25. DOLORE

Una persona comprende

il dolore dell'altro

solo se lo ha provato

sulla sua pelle.

Pensavo che i colori caldi potessero rallegrarmi, donarmi vitalità, e farmi sprizzare gioia da tutti i pori. Non potevo sbagliarmi di più. Le immense tonalità di luce di Abu-Dhabi mi facevano tornare a mente che non avevo la mia vera speranza, la mia vera fonte di luce, perché questa era scappata via da me senza darmi un motivo. Ero un corpicino che diveniva sempre più magro e cupo in mezzo a tutta quella vita, e se ne accorse perfino l'ometto perfetto. Neanche lui riusciva più a farmi ridere. Non facevo altro che pensare alle ultime cattive parole che mi aveva rivolto mia madre, e mi incolpavo giorno e notte per la sua fuga. Le sue parole erano troppo dure, è per dirle ci doveva essere un fondo di verità. Ero io la causa del suo addio non detto.

Zack continua a squadrarmi da lontano, con lo sguardo martoriato dalle botte. Anche il resto dell'aula mi fissa, ma tutti evitano ogni commento detto a voce alta. Non vogliono subire le punizioni dal professor Bilail, probabilmente.

Dopo la volta in cui proprio Zack mi ha rivolto tanti commenti poco gradevoli, hanno tutti un po' di paura. Ciò, però, non vieta agli altri di inventare film e teorie su chi sono, e quale sia il mio lavoro.

Entrando nell'assurdo delle cose ancora più assurde, Cody mi ha riferito di aver sentito qualcuno dire, con convinzione, che sono la fidanzata segreta del professore, e quindi sto con lui, con Cody, e con Koray.

Davvero, stanno creando dei film comici da Oscar.

In tutto ciò, io evito ogni persona che tenta di parlarmi, e soprattutto non riesco ad incrociare gli sguardi, neanche mentre mi tocca spiegare la lezione del giorno.

Sta girando voce che sono una "poco di buono", e in realtà io non ho neanche mai dato un bacio.

Sì, c'è quello con Ser, ma non posso considerarlo. Non ho ricambiato il gesto perché non era quel che volevo da lui.

Allora perché devo essere scambiata per quella che non sono? È imbarazzante, ma soprattutto umiliante, e posso risolvere questa cosa soltanto a testa alta. Non posso lasciarmi scalfire dalle parole fasulle, e le risse non fanno al caso mio, affatto.

Al termine della lezione, raduno i miei libri e mi alzo dalla sedia.

«Stronza di merda.» Sento sibilare. «Gli altri sì, ed io sono stato menato da uno dei tuoi coglioni. Giusto trattamento.» La voce furiosa di Zack, seppur bassa e attenta a non farsi sentire dal professore, si riconosce subito per quello che dice. Evito anche lui, perché è la cosa più giusta da fare, ed esco dalla classe.

Il mio passo è abbastanza svelto - è una cosa un po' insolita per me - ma voglio fuggire al più presto da questo istituto. Oggi è stata una giornata disastrosa, a partire dalla reazione sconsiderata di Ray.

Non mi importa molto delle dicerie della gente, ma di lui sì. Non riesco a capire cosa lo infastidisce così tanto – cosa lo fa imbestialire esattamente - perché lui non vuole rispondermi.

Soprattutto, però, credo che anche lui pensa di avere a che fare con una ragazza in maschera.

Cavolo, suo fratello mi ha baciato, ed è ovvio che ora abbia un'idea sbagliata di me.

Raggiungo il mio armadietto in poco tempo, aprendo l'anta per lasciare i libri all'interno.

«Hey, posso?» Sento chiedermi da qualcuno dolcemente, mentre mi tocca la spalla destra.

Mi volto verso di lui. «Cody.»

«Non stai molto bene, vero?» Deduce.

Io alzo le spalle, affranta. «Non proprio. Devo assolutamente tornare a casa.»

«Lo avevo immaginato. Rischia di fare qualche cavolata, vedendo la sua rabbia.»

«Sei nuovo, qui. Come fai a saperlo?»

«Le voci girano in fretta, e non credo che inventano anche cose brutte su di lui.»

La mia testa viaggia ad una velocità spropositata. Quali cose brutte vengono dette su di lui? Oddio, è un serial killer? Un pedofilo?

«Non capisco... lui non è una cattiva persona.» Lo difendo. Io mi accorgo di quando una persona finge, e lui non lo fa affatto. Lui si mostra sempre per quello che è... non può essere molto peggio dei suoi momenti di collera.

«Non lo è, infatti. Mi dispiace solo per lui per quel che ha dovuto passare.»

Gli sorrido, anche se vorrei tartassarlo di domande. Cosa ha dovuto passare? È collegato al fatto di essersi preso una casa tutta sua, forse.

Il mio sorriso si trasforma subito dopo in una smorfia triste, e lui se ne accorge.

«Beh, se può farti stare meglio, devo dirti che se ha reagito come una furia, vuol dire che in fondo lo infastidisce sapere che non pensi solo a lui.»

Per un momento lo fisso, cercando di studiare la sua espressione in cerca di passi falsi. Niente, sta parlando sul serio. Quindi vuole dire che Koray si sta affezionando a me? O mi sta solo illudendo?

Alzo un sopracciglio. «Perché mi dici queste cose, se gira voce che faccio cose anche con te? Pensavo di interessarti.» Vorrei coprirmi il volto per la vergogna, perché in realtà non sono così modesta come sembra, ma ho bisogno di avere chiarezza nei miei dubbi.

«Sorella, ovvio che mi piaci. Cavolo, sei la ragazza più sobria che abbia conosciuto in questo posto di montati. Devo svelarti un segreto, però: non vorrei che si sapesse in giro, ma sono completamente gay.»

Scoppio a ridere per il suo modo di parlare folle. Mi fermo subito, però, notando la sua espressione contrariata.

«Cavolo, non stavo ridendo per la tua ammissione. Cioè, sì... no... oddio, stavo ridendo per quello che hai detto prima.» Stavolta mi copro davvero il volto con le mani. Cosa ho appena detto? Non mi sono capita nemmeno io, credo.

«Okay okay, stavi ridendo di me perché sono uno stupido gay.»

Scoppio di nuovo a ridere. «No.»

«E va bene.» Alza le mani in aria. «Ridi perché sono solo stupido.»

«No.» Rido ancora.

«E cosa, allora? Perché mi piaci? Hey, intendevo che mi piaci come amica.» Precisa, facendomi ridere più di prima.

«Non è neanche per questo.»

«Ah.» Emette un suono prolungato, come se nella sua testa si fosse appena accesa una lampadina. «Perché questo è un posto di montati?»

«Esattamente.»

«Beh, dico solo quello che è vero.» Alza le spalle, fiancheggiandomi mentre esco dall'istituto. «Non dire niente a nessuno di quel che ho detto, capito? Neanche a quell'altro montato. È meglio se mi odia.» Si riferisce a Koray, senza dubbio.

Annuisco, un po' delusa. «Va bene.»

Speravo che almeno lui potesse saperlo, così da avere un alibi in più per dimostrargli che circolano storie allargate.

«Bene, allora io vado che ho già fame. Ci vediamo la settimana prossima.» Scappa via, ed io sospiro. Devo solo sperare di arrivarci, alla settimana prossima.

Ce la farò. Convincerò il mio coinquilino sulla verità dei fatti, soprattutto quello che riguarda suo fratello. Sarà complicato, ma tutto deve finire per il meglio. Non posso rischiare di perdere lui, ma soprattutto non posso rovinare il rapporto tra lui e Ser. Devo tenere la speranza, e allo stesso tempo devo darla.

Posso farcela.

Mi guardo intorno, ormai sola, sperando che nessun altro ragazzo si avvicini, ma sono proprio io quella che va a dare fastidio ad una persona: Günes. Finalmente l'ho trovata.

«Ma guarda un po' chi si vede. Devo chiamarti cognata?»

Spalanco gli occhi. «Cosa? Oddio, no!» Mi copro subito il volto. Accidenti, lo ha saputo anche lei.

«Tranquilla.» Ride. «Ho parlato con Ser, e mi ha detto come sono andate le cose. Non agitarti, non è successo niente.» Cerca di calmare il mio delirio.

«Sono spaventata, mi sento in colpa, e...»

«Ho detto di stare tranquilla...» Insiste, prendendomi i polsi. «Spiegami cosa senti dentro.»

«Ho paura di averlo ferito, io...»

«No che non lo hai fatto. Mio fratello si è solo fatto trasportare.»

«Te lo ha detto lui?»

«Più o meno sì. Dai, vieni.»

La seguo, o meglio sono costretta a farlo, perché lei tiene ancora i miei polsi bloccati. Non so dove vuole andare, ma presumo che abbia la macchina parcheggiata.

«Mio fratello ha provato a parlare anche con lui.» Dice, continuando a camminare.

Non ho bisogno dei nomi, per capire chi dei due intende come soggetto. La sua affermazione, però, non è completa, e glielo faccio presente. «Ma...»

«Il mio gemellino non ha risposto. Era con me, quando gli è squillato il cellulare. Vedendo chi era, ha staccato la suoneria e ha spento il display. Lui detesta quando circolano voci su di lui, anche se queste sono vere. Ora ci sei di mezzo anche tu, e non so cosa stia pensando. Stai tranquilla, però. Questa non è una causa persa, capito? La sua reazione è momentanea.»

Annuisco, anche se non può vedermi, perché ormai sta entrando nell'auto di fronte a me.

Mi blocco subito, perché il pick-up che ho davanti è quello di Serkan.

«Nes.» La chiamo, e lei sporge la testa dal tettuccio dell'abitacolo.

«Salta su, forza.»

Sorrido per la sua grinta, ma non faccio come dice. «Ti dispiace se torno a piedi a casa? Non vogli farti arrivare fin lì ed ho estremamente bisogno di rilassare i muscoli con una passeggiata.» Dichiaro, ed è la verità. Fare qualche passo nella foresta - con le cadute nella neve - può aiutarmi a calmare la marea di pensieri che ho in testa, e ne sento un forte bisogno.

«Oh, sei sicura?» Chiede, comprensiva, guadagnandosi un cenno affermativo da parte mia. «Va bene, allora. Stai attenta e, qualsiasi cosa, chiama Kurt e vieni da me. Quel cane è un mito.» Ride, coinvolgendo anche me. Rientra in auto, suonando il clacson, e sfreccia via.

Ad ormai via libera, mi introduco nel bosco, esattamente nello stesso punto dove Koray mi ha lasciata sola stamattina. Elimino quell'immagine dalla mia testa, e proseguo, avendo la mia prima caduta dopo circa due metri.

Ho iniziato benissimo, a quanto pare.

Venti minuti più tardi, ormai spaesata, mi siedo a terra, coprendomi bene con gli indumenti invernali da Linny Klaus.

Estraggo il mio quaderno dei disegni dallo zaino, e butto fuori qualche schizzo sull'unica cosa bella che riesco a pensare adesso. È anche quella che mi distrugge spesso, ma è meno prevalente della sua bellezza.

Lentamente, dopo il forte bagliore lunare, cominciano a prendere forma anche il suo corpo longilineo, la sua schiena definita dalle spalle sporgenti, e suoi lunghi capelli ondulati. Riesco persino a fare qualche tratto della sua spalla forte, Kurt.

Il risultato finale mi spezza, tanto da farmi avere le lacrime agli occhi. Ci vedo tanta solitudine e dolore, e non so se davvero io abbia rappresentato Koray o me stessa. Forse ho raffigurato entrambi, anche se io non ci sono.

Continuo a guardare il disegno, e non faccio che pensare ad un lupo. Perché, su questo foglio, il ragazzo dai capelli scuri e riccioluti ha lo sguardo verso l'altro, rivolto alla luna piena. La sua solitudine lo fa sentire amato solo da lei, ed è lei che richiama quando vorrebbe sentirsi meglio.

Una notte, il lupo ululò alla luna. Si sentiva solo, voleva solo far sapere che anche lui era vulnerabile.

Una lacrima cade sul foglio, proprio sulla descrizione dello schizzo, quindi decido di chiudere il quaderno, per evitare di rovinarlo.

Appoggio la cute al tronco dell'albero dietro di me, e guardo il cielo. Ora sono io che guardo la luce della luna, prendendomene un po' alla volta. Ne ho bisogno per riprendermi, ma soprattutto per poter essere forte e donare speranza all'unica persona che mi abbia mai colpita.

Respiro profondamente, chiudendo gli occhi. Questa pace mi servirà, perché so che, quando tornerò a casa, dovrò fare i conti con quegli occhi dannati.

Mentre cerco di moderare anche il mio battito, qualcosa di ruvido e viscido mi scivola sulla guancia, facendomi sobbalzare.

«Wouf.» Un faccino sorridente e scodinzolante si alza, poggiando le sue zampette sulle mie gambe.

«Kurt.» Lo abbraccio e lo stritolo, felice di vederlo e di non essere più sola. «Cosa ci fai qui? Mi hai spaventata.» Mi lecca di nuovo, facendomi ridere.

Continuo ad accarezzarlo, ma poi mi guardo intorno. Come fa ad essere qui? Il suo padrone non si vede da nessuna parte.

«Wouf.» Abbaia, chiamandomi con la zampa.

Lo guardo. «Che c'è, Kurt? Dov'è Ray?» Continua a muoversi. Sembra irrequieto. «È successo qualcosa?»

Parlare con gli animali non è normale, ma per me è una cosa di vitale importanza. Sono delle creature troppo intelligenti per fare solo i loro versi.

Mi alzo da terra, mettendo il quaderno nello zaino che ho in spalla, e mi chino verso l'Husky. «Andiamo da Koray?»

«Wouf.»

È lui a fare da guida nel bosco, convincendomi di starmi indirizzando verso casa. Solo quando mi rendo conto di essere in una zona del bosco stracolma di alberi e neve, comincio a preoccuparmi.

Dove mi sta portando? Non sono mai stata da queste parti, neanche con lui.

Si ferma, annusando a terra, e comincia a fare avanti e indietro. Mi ritrovo costretta a raggiungerlo, allarmata. I cani sanno farsi capire anche senza parole, ed è questo che mi spaventa di più. Cosa sta cercando di farmi vedere?

Con i piedi ormai sulla terra, dove non c'è quasi un fiocco di neve, guardo il perimetro pulito che Kurt continua ad ispezionare. Cos'è, una tomba con un defunto sotterrato?

Calma, Aylin. Non pensare subito al peggio.

Solo con questa mia ammonizione, riesco a pensare lucidamente. Cosa potrebbe mai esserci, in questo posto, se non un cadavere sotto terra? Qualcosa che deve avere a che fare con quei capelli castano cenere, sicuramente... altrimenti cosa ci fa il suo cane da queste parti?

Faccio un giro con lo sguardo a terra, attenta... oddio.

Arrivata alla parte finale della zona senza neve, c'è un vuoto. Letteralmente, è un buco diagonale nella terra, ma non è proprio "vuoto"... c'è un percorso all'interno, come se fosse uno scivolo nascosto sotto il terreno. Sembra quasi un nascondiglio segreto, oppure uno di quei passaggi magici, come l'armadio de Le Cronache Di Narnia.

Vorrei entrarci, vedere cosa c'è all'interno, ma ho paura. E se la terra mi cadesse addosso, soffocandomi?

Perché devo farmi così tante paranoie? Faccio un verso di incoraggiamento, ed entro. Faccio la scivolata, sporcandomi di sabbia il pantalone umido, e dopo essermi alzata da terra e averlo pulito alla bell'e meglio con le mani, mi incammino, facendo attenzione a non inciampare in ossa o corpi umani.

Cavolo, e se davvero fosse un cimitero?

Una debole luce attira il mio sguardo: c'è qualcuno. Kurt, dietro di me, mugola, ma poi mi supera e raggiunge la parte illuminata. Aumento il passo, continuando a guardarmi contro.

«Ma che... chi...» Un ragazzo sbuca da sotto un tavolo, guardando me e poi il resto.

Koray...

È proprio lui.

Alla fine guarda il suo cucciolo di Husky mentre lo chiama con la zampa. «Kurt, mannaggia a te.»

Ridacchio lievemente per i suoi modi di fare infastiditi, ma poi realizzo che è infastidito dalla mia presenza, quindi mi ammutolisco. Guardo il resto del sotterraneo, pur di non incrociare il suo sguardo.

«Cosa ci fai qua?»

Abbasso la testa di scatto. «Io... a quanto pare ero nelle vicinanze.»

«E che ci facevi nel bosco da sola? È tardi, e dovresti tornare a casa.»

Sorrido per la sua inconsapevole premura, ma lui non può vedermi, perché sono ancora nascosta dai miei capelli. «Lo so, ma non volevo tornarci.»

Non volevo tornare a casa senza di te, Koray.

«E cosa facevi nel bosco, allora?»

«Guardavo il cielo.» Ora lo guardo negli occhi, avvicinandomi di poco, e mostrandogli un piccolo sorriso. «È la pace più bella della sera.»

Mi fissa, come stregato dal mio volto. «Soprattutto dopo una giornata di merda.» Sussurra.

Il suo sguardo inchiodato al mio mi fa sciogliere. Anche lui ama la sera? Ma certo, lui è il lupo che ulula alla luna, ovvio che adora il buio.

«È stato lui a trovarti e portarti qui, giusto?» Indica il suo Husky bianco. Annuisco, sorridendo, e lui scuote la testa, di nuovo infastidito.

Non ora, Ray. Devo darti un po' di speranza. Non serve a nulla restare solo.

E soprattutto ho paura che tu possa fare qualcosa dalla quale non potrai più tornare indietro.

Mi guardo intorno. «Quindi questo è il tuo nascondiglio segreto? Ah, no. È il tuo bunker, vero?»

«Come sapevi che avevo un bunker nel bosco? Ah, giusto...» Imita il mio modo di parlare. «Ti ha portata Kurt.»

«Non proprio... Cioè, sì, mi ha portata lui qui, ma sapevo che avevi un bunker. Lo avevo sospettato un po' di giorni fa, a dir la verità, e poi tua sorella me lo ha confermato.»

«Premonitrice, quindi...» Ridacchia, ma si interrompe quasi subito. «... Aspetta, Nes? Quindi anche lei mi ha voltato le spalle? Cazzo, vedi che ho ragione, quando dico che vi state coalizzando contro di me?» Si allontana, alzando la voce.

«Ray, nessun-»

«No...» Mi interrompe, puntandomi un dito contro. La sua voce, ora, è di nuovo furiosa. «Non dire niente. Non azzardarti a continuare. Voi...» Ora fa avanti e indietro come se dovesse trovare il tesoro. «... Mi state prendendo per il culo, tutti quanti. Cos'è, avete paura che io possa fare gesti estremi? Siete terrorizzati di trovarmi da qualche parte con una corda al collo? Voi non capite un cazzo, dannazione...» La sua voce si strozza, mentre il mio respiro è un po' affaticato. Sto soffocando i singhiozzi.

Mi avvicino a lui, nonostante i miei occhi continuano a velarsi di lacrime. Se ne accorge dal rumore dei miei passi.

«No, cazzo...» Sbotta, nero come una belva. «Non ti devi avvicinare a me, te ne devi andare.»

«Ray, non ti lascerò da solo.» Rispondo, debole ma convinta.

«Io non ti voglio qui, non voglio vederti da tutte le parti.» Continua ad urlare, sbattendo i pugni sul tavolo di legno.

«Voglio starti accanto, e non puoi impedirmelo.»

«Cazzo, cazzo, cazzo...» Comincia a ripetere, quasi terrorizzato, prendendosi la testa tra le mani mentre appoggia i gomiti sulla superficie piana.

Ormai questa situazione mi fa talmente male - per il dolore che lui prova - che le lacrime scorrono senza neanche chiedere il permesso, ormai. Ha bisogno di un forte abbraccio rassicurante, me lo sento dentro.

Cerco di avanzare qualche passo verso di lui, ma lui ricomincia a muoversi, irrequieto.

«Stai ferma, cazzo. Ho detto che te ne devi andare.» Insiste, ma io do ascolto soltanto alla prima cosa che ha detto.

Sto ferma, perché so che la forte collera che sta provando gli fa anche dire cose che non pensa davvero. Soprattutto, dice tante cose messe insieme senza capire qual è il senso logico.

Mi guarda per un paio di secondi, constatando che io non ho intenzione - sul serio - di lasciarlo da solo in questo sotterraneo.

«Vaffanculo.» Scalcia qualcosa. «Così non sei affatto un'ingenua spassosa, e non sembri neanche più Linny Klaus. Cazzo, vedo te e vedo lei. Basta...» Comincia ad urlare contro il vento, talmente forte da farmi sussultare. Chi vede al posto mio? «Basta... non ce la faccio più. Vi prego, basta vendette. Basta farmi questo. Non ce la posso più fare, è tutto troppo pesante. Basta...» Cade in ginocchio, con la testa tra le mani, e dalle sue urla ora fuoriescono dei versi strozzati dai singhiozzi.

Sta piangendo?

Oddio, cosa lo sta distruggendo dall'interno?

Tento di avvicinarmi di nuovo, ed anche se i miei passi, qui dentro, fanno eco, questa volta non mi blocca. Continua a singhiozzare e dondolarsi sulle ginocchia, ripetendo senza sosta "Basta, vi prego. Non ce la faccio più."

Mi sto distruggendo insieme a lui, ma non mi importa. Devo essere forte per lui, devo aiutarlo, illuminarlo con la mia luce, donargli la speranza che gli serve, e farlo rinascere dalle tenebre.

«Ray...» Sussurro, cercando di nascondere il tono di voce strozzato dalle lacrime. Continua a dondolarsi. «Chi sono io?» Gli domando, con tutta la calma che riesco a custodire. Non so perché io gli abbia chiesto una cosa così folle, ma ho come l'impressione che lui abbia le allucinazioni.

Ha continuato a ripetere che vede un'altra persona in me... è normale pensarlo, giusto?

Mi inginocchio accanto a lui, senza toccarlo. Lui, infatti, si scosta leggermente più in là, proprio per evitare il contatto. Nonostante il distacco e i singhiozzi, però, alza il volto verso di me. I suoi occhi... sono cupi e annientati.

«Linny, lo so che sei tu. Non sono scemo, ma...» Chiude gli occhi. Non vuole dire cosa gli frulla nella testa, e vorrei tanto insistere.

Resto muta, però. Il fatto che sa chi ha esattamente accanto a lui è un grosso punto a favore.

Ricomincia a singhiozzare sonoramente, e stavolta, con più coraggio e audacia di prima, mi avvicino molto per avvolgergli un braccio attorno alle spalle, per consolarlo.

«Sh, non dire altro. Respira e cerca di stare tranquillo.» Gli sussurro nell'orecchio, facendogli appoggiare il capo sul mio petto.

«Io non ti voglio qui.» Ribatte, ma non infuriato come prima. Lo dice quasi come se fosse una frase di auto convinzione.

«Lo so.» Rispondo semplicemente, mascherando la delusione per il suo tasto fisso.

«Perché sei ancora qui, allora?» Domanda poco dopo.

Sento il suo corpo che si alza e si abbassa contro il mio, a ritmo del suo respiro, mentre il mio cuore non fa che accelerare il battito per la stretta vicinanza. Il suo contatto mi brucia la pelle.

Muovo le spalle per quel che riesco. «Perché voglio stare con te, nei momenti belli e in quelli brutti.»

Fa' che non mi mandi a quel paese per la mia sincerità, ti prego...

«Sono tutti orribili i miei momenti.»

«A detta di tua sorella, ci sono miglioramenti nel tuo umore, invece.» Gli faccio sapere.

Almeno non ha preso la mia risposta come una cosa folle.

Alza il capo dal mio petto per guardarmi negli occhi. «Ti hanno detto anche cosa ho?»

Il suo sguardo esprime tutto il terrore che sta provando in questo momento. Per nessuna ragione al mondo vuole che io sappia che soffra di qualcosa.

«No, non mi hanno detto nulla. Puoi stare tranquillo su questo.» Ammetto, anche se con una delusione ben udibile.

Mi guarda negli occhi, come ad esaminare la veridicità delle mie parole, e poi appoggia di nuovo la testa sul mio petto.

Perché non vuole dirmi cosa ha? Vorrei solo poterlo comprendere meglio e aiutarlo.

Sospiro. Devo dirgli comunque quello che penso.

«Qualsiasi cosa tu abbia, Ray, non lo devi vedere come un problema o un deficit. Ci sono un sacco di cose che si possono risolvere, quindi la tua non è una sconfitta. Prima o poi riuscirai a vincere.»

«Il punto è che non so se io lo posso risolvere, capito? Io sono un mostro, e questo me lo porterò con me fin dentro alla tomba.» Questo conferma maggiormente il suo sentirsi a pezzi. Qualsiasi cosa lui abbia, questo è il motivo principale ad averglielo scatenato.

«Tu non sei un mostro, Ray. Non dirlo neanche per scherzo.»

«Cazzo...» Si ammutolisce, come se avessi detto qualcosa di sbagliato. Riprende poco dopo, però: «Linny, tu non mi conosci per quel che sono davvero.»

«Invece io credo di aver capito come sei quando sei davvero tu... ora sei solo succube dei problemi che ti portano alla distruzione psicologica.»

Silenzio. Forse ha afferrato il senso di quello che ho detto con sincerità.

«Io non ti voglio qui. Non voglio distruggere anche te.» Ripete ancora, ma non alza il capo. Resta appoggiato a me, mentre io lo abbraccio, con il mento che sprofonda nei suoi capelli cioccolatosi.

«Io resto qui con te, anche se mi devasterai.» Sorrido per la mia ammissione, consapevole che comunque lui non può riuscire a vedermi.

«Sai... prima stavo dicendo una cosa ma mi sono bloccato.» Parla dopo qualche momento di silenzio.

«Non dirlo se ti fa male.» Mi sorprende, tappandomi la bocca con la mano, che poco dopo toglie. Sa che non dirò altro.

«Mi ricordi troppo lei...»

Lei chi? Oddio... «Tua sorella?»

Muove la testa su di me: sta annuendo...

«Non capisco se mio fratello ti abbia scelta per il nome abbastanza simile, o se aveva visto una tua foto... o peggio, forse sono io che ho il costante ricordo di lei nella testa, e quindi sto cominciando ad avere anche le allucinazioni... vedo lei anche nelle cose che dici, nel tuo carattere delicato e ostinato, e nel tuo essere un'ingenua spassosa. Certe volte mi fai paura, ma non capisco se è la mia testa a farmi questi scherzi di cattivo gusto.» Il suo discorso mi ruba tutta l'attenzione che ho, quasi scandalizzandomi.

È questo il motivo per cui non mi vuole vedere, e soprattutto non mi vuole vicino? Perché sono un costante ricordo doloroso di sua sorella?

«Dovrebbe essere una grazia, perché personifichi tutti gli aspetti più belli che aveva, quelli che ammiravo di più di lei... ma non ci riesco. È troppo doloroso per me.»

Le sue confessioni mi abbattono completamente, quindi lo abbraccio più forte, nascondendo il mio volto nell'incavo del suo collo. Lui mi accarezza le braccia, intanto, singhiozzando con me.

«Mi dispiace tanto...» Dico tra le lacrime, e lui mi bacia una mano.

«Tu non c'entri nulla. Dispiace a me averti invischiato nel mio inferno.»

Restiamo così, fermi e lacrimanti, per un paio di minuti.

Il mio intuito è sempre stato giusto: questo ragazzo non è un mostro come vuole far credere. Si colpevolizza per qualcosa per il quale non dovrebbe, e crede di dover stare solo, perché è quel che pensa di meritare. È un ragazzo distrutto da qualcosa che gli è successa in passato, che gli ha portato qualche trauma, e ci vorrà del tempo per riprendersi.

È così, ed io ho pensato bene dall'inizio. Una persona può comprendere il dolore dell'altro solo se ha provato sulla sua pelle cosa significa. Ed io ne ho provato un sacco, a causa di mia madre, o quella che doveva essermi tale.

«Ray...» Sussurro.

«Mh mh?»

«Riguardo ad oggi...»

«Non mi interessa. Voglio pensare al positivo, adesso, e godermi dei momenti che tu credi siano belli.»

La sua risposta mi lascia senza parole, ma la comprendo subito, infatti appoggio di nuovo la mia testa sulla sua, sorridendo.

Chiudo gli occhi, rilassandomi. Forse, stavolta sono riuscita a regalargli un pizzico di luce e speranza.

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