. Senza di me... tutto ciò sarebbe stato più tranquillo.
«Entra in macchina e non fare storie, coglione che non sei altro.» Lo infila nella sua Cross al posto del passeggero anteriore. «E dammi le chiavi per guidare.» Rovista tra le tasche che ha Ray, fino a trovare le chiavi della macchina.
Cody accompagna me in macchina. «Qualsiasi cosa, avvertimi. Mi dispiace per non averlo fermato...» Parla, dispiaciuto.
«Cody, non c'entri nulla, tu. Zack mi ha preso in giro ed è solo colpa mia, perché ci sono cascata in pieno.» Ribatto, sicura di me. Ho pensato davvero che fosse pentito...
«Lin, quello è un coglione e si sapeva, e tu dovevi capirlo a tue spese. Non è colpa tua.»
Annuisco, anche se il mio livello di convinzione equivale al sotto zero. Come posso non incolparmi, se ogni volta che Ray ha queste crisi così forti ci sono di mezzo io? È l'unica risposta plausibile, la mia.
Serkan parte, dopo che Cody si assicura di vedermi un po' più tranquilla, e Nes mi afferra la mano, rivolgendomi un sorriso di apprensione. È dispiaciuta per me, per come sono andate le cose.
Durante tutta la durata del viaggio verso casa, Koray non smette un attivo di divincolarsi sul sedile, a cercare di staccare la cintura di sicurezza e aprire lo sportello per fuggire. Le sue grida mi perforano i timpani, e i piedi che sbattono a terra, irritati, mi fanno aumentare il dolore che sto provando dentro.
La mia mente mi riporta all'attimo prima di ritrovarmi a terra, e sento di nuovo le mani di Zack stringermi le chiappe del sedere con forza, affondandoci le dita. Un senso di nausea improvvisa mi si innalza dentro, e prego con tutta me stessa di arrivare presto a destinazione. Dopo tutto il casino che è successo, per nessuna ragione al mondo vorrei vomitare nella macchina di Koray.
Resto a fissarlo, con gli occhi pieni di tristezza e paura. È furioso e così non l'ho mai visto. Come devo comportarmi, adesso?
Lo osservo mentre, appena Ser accosta davanti al vialetto di casa nostra, si spreme per staccare la cintura. Fugge dall'auto come un criminale, e raggiunge la porta di casa in meno di dieci secondi.
Scendo anche io dall'auto, salutando i due fratelli Makay, e poi lo raggiungo all'entrata.
Lui entra e mi chiude la porta in faccia. Oddio... non ho la chiave di riserva.
Busso contro la porta, chiamandolo: «Ray... Ray, apri per favore. Fa troppo freddo, dai.» Tento di farlo.
«Avanti, per favore...» Continuo a bussare violentemente contro la porta.
«Stai bene dove stai. Qui dentro non ti voglio più vedere.»
Resto a fissare la porta in mogano, con il pugno sospeso in aria. Tento di voltarmi indietro, almeno solo con il capo, in cerca di aiuto da parte degli altri due Makay, ma so che è completamente inutile: sono andati via non appena siamo scesi dall'auto, portandosi quindi anche la macchina di Ray.
Riprovo a bussare, mentre la mia voce si incrina pesantemente. I sensi di colpa che sto provando in questo momento sono all'altezza della luna.
«Ti scongiuro, Ray... stavo cercando di staccarmi.» Grido, mentre le lacrime cominciano la loro discesa come la grande cascata... il nostro posto.
«Non me ne fotte un cazzo di quel coglione. Cosa ti avevo detto?»
La porta si apre di colpo, mentre le nostre due figure si scontrano: io con il volto prosciugato dal pianto, lui grondante di collera, con il fumo che gli esce dalle orecchie e dal naso.
«Cosa ti avevo detto, eh? Dovevi stargli lontano...» La sua voce è pura furia, quasi in grado di distruggere qualunque cosa.
Gli appoggio le mani sul petto, facendo un passo all'interno della casa, ma lui colpisce le mie braccia come insetti da allontanare. «No, devi finirla. Stai solo a vedere il buono delle persone, anche in chi il buono non esiste.» Sputa fuori, quasi come se fosse schifato dal mio modo di essere.
«Uh, è cambiato, sembra pentito, sembra un altro ragazzo, migliore di prima...» Scimmiotta la mia voce con un tono pesantemente infastidito, mentre le mie lacrime non vogliono smettere di cadere. «Lo vuoi capire che il mondo non è fatto solo di rose, come vuoi tu? Vedi sempre il lato positivo in tutto, anche in quel coglione che non fa altro che molestarti. E tu? Tu stai al gioco, cazzo...»
Resto pietrificata davanti alle sue parole acide. Cosa vuole dire? «Io...» Balbetto, ingoiando un groppo di saliva. «Io non sto al gioco... pen-pensavo davvero che... che fosse pentito.» Provo a dire, e lui tira fuori una risata isterica, allontanandosi da me.
Chiudo la porta, nonostante la tentazione di scappare per piangere da sola è tanta.
«Pentito... ah ah, pentito... Aylin, chi è un bastardo, resta tale. Ti basta pensare a quel che ha fatto a mia sorella insieme a suo fratello... non si è neanche presentato al funerale, perché il suo ego supera ogni cosa.»
Ogni singola parola esprime odio puro, ed io non riesco a fare altro che sentirmi sempre più in colpa. Sapevo di non dover abbassare la guardia, con Zack, ma lui mi ha quasi obbligata...
Non riesco a non farmi schifo da sola.
Le lacrime scorrono senza una fine, come se il mio corpo fosse una sorgente. Non riesco neanche più a guardarlo in faccia, perché quel che è successo ha ferito la parte più profonda di lui: il suo amore per sua sorella.
Lo osservo allontanarsi senza voltarsi indietro, mentre io non riesco a tirare fuori nessuna parola che possa farmi sentire meglio.
«Se continuerò a vederti davanti, rischio di cavarmi gli occhi fa solo. Non puoi aver fatto questo a mia sorella, pur avendoti raccontato quel che le è successo.» Dice in un sussurro, e il mio cuore sembra emettere un crack tremendo.
Cado a terra, senza forze. Cerco di parlare, ma questo contribuisce soltanto ad aumentare la rabbia di Koray.
«Io... non azzardarti a venire di là. Non ti voglio vedere.»
Ogni piccola particella di me sembra spezzarsi senza ritegno, le lacrime sembrano stopparsi per il colpo diretto. Mi sento completamente a pezzi, e quel che provo è odio: per la prima volta da quando sono nata - nonostante io abbia affrontato tante cose - provo un odio profondo verso me stessa. Non credo di aver sentito mai un sentimento così forte e brutto, neanche verso l'abbandono di mia madre, ed ora odio me stessa, perché so che è tutta colpa mia se Ray adesso non vuole più vedermi.
È colpa mia se ho ceduto all'apparente bontà di Zack, perché ho sperato che fosse cambiato.
È colpa mia se il borderline di Ray ha preso il sopravvento.
È colpa mia se ora l'unica cosa giusta che posso fare è lasciare questa casa.
Koray non ha mai scelto di avermi in casa con lui, mentre io sono stata catapultata qui e ho tentato di restarci. Ho sbagliato tutto dal principio, e solo io posso tentare di migliorare le cose.
Se almeno una persona tra le due deve essere felice, io scelgo di far stare bene lui.
Con il cuore in gola e il respiro sospeso, asciugo le lacrime che hanno bagnato il mio volto, ed esco di casa, infiltrandomi nel buio. Devo cercare Serkan, e dirgli che la casa che si è liberata posso prenderla io.
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