30. NOTTE

È speciale, la notte,

perché puoi osservare le cose

che brillano per davvero.

«A te piace la notte?» Chiesi, distogliendo lo sguardo dalla luna per poter guardare lui.

Quel bambino dai capelli un po' lunghi annuì, sorridendo. Mi guardò per due secondi, poi entrambi ritornammo a voltare la testa verso il cielo. Anche se la neve era gelida, starci distesi sopra per osservare la luna e le stelle era piacevole, soprattutto perché non rischiavo di spezzarmi il collo. Le luci artificiali dell'Aurora Boreale, poi, erano meravigliose.

«È speciale, la notte, perché puoi osservare le cose che brillano per davvero.» Parlò dopo un po', e scovai il suo sguardo su di me. Quando lo guardai anche io, i nostri sguardi si incatenarono l'uno nell'altro, e fu allora che, sotto la luce della luna, in contrasto con quella della neve, mi accorsi che i suoi occhi erano strani, diversi ma entrambi scintillanti. Quello fu l'istante in cui mi accorsi che quello strano bambino di sette anni mi aveva colpita particolarmente e, anche se il giorno dopo fossi dovuta ripartire, sapevo che non avrei più dimenticato la sua particolarità.

«Linda?»

Non... io non posso credere davvero che sia lei. Non lo è per certo. Ha tante rughe, è più robusta, gli occhi particolarmente stanchi... no, non può essere lei.

«Linda, sei tu?» Ripete. «Non mi sto immaginando niente, vero?» Qualche lacrima le riga il volto, e non riesco a non pensare al fatto di essere io quella che si sta immaginando le cose.

«Ti prego, dimmi che mi riconosci...»

Mi appoggia una mano sul braccio, ma mi scanso di colpo, guardando il punto dove mi ha sfiorata. «Io...» Torno a guardare lei, cercando di reprimere ogni lacrima debole. «Credo che lei mi abbia scambiata per un'altra persona.»

Ingoio un groppo pesante in gola. Vedere questa donna davanti a me - che a quanto pare è la stessa persona che non vedo da tredici anni - con gli occhi colmi di lacrime e visibilmente provata mi distrugge. Non voglio fare a lei quello che ha fatto a me, ma chi mi dice che sto veramente vedendo la realtà?

«No... no, non è possibile...»

Cerco di restare impassibile, ma dentro di me mi sento morire. Sta sperando di avere davanti la sua Linda...

«No, non può essere... tu sei lei, sei la mia piccola... Sei cresciuta tanto ma sei lei...» Piange a dirotto, mentre cerca di avvicinarsi a me.

Io continuo a non rispondere, ma ormai le mie lacrime parlano chiaro. Il pensiero che lei possa essere davvero mia madre mi si sta insinuando dentro, ed è difficile evitarlo. Come è possibile? Io ho chiesto a Mister Douglas di avere notizie, ma non ero pronta a ritrovarmela davanti. Poi... in Norvegia? Abitiamo nella stessa città? No, non può essere. È un'assurdità.

«Linny... ehm, volpina, dobbiamo andare.» La voce di Koray mi riscuote dai pensieri, asciugandomi qualche lacrima.

«No...» Grida un po' la donna, in crisi, ripetendo senza sosta questo monosillabo. «Tu non puoi portarmela via... no.»

«Mi dispiace, ma credo che si stia sbagliando. Sua madre la sta aspettando a casa.» Ribatte Koray, sicuro di sé.

Sta mentendo, ovviamente. Ma... perché? Cosa sta cercando di fare?

«Sono tutte menzogne.» Adesso urla, e credo che qualcuno l'abbia sentita anche dall'interno del ristorante.

Non mi sorprendo, però. È stata proprio lei ad insegnarmi come scovare le bugie, quindi è ovvio che lei sia la prima a capirlo.

«Lei è la mia Linda, si chiama Aylin e non ha una madre che la aspetta. Io sono sua madre. Non mi sto immaginando niente. Io non ho le allucinazioni.»

Le lacrime dai miei occhi, come dai suoi, scorrono come fiumi, e cerco di nascondere il volto contro il petto del ragazzo al mio fianco.

«Si chiama Lucy, mi dispiace.» Prima che possa ribattere ancora con altre urla, Koray mi trascina con forza verso la foresta, reggendomi come un peso morto.

Sono scioccata, e non riesco a ragionare a mente lucida. Riesco solo a voltarmi alle mie spalle, vedendo di sottecchi la donna che cade a terra in ginocchio, disperata, mentre un uomo dalle braccia enormi la afferra dalle ascelle e la riporta nel locale.

La forza sembra abbandonarmi completamente, tanto da scivolare anche dalla presa di Ray, che mi afferra a qualche centimetro dalla caduta totale. Sono completamente annientata dal dolore.

Credo davvero di aver rivisto mia madre, e non so se devo dare retta a Koray, che mi ha aiutata ad andare via, oppure correre in quel posto e abbracciarla.

La mia mente è un culmine di emozioni contrastanti tra loro, e credo che il dolore prevalga su tutte.

«P... perché?» Chiedo, balbettando, mentre continuiamo a camminare.

Mi stringe più forte, per non farmi cadere di nuovo. «Ho visto il tuo shock, ed ho visto la speranza negli occhi di quella donna. Ho capito chi è, ma la tua reazione non era positiva. Non lo era, e continua a non esserlo. Ho dovuto fare qualcosa per farti riprendere, e questa mi è sembrata l'idea più appropriata.» Mi spiega.

L'ha vista anche lui, quindi? Non era un'allucinazione...

«Lucy...» Ripeto, confusa. Non riesco a ragionare nel modo corretto, ed ho bisogno di capire.

«Lo so, ho dovuto darti un altro nome per convincerla, e mi... mi dispiace.»

Comprendo le sue intenzioni, e non sono arrabbiata con lui. Diamine, lo ha fatto per aiutarmi, perché sono andata sotto shock, ma...

Ho davvero rivisto mia madre e, dopo aver passato anni a sperare di ritrovarla, ora sto scappando da lei. Sto facendo quasi la stessa cosa che ha fatto lei con me tredici anni prima.

Sospiro. Siamo quasi arrivati a casa, e non posso scappare da colui che mi ha aiutata. Non mi reggo in piedi neanche da sola, è impossibile poterci riuscire.

«Senti, ora entriamo in casa e ci addormenteremo. Ti rilasserai, lo shock andrà via, e domani sera ritorneremo in quel ristorante, così che tu potrai parlare con tua madre. Il mio obbiettivo non è allontanarti da lei, ma quello di non farti stare male.» Mi comunica, con fermezza nella voce.

Sospiro ancora. «Mister Douglas, il dottore, mi aveva detto di attendere la guarigione dello zigomo per poter affrontare qualsiasi notizia riguardante una delle mie due madri, quella adottiva o quella biologica. La vulnerabilità data dal colpo doloroso non mi avrebbe consentito di affrontare un altro scoop. Solo ora capisco che aveva davvero ragione.»

Ci pensa su. «Quel che è successo è ben peggiore dell'avere solo qualche notizia, Linny. Te la sei ritrovata davanti senza avere delle aspettative, o almeno essere avvisata da qualcuno che questo sarebbe potuto accadere. È normale esserti scandalizzata per averla vista, e la vulnerabilità del momento c'entra ben poco con la tua reazione.»

I suoi tentativi di farmi ragionare sono strani, ma sembra riuscirci.

«Poi, devo farti notare una cosa: se non fosse accaduta quella rissa all'università, come avresti reagito in questo caso? Ti saresti immobilizzata lo stesso?»

Annuisco alla sua constatazione, sentendomi una disagiata. Avrei reagito allo stesso identico modo, e lui lo ha capito prima di me.

Ci tiene a farmi ragionare su questo aspetto, perché riprende a parlare subito dopo il mio movimento del capo: «Ecco, appunto. In qualsiasi modo fossero andate le cose, tu non saresti stata pronta a ritrovartela davanti. Come credo che sia normale, tu volevi rivederla da tanti anni, o almeno sapere qualcosa di lei ma, nonostante la tua forte volontà, avresti sempre reagito in questo modo. Tutto ciò non ha a che fare con la vulnerabilità avuta con la rissa accaduta, perché tu sei delicata, e questa è la tua natura. Non avresti potuto rispondere in altro modo, se non pietrificarti davanti alle sue speranze.»

Ogni singola parola che esce dalla sua bocca è un colpo al cuore... non in negativo, ma per lo stupore. Ho pensato fin dall'inizio che Koray Makay fosse un ragazzo tra le sue, distaccato e disinteressato dal mondo esterno, ma forse mi sono sbagliata: lui, nonostante le sue dimostrazioni perenni di dissociazione, di collera e di menefreghismo, ha notato uno degli aspetti più trasparenti, ma anche quello più nascosto di me.

Non mi piace dimostrare di essere vulnerabile. Delicata sì, ma non facilmente calpestabile. Non mi piace far pensare di essere troppo debole per mantenere una forza interiore a lungo.

Quel che mi colpisce è che, nonostante io non abbia mai dimostrato a lui di essermi arresa, lui è riuscito a capire a pieno il mio modo di essere... perché sì, cerco di essere forte, ma dentro di me muoio ogni secondo di più.

Sono talmente abbattuta, attualmente, che non riesco neanche a dimostrargli che le sue parole mi hanno colpita. Gli rivolgo un piccolo sorriso, però.

«Io anche ho una considerazione da farti sapere...» Sussurro, e lui tende le orecchie, mentre ormai mancano pochi passi per raggiungere casa. «Avrei dovuto essere quella che ti stava accanto per aiutarti, ma ora sei tu ad essere accanto a me, per aiutare me.»

«Ovvio, perché io non ho bisogno di aiuto.» Ribatte, fiero di sé e anche un po' altezzoso, facendomi ridere.

Evito di controbattere, anche se non sono completamente d'accordo con la sua ammissione, e finalmente la nostra casa comincia ad intravedersi, mentre io riesco nuovamente a camminare da sola.

Kurt scodinzola e saltella da una parte e dall'altra, come se stesse impazzendo. Anche lui, forse, è contento di essere di nuovo a casa.

Prima di raggiungere il portone d'entrata, però, vengo fermata dalla mano di Ray che afferra la mia. Nonostante io sia ancora un po' scossa, il suo tocco scatena sempre un'infinità di brividi interni.

Non capisco come faccia, e soprattutto perché il mio corpo adora reagire in questo modo, ma ogni volta che succede, la mia mente raggiunge il paradiso. È assurda la sua abilità di farmi sentire immediatamente meglio, anche con un gesto considerato, all'apparenza, futile.

«Come ti senti, adesso?» Mi domanda, con la preoccupazione ben visibile nel suo sguardo anche sotto al buio della notte.

Ma... la sua premura? Mi ha appena sbloccato un aspetto che amerò di lui anche ad occhi chiusi.

«Un po' meglio.» Gli rispondo, sincera, cercando di contenere l'eccitazione per il suo modo di fare. Mi sta facendo impazzire, ed è per questo che mi fa sentire meglio. Gli ormoni dentro di me si ribellano, e i neuroni vanno in fumo...

Queste cose non sono negative, giusto? Non sono i suoi scatti di rabbia a provocarmeli, quindi direi proprio di no.

«Te la senti di dormire in camera tua?» Domanda, con una sfumatura delicata che credo di non avergli mai visto. Cosa sta cercando di dirmi? Vuole farmi dormire in camera sua?

Meglio non rischiare i fraintendimenti. «Si, è mia proprio perché è lì che devo dormire.»

Cosa ho appena detto... oddio. Mi viene l'istinto di sbattere la testa al muro per la stupidità, ma mi trattengo.

«Riuscirai a dormire da sola?» Chiede ancora. Non capisco: sta cercando di dirmi qualcosa in codice, o vuole solo assicurarsi che sto meglio? Non voglio rischiare di fare la figura della cretina.

«Sì, ce la farò.» Gli sorrido, anche se una parte di me sta pregando in ginocchio che lui mi chieda se può dormire con me.

«Va bene, mi hai convinto. Nonostante la tanta vulnerabilità che hai, cerchi sempre di non mollare. Mi piace il tuo spirito.» Apre la porta di casa, lasciandomi un po' perplessa.

Sì, ha detto una cosa giusta su di me anche adesso ma... è lui ad aver mollato, o è solo una mia impressione?

Lo seguo dentro, venendo subito travolta dal calore del camino ancora in funzione.

«Io vado a dormire, allora.» Gli comunico, con voce debole. Vorrei davvero sentirmi dire che verrà con me a dormire, sfidando ogni demone interno, nel mio stesso letto... ma so che per lui è praticamente impossibile. Non mi vuole vedere nella sua camera, neanche quando c'è lui, figuriamoci se è lui a voler venire nella mia.

«Okay.» Sussurra, mentre va in cucina, ignorandomi. Come pensavo...

Raggiungo la mia stanza, ormai con la mente colma di pensieri. Sono tutti negativi: quelli positivi, che erano pochi, sono stati sopraffatti dagli altri, molto più forti. Pensavo di sentirmi meglio - anche grazie ai tentativi di Ray di farmi pensare ad altro - ma non potevo sbagliarmi di più.

Ora lui è tornato ad essere distaccato, probabilmente per qualcosa di sbagliato che ho detto, e la mia mente riporta a galla le cose peggiori. È sempre così: quando qualcosa mi crea anche solo un pensiero negativo, tornano a farsi sentire anche quelli che ho cercato di superare, facendomi stare doppiamente male.

Con gli occhi di nuovo lacrimanti, indosso frettolosamente il pigiama e, dopo una sosta lampo nel bagno, chiudo la porta della stanza senza bloccare la serratura e mi nascondo sotto le coperte. Libero ogni frustrazione attraverso un pianto silenzioso, accompagnato da perenni singhiozzi che mi logorano la gola, pur sapendo che questo non mi aiuterà a farmi sentire meglio.

Posso solo sperare, così facendo, che possa perdere ogni forza dentro al mio corpo per crollare nel mondo dei sogni.

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Un bagno di sudore attacca i miei capelli sulla guancia.

«Mamma.» Sento un grido, e non capisco. Sembra così lontano, così sommerso.

Cerco di girarmi verso il lato destro del letto, ma non ci riesco. Mi sento completamente bloccata.

«Mamma, ti prego...» Odo ancora, una voce molto flebile e distrutta. Perché le mie orecchie la percepiscono così lontana ma allo stesso tempo così vicina? Ho paura.

Tento ancora di voltarmi dall'altro fianco, ma niente. Sono come in trappola.

«Non lasciarmi, no...» Ora è più forte, il grido, ma anche più spaventato. Ma... sono io a parlare?

Mi divincolo, cercando di aprire gli occhi, ma non ci riesco. Qualcosa mi sta costringendo a stare ferma. Forse non sto dormendo, è impossibile.

«No, mamma...» L'urlo è molto più forte di prima, tanto da essere in grado di farmi sobbalzare dal cuscino. Non riesco ad aprire gli occhi, però. Le mie labbra si muovono per emettere suoni strozzati - forse proprio le grida - e i miei occhi, seppur incollati tra di loro, vedono la figura di mia madre, più adulta di come la ricordavo, allontanarsi nel buio più totale.

«Mamma, torna da me...» Continuo a disperarmi, osservando l'unico fascio di luce che mi appare in lontananza, vicino alla figura di quella donna: è la luce della luna, che si prepara ad accogliere mia madre.

«No...» Il mio urlo viene strozzato dal pianto, ma anche mentre le lacrime scorrono come se non ci fosse un domani, la monosillaba continua a ripetersi nella mia mente e forse anche all'esterno.

«Linny...» Sento chiamare il nome che solo una persona usa con me. «Linny...»

Cerco di divincolarmi, spezzare il collegamento con l'incubo, ma continuo ad urlare come un demone.

Avverto qualcosa che tocca la mia pelle gronda di sudore e, forse l'improvviso contatto, al di fuori del materasso, mi provoca una scossa elettrica piena di brividi. Mi fanno sobbalzare, e stavolta riesco a cambiare il lato del letto. Dovrei essere girata verso la porta della stanza ma non so individuarlo. Gli occhi sono serrati e le urla continuano, imperterrite. Mi fa male la gola, ma ugualmente non mi fermo.

Continuo a vedere la figura di mia madre in lontananza, ricordandomi il momento in cui mi abbandonò tredici anni prima.

Le lacrime continuano a cadere dagli occhi chiusi, mescolandosi con il sudore ma, nonostante il mio stato di incoscienza, riesco ad avvertire qualcosa di caldo che le sfiora, inumidendosi di conseguenza. Poco dopo, però, mi sembra di avere le guance più asciutte.

Qualche urlo disperato continua a riecheggiare, e nonostante il mio letto sia piccolo, sento qualcosa fiancheggiarmi completamente. La sua superficie è molto morbida, ma soprattutto profumata. Cioccolato... quel buonissimo profumo di cioccolato e pistacchio.

«Sh, ci sono io con te...»

«Mamma?» Sussurro anche io, non capendo. Il respiro decelera, così come il battito del mio cuore.

«Brava, rilassati.»

«Mamma, torna da me.» Singhiozzo, e qualche altra lacrima mi scorre sul viso.

«Sh, stai tranquilla. Appoggiati a me, e prova a dormire più serena.» Sento sussurrare ancora. Avverto ogni muscolo che si allenta, il respiro che sembra arrestarsi, e il battito che torna regolare.

La mia testa è appoggiata a qualcosa di più duro ma più accogliente di un cuscino, mentre riesco finalmente a liberarmi dallo stato di blocco in cui si trovava il mio corpo qualche secondo prima. Riesco ad allungare il braccio, non più paralizzato, verso la cosa che mi sostiene, e finalmente ricomincio a respirare e rilassarmi.

Apro leggermente gli occhi, solo per capire cosa mi sta stringendo verso di sé ma, non capendolo, li richiudo e cerco di pensare solo alle cose belle.

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Un'ondata di vento mi scompiglia i capelli e disturba i miei occhi chiusi, facendomi accigliare. Subito dopo, un movimento scattante sotto di me mi fa sussultare.

Cos'è, un terremoto?

Delle risate divertite giungono alle mie orecchie, ma non ho la minima voglia di svegliarmi per capire di cosa si tratta. Anche se questa cosa strana sotto di me, dura ma profumata, si alza e si abbassa come se fossi io ad essere impazzita, sto talmente bene qui. Finalmente, poi, mi sento rilassata.

Muovo il braccio al fianco del mio volto, e la superficie sotto di me si scuote. Ma che... è un petto?

Lo sento muoversi più lentamente, cercando di sopprimere le risate che gli sento nel corpo. Mugolo, perché sta cercando di spostarsi. Altre risate e sospiri inondano la mia testa, e stavolta mi decido ad aprire gli occhi.

Il corpo sotto di me, fasciato da una maglietta a maniche lunghe nera, si arresta e quindi, facendo scivolare lentamente la mano più in alto, per poterlo guardare negli occhi, alzo la testa verso di lui piena di ansia. Chissà cosa gli sto facendo pensare, oddio.

Lui, al contrario delle mie aspettative, ha un viso visibilmente rilassato, con gli occhi chiusi e il respiro quasi pesante. Ecco perché mi sono sentita il vento fra i capelli e negli occhi.

Cavolo, ma sta dormendo? Stavo immaginando che fosse sveglio a causa del mio timore per questi momenti con lui? Devo scappare, prima di ritrovarmelo ad urlarmi contro per aver invaso i suoi spazi durante la notte. Lui ritiene che le ore notturne sono estremamente private, ed ora... come abbiamo fatto a dormire insieme?

Tento di sollevarmi piano, senza toccarlo, in modo tale da non svegliarlo e poter andare via da questa stanza. È la mia camera... cosa ci fa Ray nel mio letto, insieme a me? Ho la mente completamente in pappa.

Quando i tentativi di spostarmi senza toccarlo si rivelano vani, ci rinuncio, sbuffando, e alla fine appoggio il palmo sinistro sul suo petto, sperando di non farlo male.

Ci carico poca forza, rischiando anche di cadergli addosso, ma anche questo si rivela essere inutile. Quel che me ne fa rendere conto è il suo petto che, con la mia mano sopra di esso, comincia a vibrare violentemente, accompagnato da piccole risate contenute.

Ho perso. Ho fallito completamente. Stavolta sono certa di non essermi immaginata la sua risata inconfondibile.

Con sguardo sconfitto e deluso, alzo gli occhi verso di lui. Koray mi fissa, con uno sguardo misto tra il divertito e l'intimorito ma alla fine, forse per la mia faccia senza dubbio buffa e rincoglionita, scoppia a ridere, facendo prevalere quindi il lato divertito.

Rido anche io, solo perché è lui che riesce a farmi essere così di prima mattina, e riappoggio la testa sul suo petto.

Non so come io ci sia finita, in questa situazione, con lui.

Non so come abbia fatto lui a finire nel mio letto, mentre sorregge il mio peso sul suo petto.

Non so perché lui è così divertito.

Una cosa la so, però: non voglio mettere fine a questa pace.

«Cosa fai, ora? Fino a due secondi fa stavi facendo ogni cosa possibile per scappare.» Commenta, ma il suo tono di voce non è irritato.

Io sorrido perché, nonostante i miei tentativi di svignarmela senza farmi notare da lui - non abbiamo fatto qualcosa di cui non ricordo niente stanotte, vero? - lui si è ugualmente accorto di tutto.

«Sono troppo stanca, ora.» Lo sento ridere sotto di me. Lo guardo, perché il suo sorriso, seguito dalla sua risata, è la cosa più bella che io potessi chiedere di avere di prima mattina. «Da quanto tempo sei sveglio?»

«Conti facendo, dovrei essermi svegliato alle tre, e da lì non ho più chiuso occhio.»

I miei occhi esprimono tutto lo shock. «Cosa?! Come mai?»

Prova a fare un'alzata di spalle, quasi fallita. «Forse c'entra una persona.» Sorride, divertito, mentre parla e mi guarda.

«Lo sapevo, è colpa mia. Che ho combinato?» Chiedo, terrorizzata da me stessa. Cosa diamine ho fatto di così grave da non farlo dormire? E... «È per questo motivo, che tu sei rimasto qui, in camera mia?»

Annuisce ma non risponde alla mia prima domanda. Cavolo, ho paura di quel che possa essere successo. E se davvero abbiamo fatto qualcosa di "sconcio" che il forte stato di shock non mi fa ricordare? Oddio...

«Sei troppo bella quando dormi.» La sua affermazione mi spiazza, facendomi diventare un peperone. «Ed i tuoi occhi infastiditi dal soffio sono molto divertenti.» Continua.

Cosa sta cercando di fare? Vuole sviare l'argomento? Cavolo, se è successo qualcosa tra noi due, ora sono davvero nello schifo più totale...

«E tu sei troppo bravo a fingerti collassato.» Ribatto, senza vederlo in faccia.

«Lo so, dovevo scovare le tue comiche reazioni... direi che ne è assolutamente valsa la pena.» Allude ai miei tentativi di andare via dalla mia stessa camera. Stavo solamente cercando di evitare qualsiasi sfuriata avrebbe potuto scatenare una situazione simile.

Sbuffo, un po' infastidita da queste piccole prese in giro, e tento di recuperare nuovamente il sonno. I miei occhi si chiudono da soli.

Le mie lunghe ciocche rosse vengono attorcigliate attorno alle sue dita, mentre ci gioca come se fosse un passatempo.

«Dovremmo alzarci. Fra trenta minuti comincia la tua prima lezione.» Mi informa, e le mie labbra emettono un forte suono scocciato.

Come rovinare i bei momenti, insomma...

Mi faccio forza - molta di più di quella di prima - e mi metto seduta sul materasso, guardando il suo volto ancora insonnolito. Cavolo, non ha dormito a causa mia, e non so neanche perché o soprattutto cosa è successo.

«Puoi restare a dormire, se vuoi. Sei troppo stanco, e non sarei tranquilla se non pensassi a farti riprendere.»

Annuisce semplicemente.

Nonostante il suo sguardo inchiodato al mio, mi volto e mi guardo attorno.

L'unico modo che ho per scendere dal letto, senza scavalcare sul suo corpo fermo, è raggiungere l'altro lato del letto, quello verso la finestra... ma è praticamente attaccato al muro, quindi sono bloccata così.

Potrei scendere dalla parte della testiera posteriore - e l'idea non sarebbe male - se non fosse che dovrei regalare tutta la scena dando le spalle al ragazzo sdraiato sullo stesso letto.

Okay, forse svegliarmi con un ragazzo la mattina mi causa anche un sacco di paranoie, e questo non è molto piacevole per la mia sanità mentale.

Torno a guardare Ray, il quale mi guarda con la confusione palpabile, ma soprattutto ancora svagato. Si starà sbellicando mentalmente di risate incontenibili, ne sono certa. Il suo volto parla da solo.

«Sei davvero goffa.» Commenta, con il sorriso stampato sul viso. «Mi chiedo in cosa stia vagando questa testolina buffa alle 7 di mattina.»

Abbasso la testa, rossa per l'imbarazzo, ma sorrido di rimando.

Tra i modi di andare via, e la forte voglia di restare ancora appoggiata sul suo petto, credo sia meglio che non sappia tutte le cose che la mia testolina buffa sta pensando.

Prima ancora che io possa alzare nuovamente lo guardo su di lui - distogliendomi per l'ennesima volta dai miei pensieri - le sue braccia mi afferrano con forza, attirandomi a sé con tutto il mio corpo.

Il mio volto, ora, è ad un palmo dal suo, e sono costretta a doverlo guardare e morire di ansia internamente.

Siamo vicini - troppo vicini - e la mia testa ora viaggia ancor più di prima.

Ogni film mentale che la mia mente mi sta mostrando è degno di un premio Oscar, e mantenere il mio umore abbastanza cauto risulta essere un'impresa davvero difficile.

Vorrei stare così per sempre, magari regalandogli il mio primo vero bacio.

Le sue labbra sembrano quasi chiamarmi, ma proprio quando sembra che anche lui sia a tanto così dal legare queste due parti del nostro volto, volta il capo verso la finestra, spezzando ogni attimo paradisiaco che si era creato.

La sua espressione, ora, rivela solo una piccola linea ricurva delle labbra, e chiude gli occhi.

«Credo che ora tu sappia come scendere dal letto.» Dichiara, intuendo quel che stavo pensando poco prima.

Un enorme senso di delusione si impossessa dentro di me, ma faccio di tutto per non darlo a vedere, sfoggiando un piccolo sorriso e persino una risatina. «In effetti sì.»

Scivolo dal suo corpo, e di conseguenza balzo giù dal letto. Prendo dei vestiti puliti da poter mettere e, senza dire nulla, corro in bagno a cambiarmi.

Non mi va di far andare via Koray dal mio letto, quando ha passato la notte in bianco a causa mia. Non so cosa sia successo, perché non ricordo niente che possa farmi pensare a qualcosa ma, trovare lui nel mio letto, è l'unico segno che mi fa intuire che la colpa è mia.

Cerco di dedicare quanta più attenzione possibile a me, distogliendomi dal pensiero fisso di quegli occhi particolari, e faccio tutto quel che devo per prepararmi nel migliore delle attuali possibilità. Metto persino un po' di mascara, in grado di mascherare un po' il mio sguardo ancora assonnato.

Con solo le scarpe che mancano da indossare, torno in camera per lasciare il pigiama, trovando Koray laddove l'ho lasciato venti minuti fa.

Sembra dormire, adesso, perché il suo viso risulta essere particolarmente rilassato. Il suo petto si alza e si abbassa al ritmo del suo respiro.

Resto a fissarlo per qualche minuto, in silenzio, ma mi ricompongo per paura di fargli pensare male, nel caso si svegliasse.

Lascio il pigiama nel cassetto apposito e, lasciandomi i sandali ai piedi, mi dirigo verso la porta della stanza.

«Sono bello mentre faccio finta di dormire, lo so.»

Mi blocco all'istante, sentendo la sua voce. Mi ha vista, allora, osservarlo mentre, come ha detto lui, faceva finta di dormire. Dannato Koray...

«Io non ho detto che lo sei.» Mi difendo, guardandolo.

«Ma so che lo pensi.» Continua a vantarsi, sorridendo come uno stupido che si sta divertendo a punzecchiare.

«Modesto...» Sorrido, anche se vorrei cercare di apparire più seria.

«Allora, te ne vai già?»

Gli mostro le ciabatte che porto ancora ai piedi. «Vado in cucina a prepararmi la colazione. Faccio qualcosa anche per te, così che mangi appena ti vorrai alzare?» Domando, con la mia immancabile delicatezza e cordialità.

Muove le spalle. «Va bene, basta che sia buona.» Ride, prendendomi in giro.

Gli faccio una linguaccia divertita ed esco dalla mia camera, lasciandolo solo all'interno.

In cucina, mi metto subito all'opera. Compongo due tazze larghe di Yogurt greco bianco, aggiungendo il topping al cioccolato, gocce di cioccolato fondente, granella di pistacchi e corn flakes.

Sobbalzo, mentre faccio per mettere la tazza di Ray in frigo. Me lo ritrovo avanti a me, con un sorriso soddisfatto stampato sul volto.

«Quando hai detto che preparavi qualcosa per colazione, credevo intendessi qualcosa che richiedesse l'utilizzo dei fornelli.» Mi prende in giro, perché sa che rischierei di mettere fuoco la casa intera.

«Meglio evitarli la mattina. Non si sa mai.» Rispondo io, con nonchalance, poi mi concentro su di lui. «Cosa ci fai, alzato? Dovevi dormire.»

«Dormirò quando vai via. Non potevo perdermi l'opportunità di ridere delle tue doti.»

Lo guardo un po' male, ma anche divertita. «Mangi insieme a me, allora?»

Senza rispondere, prende la tazza che reggo con le mie mani, e se la porta a tavola, sedendosi.

Beh, la sua risposta è chiara anche se non ha parole.

Porto anche la mia tazza al tavolo, e comincio a mangiare sotto lo sguardo allegro del ragazzo di fronte a me.

«Il topping fa quasi cagare.» Commenta, ridendo. Sapevo che doveva dire la sua sulla colazione. Rido semplicemente, senza dire nulla. Il resto della colazione prosegue a suon di punzecchiamenti e altre risate, ma del resto non diciamo nulla.

Lui non cita la notte passata, ed io non faccio domande.

Ho paura della risposta che potrei ricevere, e inoltre non mi va di rovinare questo bel rapporto conviviale che stiamo creando lentamente.

Finito tutto, afferro le due tazze, mettendole nel lavello, e le sciacquo velocemente.

«Beh, io me ne torno a letto.» Si stiracchia. Andrà nel suo letto, credo. altrimenti come farà a dormire?

Dopo un po', anche io vado verso la mia camera per cambiare le scarpe, indossando le Puma sotto al mio Jeans largo. Resto sorpresa, ritrovandomi di nuovo Koray sdraiato sul mio letto, con gli occhi chiusi. Senza dubbio, anche adesso sta facendo finta di dormire. Nel mio letto...

Porto comunque a termine quel che devo fare, e poi esco dalla stanza, sussurrando un lieve "buonanotte" che però non riceve risposta.

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