Dell'inizio

Ad un dato momento della tua vita, hai l’impulso di fermarti e guardare indietro. Guardare ciò che hai detto o fatto, ciò che hai costruito o distrutto, ciò che desideravi e non hai potuto avere.
Ecco.
Io mi trovo a questo punto.

Per i Trans-gioviani come me, la vita qui non è mai stata molto facile. Sebbene gli umani fossero molto più evoluti rispetto a 5 miliardi di anni fa, alcune cose della loro indole, chissà perché, sono rimaste invariabilmente le stesse. Come una sorta di fobia verso tutto ciò che potesse distruggere lo strano mondo ovattato che si erano costruiti intorno nel corso dei millenni. Da quando sono migrati dalla Terra prima della sua fine, hanno cambiato molto del loro modo di vivere e ben poco del loro modo di pensare. Io lo so. Io li conosco.
Sarebbe opportuno spiegare come iniziò la mia fine. Perché, sebbene io non sia un umano, la mia vita è sempre stata dannatamente legata alla loro. Quelli come me vengono chiamati Trans-gioviani, ovvero coloro che non sono nati entro il Sistema di Giove.
Giove. La stella più luminosa al centro del nostro sistema. Circa 6 miliardi di anni fa, gli uomini capirono che la morte del Sole avrebbe segnato anche la morte di tutti loro. E l’istinto di sopravvivenza in un animale, si sa, è più forte di qualunque altro. Passarono centinaia di anni prima che appuntassero un modo per sopravvivere. E infine, capirono che la chiave stava nel nucleo del Sole. Anni e anni di calcoli, fatti e rifatti, in modo da poter progettare la sopravvivenza dell’essere umano, mentre la Terra deteriorava sempre più. Furono costruite stazioni spaziali grandi quanto città. Le protogalleggianti, le chiamo io. Città sospese nel nulla dell’universo, poco lontano dalle orbite dei pianeti. Avevano il minimo indispensabile e ognuna di loro poteva contenere un massimo di centomila uomini. Ne furono costruite solo sei. E vi furono trasferiti solo i maggiori rappresentanti degli umani. I più grandi cervelli, i più grandi soldati, i più grandi scienziati, i più grandi ricconi. Non è difficile immaginare perché.
I restanti 6 miliardi di umani vennero sterminati da ciò che fino a quel momento li aveva tenuti in vita. Una macabra fine.
Fu l’esercito spaziale del Governo a piazzare le duecento bombe a fissione nel nucleo del Sole. L’evoluzione tecnica del genere umano sembrava aver raggiunto i massimi livelli. Il centro delle reazioni solari venne a contatto con le bombe. I fronti d’onda si contesero il nucleo come due divorziati possono contendersi un figlio. E qui iniziò un magnifico spettacolo per i sopravvissuti, che durò per oltre tre miliardi di anni. L’enorme Sole iniziò a essere scosso da violente contrazioni gravitazionali che lo portarono ad espandersi e provocarono venti solari di potenze inimmaginabili. Esattamente secondo i calcoli, il Sole, come un’enorme perturbazione ingrossata da acqua e umidità, si espanse e inglobò i piccoli Mercurio e Venere. I venti spazzarono via la Terra, Marte e la striscia di asteroidi, la cui massima parte si scontrò contro Giove. Il grande pianeta inglobò i colpi, mentre i sistemi piazzati lì dagli umani iniziarono la loro opera di riscaldamento del nucleo del pianeta. Fu la più grande pazzia che gli uomini compirono in tutte le loro ere.
Dopodiché, fu il Big Hole. Venne scagliata contro il Sole la più grande arma mai costruita, il missile BH-Elios7. Il Sole venne letteralmente traforato nel suo plasma, lasciando l’idrogeno libero di fluire fin quando il foro provocato nel plasma non si richiuse. Il Sole non fu mai così maestoso come nella sua caduta. Mentre il Sole rimpiccioliva, Giove, aumentando di temperatura, aumentò anche di massa, e iniziò a riprendere quel processo che ere prima non si era mai completato. Mentre il Sole, perdendo massa, si avviava verso la morte di una nana bianca, Giove decuplicava la sua inglobando asteroidi e satelliti. I pianeti vicini entrarono nel caos più totale. Inizialmente sembravano non avere più un capo intorno a cui ruotare, finché Giove non stabilizzò la sua massa e iniziò, grazie ad essa, la consueta attività termonucleare di una stella. Saturno, che aveva rischiato di essere inglobato da Giove, si salvò grazie all’effetto fionda che tutti i pianeti hanno nei confronti di una massa superiore alla loro. I restanti quattro pianeti sembravano aver trovato una stabilità, girando intorno a Giove così come avevano fatto prima intorno al Sole.
Finché la nana bianca non venne attratta dallo stesso Giove. Le due stelle iniziarono ad attirarsi come due amanti, come due poli positivi, senza riuscire mai a toccarsi, ruotando intorno ad un unico centro di rotazione, poiché le loro masse non erano sufficientemente grandi da poter prevalere l’una sull’altra.
È per questo che qui, su Nettuno, abbiamo due soli. Così come su tutti gli altri pianeti di questo sistema binario, il primo in tutto l’universo conosciuto che sia mai stato creato dall’uomo.

Ma questa è storia di sei miliardi di anni. E durerà finché la nana non esploderà in una supernova grazie alla massa acquisita attraverso i gas liberati da Giove. Ma forse, fino a quel momento, questi dannati umani si salveranno ancora.
Per il momento, la maggior parte di loro vive su Nettuno. Un pianeta che miliardi di anni prima aveva temperature cui l’umano non poteva sognare di sopravvivere, qualcosa come duecento gradi sotto lo zero, secondo la misurazione di allora. L’effetto combinato di Giove e del Sole resero con il tempo vivibile questo come tutti gli altri pianeti. Gli umani sono sempre stati grandi coloni. Non fu difficile per loro costruire su un pianeta grande diciassette volte la loro precedente casa. Quando mi trasferii a Talassa, la capitale mondiale di Nettuno, avevo diciassette anni. Portavo con me solo tre cose: il mio nome, i miei ricordi e mia sorella. Fino a quell’età, avevo abitato, insieme a tutti i Trans-gioviani come me, Plutone.
Plutone era la periferia del sistema, il ghetto entro cui ci avevano relegati. Non hanno mai sopportato la nostra vista, la nostra diversità. I nostri occhi totalmente blu, le nostre orecchie appuntite, la nostra pelle violacea, la nostra altezza due volte superiore alla loro, li mettevano a disagio. Eravamo gli abitanti degli Inferi. Abitavamo in una Città Sospesa, uguale per struttura a tutte le altre del Sistema, diversa per abitanti e per stile di vita. Plutone non aveva mai avuto nulla da dare agli umani che fosse degno di nota, perciò lo hanno sempre tenuto poco in considerazione. Per le più insigni menti del Governo, Plutone non era altro che la donna divorziata mantenuta a vita dal marito. Eppure mio padre, Galathos, non ebbe mai neppure una critica verso coloro che ci governavano. Ricordo quando ci diceva che per vivere rettamente, la prima cosa da fare era compiere il proprio dovere, in modo che nessuno avrebbe mai potuto rinfacciartelo. E mio padre lo ha compiuto fino in fondo. Era un ingegnere spaziale che, su Saturno, supervisionava i lavori di approvvigionamento di idrogeno metallico, il principale carburante dei nostri tempi. Mio padre lavorava per loro e per loro morì, durante una delle solite operazioni di raffinazione, lasciando me e mia sorella da soli.
Mia sorella Talia, che ha sempre sofferto la perdita di nostra madre Alcest nel momento in cui la partorì, incassò anche questo. Talia a quel tempo aveva solo quindici anni, troppo giovane anche per gli standard di noi Trans-gioviani, che in media moriamo a centosettanta anni. Eppure fu lei a ricordare che a Talassa abitava un cugino di nostra madre, Ferek, che avrebbe potuto aiutarci. Così, salutammo gli abitanti della nostra Area, l’Area 11, e salutai anche il mio primo amore, Jamila.
«In qualunque Quadrante tu sarai, il mio fiato sarà dedicato a te, Rasmenos.» mi disse, toccando la punta del mio naso con la sua, mentre i suoi occhi blu elettrico scintillavano per le lacrime. Mia sorella mi strinse la mano inguantata, fissandomi vividamente negli occhi, e mettemmo piede nella navicella che ci avrebbe portati a Talassa, su Nettuno.

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