11 Un'idea assurda

Newt subì la sua punizione in silenzio, senza aprir bocca; a ogni colpo della cintura la pelle candida si lacerava aprendosi come una cerniera. Il sangue colava senza pentimento, macchiando non solo gli abiti ma anche il pavimento del bagno. Dopo circa dieci colpi di cintura, il padre si fermò, respirando affannosamente; Newt lo vide sudato con gli abiti - una volta eleganti - sporchi con grandi schizzi di sangue.
"Spero che tu abbia imparato la lezione", disse Ernst.
"Non mi pento di quel che ho fatto".
Lo disse con efferatezza, senza peli sulla lingua; non si sarebbe mai pentito di aver baciato un ebreo e andato a letto con lui. Non lo avrebbe mai fatto. Infuriato, il padre gli diede una frustata sulla guancia, lacerandola senza alcun rimorso; dopodiché gettò la cintura a terra e uscì dal bagno. Rimasto solo, Newt si mise seduto e prese dal cassetto del lavandino la valigetta del pronto soccorso; cominciò a disinfettare le ferite e quelle più gravi le fasciò con delle garze. Non aveva tempo per lavarsi, quindi si cambiò d'abito ed uscì di casa, senza incrociare Markus o i suoi genitori. Corse a perdifiato per i marciapiedi di Berlino, scontrandosi non poche volte con i passanti; corse e corse, fino a dirigersi alla pista da corsa. Seduti sugli spalti c'erano Minho e Alby, con degli sguardi a dir poco depressi.
"Ehi ragazzi!" urlò Newt "devo dirvi una cosa riguardante Thomas. Dové?".
L'asiatico alzò lo sguardo, più triste del solito.
"Non c'è più. Per colpa di Teresa, dei soldati l'hanno portato via".
"Via? E dove?".
"Ad Auschwitz", rispose Alby.
Newt non ci voleva credere; il suo migliore amico, l'unica persona che l'avesse mai capito e amato era stato portato via? Per di più ad Auschwitz? Come poteva l'umanità essere così crudele? Ma non doveva rattristarsi; piangersi addosso non sarebbe servito a nulla. Newt doveva rimboccarsi le maniche e lavorar sodo. Per questo disse:
"Va bene. Io andrò in Polonia".
I due alzarono gli sguardi, a dir poco allibiti.
"Non vorrai...", bisbigliò Alby.
"Sì. Io andrò ad Auschwitz, e salverò Thomas".
"Ascoltami Newt" lo interruppe Minho "se vuoi suicidarti gettati in mezzo alla strada. Andare là equivale a firmare la propria condanna a morte".
"Credi che io non lo sappia? Non mi è rimasto più niente se non Thomas; se lo troverò lo porterò al sicuro. Se è già morto, mi farò uccidere".
"Senti Newt" disse Alby "Thomas è anche nostro amico, quindi non credere di fare questa caspiata da solo. Io verrò con te".
"Non lascerò il divertimento solo a voi due", s'intromise Minho.
"Neanche io".
Era stata una voce a parlare, del tutto estranea alla combriccola; questa si voltò a guardare il cancello, l'origine della voce. Newt sbuffo' nel vedere dopo tanto tempo Gally, stranamente solo.
"Che hai da rompere?", chiese il biondino.
"Niente" rispose il bullo "ma ho sentito dire che il vostro amico ebreo è stato deportato ad Auschwitz e che volevate partire per recuperarlo".
"Sì" gli rispose Minho "e allora? Ce lo vuoi impedire?".
"Niente affatto; anzi, voglio venire con voi".
Newt rimase spiazzato.
"Come mai? All'improvviso non sei più razzista?".
"Sì, non mi piacciono gli ebrei, ma secondo me l'Olocausto è esagerato. So che a chiamare le autorità è stata Teresa e sinceramente non mi è mai andata a genio. E poi, vi posso essere molto utile".
"Utile?" domandò Alby "e perché?".
"Mio padre mi ha portato a visitare Auschwitz quando era in fase di costruzione, visto che là ci lavora. Conosco molto bene quel posto; vi ci posso portare ovunque".
Newt sospirò; odiava doverlo ammettere, ma Gally aveva ragione. Non conosceva affatto Auschwitz e se doveva salvare Thomas aveva bisogno di qualcuno che lo conoscesse. Avrebbe preferito un'altra persona che non fosse Gally, ma come si dice: a mali estremi, estremi rimedi.
"Va bene" disse sbuffando "sei dei nostri".
"Perfetto. Quando si parte?".

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