Non avere paura
DISCLAIMER: Vi prego di non leggere se avete avuto esperienze traumatiche riguardanti i terremoti, o anche solo se questo argomento vi disturba. Dico davvero.
Non vorrei che qualcuno passasse dei brutti momenti a causa mia.
Per Emilia era sempre la stessa storia, quando si addormentava. Quando, riusciva ad addormentarsi, perché troppo spesso passava notti intere con gli occhi spalancati, imbottendosi di caffeina per paura di non riusxire a rimanere sveglia.
Era nel suo letto, stava dormendo, quando, ventun'anni prima, era successo.
Perciò certe volte era troppo terrorizzata anche solo per considerare l'ipotesi di mettersi distesa, mentre i ricordi ed i flashbacks di quella terribile notte le ronzavano nella mente, facendola tremare come una foglia.
Si era illusa che, trasferendosi negli Stati Uniti e lasciando il Messico, la situazione sarebbe migliorata. Così non era stato.
In quella fredda notte di ottobre era riuscita a chiudere gli occhi, anche grazie alle tre tazze di camomilla che aveva ingurgitato l'una di seguito all'altra.
Eppure, come ella stessa avrebbe dovuto immaginare, questo non le impedì di avere i soliti, orrendi incubi.
Tutto iniziava con quella sensazione di oppressione al petto, di essere impossibilitata a respirare. Si sentiva i polmoni chiusi, saturati dalla cenere che si era alzata intorno a lei, dopo il crollo di casa sua.
Iniziava a tossire forte, boccheggiando, ma le cose non miglioravano affatto, ed anzi, questo non contribuiva che a farla sentire più debole.
Era allora che scoppiava a piangere per il dolore a tutto il corpo, ormai convinta che sarebbe morta lì, da sola, sepolta sotto le macerie.
Benché fosse ormai una donna adulta, era esplosa in un lungo pianto, nell'oscurità quasi totale nella quale si era ritrovata intrappolata.
Aveva tentato per tanto tempo di sollevare la pesante parete di calcestruzzo che, a circa venti centimetri sopra il suo petto, le bloccava la via verso la libertà.
In un secondo momento la ragazza si sarebbe resa conto che era stato proprio quel muro a salvarle la vita, facendole da scudo contro il crollo del piano superiore della villa dove abitava.
Emilia però questo non lo sapeva allora, in quella terribile nottata, e nemmeno nei suoi sogni ne era consapevole. L'unica sensazione che avvertisse era il rumore del suo cuore che batteva all'impazzata, e le sue vie respiratorie che, per quanto ci provasse, non riusciva a liberare dalla cenere.
Poi la terra tremò di nuovo, facendo sobbalzare anche il suo corpo, steso su quello che Emilia immaginava essere cio che una volta era il pavimento della sua camera da letto.
Quella scossa non era forte come la prima, ma era comunque abbastanza violenta da terrorizzarla, obbligandola a stringere forte gli occhi e a coprirsi le orecchie con le mani, per quanto le fosse possibile muoversi.
Presto la terra tornò tranquilla, ed il silenzio assoluto la spaventò più del rombo del terremoto.
Emilia provò disperatamente ad arrivare con una mano a toccarsi il polpaccio destro, in corrispondenza del quale avvertiva un dolore atroce ed una sensazione di pulsazioni, come se fosse ferita.
Non ci riuscì, e così dovette desistere, troppo stanca, troppo impaurita, troppo disidratata e preoccupata per i suoi genitori e per sé stessa.
Più il tempo passava, più era probabile che sarebbe morta lì sotto.
Emilia era certa che sarebbe morta lì sotto, e che sua mamma e suo papà sarebbero stati costretti a riconoscere il suo cadavere mezzo sfigurato.
<<Emilia! Santo cielo, Emilia, apri questa maledetta porta!>>
Una voce fece svegliare la ragazza di colpo, ed ebbe per un attimo paura di aver visto tremare il bicchiere d'acqua appoggiato sul suo comodino.
<<Santo mio Padre, aprimi!>> la voce di Lucifer la riscosse, tanto che si affrettò verso l'entrata del suo appartamento.
Lui indossava un paio di pantaloni neri e una semplice camicia dello stesso colore, e portava i capelli corvini spettinati ad arte.
Lei, al contrario, aveva i capelli scuri arruffati, indossava un paio di caldi pantaloni grigi con una maglia di lana rovinata, ed aveva il volto rigato di lacrime delle quali non si era nemmeno accorta.
Emilia fu sorpresa di vedere sul volto del suo ragazzo un espressione sconvolta, e fu ancora più sorpresa quando, appena gli ebbe aperto, la prese e la strinse forte tra le braccia.
Lucifer era sempre molto dolce e premuroso con lei, e si prodigava per farla felice in ogni maniera possibile, ma Emilia non l'aveva mai visto così preoccupato.
Il diavolo la abbracciò forte, passandole una mano tra gli ondulati capelli castani, e con l'altra le accarezzava la schiena.
<<Cara?>> sussurrò lui, mentre la ragazza nascondeva il volto tra le pieghe della sua camicia, singhiozzando forte.
Lui rimase fermò lì, continuando a stringersela al petto con concitazione.
<<Stai tranquilla>> le mise due ciocche morbide di capelli dietro le orecchie <<Fai respiri profondi>>
Lucifer era andato a casa della sua fidanzata con l'intenzione di farle una sorpresa e passare la serata insieme, ed invece aveva preso uno degli spaventi peggiori di tutta la sua esistenza. Non era un bella esperienza arrivare davanti a casa della persona di cui eri innamorato e sentirla urlare. Era stato a tanto così dallo spaccare la serratura.
<<M-mi dispiace così tanto...>> mormorò Emilia, senza staccarsi da lui, e senza smettere di tremare.
<<Non è niente, tesoro>> la rassicurò lui, e, con estrema dolcezza, la portò a sedersi sul divano.
Lei lo lasciò fare, ancora troppo scossa per opporsi, ed avendo bisogno di sentirselo vicino.
Non gli aveva spiegato esattamente tutto quello che era successo quando il terremoto si era abbattuto sulla piccola cittadina messicana nella quale viveva, limitandosi ad informarlo solo parzialmente di ciò che le era accaduto, tralasciando i particolari che la facevano stare peggio.
Poteva sentire ancora chiaramente il letto che scuoteva sotto di lei, facendola svegliare di soprassalto, appena prima del crollo.
Ricordava ancora chiaramente del lasso infinito di tempo nel quale era rimasta intrappolata sotto le macerie. C'erano volute quasi dieci, lunghissime ore perché i soccorritori la trovassero, tirandola fuori da lì sotto e caricandola su un'ambulanza.
Lucifer continuò ad asciugare ancora per un bel pò le lacrime che sfuggivano dai suoi grandi occhi neri, senza smettere di stringerla a sé.
<<Va tutto bene, tesoro. È tutto finito, okay? Non avere paura>> le disse, parlando piano.
Il respiro della ragazza si era stabilizzato, permettendole di trarre finalmente una boccata d'aria decente:<<Scusa>> ripetè, quando ci riuscì.
Il diavolo scosse la testa, mentre lei si premeva ancora di più contro di lui, per assicurarsi di non essere sola:<<Non c'è bisogno che ti scusi>>
Emilia alzò la testa per guardarlo negli occhi, e singhiozzò sommessamente subito dopo:<<Grazie>> sussurrò, per poi tornare ad appoggiarsi al suo petto. La presenza di Lucifer aveva un enorme effetto calmante su di lei, soprattutto quando i ricordi peggiori del suo passato la spaventavano.
Era fortunata che la sua amica Ella Lopez, ormai quasi un anno prima, glielo avesse presentato. Era fortunata ad averlo nella sua vita. Molto fortunata.
<<Ti amo>> si sforzò di sorridergli.
<<Ti amo anch'io, cara>> rispose il diavolo, baciandole la fronte, il naso ed infine le labbra <<Non immagini nemmeno quanto>>
Seguì un periodo di silenzio, intervallato solo dal fruscio che producevano le carezze di Lucifer sulla stoffa della maglietta della ragazza, e dal rumore regolare dei battiti del cuore del diavolo.
Emilia sarebbe rimasta così per sempre, senza alcun dubbio.
<<Ne vuoi parlare?>> le domandò Lucifer, quando la vide più tranquilla.
La ragazza annuì, senza però staccare una guancia dalla sua liscia camicia nera.
Si sistemò i capelli, respirando a fondo per diverse volte, prima di riuscire finalmente ad aprire bocca:<<Credevo davvero che non cel'avrei fatta>>
Iniziò col dire la cosa più importante di tutte, la sensazione più forte che aveva provato quel maledetto giorno, quella che le era rimasta appiccicata addosso per più tempo.
Lucifer si sentì stringere il cuore, ma non la interruppe.
<<E non riuscivo...a respirare, lì sotto>> i suoi occhi scuri, ormai quasi asciutti, si bagnarono nuovamente di lacrime che il diavolo asciugò prontamente.
<<Dopo la prima ne sono venute delle altre, d-di scosse...E io ero intrappolata in quella specie di p-prigione di pietra...con la bocca e gli occhi pieni di polvere...>> Emilia si coprì il volto con le mani, singhiozzando senza posa, e poi gettò le braccia al collo di Lucifer.
Parlarne era impossibile, perché le parole le riportavano alla mente gli esatti ricordi che stava raccontando, ed il suo corpo iniziava subito a tremare, e le sue mani a sudare, e le mancava il fiato, sebbene in realtà non ci fosse nessun pericolo imminente.
<<Facciamo così: domani ti presento una persona, va bene?>> il diavolo manteneva un tono di voce basso e rassicurante.
<<Una persona?>>
<<Si chiama Linda Martin, ed è forse una dei migliori psicologi di tutta la città. Nonché mia cognata. Penso che potrebbe darti una mano, sai?>>
Emilia gli sorrise, accarezzandogli piano il collo, grata del suo supporto e del suo interessamento.
<<Grazie di nuovo>>
Lui le lisciò i capelli:<<Stai bene?>>
E lei annuì, perché se avesse detto che no, non stava bene, Lucifer avrebbe voluto ulteriori spiegazioni. E lei non era ancora pronta a dargliene.
Il diavolo sapeva riconoscere una bugia, quando la vedeva, ma si guardò bene dal dire qualunque cosa che potesse stressare la ragazza che gli sedeva accanto.
<<Resti con me?>> gli chiese, speranzosa. Se c'era qualcuno, nel letto insieme a lei, si sentiva un pochino meglio. La sera del terremoto era da sola, nella sua stanza. Ed era stata da sola, abbandonata a sé stessa, anche per tutte e dieci le ore che aveva passato intrappolata sotto i resti della sua casa crollata. Perciò era ovvio, in un certo senso, che la vicinanza di una persona a cui teneva la facesse sentire più al sicuro.
<<Sai che non devi nemmeno chiederlo>> Lucifer le circondò il volto con le mani e la baciò con delicatezza sulle labbra morbide, in completa adorazione.
Emilia si concentrò con tutte le sue forze sul presente, sulla bocca del suo fidanzato contro la sua, e per un lungo attimo si sentì in pace con sé stessa:<<Senti...ti va di...di venire a dormire con me, anche qualcuna delle prossime sere?>>
Il diavolo la attirò di nuovo a sé per un altro bacio:<<Sì, suppongo che sia la soluzione migliore. Per te e anche per me>>
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