Una donna (in)completa

Una costola.

Il Padre di Lucifer l'aveva creata a partire da una costola di Adamo.

Nessuno sembrava farci caso, ma questo era un pensiero insopportabilmente doloroso, ed a maggior ragione di notte, quando calavano l'oscurità ed il silenzio.

Eve avrebbe dovuto dormire, ma non poteva; pensava, invece, e non riusciva a fare a meno di concludere che in fondo non era nemmeno una vera persona.

Non nel senso stretto della parola: di fatto era un'appendice, un prolungamento innaturale, del corpo di qualcun'altro.

Anche ora, pur essendo passati anni dall'inizio di una vita diversa, nuova, che lei stessa si era scelta, la Prima Donna non si sentiva completa.

Immaginava che fosse normale, non sentirsi completi, quando di fatto si era originati da una costola altrui, eppure questo non la faceva sentire meglio.

L'aspetto peggiore dei pensieri intrusivi non è che non sia possibile liberarsene, ma che loro sono sempre lì, sullo sfondo della mente, anche quando si è al settimo cielo.

È così che era per lei: anche quando era felice in realtà non lo era mai completamente, e quando era sconsolata finiva sempre per essere ancora più completamente sconsolata.

Fare finta di nulla era impossibile, dimenticarlo era impossibile, trovare una soluzione da se era impossibile, parlarne a qualcun'altro - alla sua Maze, per esempio - e trovare una soluzione insieme era impossibile.

Eve aveva la sgradevole sensazione di essere in trappola, rinchiusa in uno spazio angusto le cui pareti le si stringevano addosso un pochino di più ogni qualvolta tentava di abbatterle per liberarsi.

Non si pentiva della sua nuova vita, né tantomeno di aver sposato il demone che amava, e tuttavia non riusciva a togliersi dalla mente il terrore che il suo passato sarebbe tornato a perseguitarla.

Non riusciva a togliersi dalla mente il terrore di non potersi liberare completamente del suo passato, di Adam, perché in fondo lei era parte di lui.

In un qual senso contorto, era come se appartenesse a quell'uomo che le aveva rovinato l'autostima in maniera quasi irreparabile e l'aveva resa infelice, persino più di quanto non appartenesse a se stessa.

E questo pensiero la tormentava più di quanto avrebbero potuto fare tutti i fratelli e le sorelle di Mazikeen.

Quella sera indossava una vestaglia rosa cipria, gli ondulati capelli scuri raccolti in un morbido concio sulla testa, mentre finiva di cuocere la cena per lei e sua moglie.

Di solito le due si davano i turni, per cucinare, anche se Maze non era proprio dotata e perciò preferiva di gran lunga quando era Eve ad occuparsene.

Il demone le passò le braccia intorno alla vita, affondando il volto nei suoi capelli morbidi ed accarezzandole la pancia con entrambe le mani.

La gravidanza era soltanto a poche settimane, eppure Mazikeen si sentiva in dovere di dimostrare al bambino quanto lo amava fin da subito.

Per quanto fosse la prima volta che Eve ricorreva all'IVF, c'era da dire che quello per lei non era certo il primo figlio, eppure contribuiva anche quella circostanza a complicare la sua stabilità mentale.

<<Ti amo>> le sussurrò Mazikeen all'orecchio, sorridendo appena contro il suo lobo destro.

<<Ti amo, Mazi>> replicò, buttando giù la pasta quando l'acqua iniziò a bollire.

<<Sai, forse dovresti fare una pausa, e lasciare che qui me ne occupi io...>> propose il demone, cauta, baciandola ancora, stavolta appena sopra l'orecchio.

Sapeva quanto fosse coraggiosa, ma non avrebbe lasciato che si affaticasse più del dovuto: era da quella mattina presto che non si sedeva un minuto, né si concedeva un attimo di pausa.

Eve scrollò le spalle:<<Tra qualche minuto va scolata>> informò sua moglie accennando alla pasta, e poi andò ad accomodarsi al tavolo che il demone aveva appena finito di apparecchiare.

Il sole stava tramontando su quella ventilata giornata di inizio febbraio: dal loro attico al quarto piano potevano vederlo sparire dietro le colline che contornavano la Città degli Angeli.

Eve si accarezzò lo stomaco, sospirando a fondo, e tanto bastò perché la cacciatrice di taglie si materializzasse al suo fianco, veloce e silenziosa come un'ombra:<<Amore...>> mormorò, sfiorandole una guancia per richiamare la sua attenzione.

La Prima Donna alzò lo sguardo nel suo, sorridendo appena:<<È tutto a posto>> la rassicurò <<Tu pensa alla pasta>>, e tuttavia Mazikeen attese ancora qualche secondo per allontanarsi da lei.

Il demone era determinata a prendersi cura della sua famiglia, a tenere sia Eve sia il bambino al sicuro.

Sapeva che sua moglie era in grado di proteggersi e di proteggere il piccolo, sapeva di stare esagerando con l'iperprotettività, ma non poteva fare a meno di pensare che fosse meglio esagerare piuttosto che non fare abbastanza.

Non era disposta a correre rischi, non ora che la sua vita era così perfetta, non ora che aveva tutto ciò che aveva sempre desiderato ed anche di più.

Quando portò in tavola i due piatti di pasta la sua Eve giocherellava con la forchetta, lo sguardo assente e la mente altrove.

Mazikeen si sedette di fronte a lei e le allungò la cena, senza tuttavia riuscire a scrollarsi di dosso la sensazione che ci fosse qualche cosa che non andava.

Sua moglie era splendente come un miraggio - forse persino più del solito, con quell'aria pensierosa -, eppure non era questo un comportamento tipico di lei.

La frizzante e spensierata Eve non si comportava mai così, a meno che non ci fosse una reale e seria motivazione per farlo.

Il demone si portò alla bocca un paio di forchettate di maccheroni in bianco, prima di decidersi a parlare:<<Non ti senti bene?>> le domandò.

L'altra sorrise ancora, alzando gli occhi al cielo con accondiscendenza:<<No, amore, sto bene>> ribadì <<Non c'è nessun bisogno che ti preoccupi così tanto, suvvia, mi sembra che ne abbiamo già parlato, no?>>.

Sua moglie annuì, ma di certo non si fece sfuggire che non stava toccando cibo:<<Non è questo che intendo>> si portò il bicchiere alle labbra e ne ingoiò tutto l'alcolico contenuto:<< È che nelle ultime settimane mi sembri...distratta, ecco, come se ci fosse qualcosa che ti preoccupa>>.

Eve si irrigidì: la conosceva troppo bene per non notarlo, avrebbe dovuto rendersene conto.

La cacciatrice di taglie sospirò, mentre il suo battito cardiaco accelerava:<<Per questo motivo mi stavo chiedendo se tu non- non ti stessi...pentendo della nostra decisione>> i suoi occhi scuri, quasi neri, si erano fatti appena appena lucidi.

<<Ma certo che no!>> era quasi offesa da quell'insinuazione <<Decidere di avere questo bambino è la cosa migliore che abbiamo mai fatto>> e cercò lo sguardo di Maze per sentirle dire che anche lei era d'accordo.

Quella finì di masticare:<<Bene>> disse, prendendole una mano da sopra il tavolo e sporgendosi per baciarne il dorso.

Era gelida.

<<Hai freddo, amore mio?>>

Eve si alzò dalla propria sedia e, senza mai lasciar andare sua moglie, girò intorno al tavolo che le divideva e le si sedette sulle gambe, con la schiena contro il suo petto.

Maze le avvolse le braccia intorno al busto, le sue mani dalla tinta olivastra che scivolavano contro la camicia da notte di seta dell'altra, mentre le sfiorava la pelle chiara del collo con le labbra.

La Prima Donna gemette più sottovoce che poté, godendosi quella vicinanza e lasciandosi cullare dal calore emanato dal corpo di sua moglie premuto contro il suo.

Quando lei le stava così vicina, se la stringeva così, poteva quasi dimenticare le proprie paure riguardo se stessa, Adam, il suo passato, tutto quanto.

<<Abbracciami>> sussurrò, inclinando la testa all'indietro ed appoggiandola su una spalla di Mazikeen, ovviamente coperta da una delle sue solite ed amatissime giacche di pelle nere.

Il demone non disse alcunché, sebbene l'angoscia la stritolasse, e si limitò a continuare a fare ciò che già stava facendo, accarezzandole di tanto in tanto le spalle o gli avambracci per riscaldarla.

<<Va meglio?>> le domandò dopo qualche minuto di assoluto silenzio.

<<No...Io->> quando rivolse lo sguardo verso di lei la cacciatrice ebbe un tuffo al cuore, perché quegli occhioni castani erano inondati di lacrime.

<<Eve...>> mormorò, baciandola tra i capelli e stringendola più forte contro il suo petto.

Quella non rispose, non poteva parlare, e anche se avesse potuto non avrebbe saputo come esprimere ciò che le si agitava dentro.

Forti singhiozzi le scuotevano il petto, facendola sobbalzare ad intervalli regolari, e le lacrime le solcavano le guance.

Faticava a respirare a fondo perché un sordo dolore le batteva dentro, proprio al ritmo del cuore: non stava bene.

Santo Padre di Lucifer, non stava affatto bene: stava per esplodere. Era una bomba ad orologeria, pronta a detonare da un istante all'altro, distruggendo tutto ciò che aveva costruito nei precedenti anni...le sue nuove amicizie, il suo lavoro, il suo matrimonio, ed ora anche il bambino.

Avrebbe deluso tutti quanti.

Sembrava essere brava solo in quello, sembrava che non fosse capace di fare altro, se non deludere chi le stava accanto.

Adam glielo ricordava sempre. In continuazione. Per anni ed anni ed anni, glielo aveva ripetuto, fino alla nausea.

<<Eve, dimmi qualcosa, ti prego>> Maze le fece girare il volto verso di lei <<Qualunque cosa, davvero, va bene qualunque->>

<<Cosa vuoi che dica?>> singhiozzò l'altra, asciugandosi le guance col dorso della mano.

<<Che stai bene, che mi ami>> la cacciatrice di taglie le fece appoggiare una guancia contro la sua giacca di pelle <<Che qualunque cosa ti faccia stare male la condividerai con me, e poi la risolveremo insieme>>.

<<Ti amo>> fu tutto ciò che le uscì di bocca, tutto ciò che potesse assicurare a sua moglie senza mentirle.

La amava alla follia, davvero, e l'avrebbe amata sempre.

Questo era fuori discussione.

Ciò che non capiva era come fosse possibile che lei la amasse.

Insomma, dopotutto non era neanche una persona, perciò com'era possibile che Mazikeen la amasse?

<<Eve, ma che sta succedendo?>> la cacciatrice di taglie le accarezzo la fronte, le guance e poi passò ad infilarle una ciocca di capelli scuri dietro l'orecchio.

La Prima Donna si morse il labbro, e lo fece così forte da farsi male.

Doveva parlarne.

Non avrebbe voluto, ma in fondo non aveva scelta, no? Per quanto tempo ancora avrebbe potuto tenerlo nascosto a sua moglie? E presto avrebbero anche avuto un bambino a cui badare.

Doveva trovare la forza di parlarne.

<<Ho paura>> sussurrò.

Mazikeen aggrottò appena le sopracciglia disegnate e strinse le labbra, aspettando che fosse lei a spiegarsi meglio.

<<Ho paura di- di non vivere mai una vita completa>> deglutì a fondo, passandosi una mano sul volto <<Ho paura che il passato si ripeta, Mazi, perché la verità è che, per quanto lo vorrei, non riesco a lasciarmelo alle spalle...E ogni volta- ogni volta che- che chiudo gli occhi, è come se non fosse cambiato nulla>>.

Ogni volta che chiudeva gli occhi era di nuovo nel Giardino dell'Eden, il suo paradiso privato, che col tempo Adam aveva reso persino peggiore dell'inferno.

<<Perché non me ne hai parlato?>>.

Eve singhiozzò:<<Non sapevo...C-come potevo- come potevo parlartene?>>

<<Non lo so, fidandoti di tua moglie, magari?!>> il demone strinse le labbra, pentendosi all'istante di aver alzato la voce <<Mi dispiace solo che tu non ti sia confidata con me, tutto qui>>.

E le faceva male, male più di quanto desse a vedere, che la donna che aveva sposato non si fosse aperta con lei.

Era una tortura, una tortura peggiore di tutte quelle che infliggeva quando ancora faceva la torturatrice all'Inferno.

Eve sospirò a fondo, passandosi entrambe le mani dalle dita affusolati tra i capelli:<<Mi fido di te, davvero, mi fido di te tanto che- che abbiamo deciso di avere questo bambino... È solo che- ecco, a-a volte non è...così semplice, essere sinceri>>.

Era necessaria tanta forza per condividere i propri problemi, per ammettere di non essere felici e di aver bisogno d'aiuto.

La Prima Donna aveva sempre tentato di tirar fuori quel tipo di forza, ma non le veniva affatto facile.

Mazikeen prese una delle sua mani tra le proprie, preoccupata di non riuscire ad esprimersi con le parole più adatte.

<<So che non è facile essere sinceri. Lo so bene, meglio di...beh, meglio di chiunque altro, probabilmente>> lo sguardo del demone cadde sulle due fedi sui loro anulari <<Abbiamo sempre saputo che questo non sarebbe stato facile, tutto questo, ma ci siamo ripromesse di non...rinunciare mai l'una all'altra>>.

Il demone pronunciò l'ultima mezza frase con tono quasi interrogativo, la voce tremula, mentre l'angoscia le stringeva la gola in una morsa.

<<Non ho intenzione di rinunciare a noi due, Mazi>> sua moglie si affrettò a rassicurarla, appoggiando brevemente le labbra sulle sue <<È solo che qualche volta...ecco, ci sono delle volte - abbastanza spesso, in cui mi chiedo come sia->> si interruppe, trattenendo un singhiozzo.

La cacciatrice di taglie le asciugò le lacrime, il che la fece sorridere, anche se appena appena:<<Mi chiedo come sia possibile che tu...sia innamorata di me>> sussurrò.

Poi distolse lo sguardo, abbassandolo sulle loro mani intrecciate, mentre nuove lacrime le si formavano ai lati degli occhi e cominciavano già a scivolare giù per le guance.

<<Perché dici queste cose? Sai che ti amo da impazzire>> il cuore del demone aveva accelerato di colpo, quasi spasmodicamente <<E poi dubitare di essere degna d'amore è una delle mie mosse più collaudate, quindi non provare a rubarmela!>> le infilò una mano sulla nuca, tra i capelli, e l'avvicinò a se per baciarla.

E riuscì nel suo intento: la fece ridacchiare, nonostante gli occhi lucidi.

La baciò ancora, passando alla pelle scoperta del suo orecchio e poi del collo, finché non le fece il solletico ed Eve rise ancora, di quella risata cristallina ed acuta che risuonava come un festoso scampanellio in ogni stanza del loro attico.

Ma non le ci volle molto per tornare seria.

<<Che c'è, vuoi davvero che ti elenchi tutti i motivi per cui ti amo?>> Maze sorrise ad Eve, i visi vicini, quasi a toccarsi, ed i respiri che si mischiavano <<Odio questo tipo di cose, sai che non mi vengono bene...>>.

Entrambe risero, stavolta insieme: ricordavano perfettamente le promesse di matrimonio di Mazikeen, improvvisate, certo, ma calzanti a pennello, e per questo indimenticabili.

<<Sì, sì, lo so bene>> Eve sospirò piano: sentirselo dire era magnifico. Non sradicava il male alla radice, ma leniva i suoi effetti dannosi, almeno per quel momento.

Il demone scrollò le spalle:<<Non sarò la migliore oratrice del mondo, ma sai anche che di solito uso la lingua per...altre attività che ritengo alquanto più dilettevoli>>.

La Prima Donna spalancò la bocca, ritraendosi dal petto della cacciatrice di taglie con finta indignazione:<<Senti, senti, ma da dov'è che ti viene tutta questa audacia?!>> e le diede uno schiaffetto su una guancia.

<<Chiedo umilmente perdono>> rise Mazikeen <<Ma ora, Vostra Maestà, non è che potreste farmi l'onore di mangiare la Vostra cena?>>.

Parlare dei propri problemi è il primo passo per risolverli, o quantomeno iniziare a risolverli.

Niente di ciò che angustiava Eve era scomparso, nonostante quella chiacchierata a cuore aperto, e Mazikeen si era ripromessa che l'avrebbe convinta ad andare a parlare con Linda.

Tuttavia non si poteva negare che, il solo fatto di averne discusso insieme, era un enorme balzo in avanti.

E forse, almeno per quella sera, tanto bastava.

-
Chiedo scusa per questo - qualunque cosa sia - ma dovete sapere che Mazikeen ed Eve sono la mia terapia, sia da sole ma sia soprattutto come coppia 🏳️‍🌈✨

E comunque spero non sia troppo smielato o scritto alla cavolo.

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