2.
La guardia scortò Malamente fino al piano superiore, dove si trovava l'ufficio della direttrice dell'IPM, Paola Vinci.
L'ambiente era molto luminoso, con vetrate che davano direttamente sul porticciolo e sull'affascinante scorcio di mar Tirreno del golfo di Posillipo.
La donna con lunghi capelli biondi raccolti in una coda alta era seduta dando le spalle al prezioso panorama; il tailleur pantalone contribuiva a conferirle un'aria austera, il bastone era poggiato alla grande libreria sul lato, e la bionda scartabellava tra le pratiche dei detenuti.
La guardia di nome Lino si fermò e bussò un paio di colpi alla porta.
«Direttrì? È permesso?» gridò dall'altro lato.
«Avanti.» rispose l'altra.
Lino fece cenno con lo sguardo a Malamente per farla entrare prima di lui e la ragazza obbedì.
«Le ho portato la Aiello.» continuò l'altro.
«Accomodati.» fece la direttrice, indicando la seduta davanti a sé.
Malamente obbedì e Lino uscì, lasciandole da sole.
«Aiello, stavo proprio leggendo la tua storia.» le disse, abbassando lo schermo del pc.
«Vi siete fatta due risate?» ribattette con un sorriso di sfida.
«Non farei molto la spiritosa se fossi in te.»
«Avete detto bene direttrì, non siete me.» rispose spavalda la ragazzina.
«Aiello, hai ucciso un uomo, tuo padre.» fece seria.
«No, agg' accis' a n'omm e mmerd!» sputò fuori con rabbia.
«Aiello, era tuo padre, anche se un criminale.»
«Invece, dovreste essermene tutti riconoscenti, ho tolto di mezzo nu strunz', agg' fatt' ij a fatic' vost'!»
«Se ti trovi qui, Aiello, è perché sei ancora minorenne, e anche perché qui crediamo che una seconda possibilità vada data a tutti.» le spiegò con calma, ignorando volutamente le parole della detenuta.
«Ci sono persone che sono senza speranza, direttrì.» asserì seria.
«Ti ritieni un caso senza speranza?»
«Credo che dobbiate salvare chi se vo' fa salvà.»
«Invece, io credo che tutti voi meritiate di vivere una vita degna di essere vissuta e con te non sarò da meno.» continuò la maggiore, mentre l'altra sbuffò.
«Seguirai le attività e i laboratori come tutti i tuoi compagni. Ti farò sapere io quando potrai ricevere visite ed essere contattata dal tuo avvocato. Per il momento è tutto.» continuò la direttrice.
«Direttrì con me potete pure lascià perder', 'o sapet' cumm' me chiamman'? Malamente. I' so' nata accussì, cu' sang' malamente rint' e ven'.» e le indirò il polso sinistro.
«Malamente, eh? Staremo a vedere. Puoi andare, Aiello.» la congedò.
La ragazzina sorrise alla noncuranza della direttrice sulle sue parole e si alzò.
La guardia che la attendeva fuori dell'ufficio era una donna, stavolta.
«Signorina Malamente, prego.» la scortò verso le scale e lei la seguì.
«Qua è dove fate le attività all'aperto, ne stiamo organizzando delle nuove con la bella stagione, e se vi comportate bene Beppe vi porta pure in barca.» le disse indicandole il cortile dove c'era il campetto di calcio alle cui spalle si intravedevano i magazzini.
«I' nun vogl' fa nient'.» concluse Malamente, facendola sorridere.
«Malamè, me l'avevano detto che ssi una che scass' o' cazz'! Ma vedi di comportarti a modo, per amore della pace. Facc' sta tranquilli accà ddint'.»
Ripercorsero il tratto che aveva fatto prima con l'altro agente e rivide il gruppo dei ragazzi – adesso che poteva osservarli meglio, notò come, oltre a Edoardo Conte, ci fossero anche altri volti conosciuti alla malavita napoletana. C'erano 'o Pirucchio, l'amico di suo cugino Ciro, anche se, stranamente, non si trovava vicino a Edoardo, ma dall'altra parte, assieme a un altro ragazzo che aveva subito riconosciuto, dopotutto, abitavano nello stesso quartiere e anche lui proveniva da una delle famiglie più importanti di Napoli, i Di Salvo. Si trattava, infatti, di Carmine Di Salvo, detto 'o Piecoro, l'ultimo figlio di donna Wanda, detenuto lì per aver ucciso i figli di due boss, Nazario Valletta e suo cugino Ciro, per l'appunto.
La guardia le diede una spinta per farla muovere, perché a quanto pare nel guardare meglio gli altri detenuti, si era fermata, suo malgrado.
«Wè, datti una mossa, piccerè.» la esortò.
«Liz, non trattare male le nuove arrivate, dovresti dare loro il benvenuto, o vuò cà c'ho donc' ij?» si avvicinò loro di nuovo Conte, con la sua solita aria sicura, fumando una sigaretta.
«Edoà, vatt' a cuccà.» ribattette la poliziotta di nome Liz con un sorriso.
«Sul' si tu vien' cu me!» le rispose il ragazzo con un ghigno beffardo.
«Ma vavattenn'.» replicò la guardia, scansandolo con una mano.
«Principè, l'invito è valido pure pe' tte!» stavolta si rivolse a Malamente, soffiandole sfacciatamente del fumo in faccia.
«Ma accirt'!» gli rispose Malamente, sfuggendolo e facendolo ridere ancora di più.
«Ci vediamo presto, Malamè.» la salutò con un bacio e lei ricambiò con un dito medio.
Prima di entrare nell'edificio femminile, Malamente gettò un'ultima occhiata dietro di sé, e notò che Di Salvo la stava osservando con uno strano sguardo.
Lei si voltò all'istante e si incamminò all'interno della struttura.
Liz la stava scortando nell'ala femminile dell'IPM, e dopo averle dato delle lenzuola pulite, le fece strada verso la sua cella.
Entrarono in un lungo corridoio grigio, ai cui lati sorgevano le celle delle detenute: alcune erano con un letto a castello, altre ancora con tre letti.
Malamente fu scortata fino a una delle stanze con due letti; notò che quello di sopra era già occupato, ma a lei poco interessava. Era sempre stata una solitaria, il suo motto, infatti, era 'meglio un lupo solitario che un cane servile'.
Liz le stava parlando spiegandole un po' le attività di quella giornata, ma lei non aveva ascoltato nemmeno una parola, si era messa davanti alla finestra a osservare il mare da dietro le sbarre.
«Uagliò, e capit?» insistette la poliziotta.
«Che?» rispose semplicemente.
«Oggi cominciate con l'attività di giardinaggio e poi avete la barca da mettere in sesto, accussì po' ve n'i at' a fa cocc' viaggett'.»
«Pe chell' ca me ne fott'.» ribattette serafica la ragazza e la guardia le gettò un'occhiata consolatoria per poi lasciarla sola.
Malamente sistemò le cose che aveva portato nel suo zainetto dentro l'armadio che aveva trovato vuoto, poi prese il suo Ipod, le cuffiette e un libro e si sedette alla scrivania sotto la finestra a leggere, con il mare da sfondo.
L'aveva sempre amato, i momenti passati in villeggiatura erano sempre stati i suoi preferiti, forse perché lei e Michelino ci andavano con la tata e potevano stare due mesi interi lontani dalle faide di famiglia e, soprattutto, lontani da 'o Riavl'.
Aveva portato con sé pochissime cose, era riuscita ad afferrare al volo gli oggetti a cui era più affezionata, tra cui il suo libro preferito, Il Signore degli Anelli.
Lo stava rileggendo per l'ennesima volta, la lettura era l'unica certezza della sua vita – sapeva che se le cose andavano male nella realtà, poteva rifugiarsi nelle storie scritte da altri, immergersi nelle avventure dei suoi protagonisti e dimenticare un pochino i suoi problemi e le brutture vissute.
Accolse con gioia i fermenti degli abitanti di Hobbiville nella festa tanto attesa per il compleanno di Bilbo Baggins; anche rinchiusa nelle quattro pareti del carcere, poteva evadere con la mente fino nella Terra di Mezzo, con il mare a farle da sottofondo musicale.
⚠️ATTENZIONE⚠️: quest'opera è protetta da copyright © - sono vietati plagi, anche in modo parziale.
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ciao a tutt*,
allora che ve ne pare di questo secondo capitolo? **
non vi nego che non essendo molto il mio genere non sono abituata a scrivere di queste cose e ad uscire dalla mia comfort zone del rosa-fantasy ** :DDD
ad ogni modo, spero che vi stia piacendo, e se vi va, lasciate pure una stellina per supportare la storia **
Effy
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