XIX
Chiuse gli occhi, lasciandosi cadere sul pavimento freddo, esausta per la giornata trascorsa. Il mondo vorticava nel buio. La sua mente ricreava una realtà distorta che non era sicura di voler rivedere. Si trattava di uno degli effetti negativi della sua unicità. La coscienza svaniva, sprofondando in un abisso oscuro e freddo, dove non vi è nulla se non immagini sporadiche di un universo contorto distante dalla realtà.
Quando (T/n) riaprì gli occhi si rese conto di non essere sola. Aveva smesso di piovere. Una corrente di aria fredda le provocò un brivido lungo la schiena. La porta leggermente spalancata lasciava entrare nell'appartamento una flebile luce calda che delimitava vagamente i contorni delle sagome.
Una figura si nascondeva tra le ombre. Taceva. (T/n) non era in grado di riconoscerne i lineamenti, ma sapeva perfettamente di chi si trattava. Dove i suoi occhi fallivano, era il suo istinto a prevalere. Ed il suo istinto le diceva di non fidarsi di quella persona che non aveva più niente del caro amico con cui aveva condiviso l'infanzia. Ciò che le suggeriva il suo cervello era di scappare, velocemente, senza lasciargli il tempo di reagire, cogliendolo di sorpresa. Il suo corpo non era d'accordo. La sua caviglia pulsava. Il dolore, acuto, l'avrebbe rallentata durante la fuga. Non poteva sperare di correre senza essere catturata. Anche lui era ferito, ma non poteva avere la certezza che dal loro recente incontro non avesse medicato le proprie ferite. L'odore di sangue impregnava l'aria. Di chi era quel sangue? (T/n) non lo sapeva. Si trattava però di un odore che conosceva bene. Inconfondibile. Pericoloso. Non voleva realmente sapere a chi appartenesse.
Sentiva la pelle bruciare sotto lo sguardo di quella persona che aveva sperato così tanto di incontrare. Si era pentita della sua stessa curiosità. Era a pochi metri da lei. In vantaggio. Emanava un tanfo simile alla morte. La studiava silenziosamente. Non poteva vedere i suoi occhi ma era certa che contenessero un bagliore divertito.
"Che cosa ci fai qui?" Si azzardò a domandare la ragazza. Le sue parole uscirono incerte. Tremolanti. Ma era sicura che lo avessero raggiunto.
"Sono venuto a far visita ad una vecchia amica." La voce di Dabi non presentava alcuno dei timori della (c/c).
"Di chi è quel sangue?" Chiese la ragazza.
"Questo, dici?" Con un movimento brusco, Dabi mosse il braccio ferito. Delle goccioline color cremisi caddero al suolo, venendo illuminate da una striscia di luce dei lampioni filtrata attraverso la tenda di cui (T/n) aveva causato la caduta. "Non preoccuparti, è solo mio." Rispose con nonchalance Dabi, incurante della perdita di sangue. "Mio Dio..." sussurrò (T/n), facendo inconsciamente sorridere il corvino.
"Devi assolutamente medicare il braccio... stai perdendo troppo sangue!"
Una risata bassa lasciò le labbra di Dabi.
"È un po' tardi per preoccuparsi di questo, non pensi?"
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