1. Ean

Sono nato a Londra, quindi sono inglese, ma sono cresciuto in Italia. Mi sono, però, sempre sentito europeo e non appartenente a uno stato preciso, non sono patriottico.  Il mondo è uno e  noi uomini siamo tutti uguali, i confini sono concetti inventati dall'uomo. 

Ho sempre avuto un sogno nel cassetto: ricercare la libertà e sentirmi apprezzato e accettato dal mondo esterno. La verità è che ero un ragazzo insicuro, volevo sentirmi libero, facendo ciò che più mi piaceva, nel mio caso il parkour, perché il vento tra i capelli mentre mi muovevo e saltavo, mi facevano respirare quell'aria di autonomia e indipendenza, sciolto dalle catene, con le ali ai piedi a librarmi sopra la Terra, il sangue pulsare nelle tempie, la circolazione in moto, era questo ciò che volevo percepire, e nessuno avrebbe mai cambiato la mia speranza di vivere in quelle condizioni in eterno, la avvertivo nella mia anima, a tratti irrequieta.

Meditavo spesso, la maggior parte delle volte di fronte al lago vicino casa mia.

Mi sedevo a gambe incrociate sul pratino verde brillante davanti alla distesa d'acqua. Chiudevo gli occhi e cominciavo a inspirare ed espirare profondamente e lasciavo libere le tensioni nel corpo. Non potevo sentirne il profumo però, sono nato senza olfatto. Cosa ambigua non avere un senso, vero? Ma io ci sono abituato, non so come sia l'odore del prato, dei fiori, della pelle di una persona a me cara; forse per questo in amore ho difficoltà a fidarmi di una ragazza. D'altronde l'uomo è un animale, e gli animali per riconoscere di chi fidarsi annusano l'essere in questione.

Io non avevo questa facoltà e tutt'ora è così.

Non volevo il potere, né l'autorità, non m'interessava essere a capo di qualcosa, ambivo solo alla spensieratezza nella mente e nel corpo. C'è chi lotta un'intera vita per raggiungere la sicurezza: una famiglia, un lavoro stabile, figli, una moglie obbediente e amorevole, il rispetto degli altri, tutti sostantivi che a me non fregavano nulla.

Io amavo il brivido dell'incertezza, del rischio. Non avevo necessità di punti fermi e stabili, io volevo correre, librarmi, desideravo convivere con il pericolo, l'esistere secondo le possibilità e le probabilità, ero un anarchico, non seguivo le regole sociali, la moda, il perbenismo. Vivevo con modestia, seguendo le mie necessità naturali e fisiche.

Fu a venti anni che partii per il Cammino di Santiago.

Un'esperienza che cambiò la mia vita, spiritualmente, ma che rappresentò la distruzione di un pezzetto del mio cuore, frantumato in mille pezzi e impossibile da recuperare. La vita spesso ti pone di fronte a delle prove.

Questa fu la mia.

Per me viaggiare significa conoscere persone nuove, è questo che ricordo ogni volta al mio ritorno a casa. Nel mio bagaglio più intimo porto con me la luce degli occhi di tutti coloro che ho incontrato. Mi sono innamorato spesso di molti di essi, e molte volte li ho disegnati con un carboncino sul mio blocco di fogli bianchi che portavo sempre con me.

Tutti quei ritratti li custodisco gelosamente ancora oggi nel cassetto della mia scrivania e di tanto in tanto li sfoglio di nuovo per rammentarmi di quelle belle anime che ho avuto la fortuna di conoscere.

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