Chiamalo come vuoi
Carola
Chiunque sia a conoscenza della discografia di Taylor Swift, sa molto bene che c'è una canzone denominata "indedicabile"; perché se dovesse capitarti di dedicare Call it what you want a qualcuno, in quel caso saresti veramente innamorato profondamente del destinatario.
E proprio in quella fredda mattina di dicembre, mentre pulivo la cucina e quella canzone passava dalla mia playlist nelle mie cuffie, il volto di Michele continuava a sfiorare la mia mente.
Non riuscivo a smettere di pensare a tutti gli avvenimenti recenti che avevano visto me e Michele molto vicini. Mi era rimasto il suo calore e il suo profumo addosso.
Avevo bisogno di confrontarmi con qualcuno sulla cosa. E allora scrissi a Gaia.
Gaia💗
Ga... vieni da me a pranzo?
Ho bisogno di parlare con qualcuno
Certo che vengo Caro
Devo preoccuparmi?
Nono
Ho semplicemente bisogno di qualche consiglio da una persona fidata
Tra mezz'ora sono da te.
E non passarono nemmeno 30 minuti. Gaia era puntuale come sempre. Quando aprii la porta, la sua presenza familiare e rassicurante mi fece tirare un sospiro di sollievo. Si tolse il cappotto e si scrollò di dosso il freddo dicembre milanese, sistemandosi i ciuffi ribelli che spuntavano dal suo paraorecchie.
-Allora, che succede?-chiese entrando, con la sua solita curiosità schietta. Posò il cappotto sulla sedia e si sedette al tavolo della cucina mentre io accendevo il gas per bollire l'acqua.
-Ho un problema- dissi, sedendomi di fronte a lei. Non riuscivo a trattenere un piccolo sorriso, ma al tempo stesso sentivo una strana agitazione nello stomaco.
-Scommetto che questo problema ha nome e cognome- insinuò, accavallando le gambe -Michele Giudici-.
Inspirai profondamente. -Proprio lui-.
-Dimmi tutto- si fece improvvisamente seria.
-Stanno accadendo tante cose tra di noi...-
Gaia si sporse in avanti, visibilmente incuriosita. -Davvero? Cosa?-.
-È proprio questo il punto,- dissi, torturandomi un pezzo di semipermanente saltato dal mio pollice. -Sta andando benissimo. Troppo bene. Ed è questo che mi spaventa.-
-Ti spaventa? Da cosa, esattamente? Dal fatto che ti piaccia sul serio?-
-Non è solo che mi piace,- risposi sfoggiando un sorriso che non riuscii a frenate. -Mi sta succedendo qualcosa che non mi aspettavo. Sto iniziando a pensare a lui in modi che non pensavo possibili. Non riesco a smettere di sorridere quando mi scrive, mi sento serena quando sono con lui. E, Gaia... quando ascoltavo Call it what you want stamattina, ho capito che se dovessi dedicarla a qualcuno, sarebbe lui.-
Gaia mi fissò per un attimo, e capì che la mia confusione mentale era vera e seria. -Ok, Carola, fermati un attimo. Stai dicendo che hai trovato qualcuno che ti rende felice e che ti fa sentire viva, e ne hai paura?-.
-Ho paura di lasciarmi andare troppo. E se poi finisce male? E se mi sto illudendo e lui non prova lo stesso per me? Magari per lui è solo un'amicizia come le altre-.
Gaia si appoggiò allo schienale della sedia, guardandomi con espressione pensierosa. -Lolla, sai una cosa? Non puoi vivere con il perenne dubbio su qualsiasi cosa. Guarda me e Lorenzo: ho iniziato a flirtare con lui per gioco, e abbiamo scoperto di essere anime gemelle. Hai mai pensato che forse lui potrebbe sentirsi allo stesso modo? Non rimurginarci troppo, buttati!-.
-Non lo so,- dissi scuotendo la testa. -È sempre così sicuro di sé, così a suo agio. Io invece mi sento un disastro emotivo ogni volta che siamo insieme.-
Gaia si alzò e mi abbracciò con affetto. -Io dico solo quello che vedo. E da quelle poche volte che ne ho avuto occasione, in lui ho notato un certo interesse per te-.
-Dici?- domandai, sorpresa.
-Dico,- affermò lei -che ti guarda come se fossi la cosa più bella al mondo-.
Quando mi spuntò un sorriso sul viso e una strana sensazione comparve nel mio stomaco, capii:
Ero innamorata di Michele.
***qualche ora dopo***
Erano le 23 circa. Non riuscivo a dormire. Continuavo a pensare a lui. Oggi non ci eravamo fatti la solita domanda.
Avevo bisogno di rilassarmi. Tenni il pigiama in pile, indossai il cappotto e le scarpe e uscii di casa. Misi una sciarpa, per cercare di ripararmi dal freddo dicembrino di Milano.
Arrivai a piano terra e aprii con una chiave dal mio mazzo lo sgabuzzino. Mi affrettai a prendere la mia bicicletta. Controllai le gomme, ma sapevo che non erano sgonfie, le avevo usate pochi giorni prima.
Aprii il portone e scesi. Poi iniziai a pedalare per Piazzale Loreto, decidendo sul momento la direzione, priva di una meta precisa.
Perché a volte mi bastava questo, uscire di notte in bici, per svuotare la mente. Poche macchine erano attive, soprattutto in un comune mercoledì sera, perciò potevo abbassare la guardia.
Giunsi, non so come, in Viale della Liberazione. Dopo aver svoltato un incrocio, imboccai l'entrata di un parchetto. Frenai e rallentai la velocità.
Accostai nel bel mezzo del vialetto, e raddrizzai la schiena. Il telefono mi squillò, quasi come se sapesse che mi ero fermata.
Lessi il nome di Michele sullo schermo, e un sorriso più che spontaneo illuminò il mio viso più di quanto non stesse già facendo il display. Mi avventai a rispondere.
Quando portai il cellulare all'orecchio, un brivido mi attraversò la schiena, quando sentii Michele: -pedalata notturna o diurna?-.
-Notturna- risposi, guardandomi le scarpe. -Tu?-.
-Anche per me notturna- pronunciò. -Si possono fare incontri speciali-.
Qualche secondo di silenzio. -Cosa vai blaterando, Henrikh?-.
Di nuovo silenzio. Poi sentii il suo respiro nell'altoparlante. E poi disse: -la notte porta consiglio dicono... ma anche piaceri-.
Mi resi conto che la voce non proveniva più solo dal mio telefono. Ma che mi sembrava reale, vera.
Mi voltai leggermente mentre la chiamata riprodusse il suono dell'aggancio. Michele, avvolto in un cappotto, mi guardava con i suoi occhi blu, che risplendevano ai raggi della luna e delle poche lucine sparse qua' e la' nel parco.
-Buonasera- disse, sorridendo.
Scesi dal mio fedele mezzo e agganciai il cavalletto. Quando alzai di nuovo lo sguardo, Michele si era avvicinato.
-Buonasera a te- risposi in un sussurro.
Avanzò di un passo. -È colpa della luna piena se mi sembri più bella del solito?- biascicò.
La sua mano si alzò avvicinandosi al mio volto. Prese una ciocca ribelle sfuggita al mio ciuffo, e la riportò dietro l'orecchio.
Avevo voglia di fiondarmi sulle sue labbra, o perlomeno di stringerlo tra le mie braccia. Ma mi obbligai a mantenere la calma, e con il minimo di dignità che mi rimaneva, sussurrai: -è un'illusione-. Ma la mia voce tremante mi tradì.
-Mhh- e piegò la testa obliquamente, non smettendo di divorare il mio sguardo con quegli occhi azzurri. -Allora sono vittima di questa illusione ogni volta che ti guardo-.
Raccolsi le forze e mi voltai. Finsi di prendere qualcosa dal cestino. Poi gli rivolsi la parola.
-Ti va di fare un giro?-.
-E dove mi metto?- domandò.
-Qui- indicai la grata sulla ruota.
Prima la guardò stranito, poi si convinse. Mi issai in sella, e partii. Lui che mi cingeva la vita, e il suo respiro sul mio collo.
Inutile dire che mi sentivo in paradiso.
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