Ospiti

Lizzy aveva passato tutta la sera seduta intorno al tavolo rettangolare del salotto di casa, ascoltando l'amabile conversazione che i suoi genitori intrattenevano con la loro coppia di ospiti, e fingendo un'attenzione che in realtà non stava affatto prestando.
Dopo i classici convenevoli -"ma quanto tempo è che non ci vedevamo, eh?!" e i "guardate quanto è cresciuta la vostra piccola Elizabeth: l'ultima volta che l'abbiamo vista aveva sì e no dieci anni!"- si erano finalmente seduti a mangiare.
Suo padre aveva cucinato la propria specialità, per quella serata: il tacchino ripieno. Lisa e Robert avevano dimostrato di apprezzare quella pietanza, dilungandosi in patetiche dimostrazioni di ruffianeria, cosa che aveva riempito sua madre e suo padre d'orgoglio. A Elizabeth, invece, quella situazione faceva solamente ridere. Chissà perché i suoi avessero deciso di invitare una coppia di persone che in verità mal sopportavano, condannandosi a una intera serata di sorrisi finti e altrettanto finte chiacchiere amichevoli? Per la prima mezz'ora, Lizzy si era lasciata intrattenere da quella specie di commedia che si svolgeva intorno a lei, notando ogni sguardo di invidia abilmente celato dietro una zuccherosa facciata di apprezzamento.
Tuttavia, a lungo andare, la ragazza mora aveva iniziato a diventare sempre più annoiata e infastidita.
Era sabato sera, avrebbe potuto essere da qualunque altra parte, ma invece i suoi genitori - i quali oltretutto non si impegnavano affatto a fingere di approvare le sue scelte di vita - l'avevano praticamente costretta a tornare nella casa in cui era cresciuta, per sorbirsi quello stillicidio di cena con due "amici" di famiglia.
E, dal suo posto di capotavola, occupava persino una posizione privilegiata - che però non aveva mai desiderato occupare, nemmeno per un attimo - dalla quale vedeva la bruciante ipocrisia di cui ogni altra persona seduta intorno a quel tavolo si riempiva la bocca, tirandola su insieme alle cucchiaiate di tiramisù preparato da sua madre.
<<Oh, sentite questa, sentite questa!>> squittì la signora Lisa, i cui lunghi capelli tinti di biondo platino riflettevano la luce in maniera innaturale <<È incredibile non avervelo detto fino ad ora, davvero non immagino come sia stato possibile che ce ne dimenticassimo: è da qualche giorno che Mary si trova in Francia, in un college nelle vicinanze di Parigi, per sei mesi di formazione all'estero. Ovviamente, come potete immaginare, io e suo padre siamo molto orgogliosi di lei>> e rivolse al marito un'occhiata veloce ma imperiosa, invitandolo, anzi, praticamente imponendogli di aggiungere qualche cosa a ciò che aveva appena finito di dire.
<<È fantastico>> commentò Lizzy, faticando a non alzare gli occhi al cielo <<Davvero una bella esperienza>>
Era tutta la sera che non la smettevano di elogiare i meriti della loro unica, e a quanto pareva anche perfetta figlia, la quale era stata compagna di scuola di Elizabeth e sua grande amica, diversi anni prima.
<<Non ci sono mai stati dubbi, che vostra figlia fosse una ragazza intelligente e volenterosa. L'abbiamo sempre detto, noi, che un giorno avrebbe fatto grandi cose>> commentò suo padre, gettandosi in una iperbolica ed altrettanto ridicola lode di Mary, e lanciando una veloce ma penetrante occhiata di disapprovazione verso sua figlia Elizabeth.
Perché anche tu non puoi essere come la tua vecchia compagna di classe, sembrava volerle silenziosamente domandare, con quel suo solito tono nasale.
Lizzy gemette appena, attenta a non farsi sentire, e buttò giù tutto d'un fiato il vino bianco che le rimaneva nel bicchiere.
<<Ma anche vostra figlia è tanto intelligente, ne sono certo, ed ecco perché mi domando come mai non sia ancora riuscita a sfondare. Assurdo, non credete?>> mimò Robert, il marito di Lisa, tra una cucchiaiata e l'altra di dolce, portate alla bocca e deglutite con una celerità impressionante. Anche i suoi occhi porcini e i suoi capelli arancioni sembravano volerla schernire.
Lizzy sospirò, iniziando seriamente a chiedersi se non si fossero tutti messi segretamente d'accordo per prendersi gioco di lei. I suoi ne sarebbero stati seriamente capaci; forse si sarebbero persino divertiti, nel farla sentire stupida e inadeguata, che era esattamente ciò che avevano fatto senza interruzione finché viveva ancora insieme a loro due.
<<Nessuno mette in dubbio che Elizabeth sia una ragazza intelligente - dopotutto è mia figlia, no? Qualcuno dei miei pregi dovrà pur averlo ereditato - ma c'è da dire che non è stata troppo fortunata, nell'ultimo periodo>>
La ragazza si irrigidì, mentre un'ondata d'ira le risaliva alle guance, e il suo campo visivo pareva riempirsi di macchie rosse. Sua madre era davvero una stronza senza pietà, alle volte. E questa era una di quelle volte.
<<Oh, davvero, cara?>> gemette Lisa, con un'aria dispiaciuta che riusciva nella non facile impresa di essere più finta del suo colore di capelli <<Che è successo?>> e allungò una mano dalle dita sottili ed estremamente curate, per appoggiarla sulla sua.
Il primo impulso di Elizabeth sarebbe stato di ritrarsi da quel contatto, prima di tutto, e poi di alzarsi in piedi, mandare tutti affanculo e andarsene sbattendo la porta più forte che poteva.
Non lo fece.
<<Qualche settimana fa mi hanno licenziata, purtroppo>> rispose, costringendosi a mantenere un tono di voce amichevole <<Ma sono sicura che troverò un altro lavoro, magari persino migliore>>
<<Tranquilla: sono cose che capitano, nel mondo del lavoro. Ti rialzerai in fretta, a patto di avere le giuste competenze>> interloquì Robert, il quale aveva da tempo finito la propria porzione di dessert, e ora lanciava periodiche occhiate di desiderio al tiramisù rimasto nel contenitore.
A Lizzy venne da ridere, sentendolo intento a darle indicazioni su come muoversi nel mondo del lavoro, benché Robert non avesse dovuto lavorare nemmeno un giorno della sua vita, vista e considerata l'eredità che sua madre gli aveva lasciato.
<<Certo, mi rialzerò in fretta>> rispose, sorridendo.
<<Lo speriamo tutti!>> commentò sua madre, tagliente, e Lisa scoppiò a ridere.
La rabbia e l'umiliazione ribollivano nello stomaco di Elizabeth. In realtà, non era tipo da lasciarsi troppo condizionare dal giudizio degli altri, ma c'era da dire che quella così plateale disapprovazione da parte dei suoi non mancava mai di farle male. E ancora più male le faceva il pensiero che non si sforzassero minimamente di nasconderlo in presenza di ospiti. Lizzy era per la verità piuttosto certa che non mancassero di criticarla, quando non era presente.
Quanto avrebbe voluto trovarsi insieme a Luci, il suo Luci, intenta a bere e a scambiarsi confidenze nell'attico sopra il Lux. La qualità della sua compagnia era seconda soltanto a quella dei suoi baci.
Nel frattempo, per fortuna, la conversazione intorno a lei aveva rapidamente virato su qualche argomento frivolo. Nulla a cui dovesse fingere di prestare attenzione. E comunque nessuno degli altri quattro le prestava abbastanza attenzione per rendersi conto della sua disattenzione.
A quel punto, incapace di resistere ulteriormente, si scusò, dicendo di aver bisogno del bagno, e si affrettò a salire le scale per guadagnare il piano superiore dell'edificio.
Lizzy sospirò a fondo, risistemandosi sulle cosce la parte inferiore dell'abito rosso, infastidita. Sua mamma aveva insistito che vestisse in quel modo, nonostante lei odiasse le gonne, perché, se Mary era sempre ben truccata e femminile, lei di certo non poteva dimostrarsi da meno di fronte ai genitori della sua ex amica.
Stronzate, pensò con estrema rabbia.
Odiava tutto, di quella casa maledetta, quella nella quale aveva speso la sua non esattamente felice infanzia.
Non guardò nemmeno la porta del bagno, né tantomeno quella della camera dei suoi genitori, dirigendosi direttamente verso la sua stanza. O almeno era stata, la sua stanza.
Inutile dirlo, mamma e papà avevano velocemente provveduto a farne una specie di sgabuzzino, non appena Lizzy sen'era andata di casa. Diversi scatoloni erano stipati contro una delle quattro pareti lilla, mentre la sua vecchia scrivania fungeva ora da poggia scarpe, e nell'armadio, dalle ante semiaperte, poteva intravedere diverse confezioni di scottex e carta igienica.
Il lettino di quando era una ragazzina era l'unico mobile ancora sorprendentemente libero, anche se Elizabeth era piuttosto certa, nonostante la semi oscurità della stanza, che il copriletto fosse pieno di polvere accumulatasi in anni e anni.
La mora abbassò i piccoli occhi blu su di esso, sospirando a fondo. Quella vista, quella desolazione...Scatenavano in lei una grande tristezza alla quale non avrebbe saputo dare un nome, ma che calava un grave peso sul suo cuore, schiacciandola, stritolandola, togliendole il fiato e stuzzicandole gli occhi fino a renderli lucidi. I suoi genitori erano degli stronzi e non la amavano, ormai lo sapeva bene, ma erano pur sempre i suoi genitori e il fatto che non la amassero non poteva lasciarla indifferente come avrebbe voluto.
Un rumore.
Un rumore soffocato alla sua destra, proveniente dalla parete che ospitava la finestra della stanza.
Un rumore e poi una sensazione incredibilmente netta, e cioè quella di non essere più sola nella stanza.
Elizabeth percepì una corrente d'aria più fresca proveniente da quella direzione, e capì, anche senza guardare, che la finestra era stata aperta, e che qualcuno doveva essere entrato.
Lizzy deglutì a fondo, tentando con tutte le proprie forze di mantenere la calma, di non lasciare che il folle incespicare del proprio cuore le facesse perdere la lucidità.
Una mano dell'intruso - chiunque egli od ella fosse - si strinse attorno al suo braccio destro, facendola girare verso di lui.
Elizabeth era pronta, in un certo senso, e non esitò. Non poteva permettersi, di esitare. Era uno di quei momenti da "o la va o la spacca".
Si divincolò dalla presa dell'intruso, per avere entrambe le mani libere ed afferrare il tessuto della sua camicia, poi reclinò la testa all'indietro, per prendere lo slancio.
Contrasse gli addominali e diede una testata allo sconosciuto con tutta la forza che poté, andando ad sbattere la fronte contro il suo naso.
L'impatto le fece male, ma neanche lontanamente quanto ne aveva fatto all'intruso, che si ritrasse, piegandosi in due per il dolore e portandosi le mani al volto.
<<Santo mio Padre!>>
Lizzy rimase per qualche secondo a bocca aperta, immobile, per dare al suo povero cuore il tempo di ritornare a battere a un ritmo non da infarto.
<<Luci, cazzo, mi dispiace, mi dispiace da morire!>> esclamò, rendendosi conto che quello a cui aveva dato una testata fosse il suo amato diavolo, ed avvicinandosi a lui per controllare come stesse.
Tirò fuori il cellulare dalla sua pochette ed accese la torcia, per poi appoggiarlo sul letto, in modo che facesse loro luce.
<<Ti senti bene?>> domandò al suo fidanzato, notando la sua espressione sofferente. Gli accarezzò piano le guance, coperte da appena un accenno di barba corvina, cercando di stabilire quanto fosse grave l'entità del danno che gli aveva provocato.
Il diavolo le sorrise, annuendo:<<Sei fortunata che io sia il diavolo, altrimenti mi avresti rotto il naso>>  le sussurrò, stringendole le braccia intorno alla vita ed attirandola contro il suo petto <<E questo vestito ti sta benissimo>> aggiunse, piegandosi appena sulle ginocchia per baciarle la pelle pallida del collo.
<<Sono mortificata di averti quasi rotto il naso, ma a mia discolpa posso dire che tu sei entrato in casa dei miei dalla finestra, senza avvertirmi di nulla, e che mi hai spaventata morte...>> rispose lei, mentre i baci del diavolo la facevano tremare fin nel profondo.
Sentì il sorriso di Lucifer contro la pelle vicino alla clavicola:<<Puoi colpirmi ogni volta che lo desideri>> mormorò, appena prima di continuare con i suoi baci, premendosela contro la giacca blu notte che indossava.
Le mani del diavolo guadagnarono ben presto la zip della cerniera del vestito rosso della sua ragazza, impazienti.
Lizzy si riprese soltanto in quel momento dalla specie di trance nella quale era caduta, e si ritrasse:<<Ma che stai- Aspetta, aspetta un secondo->> ansimò, a corto di fiato <<Non possiamo. Ci sono i miei, di sotto, e già non possono soffrirmi, perciò immagina se dovessero scoprirci mentre- No, non posso pensare ad una simile eventualità>> concluse.
Il diavolo si fermò, alzando la testa per guardare Lizzy nei suoi bellissimi occhi blu:<<Prometto che faremo tutto nel più completo silenzio...>> le sussurrò sottovoce, sensualmente, per poi piegarsi a baciarle una delle spalle nude, mentre le sue mani tornavano alla zip del vestito.
Quella non era stata una giornata semplice, per il diavolo, ed aveva davvero bisogno di lei, in quel momento. Da quando si era innamorato, da quando aveva cioè iniziato a fare veramente l'amore con qualcuno, e non soltanto sesso, aveva iniziato a considerarlo quasi come un rituale sacro. Non l'avrebbe mai ammesso, ma era così.
<<No, Luci, non adesso, per favore>> mormorò Elizabeth. Non che non volesse andare a letto con lui, solo che quello non era il luogo per farlo, né il momento, e di certo lei non era troppo dell'umore.
Il diavolo lasciò perdere, capendo che la ragazza non aveva alcuna intenzione di cedere, e non volendo insistere ulteriormente.
<<A parte gli scherzi, tesoro, è tutto a posto?>> le chiese, accarezzandole i mossi capelli a caschetto, con affetto. Sapeva bene come stesse il suo rapporto con i genitori, ed ecco il motivo percui aveva insistito nel venire con lei, quella sera. Lizzy aveva però rifiutato, per una serie di motivi, ed ecco il motivo percui Lucifer era lì, quella sera.
La mora sospirò, indecisa se essere sincera o meno, ma ben sapendo che Lucifer l'avrebbe capito subito, se gli avesse mentito.
<<No, non è tutto a posto>> rispose, mentre il suo sguardo spaziava nella penombra nella quale era avvolta la sua vecchia stanza <<Questa serata è stata un inferno, persino più di quanto mi aspettassi...Sono più volte stata a tanto così dal fare una strage!>>
<<Io te l'avevo detto, tesoro: le cene di famiglia non portano mai a nulla di buono>> commentò il diavolo, che nel frattempo si era accomodato sul letto, completamente a suo agio, con le braccia incrociate dietro la testa.
Lizzy sospirò:<<Già, soprattutto se i tuoi genitori trovano divertente metterti in imbarazzo>> e mentre diceva queste parole non sapeva se era più infuriata, irritata o affranta <<E ricordarti di quanto siano delusi da te, dal tuo comportamento, dalle tue scelte di vita...>>
Il volto di Lucifer si contrasse in una maschera d'apprensione, ed una leggera ruga d'espressione gli si formò nella parte bassa della fronte, tra le sopracciglia nere:<<Mi dispiace molto, Liz>> sussurrò. E non si poteva dire che non comprendesse come lei dovesse sentirsi in quel momento, visti i trascorsi a dir poco burascosi con suo Padre.
La ragazza alzò le spalle, sedendosi su un bordo del materasso:<<È sempre stato così>> osservò con amarezza <<Per mamma e papà non sono mai stata abbastanza intelligente, abbastanza carina, abbastanza elegante o ben vestita>>
Sospirò a fondo, ancora:<<Dovrei esserci abituata, a questo punto>> ma non era, quella, qualcosa a cui fosse possibile abituarsi.
Per il diavolo era tutt'altro che facile osservarla mentre si crogiolava nel proprio dolore, e non solo perché teneva a lei più di quanto tenesse a chiunque altro, ma anche e soprattutto perché conosceva il tipo di sofferenza che ella provava.
Lui stesso ne era stato soggiogato per lunghi, infiniti anni. E sapeva anche - meglio di chiunque altro, forse - a quali e a quanto gravi conseguenze avrebbe finito per portarla.
Lucifer non avrebbe permesso che quel dolore scavasse un vuoto nel cuore di Lizzy proprio come era accaduto a lui, non avrebbe permesso che la portasse alla lenta autodistruzione che il diavolo stesso aveva sperimentato.
Fece leva con un gomito sul materasso, il quale si lamentò emettendo un acuto cigolio, e si issò a sedere.
<<Smettila di pensarci>> le disse, passandole un braccio intorno alla vita e lasciandole un lieve bacio sulla guancia.
<<Se solo fosse così facile...>> mormorò lei, girando la testa più a destra, in modo che Lucifer potesse baciarla sulle labbra.
<<Io conosco un modo>> affermò Lucifer contro le sue labbra, mentre il suo respiro caldo le inondava il volto.
<<Smettila, pervertito!>> scherzò Lizzy, allontanandosi da lui e, appoggiandogli entrambe le mani sul petto, lo spinse all'indietro, facendolo distendere di nuovo. Lui le sorrise.
Il volto della ragazza, dai tratti morbidi e dolci, si aprì a sua volta in un sorriso ampio e smagliante, che mise in risalto i suoi piccoli denti. Gli occhietti blu presero a risplenderle con tale intensità che il diavolo si stupì che non costituissero una fonte d'illuminazione.
La ragazza si distese sul materasso del suo vecchio letto, che scricchiolò e gemette sotto il suo peso, accanto a Lucifer.
Lui non perse tempo, affrettandosi a stringerla tra le braccia, per assicurarsi che fosse comoda.
<<Tu sei un dono del cielo, amore mio>> disse, accarezzandole la schiena con lenti movimenti circolari <<Peggio per i tuoi genitori, se sono così stupidi da non riuscire ad apprezzare tanta grazia>>
<<Un dono del cielo?>> Lizzy alzò un sopracciglio. Quel modo di dire, in bocca al diavolo, assumeva un signficato ancora più profondo, eppure in qualche modo ironico.
Lucifer rise:<<Forse la scelta delle parole non è stata ottimale, ma sì, questo è ciò che intendevo dire>>
<<Per fortuna ho te>> mormorò lei in tutta risposta, allungandosi per baciarlo ancora.
E poi rimasero così, immobili, l'uno fra le braccia dell'altro, per parecchio tempo.
Nell'anticamera della mente di Elizabeth passò distrattamente il pensiero che forse i suoi sarebbero venuti a reclamarla, ma arrivò alla conclusione che non le importasse.
La vicinanza di Lucifer la tranquillizzava come poche altre cose al mondo, ed in quel momento era proprio di tranquillità ed affetto, che aveva bisogno.
Tutto il resto avrebbe aspettato. Anche in eterno, se necessario.

P.s.= Ebbene sì, sono tornata alla vita, come potete vedere.

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