8.
Trascorsero dei giorni e Malamente se ne stava sempre chiusa in sé stessa, assorta nelle sue riflessioni. Il non sapere cosa stesse succedendo fuori dall'IPM la innervosiva molto, anche perché l'avvocato non le aveva fatto una buona impressione, a partire dalla stretta di mano – lei era convinta che chi aveva la coscienza pulita aveva un modo decisamente più deciso di scambiare strette. Inoltre, 'a signora, sembrava contraria alla sua difesa, forse perché non si fidava di lui? Oppure perché non le perdonava di averle ucciso il marito? Queste e tante altre idee si affollavano nella mente della moretta.
Silvia, Gemma e Kubra ogni tanto provavano a farla inserire nei loro discorsi, ma senza riuscirci più di tanto; la ragazza sembrava stare molto sulle sue.
«Ma che tene?» domandò la corvina alle altre due compagne, indicando la cella della Aiello.
«Non lo so, Silvia, secondo me è andato male il colloquio. Sta così da allora.» sostenne Kubra.
«E allora deve essere successa qualche altra cosa. Secondo voi, che putimm' fa pe l'aiutà?» suggerì la napoletana.
«Non credo molto. Ha un carattere assai particolare, e non penso che si faccia aiutare tanto facilmente.» confermò Gemma in un sospiro.
«Vabbuò, ma 'na soluzione l'amma truà.» insistette l'amica.
Le tre restarono in silenzio a osservarsi l'una con l'altra, mentre fuori si sentivano le grida dei gabbiani che stavano volando a pelo d'acqua.
Dall'altro lato del corridoio, perfino Viola sembrava non provare più tanto interesse nello stuzzicare la compagna.
«Malamente, Malamente, sai che non fa bene rimuginare troppo nei pensieri?» la punzecchiò dopo pranzo, quando avevano fatto ritorno nei propri alloggi.
«Viola, nun te ce mettere pure tu.»
«Che c'è poi da pensare? Hai ucciso tuo padre, non dovresti pentirtene se lo hai fatto.» continuò a provocarla con uno strano scintillio negli occhi, sedendosi sul suo letto.
Al solo sentire quella frase a Malamente le venne un colpo allo stomaco, e si girò dall'altra parte.
«Ma che cazz' ne vuò sapè tu?»
La rossa ridacchiò.
«Lo so perché io l'ho provato. Ho ucciso e non ho sentito nessun rimorso. E ho ucciso la persona che più amavo al mondo.» le confessò seria.
La moretta si voltò di scatto, guardandola schifata, increspando la fronte.
«Allora è vero quando dicono ca sì 'na pazza.»
Viola sorrise con fare mellifluo.
«Meglio essere pazzi che noiosi.» concluse.
«Lassamm' perde.» ribatté la moretta, girandosi di nuovo a guardare il mare.
Il caldo si faceva sentire con sempre maggiore prepotenza e quella fine di maggio sembrava ormai di essere già in piena estate. Malamente non amava quella stagione – le alte temperature le facevano mancare il respiro e l'unica cosa che amava di quel periodo era la villeggiatura che faceva fin da bambina.
Provò a leggere qualche pagina del suo libro, ma teneva a fatica gli occhi aperti. Sentiva le palpebre calare da sole e uno strano senso di pesantezza l'aveva avvolta.
Nunzia, la guardia del settore femminile dell'IPM, dall'aspetto bonaccione e allegro, sollecitò le ragazze a scendere per l'attività della giornata.
Come ormai d'abitudine c'era il giardinaggio da portare a compimento, Malamente sentiva ancora le membra pesanti, ma non poteva evitare di accodarsi alle compagne.
Raccolse i capelli lisci, che per l'umidità le erano diventati leggermente crespi, in una coda di cavallo e prese la bottiglietta d'acqua che tracannò tutta in pochi sorsi. Aveva un pantaloncino di tuta e una canotta rossa che la aiutavano a combattere l'afa. Al collo, la collanina d'oro di suo fratello, che le dava la forza di resistere in quel luogo.
Pensare di avere il mare a pochi passi, in una delle più splendide insenature del golfo di Napoli la faceva rosicare – sentiva le onde infrangersi sugli scogli, il rumore del vento che faceva increspare la superficie dell'acqua e un odore salmastro che risaliva e penetrava fin dentro le finestre del penitenziario.
Disfò la coda e raccolse in un gesto meccanico i capelli mentre si predisponevano attorno alle aiuole. Stavolta, erano scese prima le ragazze e lei, per non farsi trovare impreparata, aveva già cominciato a sistemare la piantina che le era stata assegnata, aggiungendo un po' di sabbia al terriccio, in quanto aveva saputo che aiutava le radici a crescere forti.
I futuri girasoli erano ancora allo stadio embrionale – aveva saputo da Sofia che quei fiori impiegavano circa tre mesi per fiorire e lei non aveva tanta pazienza, non l'aveva mai avuta in tutta la sua vita, figuriamoci per attendere un fiore.
Con diligenza, andò alla fontanella per riempire l'annaffiatoio di acqua fresca; con l'occasione, si sarebbe rinfrescata anche lei la testa.
I ragazzi scesero scortati da Lino e subito, sotto lo sguardo attento di Sofia, cominciarono a prendere il necessario per il compito.
Di Salvo si avvicinò alla piantina condivisa con Malamente e attese che lei tornasse con l'acqua.
La moretta gli fece un mezzo cenno di saluto che lui ricambiò a stento.
«Stai ancora in modalità silenziosa?» lo punzecchiò, mentre innaffiava il vaso.
«No, no. Aspettavo a te che mi dicessi qualcosa.» confessò con sincerità, imbarazzandola un pochino.
«Io? E che t'aggia ricer'?»
«Mh, famme pensà.» e si mise un dito sul mento per far finta di riflettere, poi proseguì. «Le opzioni sono varie – 1 mi mandi a fanculo, 2 mi dici che non tieni genio 'e parlà, 3 mi dici che parli solo con persone strettamente selezionate che meritano la tua attenzione, tra cui, quindi, nu' penz' 'e essere incluso.» tenne il conto con le dita, mentre incatenava il suo sguardo a quello della ragazza.
Lei non riuscì a sostenere i suoi occhi e abbassò subito il volto.
Il riccio fece una mezza risata amara.
«Allora, Malamè? Quali delle tre alternative preferisci?» la punzecchiò, continuando a osservarla con attenzione.
«Mh, sono tentata assai di mandarti a fanculo, ma ti sorprendo stavolta dicendoti che non è poi accussì male parlà cu te.» asserì, stupendosi lei stessa di quanto appena pronunciato.
Il moro strabuzzò gli occhi e il viso gli si aprì in un ampio sorriso che coinvolse anche le iridi facendogliele brillare ancora di più e rendendo ancora più difficile per Malamente ricambiare il suo sguardo.
«Uà, e c'rè? Ecco perché oggi fa accussì cavr? O è proprio per colpa del caldo che hai detto 'sta cosa?» ribatté scherzoso.
Nonostante il rossore che le cominciò a colorarle le guance, anche lei fece un mezzo sorriso e lui si sentì scaldato come da tanti soli assieme dall'interno. A nulla c'entravano le temperature della giornata.
«Sì, ma non ti ci abituare, ij so' semp' Malamente, 'ncazzata co munn'.»
«Per carità, non sia mai che po' m'abituo troppo.» replicò, sempre con il sorriso sulle labbra.
Malamente non sapeva se fosse il forte caldo o le parole e gli occhi di Carmine, ma stava davvero cominciando a sudare e non riusciva a smettere di fissare il suo viso. Non se ne era mai accorta prima, ma aveva gli occhi che parlavano da soli e, quando gli aveva sorriso, si erano accesi di una nuova luce, che glielo stava mostrando sotto una nuova ottica.
Aveva queste iridi scure e profonde che potevano farla perdere, ma che le davano una sensazione di calma e pace, due stati d'animo che lei non riusciva più a provare ormai, e che lei non poteva fare a meno di fissare, come attratta da uno strano magnetismo.
Anche se le richiese tanto sforzo, riuscì a tornare con l'attenzione alla piantina, provando a darle da bere con l'acqua che aveva raccolto e che, ormai, era diventata calda. Poi si portò in maniera nervosa i capelli fuoriusciti dalla coda dietro l'orecchio.
Cominciò ad annaffiarla e, con la testa tra le nuvole, non si accorse che la stava di nuovo allagando.
«Malamè statt' accorta.» le disse il suo compagno, poggiandole una mano sulla sua e lei si sentì vibrare.
«Malamè?» la richiamò.
«Malamè?»
Si sentì chiamare e scuotere da qualcuno e aprì gli occhi. Era Liz. E lei si trovava sul suo letto. Doveva essersi addormentata.
Scattò a sedere sul materasso e il gesto le fece girare la testa.
«Oh, Liz, che vuò?» le chiese, massaggiandosi le tempie.
«Che voglio? Devi scendere assieme alle altre per andare in cortile a fare giardinaggio.» la informò la guardia.
«Ae, cu stu cavr?»
«Malamè, datti una mossa. Le altre sono già scese, mentre tu dormivi. Muoviti, ja, che Sofia non è paziente.» la esortò.
Ma lei si sentiva ancora scombussolata dal caldo e soprattutto dal sogno.
Che cazzo le era venuto in testa di mettersi a fantasticare proprio su Di Salvo? Con tutti i guai che aveva per la testa, ci doveva mettere pure l'ansia per un sogno del cazzo? Scosse la testa e, dopo aver raccolto i capelli nella solita coda alta, seguì Liz per scendere giù.
Raggiunse le compagne e fu subito rimproverata dall'educatrice.
«Aiello, con calma, eh?» le urlò contro mentre lei si avvicinava. «Muoviti, che aspetti?»
«Ecco, ecco.» rispose.
C'erano già tutti, sia maschi che femmine e alcuni erano già vicino ai vasi che gli erano stati affidati.
«Buongiorno principè.» era Edoardo che le si accostò, mentre lei si rifaceva la coda per l'ennesima volta.
«Aeeeee, ecco pur' a chist'.» ricambiò alla sua solita maniera e lui ridacchiò.
«'O sacc' ca si semp' cuntenta e me verè.»
«Uà, non sai quanto.» obiettò sarcastica.
Mentre chiacchierava con Conte non era riuscita a resistere dal lanciare un'occhiata nella direzione di Carmine Di Salvo, che era stato l'oggetto del suo sogno e che adesso la imbarazzava tantissimo, considerando che ancora ricordava le strane emozioni che le si erano alternate mentre dormiva.
«Conte, torna al tuo posto.» affermò decisa l'educatrice.
«Che pall'. Ce verimm' a ropp' principè.» e le mandò un bacio con la mano, facendole alzare gli occhi al cielo.
Lei sospirò e si fece coraggio per andare al suo posto, sotto l'attenta visuale del suo compagno di attività.
Gli si fece vicina e indossò i guanti, evitando ogni contatto visivo con lui.
«Che dici, ci mettiamo un po' di sabbia, come ci aveva detto Sofia l'ultima volta?» suggerì lui, spezzando il silenzio.
«Ma miettece chell' ca vuò.» replicò lei, incrociando le braccia.
Lui sbuffò.
«Agg' capito, pure oggi staj 'e male cervella.» affermò sconfitto, abbassando le spalle.
«Appunto, e nun te ce mettere pure tu, Di Salvo.» lo ammonì, appoggiandosi al muro e accendendosi una sigaretta.
«Vabbuò, comme vuò tu.» e si mise a lavorare senza di lei.
Malamente si sentì terribilmente in colpa, ma allo stesso tempo, sapeva che quello era l'unico modo per evitare di stare in ansia e di dover stare attenta a quello che diceva. Lei non ci sapeva fare, nella sua vita aveva sempre dovuto mostrarsi forte e indifferente a tutto, solo così era riuscita a sopravvivere in una famiglia come la sua. E non sarebbe stato certo un cazzo di sogno a farle cambiare idea.
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ciao a tutt*,
se vi state chiedendo il perché della canzone come sfondo di questo capitolo è perché mi serviva una canzone 'cazzuta' che esprimesse il mood di Malamente e questa mi è sembrata perfetta, poi è anche girl power che non fa mai male :DDD
inoltre, shut down mi sembra proprio come quello che sta facendo la nostra protagonista, cioè il chiudersi al mondo.
che ne dite del capitolo? vi sta piacendo? fareste come Malamente al suo posto oppure l'opposto? :DDD
se la storia vi sta piacendo, e grazie ancora delle 1K visualizzazioni <3 vi chiedo di sostenerla con una stellina, grazie **
Effy **
PS. ma quanto è bella Natalie in versione Malamente con coda e sguardo cazzuto? :DDD **
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