Paura del buio

DISCLAIMER: Mi scuso in anticipo se questa farà schifo o si capirà poco, perché so già che rimarrò sul vago. È una specie di one-shot self insert, suppongo. Sento il bisogno di scriverla perché sto passando un momento un po' ✨complicato✨ e vari ✨traumi infantili✨ stanno tornando a galla.
[Dico davvero: sarà patetica, perciò è probabile che la cancellerò in fretta].

Avere ancora paura del buio alla sua età era patetico, e ovviamente se ne rendeva conto anche lei. Non era stupida; sapeva benissimo che non c'era motivo di aver paura distesa nel letto, nella sua stanza, quando la luce era spenta.
Ma Elyly04 non poteva farci nulla.
Nonostante una parte del suo cervello - quella adulta e razionale - la informasse che non ci fosse niente da temere, alla fine era sempre l'altra - quella istintiva - ad avere il sopravvento.
Quando era bambina aveva avuto paura del buio, come tutti i bambini d'altronde, perché temeva i mostri che avrebbero potuto usarlo per celarsi alla sua vista; ora che era cresciuta sapeva che non era dei mostri, che doveva avere paura, ma delle persone.
Il che era un problema, soprattutto a causa del fatto che l'Essere Che Si Nasconde Sotto il Letto, L'uomo Nero o i fantasmi non erano reali, mentre di persone ne era pieno il mondo.
Era probabile che molti l'avrebbero considerato patetico, se avessero saputo che Ele aveva ancora paura del buio alla sua età. Non era più una bambina, ormai.
Ecco perché non ne parlava con nessuno: non si fidava, di nessuno.
Dire che avesse problemi di fiducia era un eufemismo: lei non aveva problemi di fiducia, lei non riusciva a fidarsi e basta.
E, anche quando infine si fidava di qualcuno, rimaneva sempre in allerta, sempre in tensione, aspettandosi il peggio da un momento all'altro. Anche quando si fidava, in realtà aveva troppa paura per fidarsi del tutto.
Tutto questo, tutti i problemi che Ele attualmente aveva, erano dovuti ad un giorno di decenni prima, ad un giorno della sua infanzia, nel quale le era accaduta una cosa molto brutta.
Ricordava distintamente che era avvolta dall'oscurità, anche se una oscurità non totale, quando successe.
Ringraziava tuttavia il cielo, di non conservare ricordi troppo precisi, ringraziava che il suo cervello avesse in parte rimosso l'accaduto, perché sapeva che se avesse ricordato ogni dettaglio sarebbe impazzita del tutto.
No, non aveva immagini precise della dinamica dell'evento - al massimo qualche flash sfocato dal tempo -, ma soltanto sensazioni ed emozioni devastanti.
Era a causa di quella tragedia, che ad Ele non piaceva stare al buio. Non è che ne fosse terrorizzata nel vero senso della paura - dopotutto ogni sera dormiva nella quasi completa oscurità della sua stanza, con l'unico ausilio di una piccola lucina da notte.
C'era momenti nei quali, rivolgendo lo sguardo per la propria stanza, il battito cardiaco le accelerava a dismisura, un sudore freddo le imperlava la pelle ed il suo corpo entrava in tensione senza alcun motivo. Il suo cervello continuava a mandarle input segnalanti una minaccia incombente che di fatto non era lì, ed il suo organismo si preparava a scappare o a combattere per difendersi.
Da quel fatidico giorno, Ele odiava sentirsi indifesa, ed il pensiero di non avere il controllo su ciò che le accadeva le faceva accapponare la pelle. Ecco, forse, il motivo per il quale praticava arti marziali da anni ed anni.
Anche quella volta si svegliò di colpo, nel bel mezzo della notte, gridando a pieni polmoni. Quando aprì del tutto gli occhi scoprì di essere distesa sul pavimento della sua stanza, con il lenzuolo tutto avvolto intorno a lei.
Aveva gli occhi e le guance umidi, e tremava, come se il suo corpo fosse in ipotermia.
Quattro - il suo cagnolino - si era avvicinato a lei e le leccava gentilmente una guancia, con tutta l'aria di volerle portare conforto.
Allora Ele accese la luce - ah, molto meglio! - e lo prese tra le braccia, affondando le dita nel suo morbido pelo color crema.
Gli incubi erano una costante della sua vita, fin da quando poteva ricordare ne aveva sempre avuti di terribili, eppure alcuni, quelli che le ricordavano aspetti del suo trauma, erano i peggiori.
Quella notte in particolare le tre parole "cassetta degli attrezzi" le rimbalzavano nel cervello, torturandola, ricordandole cose che avrebbe fatto meglio a dimenticare.
Sì preparò così ad un'altra notte insonne, l'ennesima. Ed era soltanto a metà della settimana. Non voleva immaginare in quali condizioni sarebbe arrivata al weekend.
Si diresse verso la cucina per prendersi qualcosa da bere, accendendo le luci prima di entrare in un nuovo ambiente della casa. Per tenere lontano da sé i ricordi che più la ferivano recitava mentalmente una poesia che le cantava sempre la sua mamma, quando ancora cioè le importava abbastanza di lei.
E funzionò, almeno per un attimo, mentre i leggeri passetti del suo Quattro, che le stava alle calcagna, le tenevano compagnia.
Toc toc.
Elyly04  si immobilizzò sul posto: il cuore di nuovo a mille ed i muscoli tesi.
Toc toc, udì di nuovo bussare alla porta, stavolta con più forza della precedente, e si lasciò sfuggire un urlo soffocato.
Se era una allucinazione, di certo quello non era il momento migliore per il suo cervello di mettersi a scherzare con lei, mentre se non lo era, beh...Era meglio che lo fosse.
Quattro, sempre al suo fianco, fece un paio di abbai, confuso che qualcuno fosse alla porta a quell'ora della notte, e di certo preoccupato nell'avvertire la preoccupazione della padrona.
<<Chi è?!>> si decise finalmente a domandare Ele, cercando nel contempo di mantenere un tono di voce che non rendesse evidente il panico.
Nessuno rispose, ma in compenso la porta di casa sua venne spalancata di botto, ed un uomo alto vi entrò. L'ingresso era avvolto nella semioscurità, perciò di lui era distinguibile soltanto una sagoma nera.
Ele indietreggiò di qualche passo, portandosi alla distanza giusta per tirargli un calcio dritto sul plesso solare, ma quello si allungò verso l'interruttore ed accese un'altra luce.
Un diavolo che conosceva benissimo, avvolto da uno smoking nero di Prada, aveva appena fatto la comparsa nel suo ingresso.
Ele si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, perché era soltanto lui e non qualcun'altro, non l'uomo il cui ricordo la tormentava. Poi, però, la ragazza indietreggiò finché non ebbe le spalle contro il muro, e di colpo scoppiò in lacrime, coprendosi il volto con le mani. Le sue ginocchia si piegarono lentamente, finché ella non si ritrovò accoccolata tra la parete dietro di sé ed il parquet di legno.
Aveva l'impressione di essere sull'orlo di un collasso nervoso, di uno svenimento in piena regola o di entrambe le cose.
<<Sono soltanto io>> Lucifer piegò le ginocchia di fronte ad Ele, mentre Quattro lo fissava con manifesta ostilità negli occhietti castani <<Non volevo spaventarti>>
Il diavolo appoggiò piano una mano sulla sua spalla, ma tanto bastò perché lei scattasse, in un gesto quasi automatico, scrollandosela di dosso. Odiava il contatto fisico improvviso ed inaspettato, soprattutto in momenti come quelli.
Il primo ragazzino che l'aveva baciata l'aveva scoperto a sue spese; c'erano volute quasi tre settimane perché il suo naso fratturato guarisse del tutto.
Lucifer alzò le mani, come a volerle dimostrare di non avere cattive intenzioni:<<Ehy, tranquilla, okay?>> sussurrò, abbassando ulteriormente la voce <<Va tutto bene, era solo un sogno>>
Ele alzò la testa di scatto: com'era possibile che un personaggio inventato, la versione del personaggio uscita direttamente dalle sue one-shots, sapesse del suo incubo?
Comunque non sprecò troppo tempo a domandarselo: allargò le braccia e gliele passò piano intorno al collo, stringendole intorno al colletto inamidato della camicia bianca indossata dal diavolo.
Lui fu più che pronto per quella mossa, e le passò le braccia intorno alla vita, per quanto la posizione di lei gli desse libertà di manovra.
Presto le lacrime calde della ragazza iniziarono ad inumidirgli la camicia nera, mentre i suoi capelli castani legati in un poncho fatto alla bell'e meglio gli solleticavano il mento.
Poi iniziarono anche i singhiozzi, che spezzarono ad intervalli regolari di dieci-quindici il silenzio della notte.
Non smise di abbracciarla stretta:<<Sappi che il bastardo che ti ha fatto questo finirà presto nel luogo in cui merita di stare: all'Inferno>> le sussurrò all'orecchio, nell'ormai disperato tentativo di calmarla.
Ele annuì piano, con la gola troppo secca e le guance troppo umide per parlare.
Allora il diavolo la guardò dritta negli occhi:<<Respira, avanti>> si sfilò il fazzoletto bianco dal taschino e glielo porse.
Quella farfugliò un ringraziamento, per quanto i singhiozzi le permettessero di parlare, e si soffiò il naso.
Passò poi ad asciugarsi le lacrime e le guance umide, da una parte vergognandosi della figuraccia appena fatta con Lucifer, mentre dall'altra troppo sconvolta per curarsene.
Quattro guardava il diavolo con diffidenza, assolutamente non entusiasta che stesse così vicino alla sua padrona, ma non si lamentò quando lui la prese per mano e la aiutò ad alzarsi da per terra. Si limitò a seguire i due fino al tavolo della cucina, dove l'ex Signore dell'Inferno scostò una sedia perché Ele si mettesse seduta.
<<Ti senti meglio?>> le domandò poi, appoggiando i palmi delle mani sul tavolo.
La ragazza si schiarì la gola, nell'ennesimo tentativo di parlare, ma, quando ci riuscì, non rispose alla domanda che le era stata posta tanto accoratamente.
<<Hai la tua fiaschetta?>> sussurrò.
Il diavolo la guardò per qualche attimo senza dire niente, poi infilò una mano sotto l'orlo della giacca nera e tirò fuori ciò che gli era stato chiesto.
Ele la afferrò, la apri e bevve un lungo sorso del suo contenuto, senza nemmeno disturbarsi a ringraziarlo, e senza fermarsi per riprendere fiato per più tempo di quanto avrebbe dovuto.
Poi fece una brevissima pausa, prima di portarsela di nuovo alle labbra con foga, come se quella fosse il suo boccaglio per l'ossigeno e lei un sub in immersione.
Si fermò definitivamente soltanto quando non ebbe altra scelta, perché ormai la fiaschetta giaceva leggera e svuotata del contenuto, tra le sue mani.
<<Che c'è, Lucifer?>> gli chiese poi, tenendo gli occhi incollati alla venature sulla superficie del tavolo <<Perché sei qui?>>
<<Mi rendo conto che il mio tempismo non dev'essere stato dei migliori...Ecco, cara, volevo solo ricordarti che sono più di dieci giorni che non pubblichi niente di nuovo>>
Ele sollevò piano lo sguardo su di lui:<<Cosa?>> farfugliò, mentre gli occhi verdi tornavano a riempirsi di lacrime.
Il diavolo strinse le labbra, rendendosi conto di quanto ciò che ne era appena uscito suonasse inappropriato, data la situazione che si era trovato di fronte.
<<Mi rendo conto che non è il momento>> aggiunse subito, in un maldestro tentativo di rimediare.
<<Infatti>> la ragazza si passò una mano tra i capelli ingarbugliati, e poi la lingua sul labbro inferiore screpolato.
<<Non è il momento>> ripeté, mentre nuove lacrime si formavano e scivolavano giù per il suo viso <<Senti, lo so come tutti i miei problemi ti sembrano- Dopotutto sei un angelo, perciò e normale che tu li ritenga...insignificanti e stupidi. Ma io, Lucifer, d-d-devi capire che sono solo umana e per me non è per niente facile->>
Ele si zittì e scosse la testa, asciugandosi le guance con rabbia, confusa riguardo il perché stesse parlando di quelle cose. Si stava solo rendendo più ridicola.
Non era tuttavia una bugia, quella che gli aveva raccontato: il periodo che stava passando era più brutto di quanto fosse in grado di esprimere a voce o scrivendo, e la quantità di stress accumulato stava soltanto facendo riemergere questioni irrisolte che ella pensava di aver seppellito ad una profondità sufficiente perché non rivedessero mai la luce del giorno.
<<Per me non è per niente facile soffrire in silenzio, certe volte>> sospirò la ragazza, sospettando al contempo che l'unico motivo per cui stesse parlando tanto fosse la quantità di superalcolico da poco ingerita a stomaco vuoto <<Ma so che non posso parlarne in giro, quindi tiro avanti a far finta di nulla finché...>>
<<Finché?>> chiese Lucifer, invitandola a terminare la frase che aveva iniziato.
<<Faccio finta di nulla finché non diventa troppo persino per me...E allora implodo, tipo una Nana Bianca dopo aver superato il limite di Chandrasekhar>>
Il diavolo sorrise appena, esibendosi in uno dei suoi sorrisetti lievi, appena abbozzati, che significavano sostegno.
<<Magari ora non mi crederai, ma devi sapere che comprendo ciò che stai passando e ciò che intendi dire. A parte la metafora della Nana Bianca, ecco, forse quella non mi è proprio chiara, a voler essere del tutto sincero>>
E, con sua grande sorpresa, Ele udì una breve risatina che sfuggiva dalle proprie labbra. Ecco perché amava tanto quel personaggio: aveva tutto un suo modo speciale di farlo, ma in fondo la faceva sentire meglio.
<<Il punto è che io ci sono, se hai bisogno di parlare>> continuò il diavolo, ritornando serio <<Dico davvero: non devi fare altro che chiedere, ed io farò quello che posso per aiutare>>
La ragazza annuì, traendo un respiro profondo:<<Posso chiederti un favore?>>
<<Certo che sì, cara, i favori sono la mia specialità, lo sai>> disse Lucifer
Quel commento fece di nuovo sorridere Elyly04:<<Resti con me, almeno finché non mi addormento?>> gli domandò dopo qualche istante di esitazione, mordendosi il labbro inferiore.

Sono consapevole che è scritta davvero malissimo, ma non è che avessi niente altro da pubblicare, perciò ecco qua.
Scusate ancora ❤️

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