Gli schemi

Alcuni lo chiamavano fato, e sostenevano che esso fosse, di fatto, già predefinito ed immutabile; altri preferivano parlare di destino, implicando che esso fosse determinato solo ed unicamente dalle azioni di ciascun individuo.

Essendo in giro da milioni di anni, Uriel ne aveva udite di tutti i colori: chi sosteneva che fosse il caso, a dominare gli eventi della nostra vita, e chi al contrario era fermamente convinto che suo Padre avesse un piano per ognuno di loro.

Era dilettevole, in un certo qual senso, guardarli mentre si dibattevano in quella incertezza esistenziale. Gli dava una sensazione di superiorità, poiché il futuro non era per lui affatto oscuro quanto lo era per quegli insignificanti umani.

La capacità di cui era in possesso, sebbene per alcuni versi più sottile, rispetto a quelle dei suoi fratelli, gli permetteva di...prevedere il futuro.

Ma non nell'accezione più comune del termine: Uriel non era esattamente in grado di vedere il futuro, perché il futuro non era uno solo, ma tanti. Le possibilità erano infinite, ed anche la minima azione poteva far sì che la successione di eventi venisse interrotta, dando vita ad un'altro schema di eventi ed originando così un futuro completamente diverso.

No, lui non vedeva il futuro, lui era abile nel prevedere gli schemi.

Guardando qualcuno negli occhi non era in grado di stabilire dove egli si sarebbe trovato, a dieci o vent'anni da quel momento, ma era in grado di stabilire con un certo margine d'errore cosa gli sarebbe accaduto se avesse scelto di tornare a casa in automobile piuttosto che a piedi, e cosa sarebbe seguito ad ognuna di queste due decisioni.

Era un giochetto che Uriel poteva tirare avanti anche per diverse milioni di anni, e che naturalmente diveniva più complicato tanto più i possibili futuri si biforcavano, dando vita ad un'infinità di scenari differenti, che a loro volta avrebbero portato a situazioni differenti ed a scelte differenti che avrebbero poi condotto ad ulteriori biforcazioni.

L'Angelo non aveva bisogno di sforzarsi, perché ciò gli veniva assolutamente naturale, proprio come a Lucifer veniva naturale tirare fuori i desideri della gente...ed era, beh, impossibile negare che fosse estenuante.

Gli umani perdevano ore ed ore della loro già di per sé ristretta finestra vitale, a soppesare e ponderare le possibili conseguenze delle proprie scelte, mentre lui era in grado di conoscere tali conseguenze in maniera automatica.

Ogni decisione che egli prendeva, ogni decisione che anche solo pensava di prendere, fin dal primo istante in cui la considerava, l'Angelo era in grado di prevedere a che risultato essa avrebbe condotto, ed avanti così, fino alla Fine dei Tempi, se egli avesse avuto la pazienza o la voglia di guardare così in là.

Uriel sapeva, perciò, che andando sulla Terra a riscuotere il favore che suo fratello Lucifer aveva chiesto a loro Padre sarebbe morto.

Non ne aveva la certezza, perché gli eventi, si sa, sono ingannevoli e mutano in fretta, e tuttavia era conscio che quella fosse una delle possibili conseguenze.

Insomma, a rigor di logica, e conoscendo suo fratello il Diavolo, Uriel era certo che avrebbe tentato di trovare una scappatoia. Lucifer era sempre, sempre in certa di scappatoie, e, col passare dei millenni, era diventato abilissimo nel trovarle.

Non gli avrebbe consegnato la mamma, né tantomeno gli avrebbe permesso di fare del male alla sua amica detective, se avesse trovato una scappatoia percorribile, una terza opzione che escludesse entrambe le precedenti.

Suo fratello Lucifer, così come anche Amenadiel, erano estremamente prevedibili. Non c'era nessuna sorpresa, nel loro modo di agire.

E, d'altronde, i due incidenti che aveva fatto capitare alla detective Chloe Decker - il tamponamento prima e il pericolo di ricevere una fucilata in pieno petto da parte di un ex attore di film d'azione poi - non erano che il preludio allo scontro finale, alla resa dei conti.

A quel punto, Uriel conosceva con una certa sicurezza il proprio destino: Lucifer l'avrebbe pugnalato a morte.

Non era in grado di prevedere esattamente con quale arma - uno dei pugnali forgiati all'inferno del demone Mazikeen, forse - ma ormai non aveva più dubbi al riguardo.

Certo, non doveva per forza finire in quella maniera: niente di tutto ciò sarebbe accaduto, se egli avesse deciso di lasciare subito la Terra e tornarsene nella Città d'Argento.

Il futuro era estremamente mutevole, duttile come argilla, e la possibilità di mutare il corso del proprio non veniva mai negata a nessuno; nemmeno a lui.

In fondo, c'era una certa equità in questo: le scelte plasmavano il futuro di ogni essere vivente, ed ognuno aveva l'abilità di compiere quelle che egli stesso riteneva più giuste, meritando così le conseguenze del proprio operato.

Uriel tentò di tenere questo pensiero fisso in mente, nel momento in cui Lucifer lo pugnalava in pieno petto con la Spada di Azrael.

Il dolore atroce che provò non impediva al suo cervello di continuare a lavorare, frenetico, mentre il suo corpo fisico si accasciava al suolo.

Entrambi avevano scelto di essere lì, e, anche se in maniera diversa e per certi versi opposta, quel momento non era che il risultato di scelte consapevoli che entrambi avevano fatto, e non certo del volere di loro Padre, né di nessun'altra divinità.

Uriel aveva accettato il suo destino di servo di Dio fino all'ultimo, scegliendo di essere ucciso, ed al contrario, Lucifer aveva accettato l'inevitabilità di quell'omicidio, se ciò fosse stato necessario per salvare la Detective, scegliendo di ucciderlo.

E, afferrando con una mano la camicia di suo fratello, che si era piegato su di lui con gli occhi sbarrati per l'orrore di ciò che aveva fatto, Uriel vide ogni cosa con estrema chiarezza, più chiaramente di qualunque altra previsione fosse mai stato in grado di fare.

Forse fu perché era sul punto di morire, di cessare di esistere, o forse, più probabilmente, perché si rese conto che il destino di Lucifer, da quel momento in poi, sarebbe stato segnato.

Qualunque scelta avrebbe preso in seguito, Lucifer non avrebbe fatto altro che correre incontro a quel preciso futuro.

D'altronde, quando sei disposto ad uccidere il tuo stesso fratello per qualcuno, stai compiendo una scelta che indirizzerà il tuo futuro in maniera drastica verso quella persona, senza possibilità di tornare indietro.

C'erano suo fratello e quella detective bionda che continuavano a risolvere casi insieme per la polizia, un bacio in riva al mare, loro due che si aiutavano e proteggevano l'un l'altra, e, nonostante un paio di deviazioni momentanee, non smettevano mai di starsi accanto...

Uriel si sforzò di ignorare il dolore e la disperazione derivante dalla consapevolezza di stare per morire, concentrando le scarse energie residue per vedere ancora più in avanti.

L'umana che scopriva la vera natura di suo fratello e se ne andava, ma poi ritornava a lavorare con lui, Lucifer che le confessava il suo amore, una separazione di qualche mese per la quale non riusciva ad indovinare il motivo, e poi il ritorno del diavolo e la loro riappacificazione, e poi Dio che veniva sulla Terra, una guerra celestiale ed una...una bambina?

Uriel strizzò gli occhi, sorpreso:<<Questo non l'avevo previsto>> balbettò, appena prima di lasciarsi andare.





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