Vicini di casa
Camille si svegliò, come suo solito, quando il cielo era ancora buio. Si stropicciò gli occhi assonnati e allungò il braccio verso il comodino sfiorando il telefono per poter guardare che ore fossero. Non era troppo presto, tra una decina di minuti avrebbe cominciato ad albeggiare. Probabilmente nell'altra stanza sua madre era già sveglia, intenta a leggere a letto di fianco a suo padre che invece dormiva. Decise che sarebbe andata in bagno a fare pipì, poi sarebbe tornata in camera sua per godersi il sole che sbucava da dietro la Tour Eiffel. Si alzò, uscendo dalle coperte e rabbrividendo per l'aria fresca della mattina, infilò i piedi nelle sue pantofole di peluche bianco e andò in bagno.
Quando tornò in stanza, si avvicinò alla poltrona su cui aveva poggiato il cardigan di lana che usava per casa e che aveva lasciato lì la sera prima, indossandolo e aprendo le ante della persiana e affacciandosi al balcone, il sole stava sorgendo proprio in quel momento. Si appoggiò al parapetto, stringendosi meglio il maglione addosso, che però non le poteva proteggere le guance da quell'arietta fredda, eppure lo spettacolo ne valeva la pena.
Avrebbe tanto voluto che il tempo si fermasse in quel preciso momento, in modo che avesse potuto prendere i suoi pennelli e i suoi colori, sistemarsi il cavalletto lì vicino e ritrarre quel meraviglioso spettacolo della natura. Purtroppo era impossibile e mentre i minuti passavano, il sole saliva sempre di più distaccandosi dal profilo delle case.
«Noèl, alzati o farai tardi!» una voce ovattata e lontana arrivò alle sue orecchie, facendola sorridere. La madre del suo vicino di casa lo stava richiamando. Lo faceva quasi tutte le mattine, probabilmente perché Noèl era un ragazzo pigro, tutto l'opposto di lei che se andava bene giusto la domenica mattina si svegliava verso le otto e non più tardi.
Decise di rientrare e andarsi a lavare e cambiare anche lei, in modo da poter fare tutto con calma per andare a scuola.
«Noèl» ancora il ragazzo sembrava non volersi svegliare, mentre Camille già sceglieva cosa indossare per quel nuovo giorno di scuola.
All'ennesimo richiamo di sua madre, Noèl decise di alzarsi, seppur contro voglia. Odiava la mattina, odiava il freddo, ma soprattutto odiava uscire dalle coperte per andare a scuola, il solo pensiero lo innervosiva. In realtà era proprio la scuola che lo innervosiva. Chi l'avesse visto da fuori non l'avrebbe mai detto, ma quel ragazzo biondo, alto, parecchio bello e atletico, non era affatto sociale e carismatico. Anzi a scuola meno vento lo osservava più si sentiva meglio e l'unico suo amico era stato avvertito fin dal loro primo incontro che lui non sarebbe mai uscito a divertirsi con altre persone. Un po' perché odiava i gruppi affollati, tanto quanto i posti affollati, un po' perché per lui divertimento, significava chiudersi in camera sua e strimpellare con la chitarra, magari canticchiando e scrivendo qualche nuova melodia.
Con un sospiro, scese dal letto e andò verso il divano, prendendo letteralmente a caso il primo jeans e la prima maglia che trovò.
«Noèl, non stare scalzo, fa freddo.» lo redarguì sua madre.
«Sì mamma...» rispose lui, ma non fece nulla per i suoi piedi nudi che toccavano il pavimento, anzi si diresse così verso il bagno di servizio che a quell'ora era sempre vuoto, perché le sue tre sorelle si litigavano quello principale.
Smollò i vestiti puliti che aveva preso dall'armadio sulla lavatrice, si spogliò e, dopo aver lasciato il pigiama a terra, si ficcò sotto la doccia. Ovviamente come ogni mattina, l'acqua del bagno di servizio era gelida, perché le sue sorelle finivano sempre l'acqua calda. Rimase lì sotto per un tempo che gli sembrò troppo corto, eppure fu abbastanza per sua madre, che ricominciò a urlargli di muoversi, battendo contro la porta del bagno.
«Noèl, muoviti, oppure le tue sorelle si mangeranno anche la tua colazione!»
Sbuffò, chiudendo l'acqua e uscendo dalla doccia. Si frizionò i capelli il più possibile, cercando di asciugarli, non aveva nessuna voglia di usare il fon, poi si vestì e uscì. Quando arrivò in cucina le tre arpie avevano seriamente sbafato quasi tutto, ma lui si accontentò di una fetta di pane tostato, su cui spalmò un po' di burro, poi prese lo zaino e uscì di casa. Alla fine era prestissimo, ma avrebbe fatto di tutto per uscire da quell'inferno che doveva chiamare casa, sapendo però che sarebbe andato in un posto ancora peggiore, la scuola.
Angolo dell'autrice:
"Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it"
Prompt: Alba
Original Story: Au delà de ce mur
N° parole: 742
Rating: Verde
Scusate il grosso ritardo. Con questa one-shot vi regalo quello che potrebbe essere l'incipit (con magari qualche modifica) di un'altra mia storia romance ambientata a Parigi. Lo ammetto, questa mi è venuta in mente anni fa quando sentii per la prima volta la canzone di Miraculous "Il muro che ci separa", ed ho visto il videoclip, infatti i presta volto che vorrei usare per questa storia sarebbero proprio Lou e Lenni Kim.
Spero vi sia piaciuta e ci vediamo domani.
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