Lu santu ca non zuda

Nella calda e assolata terra, baciata dal sole e dalla spuma del mare, viveva una persona, molto particolare, che vi presenterò solo con la "nciuria" (soprannome che indica delle caratteristiche caratteriali): "Lu santu ca non zuda", chiamato così per la sua natura, per niente propensa, a fare favori. Il nostro ignaro protagonista passeggiava per "lu chianu" (la piazza) del paese, il suo passo era svelto e il suo sguardo attento ai passanti intorno, quasi come se, l'istinto o anni di esperienza gli stessero suggerendo che qualcosa sarebbe accaduto da un momento all'altro. I gabbiani si libravano nel cielo emettendo striduli versi e le rondini sfrecciavano, velocemente, fendendo l'aria. Una strana sensazione faceva agitare il nostro camminatore, non solo non usciva da giorni, ma nemmeno aveva scambiato una parola con qualcuno. Quando sentiva squillare il telefono di casa, mai, gli balenava per la testa l'idea di rispondere. Per fortuna, nel cellulare riusciva a leggere il numero e... solo sua sorella Maria e suo fratello Gino erano i prediletti interlocutori. Era ormai un'abitudine consolidata... Da quando aveva iniziato il suo lavoro sottopagato, arrivavano sempre, una volta l'anno, quei venti giorni di isolamento. Non aveva moglie e figli, un po' per sua scelta e anche per il fato. Questo non gli pesava molto, quello che lo preoccupava però, più di ogni altra cosa, era dover uscire durante quei venti giorni. Ed ora scoprirete anche perché...

- Mi scusi...- sentì, un giorno, dire alle sue spalle. Il nostro uomo fece finta di nulla, iniziò a sudare freddo e allungò il passo. Amava il suo lavoro e molti dovevano riconoscere che lo faceva proprio bene. Ma se c'era una cosa che non riusciva a sopportare, era proprio l'insistenza di alcune persone quando arrivavano quei fatidici giorni. Lui era un tipo solitario, ma non disdegnava la compagnia di un buon libro. A molte persone non andava a genio e lui non faceva nulla per smentire quelle opinioni negative su di lui. Ma quando arrivavano quegli inevitabili giorni, per alcune persone, sembrava essere il loro più caro amico e si facevano in quattro per poterlo rintracciare.
Quel giorno, avrebbe voluto seminare il suo inseguitore, ma mettersi a correre, per quanto gli risultasse necessario, gli sembrava troppo avventato. Prima che colui che lo tallonava, proferisse un'altra parola, lui l'anticipò –Non la conosco! Credo che stia sbagliando persona! La prego di lasciarmi in pace, ho una cosa urgente da fare!- Con questo tono, scoraggiò l'uomo che aveva alle calcagna. "Lu santu ca non zuda" viveva nel centro storico, in una piccola casa a due piani, posteggiava sempre la macchina sotto "lu chianu". Quel giorno, anche se andava di fretta, con il suo naso aquilino respirò, profondamente, l'aria salmastra e i suoi occhi si deliziarono nella splendida vista sul porto mentre scendeva le scale.
Il motore rombò quando girò la chiave nel cruscotto, poi inserì la marcia e andò verso quell'improrogabile impegno che, malgrado tutti i suoi sforzi mentali, non riuscì a rimandare.
Una guardia in divisa lo squadrò dall'alto in basso all'ingresso, passò attraverso il metal detector e prese un biglietto per aspettare, in coda, il suo turno, in attesa di risolvere la sua situazione. La città dove viveva non era piccolissima e vantava i suoi quaranta mila abitanti, eppure quando non volevi incontrare qualcuno sembrava doverti capitare proprio di fronte. Ma si sa, la vita ti fa accadere, sempre, le cose più sgradevoli. Il nostro uomo era seduto su una sedia blu a gambe incrociate, quella che poggiava per terra aveva un lieve tremolio, un tic che era maturato con gli anni passati ad aspettare in posti come quello. –Salve- pronunciò la donna davanti a lui. Lui l'aveva riconosciuta ancor prima di accomodarsi, le era passato davanti, pregando tra sé che la donna non lo identificasse; aveva supplicato invano, infatti, lei ci mise più del dovuto, forse, il pesante trucco le aveva annebbiato la vista, ma guardandolo molto attentamente, ricollegò il viso alla sua professione. Ed ecco che, dopo qualche attimo di perplessità, si catapultò a parlargli. Il nostro uomo avrebbe voluto ignorarla, ma sapeva benissimo che era in trappola. Così, con un sorriso forzato che sembrava quasi una smorfia di dolore, il nostro protagonista bofonchiò un buongiorno. –Lei è...- la donna non fece in tempo a finire la frase che lui la interruppe – Sì, sono io, ma sono qui per un motivo molto importante e non posso parlare di altro, i risultati si vedranno nella sede opportuna. La ringrazierei se, gentilmente, mi lasciasse aspettare immerso nei miei pensieri. - potete immaginare, da soli, la reazione della signora che drizzò la schiena stizzita e con un'espressione permalosa tornò al suo posto. Il nostro sfortunato protagonista non ebbe molta tregua, perché un altro uomo gli si avvicinò e questa volta era una persona appena entrata, e lui, preso alla sprovvista, non lo riconobbe, immediatamente. Grosso errore, perché così l'uomo riuscì a parlare più del previsto, ma non abbastanza a lungo, infatti il nostro eroe, fingendosi distratto, lo scoraggiò in poco tempo. E grazie, anche, all'aiuto di una telefonata, poté allontanarsi dalla sgradevole conversazione, ricca di chiacchiere querule. Aspettava una chiamata da suo fratello che arrivava, sempre puntuale, e alla stessa ora, perciò, distratto com'era da quell' uomo, non guardò il numero, prima di prendere la chiamata. –Gigi! Che bello sentire la tua voce, piccolo scansafatiche – scherzò, giocosamente, con il fratello, era un rito per provocarlo ad ogni telefonata.

–Davvero?- traspariva sorpresa, dalla voce dell'altro interlocutore.

-Sì, aspettavo la tua chiamata con ansia- gli confessò e in parte era vero, visto che voleva un pretesto per impedire ad altri di avvicinarlo. –Molto bene, sono contento, quindi Maria ti ha avvisato? Mi ha detto di chiamarti per avere il numero di tuo fratello. Volevo chiedergli un favore per mio figlioccio, sai quest' anno fa esami.- quelle parole gli fecero comprendere che all'altro capo della linea non c'era suo fratello, ma un amico d'infanzia di sua sorella che era un omonimo di Gigi. Quella situazione lo innervosì –Pensavo fossi mio fratello- confessò gelido, poi continuò –mi dispiace per averti chiamato scansafatiche- ammise. –Mi era sembrato un po' strano, infatti. E' una vita che non ci sentiamo, quindi, sei proprio tu! Però, mi è sembrato di sentire un tono affettuoso come ai vecchi tempi. Come ti ho detto prima, volevo sapere se tu potessi sorridere, in modo particolare, a mio figlioccio-

-Credo che tu non ti sia informato, abbastanza, prima di chiamarmi, io non sorrido mai, vecchio amico, ora ho un appuntamento, scusami, ma devo salutarti, stammi bene!- Ecco perché... "Lu santu ca non zuda". Il nostro protagonista era un professore che, durante il periodo degli Esami di Stato, diveniva il più ricercato docente cui chiedere una raccomandazione. Forse era diventata una sfida, ormai, per genitori e amici, erano così insistenti e tenaci che sembrava ci fosse un premio in denaro per colui che riuscisse ad ottenere una raccomandazione. Non c'era cattiveria in lui, ma solo molta correttezza; inoltre, per il suo carattere odiava chiedere aiuto agli altri e, tacitamente, voleva che gli altri non lo chiedessero a lui.

Quando si trovò di fronte al dipendente della banca, avrebbe voluto essere in qualsiasi altro posto, forse, anche accerchiato da tutti quei genitori affamati di "sorrisi particolari" per i loro figli. Il dipendente stava facendo il punto della situazione –Quindi il Comune ha dichiarato la sua casa inagibile e... per rimetterla in sicurezza, al più presto, le serve questa cifra in denaro per ristrutturarla... e lei sta chiedendo un prestito...- fece un profondo respiro e poi continuò –Sarò sincero con lei, non ha da darci alcuna garanzia e la cifra che chiede è troppo alta, data la sua età e il suo stipendio da docente, no, non possiamo, assolutamente, aiutarla. La banca non le può concedere il prestito!- Il nostro protagonista si vide crollare il mondo addosso. Provò un dolore strano al petto che non aveva mai sentito prima, forse frustrazione o tristezza per l'insuccesso. Per lui era stato abbastanza duro spingersi fino a quel punto, proprio in quei giorni, e chiedere un favore seppure il suo carattere aborriva una situazione del genere. Ma era stato obbligato dal Comune. Al diavolo pensò! Quante case vengono dichiarate inagibili ma poi durano anni e anni! Sapeva benissimo che quel discorso era per convincere se stesso, aveva ricevuto da poco una dura notizia; la prima volta che chiedeva un credito e questo gli era stato respinto. Si sentiva amareggiato e rimase così per molti giorni. Le prove scritte si erano concluse e poiché il tempo passa, velocemente, quando c'è una scadenza nelle vicinanze, anche il momento degli orali giunse in fretta: le prove orali erano alle porte. Era sceso il crepuscolo e la luna si affacciava argentea, per nulla timida, a mostrare la sua bellezza; era la notte prima degli orali e il nostro professore stava, comodamente seduto, sulla sua poltrona preferita, poteva sembrare una sera come le altre, ma invece, nella mente del nostro docente qualcosa si era smossa. Aveva preso un' importante decisione che si era insinuata nei suoi pensieri, dopo che aveva lasciato la banca. Voleva cambiare il suo stile di vita, avrebbe sorriso a tutti durante gli esami e aiutato, indistintamente, gli alunni a raggiungere i voti più alti possibili. In fondo, tale atteggiamento quale danno poteva arrecargli? Sarebbe stato bello essere ricordato dagli studenti come "il professore buono" che agli esami stava dalla loro parte. Sì, disse dentro di sé, ho deciso! Ma non era questo il cambiamento più grande, infatti, il nostro "santu ca non zuda" stava per andare contro la sua natura, ad ora di pranzo avrebbe chiamato sua sorella e suo fratello per chiedere loro aiuto, voleva un prestito da loro per poter ristrutturare la casa che, in fondo, era dei loro genitori. Il cuore si alleggerì, la sua mente si svuotò e, per la prima volta, fece i sogni più belli della sua vita, abballinato tra le braccia di Morfeo.
Tutto sarebbe andato per il meglio se non ci fosse stata quella lieve scossa di terremoto che da alcuni non fu nemmeno sentita e non causò danni a nessuna struttura, tranne alla casa del nostro uomo. Mentre sognava le più belle gioie della vita e i suoi desideri mai realizzati... il posto dove egli era cresciuto, gli cadde addosso. Nessun Milone* potè salvare il nostro protagonista dal crollo del tetto della sua casa. La morte lo colse in un momento ideale e di cambiamento morale, ma non gli permise di attuare i suoi nuovi propositi. Chissà cosa sarebbe potuto succedere?! Di sicuro sappiamo che nessuno conobbe mai il suo cambiamento in quella notte, e nessuno seppe che "lu santu ca non zuda" non era più tale.

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