⭐️-09- Destino Sconosciuto-⭐️

-Prima dell'avvento del telescopio gli oggetti lontani come le galassie erano del tutto sconosciuti, data la loro bassa luminosità e la grande distanza.-
Ci sono cose così grandi, eppure non si vedono.
E quando le vedi,  il fascino o la paura possono essere immensi.

Camminiamo da poche ore sentendo il brusio della voce di Melissa ad ogni passo. Dopo il racconto mio e di Caleb -che ho guardato male ogni volta in cui ha aperto bocca per aggiungere dettagli futili al mio discorso- lei non fa che fantasticare teorie su quelle strane creature, consultando frequentemente parti già lette del Manuale.

«Portano messaggi instantanei, loro sapevano che in quel momento avevamo bisogno dell'informazione. No, gliela detto qualcuno! Qualcuno ci spiava! Oppure sa il futuro, e se uno di questi pendenti dasse un potere del genere? Sarebbe davver- »

«Melissa, sai quando l'hai detta questa cosa?» chiedo.

«No»

«Circa venti secondi fa.»

«E in più-prende parte Bernard- non ti stai focalizzando sulle cose più importanti.»

«Ovvero?»

«"Ovvero?"! Melissa, siamo su Saturno! Dispersi nel nulla! »

«Ed è dicembre.» dice Bernard concludendo il discorsetto fastidioso di Caleb.

Non può starsene zitto?
"Melissa, siamo su Saturno"

Non riesco a non scimmiottare la sua voce nella mia testa. È ridicolo.

«Caleb, è solo presa dal momento, se ne rende conto che siamo su Saturno, ed è dicembre -colgo il momento per lanciare una frecciatina a Bernard- trova però abbastanza inquietante, come tutti, che oltre a questo una persona ci stia spiando!»

«Sei stata tu a dire che quella cosa l'aveva già ripetuta venti secondi prima!»

«E tu l'hai aggredita dopo questo!»

«Ragazzi, smettetela e riprendete a camminare.» ci riprende annoiata Vanessa.

Caleb mi fulmina con lo sguardo e non mi tolgo lo sfizio di mimargli 'Wilson' con le labbra.

Non saremo qui, ora, se solo lui non fosse arrivato.
È praticamente il nostro compagnetto di viaggio, ma potrebbe anche essere un lavoratore dei Cacciatori di Stelle, potrebbe essere anche un criminale, se la mettiamo così. Praticamente non sappiamo nulla su di lui.

Arriviamo all'apice dell'ennesima collinetta che percorriamo, la valle si stende sotto di noi, e nella distesa di prato verde e umido, sul pendio su cui ci affacciamo, c'è un familiare edificio di mattoni scuri.
Una porta di legno al centro, e moltissime finestrelle sui lati, affianco alla porta ci sono un paio di vetrate, che mostrano delle pagnotte e dei cesti di paglia pieni di frutta colorata.

«É la panetteria!» esclama Bermard con gli occhi a cuoricino.
«Dobbiamo andarci: non possiamo continuare così morendo di fame. I pacchetti di patatine e biscotti sono finiti.»

«Con che soldi paghiamo? Non credo che usino le nostre monete terrestri.»

«Offriamo qualcosa che abbiamo nello zaino!»
«Abbiamo altri posti in cui andare?»

Evito di fare la battuta della Terra, quindi annuisco con gli altri, e ci incamminiamo in silenzio.
Il fruscio dell'erba sotto i nostri piedi viene accompagnato dal brusio di fondo delle idee di Mel, l'unico suono che si sente da ore. Ore di camminata inutile alla ricerca di qualcosa. Direi che siamo proprio sulla giusta strada.

«Stavo pensando...»

Sono finita in qualche modo ignoto a capo della fila, e Bernard mi incita a spingere la maniglia d'ottone luucciante. Poso la mano su questa, quando una strana forza mi allontana e mi fa cadere sul prato umido sotto di me.

Anche gli altri sono scaraventati a terra, poco lontani

Sento due borbotti proprio intorno, e la cosa non è per nulla rincuorante.

«Sono loro?»
«Dovrebbero esserlo. Sono tre ragazze, tre ragazzi. E le ragazze hanno i capelli di colore diverso.»
«Procediamo»

Quando ruoto il capo dietro di me, intercettando gli sguardi di Melissa e Vanessa che compiono lo stesso movimento, non vedo nessuno dietro di noi.

Una sensazione terrificante, che mi schiaccia l'anima verso il suolo, inizia a crescere nel mio petto. Alzo lo sguardo al cielo. Delle ombre nere ci catturano nel loro abbraccio mortale. Buio pesto. Grida. Niente si vede più.

*

«Cazzo, cazzo, cazzo. Jole, svegliati!»

Qualcuno mi scuote la schiena, e quando i neuroni nel mio cervello tornano a funzionare, riconosco la voce che mi parla.
È strano vederlo nervoso, è sempre il padrone, si comporta sempre come se potesse controllare ogni cosa che sta al di sotto della sua statura -e, mio dio, di certo non ho scelto io di essere alta un metro e sessanta-. È sempre avvolto da un alone di calma, e, le cose che non sopporto, sono il suo avvicinarsi mentre ti parla, e il suo tono mentre ti parla.

Sembra un attore di una telenovela turca. Parla come se fosse in modalità slow-Motion e attende sempre un paio di secondi prima di risponderti. Questo. Questo lo fanno solo i personaggi delle telenovela.

Do una veloce occhiata a ciò che mi circonda e nel buio piu totale riesco a distinguere delle celle. Sbarre di ferro separano la mia e quella di Caleb dalle successive. In quella vicina alla nostra riesco a scorgere la sagoma di una massa di ricci: Vanessa. Ci metto le mani sul fuoco.

Lei è seduta, mentre una figura, in piedi nella sua cella, sta cercando di scrorgere qualcosa fuori, le buono più totale.

In lontananza sento delle voci. Devono appartenere alla cella successiva rispetto a quella di Dax e Vanessa.

«L'avevo detto, ci spiavano! Ci spi-a-va-no!»

«Mel, stai calma, ne usciremo vivi.»

«Bernard, hai pianto due minuti fa!»

«Ciao ragazzi» saluto

«Ma buon salve!» mi fa eco la bionda, sarcastica.

«Avete visto! I raggi del sole oggi riscaldano e illuminano i nostri volti»

«In sintesi, siamo fottuti» sentenzio a voce alta.

«E non solo: ci hanno fottuti. Non abbiamo più né lo zaino, né il manuale.» puntualizza Caleb.

Ci troviamo schiena contro schiena seduti al centro del pavimento impolverato della piccola cella, saranno due metri quadrati.
Le nostre mani sono legate insieme da delle corde, così come i nostri bacini. Suppongo non siano corde normali, ma che siano stregate in qualche modo strano, si sente al tatto. Emanano sulla pelle una strana sensazione, che nonostante sia particolare, mi sembra di conoscere. Non mi fa piacere avere le mie mani a contatto con le sue.

È una cosa molto intima tenersi le mani, almeno secondo me. E in più, lui ha le mani sudate, è molto più grandi delle mie. È strano, non mi piace.

Jole, fregatene. Sei appena stata rapita dall' altra parte della galassia.

«Come avete fatto a liberarvi dalle corde?» chiedo

«Voi siete gli unici che sono stati legati.» risponde Bernard.Lui e Dax stanno cercando eventuali serrature o stranezze nelle gabbie, e le mie amiche cercano, tastando con le mani, qualcosa sul pavimento. Potrebbe esserci un oggetto, un buco. Deve, esserci qualcosa.

«Che botta di culo»

Sento che le risposte di Caleb sono istantanee e parla veloce. La situazione, evidentemente, lo mette parecchio in soggezione.

«Non credo siano corde normali» dico

«Decisamente. C'è un lucchetto nella nostra cella, crediamo chiuda tutte e tre le gabbie. Il problema è che non c'è una serrratura, né dei numeri girevoli per formare un codice. »

Mi verrebbe da dire: "Ironia della sorte".
Quando ero piccola, mia madre mi recitava una filastrocca. Ogni notte, fino ai sei anni, ma la ricordo ancora. Lei diceva fosse intitolata: "La chiave segreta". Diceva che avrei dovuto usarla in ogni situazione di pericolo.
Non sono mai stata più in pericolo di ora, ma non credo potrebbe aiutare.

Io e Caleb passiamo alcuni minuti tentando miseramente di rompere le corde. I capelli mi scivolano davanti al viso, l'umidità del luogo chiuso prende a farsi sentire.

Nel buio più scuro, un brusio forte inizia a sentirsi...proprio di fronte a noi.

«Secondo voi che cos'è?» chiede Mel terrificata.

«Il nostro incubo peggiore»

Delle grandi luci brillano sopra di noi. Si accendono fulminee, rivelando un' estesa folla di gente che ci fissa dal basso. Gridano, fanno il tifo, chiacchierano, creano un casino e un rumore incessanti. La mia mente è annebbiata dalla situazione, come se una nuvola di fumo tenesse i pensieri lontani dalla mia testa. Nella confusione riesco a leggere un cartellone di una persona del pubblico: "Sei dei Cristalli".

Una voce sonora e grave arriva a noi, cessando il caos che si era formato.

«Gente di Saturno!» altri gridi si sollevano dal basso, dalla folla di gente che ci guarda. Siamo come rialzati su un soppalco.

Fatemi tornare a casa. Fatemi tornare alla Grinalk..

«Pochi giorni fa, un altro gruppo di sperduti ha oltrepassato i nostri anelli. Siamo riusciti a rintracciarli, e dopo pochi giorni, eccoli qui.»

Riesco a ruotare il capo, e con orrore, alla nostra destra scorgo due gruppi di uomini. Saranno tutti alti minimo due metri,  degli armadi che camminano e hanno delle catene come bracciali. Le braccia sono pompate di muscoli che paiono palloncini. Li esibiscono di fronte alla calca, che esulta entusiasta.

«I grandi Lattei!»

«I pilastri del potere!»

Ad ogni nome si leva un grido di esulti, e poi...

«I sei dei Cristalli!»

In questo momento, le corde scompaiono, e le sbarre si ritirano verso l'alto. Si sentono poche grida e una quantità rilevante di fischi acuti. Guardo gli altri, mi avvicino a loro, alzandomi in piedi. Ogni passo costa, un senso di terrore e vuoto non fa che ingrandirsi verso di me.

I nostri vestiti sono sporchi, ci facciamo sfuggire dei colpi dei tosse, e Mel riprende a singhiozzare.
Gli uomini con i muscoli pompanti se ne fregano, e continuano a mettere in mostra i loro bicipiti.

«Fate il tifo per i nostri campioni in carica. I sei dei Cristalli devono ritirare le loro attrezzature, sono pregati di recarsi direttamente dietro le quinte de, teatro.»

Questo è un teatro, e noi siamo lo spettacolo

«Andiamo, non c'è nulla da fare.»

Un paio di donne in abito scuro camminano verso di noi, e ci fanno cenno di seguirle. Sembra che quasi abbiano pena per noi, ma si sforzano per non mostrarlo.
Non parlano, e sono a pochi metri lontano dal nostro gruppo. Degli occhiali dalle lenti scure e semitrasparenti coprono i loro occhi.
Una delle donne possiede una chioma bionda di media lunghezza, leggermente mossa e arruffata. L'altra, invece ha una lunga chioma che le ricade sulla schiena, fermandosi sui fianchi.

Arriviamo davanti a una porta celeste e le due donne si voltano verso di noi, lo sguardo freddo e distaccato si scioglie, e ci fissano gentili.

Noto che i loro pendenti non sono visibili, perché nascosti sotto i vestiti. Si può vedere solo la collana da cui i ciondoli dovrebbero pendere.

«Buona Fortuna»

«Tutto accade per una ragione, ce la farete. Combattete, con il mondo e con voi. Riuscirete a salvarvi. Le stelle sono con voi.» ci dice la donna dai capelli mori.

La donna bionda fa un cenno del capo, che, tradotto a parole, ci ordina di aprire la porta.

Sto per allungare la mano verso la maniglia argentea, ma trovo Caleb piazzato davanti a me.
Mi guarda, e io lo lascio fare.

Nella stanza c'è una donnina già vista. Ariel.

Il nostro destino è davanti a noi, e la cosa peggiore, è che siamo gli unici a non sapere  in cosa consiste.

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