Il mostro (o le cose che si fanno per amore)
Senso di colpa: in psicologia la coscienza che un individuo ha della propria colpevolezza o responsabilità di un male commesso, o che crede, anche ingiustificatamente, di aver causato, e che talvolta si manifesta con un patologico bisogno di punizione.
Aveva ucciso - anzi no, aveva cancellato ogni traccia dell'esistenza - di suo fratello, quando l'aveva pugnalato.
Continuava a ripetersi che non aveva avuto scelta, che aveva dovuto, perché altrimenti la Detective sarebbe morta, ma la verità era che questo non cambiava ciò che aveva fatto.
Aveva ucciso qualcuno, aveva ucciso suo fratello, ed il fatto che l'avesse fatto a fin di bene, per salvare un'altra vita, di certo non bastava a farlo sentire meglio con se stesso.
Perciò eccolo qui a fare ciò che gli veniva meglio: evitare di affrontare i propri problemi; anche le modalità con le quali lo stava facendo - sesso ed alcol - non gli erano affatto nuove.
Gli permettevano di tenere le mani e la mente occupate, gli impedivano di concentrarsi su ciò che aveva fatto, ma soprattutto su cosa ciò che aveva fatto dicesse su di lui.
La Dottoressa era venuta a cercare di farlo ragionare, a cercare di convincerlo a parlare con lei dei suoi problemi, ma a cosa sarebbe servito? Lei non avrebbe capito, avrebbe pensato che le sue fossero tutte metafore...
L'aveva mandata via in malomodo, comunicandole che poteva sentirsi libera di chiuderla, la porta del suo studio che aveva assicurato essere sempre aperta per lui.
Ed aveva continuato a bere.
Nemmeno nelle successive giornate si era dato una calmata - e d'altronde non era il suo forte, giusto? - facendo letterlamente impazzire la detective Decker, col suo comportamento "terribilmente inappropriato".
Alla fine, egli era riuscito ad impedire che il loro serial killer sparasse all'ultima delle sue vittime designate.
Si era letteralmente messo in mezzo tra lei ed il cecchino/serial killer, sfidandolo a sparargli, ed una parte di lui sperava lo facesse davvero: gli assassini vanno puniti, dopotutto.
Il piccolo teatrino del Diavolo aveva dato così il tempo alla Detective di rintracciare il cecchino e di ammanettarlo per portarlo alla centrale.
Ma a Lucifer Morningstar non importava di restare per l'interrogatorio nel quale egli avrebbe confessato gli omicidi: voleva solo andare via, e voleva farlo il prima possibile.
<<Ehi, aspetta! Lucifer!>> gli gridò dietro una voce familiare <<Come ci hai trovati?>> la Detective gli appoggiò una mano sul braccio, senza stringere, solo per fargli capire che voleva si fermasse.
<<Ho chiamato il capo in centrale, mi ha dato i dettagli del caso>>.
<<Quello che hai fatto è stato molto pericoloso e stupido>> iniziò la bionda, e Lucifer emise un sospiro sonoro <<Ma hai salvato la vita a quella donna>>.
<<Cosa vuoi che mi importi della sua vita?>>
La Detective strinse gli occhi verdi, i capelli legati in una impeccabile coda di cavallo:<<Allora cercavi di farti ammazzare?>>
L'altro deglutì a fondo, fissandola e stringendo le labbra tra loro, tuttavia rimase in silenzio.
<<No, non ci credo>> continuò Chloe, scuotendo la testa <<Ogni volta che dici che non ti importa, o che sei malvagio, o che sei il Diavolo, io lo so che non sei davvero così>>.
Lucifer si irrigidì, ritraendosi dal suo tocco:<<Tu non sai un bel niente di chi sono, Detective, né di cosa ho fatto!>>.
<<Cosa? Dimmi, che cosa avresti fatto?!>> fu lei ad alzare la voce, questa volta << Siamo partners, no? Tel'ho già detto, puoi parlare con me, se hai un problema>> ma non aveva ancora finito che lesse nei suoi occhi castani la risposta, e cioè che non l'avrebbe fatto.
Il Diavolo scosse la testa:<<Ma tu non puoi capire>> fece un altro passo indietro <<Non potrai mai farlo...>>
Si voltò ed uscì dalle porte scorrevoli della farmacia, diretto prima alla sua automobile nera e poi al Lux, dove avrebbe ricominciato a tenersi occupato.
<<Lucifer, ti prego, aspetta!>>.
Era chiaro che lei non si sarebbe data per vinta, conoscendolo come lo conosceva - e cioè meglio di chiunque altro.
<<Lucifer!>> gridò ancora, mentre i passi che lui udiva dietro di se si trasformavano in corsa.
Voleva, confidarsi con lei; suo Padre solo sapeva quanto, ma come poteva? Lei era una Detective della omicidi, lei arrestava i killer, e pareva proprio che il Diavolo non fosse migliore di qualunque di loro.
<<Che c'è, Detective?!>> si fermò di colpo, voltandosi indietro ed aspettando che la sua partner lo raggiungesse. Soltanto guardandola avvicinarsi, egli notò che, nonostante la giornata soleggiata, si stava mettendo a piovere.
<<Perché l'hai fatto?>> Chloe gli appoggiò entrambe le mani sulle spalle, il petto vicinissimo al suo ed il suo guardo acuto puntato su di lui, come se potesse leggergli fin dentro l'anima <<Tu vuoi essere punito per qualcosa, ecco perché ti comporti così, vero? Per qualcosa che hai fatto>>.
Il Diavolo sorrise con amarezza, distogliendo lo sguardo ad osservare le goccioline di pioggia che cadevano tutte intorno, e sopra di loro, inumidendo i vestiti che indossavano.
Intuizione azzeccata, come sempre.
<<Parlami, Lucifer, ti prego: dimmi che sta succedendo>> l'unica cosa che lo convinse a tornare a guardare Chloe in faccia fu l'angoscia che avvertiva nelle sue parole <<Sono qui per te, okay? I-io voglio solo capire>>.
Lui rimase zitto per diversi secondi, concentrandosi sul diluvio che gli inzuppava la giacca nera.
Voleva confidarsi con lei, ma come poteva?
Ho ammazzato uno dei miei fratelli, l'altro giorno, sai? Minacciava di ucciderti, e l'avrebbe fatto, se io non l'avessi pugnalato.
<<Lucifer?>> la Detective chiamò il suo nome, forse per l'ennesima volta, ma non ottenne risposta.
Il Diavolo era appena giunto ad una rivelazione catartica: certo sapeva di aver ucciso Uriel per salvare lei, e tuttavia non si era fermato a considare cosa questo signficasse davvero.
Era come aveva detto Uriel poco prima di morire- poco prima che lui lo uccidesse: era vero che teneva alla Detective più di quanto tenesse alla mamma; teneva alla Detective più di quanto tenesse a chiunque altro, forse persino più di quanto tenesse a se stesso.
<<Io ho- ho fatto una cosa molto brutta>> mormorò, le labbra umide di pioggia <<L'ho fatto per...proteggere qualcuno a cui tengo davvero tanto, eppure non riesco a non- a non sentirmi un mostro>>.
Era stato più onesto che potesse, considerando ciò che la donna che gli stava di fronte, completamente fradicia, non sapeva di lui.
Chloe sorrise appena, gli occhioni verdi umidi di lacrime e di pioggia, e gli gettò le braccia al collo, stringendolo forte contro il suo petto ed appoggiandogli la testa contro la spalla.
D'apprima Lucifer sobbalzò appena, ma poi si lasciò andare ad un lieve sorriso, ricambiando l'abbraccio.
<<Andrà tutto bene>> gli disse Chloe, abbastanza forte da sovrastare il rumore della pioggia ed accarezzandogli la schiena con entrambe le mani <<Te lo prometto, supereremo questa cosa>>.
Un singhiozzò sfuggì dalle labbra del Diavolo, e poi un altro, ed un altro ancora, finché, ancora prima di rendersene conto, stava piangendo tra le braccia della Detective.
Per quanto riguardava lei, invece, quel che era certo era che non l'avrebbe lasciato da solo a combattere quella battaglia.
Loro erano una squadra, no?
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Sebbene io adori l'episodio 2×06, devo dire che non mi è mai andato giù il modo in cui Chloe si arrende, senza riuscire a cavar fuori dalla bocca di Lucifer nemmeno una parola riguardo a quello che lo fa stare male.
Insomma, la Detective non l'ha mai visto così disperato da quando lo conosce, e letterlamente pochi minuti prima ha cercato di farsi uccidere da un cecchino/serial killer proprio di fronte a lei.
Se una persona a cui tengo molto si comportasse in questa maniera, un po' il sospetto che possa compiere un gesto estremo mi verrebbe, e di certo non la lascerei sola.
Comunque - qui lo dico e qui lo nego - Lucifer in versione orsacchiotto coccoloso è la versione migliore del Diavolo.
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