19.
Malamente aveva ottenuto il famoso permesso imposto dalla direttrice quasi per disperazione; una parte di lei non avrebbe mai voluto uscire dall'IPM, poiché lì, nonostante tutto, si sentiva al sicuro, mentre fuori non sapeva cosa stesse succedendo e cosa la stesse attendendo. 'A signora non si era fatta per niente sentire e lei, sebbene grata della strafottenza nei suoi riguardi da parte del genitore perché in quel modo aveva evitato un faccia a faccia che le avrebbe recato soltanto ulteriore sofferenza, non riusciva a immaginare che tipo di accoglienza avrebbe ricevuto una volta tornata a casa. L'unica cosa positiva era che avrebbe rivisto il suo amore, Michelino.
La macchina della polizia, dopo alcuni minuti imbottigliati nel traffico dei vacanzieri su via Posillipo, riuscì a scortarla fino all'inizio del quartiere Stella. Lei scese e, non appena mise piede fuori dalla vettura, cominciò ad agitarsi. Non attraversava quelle strade dalla fatidica sera di inizio maggio.
Inforcò lo zainetto, fece un paio di respiri profondi, sperando che la aiutassero a calmare il battito accelerato del cuore e i nervi a fior di pelle. Fu di poco supporto, in quanto, il solo respirare quegli odori tipici del rione, il vociare costante delle persone e il viavai frenetico per le stradine strette che si inerpicavano in alto, la gettarono in uno stato di estrema inquietudine.
Inoltre, il caldo di quella mattina di fine luglio le si appiccicava addosso, rendendo ancora più difficile respirare. Era sudata, non sapeva se per le temperature esterne o per l'ansia interiore e continuava a sfregarsi i palmi delle mani.
Provò a schermarsi dal sole, cercando di camminare il più possibile passando attraverso le zone d'ombra.
Seguì i suoi passi che, in modo automatico, raggiunsero palazzo Aiello che si stagliava rispetto a tutti gli altri per la sua maestosità e bellezza; i colori giallo ocra e verde edera contribuivano a conferirgli un aspetto spagnoleggiante. Le budella cominciarono ad attorcigliarsi – quanto più si avvicinava, più le tornavano in mente dei flashback che il suo cervello non era in grado di rimuovere.
Si tolse gli occhiali da sole Rayban vintage che poggiò sulla testa a mo' di cerchietto e cominciò a rovistare nella borsa in cerca delle chiavi del portone, che trovò in fondo, dopo una buona manciata di secondi.
Aprì la porta e subito gettò uno sguardo al lungo corridoio, che era stata la scena del crimine qualche mese prima. Il cuore iniziò a rimbombarle nel petto come una sinfonia di tamburi senza sosta.
«Chi è?» chiese la voce familiare di sua madre, facendo capolino dalla cucina.
Lei si immobilizzò e non riuscì a emettere alcun suono; il solo rivederla le stava facendo rivivere tutte le scene che regnavano nei suoi incubi peggiori. Avrebbe voluto proteggersi e scappare via, ma non lo fece.
«Ah, sì tu.» le disse semplicemente la madre, dedicandole la stessa attenzione che di solito si donava a una mosca fastidiosa.
Malamente deglutì nel sentire il suono provenire dalla bocca del suo genitore.
«Michelino addò sta?» seppe domandare a mezza voce, facendosi coraggio.
«L'agg' mannat' in villeggiatura con n'amichetto suo. Accussì si svaga nu poc'.» rispose rientrandosene in cucina, in pratica come se non avesse avuto di fronte una figlia rinchiusa in un penitenziario minorile che non vedeva da tempo, seguitando a non mantenere il contatto visivo.
«E fatt' buon'.» asserì la moretta.
Le rispose un rumore di pentole, forse 'a signora stava trafficando ai fornelli. Decise però di non entrare dove si trovava Filomena, ma corse velocemente fino alla sua stanza e si chiuse al suo interno.
Si accasciò contro la porta e, ancora con lo zaino in mano, cominciò a piangere in modo silenzioso. Non si riconosceva più, non riusciva a sentirsi a suo agio nemmeno nel suo rifugio, che lei aveva sempre definito "l'antro", perché ogni altro ricordo impallidiva di fronte a ciò che era successo quella sera.
"Malamè nun fa accussì però, ja esse forte." si auto incoraggiò, mentre cullandosi con le braccia, si sussurrava quelle parole, allontanando le lacrime con il dorso della mano.
Le emozioni stavano strabordando dalla sua anima, dilaniando tutto ciò che trovavano sul loro cammino, come il fuoco durante un incendio, lasciandola tremante e senza forze. Provò a mettersi in piedi, ma dovette fare più di un tentativo; le gambe non la sorreggevano e dovette aiutarsi con le mani.
Quando a fatica riuscì a issarsi, fissò decisa l'ambiente che sembrava essersi cristallizzato nel tempo: la scrivania ancora colma dei libri fantasy che amava leggere e dei volumi scolastici su cui studiava, la libreria sovraffollata di tomi di ogni genere, lo stereo cd in alto e la cornice della foto sua e di Ciro da bambini, che facevano le smorfie con indosso le cuffie colorate a bordo piscina di villa Ricci, a Marechiaro. Uno strato di polvere ricopriva tutti i mobili e le suppellettili della camera.
Arrancò fino al letto e vi si tuffò, sparendo con il viso nel cuscino, con i capelli che selvaggi le ricadevano sul volto.
Erano mesi che sognava di tornare nel suo antro, leggere i suoi preziosi libri e dormire sul suo comodo materasso, ma adesso che si trovava lì sperava soltanto di andare via il prima possibile.
Provò a chiudere gli occhi e a tranquillizzarsi, augurandosi di crollare tra le braccia di Morfeo.
Ci riuscì per un'oretta buona, forse perché i troppi pensieri l'avevano sfinita o perché quel giaciglio era davvero accogliente, quando sentì bussare freneticamente alla porta.
Saltò su e si mise a sedere.
«C' re?» chiese strofinandosi gli occhi.
«Ij agg' ascì.» le urlò una voce dall'altra parte.
Tipico di sua madre, non la vedeva da mesi, pur di non avere contatti con lei aveva mandato perfino il fratellino in vacanza e adesso la stava lasciando sola.
«Vabbuò.» le gridò di rimando.
Quando sentì i passi del suo genitore allontanarsi, che si richiudeva l'uscio alle spalle, cominciò a rilassarsi.
Sebbene anche lei non avesse granché voglia di parlare con la mamma non poteva non essere dispiaciuta del fatto che l'aveva ignorata da che era entrata in casa. Non le aveva rivolto mezzo sguardo e le uniche cose che le aveva detto erano state relative a Michelino.
Sbuffò e in quel gesto c'era sia fastidio che sollievo.
Afferrò le cuffie e accese il tablet per poter ascoltare la sua playlist del cuore su Spotify.
Spesso erano le canzoni a parlare per lei e infatti, anche in quel caso, si fece aiutare dal pezzo che aveva scelto: "Gas Panic" degli Oasis.
Quando partì il ritornello alzò il volume al massimo e cominciò a cantare anche lei.
Cause my family don't seem so familiar
And my enemies all know my name
And if you hear me tap on your window
You better get on knees and pray
Panic is on the way.
Ripeté quelle parole, urlandole a squarciagola. Parlava di lei, di quello che le era successo, di ciò che provava. Non si sentiva più al sicuro da nessuna parte, anzi, paradossalmente, si sentiva più protetta in carcere che lì a casa.
I fantasmi del suo passato e i mostri che aveva nella testa lì prendevano vita e sembravano soffocarla con la loro presenza sempre più ingombrante. Percepiva, infatti, come un peso sul petto che le stava schiacciando i polmoni, togliendole il respiro e anche la capacità di ragionare in modo lucido.
Spaventata, decise di lasciare quel posto e quel senso di occlusione che stava provando. Agguantò lo zaino, ci mise dentro un paio di libri nuovi da leggere nei tempi morti dell'IPM, qualche ricambio di abiti e un costume e se ne andò, lasciandosi dietro le sue paure, sperando di chiuderle a chiave così come stava facendo con la serratura del portone.
Scese di corsa le scale e, quando si ritrovò di nuovo in strada, si sentì come se stesse ricominciando a respirare di nuovo dopo infiniti minuti in apnea.
Non sapeva dove andare, non aveva mai avuto punti di riferimento a eccezione di casa sua, della scuola e della biblioteca comunale.
Poteva andare verso Forcella, dove sapeva che avrebbe trovato Edoardo, anche lui in permesso in quei giorni. Ma per fare cosa poi? Il ragazzo l'avrebbe di certo riportata lì a casa, se non addirittura a villa Ricci, mentre lei voleva allontanarsi da tutto quel mondo di merda. Purtroppo, nonostante le vibes che il ragazzo le faceva provare, faceva parte anche lui del maledetto sistema.
Cominciò a guardarsi a destra e sinistra, imboccando la stradina a gradoni che scendeva verso il centro. Poteva andare al mare? Dopotutto aveva afferrato anche il costume, quindi forse a livello inconscio avrebbe voluto recarvisi.
Si sentiva disorientata e, nonostante il benessere iniziale per essersi allontanata da palazzo Aiello, adesso la stava assalendo un senso di confusione totalizzante. Perché si trovava lì? Perché aveva accettato di uscire dall'IPM? Perché in cuor suo, nonostante tutto, aveva sperato di trovare un po' di conforto in sua madre, che madre non si era poi mai dimostrata in vita sua?
La testa prese a girarle in maniera vorticosa e lei fu costretta a sedersi sul gradino di un palazzo disabitato all'inizio del suo quartiere. Il caos intorno non l'aiutava, anzi le sembrava come se il rimbombo delle macchine che sfrecciavano accanto veloci aumentasse il frastuono che sentiva nella testa e che il vociare dei passanti fosse un rumore indistinto, come se parlassero una lingua a lei sconosciuta.
Si prese la fronte con le mani, stringendosela come a voler tenere insieme i pezzi dei pensieri che sembravano scollati gli uni dagli altri e che spingevano per venir fuori. L'assalì anche la nausea e dovette chiudere gli occhi.
Un rumore di un motorino che correva sul selciato acciottolato le stava facendo amplificare il fastidio alla testa, quando poi, una frenata improvvisa si fece spazio tra la confusione del suo cervello.
Fu, dunque, con estrema fatica che riuscì ad alzare gli occhi per osservare la scena che aveva di fronte.
Il suo sguardo partì dal basso, scorgendo delle scarpe da tennis bianche alla fine di un paio di gambe abbronzate e muscolose, e più su, una t-shirt grigia con le maniche arrotolate che le era familiare e, il cuore le fece una piccola capriola, quando arrivò a ricambiare due iridi di uno scuro così intenso che la fissavano con un'espressione seria e preoccupata, e che lei conosceva fin troppo bene.
Quando, alla fine, riuscì a mettere a fuoco la figura davanti a sé, voleva quasi urlare per il sollievo di vedere un volto conosciuto proprio in quegli attimi di grande difficoltà.
«Che ci fai seduta qua per terra?.» domandò la voce calda e affabile del suo compagno all'IPM, Carmine Di Salvo, che in quel momento sembrò come balsamo che scorreva a incollare le crepe nella sua testa.
Di tutta risposta lei gli sorrise. Uno dei pochi sorrisi sinceri che molto probabilmente lei gli aveva mai rivolto, che le nacque in modo naturale e che fece riscaldare il cuore del ragazzo come il sole d'agosto.
«Dovrei domandarlo io a te, stalker.» trovò la forza di scherzare, ma Carmine fece un'espressione risentita. «Comunque, prendo aria.» confessò, alzandosi di scatto e dovette poggiarsi al muro, perché il gesto repentino le aveva quasi fatto perdere i sensi.
Il riccio si spaventò nel vederla impallidire, mise subito il cavalletto e scese per sincerarsi che stesse bene.
«Tutt' apposto?» chiese, avvicinandosi, mentre le poggiava una mano sulla fronte sudata.
Ogni cellula del corpo di Malamente vibrò a quel contatto inaspettato ma confortante.
Annuì.
«Adesso che sei qui, meglio.» sussurrò in un impeto di sincerità.
Arrossì, ma non appena pronunciò quelle parole capì che erano vere.
Lui, che ancora non credeva a ciò che aveva appena udito, si aprì in un sorriso che a lei ricordò un campo di girasoli in piena fioritura.
«Vieni con me.» le ordinò e lei non se lo fece ripetere due volte.
«Dove vuoi andare?» le chiese una volta che lei si mise comoda sul sellino.
«Portame addò vuò tu.» gli sussurrò quelle quattro parole e lui fu pervaso da mille brividi e da una serie di sorrisi che gli spuntavano automatici sulle labbra.
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***ciao a tutt*,
capitoletto un po' più lungo del solito ma non aveva senso spezzarlo :)
allora, se vi dico che la prima cosa che ho pensato di questa storia è stata questa parte centrale mi credete? nel prossimo, capirete e vi spiegherò meglio cosa mi ha ispirato, per ora che mi dite di questo capitolo? **
per forza di cose, assieme a quello che verrà è uno dei miei preferiti, ma sono curiosa di conoscere le vostre reazioni **
se la storia vi sta piacendo, vi chiedo di sostenerla con una stellina **
grazie **
Effy
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