XXIV

(T/n) aveva dovuto ringraziare l'esistenza di Internet, che le aveva permesso di trovare un tutoria su come medicare delle ustioni in attesa dell'arrivo del soccorsi. L'unica differenza era che non sarebbe arrivato alcun soccorso. Come aveva fatto Dabi a sopravvivere così a lungo in quelle condizioni?

(T/n) aveva paura di sapere quale fosse la causa primaria delle ferite che ricoprivano il corpo del corvino, benché avesse un presentimento consistente di sapere come potesse esserle procurate.

Era stato il fuoco. Fuoco di cui la (c/c) conosceva bene la provenienza.

Perché aveva raggiunto lei, piuttosto che affidarsi alle cure degli altri criminali dell'Unione dei Villains, come la giovane ragazza dai capelli biondi e l'uniforme scolastica indosso con cui l'aveva visto poco prima? Quante erano le possibilità che la sua presenza potesse condurre gli altri villains all'interno dell'appartamento?

(T/n) non voleva pensare alle conseguenze. Aveva paura ad immaginare quali sarebbero state le ripercussioni del suo aver voluto aiutare Dabi.

Aveva perso la cognizione del tempo. Che ore erano?

Non pioveva più.

Aveva lasciato casa poco prima, per quanto non le piacesse l'idea di lasciare il corvino nelle condizioni in cui si trovava da solo. 

Poco distante dal condominio si trovava una farmacia. Non avrebbe impiegato tanto a raggiungerla. Aveva acquistato delle garze, forse più del necessario, ma non sapeva quante gliene servissero.

Passaggio dopo passaggio, si era affidata ad un tutorial su come prendersi cura di un'ustione, benché il consiglio fosse quello di contattare il prima possibile i servizi di emergenza. Lei non poteva farlo. Sarebbe stata accusata di aver offerto rifugio ad uno dei criminali che avevano attaccato gli studenti della U.A.. Era troppo rischioso, sia per lei che per Dabi, che sarebbe immediatamente stato arrestato.

Non era un'esperta in ambito medico, ma anche lei capiva quanto fossero gravi quelle bruciature. Ciò rendeva più urgente un aiuto esterno, ma lei non aveva nessuno che potesse aiutarla. Non poteva coinvolgere Fuyumi o qualsiasi altro membro della famiglia Todoroki. Come non era pronta lei, nemmeno loro erano pronti a rivedere Touya, non dopo ciò che era diventato.

(T/n) aveva bisogno di tempo. Voleva riflettere. Voleva capire. Voleva trovare delle risposte. Le vicende riguardanti la vita di Touya, prima, e quella di Dabi, poi, erano costellate di incognite, le cui risposte potevano essere fornite solo ed esclusivamente dal diretto interessato. Non c'era nessun altro che potesse sapere meglio di lui cosa accadde il giorno della morte di Touya Todoroki.

"E se Todoroki Touya non fosse morto?" 

Era stata una notizia trapelata per errore agli occhi del pubblico, come lo erano molti eventi che riguardavano la vita degli eroi più di spicco della società. C'era stato un periodo in qui spesso gli studenti di scuole medie e superiori confabulavano riguardo le sorti del primogenito dell'eroe fiammeggiante, avanzando teorie sulle circostanze misteriose della sua morte.

Con il tempo, la vicenda perse l'attenzione del pubblico, come spesso accadeva in quei casi di cui non si ottenevano più indizi.

Incidente.

Il caso venne archiviato.

Touya divenne un taboo all'interno della sua stessa casa.

Ritornata all'appartamento, (T/n) notò con sollievo che Dabi era rimasto nella stessa posizione in cui lo aveva lasciato.

Era esausta. Lo era stata dal primo momento in cui aveva rimesso piede all'interno dell'abitazione, quello stesso giorno. Avrebbe voluto potersi distendere a letto, chiudere gli occhi e vivere uno di quei sogni così reali, nella speranza che rimanessero tali, senza assumere le tinte cupe che caratterizzavano invece la realtà che si era ritrovata a vivere.

Fu quando terminò di ricoprire con le garze la parte superiore del corpo del corvino che (T/n) poté finalmente sedersi e chiudere gli occhi per qualche secondo.

Anche ad occhi chiusi, però, lo spettacolo a cui aveva avuto modo di assistere si presentava con insistenza. Non aveva mai visto niente di così orribile prima.

Quando riaprì gli occhi, si era resa conto di essersi portata le mani di fronte a sé. Il suo sguardo si concentrò immediatamente sulle macchie di sangue che impregnavano, non solo le sue mani, ma che si estendevano oltre i polsi. Non aveva mai capito perché alcune persone avessero paura del sangue, ma adesso le comprendeva meglio.

L'acqua scorreva dal rubinetto. Era fredda, ma a (T/n) non importava minimamente. Con l'unica spugna che era riuscita a trovare all'interno di un cassetto, sfregava con forza contro le mani. Voleva togliersi di dosso la sensazione di viscido portatale dal sangue. Nonostante la poca luce presente all'interno della stanza, riusciva a distinguere il colore dell'acqua scurirsi, a contatto con la sostanza cremisi.

Rimase immobile di fronte al lavello per un paio di minuti. Era nauseata da quanto aveva appena fatto. Non avrebbe mai più voluto occuparsi di una ferita. Era troppo per lei. Non avrebbe retto oltre uno scenario del genere.
Nonostante Dabi fosse a qualche metro da lei, riusciva ancora a sentire chiaramente l'odore di carne bruciata che le aveva colpito le narici una volta tolta la maglietta al corvino.

Cosa avrebbe dovuto fare.

L'acqua continuava a scorrere, portando via le tracce di sangue dai bordi del lavandino.

(T/n) si lasciò cadere sulle ginocchia. Aveva appoggiato la fronte sulla superficie accanto a lei. Il suo sguardo era diretto ancora alle sue mani, strette l'una nell'altra.

"Cosa diamine dovrei fare?"

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