Quella volta in cui l'Inferno si ghiacciò per davvero (pt.1)

DISCLAIMER: Okay, non so bene cosa sia questo. Una specie di crossover scrauso, immagino.

Elsa si era ormai abituata all'idea di chiudere il mondo fuori; e con "il mondo", intendeva chiunque, qualunque essere umano avesse tentato di intraprendere con lei una relazione che andasse al di là dei semplici sorrisi di circostanza che si scambiava chi si conosceva appena. 

Quella reclusione forzata - forzata da lei stessa - all'interno del proprio corpo, era estremamente dolorosa, ma altrettanto necessaria. Visto ciò che era, vista la maledizione con la quale era nata, non poteva permettersi di rischiare che qualcuno si facesse male a causa sua.

Benché fosse un mostro, un mostro reale - non come quelli dei film horror che si vedevano al cinema -, Elsa intendeva dimostrare di non voler essere così.

Intendeva dimostrare di non essere stata lei a decidere di nascere così.

Perché dopotutto era vero: non era colpa sua se era diversa, se era sbagliata, se c'era qualcosa che non andava, in lei.

«Buongiorno!» la salutò Ella quella mattina, correndole incontro e avvolgendola in uno dei suoi proverbiali, bollenti abbracci.

La poliziotta bionda si irrigidì appena in reazione a quel contatto improvviso, nascondendo le mani perennemente coperte da un paio di guanti dietro la schiena, e sforzandosi di pensare ad altro.

Finché il dolce medico legale non si staccò da lei, ella si tenne occupata con la recitazione mentale di un paio di versi di una vecchia poesia che le aveva insegnato sua madre.

Se fossi una regina
Sarei incoronata,
Ma sono contadina
Che cosa ci vuoi far?

«Buongiorno anche a te» sorrise gentilmente alla signorina Lopez, non avendo cuore di essere sgarbata con una personcina tanto adorabile, ma si affrettò a ristabilire la giusta distanza tra loro due.

«Dai, vieni!» il minuto medico legale la prese per una mano, ignara del rischio che stava correndo «Chloe e Lucifer ci aspettano per discutere del nuovo caso»

E, detto ciò, trascinò praticamente di peso Elsa fino alla Detective bionda sotto la supervisione della quale era stata affidata e al diavolo in persona, il signor Lucifer Morningstar.

Tutti e due le rivolsero un cenno del capo e un sorriso, vedendola entrare in compagnia del quarto membro della loro squadra, la quale si preparava a esporre i dettagli del caso, come suo solito.

Elsa ricambiò quei cenni amichevoli ma, come suo solito, e per ottimi motivi, preferì non accorciare troppo le distanze tra sé e gli altri occupanti della stanza.

Non prendeva mai abbastanza precauzioni, per quanto fosse attenta, e si rendeva conto che la natura del lavoro
che si era scelta non le fosse alleata, nel mantenere il controllo.

Un'altra cosa che non si stava affatto rivelando sua alleata era la presenza costante di Lucifer nelle sue immediate vicinanze, il che, oltre a spingerla a provare sensazioni intense che proprio non poteva permettersi di provare, esponeva lui a un grosso rischio.

Il signor Morningstar continuava ad affermare di essere il diavolo in persona, ma, che fosse vero o meno, egli non aveva la minima idea di chi fosse lei, di cosa sarebbe stata capace di fare se non fosse stata in grado di controllarsi.

E, ad onor del vero, c'era da dire che il diavolo davvero non immaginava quale oscuro segreto nascondesse la nuova arrivata nel loro team.

Ella esercitava su di lui un certo fascino, cosa che lo attraeva alquanto.

E il fatto che Elsa si ostinasse a mantenere la propria riservatezza, non aiutava di certo a diminuire la curiosità che provava nei suoi confronti.

La poliziotta dai lunghi capelli biondi chiari - di una tonalità tanto chiara da apparire quasi bianca, sotto un certo tipo di luci - era un vero e proprio mistero, per il diavolo. Un mistero che Lucifer era determinato a risolvere, in un modo o nell'altro.

«Tu che ne pensi?» domandò infatti alla Detective appena un quarto d'ora dopo, mentre loro due si stavano dirigendo a parlare i genitori della vittima. Il traffico di quella giornata di inizio giugno di certo non giocava a loro favore, in quel senso.

«Che ne penso?» gli fece eco Decker, socchiudendo gli occhi per proteggersi dal riverbero dei raggi del sole sul cofano della sua auto.

«Di Elsa» chiarì il suo partner, per poi zittirsi nell'attesa di una risposta.

«È una ragazza matura, che prende sul serio questo lavoro» commentò Chloe, dopo qualche attimo di esitazione «Ha un ottimo potenziale, secondo me»

Il diavolo si trattenne dallo sbuffare:«Non credi che sia...quantomeno singolare, il fatto che stia così sulle sue?» ribatté, ma la bionda scrollò le spalle, come a voler significare che non le sembrava affatto singolare. O che, sebbene le sembrasse singolare, di certo non era niente di cui dovesse preoccuparsi, fintantoché la nuova recluta si comportava a modo.

«E la risposta e no, nel caso te lo stessi chiedendo: non puoi portartela a letto, Lucifer» commentò la Detective, caustica.

Allora il diavolo sbarrò gli occhi, fingendosi sconcertato e oltremodo offeso da quella insinuazione nei suoi confronti:«Ma figurati!» esclamò «Non lo farei mai!»

Chloe gli rivolse una breve occhiata scettica, ma decise di non insistere, lasciando semplicemente cadere l'argomento. Sapeva che Lucifer, nel caso l'avesse voluto, non si sarebbe fatto scrupoli a riprendere quel discorso.

Ma il diavolo non lo fece.

Di Elsa non parlarono più durante le successive ore lavorative, impegnati com'erano con la loro solita routine di interrogazione dei testimoni e ricerca di piste promettenti da seguire. E così Lucifer si convinse una volta per tutte che avrebbe potuto contare solo sull'aiuto di se stesso, nel caso in cui avesse voluto continuare ad indagare su Elsa.

Ed egli lo voleva, altroché se lo voleva.

«Allora immagino che, anche per oggi, la tua identità segreta rimarrà tale!» la apostrofò Lucifer, quando la rivide, quel pomeriggio.

La poliziotta bionda aveva passato tutta la giornata in compagnia delle chiacchiere incessanti della signorina Lopez, aiutandola e assistendola nel suo laboratorio.

Le era andato tutto liscio come l'olio.

Quell'incontro con Lucifer proprio non ci voleva: aveva la capacità di portarla a tanto così dal perdere il controllo, ogni maledetta volta che le parlava.

«Non c'è nessuna identità segreta» gli rispose, guardandolo appena, mentre internamente tremava. Sapeva che Lucifer stava soltanto scherzando, ma ciò non le impediva di rabbrividire, perché in un certo senso aveva ragione, su di lei.

«Ma certo, cara la mia Diana Prince» la prese in giro il diavolo, rivolgendole un mezzo sorriso.

Elsa sbuffò piano, sottovoce, ma non si scompose. Non poteva permetterselo.

«Perché sei fissato con questa storia di Wonder Woman?» domandò invece.

Non era la prima volta che la prendeva amichevolmente in giro, sostenendo che ella non fosse altri che la famosa supereroina.

Il diavolo alzò le spalle:«Forse la smetterei, se tu ti aprissi un pochino di più con me» commentò con fare allusivo.

«Aspetta e spera» tagliò corto Elsa, impaziente di concludere quella conversazione. Le mani stavano iniziando a sudare, sotto i guanti azzurri che indossava: doveva allontanarsi da Lucifer all'istante; sentiva il bisogno di prendere una lunga boccata d'aria.

«Oh, andiamo, potrei essere la persona più interessante con la quale ti è capitato di parlare negli ultimi trent'anni, e tu continui a evitarmi!» esclamò quello.

«Sono sicura che tu sia un amabile compagno di conversazione, ma mi ritrovo purtroppo costretta a declinare l'offerta» perché non voglio rischiare di ucciderti per errore.

«Che c'è, hai altri impegni?» la canzonò Lucifer, in tono leggero.

La poliziotta incrociò le braccia sul petto:«Inizio a dubitare seriamente che tu conosca il signficato della parola "no"» sibilò.

Il diavolo sospirò, determinato ad impedire che quel commento cancellasse il suo buonumore:«Certo che ne conosco il signficato» assicurò, seguendo Elsa verso l'uscita della centrale di polizia «Solo che dubito sia quello che vuoi davvero; sai, essere il Principe delle Tenebre ha i suoi vantaggi»

«Sì?» il tono della bionda era ancora più tagliente rispetto a prima, se possibile «Tipo quali?»

«So riconoscere una bugia, quando la sento»

«Beh, ammetto che questo sembra piuttosto utile, come talento» la poliziotta spalancò la porta e uscì dall'edificio.

Fece qualche passo, diretta alla propria auto, mentre ovviamente Lucifer Morningstar le teneva dietro. Non aveva davvero idea di quello che stava rischiando, a quanto pareva.

Oppure era soltanto molto stupido.

«Mi lascerai in pace, prima o poi?!» esclamò «Oppure dovrò richiedere un ordine restrittivo, per convincerti a farlo?»

Elsa percepì che i passi dietro di lei si erano fermati, e poté tirare un sospiro di sollievo.

Finalmente, cazzo.

Ella non voleva che lui se ne andasse, ma sapeva che era meglio così. Per tutti e due. Era troppo rischioso anche solo pensare a una qualunque altra possibile evoluzione del loro rapporto.

«Dico solo che non ti ucciderebbe, se ti aprissi un pochino» la voce di Lucifer le arrivava da qualche metro di distanza «A me farebbe piacere; sembri una ragazza interessante»

La giovane poliziotta avvertì una stretta al cuore:«E tu che ne sai?!» gridò a pieni polmoni, voltandosi di colpo «Cosa credi di saperne, eh?! Beh, qualunque cosa tu creda di aver capito, posso assicurarti che non sai un bel niente!»

Il diavolo aggrottò appena le sopracciglia, sorpreso da quella improvvisa esplosione di rabbia.

Gli occhi azzurri di Elsa erano accesi da una luce sinistra, che parlava di un intenso rancore.

Lucifer non sarebbe stato in grado di dire se ella fosse in effetti alterata con lui, per aver insistito, o con sé stessa, per qualche motivo che al momento gli sfuggiva. 

«Chiedo scusa» commentò «Non era mia intenzione turbarti»

Elsa sospirò a fondo, stringendo e aprendo ritmicamente i pugni.

Non c'era bisogno di ricordare che, nonostante li indossasse sempre, i guanti che le coprivano le mani non avevano nessuna effettiva capacità di contenimento. Erano soltanto un sostegno psicologico; le assicuravano una specie di effetto placebo, dandole maggiore sicurezza nella propria capacità di autocontrollo, e l'illusione che si elevasse una solida barriera di stoffa tra il male dentro di lei e il resto del mondo.

Tuttavia, nemmeno a dirlo, quei guanti non possedevano nessuna vera capacità magica di contenere quella maledizione all'interno del suo corpo.

«Non è niente, davvero» rispose infine, fingendo un sorriso «Sono io a dovermi scusare per come ho reagito»

Era stato incredibilmente irresponsabile, da parte sua, perdere la calma per così poco.

Sapeva che le emozioni intense la rendevano instabile, e non riusciva a capacitarsi di quanto divenisse incline a provare le suddette emozioni intense, quando si trovava nelle vicinanze di Lucifer.

«Figurati, cara, per così poco!» inutile dire che, adesso, il diavolo era ancora più curioso rispetto a prima «Sei sicura che vada tutto bene, piuttosto?»

Elsa si affrettò ad annuire con vigore, ma il suo interlocutore, allenato com'era a riconoscere una menzogna, non se la bevve nemmeno per un istante.

Si schiarì la gola, con fare allusivo:«Bene, allora che ne dici di darmi un passaggio fino al Lux?»

«Sono sicura che tu possa benissimo usare la tua magnifica automobile sportiva, per tornare al tuo locale...» commentò Elsa, visto e considerato che la macchina si trovava a poche decine di metri da loro due.

«Certo» replicò Lucifer, con un gran sorriso «Potrei, in effetti, ma dove sarebbe il divertimento? Preferirei di gran lunga che mi ci portassi tu»

La ragazza esitò più a lungo del dovuto, prima di rispondere, più a lungo di quanto fosse sicuro:«Mi dispiace, ma ho un impegno urgente»

Se davvero teneva al signor Morningstar, la cosa migliore che avrebbe potuto fare per dimostrarglielo era stargli il più possibile alla larga e mantenere la distanza di sicurezza, proprio come aveva fatto fino a quel momento.

Ovviamente il diavolo capì che questa non era che l'ennesima bugia, ma non stette a discutere, limitandosi invece a promettersi ancora una volta che avrebbe scoperto la verità che gli veniva nascosta.

Forse ci avrebbe messo settimane, o addirittura mesi, ma alla fine avrebbe avuto successo.

Per quel giorno, però, non aveva intenzione di assillarla oltre.

La salutò da lontano, per poi avviarsi a passi veloci verso la centrale, già immaginandosi la ramanzina che gli avrebbe fatto la Detective per essersi preso una pausa senza avvisarla.

Elsa si avviò invece alla propria auto, pronta a tornare a casa.

Stava cercando le chiavi nella sua borsa di finta pelle, quando accadde: qualcuno la afferrò con forza da dietro, e, senza nemmeno darle il tempo di capire cosa stava succedendo, le premette un fazzoletto sul volto.

Un odore nauseante e dolciastro la investì, ed ella fece appena in tempo a rendersi conto che doveva essere imbevuto di cloroformio.

Tentò di divincolarsi colpendo con una gomitata la persona che la teneva ferma, ma il composto chimico fece presto effetto.

Elsa strinse i denti, facendo un ultimo tentativo per togliersi il fazzoletto dal volto, nonostante iniziasse a sentire le gambe che cedevano.

Poi divenne tutto buio.

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