Conforto
Erano settimane che Juliet si sentiva così. In un primo momento aveva fatto finta di nulla, attribuendo quel malessere alla mancanza di sonno, agli interminabili turni di lavoro, al suo solito pessimismo.
Tuttavia, alla fine, aveva dovuto ammettere con sé stessa che ci fosse qualcosa che non andava: non si riconosceva più nella sua stessa vita.
Non riusciva più a capire che costa stesse facendo, perché, e soprattutto dove volesse arrivare.
Non era mai stata una gran studentessa, ed, ai tempi della scuola, nonostante la sua intelligenza, otteneva risultati mediocri. Aveva promesso ai suoi che avrebbe fatto qualcosa nella vita, che sarebbe diventata qualcuno di cui loro sarebbero stati fieri.
Inutile dire che era più facile a dirsi che a farsi, ed a quasi trent'anni non era ancora riuscita a mantenere quella promessa.
Tutti i suoi amici erano sposati con figli, vivevano in ville enormi, ed avevano una brillante carriera come ingegnere, avvocato o insegnante.
Lo stesso non si poteva dire di lei, che viveva da sola in un apparamento in affitto, e che avrebbe tanto voluto diventare una pizzaiola, il lavoro dei suoi sogni, ma che al momento doveva accontentarsi di fare un pò quello che le capitava per arrotondare.
Si legò i lunghi capelli neri in una coda alta, sul punto di scoppiare di nuovo a piangere, arrotolata nella coperta di lana che la sua bisnonna aveva cucito per il matrimonio di sua mamma e suo papà.
La sua amica Chloe provava a chiamarla al cellulare da diversi minuti, ma Juliet sapeva che, se solo si fosse azzardata a rispondere, quella avrebbe subito capito che qualcosa non andava.
Per quanto conoscesse Chloe da quasi tutta la vita, per quanto fosse attaccata a lei, non se la sentiva di vederla, non in quel periodo.
Anche perché la sua migliore amica, la detective migliore del suo dipartimento, stava, a quanto pareva, per essere promossa e diventare tenente.
E sua figlia Trixie era un vero amore, intelligente e carinissima.
Juliet sospirò di nuovo, togliendosi di dosso gli occhiali da vista e pulendone le lenti appannate sulla coperta colorata, mentre un nuovo singhiozzo la scuoteva.
La donna si strinse nelle spalle, aspettando che quella crisi passasse, proprio come avevano fatto tutte le altre.
Quando il suo cellulare squillò di nuovo, ed il nome di Chloe apparve sullo schermo, Juliet lo coprì con un cuscino, frustrata.
Voleva solo essere lasciata sola con il suo dolore, era forse troppo da chiedere? Non meritava nemmeno quello, nemmeno un minimo di pace per soffrire con calma?
Romeo, il suo gatto rossiccio, saltò sul divano e venne a strusciarsi su di lei, emettendo un basso miagolio e facendole le fusa.
Juliet si ricordava ancora del momento in cui, circa tre anni prima, aveva trovato quel frugoletto vicino ai bidoni dell'immondizia, ancora un cucciolo, bagnato di pioggia e tutto inzaccherato di fango.
Allora non le piacevano granché i gatti, ed il pensiero di doversi sobbarcare le spese per il mantenimento di un animale da compagnia le era parso insopportabile.
Quel cucciolotto era lì da solo, però. Era pieno inverno, si congelava, e lui non sembrava avere nessuno al mondo. Qualche bastardo l'aveva probabilmente abbandonato al suo destino, per qualche motivo a lei ignoto.
Così, dopo aver controllato che la madre del micio non fosse lì intorno, e, dopo diversi tentativi, riuscì ad ottenere che il gattino salisse sulla sua macchina e l'aveva portato a casa con sé.
Romeo la stava guardando con quei suoi intelligenti occhi gialli, e la fissava intensamente, tanto che Juliet era arrivata alla conclusione che lui dovesse capire ciò che le passava per la testa.
Gli passò una mano in testa, grattandolo piano tra le orecchie, e l'animaletto si strusciò ancora, stavolta sul suo braccio, domadando altre coccole.
Coccole che Juliet gli avrebbe di certo fatto, dato che in tre anni di convivenza faceva ancora fatica a dirgli di no, quando il campanello del suo appartamento suonò.
Romeo scattò in piedi, tendendo le orecchie, e schizzando a nascondersi sotto il letto della sua padrona, come mossa preventiva.
Juliet non aveva la minima intenzione di avere alcun contatto con altri esseri viventi della sua stessa specie, ma non è che avesse altre opzioni.
<<Chi è?>> chiese, rispondendo al citofono.
<<Ehy, sono io, puoi aprirmi?>> la voce della sua amica Chloe era tranquilla e calda come sempre.
Juliet sospirò:<<Vieni>> rispose, aprendole, per poi correre a darsi una svelta sistemata ai capelli e a specchiarsi per vedere in che condizioni fosse la sua faccia. Non che nutrisse la speranza che la sua migliore amica potesse non notare ciò che le stava accadendo, ma, come si dice, la speranza è l'ultima a morire.
<<Permesso?!>> Chloe Decker, impermeabile color nocciola e skinny jeans blu, i capelli biondi sciolti e leggermente ondulati, apparve sull'uscio di casa.
<<Ciao, Clo>> Juliet provò a farle un sorriso, pregando che fosse abbastanza per ingannarla almeno per un pochino.
Ma "Clo" non ci cascò nemmeno per scherzo, arrivando subito alla conclusione che la sua amica avesse un problema, ipotesi che già aveva considerato, visto che non rispondeva alle sue chiamate.
<<Vuoi dirmi che c'è che non va?>> chiese, amabile come suo solito.
<<È così evidente?>>
Chloe alzò un sopracciglio, come a dire che sì, in effetti era piuttosto evidente.
Le due vecchie amiche andarono a sedersi sul divano, interrotte dalla ricomparsa di Romeo, il quale, accortosi del fatto che la nuova arrivata non fosse altri che Chloe, era venuto a strusciarsi un pò sulle sue gambe.
<<Ciao, piccolo>> sussurrò la detective, accarezzando il pelo del gatto con dolcezza.
Juliet sorrise a quella scena.
La sua amica Chloe non era solo coraggiosa ed intelligente, ma aveva anche un gran cuore, il che faceva sì che tutti la adorassero, persino e soprattutto gli animali.
<<Ultimamente...mi sento come se avessi fallito. In tutto>> sputò Juliet, liberandosi da quel peso.
La bionda la guardò con una profonda comprensione negli occhi chiari, passandole un braccio intorno alle spalle.
<<Insomma, mi sento inutile. Non ho combinato niente, finora. Sto praticamente buttando via la mia vita>> le lacrime iniziarono a rigare le sue guance, mentre Chloe la stringeva più forte.
<<Non è vero che stai buttando via la tua vita, tesoro. È solo un brutto momento. Tutti noi abbiamo brutti momenti>>
<<Sì, un brutto momento che dura da ventinove anni...>>
La detective dell'LAPD squadrò la donna che conosceva da sempre, scostandole dal volto una ciocca di capelli scuri che le era sfuggita dalla coda:<<Non dire così. Smettila. Essere sempre così pessimista non farà che peggiorare la situazione. Sai che essere ottimisti aumenta notevolmente le nostre opportunità di essere felici e di avere successo nella vita? È scientificamente provato>>
Juliet rise, scettica riguardo a quella teoria, ma tentò di mascherare la sua reazione con un colpo di tosse.
<<Certo, sono sicura che affacciarmi alla finestra ed esprimere un desiderio alla stella della sera risolverà di colpo tutti i miei problemi! Come ho fatto a non pensarci prima?!>>
Chloe alzò gli occhi al cielo:<<Non è questo che intendevo>>
<<No, certo che no!>> continuò a prendere in giro la detective in tono leggero, divertita dalla sua faccia leggermente scocciata.
Romeo, nel frattempo, si era posizionato sul davanzale della finestra del soggiorno, e guardava attentamente fuori, nel buio.
<<Credo proprio che dovremmo uscire, tesoro: stare chiusa in casa non ti fa affatto bene. Hai bisogno di distrarti>>
La detective scattò in piedi, ma Juliet incrociò le braccia, scettica riguardo a quel progetto:<<E dov'è che vorresti andare, sentiamo>>
<<Mai sentito parlare di un certo nightclub di nome Lux? È in centro>>
Juliet ne aveva sentito parlare eccome, seppure non ci fosse mai andata:<<Il proprietario non è il tuo consulente civile? Quello che va in giro dicendo di essere il diavolo?>>
Chloe annuì:<<Il che significa entrata gratis assicurata, perciò cosa aspetti? Vai a prepararti>>
L'altra sbuffò, e stavolta era il suo turno di alzare gli occhi al cielo, mentre fingeva di avere qualche possibilità di resistere.
<<Su, andiamo!>> la incitò nuovamente la sua amica.
Juliet sospirò, facendosi convincere ed alzandosi in piedi, diretta verso il suo armadio. Alla fine Chloe avrebbe ottenuto ciò che voleva, come sempre. E, come sempre, sarebbe stato un bene anche per lei.
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