15.
Edoardo seguì con lo sguardo Malamente. Gettò con impeto la sigaretta che stava fumando e sorrise, felice come non mai.
«Sofia?» la chiamò da lontano e quest'ultima si voltò, schermandosi gli occhi.
«Che c'è?»
«Posso andare al bagno?» le chiese con garbo nel timore che lei avesse potuto rispondergli negativamente.
«Vai, ma fa in fretta.»
Il cuore di Edoardo fece una piccola capriola nel sentire quelle parole e non se lo fece ripetere due volte, ma cominciò a correre per raggiungere i bagni del piano terra.
Con un po' troppo affanno, forse dovuto al troppo fumo, e con i battiti accelerati raggiunse l'interno, dove trovò, poggiata alla porcellana del lavandino, la Aiello intenta a rifarsi la coda.
«Te staje a fa bella pe mmè?» le sussurrò, facendosi sempre più vicino.
Malamente era agitata più di quanto non lo desse a vedere; il comportamento stereotipato del farsi e disfarsi la coda ne era un esempio.
La ragazza non si voltò, ma lasciò che lui le si facesse più vicino.
Edoardo si fermò a pochi centimetri da lei respirando il profumo dei suoi capelli e inebriandosene come se fosse la sua qualità preferita di droga.
«Tu me faje asci pazzo.» dichiarò tra un respiro e l'altro.
La moretta si sentiva bloccata lì, ancorata in quella posizione che le dava supporto e la manteneva in equilibrio. Sapeva che se avesse mosso soltanto un passo sarebbe potuta crollare e allora preferiva starsene così, nell'attesa che lui facesse qualcosa o che la lasciasse andare.
Anche in quel caso sembrava come se qualcun'altra stesse al suo posto e lei si stesse vedendo dall'esterno.
Il ragazzo le cinse la vita con le braccia e lei sobbalzò a quel tocco deciso e passionale, mentre seguitava a starsene ferma.
Allora Edoardo cominciò a baciarle l'orecchio, con calma e decisione, riempiendola di brividi e facendole venire freddo nonostante l'afa costante che aveva deciso di non abbandonarli.
Lei emise qualche mugolio di piacere e lui lo colse come un invito a proseguire.
Così, dall'orecchio passò alla guancia, lasciandole una scia di baci che le facevano piegare il collo per agevolarlo nei suoi movimenti, anche se continuava a non muoversi. Così, Conte si fece più insistente e con la mano sinistra le diede un colpetto per farla girare verso di lui.
Fu quanto bastava, in quel momento Malamente si sentiva persa, come se fluttuasse alla deriva sul mare che poteva guardare solo dalla finestra e la bocca del ragazzo fosse l'unica cosa che potesse aiutarla a rimanere stabile.
Felice per quella nuova sensazione, accolse con gioia le labbra del compagno sulle sue, anzi le bramava, facendosi lei stessa insistente. Le mani di Edoardo ora erano sul viso di lei per attirarla ancora più a sé, come se anche lui avesse bisogno solo di quello, mentre quelle della ragazza si aggrappavano alla schiena di lui.
«Malamè, accussì nu' capisc' cchiù niente.» riuscì a confessarle tra un bacio e un altro.
Lei sorrise ma non gli rispose.
Era come se una parte di sé desiderasse quel contatto e anche di più, mentre un'altra piccola parte volesse scappare via all'istante.
E allora aprì gli occhi.
«Edoà, aspiè...» riuscì a blaterare, nonostante avesse le labbra di lui appiccicate sulle sue.
«Pecchè?» chiese l'altro, sorpreso.
«S'è fatt' tardi. Mo ce vene a cerca' Sofia, ja turnamm' allà.»
«Che t'è pijat, Malamè?»
«Niente, amma ij a fernì l'attività.» si giustificò, mordendosi il labbro.
«Nun 'a saje proprio fa 'a buciarda.» la prese in giro e lei strinse gli occhi.
«Nun so' 'na buciarda. Agg' itt' 'o vero.» si difese.
«Ma che te ne fotte dell'attività? Ja rimanemm' accà.» e la tirò a sé da una mano.
«No, Edoà, veramente. Nun agg' fatt' nu cazz' oggi.»
«E vabbuò ha faticato 'o piecuro o posto tuoje.»
Lei sobbalzò, senza sapere se lo aveva fatto per aver sentito il soprannome di Carmine sulla bocca di Edoardo o per cosa.
«Che c'azzecc' iss'? Ij agg' fa a parte mia.» si difese, sentendosi punta sul vivo, mordendosi il labbro.
A Edoardo non sfuggì l'ennesimo stereotipo, ma decise di non voler indagare oltre.
«Vuò veramente turnà allà?»
Lei annuì.
«E vabbuò, ma sulamente se mi dai un altro bacio.» propose e lei alzò gli occhi al cielo.
«Cammina, nun fa 'o scemo. Anzi, fammi andare prima a me, non facciamo vedere che ce ne torniamo assieme.» aggiunse, facendogli scuotere la testa.
«Comm' vuò tu, principè.» cedette, lasciandole il passo.
La moretta sapeva di avere gli occhi accesi, le guance arrossate e i capelli fuori posto, quindi, come prima cosa si sciolse la coda, raccogliendosi le ciocche fuori posto in un'acconciatura più ordinata che non desse a vedere il suo turbamento interiore.
Edoardo la destabilizzava, eppure, non poteva fare a meno di cercarlo. Non sapeva perché e questa cosa la indispettiva.
«Finalmente! Ma quanto ci hai messo? La prossima volta scordati di andare al bagno!» la ammonì Sofia e lei abbassò lo sguardo, consapevole di essersi meritata la ramanzina dell'educatrice.
Tornò con le spalle basse alla sua postazione, ma non ci trovò più Carmine. Ebbe un leggero moto di delusione che camuffò per fastidio e perlustrò tutto il cortile con lo sguardo, fino a che non lo individuò vicino alla fontanella mentre si sciacquava le mani; quel maledetto movimento la ipnotizzava come sempre, i muscoli in risalto, assieme alle vene, mostravano la tensione del ragazzo, che dal momento in cui aveva sentito l'educatrice apostrofare la moretta, si era reso di nuovo consapevole di averla attorno.
Non voleva tornare da lei però, non voleva vederle il sorriso sul volto che lei riservava solo a Conte, così come non voleva assistere alle solite sbruffonerie del compagno, felice delle attenzioni che solo a lui erano destinate.
Sfregò con forza la palettina che aveva utilizzato per la pianticella di girasoli e, sempre con le spalle rivolte alla sua postazione, si allontanò per ritornare all'interno dell'IPM.
Voleva sentirsi gli occhi di lei addosso e voltarsi per vedere se lei si fosse accorta della sua assenza, ma era maggiore la volontà di non farsi del male e quindi, strinse i pugni, e si incamminò verso gli alloggi.
Malamente lo seguì fino a quando non lo vide scomparire, mordendosi il labbro e maledicendo la sua testa piena di pensieri. Solo in un secondo momento si rese conto che vicino alla piantina c'era un piccolo bigliettino a quadretti, mezzo sporco di terriccio.
Sgranò gli occhi incredula, poi si piegò per raccoglierlo. Lo pulì. Era ben chiuso e quando finalmente lo aprì rimase senza parole nel leggere quelle che c'erano scritte con una calligrafia stretta e sbilenca "Adoro i girasoli. Sanno sempre da che parte voltarsi."
Un calore che non aveva niente a che vedere né con il caldo né con il rossore al volto, la avvolse, sentendosi come su una terrazza illuminata dalla luce estiva pomeridiana.
Le salì in automatico un sorriso sulle labbra e si affacciò nella direzione dove aveva visto allontanarsi il riccio, provò a tendere la testa e a mettersi sulle punte, ma senza fortuna. Era scomparso.
Le aveva scritte lui quelle cose, chi altri avrebbe potuto? Si guardò intorno, stringendo quel bigliettino al petto. E solo allora si accorse che Edoardo non si era perso nemmeno un frame e la stava osservando accigliato.
La moretta deglutì e si voltò dall'altra parte, ripiegando il bigliettino e infilandoselo gelosamente in tasca. Anche da lì, quel piccolo pezzettino di carta riuscì a infonderle un'energia insolita.
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⚠️DISCLAIMER⚠️
Scusate se approfitto di questo spazio, ma volevo far presente che ho trovato delle cose simili alla mia storia in altre storie di Mare Fuori qui su Wattpad. Non voglio aprire una polemica, ma sinceramente sono stanca di trovare idee, scene o caratteristiche del mio personaggio (non mi riferisco a quelli della serie TV, ma al personaggio di Malamente inventato da me) addosso ad altri. Se proprio piace qualche mia idea, caratteristica, ecc, chiedo la cortesia di contattarmi in privato e chiedermi i crediti per poterle utilizzare, che sarò lieta di concedere. Scrivere comporta inventiva, creatività e sacrificio e sinceramente vedere riproposte scene e situazioni mie in altre storie mi fa molto storcere il naso.
Grazie e scusate il piccolo sfogo, ancora.
Effy **
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