Come aggiustare un cuore infranto

<<Chloe, sei sicura di stare bene?>> le domandò Daniel, seduto accanto a lei nell'auto, mentre la sua ex moglie guidava tenendo gli occhi incollati alla strada. 

Gli spessi occhiali dalle lenti oscurate che la bionda indossava non bastavano a nascondere agli altri, né tantomeno a se stessa, quanto avesse pianto.

<<Certo>> rispose la Detective, lapidaria <<Perché?>> .

Dan si schiarì la voce, incrociando le braccia sul petto con un mezzo sospiro:<<Non c'è bisogno che tu finga con me>> disse <<È evidente che non stai bene>>.

Un sorriso amaro solcò le labbra della detective Decker:<<Sopravviverò>> decise di tagliare corto, sperando che il suo partner smettesse di fare accenni a qualcosa di cui non voleva discutere.

<<Se hai bisogno di parlarne, sappi che io ci sono>> concluse Dan, capendo l'antifona e chiudendo quindi la bocca.

La Detective sospirò a fondo, prima di rispondere:<<Te ne sono grata. Davvero>> ma il suo tono di voce sembrava dire tutt'altro <<È solo che non è un argomento che voglio trattare, al momento>>.

<<Come preferisci>> il detective Espinoza appoggiò un gomito al finestrino <<Dico solo che dubito che tenerti tutto dentro in questo modo sia...salutare, ecco. Forse dovresti parlarne con Linda, se proprio non vuoi farlo con me>>.

Chloe era davvero sul punto di esplodere. Si rendeva conto che Daniel voleva solamente aiutarla a stare meglio, ma comportandosi così, assillandola, stava avendo l'effetto opposto a quello desiderato.

<<Eccoci, siamo arrivati>> cambiò discorso lei, parcheggiando l'automobile e fiondandosi fuori come una scheggia, con l'impellente necessità di trarre una boccata d'aria fresca.

<<Sì, eccoci>> Dan sbuffò, ma arrivò alla geniale risoluzione di non continuare quel discorso.

Non in quel momento.

Il Sole delle due e mezza di pomeriggio picchiava bollente sul cemento del marciapiede sul quale i due detective camminavano, facendolo fumare, sebbene in modo quasi impercettibile.

Nell'aria si spandeva un intenso e caratteristico odore d'erba appena tagliata, reso ancora più penetrante dall'afa estiva.

E davanti a loro si srotolava una fila di villette residenziali a tre piani, con tanto di porticato e veranda, circondate da dei giardini delimitati da siepi curate fin nei minimi dettagli.

Non che Chloe Decker si aspettasse qualcosa di meno, dal quartiere residenziale più chic di Los Angeles.

O Città degli Angeli, come la chiamava sempre Lucifer.

Lei e Daniel puntarono senza indugio verso la villetta davanti alla quale avevano parcheggiato, nella veranda della quale stava stravaccato un uomo, disteso su una amàca che dondolava leggermente nella brezza estiva.

<<Signor Rodriguez!>> esclamò la Detective, fermandosi rispettosamente al limite del giardino del giocatore di basket che dovevano interrogare <<Signor Rodriguez, l'APD!>>.

L'uomo si riscosse dal proprio sonnellino pomeridiano, alzandosi a sedere di colpo ed infilando i propri occhiali da sole.

Rivolse un teso sorriso di circostanza ai due detective venuti a fargli visita, e fece loro segno d'entrare con la mano.

I due fecero come chiedeva il padrone di casa, avanzando nel suo giardino all'inglese, per poi salire i tre gradini in legno della veranda.

<<Salve, io sono la detective Chloe Decker e lui è il mio partner->> Lucifer Morningstar.
<<Detective Daniel Espinoza>> ci pensò il suo ex marito a presentarsi, dal momento che Chloe si era bloccata, e chiaramente non l'avrebbe fatto.

<<Detective, desiderate qualche cosa da bere? Birra, Cognac, un bicchiere di Coca Cola sgasasata...Dovrei averne delle lattine, da qualche parte>> disse amichevolmente l'uomo, passandosi una mano sulla testa pelata ed imperlata di luccicanti goccioline di sudore.

<<No, grazie, siamo a posto>> Chloe rimase in piedi, immobile, con i piedi ben piantati sul legno della veranda, ed estrasse il proprio taccuino <<Perdoni l'intrusione, ma abbiamo bisogno di farle qualche domanda riguardo l'omicidio di Albert Friss>>.

Il signor Rodriguez si sistemò meglio la montatura degli occhiali sul naso, annuendo con aria grave:<<Ma certo, qualunque cosa>>.

Daniel invece stava zitto, troppo tentato di chiedere un autografo al giocatore dei Lakers che si trovava dinanzi, e che invece avrebbe dovuto interrogare in maniera professionale.

Si sforzava di tenerlo a mente.

Ma per il momento avrebbe lasciato fare a Chloe, intervenendo solo se ce ne fosse stato bisogno.

<<Potrebbe per piacere dirmi come ha conosciuto Albert Friss?>> domandò la Detective, con voce piatta.

<<Erano in squadra insieme, ovviamente>> commentò Dan, guadagnandosi un'occhiata di rimprovero dalla sua ex moglie che lo convinse subito a tacere.

<<Il suo partner ha ragione>> confermò Rodriguez <<Io e Al eravamo in squadra insieme, e col tempo abbiamo fatto amicizia...Lui era un uomo davvero buono...Insomma, gli piaceva vestirsi elegante e fingere che non gli importasse di niente e di nessuno, ma la verità è che era l'uomo più buono che io abbia mai conosciuto>> il giocatore di basket deglutì a fondo, provando con tutto se stesso a non piangere.

Daniel lanciò a Chloe una veloce occhiata, e la Detective si domandò se non si trattasse di un crudele scherzo del destino, o se invece fosse lei, che si ostinava a ricollegare a Lucifer ogni dettaglio di ogni caso che le veniva assegnato.

<<Quindi lei e la vittima eravate amici e anche partners sul lavoro, se ho ben capito>> ricapitolò la bionda.

Rodriguez annuì, incrociando le braccia muscolose sulla canottiera attillata:<<Amici, partner ed anche amanti, più o meno>>.

Chloe Decker aggrottò appena le sopracciglia.

<<Sì, è una cosa che abbiamo fatto di tutto per tenere nascosta, sa, non tutti avrebbero approvato...>> Rodriguez si passò una mano inanellata sulla pelle della nuca <<In verità non so esattamente cosa ci fosse, tra noi. So solo che ci abbiamo girato intorno per diversi anni, prima di ammettere i nostri sentimenti>>.

Il giocatore di basket si tolse gli occhiali da sole e si asciugò entrambi gli occhi con la mano libera.

<<A quanto ne sappiamo, lei e Albert Friss vi eravate allontanati in modo particolare, nell'ultimo anno>> continuò Chloe, soppesando a lungo ogni parola che pronunciava <<Se lei potesse fornirci qualche spiegazione riguardo a questo allontanamento, ci sarebbe molto utile>>.

<<È stato lui a decidere che...smettessimo di vederci, di farla finita tra noi. Qualunque cosa ci fosse. Aveva domandato il trasferimento ad una altra squadra della Lega...Diceva di farlo per me, per il mio bene>>.

<<Per il suo bene?>> .

<<Sì, Al n-non voleva che la nostra- che la nostra relazione finisse per danneggiare la mia carriera, aveva questa stupida fissa...Diceva di doversi allontanare da me>>.

"Io devo tornare"

<<Intendeva lasciare i Lakers in maniera...permanente?>> domandò Chloe, con la gola secca.

"Per quanto tempo? Un paio...di settimane, o un mese...?"

<<Sì, voleva andare per non tornare più. Niente più telefonate, niente più incontri di nascosto>> Rodriguez fece una pausa per trattenere un singhiozzo <<Sosteneva che avessi ragione, quando all'inizio affermavo che sarebbe stato troppo pericoloso avere una storia. Ha- ha detto che sarebbe stato come un Inferno sulla Terra, se qualcuno ci avesse scoperti. Secondo lui non potevamo continuare così>>.

"Avevi ragione sulla profezia, l'abbiamo interpretata male: è l'Inferno che si riversa sulla Terra, e forse l'abbiamo impedito, ma per quanto?"

Chloe Decker respirò a fondo, sentendo la testa che le girava leggermente:<<Allora lei cos'ha fatto? Cosa gli ha detto?>> chiese ancora, come ipnotizzata, sia da quella storia sia dai propri ricordi.

Ignorò l'occhiata che Daniel le aveva appena scoccato, come per ricordarle che le domande che stava ponendo non erano quelle giuste, e non erano utili per la risoluzione del caso.

Rodriguez scrollò le spalle:<<L'ho implorato di non farlo, ovviamente, o almeno di pensarci su ancora per qualche giorno. Non potevo credere che volesse lasciarmi- Io tenevo davvero a lui, e n-non potevo crederci>>.

"No, no...vedi, questo, questo è...quello che intendevo, Lucifer, quando ho detto che non- non potevi lasciarmi- senti, mi dispiace tanto di come ho reagito quando ho visto la tua faccia, è stato stupido e- ti prego, ti prego non andare, io- io ti amo"

<<Detective, si sente bene?!>>.

<<Chloe, Chloe, per amor del cielo, dì qualcosa! Reagisci!>>.

Si riscosse da quel ricordo così vivido, così reale, così incredibilmente doloroso, soltanto quando Daniel prese a scrollarla per un braccio.

Da quanto tempo la chiamavano, quei due? Quanti secondi o minuti aveva passato, persa nel proprio dolore, senza dare segno di vita?

Chloe rabbrividì al solo pensiero.

<<Perdonatemi>> sussurrò <<Ho bisogno di fare una pausa...Dan, puoi continuare tu, qui, vero?>>.

Il suo ex marito si affrettò ad annuire, ma non smise di fissarla angosciosamente, come se si aspettasse di vederla crollare per terra da un secondo all'altro.

<<Sto bene, tranquillo>> ribadì lei per l'ennesima volta in quella giornata, appena prima di discendere i tre gradini della veranda in legno e dirigersi a grandi passi verso la propria auto.

Spalancò la portiera e si sedette al posto del guidatore, lasciandosi sfuggire un gemito.

Appoggiò i gomiti al volante e si strinse la testa tra le mani, facendo una serie di respiri profondi, mentre un paio di lacrime le scivolava giù per le guance.

<<Ma che cavolo ti prende, eh?>> singhiozzò, con la voce rotta <<Che diavolo ti sta succedendo?!>> e poi rise tra le lacrime per quell'involontario gioco di parole.

L'ennesimo prodotto insano della sua mente in preda al dolore della perdita.

La Detective mise in moto l'auto e partì il più velocemente che i limiti stradali le consentissero, senza avere un vero posto nel quale recarsi, ma sentendo il bisogno di fuggire da quel posto.

Da quel maledetto giocatore di basket, dal suo dolore e da quella sua storia così maledettamente familiare, che sembrava essere stata inventata apposta per farle perdere il controllo.

E che Daniel se la cavasse da solo!

"Ti amo! Ti prego, non te ne andare!"

"Lo vedi? Ci sbagliavamo su altro, della profezia. Il mio primo amore non è stato Eve: eri tu, Chloe. Lo sei sempre stata"

E poi quel bacio. Lucifer l'aveva baciata, ed era stato quello, forse, il momento peggiore. L'aveva guardata tristemente e l'aveva baciata a fior di labbra. Era stato quello il momento in cui lei aveva capito che se ne sarebbe andato per davvero, e che qualunque cosa lei avesse detto o fatto per provare a dissuaderlo non sarebbe servita a nulla, se non a prolungare la sofferenza di quella separazione.

"Ti prego" aveva mormorato ancora "non andare", ma oramai non ci credeva più neanche lei.

"Addio" le aveva detto lui, a quel punto.

Poi aveva spalancato le ali ed era sparito nel cielo nero, lasciandola lì, da sola.

La Detective accostò la macchina al lato della strada, col colletto della maglia nera a maniche corte fradicio di sudore e di lacrime. Non poteva continuare a guidare in quelle condizioni.

Allora, come in un automatismo, tirò fuori da sotto la maglietta la collanina che Lucifer le aveva regalato anni prima, quella che non aveva mai tolto, e la strinse forte tra le dita.

"Oh, è...bellissimo. Che cos'è?"

Lucifer aveva ridacchiato appena:"È il proiettile" le aveva risposto poi "Di quando mi hai sparato, ricordi? Nel magazzino. Eravamo all'inizio"

"Oh! Ma certo, ricordo bene"

"Beh, visto che non ti penetrerò mai ho onorato la volta in cui tu hai penetrato me!"

E avevano riso insieme.

"Perciò...Buon compleanno, Detective"

"Grazie" aveva risposto lei, appena prima di abbracciarlo.

Negli ultimi mesi aveva utilizzato quell'oggettino come antistress, come ancora di salvezza alla quale aggrapparsi nei momenti peggiori; non aveva funzionato granché, a dire il vero.

Con la mano libera tirò fuori dalla tasca dei pantaloni il cellulare e compose un numero che conosceva bene, ma che in quei ultimi mesi non aveva mai chiamato.

Forse Daniel aveva ragione: avrebbe dovuto farlo prima.

<<Pronto, Chloe, sono felice di sentirti!>> esclamò la dottoressa Linda Martin dall'altra parte della linea telefonica.

La Detective sospirò a fondo, tentando di ignorare il tremore alle mani:<<Io avrei davvero bisogno di un favore>> tagliò corto.

<<Che tipo di favore?>>.

<<Mi servirebbe una seduta>> sputò Chloe tutto d'un fiato. Ecco, l'aveva detto. Ora ripeterlo non sarebbe stato altrettanto difficile. O almeno sperava
<<Mi servirebbe una seduta per parlarti di alcune cose, il prima possibile>>.

<<Ma certo: va bene stasera a casa mia, verso le sette e trenta?>> propose la Psicologa.

<<Grazie mille>> Chloe era quasi commossa da tanta disponibilità <<Ti sono debitrice>>.

<<Non dire sciocchezze! Lo sai che per me è un piacere...E adesso scusami, ma devo andare perché è arrivato un paziente. Ci vediamo stasera>>.

<<A stasera, e grazie tante>>.

Linda chiuse la chiamata, e l'abitacolo dell'auto ripiombò nel silenzio più profondo, tanto che il battito accelerato del proprio cuore era quasi l'unico suono che la Detective potesse udire.

Ella guardò attentamente il ciondolo che teneva ancora stretto in mano, poi appoggiò la testa allo schienale, chiudendo gli occhi e cercando di allentare la tensione che si sentiva addosso.

La Detective era senza dubbio di impareggiabile bravura, se si trattava di risolvere omicidi, ma non aveva alcuna idea di come aggiustare un cuore infranto.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top