✨-03- Stella✨

~La maggior parte della materia nell'universo potrebbe essere in una forma non rilevabile dagli strumenti attuali, e quindi non conteggiata nei modelli dell'universo, ostacolando le nostre previsioni sul destino ultimo dell'universo. Questa forma di materia è stata denominata materia oscura.~
Non considerare tutto quando si osserva può provocare previsioni sbagliate. Può essere il destino a fregarti a volte, non solo tu puoi ingannare lui.
Il destino sa ingannarti tenendoti all'oscuro di molte cose.
Perché il destino è qualcosa di oscuro e sconosciuto.

JOLE

D

etesto la mensa: poco spazio, troppo rumore, troppe persone.
Ma visto che la Preside Rail stasera deve fare una comunicazione importante oggi siamo obbligati a mangiare qui.
Guardo gli altri: stiamo tutti finendo il piatto.

«Secondo voi che vuole dirci la Rail?»

«Sinceramente non ne ho idea, Mel»

Sposto lo sguardo verso Caleb.

«Ti faccio un autografo se sei interessata.»

«Che leggenda comica,davvero.»

Sposto lo sguardo alla porta appena in tempo per vedere la Rail che entra e si dirige verso il centro della mensa.
Non è da sola: con lei c'è un uomo magro, vestito di nero e apparentemente scocciato dal modo di camminare. Il suo viso è quasi del tutto coperto.
Indossa un cappellino, degli occhiali da sole scuri e ha una barba grigia molto folta, che copre il resto del viso. Sembra quasi voglia nascondere qualcosa.
Qualcosa come se stesso e la sua identità.
La Rail, mantenendo la sua iconica postura impeccabile, richiama l'attenzione battendo mani:

«Ragazzi e ragazze, non c'è stato modo di augurarvi un buon inizio anno in precedenza, così colgo l'occasione di farlo stasera.
Dò un caldo benvenuto a tutti i ragazzi del primo anno, che hanno cambiato ala della scuola, tra aule e stanze comuni, e che magari sono un po' spaesati, e ai nostri nuovi arrivati.
A proposito di questo vi presento Gaspar: sarà il custode ufficiale del ripostiglio.
Per chi non lo sapesse, la stanze si trova nel corridoio opposto a quello dei dormitori del primo piano.
Entrarci è da sempre severamente proibito, ma alcuni fatti accaduti negli ultimi anni ci hanno fatto capire che le raccomandazioni verbali non sembrano più così utili.>>

Ops...
Sicuramente si sta riferendo a quando abbiamo preso la scala l'anno scorso, oppure due anni fa con i secchi, oppure per i puff che sono nella nostra stanza; presi con la scusa che sono gli studenti a dover pulire e nessun membro del personale scolastico entra nelle camere.
Si riferisce a tutto quello che abbiamo fatto, sicuramente.

Poi un custode? Ma quando mai?
Non c'è mai stato un custode e quel tipo non sembra comunque molto sveglio.
Mi giro verso gli altri e anche loro sono spaesati e confusi, mentre guardano il nostro nuovo custode dall'alto al basso. Non mi dà una buona sensazione. È avvolto in una bolla grigia, quasi schifata e allo stesso tempo altezzosa.

«Come mai tanto confusi? Non c'è mai stato un custode in questa scuola?» chiede Caleb, più stranito per la nostra confusione che per altro.

«No, non c'è mai stato, e quel tipo mi puzza. Diventerà più difficile entrare nel ripostiglio. Quindi è ancora più antipatico.» taglia corto Bernard.

Sembra che Gaspar stia squadrando male tutti.
O forse no...sta squadrando noi. Ma guarda tu questo.

Sta fissando solo noi.

Finiamo la cena sotto lo sguardo di quel pazzo.
Non sopporto essere fissata in quel modo.

Usciamo dalla mensa e ci dirigiamo verso la stanza mia e delle ragazze.
Vanessa vuole: "Una sessione di sclero e gossip instantanea".
Le convoca spesso, sessioni del genere, secondo lei sono terapeutiche e di sfogo. Non credo che Bree sia molto d'accordo con questa visione dei fatti, e lei è esperta in sessioni terapeutiche.
Che gossip ci siano il quarto giorno in cui siamo a scuola non ne ho idea.

Chiacchiero con Mel mentre Vanessa guida il gruppo verso la stanza, ma una voce familiare interrompe tutta l'armonia che si era creata. Si era anche accesa nella mia testa la versione mentale di una delle mie canzoni preferite.

«Bene, bene...»

Fallon Durand. Targata anche come figlia odiata dalla madre -o così si dice-. Visto che il mondo è piccolino la madre di Durand è la direttrice Rail.

Fallon Durand e la sua inconfondibile coda alta e bionda. Poi i tocchi finali: le punte blu targate tinta del primo anno, top di pelle nera e giacca con borchie.
Tutta la scuola la conosce e tutti parlano di lei, anche se non così bene. Con altri invece si spaccia per l'angioletto innocente e innocuo. Ha capacità di fare la vittima smielata con gli occhi dolci più alte del normale.
Con lei c'è una ragazzina mai vista, deve essere del primo anno e sembra che voglia seguire le orme della ragazza con cui è, dato che ci sta osservando con aria di superiorità.

«Il gruppo degli strambi! Ancora qui?»
Scimmiotta mettendo in mostra le unghie nere chilometriche.

«Si Durand, e tu? Ancora qui? Pensavo ti avessero fatto un monumento tutto tuo! Per esempio uno con la scritta "Ospedale Psichiatrico" sopra!»

Ribatte Vanessa squadrando Fallon dall'alto al basso.
Sorride e apre la porta della nostra stanza noncurante.
Durand e la ragazzina si voltano facendo ondeggiare i capelli e se ne vanno con il ticchettio delle scarpe in sottofondo. Vanessa è brava nel botta e risposta, con Durand specialmente visto che loro sono da sempre rivali. È decisamente così in ogni universo e la cosa non cambierà mai.
Si conoscono fin da prima che venissero smistare nella stessa classe perché le loro case sono vicine e Durand si diverte nel darle filo da torcere da quando erano in fasce.
Poi è successo quello che è successo al padre di Vanessa e lei è cambiata. È diventata forte psicologicamente e ha imparato a rispondere di conseguenza.
È merito della sua valle. Lei la chiama così.

🪐💜🔔🍭

«Cioè ci pensate?- inizia Vanessa una volta in camera- un custode! Se vogliamo fare scherzi dovremmo stare molto più attenti! Poi tu Bernard! Dove ti eserciti ora nel forzare le serrature?»

«Piú che fare tutte queste pappardelle con il sugo, potresti direttamente dire che siamo fottuti.»

«E quella lì con le punte dei capelli blu e le unghie da strega è l'antagonista della vostra vita, corretto?»

Vanessa inizia quindi a buttarsi e sfogarsi "descrivendo" in modo tranquillo Durand.

«Antagonista? Sta sulle palle a tutti colori in cui si mostra per davvero. Circolano voci che parlano del fatto che sta antipatica anche a sua madre che è la Rail. Se solo tutti sapessero che è una gran-»

«Vanessa, chi è lei?»

«É un unghia incarnita!»

Sembra un insulto, ma "unghia incarnita" è il suo nome in codice.

«Cos'è, una sorta di parola segreta?»

«É il suo nome in codice.» sbotta Vanessa.

«Li avete per tutti?»

«Quasi.» rispondo

«Il mio qual è?»

«Telefono Fisso! Vuoi che ti do il foglio con tutti i nomi in codice che abbiamo?»

«Mi manca anche solo un briciolo di pazienza per leggerli tutti e non ne ricorderei comunque mezzo. Se li usate e servono li imparo man mano.»

«Comunque, tornando all:' argomento per cui ho convocato la sessione di sclero. Vi devo dire alcune cose che ho scoperto! Quella ragazza che stava in corridoio con Fallon è sua sorella! Non so chi sia più brutta tra le due.»

«Cosa?» esclamiamo io e Mel all'unisono.

«Durand ha una sorella?!»

Vanessa è una stalker e gossippara per eccellenza, ma a volte tira fuori dei colpi pesanti.

«Si chiama Adelaide, e non è tutto! Ha anche un fratello maggiore, che da come pare e sembra, non è problematico, né si sente fighettino e superiore. Quest'anno inizia a fare tirocinio perché poi verrà ad insegnare qui alla Grinalk. Ha diciasette anni, ragazzo mezzo prodigio, si chiama Riven ed è sui social da cinque anni. Odia le sorelle e non ha mai avuto un buon rapporto con loro, cerca di portarle sulla giusta strada. Suona la chitarra e pare anche che si stia frequentando da qualche mese con Bree, tua sorella, Dax!»

Dax inarca il sopracciglio e guarda e male Vanessa.
Come nei sottotitoli, Caleb esprime a parole il pensiero di Dax.
«Dove si trovano queste veritiere informazioni certificate?»

Caleb ha sempre l'aria di qualcuno che vuole come ricavare qualcosa. È un po' strano. Come il suo tono di voce. Mai una nota di dubbio. Sicuro, pacato, chiaro, e il sorriso che ripete dopo aver messo un punto in ogni frase.

Vanessa prende il cellulare orgogliosa e apre la cartella dei Social Media. Quasi sbatte il telefono in faccia a Caleb.

«Lo vedi?»

«Fortunatamente sì. Non ho problemi visivi.»

Vanessa dissente con la testa e dopo un paio di click, una foto di Bree abbracciata ad un ragazzo più alto di lei compare sullo schermo del telefono di Vanessa.
Dax sgrana gli occhi.
Dalla descrizione di Vanessa sembra un bravo ragazzo, se è felice sono contenta per lei. In più non sono ufficialmente insieme.

Dax apre raramente bocca e se lo fa c'è un buon motivo.

«Sarà un suo amico.»

Vanessa in risposta rivolge a me e Mel un sorrisetto malizioso.

Ammetto che sto pensando al fantastico scenario in cui Bree fa irruzione nella stanza gridando che è cotta di questo qui e che si sono fidanzati. Dax che sviene sul posto e un'ambulanza che viene a ritirarlo.

«Allora ragazzi -comincia Caleb alzandosi in piedi- andiamo a conoscere il nuovo simpatico amico custode? Sembra socievole, non trovate?»

A Bernard scappa un sorriso.
Apriamo la porta e spiamo attraverso lo spiraglio affacciato sul corridoio che ci è consentito. Una poltroncina scassatta con dell'ovatta che fuoriesce è posizionata davanti alla porta del ripostiglio e dietro un piccolo tavolino con qualche foglio sparso.

Il volto dell'uomo è ancora ignoto, ma sembra comunque avere un aria abbastanza vigile.

Camminiamo a passo felpato verso di lui.
Espressione del sorriso sicuro ed innocente.

«Ragazzi, come mai fuori a quest'ora?»

La Rail si erge maestosa e sospettosa davanti a noi. Ed ecco le abilità di Mel che entrano in gioco. In un gruppo come il nostro, serve necessariamente qualcuno che sa essere tranquillo, disinvolto e genuino di fronte a un professore che ti ha beccato fuori il dormitorio la sera.
Si è guadagnata la fiducia del corpo docenti.

«Buonasera Direttrice Rail, pensavamo di conoscere il custode, ma sei voi ci dite che è un po' troppo tardi, torniamo subito nel dormitorio.»

«Esatto Miller, avrete altre occasioni.»

«Perchè Mel ha detto "voi"? io vedo solo la Rail.» sento Bernard mormorare sottovoce.
Per poco non scoppio a ridere davanti alla preside.

«Tornate nelle vostre stanze e non uscite. Buonanotte ragazzi...ah, per favore, Miller, spiega qualcosa ad Hansen, si merita la bocciatura solo per la domanda fatta. A domattina.»

Mentre scandisce le parole in modo persuasivo tortura il ciondolo della collana argentea che non manca mai di portare.

💜✨✩🪐💜🪐✩✨💜

Torniamo tutti nella stanza e dopo aver compilato l'agenda, scrivendo di fare le domande d' interrogatorio cammuffate a Gaspare, do una buonanotte veloce a Vanessa. Passerà sicuro la notte sveglia al computer per cercare il nuovo custode online. Mel invece sta già russando rumorosamente.

Finalmente il sonno mi avvolge. Non so quanto tempo passa quando mi accorgo che non è possibile.

Tum-tum-tum

Come al solito posso solo sognare una nottata tranquilla.
Il rumore sembra provenire da fuori la porta, così mi avvicino, accingendomi a guardare l'orario sull'orologio da taschino che ho posato sulla scrivania, le lancette ramate segnano le quattro precise.
Mi viene subito in mente chi mai busserebbe alla nostra porta alle quattro del mattino: un ragazzo dai capelli di paglia che ha il nome iniziante per "B".
Apro la porta e Bernard mi saluta con teatrale aria innocente.
Ha due borsoni sotto agli occhi che fanno quasi paura, non deve aver chiuso occhio.

«Subito in camera nostra. Ho avuto un'idea.»

«Un per favore per avermi svegliato alle quattro di notte? Nell'unica volta in cui l'insonnia non mi ha colpito?»

Bernard però è già tornato nella camera. Fatico ad aprire gli occhi mentre sveglio le altre.

«Ho accettato di svegliarmi ora solo perché è un idea assurda di Bernard.» specifica Vanessa mentre Mel si sfrega gli occhi.
Siamo tutte in pigiama e guardando i capelli delle mie amiche ho veramente paura di osservare i miei.

Apro la porta con uno sbadiglio e con una faticosa camminata di addirittura due falcate raggiungiamo la nostra destinazione.

Senza curarmi di bussare faccio irruzione nella camera dei ragazzi e come sospettavo sono tutti pimpanti, sicuramente non si sono addormentati.
La stanza si è trasformata in un quartier generale poliziesco nel giro di pochi giorni: foto di facce di persone spiaccicate contro il muro, lavagnette di sughero piene di immagine e biglietti con scritte e didascalie collegati con del filo rosso, progetti e foto tratte da filmati di sorveglianza.

Immancabili le cianfrusaglie prese dal ripostiglio nel corso di anni di esperienza nel settore accantonate negli angolini a mucchi.

Mi siedo sul piumino che hanno disteso sul pavimento e dove sono stravariccati anche loro.

«Secondo me voi nemmeno vi ricordate-inizia Bernard già con la risata pronta- Vi dico solo una cosa: cucine.»

Me ne ero totalmente dimenticata. Con una parola Bernard mi ha aperto in me una pioggia di ricordi. Le nostre stupide avventure dei noi undicenni.
Sapevamo che nel futuro ci sarebbe servito guardare nel dormitorio senza uscire, quindi ci serviva un nascondiglio per la telecamera che avevamo acquistato.
In fondo al corridoio dei dormitori c'è una finestra con la tapparella regolabile a fettuccia, perciò sopra c'è una sporgenza per contenere la tapparella.
Abbiamo pensato di costruire uno scatolotto di cartone dipinto dello stesso colore della parete per appiccicarlo sopra la sporgenza. Se l'avessimo attaccata da un'altra parte quella protuberanza nel muro sarebbe stata sospetta, ma lì...

All'angolo dello scatolotto sarebbe dovuto esserci un minuscolo foro cammuffato dove la telecamera avrebbe ripreso.
Per attaccare la creazione abbiamo fatto dei minuscoli fori nascosti con ragnatele finte, in cui avremo fatto passare un filo collegato ai buchi nel muro dei bagni.
Della serie: idee di Melissa e i suoi libri che aiutano.
Trapano dal ripostiglio, come da prassi.
Abbiamo dovuto saltare i pasti per fare tutto indisturbati.
Eravamo dei bambini intelligenti. C'era voluto tanto per ricreare il colore esatto della parete. Così come era difficile non farsi notare mentre facevamo cose simili, soprattutto con il grosso rumore procurato dal trapano.
La parte più difficile però era nascondere lo scatolotto: quell'anno durante le vacanze decisero di pulire i dormitori e igienizzare tutto. Nei buchi immensi dei musi coperti da bacheche e caloriferi finti lo scatolotto non stava; non volevamo buttarlo, con utto il tempo che ci aveva impiegato, così abbiamo deciso di nascondere lo scatolotto nelle cucine, sopra l'ultimo ripiano.
Usammo una scala presa dal ripostiglio.
Dal basso quasi non si notava e passava inosservato.

«Quando andiamo nelle cucine?» prende parte Dax, degnandoci della sua voce preziosa e comunque impassibile e annoiata come suo solito.

«Avevo pensato: io e Vanessa colleghiamo la videocamera che ho qui ai nostri computer, Dax e Melissa prendono i fili e qualcosa per risistemare quel pezzo di cartone lurido. Caleb e Jole vanno nelle cucine-arriva l'approvazione di tutti, così mi dà la sentenza finale- ah, Jole ricorda che se ci scoprono, non devono sapere chi siamo. »

«Ti prego! Perché devo indossare quella tutina lercia? Nemmeno fosse un po' più armoniosa! Poi con Caleb!
Non posso stare con qaulcun'altro?»

«Ti prego, Jole, c'è qualcuno che deve sacrificarsi. Non scomodatevi a prendere la scala. Mi ricordo bene quanto era alto il ripieno e ce la fate benissimo senza.»

Sbuffo. Visto che i professori sanno già di Vanessa e Bernard, merito degli avvenimenti dell'anno scorso, non possiamo rischiare di essere beccati in flagrante di nuovo. Melissa e Bernard ora non possono andare: solo loro sanno fare quelle cose con i PC, e tocca a qualcuno di noi. Se però ci vedono di notte, visto che facciamo parte del conosciuto gruppo che vede come partecipanti anche Vanessa e Bernard, avrebbero fatto due più due capendo alla lunga che gruppo siamo. Così Bernard ha progettato un infallibile sistema.

Lui alza il materasso e cinque tute a forma di animali carini fatte con tessuto morbido attendono me e Caleb. Il finto perlo per bambini è sporco e puzzolente e sento anche un leggero tono di muffa.

È Caleb, che nella sua fastidiosa aria padroneggiante, si dirige verso una delle lavagne in sughero decisamente più alta del normale, la alza e si rivela una piccola cavità nel muro bianco da cui estrae una serie di chiavi.

«Questa è quella delle cucine?» chiede Caleb a Bernard.

«Giusto.»

Se la memoria non mi inganna, Dax -su esplicita richiesta del suo compagno di stanza- aveva fatto una mappa con il disegno del profilo di ogni chiave. Se lo devono essere imparato a memoria.

Infilo la prima tuta che mi capita sotto mano e ne allungo una a Caleb con aria infastidita.

Usciamo dalla camera cautamente. Quasi fatico a respirare con la tuta pesante fin sopra il naso, ma vivendo in un posto in cui puoi sognarti di indossare qualcosa di più leggero di un giubbotto da eschimese ne sono abbastanza abituata.

Stiamo arrivando a destinazione e mi sto sforzando di tenere a bada la mia parlantina visto che non gioisco di certo nell'essere con un qualcuno che manda sensazioni così strane e ambigue.
Lui, naturalmente, decide di rompere il ghiaccio.

«Sei veramente ridicola con la tuta da riccio. Non senti fastidio alla schiena?»
L'aria con cui mi guarda mi dà i nervi. E ce ne vuole.
Cosa consigliava Bree per la calma? Giusto, far coincidere piano e più volte pollice e indice.

«Anche tu sei ridicolo con la tuta da pavone e la coda che ti struscia per terra. Eviterò di adattare a te anche la domanda che mi hai fatto dopo»

Caleb si sistema il ciuffo ribelle che gli ricade sull'occhio a sinistra e sfoggia un sorriso strano. So leggere modestamente bene le espressioni facciali  ma con Caleb è come se avessi incontrato l'eccezione. Lui sembra parte dell'uno per cento che non reagisce allo stesso modo nelle varie situazioni.
I suoi occhi si posano su di me, ed è come se una folata di vento mi stesse spazzando via nell'esatto punto in cui mi guarda. Le sue pozze grigie scavano in qualche modo nelle mie.

«Ti scandalizza così tanto riadattare una domanda?»
Sghignazza ridacchiando.

«No non mi scandalizza.»

«Allora cosa ti frena dal riadattare la domanda?»

«Suvvia, Wilson! Smettila!»

Caleb s'incupisce di colpo.

«Preferisco Caleb.»

«Allora ti chiamerò Wilson.»

«Dimmi una parola che inizia con la 'S'»

«Cos'è un gioco?»

«Tu dilla la parola che inizia con la 'S'»

«Scacchiera, stella-»

«Benissimo, Stella. 'S' di scandalizzarsi. Tu mi chiami Wilson e io ti chiamo Stella.»

«Ti dà così fastidio il cognome?»

«Non basterebbe una galassia per racchiuderlo, Stella.»

«Se io smetto con Wilson, tu smetti con Stella. »

«Se mi chiami Caleb, io sentirò Wilson. Ormai è fatta Stellina.»

Si scompiglia ancora di più i capelli con la mano.

«Cosa sei un punto di non ritorno? Un buco nero?»

«Il buco nero in cui è caduta una stellina. È inciampata e si è fatta male, ma ora non gli resta che scoprire  chi è caduto prima di lei.»

Un brivido mi attraversa la schiena.

«Questa scalinata e siamo arrivati alle cucine.»

Percorriamo ogni gradino nel silenzio più stridente.

Inserisco la chiave metallica nella vecchia serratura e la porta delle cucine si apre.
Sulle piastrelle bianche impolverate si reggono i tavoli e i frigoriferi.

«Per fortuna che il ripiano non era alto.»

«Stellina, devo prenderti a spalle.»

Ridacchio.

«No.»

«Invece sì, non c'è altro modo. La stella può eccezionalmente uscire dal buco nero.»

«Smettila con la storia del buco nero.»

«Allora ti prendo a spalle.»

«Nei tuoi dolci sogni, Caleb!»

Lui mi prende per la vita e senza nemmeno realizzarlo mi ritrovo sulle sue spalle pochi attimi dopo.
Sale su uno sgabello o che non avevo neanche visto e io per mantenere l'equilibrio sono costretto ad appiccicare le mani alla sua testa e arrotolare i ciuffi castani intorno alle dita.

Prende appena mi è possibile lo scatolotto marrone.
Finalmente mi mette giù e io gli porgo il pezzo di cartone.

Lui lo gira e gli da un paio di schiaffetti, per rovesciare la polvere e anche un paio di scarafaggi.

Un rumore acuto di tacchi sul pavimento viene da fuori la porta principale della cucina, opposta a quella da cui siamo entrati noi.

«Chi va là?» domanda una voce acerba mai sentita in vita mia.

Io e Caleb corriamo verso la porta da cui siamo entrati e la chiudiamo da fuori, non ci perdiamo nel parlare mentre corriamo guardandoci intorno per accertarci di non essere visti.

Qualche scorciatoia e minuto dopo, Caleb spalanca la porta della sua stanza. Con la coda dell'occhio, prima di entrare, noto i fili già attaccati nel buchi delle mura.

Bernard si alza mentre Vanessa continua a smanettare con la tastiera.

«Andate nelle vostre camere, io finisco di attaccare questo e dopo il Ballo degli Anelli avremo dei filmati da guardare.» dichiara Bernard prima di lasciarci andare in camera nostra

«Io dormo-sentenzia Vanessa- guai se mi svegliare prima di mezzogiorno.»

«Anche io gradirei dormire. La prossima volta di al tuo migliore amico di regolare i suoi orari. Sono anni che glielo ripeto.» raccomanda Mel giocosamente.

A loro non ci vuole molto per abbandonarsi al loro meritato sonno, e io mi perdo a guardare le stelle dalla finestra.

È difficile conoscerle a fondo.
Visto che non è un mio interesse studiarle, quel "difficile", segna come un confine e io rimango ad ammirarle da lontano.

Le stelle custodiscono segreti non ancora scovati.
Sono pure, non sappiamo i loro pregi, non sappiamo i loro difetti. Sono luminose ma non illuminano, sono immerse nell'oscuro.
Sono totalmente prive di giudizio.
A volte mi concentro sul Sole.
È una stella vicina e ci sembra più grande, più luminosa, ma in fondo rimane una stella, non è migliore delle altre.
Tanti si fermano per ore davanti al cielo della notte, come me che sto godendo di questi ultimi e preziosi attimi di magia.
Tanti pensano al Sole come qualcosa di più grande, qualcosa a parte.
Ecco, quante volte le persone si fermano per guardare il sole? Mai. Perché rischi di accecarti.
È una maledizione, perché tutti guardano le tue immagini, il tuo riflesso, e non te. Tutti parlano di te e nessuno può parlarti. È una maledizione perché tutti ti ammirano ma nessuno ti presta attenzione.
Il Sole viene visto più grande ma non può essere osservato. Le stelle le osservi quanto vuoi, ma solo di notte. Le vedi piccole, ma le puoi guardare.
Le stelle, le stelle sono maledette.

🛸🛸🛸
Cari terrestri, eccoci con la revisione di anche questo capitolo!🪐🪐

Ora mi toccherà solamente eliminare e modificare qualche altra scenetta e potrò continuare con i prossimi capitoli.
Un giorno approderó di nuovo sul vostro rudimentale pianeta per salutarvi.
Alla prossima...♣️♥️♠️♦️

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