Con la mente leggermente annebbiata dai diversi shots di tequila che aveva bevuto in rapida successione, e dal bellissimo uomo a cui aveva appena finito di sbottonare la giacca nera, Emma non si ricordava troppo bene come fosse finita in quella situazione.
Tutto ciò che sapeva con certezza era che non avrebbe voluto trovarsi da nessun'altra parte, non in quel momento.
Le labbra di Lucifer Morningstar sulle sue erano forse la sensazione migliore che avesse mai sperimentato, superata solo dal tocco delle sue mani calde, che faceva da ironico contrasto alla fredda parete dell'ascensore contro la quale era appoggiata.
Appena la lingua di lui si separò dalla sua, Emma ebbe la prontezza di iniziare ad aprire il primo bottone della sua camicia bianca, mossa che fece ridacchiare il diavolo.
<<Abbiamo fretta?>> le sussurrò all'orecchio, scostandole piano un ciuffo di capelli rossi e facendole venire i brividi.
Lei annuì, rialzandosi sulle punte dei piedi ed infilandogli le mani nei capelli per annullare le distanze tra loro due.
Il bacio fu interrotto solo dal 'ping' prodotto dalle porte dell'ascensore che si aprivano su un largo ambiente. La forte musica del piano di sotto, i festeggiamenti scatenati e i fiumi di alcolici di tutti i tipi erano un lontano ricordo.
Sebbene quel gigantesco soggiorno avesse una buona parte di una delle pareti occupata da un'enorme vetrina nella quale stavano disposte in bell'ordine almeno un centinaio di bottiglie, quel luogo era arredato con estremo gusto, e non c'era un singolo soprammobile che fosse dove non sarebbe dovuto essere.
Emma notò un pianoforte nero al centro della stanza, non troppo lontano da un divanetto in pelle che doveva da solo costare più del bel completo che indossava il suo "accompagnatore".
La cosa che però la impressionò di più fu il grande balcone che di certo offriva una vista mozzafiato sulla Los Angeles notturna.
Emma rivolse una semplice occhiata superficiale all'abitazione di Lucifer, impegnata com'era nel tentativo di aprire l'ultimo bottone della sua camicia.
Dopo diversi tentativi andati male, alla fine ce la fece, e la fece scivolare giù dalle spalle dell'uomo, che se la levò di dosso con un'ultima scollata di spalle, lasciandola per terra dov'era caduta.
Così facendo scoprì il fisico perfetto di quell'uomo, ed il solo pensiero di ciò che stavano per fare bastò a seccarle la bocca.
Emma si liberò delle scarpe rosse dai dolorosissimi tacchi alti, e si sentì molto meglio.
<<Lucifer, giusto?>> voleva almeno essere sicura che si chiamasse così, prima di andarci a letto.
Il diavolo annuì, facendosi avanti e riprendendola tra le braccia, guardandola con un'espressione che fece desiderare alla rossa di non avere alcun vestito addosso.
<<Esattamente, cara>>
L'accento britannico di quell'uomo era senza dubbio uno dei suoni più sexy che avesse mai udito in tutta la sua vita.
Perciò poco importava che si fossero conosciuti letteralmente due ore prima.
Quando la ventisettenne riaprì gli occhi per la prima volta si ritrovò in una stanza che non conosceva, avvolta in un tripudio di lenzuola rosse e una coperta a righe bianche e nere.
Le ci volle molto poco per capire che cosa diavolo fosse capitato, e soprattutto perché si trovasse in quell'enorme e comodissimo letto che però non era il suo.
Si stiracchiò a fondo, girandosi su un fianco ed arrotolandosi ancora di più nelle coperte, soddisfatta, senza sentire il benché minimo bisogno di alzarsi per andare da nessuna parte.
Il fatto che Lucifer non fosse più accanto a lei le fece capire chiaramente che la festa era finita.
Passarono ancora diversi minuti prima che Emma si decidesse ad alzarsi, per poi recuperare mutande e reggiseno ed indossarli.
Il suo vestito rosso della sera prima era rimasto sul divano color nocciola del soggiorno, così come le sue scarpe col tacco, abbandonate alla rinfusa sul pavimento.
Infilò anche quelli, per poi provare a dare un senso all'intricata massa dei suoi capelli, rimpiangendo di non avere una spazzola con sé.
Diede un ultimo sguardo a quel fantastico attico di centro città, consapevole che probabilmente non vi sarebbe mai più entrata.
Non le sembrava il caso di lasciare un biglietto scritto per Lucifer, né qualunque altra cosa, dubitando vivamente che gli importasse qualcosa.
Si diede un'ultima sistemata ai capelli e poi si avviò verso l'ascensore/porta per andare a prendere Caroline, la sua amata auto, e tornare a casa propria.
Stava per spingere il pulsante per chiamarlo, ma proprio in quel momento, con tempismo perfetto, le porte si spalancarono, rivelando un sorridente e perfetto Lucifer.
Emma fu piuttosto sorpresa di vederlo, rendendosi anche conto di quanto le sembrasse strano che avesse i vestiti addosso, dopo la notte precedente.
<<Non mi dirai che te ne stavi andando senza salutare, ma che comportamento scortese!>> scherzò il diavolo, rivolgendole un gran sorriso.
Lei rise a mezza voce, alzando lievemente le sopracciglia:<<E dimmi: come vorresti salutarmi? Scommetto che non ti ricordi neanche il mio nome>>
<<Mi ricordo perfettamente il tuo nome>>
<<E cioè?>>
<<Emma>>
Lei battè le mani, complimentandosi:<<Cavolo, davvero non pensavo che te lo ricordassi. E comunque anch'io mi ricordo come ti chiami, anche perché sarebbe difficile scordare il nome del diavolo>>
Lucifer si immaginò che faccia avrebbe fatto quella adorabile ragazza se avesse scoperto che lui era il diavolo.
<<E anche perché sarebbe difficile che tu te lo sia scordato, dopo tutte le volte che l'hai urlato>> la stuzzicò amichevolmente, mentre si dirigeva al bancone per farsi un drink.
<<Giusto>> forse Emma si sarebbe dovuta sentire indispettita da quella affermazione, ma tutto ciò che provava era un vago divertimento <<Allora arrivederci, Lucifer>> lo salutò.
<<Arrivederci>> replicò lui, mentre la rossa entrava in ascensore <<Ricorda che qui sei sempre la benvenuta, cara, ogni volta che lo desideri>>
Lei pensò che, in effetti, non le sarebbe dispiaciuto tornare, prima o poi. Magari più prima che poi.
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