CAPITOLO 02

Kristen

I don't want a lot for Christmas
There is just one thing I need
I don't care about the presents underneath the Christmas tree
I just want you for my own
More than you could ever know
Make my wish come true
All I want for Christmas is you
Yeah
All I Want For Christmas Is You, Mariah Carey 

Sabato 18 Dicembre 2021 - Bad Saarow

Ho sempre odiato il Natale e non lo nascondo, ma la verità è che quando ero piccola lo adoravo e Will aveva risvegliato quel fremito, quello che ti percorre il corpo e l'anima i giorni antecedenti la notte magica. Sentivo la vibrazione della felicità e della pace invadermi il cuore scaldandolo, ma era più facile mentire a lui e anche a me stessa, fare finta di non provare niente per non illuderlo o illudermi.

Nonostante la mia indole da Mrs Grinch, come diceva Anja, non ero riuscita a frenare l'euforia che mi aveva trasmesso Will e quando era andato in palestra, mi ero dilettata a cucinargli dei tipici biscotti tedeschi; ne avevo un vago ricordo... più che altro ne rammentavo il profumo. Non era stata di certo mia madre a cucinarli, bensì quella che credo fosse la madre di mio padre: mia nonna paterna. Non conservavo alcun ricordo di quella donna, ma il particolare di quei biscotti ancora mi coccola nelle freddi notti antecedenti il Natale.

Da quando ero rimasta sola cucinavo quei biscotti in memoria di quel Natale che mi parve tanto speciale. Mary non li apprezzava molto, ma mi lasciava fare, così ogni anno preparavo quei dolcetti, senza saperne più il motivo. Quel pomeriggio, la voce imperiosa di mio padre che discuteva con mia nonna perché facesse i biscotti a forma di alberino invece che rotondi, tornò a galla; non ricordavo quello che si dicevano ma solo che alla fine mio padre mi sorrise e baciandomi sulla fronte mi disse che avrei avuto i miei alberini. Forse avevo preparato quei biscotti, per tutti quegli anni, per ricordarmi di quel momento felice, in quel gelido pomeriggio tedesco.

Il freddo pungente di quei giorni aveva permesso alle pozze e al lago di congelare. Era un'unica distesa di ghiaccio, bellissima ma anche terrificante, soprattutto perché diversi ragazzi vi passeggiavano sopra come se fosse stata una cosa normale. Altri, addirittura ci pattinavano. Una voglia latente di seguirli su quella sconfinata lastra mi stuzzicò, ma la paura che si potesse rompere e cadere in acqua generò i consueti spasmi polmonari che anticipavano sempre un attacco di panico.

«Non ti ho portato qui per andare là...» le sue dita si insinuarono nel mio palmo guantato, scaldandolo. Osservai la sua mano nuda, era calda e accogliente. Mi voltai verso di lui sentendo che quel semplice gesto stava già calmando i battiti del cuore. Portai il dorso alle labbra e lo baciai.

«Volevo solo mostrarti la sua bellezza anche in inverno.» Alzai gli occhi, avendo la sensazione che volesse dirmi altro, infatti i suoi occhi mi stavano comunicando molto di più.

«Vuoi per caso dirmi che Bad Saarow è un bellissimo paese, nel quale ogni stagione è magnifica e vale la pena viverci?» Ammiccai un sorriso d'intesa, mentre il suo volto si fece all'improvviso serio.

«Perchè no? Non si vive poi così male in periferia.» Riportai lo sguardo alle nostre mani intrecciate.

Avevo vissuto per più della metà dei miei anni a Boston e solo per pochi anni mi ero goduta la tranquillità di una città come Lawrence, ma anche quella in confronto a Bad Saarow sembrava una grossa metropoli.

A Bad Saarow si conoscevano davvero tutti, ognuno sapeva tutto di tutti, i segreti non esistevano nei piccoli paesi.

Se io e mia sorella fossimo cresciute in una cittadina come quella, le cose sarebbero andate nello stesso modo?

Era una domanda che mi ponevo spesso, ma con modalità diverse e ogni volta cercavo di darmi risposte opposte a quella che era stata la realtà dei fatti. Purtroppo erano pensieri inutili, il passato non si cambia.

«A cosa stai pensando?» Cercò la mia attenzione alzandomi il mento.

«Niente.» Forzai un sorriso che sapevo non lo avrebbe ingannato; stava diventando difficile indossare la mia solita maschera con lui. Riusciva a intravedere la verità attraverso le migliaia di crepe che ne segnavano il tempo.

«Andiamo in macchina ho una sorpresa per te.» La cosa che adoravo di più di Will era proprio il fatto di saper aspettare che fossi io ad aprirmi.

Con il tepore dell'auto, mi tolsi il cappotto e i guanti, mentre Will armeggiava nel bagagliaio. Rientrò con una grossa scatola bianca avvolta da un enorme fiocco rosso. Quel regalo inatteso, dopo un primo momento di stupore, generò un senso di disagio. Non gli avevo fatto nessun dono, non ci avevo neppure pensato, ero la solita insensibile.

«Che succede? Perché quella faccia?» Abbassai lo sguardo sulla bella scatola che mi stava porgendo mentre saliva in auto. Era pesante.

«E'... è solo che io non ti ho fatto niente.» In imbarazzo non sapevo come comportarmi.

Scosse la testa con il sorriso sulle labbra, «Mi stai regalando la cosa più preziosa che hai... il tuo tempo.» Senza parole e senza pensieri, aveva cancellato qualsiasi cosa avessi potuto dire. «Inoltre mi hai fatto i miei biscotti preferiti e dopo mi hai regalato un orgasmo favoloso!» Lo schiaffeggiai sul petto ridendo come non mi capitava da tempo, in realtà ridevamo entrambi come due adolescenti. Era bellissimo, gli si formavano delle adorabili fossette ai lati della bocca .

«Ogni giorno che passi al mio fianco, che mi aiuti con il mio sogno e che sopporti il mio caratteraccio è un dono che non ha eguali.» All'improvviso se ne uscì serio con quelle parole che sembravano così vere da farmi sciogliere come neve al sole. «Dai ora apri questo regalo che il nostro programma deve andare avanti!»

Esortata dal suo nuovo cambio di umore afferrai un lato del fiocco e lo tirai, lanciai un ultimo sguardo al suo volto prima di aprire la scatola. Impazienza, desiderio, amore, era tutto impresso sul suo volto.

Oltre all'imbarazzo del non sentirmi mai adeguata, cresceva anche l'ansia che il regalo ricevuto non fosse di mio gradimento e che la mia espressione mostrasse il malcontento. Di solito, nessuno azzeccava un regalo, a partire da Mary, Linda e anche Alex. Solo un uomo in tutta la mia vita era riuscito a sorprendermi con un dono, ma all'epoca avevo quattro anni.

Prima di rimuovere il coperchio della scatola chiusi gli occhi, non immaginando quanto mi sarei sentita a disagio per quello che c'era dentro.

Disagio e gioia perché era il regalo più bello che avevo ricevuto da... da quel Natale di un sacco di anni prima. Una coppia di pattini da ghiaccio.

«Ti piacciono?» Nella voce eccitata di Will trasparì anche una punta di tensione.
Erano bianchi con i lacci rossi e nelle lame lucenti potevo rispecchiarmi.

«Will...» Percepii la voce uscire pregna di un sentimento che non volevo mostrare.

«Se non ti piacciono non è un problema, ci sono un sacco di cose che vorrei regalar-»

«Will sono bellissimi.» Staccai lo sguardo dal mio regalo solo dopo diversi secondi, ero incantata da quell'oggetto che era stato un modo per sentirmi libera per molti anni. Il timore nei suoi occhi pian piano scemò per trasformarsi in felicità. Non sapevo cos'altro aggiungere, non ero molto brava con le parole, mi sembrava che fossero sempre superflue, così mi limitai a precipitarmi sulle sue labbra.

«Che ne dici se andiamo a provarli?» sussurrò fronte contro fronte. Mi sembrava di essere tornata bambina, una gioia immensa mista a eccitazione pulsava dentro di me a quella proposta.

«Sì, ti prego!» Mi lasciò un ultimo bacio sul naso prima di voltarsi verso il volante e mettere in moto.

Non riuscivo a smettere di guardarli, erano bellissimi, bianchi con quel particolare che mi ricordava lui: i lacci rossi. Erano perfetti.

«Ma dove andiamo a pattinare?» Una sottile inquietudine mi colpì come un fulmine a ciel sereno, quando notai che prendeva la strada verso il bosco. La sua mano si posò sulla mia coscia carezzandola in modo lento e rassicurante.

«E' una sorpresa...» Intrecciai le nostre dita cercando quel calore che ogni volta riusciva a sciogliere ogni tensione. «Un posto dove non va mai nessuno.» Buttai fuori l'ansia in soffio allentando la pressione.

In un quarto d'ora Will parcheggiò al limitare del bosco, osservai gli alti alberi, confusa. «Credevo che volessi pattinare.» Mi rivolse un sorriso furbesco e uscì dall'auto, lo imitai mettendo il cappotto e i guanti. Dal bagagliaio tirò fuori la sua sacca dei pattini, la stessa che aveva portato una settimana prima alla pista di pattinaggio con Dorian e Cilly.

«Metti i tuoi insieme ai miei, poi ne prenderemo una tutta per te.» Recuperai il mio regalo dalla scatola e li unii ai suoi. Erano perfetti insieme, bianchissimi come la neve, i miei e neri come l'inchiostro dei suoi tatuaggi, i suoi.

Con la sacca in spalla ci incamminammo nella boscaglia, dopo pochi metri si aprì davanti al nostro sentiero una piccola radura. Era uno spazio circolare completamente ghiacciato, circondato da abeti che sembravano voler proteggere quell'angolo di paradiso.

L'ora del tramonto era ancora lontana, ma, una fitta coltre di nuvole prometteva freddo e neve. Era incredibilmente luminoso, come se il ghiaccio formatosi da una grandissima pozza di acqua, riflettesse il bianco delle nuvole.

«Io vengo spesso qui a pattinare.» Lo osservai guardare il grande campo ghiacciato, aveva un'aria sognante, come se lì fossero iniziati i suoi progetti. «Quando piove l'acqua ristagna nel terreno e il freddo fa tutto il resto. È sicuro, non si romperà!» Incastrando il palmo nel mio, mi incitò a seguirlo in mezzo a quella distesa glaciale.

I primi passi, incerti, scricchiolavano sotto il mio peso, un suono che solo in quell'istante capii che mi era mancato. Studiando attentamente i miei piedi sul suolo vidi che non si formavano crepe; strusciai la suola sul leggero strato di brina rivelando i fili d'erba incastrati nel gelido inverno tedesco. Sollevata nel vedere il terreno a pochi centimetri sotto di me alzai di nuovo lo sguardo verso Will, scoprendo che mi stava studiando a sua volta. Era rimasto sull'attenti, pronto a sostenermi se qualcosa fosse andato storto nella mia mente. Lo ripagai con un sorriso genuino; erano questi piccoli gesti che mi facevano innamorare di lui. Quelle piccole attenzioni ai dettagli, il sapermi capire senza bisogno di tante parole.

«Che aspettiamo? Andiamo?» Mossa da un euforia incontenibile iniziai a correre per quanto il ghiaccio scivoloso me lo consentisse. Arrancando per la sorpresa e il peso del borsone che lo sbilanciava, riuscì a raggiungermi solo dopo che lo avevo staccato di qualche metro. Ci facevano compagnia solo le nostre risate, libere di scorrazzare in quell'area tutta nostra e intima.

«Mi vuoi sfidare?» Mi raggiunse con un ultimo slancio, gettò la borsa a terra, provocando un rumore sordo e mi catturò tra le sue braccia. Iniziò a tempestarmi di baci su tutto il viso provocandomi solo altre risate.

«Sì, vediamo cosa sai fare davvero!» Lo pizzicai sul sedere suscitandogli una buffa faccia sorpresa.

«Va bene bimba, metti i tuoi pattini!» Le labbra non riuscivano a contenere il sorriso che mi si aprì sentendo la parola "tuoi".

Li infilammo lanciandoci sguardi di sfida e di un desiderio licenzioso che avrebbe avuto un epilogo esplosivo.

«Sei pronta?» Terminai il fiocco al pattino destro e alzando il volto notai la sua mano che aspettava la mia. Con un piccolo slancio mi tirò in piedi, «Fammi vedere cosa sai fare!» Con una pacca sul sedere ghiacciato mi sollecitò a iniziare.

«Non sai con chi hai a che fare!» Non mi piaceva vantarmi delle cose che sapevo fare, ma quando si parlava di pattinare sul ghiaccio, la frenesia di scivolare su quella lastra liscia e trasparente, si trasformava in grinta e fierezza.

Con un paio di passi decisi iniziai a muovermi, «Kris, stai attenta, di tanto in tanto ci sono dei fili d'erba che spuntano dal ghiaccio.» Accennai un sì con la testa e m'incamminai sulla distesa gelida per prendere confidenza con il mio nuovo regalo e con il terreno insolito. La leggera vibrazione delle lame sul suolo inusuale si propagò dai piedi fino alle cosce e poi su fino al centro del petto, per terminare alla testa. Una piacevole percezione di benessere si manifestò anche sul mio volto, involontariamente iniziai a sorridere. La sensazione del vento tra i capelli era ineguagliabile, da troppo tempo non mi sentivo veramente libera come in quel momento. Neanche dopo la morte di mia madre avevo provato quella sensazione.

Tanti piccoli cristalli luccicavano nell'aria, solo dopo alcuni istanti mi resi conto che era neve. Stava nevicando silenziando tutto con il suo manto candido. «Will! Guarda nevica!» Alzai il viso al cielo e accolsi i freddi fiocchi, era rigenerante sentirli depositare sulle guance, sciogliersi al contatto della pelle calda. Tirai fuori la lingua per assaggiarla, lì nel mezzo del niente mi sembrava di essere tornata bambina, mi comportavo come tale e non mi interessava, perché l'unica persona che mi poteva vedere, non mi avrebbe mai giudicato. Cercai con lo sguardo proprio quell'unica persona, con la quale volevo condividere quella piccola gioia, trovandolo imbambolato a guardarmi.

«Will hai visto nevica! È bellissima.» Le parole mi morirono tra le labbra quando notai la sua espressione intensa, non mi stava solo guardando mi stava adorando, ed era tutto lì dietro quelle iridi dal colore indefinito, quegli occhi caleidoscopici di cui mi stavo innamorando.

«Tu sei bellissima, questa...» rivolse un palmo verso il cielo prima di continuare, «è solo della comune neve. Tu invece sei la creatura straordinaria che la rende speciale con la sola presenza.»

Immobile come una statua di ghiaccio non riuscii a rispondere, mi limitai a osservarlo mentre con calma e determinazione si avvicinava passo dopo passo. Ad un soffio posò la mano ancora calda sulla mia guancia; incantata e persa nelle sue iridi non trovavo le parole giuste per rispondere, ma forse non esistevano parole appropriate o del giusto valore. Lo sguardo scese a guardare con invidia e desiderio quelle labbra che sapevano comunicare così tanto, osservai di nuovo i suoi occhi quando mi accorsi che anche lui stava studiando la mia bocca. Con un movimento fluido delle mani afferrò le mie e iniziammo a girare in tondo, danzavamo sulle note silenziose dei nostri sguardi. Una melodia lenta, ma appassionante, allegra e profonda.

Ci fermammo ancora incantati da quel canto silente, mi strinse a sé mentre con le dita intrecciate dietro al suo collo mi protesi fino a sfiorargli le labbra. Ci osservammo ancora un ultimo istante prima del finale melodico. Non c'era fretta nel nostro bacio, era solo un diverso modo di comunicare. Come con i suoi sentimenti, la sua lingua si muoveva sicura e decisa, mentre le mani mi avevano avvolto il viso in un abbraccio protettivo.

Restammo in mezzo a quella pista improvvisata per un tempo infinito, semplicemente baciandoci. La neve silenziosa stava piano piano ricoprendo ogni cosa, anche le nostre spalle.

«Penso di averti fatto congelare abbastanza... Che ne dici se torniamo a casa?» Stregata ancora dai suoi occhi lo osservavo ammaliata senza sapere cosa dire, aveva annientato ogni mia capacità di formulare una frase, ma una cosa era certa, non avevo freddo tra le sue braccia, con il calore dei suoi baci non potevo stare meglio.

Alzò gli occhi al cielo in un muto invito a fare la stessa cosa, solo in quel momento mi resi conto che il cielo si era colorato di rosa e viola, uno spettacolo capace di impressionare e innamorare i migliori pittori dell'ottocento.

«Potremmo tornare a pattinare ogni volta che vorrai, in quel campo non ci va mai nessuno.» L'auto accesa aveva già generato un tepore avvolgente, strofinai le mani tra di loro e vi soffiai nei palmi convenendo solo in quel momento che aveva ragione: stavo congelando. Ma non mi importava, anche se infreddolita ero appagata e felice.

«Perchè non ci viene nessuno?» Con movimenti esperti fece retromarcia e uscì dal sentiero che ci aveva condotto in mezzo al nulla.

«Forse perchè molti preferiscono il lago... è molto più grande.» Gettò uno sguardo indagatorio nella mia direzione, mi limitai ad annuire con il mento.

Il tragitto verso casa sua fu tranquillo, intimo, la sua mano intrecciata alla mia era una sensazione così naturale che stentavo a credere che fosse reale. Eppure la sua postura rilassata, le sue occhiate fuggevoli di tanto in tanto erano specchio del mio stato d'animo e tutto era dannatamente reale, tanto che mi spaventava.

«Vorrei che questo inverno non finisse mai.» Lo sussurrai appena, ma notai la sua espressione incupirsi, aveva colto ogni parola e anche il senso implicito, ma rimase in silenzio, portò la mia mano alla bocca e ne baciò il dorso.

«Dov'è Spike?» Entrando nel soggiorno mi aspettai di essere travolta dalla tenerezza di quel cucciolone.

«Ho chiesto ad Ewa se lo portava un pò fuori e lo teneva con sé stanotte.» Inclinai la testa cercando di capire il suo ragionamento, ma quando vidi una luce maliziosa affacciarsi nelle sue iridi, intuii: aveva pensato proprio a tutto, anche a restare completamente soli.

Cos'altro mi aspettava per la serata?

Il passo felino che mosse verso di me provocò una vibrazione intensa al centro del mio corpo, «Adesso tu andrai in bagno e inizierai a spogliarti...» sussurrò quel comando a fior di labbra; erano calde e profumavano di lui. «Io nel frattempo scalderò l'ambiente,» con un movimento quasi impercettibile della testa indicò il fuoco assopito nel camino, «ma quando torno voglio trovarti nuda e pronta...» Stuzzicò le labbra con il pollice che si schiusero con facilità, troppa facilità. Era dannatamente bravo a incantare non solo il mio corpo, ma anche la mia mente. «Faremo una doccia... bollente.»

Anche quando la porta di casa si chiuse dietro le sue spalle, rimasi impalata nel mezzo della stanza, incantata dalla sua magia.

Aveva in mente qualcosa di romantico ed estremamente erotico per la serata, mi era bastato riprendere la lucidità per capire che quelle erano le sue tecniche per farmi cadere ai suoi piedi.

Non potevo chiedere di meglio.

NOTE AUTORE:
Buon pomeriggio angioletti, vi sareste mai aspettati che Will le facesse un regalo? Quel regalo?Sembra proprio cotto!

Un bacione a domani
M.F.

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