2: Scintilla [2/3]
Solo in seguito essermi cambiata d'abito e sciacquata la faccia, oltre avere dato una sistemata decente ai capelli, esco dalla stanza e raggiungo Sven in soggiorno.
Tutto è in penombra, perché Mr. Storia Antica non ama la luce forte che ho messo nella lampada del soffitto e ha una teoria tutta sua nel creare un ambiente "intimo". A me va bene così perché in un angolo, sotto la finestra, ci sono alcuni miei vestiti tutti accatastati nella cesta del bucato e così non si vedono un granché. In più, non ho tolto la polvere dalle altre superfici, dunque grazie semioscurità e teorie pseudo-romantiche di Sven.
Con passo felpato raggiungo il divano, strascicando un po' i piedi sul tappeto blu, e prendo posto accanto a lui.
Il vichingo – pardon, normanno – è intento a guardare la televisione, sta schiacciando i tasti del telecomando con una pigrizia tutta sua, finché non si ferma sul canale della CNN che parla del covid e snocciola il numero delle vittime che è salito nelle ultime ventiquattro ore: la cronista in studio dà la parola all'esperto, il virologo Fauci, da poco nominato dalla Casa Bianca, e l'uomo inizia a dire di limitare i contatti e di rimanere assolutamente chiusi in casa per evitare contagi.
«Lo possiamo fare?» chiedo preoccupata da quella spiegazione che ho appena sentito da Fauci.
Sorpreso, Sven mi guarda.
«Vuoi farlo sul divano?» ribatte, ora con un'espressione da "è già arrivato Natale?". «Non eri tu che avevi detto di volerlo fare sempre a letto?».
Arrossisco di brutto.
«Non sto parlando di quello!» esclamo inorridita. «Sto parlando del fatto se possiamo stare insieme o meno, dato che non viviamo insieme!».
Lui aggrotta la fronte.
«Ah già... penso di no» dice dopo un po', sfiorandosi la fronte aggrottata con fare pensieroso. Poi si volge e mi fissa intensamente. «Sai che sei strana?».
Gli lancio un'occhiataccia.
«Lo prendo come complimento».
Brutto vichingo con il nome della renna di Frozen.
«Intendo che, per essere americana, sei molto pudica» continua lui.
Mi mordo le labbra.
«Pu... di-che?».
Da dove l'ha pescata questa parola? Dal vocabolario di mia nonna?
Lui non smette di guardarmi e annuisce. E sorride anche. Per me è la fine: non riesco più a rimanere seria, inizio a ridere di pancia e non c'è più niente a fermarmi. Sven si unisce a me e alla fine gli do una pacca sulla spalla.
«Non ce la fai proprio eh?» lo punzecchio.
Lui smette di sorridere.
«Con te sembra di avere a fare con la luce» ribatte serissimo. «Alle volte avrei bisogno di un fermo immagine, una stampa, almeno per cristallizzare il momento e cercare di capire in che direzione vanno i tuoi pensieri».
Silenzio, io rimango di sale. Ma non ci resto per come lo ha detto, ma per quello che ha detto: senza pensarci mi alzo in piedi sul divano, guadagnandomi un'occhiata allibita da Sven, mentre in testa la parola "stampa" fa radici.
Ho un'idea.
E potrebbe diventare una possibilità per sbloccarmi dalla posizione fossilizzata in cui sono caduta da ieri...
«Sven, sei un genio!» esclamo recuperando il cellulare dalla tasca sinistra del pantalone.
Lui fa un sorriso storto e mi dà un bacio veloce.
«Finalmente te ne sei accorta, Stuart!».
*
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