Senso di colpa ~ 2
Le visite in terapia intensiva erano severamente ridotte, rispetto a quelle per i pazienti degli altri reparti dell'ospedale. Inoltre, altro fattore non trascurabile, soltanto i familiari potevano entrarvi.
La stanza di Rosaline aveva le pareti dipinte di un piacevole color azzurro pastello, e la sua unica, larga finistra dava su di un bellissimo vialetto cinto su entrambi i lati da una fila di ciliegi.
C'era sempre un forte odore di disinfettante, lì dentro, ed ogni superficie era pulita e lucidata con la massima cura possibile dal personale ospedaliero.
Quasi due settimane erano passate, goccia a goccia, da quando Rose giaceva distesa in quel letto, con addosso lo stesso indumento bianco a pois grigi per sostituire i vestiti che indossava il giorno dell'incidente.
Il suo viso era pallido, le sue braccia comodamente appoggiate ai lati del suo tronco che si alzava e si abbassava a scatti regolari ma innaturali grazie al tubo che, collegato direttamente alle vie respiratorie tramite una piccola incisione nella gola, teneva ossigenato l'organismo della poliziotta.
In una narice aveva infilato un sondino naso-gastrico, un tubicino che le arrivava fino all'esofago e serviva per somministrarle il nutrimento necessario, mentre i barbiturici per farla rimanere in coma le venivano iniettati direttamente in vena tramite una flebo.
Intorno al collo i dottori le avevano infilato un collare rigido, perché impedisse alla sua colonna vertebrale di subire urti che avrebbero in qualche modo potuto aggravare le sue lesioni spinali.
Lucifer sapeva che le avevano infilato anche un busto, più o meno con la stessa finalità, sebbene risultasse invisibile, sotto il camice che ricopriva la ragazza.
Il diavolo non sarebbe dovuto essere lì, in quella stanza, eppure in quelle due settimane era arrivato a conoscerne ogni minimo particolare. Ogni crepa nell'intonaco delle pareti, ogni leggera imperfezione nelle piastrelle del pavimento; ogni singola cosa.
Tuttavia, ciò che gli era più familiare di tutto il resto, era il suono della frequenza cardiaca di Rose, costantemente monitorata dall'apposito macchinario.
Non era stato difficile, per lui, scoprire in che stanza della terapia intensiva avessero messo Rosaline, né tantomeno venirle a fare visita di tanto in tanto: possedendo così tanti soldi quanti ne aveva lui, non era difficile incoraggiare uno o due dottori a chiudere un occhio riguardo quella piccola infrazione.
In verità, più che di "tanto in tanto", sarebbe stato corretto dire che Lucifer era sempre in quella stanzetta d'ospedale. E, quando pure non si trovava fisicamente lì, si poteva stare pur certi che fosse presente col pensiero.
Egli stesso doveva ammettere che, in quello, la Detective era stata molto più brava di lui: pochi giorni dopo il ricovero di Rosaline era tornata al lavoro, più determinata che mai a farlo bene. Non che il senso di colpa non la stritolasse secondo dopo secondo; provava una sensazione molto simile a quella successiva la morte di suo padre, ma era abbastanza forte per fingere che non ci fosse e riprendere a lavorare.
Lucifer, al contrario, incapace di farsi una ragione per ciò che era capitato, non era tornato a svolgere il suo compito come consulente. Durante i primi giorni di sua assenza Chloe aveva lasciato correre, pensando che si sarebbe rifatto vivo - come sempre - quando si fosse sentito pronto.
Ma quando passarono quasi due settimane, alla Detective fu chiaro che non sarebbe andata così.
L'Ex Signore dell'Inferno era bloccato in un suo personale loop di dolore autoinflitto e straziante senso di colpa, e non sapeva come uscirne. Era terrorizzato all'idea che Rosaline morisse, era terrorizzato all'idea che magari non sarebbe più stata in grado di muoversi...Ma forse, ciò che lo spaventava di più di tutta quella situazione, era l'impossibilità di incolpare qualcun'altro per quello che era accaduto. Per una volta suo Papà non c'entrava, con le sue disavventure.
Era solo e soltanto colpa sua: se fosse stato presente, quella sera, le cose sarebbero andate in maniera diversa. Se lo ripeteva in continuazione, secondo dopo secondo, quel mantra autolesionista.
Arrivò al punto di far preoccupare seriamente coloro che gli stavano vicini, ed in particolare Maze, Amenadiel e la Dottoressa. Per non parlare poi della detective Decker, che poteva immaginare meglio di tutti cosa il suo partner stesse passando in quelle settimane.
Comunque, nonostante le proprie nere previsioni, col passare dei giorni Rose sembrava migliorare, ed il diavolo si ritrovò a fare i conti con la consapevolezza che presto si sarebbe svegliata.
Si sedette accanto al lettino nel quale stava distesa, pallida e immobile come nella versione Disney de La Bella Addormentata nel Bosco. Solo in maniera più disturbante.
Sapeva che i dottori avevano da qualche giorno diminuito la dose di farmaci che le somministravano, e che c'era cioè la possibilità che Rose iniziasse concretamente ad iniziare ad essere in grado di muoversi.
Si piegò appena su di lei, tentato di prenderla per mano, ma poi ci ripensò, e non lo fece.
Quando Rose aprì gli occhi, ventinove ore dopo, il diavolo era seduto accanto al suo lettino, come d'altronde faceva spesso da due settimane a quella parte.
Sbatté le palpebre più volte, prima di riuscire a mettere a fuoco ciò che la circondava.
La prima cosa che notò fu una presenza familiare al suo fianco, ed una voce profonda che parlava. Non fu però in grado di stabilire se stesse o meno parlando con lei, almeno non subito.
<<Inutile dirlo, Cesare diede davvero di matto, quella volta>> sentì dire Lucifer <<Beh, ed ora sai da dove gli venne l'espressione "il dado è tratto", che sarebbe poi, anche se solo in seguito, divenuta proverbiale>>
Sposto piano lo sguardo verso di lui - dal momento che le pupille erano l'unica parte del corpo che poteva controllare - e osservò il volto dell'uomo.
Era familiare in maniera quasi dolorosa, eppure ebbe l'impressione di vederlo per la prima volta. Lucifer era diverso dall'ultima volta che l'aveva visto al dipartimento: ora i suoi occhi erano vitrei, illuminati da una luce fredda che prima non c'era, e si era lasciato crescere la barba, che formava un leggero strato scuro sulle sue guance e sul mento.
Inoltre - cosa che le fece alquanto impressione - non indossava la giacca di uno dei suoi soliti completi su misura, ma una semplice camicia bianca di tessuto leggero.
Il diavolo continuava a parlare, con lo sguardo catturato da qualcosa sul soffitto e gli occhi rossi, e perciò non si accorse che Rose era sveglia.
La ragazza fece in tempo a notare come il diavolo avesse sbagliato ad allacciare qualcuno dei suoi bottoni, prima che quello si rendesse conto del cambiamento avvenuto.
Spalancò gli occhi per pochi attimi, poi aprì la bocca e la richiuse.
<<Ciao>> sussurrò Rose, schiarendosi la gola e obbligando il proprio volto a contrarsi in una smorfia simile ad un sorriso.
<<Tu->> Lucifer le appoggiò piano il dorso della mano sulla testa, accarezzandole i capelli. Era rimasta per così tante ore ferma immobile su quel lettino ed una parte di lui, in un modo o nell'altro, aveva davvero temuto che non si sarebbe svegliata più.
Quella parte del diavolo tirò un lungo sospiro di sollievo, permettendogli finalmente di tornare a respirare come un essere umano (angelico, in verità).
Per un lungo attimo Lucifer Morningstar in persona rimase senza parole:<<Come ti senti?>> riuscì infine a dire, sebbene incerto che fosse la battuta più appropriata.
Nemmeno Rose era in grado di distogliere lo sguardo dal suo volto:<<Suppongo di essere stata meglio>> sussurrò, provando a tirare fuori un altro sorriso; più convincente di quello uscito dal precedente tentativo, sperava.
<<Sì, era quello che pensavo>> Lucifer ricambiò il sorriso, nonostante gli occhi lucidi, ma non risultò granché convincente nemmeno lui.
Distolse per pochi attimi soltanto l'attenzione da Rosaline, perché la poliziotta non si rendesse conto di quanto fosse vicino allo scoppiare in lacrime. Quando però si riconcentrò sulla ragazza scoprì che era stata lei, quella a scoppiare in lacrime.
Le sue guance pallide erano solcate da lacrime che scendevano velocemente in una traiettoria quasi verticale a causa della posizione supina di Rose.
<<Oh, no, no, non piangere!>> si affrettò ad esclamare il diavolo, al quale si stringeva il cuore <<Forse dovrei chiamare qualcuno, vuoi che faccia venire qui un dottore?>>
Rose sospirò a fondo, incapace di utilizzare le mani per asciugarsi le guance umide:<<Ho sentito alcuni medici dire che- che potrei rimanere paralizzata, a-anche per sempre...Dimmi che non è vero, ti prego>> lo implorò <<Devi dirmi che non è vero>>
I grandi occhi neri e lucidi di Rosaline erano puntati dritti sul volto dell'Ex Signore dell'Inferno, dandogli la viva impressione che stessero piano piano mandando a fuoco la sua pelle, come lenti d'ingrandimento sulle quali si riflette la luce del giorno.
Cosa fai, che opzione ti resta, quando dire la verità è impossibile ma non puoi mentire? Eludi la domanda? Ti metti a bluffare?
Oppure stai zitto come un completo idiota, perché non sai come tirarti fuori da quell'inghippo?
<<Cazzo->> sbottò Rose, serrando le palpebre e lasciandosi sfuggire un lieve gemito. Non aveva nemmeno bisogno che egli le rispondesse: il suo breve silenzio era più eloquente di quanto lo sarebbe stata qualunque lunga spiegazione.
<<Non permetterò che accada>> tentò di rassicurarla lui <<Ti porterò in Europa, va bene? Se dovesse finire così, se davvero tu dovessi essere...Beh, so che in Europa le terapie sono migliori e la tecnologia più avanzata: troveremo qualcuno che ti sappia curare, lo prometto>> appoggiò piano il palmo di una sua mano sul dorso di quella di lei, adagiata sul lettino, e la strinse appena.
<<Non devi>> la poliziotta tentò di deglutire, ed una fitta di dolore le attraversò la gola. Tornò ad abbassare le palpebre, perché le bruciavano gli occhi. Ma forse, più che gli occhi, ciò che le bruciava maggioremente era la consapevolezza del suo stato attuale, era la consapevolezza che Lucifer la stava guardando, la stava vedendo così.
Non avrebbe voluto che nessuno la vedesse così, e meno di tutti che fosse proprio l'uomo di cui era innamorata, a farlo.
<<Non devi>> ripeté, con voce strozzata <<Tu- So quanto tempo hai passato in questa stanza, ti ho sentito, i-io ho sentito tutto mentre...E non voglio che continui a sentirti in colpa per quello che mi è successo>>
Non poteva fare a meno di percepire il peso della mano di Lucifer sulla propria: quel contatto tra i loro due corpi, per quanto piccolo, contava per lei più di quanto avrebbe mai potuto esprimere ad alta voce. La presenza di quell'uomo al suo fianco era la cosa migliore che potesse capitarle, tuttavia non voleva che egli continuasse a torturarsi come sapeva stesse facendo.
Non era giusto, sarebbe stato terribilmente egoista da parte sua tenerlo legato a sé grazie al senso di colpa che provava, e non l'avrebbe fatto.
Avrebbe voluto che le rimanesse accanto, ma non l'avrebbe fatto. Non era una persona del genere prima, e si rifiutava di divenirla adesso.
<<Non mi sento in colpa>> affermò il diavolo, dimenticando per un attimo la sua opinione sulle bugie, e poi si morse la lingua <<O forse sì...Senti, non è perché mi sento in colpa che voglio aiutarti>>
<<E allora perché vuoi aiutarmi?!>>
Fu quasi un grido, quello.
<<Beh, sei una specie di eroina, adesso. Sarebbe disdicevole, se non lo facessi>> Lucifer strinse un po' di più la sua mano.
Rose roteò gli occhi:<<Ti ringrazio: sono in debito, qualunque sia il vero motivo per cui mi vuoi aiutare>>
Nessuno di loro due accennò a quale fosse il vero motivo, almeno non quel giorno, ne durante i successivi mesi di guarigione di Rosaline, che alla fine si ristabilì completamente.
Entrambi sapevano quello che provavano: non c'era bisogno di dirlo ad alta voce.
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