14.

Il giorno dopo il bacio di Edoardo Malamente si svegliò come se le fosse passato un treno merci addosso: era dolorante e di malumore. Non era riuscita quasi per niente a chiudere occhio, anche perché non appena ci provava il suo subconscio le riportava a galla continuamente i flashback di ciò che era avvenuto dietro quelle maledette tende rosse.

Si sentiva scombussolata, come se qualcun altro avesse agito al suo posto, oppure come se un'altra parte di sé, di cui lei a malapena era consapevole, avesse tutt'un tratto preso il sopravvento.

Sbadigliò e si stiracchiò.

«Ben svegliata, principessina dei Ricci, tutto bene?» la salutò Viola, mentre usciva dal bagno sempre con il solito sguardo indagatore.

«Benissimo, sto un fiore.» le rispose, strofinandosi gli occhi.

La sua coinquilina fece una strana risatina e poi balzò sul suo letto come una iena sulla sua preda. Aiello indietreggiò.

«Non dire palle Malamente, ho sentito che ti lamentavi e ti giravi in continuazione. Che c'è? Pene d'amore?» chiese leccandosi le labbra.

«Tu stai tutta scoppiata.»

«Mh, non mi incanti cara, puoi fare la sirenetta ammaliatrice con gli altri, ma ricorda che Viola nota tutto.» e le si fece ancora più vicina.

La moretta deglutì, pensando che la rossa avesse davvero lo sguardo da pazza.

«Viola dovrebbe farsi cchiù e fatte soje, m' sa.»

«Malamente, Malamente...» e scosse la testa, «Non va bene tenere il piede in due scarpe, lo sai.» la stuzzicò.

«Che vuò dicer'?»

«Che non va bene giocare con due ragazzi contemporaneamente. Ho visto come ti guardano Conte e Di Salvo, sei come un frutto che se ne sta lontano sull'albero e che entrambi non vedono l'ora di cogliere. Adoro la tua abilità di giocare a questo gioco, ma attenta che puoi scottarti.»

Non appena la moretta sentì quei nomi uscire dalla bocca della rossa, le salì tutta la bile che la notte aveva aumentato e con una rabbia che nemmeno lei pensava di poter provare scansò con forza la rossa che torreggiava su di lei.

«Vaffanculo. E nun te permettere mai cchiù e dicer' ste strunzate che t'e ffacc' magnà.» soffiò, allontanandosi per rifugiarsi in camera delle sue amiche.

«La verità fa male, Malamente.» le urlò dietro la coinquilina.

Entrò come una furia nella cella di fronte, facendo sobbalzare Silvia che si stava pettinando e Gemma che era intenta a rifarsi il letto.

«Che è successo, ca staje comm' a 'na pazza?» le chiese Silvia, andandole in contro.

«Chella cessa e Viola.» rispose la moretta, buttandosi sul letto.

«C'ha fatt' chella stronza?» replicò sedendosi di fianco a lei.

«Dice sul strunzate e m'ammuina a capa appena mmatina.» spiegò.

Gemma e Silvia si guardarono e poi rivolsero la loro attenzione alla Aiello che aveva due occhiaie nere a contornarle gli occhi.

«Staje e male cervelle?»

«Pare che non hai dormito.» chiarì la ragazzina del nord.

«Ho dormito poco, ho avuto incubi tutta la notte.» replicò lei.

«E mo ce ne andiamo a fa 'na bella colazione e vir' comme t'arrepiglie.» la rincuorò la napoletana.

Malamente sospirò.

«Certi vvote me ve da cagnà cella. Ma se po fa?» domandò alle due.

«Sì ma lo devi chiedere alla direttrice e devi darle anche le motivazioni giuste però.» le rispose Gemma.

Malamente sospirò e chiuse gli occhi.

Motivazioni giuste? E cosa avrebbe potuto dirle alla direttrice? Che Viola si divertiva a rendere palesi dubbi e paure che albergavano nel suo cuore? Naaaa, era impensabile come cosa. Avrebbe dovuto starsene in silenzio e sopportare.

Anche perché in cuor suo lei sapeva che forse un pochino di verità c'era dietro quelle parole. Cioè lei non aveva la testa per pensare a frivolezze del genere, eppure allora, perché si sentiva così scombussolata? Era stato il bacio di Edoardo, la reazione inaspettata che lei stessa aveva avuto o la visione degli occhi penetranti di Carmine dopo ciò che era successo?

«Che staje pensann'?» le domandò Silvia, riportandola alla realtà.

«A niente, ca tieni ragione, tengo proprio bisogno de na bella colazione.» e suo malgrado riuscì a fingere un sorriso.

Silvia fece finta di crederle per evitare di farla innervosire ancora di più e le diede un buffetto sulla spalla.

«Ma Kubra addò sta?» domandò Malamente dopo essersi guardata intorno ed essersi accorta dell'assenza dell'altra loro compagna.

«A chiammata a direttrice. Secondo me pe chell' ca è succiess' ieri.» specificò la napoletana.

«Oh no. Ma essa che c'entra?»

«Nun 'o sacc' Malamè, però me dispiace. Stanotte è stata semp' a chiagner'.»

«Wa, povera.»

Le tre finirono di prepararsi, ormai la Aiello aveva portato gran parte della sua roba lì da loro, e scesero per la colazione.

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Dall'altra parte dell'IPM anche Carmine si era svegliato di malumore. Continuava ad aprire e chiudere le dita che ancora gli davano fastidio e che aveva coperto con una benda di fortuna.

Cardiotrap era già uscito perché aveva fiutato che ancora non era aria e aveva preferito lasciarlo solo. Pino, invece, si trovava in isolamento per quanto aveva combinato il giorno prima in sala musica.

Di Salvo era ancora incredulo e sconvolto da quanto sognato: si trovava in un posto che non conosceva dalle pareti bianche e luminose, al centro di questo enorme open-space c'era una sedia di legno marrone scuro che contrastava con la luce dello sfondo. Seduta su questa sedia c'era una figura di spalle che lui non riusciva a vedere ma che il suo cuore aveva già riconosciuto. I lunghi capelli castani le ricadevano sulla schiena in morbide onde, aveva in mano una chitarra acustica nera e stava strimpellando delle note. Gli sembrava la canzone di Battisti, Emozioni, e lui era attratto da quella figura come se fosse il centro di gravità dell'universo. Cominciò a camminare, prima lento, poi sempre più veloce, fino a che non si trovò a pochi passi da lei.

La figura femminile si voltò e lui riuscì a riconoscere il volto che aveva da sempre popolato i suoi sogni e il suo cuore. Nina. Sua moglie.

«Nina! Amore mio.» la chiamò, sorridendole e mettendosi di fronte a lei.

Eppure, Nina non lo guardava, sembrava mirare un punto fisso oltre Carmine, senza notare nient'altro. Carmine si guardò alle spalle ma non vide nulla, se non una luce ancora più abbagliante, e quando tornò a voltarsi verso la ragazza, lei stava attentamente osservando la chitarra che stringeva tra le mani e, con un accordo di re, cominciò a cantare. Carmine chiuse gli occhi sopraffatto da quel canto e quando li riaprì al posto di Nina, seduta al centro della sala c'era Malamente.

Il cuore gli fece un tuffo e quando lei cominciò a cantare una moltitudine di brividi lo pervasero. Saltò a sedere sul letto. Dalla finestra entrava ancora il bagliore della luna che dominava su nel cielo, luminosa e indifferente al tamburellare del cuore del ragazzo che era così forte che temeva potesse svegliare Cardio.

Scosse la testa e tornò al presente.

Si era già preparato ed era pronto per andare a fare colazione. Scese in mensa accompagnato da Gennaro, la guardia burbera ma dal cuore buono.

Si guardò intorno e afferrò un vassoio rosso dalla pila davanti a sé. Attese con pazienza il suo turno e prese una tazza di caffelatte e qualche biscotto. La mensa era piena per metà, ma lui cercò con lo sguardo il suo compagno di cella che se ne stava solitario a scribacchiare su dei fogli bianchi con la tazza ormai vuota e una mezza mela smangiucchiata.

«We, Cardio.» lo salutò, mentre prendeva posto di fianco a lui.

«Cia Cà.» ricambiò e tornò a concentrarsi. Poi quasi come a volersi scusare della fredda accoglienza aggiunse. «Comme va a man'?»

L'altro sospirò.

«Meglio.» poi si dedicò al suo latte.

«Staje ancora e male cervelle?» domandò preoccupato il biondino.

«Domanda di riserva?» ed esalò un ulteriore sospiro.

«Ma è pe chella nova ca staje accussì?»

«Nun 'o sacc' Cardio. Alla fine nun c'agg' manco mai parlato e sti cose cu essa.» rivelò mentre addentava un biscotto.

«E allora pecchè staje accussì 'ncazzato e depresso?»

«Pecché nun 'a capisc' e nun crer' ca vo parlà e sti cose.»

Ma non fece in tempo a sentire la risposta del compagno che entrò in mensa Edoardo, circondato dal suo solito gruppetto e urlando di gioia.

«E che bella jurnata, guagliù.» gridò e salutò tutti con un sorriso a trentadue denti.

Carmine afferrò l'ultimo biscotto e lo sbriciolò tra le dita della mano buona.

«Oh.» lo fermò l'amico, ma lui si alzò di scatto, posò il vassoio e uscì all'aperto a fumarsi una sigaretta.

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Anche quella mattina, nonostante il caldo che era sempre più intenso, i ragazzi dovettero uscire all'aperto per la solita attività di giardinaggio.

Malamente avrebbe voluto darsi per malata, perché continuava a sentire uno strano senso di oppressione che non era dovuto alle temperature elevate della stagione.

L'idea di rivedere Conte la metteva a disagio anche perché non sapeva cosa dirgli, e soprattutto, non sapeva la sua doppelganger che intenzioni avesse a riguardo.

Non appena scese giù si schermò gli occhi per proteggersi dalla troppa luce e si accodò alle sue amiche. Non dovette attendere molto che le si avvicinò Edoardo, per l'appunto.

L'ansia nel rivederlo la faceva sudare più del solito e allo stesso tempo si sentiva accaldata al solo averlo vicino.

«Buongiorno principè.» la salutò con il solito sorriso e con una particolare intensità nello sguardo. Sembrava che anche lui stesse ripensando a quanto successo il giorno prima.

«Cià.» provò a fare l'indifferente, ma il tremolio della sua voce la tradì.

«Appena possibile fa finta ca 'a i a bagno. T'aspetto là.» le sussurrò nell'orecchio, facendole venire la pelle d'oca.

Lei deglutì, imbarazzata.

«Mo nun teng' genio.» gli rispose spiazzandolo.

«Sì sicura?» le domandò con l'aria di chi la sapeva lunga.

«Conte, ma te ne stai sempre a girare a zonzo? Forza torna al tuo posto.» lo rimproverò Sofia.

«T'aspetto.» aggiunse prima di allontanarsi.

Malamente aveva un'aria ancora più confusa e quella sensazione non fece che aumentare quando si trovò costretta a raggiungere la sua postazione.

Lì, infatti, c'era Carmine tutto intento a occuparsi della "loro" piantina a cui cominciavano a spuntare i primi germogli.

Un rossore improvviso raggiunse le sue guance mentre si infilava il grembiule e prendeva posto accanto al ragazzo. Si era come imbambolata a osservare i movimenti delle sue mani, quando si accorse che c'era una specie di fasciatura a ricoprirgli le dita della mano sinistra.

«Te si fatt' male?» le venne in automatico da chiedergli.

Il ragazzo continuò nel suo strano silenzio e lei cominciò a farsi mille domande.

Perché non l'aveva nemmeno guardata, né rivolto la parola? Dopotutto, era stato grazie a lui che ieri era riuscita a sbloccarsi e a suonare davanti a tutti. Certo questo lui non poteva saperlo. Avrebbe dovuto dirglielo?

Si morse il labbro.

«Sei diventato muto oggi, Di Salvo?» provò a domandargli dopo un po', insofferente dalla troppa quiete.

«E tu invece te si scetat' ca voglia e parlà? Di solito nun tieni mai genio.» le rispose con un tono che solitamente non gli apparteneva, ma lei si ritenne soddisfatta che almeno le avesse risposto.

«Wa non sai quanta.» e sbuffò, poi continuò. «Ja, che te si fatt? Nun mo vuò dicer'?»

Lui scosse la testa.

«Agg' sbattuto.» mentì.

Lei strinse gli occhi e gliela diede per buona.

«Ti volevo ringraziare per ieri, se non era per te non sarei riuscita a sbloccarmi a suonare.» gli rivelò in una strana smorfia. Le parole le erano sfuggite senza che ci avesse riflettuto.

Avrebbe voluto ritirarle all'istante, ma ormai il danno era fatto.

«Ij nun agg' fatto niente. E fatt' tutto tu.» e si girò a guardarla, incrociando le sue iridi scurissime in quelle color ambra di lei.

Brividi percorsero la schiena di entrambi mentre si fissavano con intensità.

«E sì stata pure brava. Ce 'ncantate a tutte quante.» le confessò, anche lui spinto da una strana sensazione.

Lei deglutì imbarazzata.

«Pure a te t'agg' 'ncantato?»

Non sapeva da dove le venisse tutta quella sfacciataggine, forse era di nuovo la sua doppelganger? Sgranò gli occhi, mentre lui fece un mezzo sorriso che sapeva di amarezza.

«Cambierebbe qualcosa?»

Malamente rimase spiazzata da quella risposta e cominciò a vergognarsi come una ladra di essersi spinta a fargli una domanda del genere.

Cominciò a lavorare sulla piantina, sentendosi però lo sguardo di Carmine fisso sulla sua nuca.

«Sai perché Van Gogh ha fatto così tanti dipinti dei girasoli?» gli chiese lui, sorprendendola per l'ennesima volta.

Lei fece spallucce e lui lo prese come un segnale per proseguire.

«Perché nella grande corolla gialla di quel fiore lui rivedeva un po' sé stesso. All'epoca i girasoli erano considerati dei fiori rozzi e sgraziati e Van Gogh si riteneva allo stesso modo. Eppure, il giallo era uno dei suoi colori preferiti. Simboleggiava il sole, il calore e la felicità che solo la nostra stella riesce a darci.» la informò.

Lei rimase stupita di questa sua conoscenza approfondita del pittore.

«Te si miess' a fa il critico d'arte, mo?» lo prese in giro, indossando la sua solita corazza sprezzante.

Lui sorrise e a lei quel sorriso le ricordò davvero un campo di girasoli.

«No, mi piacciono i personaggi maledetti. C'è tanto da sapere di loro e da apprezzare, basta non fermarsi alla superficie.» chiarì, facendosi più vicino a lei.

Sulle braccia lasciate scoperte dalla t-shirt con le maniche arrotolate Aiello si accorse di avere la pelle d'oca.

«Lassali perde a chilli. So i peggiori.» tentò di stemperare un pochino la tensione che quella vicinanza le stava infondendo.

Lui le rivolse l'ennesimo sorriso.

«Secondo me so i migliori, invece. Sanno dare il meglio di loro stessi anche quando gli va tutto contro e sanno tirare fuori capolavori dal niente. Tipo comm' a te, ieri. Credo che questo risponda alla tua domanda, giusto?» le disse, con il solito sguardo profondo e indagatore.

Lei sentì di stare per perdere il controllo e, dopo quanto sentito, fece la cosa che più le riusciva di fare: rovinare il momento e mettere quanta più distanza tra lei e le cose scomode.

«Sofia, pozz' i a bagno?» chiese improvvisamente rivolgendosi verso l'educatrice, allontanandosi da una situazione che rischiava di diventare più grande di lei.

Dall'altro lato del cortile, Edoardo sorrise e si affrettò a raggiungerla.


⚠️ATTENZIONE⚠️: quest'opera è protetta da copyright © - sono vietati plagi, anche in modo parziale.

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ciao a tutt*,
non mi odiate ma io amo complicare le cose, e amo sguazzare nella confusione delle teste dei miei personaggi :DDD
vi prometto che a breve pubblicherò il capitolo del nome di Malamente, per ora vi siete fatte un'idea? :DDD
inoltre, siete #teamedoardo o #teamcarmine? :DDD 
fatemi sapere e se la storia vi sta piacendo supportatela con una stellina, grazie **
Effy 

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