Everybody's rejected me

DISCLAIMER: Non sto passando un bellissimo momento, perciò ecco a voi una bella carrellata di depressione fatta in casa (la playlist che vi consiglio per questa One-shot è Happy Together dei The Turtles e Paradise di Anderson Rocio).

Maze aveva atteso che le porte dell'ascensore fossero spalancate prima di alzare lo sguardo sul soggiorno dell'attico: era tutto identico a prima, a come avrebbe dovuto essere. Nulla sembrava cambiato; nulla, eccetto il fatto che Lucifer non c'era più.
Il divano color nocciola, l'open bar con le sue file di bottiglie d'alcol, la spaziosa vetrata che dava sul balcone, il pianoforte nero...Il demone ne sfiorò un tasto con la punta del polpastrello: il diavolo amava quello strumento. Da quando loro due erano arrivati sulla terra, c'aveva speso ore ed ore seduto davanti, spesso accompagnandosi col canto mentre suonava.
Lucifer aveva sempre affermato di amare quel pianoforte, eppure l'aveva abbandonato al suo destino, lasciandolo per sempre, e non glien'era importato.
Maze iniziò a scardinarne i tasti, facendoli staccare dallo strumento e cadere sul pavimento, poi afferrò il coperchio del piano, lo spinse di lato e iniziò a divellere le corde che si trovavano al suo interno. Non si accorse di stare gridando, non finché non fu tutto finito e si accasciò per terra anche lei, come se qualcuno cel'avesse abbandonata. Non si curava delle lacrime che le solcavano lentamente le guance, inumidendole i lunghi capelli scuri.
Non le importava, non le importava proprio come agli altri non era importato di lei. Per loro era stato così facile decidere di abbandonarla? Doveva essere stato facile, perché tutte quante le persone più importanti nella sua vita lo avevano fatto.
Non è una tragedia se una persona ti rifiuta, ma quando tutti quanti lo fanno, tanto che tu inizi a credere di meritarlo, a credere che sarà sempre così; beh, quella sì che è una vera tragedia.
E Mazikeen Smith aveva iniziato a credere entrambe quelle cose da innumerevoli millenni, sebbene lei stessa se ne rendesse conto soltanto in quei giorni.
Prima quella stronza di Lilith, sua madre. Aveva abbandonato non soltanto lei, ma anche tutti i suoi fratelli e le sue sorelle, senza nemmeno uno straccio di spiegazione alla quale la piccola Maze potesse aggrapparsi per spiegare a sé stessa come mai nemmeno la sua mamma l'aveva voluta.
E poi Eve. Ricordava ancora come lei l'aveva fatta sentire, ricordava ancora l'euforia e la felicità estrema che aveva provato standole accanto, ma, meglio di tutto il resto, ricordava il momento straziante in cui le aveva detto addio. Doveva andare a trovare sé stessa, e doveva farlo da sola, qualunque cosa intendesse dire...Per quanto sarebbe stata via? Settimane? Mesi? Anni? Sarebbe mai tornata ad LA?
Lucifer no, che non sarebbe tornato. Mai più. Lucifer, il suo più vecchio compagno d'avventure, il suo, sì, il suo amico, il suo unico amico, era andato via per sempre senza nemmeno degnarsi di salutarla. Mazikeen si sarebbe accontentata di un messaggino al cellulare, o anche solo di una nota di poche righe, o di qualunque altra cosa, perché qualunque altra cosa sarebbe stata meglio che l'essere completamente abbandonata a sé stessa. Lucifer, che aveva affermato più volte come non l'avrebbe mai lasciata, alla fine invece l'aveva lasciata eccome, e per tutta l'eternità, stavolta.
E poi c'era stata Decker, soltanto poche ore prima, che aveva ritenuto opportuno prendersi una pausa nella loro collaborazione. Persino Chloe si era liberata di lei.
Credo che usiamo questa collaborazione per riempire il vuoto che qualcun'altro ha lasciato, così le aveva detto, senza però immaginare che nel caso di Mazikeen non si trattava di una singola persona, e che lei, quel vuoto al centro del petto, cel'aveva sempre avuto. Come se ci fosse nata...Il che avrebbe spiegato almeno in parte perché tutti andavano e venivano, nella sua vita, perché nessuno sembrasse amarla abbastanza da rimanere.
Aveva provato a ripetersi che andava tutto bene, andava tutto bene, andava tutto bene, che non aveva bisogno di loro, che era forte e sarebbe andata avanti e che, fanculo, sarebbe stata persino meglio da sola!
La verità era che poteva continuare a ripeterselo in eterno, ma questo non avrebbe cambiato il fatto che no, non stava affatto bene, e che la solitudine nella quale si stava rinchiudendo la facesse soltanto sentire più sola di quanto già non fosse.
Ma a che pro, dopotutto, ricercare l'altrui compagnia? Sapeva come andavano le cose, sapeva che chiunque finiva per abbandonarla, perciò perché imboccare una strada che l'avrebbe condannata a soffrire ancora di più?
Non era lei quella a dover essere torturata.
-
Nelle seguenti settimane il demone si era concentrata nel fare ciò che le veniva meglio: combattere. Aveva cacciato taglie dalle prime luci dell'alba alla tarda sera, quando, invece di crollare sul letto per la stanchezza, andava in qualche bar di centro città, beveva più che poteva e si portava a letto più umani che poteva. A quanto pare, per un demone come lei, una vita di violenza e sesso era il massimo a cui potesse aspirare. Violenza, sesso e nulla di più. La vecchia vita, in pratica, quella precedente all'arrivo sulla Terra.
Mazikeen si ripeteva di essere felice, di avere tutto ciò che desiderava, ma era dolorosamente consapevole che gli sconosciuti con i quali beveva non fossero Chloe, Linda ed Ella, e che le donne che si portava a letto, l'una dopo l'altra, non fossero affatto Eve.
Erano settimane che evitava le telefonate - e soprattutto quelle della Psicologa e di Amen - perché non voleva parlare con nessuno. Se ne sarebbero andati anche loro, un giorno l'avrebbero ferita, se solo lei gliene avrebbe data l'opportunità.
Quella mattina il demone ritardò il più possibile il momento nel quale si sarebbe dovuta scrollare il sonno di dosso, emergendo dallo stato di dormiveglia tipico di quando si è appena svegli. Ricordava di aver fatto un sogno fantastico: stava guidando la sua amata motocicletta a tutta velocità, l'asfalto brillava sotto di lei all'intensa luce del sole, l'oceano rumoreggiava al suo fianco, increspandosi in onde schiumose, ed Eve le teneva le braccia avvolte intorno alla vita. La sua dolce risatina le risuonava ancora nelle orecchie, e sembrava così reale. Un altro vantaggio dell'attendere qualche minuto, prima di aprire gli occhi, era che il demone poteva così fingere che quella distesa accanto a lei fosse la donna che amava, e non una sconosciuta. Era un gioco malato, se ne rendeva perfettamente conto: ma le dava sollievo - certo, un sollievo momentaneo ed illusorio, ma comunque sollievo - ed era perciò già qualcosa.
In effetti, la ragazza che occupava l'altra metà del suo letto matrimoniale aveva una cascata di capelli neri, dolci labbra rosse a forma di cuore ed un volto appena a punta. Non si poteva dire che somigliasse davvero a Eve, ma forse un po' sì, anche perché Mazikeen aveva assolutamente bisogno di vedere una somiglianza...
Il demone si alzò a sedere e recuperò una bottiglia di vetro appoggiata sul comodino, bevendone un generoso sorso di alcol. E negli ultimi giorni aveva anche preso a fumare, nonostante le sigarette la facessero vomitare. Ma dopotutto era lei stessa a farsi vomitare, e allora forse l'abuso di fumo, alcol e droghe era soltanto un escamotage per distogliere l'attenzione dal disgusto che provava per la voragine nella quale si stava volontariamente lasciando scivolare.
C'era un che di rassicurante nella routine giornaliera che aveva iniziato a seguire, ovvero sveglia, lavoro, sesso, e poi tutto daccapo. La rassicurava perché favoriva un certo distacco, soprattutto emotivo ma alle volte persino fisico, dalla sua stessa vita. Una vita troppo dolorosa, troppo carica di consapevolezza, perché il demone la potesse vivere a pieno: no, molto meglio lo stato di ininterrotta alienazione nel quale era sprofondata.
Leniva il dolore, rimarginava le sue ferite e le impediva di pensare; Maze - aveva iniziato a farci caso, col passare delle settimane - riusciva davvero a smettere di soffrire, quando spegneva il cervello. Una volta scoperto quello, il passo successivo era stato tentare di pensare il meno possibile: sveglia, lavoro, sesso, sveglia, lavoro, sesso, sveglia, lavoro, sesso.
Le veniva tutto talmente automatico, oramai, che sentiva sempre meno il bisogno di fermarsi davvero a ragionare su ciò che stava facendo. Era facile, in verità, molto più di quanto avrebbe immaginato. Se non pensava al suo passato, se non pensava alle persone che aveva amato e perduto, Mazikeen stava bene. Beh, forse "bene" è un'esagerazione: diciamo che non stava male. Il demone era perciò arrivata alla conclusione che valesse la pena, dopotutto, di lasciar soffocare lentamente la sua anima appena nata, se in cambio poteva essere beneficiaria di quella overdose giornaliera di morfina.
-
<<Ecco a voi!>> gridò Mazikeen, sbattendo sul pavimento della centrale Jacob Donovan, serial killer, che aveva precedentemente provveduto ad ammanettare a dovere. Qualcuno l'avrebbe fatto alzare, e si sarebbe occupato di portarlo in una delle celle del dipartimento. Probabilmente.
Al demone non importava granché. Non le importava affatto, a dirla tutta.
Aveva già girato i tacchi a spillo, pronta ad uscirsene veloce com'era entrata - anche perché non voleva e non poteva rischiare di incontrare Chloe o Dan - quando udì una voce familiare, e fu avvolta in uno stretto abbraccio ancora più familiare.
<<Che bello vederti, Maze!>> esclamò il medico legale, senza dare l'impressione di volerla lasciar andare <<Ma dov'eri sparita, in tutte queste settimane?!>>
Il demone se la scrollò di dosso, ritraendosi da quel contatto indesiderato, ma tentò di non essere troppo sgarbata. Ella era sempre così dolce, così gentile, ecco perché tutti la amavano. Lo stesso non si sarebbe potuto dire riguardo a lei.
La cacciatrice di taglie increspò le labbra coperte di rossetto nero, corrucciando appena la fronte:<<Sono stata...occupata, nell'ultimo periodo>> le rispose infine, accennando con il capo all'assassino che aveva trovato, ancora intento a dimenarsi sul pavimento.
Il medico legale annuì, comprensiva, facendo per abbracciarla di nuovo. Mazikeen le appoggiò una mano sul petto, facendo qualche passo indietro, ed Ella rise sottovoce.
<<Vedo!>> commentò <<Ma sono felice che tu abbia ancora il tempo di fare una visitina a noi comuni mortali...Ci fa sempre piacere vederti, anche perché il lavoro alla centrale è diventato noioso da quando- s-sai, da quando Lucifer->>
Il demone sospirò a fondo, distogliendo lo sguardo. Il medico legale credeva che fosse dovuto andar via per badare all'azienda di famiglia, o qualcosa del genere, il che poteva anche considerarsi la verità, in un certo qual senso contorto.
Ella notò chiaramente la rigidità della sua interlocutrice, come aveva serrato le labbra nere, come aveva distorto gli occhi contornati da una spessa linea di eyeliner, come aveva irrigidito i muscoli delle spalle nude, lasciate scoperte dal suo top cut out in pelle rossa fiammante.
<<Mi dispiace>> sussurrò, afferrandole una mano ricoperta da un guanto nero e stringendola forte tra le proprie <<Non ha salutato neanche te?>>
<<Non ha salutato neanche me>> il demone si morse con violenza il labbro inferiore, solevando lo sguardo verso il soffitto.
<<Non aver paura>> disse Ella, buttandosi di nuovo addosso alla sua amica <<Ti prometto che insieme la supereremo!>> e continuò a stritolarla a mo' di boa constrictor.
<<Grazie, Ellen. Davvero>> sussurrò Maze, quando quella la lasciò andare <<Se una sera di questi dovessi aver voglia...non so, di andare a bere qualcosa come ai bei vecchi tempi, io sono disponibile>>
Il volto del medico legale si illuminò della luce di mille aurore boreali, a quella proposta:<<È. Una idea. Fantastica!>> esclamò, quasi saltellando per la gioia <<Scommetto che saranno entusiaste, quando lo dirò a Linda e Chloe!>>
<<No, senti, niente Linda e Chloe, va bene?>> Mazikeen strinse i pugni <<Ho sbagliato- ripensandoci, in verità la mia agenda è piena, perciò non credo di farcela ad uscire con voi ragazze, almeno da qui ai- ai prossimi cinquant'anni, più o meno>>
Il dolce medico legale annuì, e lo sguardo del demone scivolò dalla sua maglietta color lavanda al suo collo, attorno al quale pendeva una catenina che culminava in una minuta croce argentata.
<<Maze, se hai bisogno di parlare, o di qualunque altra->> iniziò a dire, accorata, le sopracciglia nere aggrottate.
<<Non ne ho bisogno>> sbottò l'altra, lapidaria <<Io sto bene>> puntualizzò, un secondo prima di superare Ella e fiondarsi verso l'uscita dell'edificio. Avrebbe fatto meglio a scomparire, prima di incontrare Daniel o - ancora peggio - Chloe.
La motocicletta che aveva lasciato parcheggiata dove non avrebbe dovuto, praticamente in mezzo alla strada, sembrava riderle in faccia, come a ricordarle della sua condizione miserabile. No, non stava bene. Doveva imparare a starci, però. Non aveva scelta.
Ora era quella la sua vita, e prima se ne fosse fatta una ragione meglio sarebbe stato.
Sì, ma quanto ci sarebbe voluto? Settimane? Mesi? Anni? Ci sarebbe mai riuscita?
Il demone mise in moto e partì a tutta velocità, incurante dei limiti, godendosi il vento che le scompigliava i capelli al di sotto del casco, ed immaginando e desiderando con tutta sé stessa di essere ancora nel suo sogno della notte scorsa.
Se chiudeva gli occhi poteva sentire la stessa sensazione di spensieratezza - una sensazione che ormai da mesi non provava durante il giorno - e fingere che fossero ancora tutti lì con lei.
Non solo la sua Eve, ma anche Lucifer, e Chloe e, sì, anche sua madre...e dopotutto perché no? Immaginare di essere felice, illudersi, era comunque meglio che vivere nel presente.
Solo quando riaprì le palpebre si rese conto di essere in rotta di collisione con una macchina rossa che viaggiava nell'altra corsia, in senso opposto al suo.
Il demone riuscì a sterzare all'ultimissimo secondo grazie ai suoi riflessi pronti, ma la moto non la prese bene, e si rovesciò di lato, schiacciandole una gamba contro l'asfalto.
Mazikeen gridò e imprecò ad alta voce, gemendo più per la rabbia che per il dolore vero e proprio.
-
Linda Martin aveva appena salutato il suo ultimo paziente - il signor Butler, il quale aveva diverse manie di persecuzione - e si stava già preparando a godersi una pacifica pausa pranzo. Quel giorno era il turno di Amenadiel di occuparsi del bambino.
La psicologa aprì il proprio recipiente impermeabile, già pregustando la porzione di insalata mista che si era portata da casa, quando la porta del suo studio venne spalancata di colpo e batté contro il muro, facendo un gran botto.
Linda alzò lo sguardo dal suo pranzo, già pronta a dirne quattro a chiunque fosse entrato così, senza nemmeno bussare, ma poi vide che l'intruso altri non era che un certo demone di sua conoscenza.
Mazikeen aveva il volto tumefatto in diversi punti: un occhio nero e una guancia sulla quale si stagliava un' evidente escoriazione da sfregamento. Anche una manica del suo top cut out rosso era mezza strappata, e al di sotto si intravedeva parecchio sangue secco.
<<Maze!>> esclamò la psicologa, nel vederla in questo stato dopo settimane in cui il demone aveva ignorato tutte le sue chiamate <<Santo cielo, siediti!>> e spinse indietro la sedia della scrivania, scattando in piedi per andarla ad aiutare.
Quella rifiutò la mano che le stava allungando, stringendo i denti e riuscendo a sedersi sul sofà, anche se con evidente fatica.
Linda si accomodò accanto a lei:<<Ma che ti sei fatta?>> mormorò, accarezzandole piano la guancia sana.
<<Ho avuto- ho avuto un piccolo incidente di percorso>> il demone rise piano, ma senza felicità.
La psicologa alzò le sopracciglia.
<<Un incidente con la moto>> si spiegò meglio <<Ma sto bene>>
<<No, no, non mi sembra che tu stia bene!>> la bionda scattò in piedi, frustrata, quasi arrabbiata. E non si riferiva soltanto all'incidente, ma anche al modo in cui l'amica l'aveva evitata dopo la partenza improvvisa di Lucifer. E, se c'era una cosa che la sua professione le aveva insegnato, era che le persone tendevano ad isolarsi maggiormente proprio quando avrebbero avuto più bisogno d'aiuto.
Maze annuì, lasciandosi sfuggire un respiro profondo.
<<È che non so- non- per quanto io mi sforzi di capire cosa ci sia che non vada in me, giuro che non ci riesco>> sussurrò. Ed era chiaro a entrambe che non si stesse affatto riferendo all'incidente in moto.
<<Oh, Maze...>> Linda guardò tristemente la sua migliore amica, avendo ottenuto la conferma di ciò che sospettava <<Non c'è niente che non vada in te>>
<<E allora- allora p-perché tutti mi rifiutano?>> gemette il demone, ed un forte singhiozzo le squarciò il petto. I suoi grandi occhi scuri scrutavano la psicologa, disperatamente in cerca di risposte che lei non poteva fornirle, e si stavano lentamente riempiendo di lacrime.
<<Comprendo che la situazione non sia...semplice, da affrontare>> Linda parlava lentamente, soppesando con attenzione ogni sillaba <<E comprendo come la partenza improvvisa di Lucifer, e di Eve, abbia...riportato a galla vecchi traumi mai del tutto elaborati. È normale e del tutto comprensibile, che tu ora ti senta in questa maniera, ma ti prometto che sarà solo una fase: vedrai che passerà>>
Maze strinse le labbra:<<Passerà?>>

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top