7.

Il giorno in cui Malamente ebbe il colloquio con il suo avvocato, avvenne pochi giorni dopo la sua visita nell'ufficio della Vinci.

Si trovava nella sua cella, quando Liz venne a chiamare tutte le ragazze per farle scendere in cortile per riprendere l'attività di giardinaggio. Malamente aveva evitato di tornarci la volta precedente, memore di quanto era successo.

«Ma nun pozz' rimane accà?» provò a chiedere alla guardia.

«Cammì, Malamè, nun fa semp' a scassauallera.» le rispose Liz, facendola sbuffare.

La moretta dovette cedere, stavolta, e si mise in fila con le altre compagne per scendere dabbasso.

Quella mattina di metà maggio sembrava di essere già in piena estate: c'era un sole che rendeva praticamente difficile non stare all'ombra e il mare dalla finestra riluceva facendo venire voglia di tuffarsi al suo interno.

Erano quelli i momenti in cui la non libertà pesava come un macigno nel cuore di ciascuno dei minori dell'IPM.

Malamente aveva raccolto i lunghi capelli lisci in una coda alta, aveva arrotolato le maniche della sua t-shirt oversize con la copertina di "The dark side of the moon" dei Pink Floyd infilata in un pantaloncino di jeans nero.

Appena uscì all'aperto si schermò con le mani e si affrettò a raggiungere l'ombra assieme alle altre.

«E co', che cazz' te spingi?» le disse una delle ragazze Rom che erano detenute.

«Lassala sta.» intervenne Silvia a difenderla.

«Ma che cazz' vuò tu?» ribatté Malamente, ignorando l'amica.

«Tu può esse pure a principessa de' Ricci, ma accà ddint' sì tale e quale a me.» continuò la zingara.

«Ij nun so nisciuna principessa, miettetell' n'cap'. Ij me chiamm' Malamente e assì nun te liev' a nanzi t'ho facc abberè.» la sfidò la moretta.

«Sta stronza!»

«Sta cessa!»

«Oè, e basta, acchè sso sti pparole?? Fate le brave, che Sofia tiene la mano pesante.» si intromise Liz, per evitare ulteriori casini.

Le due detenute si guardarono in cagnesco, ma si allontanarono, posizionandosi l'una opposta all'altra, appena in tempo, perché si stava appena avvicinando la nuova educatrice con il gruppetto dei ragazzi.

Subito Edoardo non perse occasione per posizionarsi vicino alla Aiello.

«Buongiorno, principè. Quant' si bella oggi.» la salutò con la sua solita espressione sorridente.

«Ci mancavi solo tu.» gli rispose, alzando gli occhi.

«E 'o ssacc' ca te mancavo, principè.» fece lui, travisando le sue parole.

«A vuò fernì e me chiamà principessa?» replicò scocciata.

Lui ne rise ancora di più e si accese una sigaretta.

«E comm' t'aggia chiammà? Malamente? Pe me nun sì malamente, ma 'na principessa.» dichiarò sbuffandole del fumo in faccia in maniera sfrontata.

«Edoà tu tien' a capa sul pe sparter' 'e recchie.»

Ma suo malgrado le sfuggì un sorrisino, che non passò inosservato.

«O sacc' ca te piace quann' te chiamm' accussì.» le sussurrò sottovoce.

«Allora, ragazzi, non perdiamo tempo. Riprendete la piantina con cui stavate lavorando la volta scorsa. Ormai sapete cosa fare.» tuonò Sofia, sovrastando tutte le altre voci.

Malamente si allontanò da Edoardo e si avvicinò a Carmine, che intanto aveva già preso tutto il necessario per il giardinaggio.

Lei cominciò ad ammutolirsi, come era solita fare non appena si accostava al riccio. Di solito era quest'ultimo che in qualche modo trovava occasione per scambiare qualche parola con lei, ma quell'oggi era più silenzioso del solito.

Le aveva passato i guanti e aveva cominciato ad innaffiare la pianticella che era stata loro affidata, aggiustandola con del nuovo terriccio.

La moretta lo osservava in silenzio, sentendosi più a disagio del normale. Lui sembrava ignorarla, seguitando a lavorare senza che lei si intromettesse.

«C'rè, tann' muzzecat' a lengua?» gli domandò dopo una decina di minuti, stanca del perpetrarsi del suo essere taciturno.

Lui sobbalzò, poiché non si aspettava che fosse lei a rivolgergli la parola per prima.

«E che ne sacc', pare semp' ca stai 'ncazzata cu mme.» rispose, senza nemmeno guardarla.

«Ij stong' 'ncazzat' co munn, Di Salvo.» ammise.

«Ogni tanto potresti pure allenta', però.» suggerì.

«Sul' co chi so mmerita.»

«E Edoardo se lo merita?» chiese, guardandola di sottecchi.

Lei si sentì punta sul vivo.

«Che bbuò ricer'?» chiese a sua volta, piccata.

«E io me lo merito?» rispose con un'ulteriore domanda.

«Aiello, a colloquio!» fu Lino ad interrompere quella strana conversazione tra i due.

«Buona fortuna, Malamè.» le augurò il riccio, mentre lei ancora sembrava confusa.

«Gr... grazie.» rispose, allontanandosi.

Aveva il cuore che le batteva a mille, era super agitata per quello che il suo avvocato le avrebbe detto. Inoltre, a ciò si aggiungeva il fatto che non sapeva se la direttrice avrebbe mantenuto o meno la promessa di non farla parlare con sua madre. Dulcis in fundo, adesso aveva anche la testa confusa per le strane domande che le aveva rivolto Carmine.

"E Edoardo se lo merita?"

"E io me lo merito?"

Che voleva dire? E soprattutto, perché mai a lui avrebbe dovuto interessare con chi lei decideva di parlare? E perché avrebbe dovuto dargli fastidio se lei faceva la stronza con lui? Più ci si spremeva le meningi sopra, più non ci cavava un ragno dal buco.

Percorse i corridoi e salì le scale che portavano fino alla sala dei colloqui, da una parte sollevata perché le strane domande di Di Salvo, l'avevano stranamente aiutata a sconfiggere un po' di ansia che si portava dietro da quando aveva avuto l'incontro con la Vinci.

Entrò nella sala e trovò un uomo sulla sessantina con i capelli grigi, in un completo blu gessato dall'aria costosa ad attenderla.

«Buongiorno signorina Aiello, permetta di presentarmi, sono l'avvocato Fabrizio Consenti, sono stato contattato da suo zio, Salvatore Ricci, per difenderla.» si presentò, porgendole la mano.

Gliela strinse e nel farlo si accorse che era sudaticcia. Dovette resistere all'impulso di pulire la sua sul jeans.

«Buongiorno, avvocato. Non l'ha chiamata mia mamma, allora?» andò subito diretta alla domanda che le premeva più di tutte dal momento in cui aveva sentito la sua presentazione.

L'avvocato sospirò.

«Beh, signorina, sua madre è in pieno lutto, dopotutto ha appena perso un marito.» la difese.

«Chill' era nu 'nfame!» sbottò, mettendo le mani sul tavolo.

L'avvocato indietreggiò.

«Suvvia, si calmi, stiamo sempre parlando di suo padre.»

«Avvocà, non ci siamo, se mi deve difendere lo deve fare a modo mio, sentendo le mie ragioni.» replicò, sembrando molto più grande dei suoi diciassette anni.

«Signorina, per favore, stia tranquilla. Io qui sono esclusivamente per il suo interesse. Diremo al giudice che si è trattato di un atto di legittima difesa.» la rassicurò, allentandosi il nodo della cravatta.

«Mammà che dice? È d'accordo?»

«Ecco, vede, sua madre è ancora molto scossa, ma sicuramente si riprenderà quando verrà a testimoniare al processo. Purtroppo, il suo fratellino è troppo piccolo per poter essere inserito tra i testimoni, ma sicuramente la signo...»

«A signora è na stronza! Che pensa acchiù c'agg accis' a patemo, e no ca agg' accis' a nu mostro!»

«Non si preoccupi, mi creda, anche suo zio è d'accordo con me che al processo non ci saranno problemi. Per ora stia tranquilla e cerchi di non innervosirsi. Penseremo a tutto noi.» continuò a provare a confortarla.

«Avvocà, ij so semp' stata a sola e nun m'agg' mai fidato e nisciuno.»

Lui fece un sorrisetto mellifluo.

«Da adesso non lo sarà più. Ha tanti angeli custodi.»

«Angeli ca facc' 'e diavoli, però.» concluse, alzandosi.

«Signorina Aiello, mi farò sentire presto. Per il momento, ascolti il mio consiglio. Arrivederci e passi una buona giornata.» e le porse di nuovo la mano, che lei stavolta non strinse.

«Buona giornata, pur' a vuje, avvocà.» lo salutò, prima che Lino la riportasse in cella.

Nel tragitto fino ai suoi alloggi non fece altro che ripensare a quanto successo e cominciò a immaginarsi un pochino come stessero andando le cose fuori da quelle mura – sicuramente sua madre, così com'era sempre stata succube di suo padre, accettava a malapena di difenderla e si era rifugiata sotto la protezione di suo fratello. Eppure, Malamente non si fidava nemmeno dello zio, che ce l'aveva con suo padre per essersi alleato con gli stranieri e aver gestito delle piazze senza il suo consenso.

Gli animi si erano accesi e lei si sentiva in balia di una lotta esterna.

L'unica speranza poteva essere, forse, che Don Salvatore le era grato per aver tolto di mezzo un rivale importante e forse voleva davvero aiutare sua nipote per aver fatto il lavoro sporco al posto suo. Ma 'a signora'? Si era completamente assoggettata al fratello, oppure stava tramando qualche altra cosa alle spalle di tutti?

Si buttò sul letto, con la testa piena di domande, dubbi e ipotesi di intrighi.


⚠️ATTENZIONE⚠️: quest'opera è protetta da copyright © - sono vietati plagi, anche in modo parziale.


***

ciao a tutt*,
eccoci con un altro capitolo di questa storia, dove ci addentriamo un pochino nella vicenda del post-omicidio di Malamente, che ne pensate?
e soprattutto che ne pensate del triangolo Carmine-Malamente-Edoardo? :DDD
fatemi avere le vostre impressioni e se la storia vi sta piacendo, supportatela con una stellina ** grazie 
Effy 

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top