13 In un altro tempo

Quando Thomas si risvegliò, due perle nere incastonate su un volto scuro gli occuparono il campo visivo.
All'inizio non lo riconobbe, ma poi - quando la sua vista si schiarì - lo riconobbe: era Jorge. L'uomo si spostò, permettendo al ragazzo di mettersi seduto; si trovava in una tenda, sdraiato su un sacco a pelo che fungeva da letto. Jorge gli era seduto a gambe incrociate, sul suo fianco destro.
"Era ora che ti svegliassi", commentò l'uomo.
"Bel buongiorno" commentò l'ebreo sarcastico "dove ci troviamo?".
"In un accampamento militare degli americani. Stai tranquillo; ho raccontato tutta la storia al generale e adesso si fida di noi".
"Quindi siamo in America?".
"Sì. Siamo in Minneapolis, giorno venti maggio 1944".
Thomas impallidì sul colpo; 1944?! Ma ciò significava che aveva dormito per quattro anni!
"Ho dormito per quattro anni?!", esclamò.
"Abbiamo" precisò Jorge "non sei l'unico che è caduto in coma".
"Come sarebbe a dire? Che caspio ci è successo?".
"Subito dopo il tuo salvataggio i tedeschi ci hanno raggiunto e ci hanno picchiato così tanto che credetti che stetti per morire, svenendo. Quando mi risvegliai, scoprì che eravamo stati salvati da una legione americana, oltre ad aver dormito per quattro anni".
Thomas sbuffo'; tutta quella storia era assurda, impossibile da credere.
"Chi altro si deve svegliare?", chiese.
"Newt. Il primo ad essersi svegliato sono stato io due mesi fa; dopo una settimana è toccato a Alby e Minho, poi te".
"Dové Newt?".
"Lo hanno deposto in una tenda isolata dalle altre".
Thomas annuì; con un po' di difficoltà si mise in piedi - per quanto lo spazio glielo permettesse - ed uscì. Per essere fine maggio, c'era un bel venticello; il sole era in alto nel cielo, illuminando quella terra sconosciuta.
L'accampamento era un agglomerato di tende - di un verde scuro - in cui vi era un viavai di militari; erano tutti uomini di età diverse, dal ragazzo di sedici anni al signore di cinquant'anni. Come detto da Jorge, isolata dalle altre c'era una tenda, uguale alle altre; Thomas si diresse verso essa, senza attirare l'attenzione dei militari. Quando giunse alla tenda, l'aprì ed entrò; Newt era steso su un sacco a pelo che fungeva da letto, coperto con una coperta leggera. Thomas gli s'inginocchiò affianco; Newt sembrava dormire, ma sapeva che non era così, sapeva che in realtà era in coma e che ci sarebbe voluto del tempo per svegliarsi. Lo sapeva, ma non gli importava; avrebbe atteso, anche se Newt si sarebbe svegliato dopo cinquant'anni.
"Spero tu possa sentirmi" disse "e voglio che tu sappia che ti ringrazio di cuore; senza di te, sarei finito nelle docce a gas, ad Auschwitz...ma devi sapere che è da incoscienti andare in coma per salvare qualcuno...".
Gli occhi divennero pesanti, come estremamente carichi di un qualcosa di un peso estremo.
"Adesso però, voglio che tu torni da me. Ti prego! Non posso vivere con la consapevolezza che il ragazzo che amo è in coma per colpa mia! Perché io ti amo Newt! Io ti amo! ".
Le prime lacrime cominciarono a scendere lungo i contorni del viso, bagnando il telo della tenda. Aveva bisogno di sfogarsi; non riusciva ad accettare che i suoi amici fossero caduti in coma per colpa sua.

Nero. Soltanto nero.
Poi dolore. Tanto dolore.
Ed infine un suono. Un pianto.
Un pianto familiare. Già sentito.
Furono queste sensazioni a svegliare Newt; quando aprì gli occhi, vide Thomas piangere senza ritegno, con lo sguardo basso. Perché piangeva? Mica lo credeva morto! O forse sì?
"Perché piangi?".
La voce gli uscì fuori come un sospiro, ma a quanto vide bastò ad attirare l'attenzione di Thomas; questo alzò la testa di scatto, con gli occhi colmi di lacrime e sorpresa. Sul suo volto si disegnò un largo sorriso, come Newt non aveva mai visto.
"Newt..." mormorò l'ebreo asciugandosi gli occhi "come ti senti?".
"Sto bene, ma perché piangevi?".
"Eri...caduto in coma, così come tutti noi".
"Davvero? Per quanto abbiamo dormito?".
"Quando eravamo ad Auschwitz era il primo gennaio del 1940; adesso è il venti maggio del 1944".
Il biondino si sentì mancare, impalledendo all'istante.
"Cioè, mi stai dicendo che siamo stati in coma per quattro anni?!".
"Sì; i soldati tedeschi ce ne hanno date di santa ragione".
"Ti credo sulla parola. Dove siamo?".
"A Minneapolis, in America".
"I-in A-America?!".
"Sì-".
In quel momento entrò nella tenda Jorge, sorridendo non appena vide Newt sveglio.
"Ben tornato tra noi hermano".
"Ciao Jorge. Che ci fai qui?".
"Vince ci vuole parlare".

Vince era il generale di quella divisione; la sua tenda si trovava al centro dell'accampamento, diversa dalle altre solo per dimensioni, essendo la più grande. Quando il messicano e i ragazzi entrarono, videro il generale: era grassoccio, con i muscoli vaporosi. Indossava una divisa militare color verde scuro, con tantissime stelle su ambo le spalle e sul petto; i capelli erano bruni, cortissimi.
"Era ora che vi svegliavate", attaccò.
"E il buongiorno non ce lo dà?", domandò Minho, facendo il finto offeso.
Il militare non gli rispose.
"Vi ho mandato qui per proporvi una missione" proseguì Vince "avete due possibilità: o accettare o rifiutare".
"Dipende dalla missione", commentò Thomas.
"Il sei giugno sbarcheremo in Normandia per cacciare i tedeschi dalla Francia. Siete dentro o fuori?".
I ragazzi annuirono decisi; tutti loro sapevano cosa stavano per andare incontro, ma non avevano fatto niente di utile nella loro vita, e ora che gli si presentava l'occasione per riscattarsi, la presero al volo.

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