Epilogo



Siamo alla FINE.
Vi voglio bene


Presente

JUNE


«Avanti, June!»

Guardo Tiffany stendersi l'ultimo velo di rossetto, mentre me ne sto stravaccata sul letto della mia vecchia camera. Questa è l'unica stanza che ho sentito mia per davvero. Ci ho passato quasi un anno qui dentro e mia madre non si è più trasferita da allora. Non avrei mai detto che Laguna Beach sarebbe diventata la sua casa.

«Non lo so Tiff...», sbuffo fissando l'enorme orsacchiotto che occupa la sedia davanti al letto.

«Usciamo! Ce lo meritiamo». Tiffany scuote la testa ricciola fissandomi di sottecchi.

Sono passati tre anni, ma certe cose non cambiano mai.

«La piccola sta con mia mamma questa sera. Andiamo a divertirci per una volta.»

O quasi.

«Non mi va di uscire.»

Mi alzo in piedi sbuffando, ma so già che a breve finirò per accontentarla.

Tiffany mi afferra dal gomito e mi obbliga a guardarmi allo specchio.

«June, stai sola da troppo tempo.»

«Okay» Mi stringo nelle spalle, come se fosse una cosa di poco conto.

È vero, esco di rado, ma passo le mattine a lezione e i pomeriggi a studiare, quindi non ho molto tempo libero. E ogni volta che torno qui, a Laguna Beach, ho il terrore di uscire per un motivo molto semplice. Ho paura di chi potrei incontrare.

Finalmente io e Tiffany usciamo, ma mi basta arrivare a destinazione, per accorgermi delle numerose auto parcheggiate fuori da casa di Taylor. C'è una festa.

«Tiff, non me l'avevi detto che...»

Mi trascina dentro casa e mentre proseguiamo sotto le luci colorate, Tiffany sembra smettere di ascoltarmi. O forse, sono io che smetto di connettere con la realtà che mi circonda. I suoni si fanno ovattati e le luci così accecanti da darmi fastidio.

Ed è proprio lì che lo vedo.

Lo sapevo. Lo sapevo. Lo sapevo.

«Forse è meglio se io vado...» Balbetto qualcosa, ma nessuno mi sta ascoltando.

La luce è scarsa ma riesco a intravedere i contorni della sua figura. Lui è bellissimo e sta parlando con una ragazza.

Mi chiedo se abbia ancora il sei tatuato.

Una fitta amara mi dilania lo stomaco. Un vuoto mi buca il petto quando lui abbassa il viso su di lei, le sposta una ciocca dietro l'orecchio e la bacia.

Devo andarmene.

«Jamie!»

Tiffany urla nel tentativo di sovrastare la musica che ci circonda.

Vorrei sprofondare. E vorrei che lei non richiamasse le sue attenzioni, ma dopotutto... non si vedono da tanto.

James si volta. Le luci illuminano i suoi zigomi perfetti e quando il fascio luminoso taglia le sue labbra rosse e carnose, mi sento morire.

Riconosco la maglietta bianca che porta indosso, mentre lui non sembra non riconoscermi nemmeno quando mi guarda negli occhi.

«Ti conosco?»

Il fiato mi muore in gola.

Sto sudando.
Non riesco a respirare.
Come può dire così?
Mi sento morire.

«June!»

«Lasciami stare!»

«June!»

Spalanco gli occhi di scatto, ma non è Tiffany a chiamarmi.

Nonostante la stanza sia immersa nella penombra, il mio sguardo si posa sulle tende del mio dormitorio. Un profumo conosciuto mi avvolge. Ruoto il capo e mi strofino gli occhi con le nocche.

James è sdraiato di fianco a me. Nel buio suoi zaffiri brillano intensamente. Mi sta guardando preoccupato e io sto tremando.

«June, hai di nuovo fatto un incubo», lo sento dire poco prima di stringermi tra le sue braccia.

«Sei davvero qui?», sussurro senza fiato, con il naso seppellito nel suo petto nudo.

«Ogni volta che hai bisogno.»

Inspiro il suo buon profumo, poi sposto lo sguardo a lato.
Siamo nella camera che condivido con May, che è ormai mia compagna di college da tre anni.
Ogni volta che James viene a trovarmi, lei va a dormire a casa di una sua amica, qui vicino al campus, lasciandoci la nostra privacy.  Io e James ci vediamo due volte al mese e passiamo tutto il weekend a guardare film e a parlare. Beh... non solo.

«Che cos'hai sognato?»

Quella sensazione sgradevole man mano scivola via, lasciando spazio a un piacevole tepore. Mi accoccolo sul suo torace e, ascoltando il suo respiro cadenzato, comincio a parlare.

«Ho fatto un incubo e tu... Io... Non stavamo insieme.»

James sposta la ciocca di capelli che mi si è appiccicata sulla fronte, lo fa con dolcezza, invogliandomi a continuare il racconto.

«E tu non mi riconoscevi...» mi lamento sottovoce.

«Facevo sicuramente finta», mormora prima di posarmi un bacio sulla fronte.

Sollevo il viso e con il mento puntato nel suo petto, osservo il suo viso simmetrico. Le sue labbra gonfie catturano la mia attenzione e una fitta di gelosia mi serra lo stomaco.

«Nei miei sogni riesci a essere persino più stronzo di quanto tu non lo sia in realtà...»

Lo vedo curvare il capo di lato. Lo fa per studiare la mia espressione, mentre con il pollice mi carezza il labbro inferiore.

«Sicura?»

Mi provoca con un ghigno, l'attimo prima di tirarsi su a sedere.

Stavolta sorrido anch'io perché mi afferra dai fianchi e m'induce a posizionarmi a cavalcioni su di lui. Mi è sufficiente guardare James negli occhi e ogni brutta sensazione sparisce. Lui è sotto di me e mentre lascia scorrere una mano tra i miei capelli sciolti, con la punta dell'indice mi sfiora la spalla nuda, dandomi i brividi.

«No, effettivamente non so cosa combini mentre stiamo lontani», sospiro tracciandogli il petto di baci languidi.

Un calore improvviso mi riempie la pancia perché James posiziona una mano alla base della mia nuca e mi obbliga a scendere con il viso sul suo, per incontrare la bocca.

Con una scivolata di lingua reclama le mie labbra che si schiudono per dargli l'accesso desiderato. Gli concedo quel bacio sfacciato, poi gli assesto un morsetto sul labbro. Il mio corpo sussulta perché avverto la sua erezione pulsare contro il mio inguine.

«James...» Lo rimprovero con dolcezza, quando lo sento abbassarsi i pantaloni

«Che c'è? Devo farti dimenticare gli incubi, no?» sorride pizzicandosi il labbro inferiore sotto gli incisivi perfetti.

Mi sollevo sulle ginocchia per dargli modo di rimuovere anche i boxer.

«E che metodo sarebbe questo?»

«È molto antico, si chiama "metodo James Hunter". Dopo non ti ricorderai nemmeno come ti chiami.»

Inizio a ridere e lui fa lo stesso, ma ben presto mi ritrovo con il fiato corto perché lo sento indirizzare la sua erezione tesa tra le mie cosce. Con l'altra mano mi sposta le mutande a lato, poi fa scivolare il suo membro sulle mie pieghe sensibili.

«E tu sei già bagnata.»

Prima ancora che io possa lanciargli un'occhiataccia di rimprovero per quel commento sfacciato, lui serra la mandibola, infine si lascia andare a un lungo sospiro di sollievo.

«Meglio, no?» Sprofonda dentro di me con una spinta decisa, lasciandomi senza respiro.

Stringo i denti, travolta da quella sensazione improvvisa, mentre James immerge le dita nei miei fianchi per invogliarmi a muovermi sopra di lui.

Vengo pervasa da un brivido totalizzante nel guardare James socchiudere gli occhi, anche lui sopraffatto da sensazioni troppo piacevoli. S'intrufola sotto la maglietta del mio pigiama e si riempie entrambe le mani con i miei seni inturgiditi.

«Oh cazzo sì.»

Traccio il suo torace nudo di occhiate veloci e mi accorgo che il suo addome abbronzato comincia a contrarsi sotto di me. James arriccia la punta delle dita intorno ai miei capezzoli e li stringe appena, obbligandomi ad inarcare la schiena.

«Girati.», impartisce poi, investendomi di un'occhiata febbrile.

Così mi sollevo da quella posizione e gli do le spalle. James riprende a guidare i miei movimenti, ansimando ogni volta che gli spasmi m'incendiano il basso ventre, trasmettendo al suo corpo un'elettricità contagiosa.

«Sì, così. Proprio così»

Le mie carni cominciano a bruciare, quindi provo a fermarmi, ma James non sembra d'accordo.

«Non trattenerti, June».

Quando lo sento lasciarsi andare a un lungo gemito, recupero il ritmo sostenuto e serro di nuovo le cosce intorno ai suoi fianchi.

Un brivido mi fa tremare perché James percorre la mia spina dorsale con le dita fredde, poi raggiunge la mia nuca e qui immerge la mano tra i miei capelli. Ne raccoglie un mucchietto e li strattona con una presa possessiva.

«Ti piace?»

Inarco il collo assecondando i suoi movimenti, il cervello inondato di adrenalina e il cuore in gola. James avvicina le labbra pulsanti al mio orecchio per deliziarmi dei suoi gemiti lascivi. E io non riesco a rispondere, dalla mia bocca escono solo rantoli affannosi.

«Brava. Voglio sentire quanto ti piace.»

Per non perdere l'equilibrio mi aggrappo alle sue ginocchia, perché inizia a riempirmi di affondi veloci e profondi, finché un'ondata di piacere mi riempie la pancia. Sento il suo corpo indurirsi sotto e dentro di me, poi il suo orgasmo scivolarmi dentro come lava bollente.

«June...» James soffia il mio nome nel mio orecchio con voce rauca, mandandomi in estasi.

L'orgasmo mi esplode tra le gambe e nel cervello, lasciandomi senza fiato per qualche istante.

Quando mi sollevo e mi giro verso James, lo vedo buttare la testa all'indietro, tra i cuscini.

Lui si è già risollevato i pantaloni, io mi risistemo il pigiama, poi gli lancio le braccia intorno al collo.

So che gli piace essere abbracciato subito dopo, e il sorriso che mi lascia tra i capelli ne è la prova.

Restiamo senza parlare per qualche istante e mentre ascolto il suo respiro regolarizzarsi sotto la mia guancia, mi accorgo che dalla finestra iniziano a penetrare i primi raggi. È già mattina.

«È Jasper.»

James afferra il cellulare che sta suonando e imposta il vivavoce. Lo fa sempre, forse per includermi nelle sue chiacchierate con il fratello.

«Non state incendiando casa vero?»

«No.» Riesco a udire la voce di Jasper.

«Okay, passami Will.» James saluta Jas, poi fa una piccola pausa. «William?!»

«Innanzitutto ti calmi», sento Will ridacchiare.

«Sono calmissimo» James invece non si preoccupa di alzare la voce. «Che cazzo hai combinato?»

«Niente, perché dovrei... Okay, senti, ci stavamo annoiando...»

A quel punto James si alza in piedi.

«Non è successo niente, James. Non ti agitare.»

Sembra che Will riesca a percepire la tensione anche a distanza.

«Come  faccio a non agitarmi? Ti chiedo di stare con mio fratello e alla fine è lui da fare babysitter a te?»

«C'è stato un piccolo corto circuito nello studio di Jas.»

James si trascina una mano tra i capelli con fare nervoso.

«Hai dato fuoco al laboratorio di Jasper?»

Austin è ancora in carcere, ma da due anni ha cominciato a inviare assegni ai suoi figli e a James. Quest'ultimo ha pensato bene di far costruire un casottino in giardino, tutto dedicato a Jasper e alla costruzione dei suoi robot.

«Non ha preso fuoco, ma uno dei robot ha iniziato a fare scintille. Dovevamo fare un video...»

William ha cominciato a fare video su tiktok da un paio di anni e oltre a diventare famoso, sta trascinando Jasper nelle sue avventure.

«Mio fratello sta bene? Dimmi solo questo.»

«Certo. Si diverte con me, lo sai.»

«Lo so.»

«E domani arriva anche Marvin.»

«Questo dovrebbe consolarmi?»

Sento Jasper ridacchiare in sottofondo.

«Vi richiamo dopo», sbuffa James prima di mettere giù la chiamata.

«Ma dove vai?», mi redarguisce quando si accorge che provo a infilarmi i pantaloncini del pigiama.

Lo guardo. James indossa un paio di pantaloni della tuta che gli fasciano i fianchi e mettono in risalto il suo fisico abbronzato. È perfetto. E ovviamente c'è un motivo dietro a quel corpo statuario. Al mattino lavora in una palestra come insegnante di boxe, mentre il pomeriggio lo passa sotto il sole, in uno yacht club. Non ha bisogno di soldi, ma non riesce a stare fermo. E tutti gli allenamenti danno i loro frutti.

Vorrei poter dire lo stesso della sottoscritta.

«Che c'è? Che guardi?» domanda James tutto serio, prima di sedersi sul letto, accanto a me.

Tu, che a differenza mia, sembri scolpito dagli dei.

«Niente», rispondo abbassando gli occhi.

«Che succede?»

«Lo sai, James.»

«No, non lo so.»

«Ho preso cinque chili. E si vedono...» mi lamento sottovoce.

«Infatti si vede che sei bellissima.»

«Sto seduta a studiare tutto il giorno. Mangio schifezze e...»

«June» James interrompe le mie parole con un bacio. «Se tu vedessi anche solo per un attimo come ti vedo io...»

«Cosa?»

«Ti ameresti.»

«Ma io mi amo, è solo che...»

«Eh?» Mi squadra con un'espressione volutamente confusa.

«Hai capito.»

«No, non ho sentito. Ridillo.» afferma serio.

«Ho detto che mi amo, ma...»

«Ridillo.»

Solo allora capisco il suo gioco.

«James!» strepito a gran voce, poi prendo un lungo respiro. «Il problema è che...» Tasto la carne che mi circonda le cosce piene.

«Non vedo nessun problema. Vieni qui.»

Mi stringo accanto a lui e dopo avermi lasciato un bacio sulla fronte, James si sdraia sul mio stomaco.

«Che fai?» chiedo quando lo vedo con il cellulare in mano.

«Tengo d'occhio quei due.»

James apre tiktok e la faccia di Will mi appare davanti.

La gente va pazza per i suoi video spericolati. Soprattutto le ragazze.

«Oh no. Will ha postato un nuovo video.»




Tre anni prima

JUNE

La morte cambia tutto.

Quando una persona perde la vita, è l'esistenza dei suoi cari a essere realmente stravolta. Basta un soffio e in un secondo tutto cambia per sempre. Ricordo a stento chi fossi prima della morte di August. Sarei mai tornata la stessa? Perché James era davvero cambiato. Prima diceva di vivere come se sua madre fosse già morta, ma non era così. Ora che lei non c'è più, lui si comporta diversamente: dà più attenzioni a Jasper, ha persino smesso di ubriacarsi ogni weekend. E quando lo guardo negli occhi, non c'è più quell'inquietudine che li contraddistingueva. Forse il fatto che Hood sia morto gli ha tolto un peso dal cuore, o forse il fatto che alla fine non sia stato lui a farlo fuori, gli ha messo l'anima in pace. È più sereno, ma ciò non significa che sia meno triste. Passa i pomeriggi con la guancia sul mio ventre a farsi carezzare la fronte, mentre io studio e ripeto a voce alta, in modo da far ripassare anche lui.

Non voglio prenda sotto gamba l'ultimo anno e Marvin non fa che prendermi in giro. Ogni volta che James rifiuta un'uscita o una festa, lo sento dire: "June cosa gli hai fatto?". Ma so già che l'idillio durerà poco, dopo le feste inizierà la scuola.

🐧

Sono le otto del mattino e invece che darmi una mossa, continuo a cambiare acconciatura. Prima sciolgo i capelli, poi li sistemo in una crocchia. Possibile che non riesca a vedermi in alcun modo?
Infilo la mano nel cassetto senza mai perdere di vista il mio riflesso. Non c'è nulla. Non un rossetto, una matita. Avevo un mascara, ma in questo momento non trovo nemmeno quello.

«Mamma?» urlo affacciandomi in corridoio.

«June ma sei ancora così? Muoviti, dai! Che fai tardi a scuola.»

«Dov'è il mio mascara?»

Lei mi squadra dalla testa ai piedi.

«Da quando ti trucchi?»

Da quando non vorrei sfigurare, nell'entrare a scuola mano nella mano insieme a James. Ma soprattutto, da quando stiamo insieme.

«Ah lascia perdere, mamma...»

«James ti viene a prendere?», domanda lei seguendomi in camera.

Non le rispondo. Sono di nuovo davanti allo specchio intenta a ispezionare il mio riflesso, quando sento il boato di un'auto. Corro al piano di sotto, sono così distratta che dimentico persino la giacca, poi finalmente spalanco la porta d'ingresso. L'aria fredda di gennaio mi trafigge gli zigomi, inspiro a pieni polmoni e vengo inebriata da un buon profumo conosciuto.

James è fuori da casa mia. Lo vedo fumare contro la portiera dell'auto a capo chino.

Il cuore mi si tuffa nel petto quando solleva la testa per guardarmi negli occhi. Mi prendo qualche istante per osservare le sue spalle larghe racchiuse nella giacca di pelle.

«Niente male per una ragazzina...» Muove le labbra carnose per pronunciare quella frase con il suo timbro graffiato.

Spalanco la bocca per qualche istante, poi mi ricompongo in fretta.

«Cretino, è la solita divisa».

Mi avvicino all'auto e gli passo di fianco per avventarmi sulla portiera, ma lui mi blocca dal polso e mi trascina contro il suo petto.

«Dove pensi di andare?»

In un attimo le sue labbra morbide sono sulle mie e il sapore della menta mescolato al fumo mi avvolge i sensi. Un gemito di approvazione sfugge alla sua bocca rigonfia mentre approfondisce quel bacio fino a renderlo un incendio che mi divampa nel petto.

Ma d'un tratto un colpo di tosse alle nostre spalle.

Mia madre. Sul pianerottolo.

«Andiamo», gli sussurro sbrigativa prima di fuggire in auto.

James però viene trattenuto dalle parole furenti di mia mamma.

«Li vedi questi? Non sono occhi, ma fari ben puntati su di te!»

«Dove precisamente?», scherza lui senza smettere di ridacchiare.

«Sulle tue manacce. Vedi di tenerle a posto almeno fino alla fine della scuola. E comunque io non sto ridendo.» lo aggredisce seria. «Filate a scuola!»

James entra in macchina e io mi lascio andare a un lungo sospiro di sollievo.

«Meno male che oggi ha giorno libero e non viene a scuola anche lei...»

«Psycho April crede davvero che io e te non abbiamo ancora scopato?»

Sgrano gli occhi, impaurita che mia madre abbia il super udito e possa sentirci anche a metri di distanza.

«Non lo so.»

«Beh lo so io, mi ha detto "fino alla fine della scuola". Ha paura ti metta incinta?», domanda portandomi una ciocca dietro l'orecchio.

Quel contatto piacevole mi fa rabbrividire.
Abbandono gli occhi sulle sue labbra e James fa lo stesso.

«Vuoi davvero andare a lezione?» soffia il suo respiro di menta contro la mia guancia.

«James, questo è il primo giorno dopo le vacanze.»

«Lo so, ma Jordan è a lavoro, Jasper è a scuola...»

Le sue labbra tracciano la mia mandibola di baci tiepidi che mi fanno tremare il cuore.

«Muoviti, portarmi a scuola» gli ordino, tentando di frenare la voglia di saltargli addosso.

«Ai suoi ordini, Biancaneve».

🦋

Quando giungiamo in corridoio Marvin e Poppy stanno pomiciando davanti agli armadietti.

«Marvin?»

James gli rivolge un'occhiataccia, ma non riceve risposta.

«MARVIN?»

«Ma ti calmi? Cosa c'è?» salta su confuso, mentre  Poppy fa capolino alle sue spalle.

«Che cazzo stai facendo? Quello è il mio l'armadietto», asserisce James a braccia conserte.

«E qual è il problema?» lo sfida Marvin con tono pacato.

«Mi ci bacio io lì davanti, non voi. Sparite.»

«E quindi? Mi devo mettere qui?» Marvin gli propone l'anta di fianco.

«No.»

«Ma questo è il punto migliore del corridoio! Aabbiamo una buona visuale della classe, così vedo quando arriva il prof. Poi lì ci sono le macchinette e posso controllare se c'è fila...»

«Sparisci, ho detto.»

Marvin allora gli va sotto al mento.

«È il tuo armadietto...», sibila restringendo gli occhi a due fessure «Ma non è la tua scuola, James.»

«Oh davvero?» James allarga le spalle, facendo ombra sulla sagoma di Marvin.

Io e Poppy ci scambiamo delle occhiate preoccupate, finché i due non scoppiano a ridere.

«Che idiota che sei.»

«Vammi a prendere dell'acqua, Marv.»

«Te la prendi da solo.»

«Ah, scusami devi andarla a prendere a Will?» chiede James indicando l'amico che sosta in fila alle macchinette.

«Will non è ancora in grado di camminare senza stampelle, James» lo redarguisco io, andando in soccorso a Marvin.

«Esatto, e poi smettila di fare sempre il geloso. Non te lo rubo», ridacchia Marvin, l'attimo prima di allontanarsi con Poppy.

James gli fa il dito medio, poi torna su di me.

«Will non può camminare bene, però si è fatto May nel tuo letto».

«No. Non l'hanno fatto», ribatto io scrollando il capo.

«Come lo sai?».

«La conosco. Per lei più importante dormire insieme ...»

«Mi ricorda qualcuno.»

La mano destra di James si pianta sull'armadietto alle mie spalle, mentre l'altra finisce sotto l'orlo della gonna della mia divisa. Gliela rimuovo prontamente, dato che siamo nel corridoio di scuola, ma ciò non gli impedisce di cominciare a baciarmi in modo lascivo.

«Stavo pensando, dopo la scuola...»

«Cosa, James?»

«Non ho più gli allenamenti, potresti venire da me.»

«Hai solo una cosa in quella testa?»

Lui corruccia le sopracciglia.

«Sì. Ma a parte quello...»

I suoi lineamenti distesi in una espressione divertita si contraggono. Mi fissa serio.

«Vorrei che Jasper si sentisse come negli ultimi giorni. E senza di te, June, la vedo difficile.»

Resto in silenzio ad ascoltare, mentre lui giocherella con le ciocche che mi ricadono sulle spalle.

«E poi voglio stare con te», aggiunge premendo le labbra carnose sul mio lobo sensibile.

«Anch'io, ma lo studio...»

«Lo studio? Fai sul serio Madeline?»

«James, stai scherzando? Abbiamo un sacco di verifiche quest'anno.»

«E quindi?»

«Io non sono come te, se non studio non prenderò voti decenti.»

«Studiamo allora», mormora lui con la bocca sulla mia.

Porto la testa all'indietro e lo squadro con diffidenza.

«Promesso.» sussurra prima di lasciare scivolare la lingua tra le mie labbra socchiuse. «Però resta il fatto che possiamo saltare la prima ora...»

Le sue dita costellate di anelli cascano nuovamente tra le mie cosce scoperte facendomi rabbrividire.

«White, Hunter.»

Balzo come una molla nell'udire quella voce tuonare nel corridoio. È il preside.

«Levale le mani di dosso e venite nel mio ufficio. Ora».

«Fa sul serio? Solo perché baciavo la mia ragazza?» ribatte James.

Gli tiro uno spintone per indurlo a tacere, ma con lui ci vuole ben altro.

«Non stavamo facendo un cazzo.»

«Usa altri termini quando parli con me e fate come ho detto.»

Senza dire altro ci dirigiamo in presidenza, dove ci sono Will e Marvin ad aspettarci.

Allora capisco che il problema non è stato il bacio in corridoio. C'è ben altro.





Presente

JAMES



«Mi raccomando, Jas.»

Jasper sorride. Forse gli fa strano che sia proprio io a fargli quella raccomandazione.

«Studiamo» lo sento mormorare.

Sono poche le volte in cui Jasper parla e di solito lo fa solo in mia presenza. Siamo in auto e lui sta con le mani giunte, incastrate tra le ginocchia.

«Sarà meglio. Sennò Violet se la vede con me o peggio, con June.» annuncio parcheggiando davanti casa della ragazza.

«Ora passo a prendere June. Ti vengo a riprendere di ritorno dal Tropical.»

Lui mi fa un cenno, poi scende dall'auto. Lo guardo allontanarsi da me con tre anni in più e qualche preoccupazione in meno sulle spalle.

Jasper aveva passato il suo periodo buio dopo morte della mamma. L'avevamo lasciato metabolizzare il momento, ma mi ero accorto in fretta che l'isolamento non gli stava facendo bene. I voti a scuola, di solito buoni, erano peggiorati. Non passava le serate a giocare ai videogames, né se ne stava con i suoi robot.

«Perché ridi, James?»

June è appena entrata in macchina e mi sta già sottoponendo a un'investigazione.

«Non sto ridendo.»

La realtà è che sto sorridendo eccome. Finalmente ha la pausa di metà anno dagli esami ed è venuta a stare qualche settimana in California.

«Stai sorridendo.», mi rimprovera mentre le nostre bocche si curvano in un bacio.

«Sai, stavo pensando... Senza di te non ce l'avrei fatta. Con Jasper.»

E se Jasper dopo la morte della mamma e l'incarceramento di Austin era terrorizzato, lo ero anch'io. Avevo paura che June scappasse alla prima crisi di Jasper. Lei non l'aveva mai visto davvero in difficoltà, eppure, anche quando è accaduto, alla fine non è fuggita.

«Sei rimasta con noi».

«Anche se me ne sono andata a studiare a chilometri di distanza da qui?»

«Lo sai che intendo.»

Lei mi bacia, ma non dice altro. Forse perché l'unico a essere rimasto qui sono io. Io e Will viviamo a Laguna Beach, mentre tutti gli altri hanno lasciato la California per andare a studiare all'università.

«Hai detto che vuoi tornare qui quando finisci l'università.»

«Sì» replica lei.

E perché dovrebbe se non per me? Per Psycho April? Non credo.

June mi vede pensieroso alla guida. Prende a fissarmi, così mi decido a parlare.

«Stavo pensando... Se invece ti proponessero...»

«Tornerò.»

«Ma non voglio che rinunci a qualche possibilità per causa mia.»

«La mia famiglia è qui, James. Ed è qui che tornerò quando mi laureerò. E potrò anche andare a studiare all'estero, ma...» Prende un ampio respiro. «Tu sei qui. E so che non te ne andrai. Finché. sarai qui, il mio posto sarà sempre questo. Insieme a te.»

Cazzo.

Stacco gli occhi dalla strada per guardarla.

E come ogni volta che la guardo, mi sento dannatamente fortunato.

«E sebbene tu sostenga che non sei rimasto qui per Jasper... Per quanto tu possa dire che non è per tuo fratello...»

È così.

«Non lascerei mai Jasper da solo. Non prima che finisca la scuola e si diplomi.», asserisco deciso.

🍉

Dopo poco giungiamo al Tropical. Parcheggio davanti al locale, lì ci scambiamo un lungo bacio e infine entriamo.

Tiffany ci sta già aspettando all'ingresso. La saluto, e mentre le ragazze si perdono a chiacchierare fra loro, decido di andare al bancone a ordinare.

Nel tragitto però, sfilo accanto ad alcuni privè e sento delle chiacchiere conosciute.

«Glielo chiederò il giorno del suo compleanno.»

Sono le voci dei miei amici.

«Wow, hai pensato a tutto. Will di qualcosa, per favore» Il timbro profondo di Jackson.

Sto per aprire la tenda e fare la mia apparizione, quando sento dire. «Chi è la fortunata?»

«Poppy.»

Mi blocco.

«Lo chiederai a Poppy, davvero?» domanda Will.

«E a chi dovrei chiederlo, scusa?»

«Lascialo stare. Will è in un altro mondo.» dice Jackson.

«Quale mondo?»

«Indovina.»

«Smettila di guardarle le storie, Will.»

«May ha un nuovo compagno di stage.»

Nell'udire le ultime parole di Will, lancio gli occhi al soffitto e sposto la tenda.

«Dovete chiamarvi quando vi vedete tra di voi». Rimprovero i miei amici senza nemmeno salutare.

«Come se non ti avessimo chiamato tutto il pomeriggio, ma tu eri troppo impegnato con la tua fidanzatina» mi provoca Will.

«Hai fumato?»

È la prima cosa che mi domanda Jackson dopo avermi abbracciato.

«No perché?»

«James...»

«Okay, una prima di venire qui» confesso.

Mi guardano tutti contrariati.

«Sono il vostro capro espiatorio?», sbuffo allargando le braccia.

«June s'incazza se lo scopre», sorride Jackson passandomi una birra.

«June me lo succhia e sai perché? Faccio come mi pare.»

«Vediamo se la pensa così».

I miei amici ridacchiano e io capisco che lei è alle mie spalle.

«June...»

Mi fissa a braccia incrociate con aria di sfida. «Oh ne sei proprio sicuro?»

Sulle sue labbra si modella un piccolo broncio, ma sta fingendo. Lo sa che ogni tanto fumo una sigaretta e capita solo se sono nervoso. Sto tentando di ridurre, ma non è facile.

I ragazzi continuano a ridere, io intanto mi volto verso June per lasciarle un lungo bacio.

«Ci riprovo da domani. Scusa, Biancaneve.»

«Scusa, Biancaneve», mi fanno il verso i miei amici.

«Finitela, cazzo.»

«E Tiff?» domanda Jackson.

«Vi saluta. Doveva tornare a casa.»

June si leva la giacca e rimane con un vestitino che le sta divinamente.

«Vuoi giocare a freccette con noi, June?» chiede Marvin. «O vuoi giocare a freccette con il mio cuore? Ah no quello e già tuo» sogghigna poi, imitando la mia voce come un coglione.

Gli faccio cenno di stare in silenzio, mentre mi siedo sul divano di fianco a Jackson, con June in braccio.

«Comunque stavo dicendo una cosa prima...» accenna Marvin, tornando stranamente serio.

«Non ci posso credere» salta su Will «L'ha postato. Ha postato una foto con lui!»

«Sono passati tre anni, Will. Possiamo parlare d'altro. Jax come va con il campionato?» mi rivolgo al biondo, ma con la coda dell'occhio vedo Marvin alzarsi in piedi.

«Marvin?»

«Mi avete rotto, non ruota sempre tutto intorno a voi.»

Lo vediamo uscire dal privè e in un attimo si perde nella folla.

«Che succede?» domanda June «Che avete fatto a Marvin?»

Jackson ha lo sguardo strano.

«Gli passerà» mormora Will con gli occhi incollati allo schermo.

«Senti da che pulpito... A te passerà l'ossessione per May» lo provoco.

«Che aveva Marvin?» insiste June.

«Chi?»

Ognuno è troppo preso dalle sue cose, quindi June si alza in piedi e toglie il cellulare dalle mani di Will.

«Hei, è il mio lavoro quello!»

«Vi vedete poche volte all'anno voi quattro, riuscite a parlare senza stare al cellulare?»

«Perchè hai portato la rompi palle?» Will mima il labiale guardandomi di storto.

«Ah, io sarei la rompipalle?»

June fulmina William, che d'un tratto si trasforma in un cucciolo.

«No, no scherzavo.»

E c'è un motivo ben preciso dietro a quel cambio di atteggiamento.

«Cosa dovremmo fare?» chiede Jax confuso.

«Parlare, forse? Jackson, avanti. Raccontaci.» lo sprona June.

«Sembra di stare a uno di quei ritrovi a cui mia madre mi obbligava ad andare», sbuffa Will.

«Mi trovo bene all'università.» spiega Jackson.

«Non è che fai lo stronzo?» gli domando con tono sospetto. So che è a capo della confraternita più influente di Yale e la cosa non mi va molto a genio.

«Bè, ci sono delle regole da seguire e riti di iniziazione da compiere. Facciamo solo rispettare la tradizione.»

«E tu, June? Come va l'università?»

L'attenzione si sposta sulla mia ragazza.

«Bene.»

Poi cala il silenzio.

So perché Jackson e Will sono interessati a June: va alla Brown insieme a Blaze e May.

«Tutto bene alla Brown?» Magicamente anche Will sembra aver ritrovato la parola.

«Certo.»

«Sei vaga», la rimprovera Jackson.

«Potrei esserlo meno, se tu fossi più specifico con le domande, Jax.» 

Jackson abbassa gli occhi. Sono passati tre anni, eppure... no, lui non l'ha ancora dimenticato.


Tre anni prima

JUNE

Il preside non ha una faccia rassicurante. Io, Marvin e Will siamo davanti a lui, in piedi come delle statue.

«Vedete, io ho sorvolato su tante cose... ma con i fuochi d'artificio non posso proprio. Non posso lasciar correre stavolta.»

L'uomo passa in rassegna le sagome di Marvin e Will.

«Chi è stato?»

I due non fiatano, James nemmeno.

È stato Will perché non lo dicono?

«White? Tu lo sai?»

Oh no.

«Non lo so.»

«Non c'eri?»

«No.»

«È la notte di capodanno dov'eri?»

Le mie guance prendono fuoco.

«Non... ehm... alla partita.»

«Non eri qui a scuola?»

«No.»

Ho appena mentito al preside. Ottimo.

Lui sbuffa infastidito, poi fa un cenno verso l'uscita.

«Il responsabile la pagherà. Sappiate solo questo. Ora andatevene.»

Ci avviciniamo alla porta, ma la voce dell'uomo mi colpisce alle spalle.

«June, tu rimani. Voglio parlare con te.»

Will e Marvin si defilano in corridoio, mentre James si ferma insieme a me, quindi il preside lo guarda di sottecchi.

«Ho detto che voglio parlare con June White.»

«Può parlarle davanti a me.»

James incrocia le braccia al petto, così il preside decide di proseguire.

«La signora delle pulizie ha trovato il tuo documento di identità in classe.»

Ci mancava questa. Mia madre mi spedirà in Antartide. Altro che fare come i pinguini, ci vivrò in mezzo ai pinguini.

«Mi sarà caduto dopo la recita», provo ad addurre una scusa.

«La scuola era chiusa e il vetro della finestra rotto. Si tratta di un atto vandalico ai danni dell'istituto, non una cosa da poco.»

«Sono stato io.» James si fa avanti e a quel punto il preside si alza in piedi.

«Esci.»

Ma James non si muove.

«Ho detto esci o ti faccio espellere seduta stante.»

«James esci, me la cavo da sola.»

Il mio tono di voce trema. Sono nei guai stavolta.

James decide di darmi retta e quando lascia la presidenza, l'uomo torna su di me.

«June, la questione è seria. Hai stravolto la recita.» spiega con tono pacato.

«Mi dispiace.»

«Ma non hai solo stravolto lo spettacolo di fine anno. Hai abbandonato il corpo delle cheerleader e ora scopro che hai commesso degli atti vandalici.»

Le mie labbra rimangono sigillate.

«E il tuo rendimento è peggiorato.»

«Mi dispiace» è tutto ciò che posso dire.

«Ora ti dedicherai a un programma di recupero che si svolgerà il pomeriggio. Passerai tutti i pomeriggi a scuola.»

No.

«Non metterò in mezzo le autorità. Ne va reputazione della scuola.»

Deglutisco davanti a quelle parole dure.

«E se vuoi evitare l'espulsione... Questa è l'unica soluzione.»

Il preside mi fa strada verso l'uscita, così esco dall'ufficio con il capo chino e un nodo alla gola.

«Che succede?» James è già fuori che ci aspetta.

«Abbiamo risolto. Tornate in classe», impartisce il preside.

James però non sembra convinto e lo segue in corridoio.

«È stata una cazzata che ho fatto io, lei non c'entra niente.»

«C'era il suo documento e ha confessato di aver commesso atti vandalici ai danni della scuola.»

«Non è stata lei sono stato io.», insiste James.

Ma il preside si barrica nel suo ufficio e non lo sta più ascoltando.

🧸

«Posso venire da te?»

Quella sera stessa James mi chiama, ma io ho il morale sotto ai piedi.

«No. Devo studiare e poi dormire, sono stanca. Scusa.»

«Tua madre che dice?»

«Non lo sa ancora. Non so come dirglielo, James.»

«Devi dirglielo prima o poi.»

«Il preside l'ha convocata a scuola.»

«Ricordami perché stiamo parlando di quello stronzo del preside e non sono nel tuo letto...»

«Per Jasper. E perché io devo studiare.»

«Era perfetto stare insieme dopo le lezioni: Jasper ancora scuola, mio padre che torna tardi... e invece così dovrai passare tutti i pomeriggi lì.»

«Già grazie non mi abbia espulso», sbuffo lanciandomi sul letto.

«Anche se...»

«No, James.»

«Ho un'idea.»

«No, James. Non ti farai mettere in punizione.»

🪨

Il giorno seguente inizia la vera tortura.

Sono costretta a rimanere in classe fino alle quattro di pomeriggio.
Marvin e Will sono lì con me perché alla fine hanno confessato di essere i responsabili dei fuochi d'artificio. Ma non siamo soli. C'è una ragazza sconosciuta con noi: ha i capelli bicolore, due occhi tondi e un ghigno infernale.

James mi accompagna in classe per le ore di punizione e mentre ricambio il suo bacio, mi accorgo che la tizia sconosciuta si avvicina a noi.
Anche quando James se ne va, lei non mi leva gli occhi di dosso.

«Quello era James Hunter?»

«Si chiama "Proprietà di June White" e tu saresti?»

«Gigi. Quindi tu sei la famosa June White...»

«Non sapevo di essere famosa.»

Lei sogghigna in un modo che mi dà i brividi.

«Che hai combinato, June?» chiede con due occhi scuri e curiosi.

«Sono entrata a scuola di notte.»

«Rompendo un vetro», sussurra Marvin facendo ridacchiare Will.

«E tu che hai fatto?» chiede Marvin alla ragazza.

«Meglio che non dirlo», sibila lei.

«L'importante è che non hai ucciso nessuno», si acciglia William.

«Non sarebbe qui altrimenti.»

La scruto incuriosita. Sembra del primo anno.

«Ne siete così sicuri?» La ragazza ci sfida con un ghigno.

Will e Marvin si paralizzano impauriti.
Ma come dare loro torto? Questa ragazza è davvero inquietante.

Lancio un'occhiataccia a Will che la sta fissando. Non capisco se sia interessato o terrorizzato.

«Che c'è?», mi domanda mettendo su la sua espressione angelica.

Scrollo il capo, poi mi siedo al mio banco perché è arrivata la prof.

«Cosa dobbiamo fare per tre ore?» Mi spazientisco, parlando a nome mio e degli altri.

«Rimuginare sulle vostre azioni.»

Così passo la prima ora a ripassare, ma poco dopo James fa capolino alla porta per richiamarmi.

«La vuole il preside. Dice di aspettarlo fuori dal suo ufficio.»

«Oh, okay » annuisce la prof facendomi cenno di uscire.

«Era una bugia vero?» Gli chiedo quando mi spinge contro il muro del corridoio.

«Ero io a volerti, per darti questo.»

Ci scambiamo un lungo bacio e quando ci stacchiamo mi rendo conto che la ragazza inquietante ci sta fissando, appostata sulla soglia della classe.

«Che cazzo vuole questa?»

James si accorge solo dopo della tizia che gli arriva sotto il naso e lo osserva attentamente.

«Tu credi in dio?» Gli domanda con il mento all'insù.

«Eh?»

«Io no, ma mi sono appena ricreduta.»

«Okay, è meglio se vai.» Porto le mani sul petto di James e lo spingo via.

«Non mi piace quella pazza.» mi sussurra lui allontanandosi.

Nemmeno a me.

«Ha detto la prof che devi tornare in classe.»

«Arrivo», bofonchio spazientita, mentre rientro in aula. Mi risiedo al mio banco e la ragazza mi si accomoda di fianco.

«Sai, ho questa stana convinzione...»

Vorrei dirle che non mi importa un accidenti di ciò che ha da dire, ma sta fissando la porta che da' sul corridoio, quindi la osservo con aria interrogativa.

«Tutto ciò che voglio io lo ottengo, June.»

Chiudo gli occhi e provo a contare fino a cinque.

«Fammi pensare... Quindi in questo momento stai desiderando schiaffi? Quelli li otterrai a breve.»

Ma la tizia passa dal sogghignare divertita, al sollevare gli occhi alle mie spalle. C'è qualcuno.

«Bene, bene...»

Porca miseria.

Quella che ho appena sentito è la voce del preside.
Mi volto e mi accorgo che non è da solo. C'è molto peggio.

«Pensavo di essermi sbagliato e invece...»

Resto di ghiaccio. I miei occhi rimangono fissi su mia madre che mi scruta delusa.

«June, ti ho dato fiducia su tutto. Con la scuola, con James.»

«Direi che può restare due ore in più, fino alle sei» annuncia il preside.

«Mamma!» Mi ribello, ma è tutto invano.

«June, mi dispiace, mi ero fidata di te.»

L'ultima parte dell'anno diventerà un incubo, già lo so.
Mia madre e il preside si appartano per discutere e io vorrei solo sotterrarmi.

Esco dalla classe per prendere una boccata d'aria e noto che James è ancora nel corridoio ad aspettarmi.

«Ma che fai ancora qui?» gli domando.

«Esci tra poco, no?»

«No.»

«Che succede?»

«Mi tengono qui fino alle sei.»

«Scherzi? Tutti i giorni?» James sgrana gli occhi perché io sto annuendo.

«Ma così non ci possiamo più vedere.»

Dei passi interrompono i nostri discorsi.

«Hunter, devi andare», tuona il preside nel sorprenderci insieme.

«Io resto.»

«Non farmelo ripetere.»

«Cosa devo fare? Dare fuoco a quei cazzo di armadietti?»

«James, calmati», provo a intromettermi.

«Fallo e ti do una sospensione. Non entri più scuola.»

Le parole del preside calano su di noi, pesanti come macigni.

«Così ci potremmo più vedere per davvero, non fare cavolate per favore» gli sussurro nell'orecchio.

«Ti chiamo dopo.»

Poi James se ne va arrabbiato.

☀️

Il preside aveva scoperto dell'irruzione a scuola della notte di capodanno e sapeva che c'era anche James insieme a me, ma la punizione sarebbe stata molto più efficace nel tenerci lontani.
Nemmeno la storia dei fuochi d'artificio illegali gli era andata a genio.
"Un mese di detenzione qui a scuola" aveva detto.
Mia madre non l'aveva presa bene, ma James ancora meno. Passavo i pomeriggi rinchiusa a scuola, la sera tornavo per studiare e non avevamo mai un attimo per noi.
Quando Jasper dormiva, James veniva da me di nascosto. Sgattaiolava dalla finestra e poi si rifugiava nel mio letto. Quando non ero io a fare incubi, era il suo turno. Aveva smesso di assumere qualsiasi tipo di droga, dopo la morte della madre. Hood era morto, Austin era in galera. L'idea di doversi prendere cura di Jasper lo teneva all'erta. Ma di notte, si svegliava  ancora sudato, tremando, spesso dolorante. A volte gli bastava un abbraccio per calmarlo, a volte scoppiava in un pianto a dirotto.
A volte, invece, ero io a soffocare la faccia nel cuscino per evitare di urlare, mentre lui mi teneva ferma dai fianchi, stremandomi con spinte profonde.

Anche questa sera, così come ogni volta che torno a casa, ne approfitto per studiare. A scuola fatico a concentrarmi con quella tizia che mi fissa costantemente.
E tutta questa situazione sta mettendo a dura prova ogni cosa.
Guardo la porta del bagno.

Ogni cosa.

Per una cavolata ora devo pagarne le conseguenze.

«James, non trovo il mio computer. Devo averlo lasciato a scuola. Se mia madre lo scopre mi uccide. E se l'ho perso per sempre?»

«Non l'hai perso. Domani ti aiuto a cercarlo. Sarà a scuola, no? Stasera vieni?»

«Non mi lascia venire. Nè stasera, nè a tutte le altre feste.»

«Cazzo, allora vengo io.»

«No.»

«Dopo che hai finito di studiare?»

«Sarà tardissimo e tu non puoi lasciare Jas da solo.»

«Vengo solo per qualche ora.»

«Mia madre non vuole.»

«E quindi? La finestra a cosa serve?»

Mi scappa un piccolo sorriso.

«Lascia stare, James. Mi fa uscire solo per andare dal terapista. Stavolta l'ho fatta grossa.»

«June... guarda che si risolve.»

La sua voce è calda e sicura, ma io non ne sono poi così certa.

«Lo spero.»

Metto giù e mi infilo a letto, sotto le coperte.
Un senso di soffocamento mi stringe il petto. E così mi addormento.



«Sicuro di non averlo lasciato a casa?»

Io e August ridiamo perché papà ha di nuovo dimenticato a casa le chiavi della cantina della nonna.

«È a un'ora da qui. Non farmi tornare indietro April. Hai visto quanta neve c'è in strada?»

Siamo nella casa in montagna dei nonni, ma tutto l'occorrente per sciare è nel ripostiglio a cui non abbiamo accesso.

«Possibile che loro non abbiano una copia qui?»

«No, la nonna si porta sempre tutto dietro.»

«Cosa se ne fa delle chiavi della cantina, se è in crociera a fare balli di gruppo?»

Papà si lamenta con sarcasmo, ma la mamma è quella che agisce sempre.

«April!» Lo sento urlare, poi un tonfo.

Io e August accorriamo di sotto.

Mia madre ha appena sfondato la porticina di legno con un calcio.

«Bastava aprire il lucchetto con una graffetta o...»

«La fai facile! Stai solo a lamentarti, tu! Guarda, almeno così il nostro weekend sulla neve non è rovinato.»

«E March cosa dirà?»

«Papà, hai ancora paura della nonna, dopo tutti questi anni?» chiede August sorridendo.

Mia madre ride, ma quando i suoi occhi si posano su August, i suoi connotati cambiano forma.

«Tesoro.» Lo sta guardando preoccupata.

Poi corre a prendergli un fazzoletto e solo allora io mi accorgo che ad August sanguina il naso.

«Tutto okay?». Sto ancora ridacchiando per la scenata dei miei genitori, ma uno strano senso di nausea mi prende lo stomaco.

«Non è niente» sorride August. «Andiamo? Ti sfido, fiocco di neve.»

❄️

Non sono brava a sciare, ma amo la neve. August invece è bravo in tutto quello che fa. Ce l'ha nel dna, a differenza mia. Non sembriamo fratelli. Vince a monopoli, a bowling, persino a karaoke sa tutte le parole. Non c'è competizione con lui.

È tardo pomeriggio quando arriviamo alla pista da sci, dove ci raggiungono anche May e la sua amica con la parlantina. Peccato gli svanisca ogni volta che vede mio fratello.

«Hei!» Le schiocco due dita davanti al naso.

«Che c'è??»

«Stai fissando mio fratello», spiego indispettita.

«Lo guardano sempre tutti, ma ora...» La faccia della ragazza cambia drasticamente.

«Io penso ci sia un problema.»

Mi volto e lo vedo accasciato con le mani sulle ginocchia. Sembra stanco, ma non abbiamo nemmeno cominciato a sciare.

«Sei caduto?» domando correndo verso di lui.

«No. Sono solo...» Lo vedo innalzare i suoi occhi cerulei nei miei.

«Stanco dopo un riscaldamento?» lo prendo in giro «Non è da te, August.»

«Sto invecchiando a quanto pare.»

Senza dire altro, lo vedo togliersi gli sci e avvicinarsi al bar.
Si siede siede sulla panchina, così lo seguo e ne approfittiamo per ordinare una cioccolata calda.

Il suo sguardo però sembra sofferente.

«Hai male alla schiena?»

«Si. Devo aver battuto, eppure non ricordo di essere caduto.»

«Devo sfruttare le tue debolezze oggi che non sei in forze, per fare quella gara di discesa di cui parlavamo.»

«Ti avrei fatto vincere, lo sai», sorride prima di scompigliarsi il ciuffo biondo con una passata di mano.

«Non è vero.»

«Non penserai di battermi sul serio, fiocco di neve?»

«Non lo penso, lo farò.»

Poi lo abbraccio.

E d'un tratto il suo profumo. Il contatto caldo mi ricorda che lui non è qui.

E non lo sarà mai più.

Sto sognando. E sto piangendo.

Ben presto mi accorgo che non è il cuscino che sto stringendo tra le braccia. Quel buon profumo lo riconoscerei in mezzo a centinaia. Strofino il naso contro la sua maglietta.

«James?»

«Sono qui.»

«Non dovevi...»

Lui mi abbraccia e in quell'esatto istante scoppio di nuovo a piangere.

«Dovevo.»

«La mamma ti ammazza, e...»

«Non preoccuparti ora.»

«Sai, mio padre me l'ha detto. "June, tu non sai accettare le sconfitte. Sei come me." Ma io vorrei essere forte come te, James.»

«June, sei forte, ma capita di sbagliare e fare cazzate. Io ne ho fatte tante, eppure ci stai con me. Non essere più dura con te stessa che con gli altri. A tua madre passerà.»

«Grazie.»

Gli poso quella parola sulle labbra insieme a un bacio, quindi James chiude gli occhi.

«Ma che fai, dormi?» Trovo il coraggio di prenderlo in giro.

«Non mi sembravi in vena... Tu dimmi una parola e io sono pronto.»

«No, non mi va ora.»

«Allora vieni qui.»

Mi abbraccia e dopo poco mi addormento in quella stretta rassicurante.

🍎

La mattina seguente ci svegliamo intrecciati, ma dei rumori provenienti dal corridoio ci mettono in allarme.

James si alza e proprio in quel momento qualcuno fa irruzione in camera mia.

«Mamma!»

I suoi occhi furenti finiscono sulla sagoma maschile mezza nuda che si staglia nel bel mezzo della camera.

«James?»

Lui si solleva i pantaloni.

«Come sempre, sono solo una tua visione, April. Vedi, non esisto più.»

James esce dalla finestra a e lei si volta verso di me, adirata come non mai.

«June.»

«Mamma non è come...»

«Non è così che ti guadagni la mia fiducia.»

Il suo tono perentorio mi fa scattare in piedi.

«Lo so e mi dispiace.»

Lei prende un lungo respiro, poi si siede sul mio letto.

«June, siediti.»

Mi avvicino diffidente.

«Stavo pensando che forse dovresti cominciare a prendere pillola, ora che hai una relazione.»

Sbatto le palpebre, sono troppo nervosa per risponderle a tono.

«June, mi hai sentita?»

«Mamma, io e James sappiamo cosa facciamo.»

«Ma certo...»

«Lo conosco da un po'»

Mi lancia un'occhiata furibonda. «Lo conosci da quattro mesi!»

«Lo so, ma...»

Lei si alza in piedi.

«Hai terapia stasera ricordatelo.»

E io mi sento di nuovo soffocare.
Il mio sguardo va alla porta del bagno.

Non posso farlo.

Resto a fissarla con la testa traboccante di pensieri.

Non devo farlo.

Il desiderio di far passare tutto.

Non voglio farlo.


🧁

Il periodo più difficile è stato l'inizio dell'anno, poi, dopo qualche mese, finalmente abbiamo tutti ricevuto i risultati dei test di ammissione e le lettere delle università.  La fine della scuola si avvicina, Blaze e Jackson stanno ancora insieme e tutto va a gonfie vele. La scelta del college non è semplice e l'idea di separarci ancora meno.
Va davvero tutto bene. O quasi.

«James...»

«Non ricominciare. Non ci vado all'università»

Lo vedo voltarmi le spalle per uscire da camera mia a passo spedito.

«Sei sprecato per lavorare in una palestra!». Provo a seguirlo in corridoio.

«Basta con queste cazzate. Abbiamo appuntamento con Jackson, è già di sotto.»

Io e James interrompiamo le discussioni che erano andate avanti tutto il pomeriggio, solo perché accompagnamo Jackson a fare la spesa per la festa. Usciamo dal supermercato discutendo su quale sia la miglior marca di cioccolata, quando il caldo improvviso ci prende alla sprovvista.

«La nonna ha detto che si tratta di un'ondata anomala.»

Io e Jackson camminiamo nel parcheggio, l'uno di fianco all'altro, e quando sfiliamo accanto a un'auto dai finestrini leggermente oscurati, James viene attratto da qualcosa.

La manina di un bambino contro il vetro del sedile posteriore.

James si avvicina e gli basta accorgersi della presenza di un bambino nel seggiolino, per fargli perdere la ragione.
Di colpo lascia le buste e le bottiglie di birra si schiantano sull'asfalto rompendosi in mille pezzi. Si precipita contro il vetro come una furia.

«James!»

Io e Jackson cominciamo a urlare ma lui non ci sta a sentire e si accanisce sulla portiera che sembra chiusa. Inizia a prendere a pugni il vetro, ma questo è infrangibile.

D'un tratto la portiera del guidatore si apre e lascia uscire una donna.
«Ma che diavolo stai facendo?» strepita spaventata.

Con le guance rosse e la fronte imperlata, James sta per avere un attacco di panico.
Jackson prova a trattenerlo ma è del tutto inutile.

«Io pensavo...» I suoi occhi vuoti vagano persi.

«Cosa pensavi?!» La donna guarda James con aria spazientita. «Sto facendo una telefonata per evitare di farla mentre guido. Ma che razza di gente c'è in giro?»

Lei rientra in auto. Nel sedile posteriore il bambino non sembra spaventato, ma James è ridotto a uno straccio.

Jackson gli cinge le spalle. «Andiamo a casa.»

Quella stessa sera riesco a convincerlo che è arrivato il momento per affrontare i suoi demoni. Sotto la calma apparente, questi erano ancora lì a mangiargli lo stomaco di morsi voraci.

«Devi parlare con qualcuno, James.»

Ora che non ha più sostanze ed eccessi in cui rifugiarsi, ha solo i suoi incubi la notte. E me.

🧊

«Come è il dottore?»

«Gentile.»

«E cosa gli dici?»

James non ha mai paura di niente, ma so perché mi sta ponendo queste domande. Vedere uno psicologo non è ciò che pensava di fare, si è ritrovato costretto e, conoscendolo, so già che farà impazzire quel povero uomo.

«Quello che dico a te, cioè che sto facendo del mio meglio. Ma che senso ha se l'unica persona che dovrebbe riconoscerlo non lo fa?» mi lamento.

«Lei ti vuole bene, fa così per questo»

«Lo so, ma...»

«Non è un modo di dire, June.»

«Da quando August è morto si è presa carico di tutto. Un po' come fai tu. Io non so se riuscirò ad affrontare tutto da sola il prossimo anno. L'università, il fatto di stare in un altro stato... senza di te.»

«Ce la farai, ne sono sicuro.»

«Senti, stavo pensando... Puoi sempre prenderti un anno sabbatico e cominciare l'università quello dopo...»

«June, ne parliamo in un altro momento.»

Ma quel momento sembra non arrivare mai.

🏈

Dopo due mesi e mezzo di punizione, finalmente arrivano le vacanze di primavera. Abbiamo organizzato lo spring break in Florida, ma Will un giorno se ne è uscito con: "Passeremo le vacanze in Virginia".

Ed è stato naturale, James gli ha domandato "Vuoi rivedere la nonnina di June?"

Ovviamente a Will non importa un fico secco di mia nonna, ha una nuova ossessione. May.

Lei però è completamente assorbita dalla preparazione per l'università. Will non è un gioco per lei, ma nemmeno il suo futuro lo è. E non ha paura di farglielo capire in modo chiaro.
Non importa quante rose lui le abbia fatto recapitare davanti casa. Will sa essere una bella distrazione e il fatto che all'ultimo abbia fatto richiesta nella stessa università di May... a lei non è piaciuto affatto.

Io ovviamente conoscevo ogni dettaglio, perché quei pomeriggi chiusa a scuola dividevo il mio tempo tra i racconti struggenti di William, le battutine di Marvin e la presenza di quella tizia insopportabile. La stessa tizia che Will ha deciso di portarsi dietro per andare in Virginia.

«Cosa significa che Will non è in casa?»

Siamo seduti ad un tavolo del Tropical e James sta parlando al telefono con la signora Cooper.

«Dobbiamo partire tra due giorni! Quindi Will non verrà con noi?» si allarma Marvin.

«Era insieme a una sua amica. Mi ha detto che è andato a trovare una ragazza.» La signora Cooper come sempre è molto sbrigativa.

«Will è andato in Virginia insieme alla quella stronza. Senza dirci un cazzo!»

James è furibondo.

«Perché non ce l'ha detto?»

«Perché non fate che prenderlo in giro!» esclama Tiffany, appena arrivata al nostro tavolo.

Da quando è incinta ha una sensibilità tutta nuova.

«Mi è parso di capire che c'è un'altra stronza in questa storia, oltre a me. Chi sarebbe?» domanda Taylor.

«Una tipa strana.»

James si alza in piedi, non riesce a stare fermo.

«Non possiamo lasciarlo solo con lei.» Dice preoccupato.

«E quindi il nostro viaggio salta?» si allarma Marvin.

«Voi potete andarci in Florida.»

«Non mi lascerai da solo con la coppietta?» si lamenta Jackson indicando Marvin e Poppy, troppo impegnati a baciarsi.

«Blaze dov'è?»

«Non può venire in Florida. Non dopo il casino di capodanno.»

«Sono passati più di due mesi. Non ti fai minimamente rispettare da tuo suocero, vero?» lo provoca Taylor.

«Glielo dici tu al preside?»

James però interrompe tutti i battibecchi.

«Partiamo. Ora.»

🍕

Io e James evitavamo l'argomento università, ma quel viaggio in auto insieme a Marvin e Poppy sarebbe ben presto sfociato in discussioni riguardanti il nostro futuro. Non si parlava d'altro a scuola. Lo facevano i genitori, le coppie, i professori... tutti, tranne James.

«Mi hanno preso alla Princeton», annuncia Marvin, rompendo il silenzio.

James è alla guida e sbuffa sonoramente.

E io lo so, non è il futuro di Marvin a causargli quella reazione.

«A me hanno accettato in più università.» spiega Poppy.

«Anche Princeton?» le domanda Marvin.

«Anche.» sorride lei.

Mi volto. Poppy non è mai senza parole. Ma stavolta lo è.

«Che significa "anche"?» domanda Marvin.

Poppy lo zittisce con un bacio a stampo.

«Non capisco. Tu cos'hai scelto?»

«Secondo te?»

Sorrido, ma poi torno su James che lancia lo sguardo al tettuccio.


TIFFANY

«No, dai, Tiff no.» si lamenta Jackson

«Jackson, qual è il tuo problema? Paura che rompiamo le acque nel tuo pickup?»

Taylor non riesce a trattenere le provocazioni, infatti Jackson sgrana gli occhi fissando la mia pancia appena accennata. Il suo sguardo è inorridito.

«No, no, tu non vieni in macchina con me.»

«Jackson!», erompo offesa.

«Mi fai paura, okay?»

«Senti, ti stiamo prendendo per il culo. Mancano ancora dei mesi prima del parto... » Taylor apre la portiera e s'infila nel sedile del passeggero, di fianco a Jax. «...Forse.»

«Dov'è Blaze?», chiede poi la mia migliore amica.

«Perché tutti con questa domanda del cazzo?»

«Non state insieme?»

«Voi due state insieme?» Il biondo rimbalza la domanda.

Guardo Taylor. L'unica persona che mi è stata vicina, giorno e notte, negli ultimi tre mesi.

La chiamai il giorno dopo la recita. Avevo tutte le ragioni per essere spaventata, mia madre non l'aveva presa affatto bene.
Ci fu un grosso litigio, poi avevo provato a fare finta di niente, ormai rassegnata a quel clima ostico che si era creato in casa mia, ma Taylor si era presentata da me. Ero in lacrime. Il fatto che non avessi un ragazzo aveva mandato mia madre su tutte le furie.

«Vieni a stare da me», aveva detto Taylor.

«Sì ma domani sarà tutto di nuovo uguale.»

«No, non dico per stanotte. Vieni a stare da me e basta.»

Ricordo che avevo accettato volentieri, poi lei mi aveva domandato «Sei tranquilla, Tiff?»

«Non molto, tu?»

«Nemmeno io lo sarei al posto tuo, ma andrà tutto bene.»

E non era passato molto tempo, che Taylor aveva parlato con Connell.
Un pomeriggio era entrata negli spogliatoi come un tornado.

«Sparite» Cacciò tutti i giocatori di football, tranne Connell.

«Avrai una figlia.» gli disse.

Lui dapprima era scoppiato a ridere, poi si era fatto serio. «Cazzo.»

Le si era avvicinato facendo scivolare un braccio intorno ai suoi fianchi. Aveva provato a darle un bacio, ma lei lo scansò con aria schifata.

«Rifallo se ne hai il coraggio, Connell.»

«Beh pensavo...»

«Non sono io a essere incinta, ma Tiff.»

Gli occhi di Connell si posarono su di me che ero alle spalle di Taylor. Solo allora sembrò vedermi.

«Oh cazzo...» Realizzò tutto in quel momento.

«Già cazzo. Proprio quello che non hai tenuto nei pantaloni.»

E se io volevo morire dentro per l'errore commesso durante la gita, lui aveva altri problemi per la testa.

«Mio padre mi disereda.»

«Tuo padre non lo verrà a sapere, Connell. Se non vuoi che la tua famiglia lo scopra da me, fa' il tuo dovere.»

«Sarebbe?»

«Occupati dei documenti per il riconoscimento, mandale soldi ogni mese e noi...»

Taylor fece cenno di stare in silenzio. «Staremo zitte.»

«Mi stai davvero ricattando?»

«Non mi permetterei mai», fece seria.

«Comunque mio padre ti può aiutare, Connell. Sbriga queste questioni legali, non abbiamo bisogno di altro da te.»

Connell se ne andò sconvolto e io abbracciai la mia migliore amica. «Grazie di tutto, Tay.»

«Non ti lascerò mai sola, Tiff, se è questa la tua paura.»

«Me lo meriterei, visto quello che ti ho fatto con James. Mi dispiace.»

«James non è mai stato mio o tuo.»

«Lo so, ma mi manca quel periodo spensierato.»

«Andrà tutto bene. Per un po' dimenticati la spensieratezza, Tiff.»

Sono ancora assorta nei miei pensieri, ma vengo presto distratta da Jackson che continua a sbuffare.

Blaze e James sono gli unici ragazzi eccitati dalla mia gravidanza, Jackson invece mi guarda sempre male.

«Qual è il tuo problema?» gli chiedo con occhi serrati.

«Nessuno.»

«Voglio sentire, Jax.»

«Sarà un lungo viaggio. Se dico quello che penso finiamo per litigare.» abbozza lui.

«Jackson sputa il veleno. Non siamo come i tuoi amichetti. Non ci mettiamo a frignare.» lo incita Taylor.

«Lascia stare. Lo so cosa pensa di me.»

C'è un po' di tensione tra noi, ma dopo esserci scambiati un'occhiataccia, cala il silenzio.

E io trattengo le lacrime.
Ho il terrore che tutto cambi per sempre. Vorrei quasi che quel giorno non arrivasse mai.









JAMES

June riesce a rintracciare Will e scopre che sta alloggiando in un hotel di Richmond, la città in cui vive May insieme a sua madre.

«Si è degnato di rispondere... Incredibile.» la sento commentare mentre ci addentriamo in quell'hotel lussuoso.

«È questo?» domando confuso.

June annuisce e una volta in reception, lasciamo Marvin e Poppy a distrarre il tizio dietro al banco.

«Salve, sono ammessi animali?»

Poppy parte in quarta, così io e June possiamo intrufolarci in ascensore, ma presto scopriamo che senza la card non c'è modo di raggiungere la stanza di Will.

Torniamo quindi alla lobby e d'un tratto mi accorgo di una sagoma conosciuta.

«Guarda chi c'è.»

«Gigi.»

Lei non si volta nemmeno quando la chiamiamo. Probabilmente quello non è nemmeno il suo vero nome.

Ci avviciniamo a grandi passi e io la strattono dal braccio.

«Che cazzo ci fai qui?»

«Oh, ce ne avete messo di tempo per trovarci. Detective Madeline non era il tuo soprannome?»

«E tu come lo sai?»

Mi acciglio e June fa lo stesso. Non mi piace questa. Ha un ghigno che le taglia il viso in modo inquietante.

«Portaci da Will, sbrigati.», taglio corto, già spazientito.

Lei sbuffa, poi ci fa segno di seguirla.

«Will? Che diavolo sta succedendo?» domando entrando in stanza.

Will se ne sta sdraiato sul letto a scrollare il cellulare.

«Niente, sono con un'amica.»

June si guarda intorno con aria attenta. Seguo i suoi occhi e mi accorgo che sulla sedia ci sono sparpagliati degli indumenti intimi della ragazza. E il letto al centro della stanza è uno solo. Ed è matrimoniale.

«Ti diverti. Vero, Will?»

«Non ti ho chiesto di seguirmi, James. E poi non so se May vorrà vedermi.»

«Tu cambi i piani di tutti a tuo piacimento, non solo non sai se la tua fottuta ragazza ti voglia vedere o meno, ma te ne porti anche una di scorta?»

«Sembra così, ma non è così.» I suoi occhi innocenti non mi inteneriscono.

«È solo un'amica.» aggiunge poi.

«Lascia stare. Ormai siamo qui.» June prova a calmarmi, ma è del tutto inutile.

Qualcosa attira la mia attenzione. C'è un portatile sul letto.

«Non toccate.» salta su Will quando mi vede vicino al computer.

«Cos'è questo sito?»

«È un sito.»

«È un sito strano.»

«E dark web.» spiega la tizia alle nostre spalle, senza mai levarsi quell'espressione soddisfatta dal viso.

«Will perchè stai nel dark web?» domanda June, guardando Gigi che sta ridacchiando. «Cosa fate?»

«Compriamo fiori.» La ragazza si stringe nelle spalle.

«Nel dark web?»

«Si è un servizio che ti permette di far recapitare fiori a chi vuoi.»

«E un fioraio era troppo noioso, Will?» sbotto io.

«Di solito lo fanno come vendetta, ma io volevo solo riempire la sua auto di rose bianche.»

«Non capisco.» June si guarda intorno spaesata. Purtroppo però io ho capito benissimo e continuo a scrollare il capo.

«Quindi scassineranno la auto di May apposta? Chi ti ha dato questa idea?»

Non c'è nemmeno bisogno di dare una risposta alla domanda idiota che ho appena fatto. Io e June ci voltiamo in sincrono verso la ragazza.

«Ma che cazzo di problemi ha questa?»

«Di cosa avete paura? Non eravate i bad boys della scuola voi?»

Torno con lo sguardo furente a William, June invece prova a prenderla con diplomazia.

«Will non è un po' troppo? Conosco May e...»

«Le piacerà.» insiste lui sotto lo sguardo compiaciuto di Gigi.

«Tu invece non mi piaci. Stai lontana da Will.» l'aggredisco.

«Che altro?» mi sfida lei a testa alta, arrivandomi sotto il mento.

A quel punto apro la porta d'ingresso e me la trascino in corridoio.  Non voglio fare scenate davanti a Will, ma se non fosse una ragazzina, l'avrei già presa a sberle.

«Non so cosa ti sei messa in testa con Will, ma...»

«L'ho già sentita questa storia, sai?» mi risponde a tono.

«Eh?» La squadro confuso.

«Tu e June.»

«Come lo sai?» chiede June.

«L'ho già sentita, te l'ho detto.»

June a quel punto si avvicina levandomela da sotto il naso con una spinta.

«Mi sa che non hai sentito bene. Posso farti un riassunto fino ad arrivare alla mia parte preferita: quella in cui tu sparisci dalla mia storia. Anzi ora che ci penso... chi diavolo sei?»

Lascio le ragazze discutere in corridoio e torno a parlare con Will, approfittando dell'assenza di quella tizia.

«Quando devi vedere May?»

«Tra un'ora.»

«Domani possiamo ripartire?» gli chiedo.

«Se volessi rimanere qui? Di cosa ti preoccupi sempre?»

«Senti Will, rimarrai qui solo se May lo vorrà. Sennò torni con noi. Non ci stai qui con quella e poi... May sa che sei qui?»

«No, è una sorpresa. E poi le dirò che ci sono buone probabilità che andrò alla Brown con lei.»

«Cosa? Non hai mai voluto andare alla Brown!»

«Ora sì.»

«Ti eri candidato?»

«Mia madre mi ha fatto mandare la candidatura in più università.»

«Will, se te la vuoi tenere stretta... non puoi spaventarla. E questa decisione all'ultimo minuto...»

Lui mi fissa. «Ti sto ascoltando.»

«Non puoi fare così.»

La porta si spalanca, ma invece che June arriva Jackson.

«Finalmente. Ti ho inviato la posizione un'ora fa, Jax!»

«Scusa tanto se ero in macchina con una che doveva pisciare ogni cinque minuti.»

«Dov'è June?» gli chiedo stranito.

«Boh.»

«Non era qui fuori? Non l'hai incrociata in corridoio?»

«No.»

Mi precipito fuori dalla stanza, ma non c'è nessuno.

Il suo cellulare è sul letto, vicino a una borsa. Non penso sia quella di June, ma le borse delle ragazze sono tutte uguali, perciò mi metto a frugare.

No, non è di June. C'è un portafogli con la carta d'identità di quella pazza. Lo apro e in una tasca trovo una foto.

«Oh cazzo.»

«Cos'è?» Jackson viene a curiosare.

«Siamo io e June. La sera di capodanno, alla partita di football.»

«Carini.», commenta il biondo guardando la foto in cui io e June ci baciamo sul campo.

Immergo una mano nella borsa e qualcosa attira la mia attenzione. Una sagoma tonda dai bordi imprecisi.

«Perché cazzo ha il mio sassolino?!»

I miei migliori amici mi guardano straniti. Entrambi stanno trattenendo le risate a labbra tese.

«Il tuo sassolino?» ridacchia Jax.

«Poi sono io quello che spaventa gli altri eh.» sorride Will.

«No, non capite. È proprio quello...»

Me lo intasco sotto agli occhi increduli dei miei amici, poi però la mia testa viene attraversata da un pensiero fulmineo.

«Come ha fatto June a non accorgersene?»

«E un po' inquietante che questa tenesse la vostra foto in borsa. Avete una fan?», ipotizza Jax.

A quel punto mi rivolgo a William.

«Come mai il preside l'ha messa in punizione, Will?»

«Non ne ho idea. Non siamo riusciti a scoprirlo.»

«Jax, chiama Blaze.»

«Perché?»

«Deve chiedere a suo padre tutto ciò che sa su questa tipa. Non voglio rischiare che June sia in pericolo.»

«Sempre il solito esagerato.», commenta William.

«Se stavolta succede qualcosa a June per colpa tua, non te lo perdono, Will»

«Chiamalo, Jax.» Sto insistendo, ma Jackson è riluttante nel darmi ascolto. «Cosa c'è? Tu e Blaze avete litigato di nuovo?»

Ma prima che Jackson possa annuire, suona un cellulare. Vedo Will prendere la chiamata.

«Pronto? Gigi, ma dove siete?»

«Pronto il cazzo, Fatti passare June.»

«Siete a prendere da mangiare. Oh okay.»

«Fammi parlare con June.»

Will mi passa il telefono mentre lo guardo spazientito.

«June dove sei?» Le chiedo col fiato corto.

«Siamo scese a prendere una pizza.»

Il petto mi si svuota di un lungo respiro.

«Senti, non mi piace quella tipa. Torna subito in camera.»


MAY

Sento le guance bruciare a causa del sorriso che mi si allarga sul viso. Qualcuno mi ha riempito la macchina di rose bianche. Saranno quasi mille. E se da un lato sto sorridendo, dall'altro sono preoccupata. È impossibile liberare l'auto da quel casino e domattina la macchina mi serve. Sto per chiamare mia madre, quando una sagoma mi si avvicina nell'oscurità. Nel vialetto è tutto buio, ma riconosco quel ragazzo dai capelli dorati.

«Will, ma cosa...»

Non mi aspettavo di vederlo. Per un attimo credo di avere le allucinazioni. È proprio qui, fuori da casa mia.

Lui si avvicina e sento il cuore cominciare a fare uno strano battito. Non lo vedo da tre mesi. Perchè è qui?

La luce del lampione crea dei riflessi sul suo viso angelico e quando incontro il suo sguardo limpido, sento il fiato mancare. Tento però non di non darglielo a vedere.

«C'entri tu con questa cosa?» domando distaccata.

«Questa cosa?» ripete le mie parole con aria confusa. Sembra un cucciolo imbronciato, forse smarrito. Però sono io quella con le spalle alla portiera della macchina.

«Will, perché non hai avvisato prima di...»

Lui mi blocca contro l'auto, posa entrambe le mani sulla carrozzeria alle mie spalle e mi circonda con le braccia. Il cuore mi balza nel petto.

«Non ti è piaciuto, May?»

«Sono bellissime, però...»

Mi distraggo a guardare all'interno dell'abitacolo straboccante di rose bianche. Poi mi volto, e senza volerlo i miei occhi cascano sulle sue labbra piene.

Concentrati.

«Da quanto sei qui?»

«Non ti è piaciuto?»

«Sì. Vorrei raccoglierle tutte, ma....»

«E questo?» Will m'interrompe sorridendo sulle mie labbra. «Questo ti piace?»

«Questo di più.» Allaccio le braccia intorno alla sua nuca e cominciamo a baciarci.

La sua lingua danza dolcemente con la mia, dandomi le farfalle nello stomaco.
Ma quella magia dura poco perché con la coda dell'occhio vedo le luci di casa mia accendersi.

«Will, devo tornare...»

«Tua madre si arrabbierà per la macchina?»

«Sì. Decisamente.» confesso con un filo di voce.

«Ci penso io.»

«Grazie.»

Gli lancio le chiavi della macchina, poi mi dirigo verso il pianerottolo.

«Ora devo rientrare. Ma tu...?»

«Resto qui ancora un giorno.»

Mi volto di scatto. «Oh.»

«Mi concedi un appuntamento?»

«Potrei farlo, sì.»

«Davvero?» domanda sollevando le sopracciglia. Sembra incredulo.

«Domani. Vieni a prendermi alle otto, William.»

«Di mattina?»

«Will...» sorrido.

«Okay. Domani sera alle otto.»

Sono ormai davanti al portone di casa, quando Will compie i gradini di corsa e mi raggiunge per darmi un ultimo bacio.

Rientro in casa e prima di sbattere la porta con il cuore in gola, lo sento chiamare i suoi amici.

«Dovete aiutarmi a sistemare il casino delle rose.»


JAMES

«Andiamo a prendere lo zucchero filato?»

La domanda di June mi lascia perplesso. Mi chiedo se i suoi siano trabocchetti per capire se ho ancora il vizio di mangiare solo i miei cibi preferiti.

«Vuoi?» prosegue lei, nel vedermi pensieroso.

«Sì, comincia ad andare. Ti raggiungo.»

Le lascio un bacio sulle labbra poi ci separiamo.

La realtà è che voglio trovare una scusa per tenerla lontana da quella pazza. Non sono ancora riuscito a parlarle, e ora che siamo al luna park dove Will ha appuntamento con May, decido di farlo.

«Per quale cazzo di motivo avevi cose di mia proprietà nella borsa?»

Gigi mi squadra altezzosamente.

«Lo hai visto?»

«L'ho visto e me lo sono ripreso.»

Lei scoppia a ridere.

«Come facevi ad avercelo tu? Rispondi.»

«Ti ho visto a capodanno, James. Hai allestito la classe per June.»

«Mi hai seguito?»

«Datti meno arie, Hunter. Ero a scuola anch'io.»

«Per fare cosa?»

«A fare quello che dovevi fare tu.»

Serro la mandibola.

«Rilassati, me ne sono andata prima che iniziasse lo spettacolo.»

Ho i pugni stretti lungo i fianchi. Va bene stuzzicare me e June, ma ora lo sta facendo con Will e, soprattutto, mi ha rubato il sassolino.

«Ti ho visto posare le vostre cose sulla cattedra, ma quel sassolino l'hai tenuto di più tra le dita. E hai sorriso.»

Ora la prendo a calci.

«Come l'hai rubato a June?»

«A scuola, durante le ore di punizione. Lei lo tiene nel portapenne.»

«Perché dice che le porta fortuna durante le verifiche.» commento tra me e me.

«Aveva il portapenne aperto e una volta che è uscita per andare in bagno, gliel'ho preso. Ma sai cos'è strano?»

«Cosa?» Non so perché io le stia dando retta.

«Lei non se n'è accorta. Lei non si è accorta che mancava, James.»

Mi acciglio. La stronza non ha poi tutti i torti.

«È presa con l'università. Sarà quello, no? Sta già col pensiero a quando ti lascerà da solo.»

La mia bocca è stretta in una linea.

«Dopotutto, lei andrà alla Brown e tu rimarrai qui. Lei conoscerà ragazzi interessanti e tu rimarrai qui.»

Sto tentando in tutti i modi di trattenere la calma, ma mi riesce davvero difficile davanti a quelle affermazioni subdole.

«So che il colore non è molto invitante.» June torna sorridendo, con in mano un mega batuffolo di zucchero filato.

«Che c'è?» domanda poi, nel vedermi così serio.

«Un cazzo.»

Le volto le spalle e mi allontano.

«James!» June mi segue. «Sei arrabbiato con me?»

«Non te ne frega un cazzo.»

«Come scusa?»

Lei prova a fermarmi e io riesco a guardarla negli occhi a malapena, lo zucchero filato mi copre la visuale del suo volto.

«Persino Jackson, colui che non dimostra mai i suoi sentimenti, è dispiaciuto per il fatto di doversi separare da Blaze.»

L'espressione sorridente di June muta all'improvviso.

«Stai scherzando, vero?»

«No.»

«Mi stai colpevolizzando per qualcosa, James?»

«Hai capito cosa voglio dire.»

«È perché non piango?»

«Che stronza»

«Io sarei la stronza? James, tu non vuoi mai affrontare l'argomento.»

«Sì perché per te affrontare l'argomento significa volermi convincere a iscrivermi all'università!»

«Certo! Non voglio vederti sprecare il tuo futuro! Lo capisci o no?»

Ma quando Jackson e Tiff ci sfilano a fianco, vengo rapito dalle loro chiacchiere. Forse perché preferisco evitare la discussione con June.

«Tiff, non volevo offenderti». Jackson ci oltrepassa.

«Beh l'hai fatto» urla la mora.

«Che succede?» m'intrometto io.

Sono diventato molto protettivo con Tiffany e vedere Jackson che alza la voce con lei non mi piace affatto.

«Niente», lo sento mugugnare.

Tiffany non sembra soddisfatta della risposta perchè gli va sotto il mento.
«Dillo cosa pensi di me.»

«Senti, finiscila.»

«Perché state litigando?»

Ma loro non mi ascoltano.

«Pensi che io sia una sprovveduta che si è fatta mettere incinta da uno stronzo, non è così?»

«Perché non lo è? Non è uno stronzo? Potevi fare di meglio, sì.»

«Jax, ho capito cosa vuoi dire... ma non è questo il modo» interviene June, nel vedere Tiff fuggire con le lacrime agli occhi.

«Non penso che Tiff abbia bisogno della tua morale del cazzo, Jax.»

Il biondo mi fissa di storto.

«James sta dicendo che Tiff non ha bisogno anche dei tuoi giudizi. Ne ha già ricevuti abbastanza e tu dovresti chiederle scusa.»

Jackson annuisce, sembra realmente dispiaciuto, ma io sto osservando June. E lei se ne accorge.

«Che c'è? Ho ragione o no?»

«Sì però vedo che sei diplomatica solo quando si parla degli altri.»

«Qual è il tuo problema, James?»

«Non ti sei nemmeno accorta che il sassolino mancava!»

Non voglio farglielo pesare, però com'è possibile che fosse così distratta?

«James, lo tengo sempre nel portapenne. Come puoi arrabbiarti per una sciocchezza del genere?

La discussione si fa così concitata che Jackson ci lascia da soli, ma io perdo il momento in cui se ne va.

«Magari per me non è una cazzata. Magari per me è importante, June!»

«Per me non è una... E dai, hai capito cosa voglio dire. E poi vuoi perdere tempo a parlare di questo e non del tuo problema?»

«Quale problema?» le chiedo con la fronte corrugata.

«Quello che stai raggirando! Non vuoi parlare del futuro, James. Forse perché non lo vedi un futuro con me.»

June fa per andarsene, ma io la fermo afferrandola dal fianco.

«June, non è così. Certo che vedo un futuro con te.»

«Allora perché eviti l'argomento?»

«Voglio evitare di pensare che la mia ragazza se ne andrà chilometri di distanza da me, magari? Non ci avevi pensato?!»

«James...»

«Ho bisogno di fumare.»

Non so quale faccia abbia assunto June, perché stavolta le do le spalle e me ne vado.




WILLIAM


May indossa un vestitino nero aderente al corpo e i lunghi capelli sciolti sulle spalle. È bellissima e l'unica nota di colore è il suo rossetto acceso.

«Non me l'aspettavo», confessa mordendosi il labbro carnoso.

Sorride di rado e vederla sprigionare quella luce insolita mi lascia buone speranze. Forse è davvero felice di vedermi.

«Riesci sempre a stupirmi, William.»

«Mi dispiace per la questione delle rose. Mi sono fatto prendere la mano. Mi sembrava una buona idea, inizialmente. Comunque ti ho fatto fare un bouquet.»

«L'ho visto, era davanti alla porta di casa, grazie.»

Mentre camminiamo l'uno di fianco all'altra, nel luna, park lascio ciondolare la mano verso la sua. Le nostre dita fredde si sfiorano dandomi i brividi.

«La ragazza con cui sei venuto...»

«È una che sta in punizione con me.»

Lei non fiata.

«Non ti fidi di quello che dico vero?» le chiedo.

«Non ho detto questo», ribatte guardando avanti a sé.

«È questo il motivo che ti ha spinta ad aspettare, quando eravamo in camera di June?»

«È che vorrei fosse il momento giusto.»

Le afferro la mano con decisione stavolta, e con l'altro braccio le cingo i fianchi, portandola più vicino a me.

«Di sicuro è il momento giusto per fare questo.»

Lascio ricongiungere le mie labbra alle sue.

«Da quando mi hai baciato non ho pensato ad altro, May. E lo so cosa stai per dire...»

«Non sono io a dirlo. Sei tu.»

«È già capitato tantissime volte, ma...»

Risucchio il labbro sotto ai denti, lei mi studia curiosa.

«Ma...?»

«Ma io lo so. Questa volta non è come le altre. Non posso prometterti nulla. Io sono sempre lo stesso e sicuramente ti farò arrabbiare, innervosire, piangere...»

«Come ci siamo montati la testa, William Cooper...»

Sorrido a causa della sua presa in giro, poi proseguo convinto.

«Ma spero di non farlo.»

«Stai forse dicendo che ti impegnerai?» domanda lei.

«Io mi impegnerò, ma tu dimmi che vuoi stare insieme a me.»

La guardo curvare il collo con lo sguardo rivolto all'asfalto. Sta riflettendo.

«Tra qualche mese partirò per il college, Will.»

«Non importa.»

«Con te non sarà una relazione a distanza. Ti troverò sotto al dormitorio un giorno sì e l'altro pure...» commenta sulla difensiva.

«E quindi?»

«Non capisci.»

«Cosa c'è da capire?»

«Non puoi piombare a casa mia senza avvisare.»

«Verrò anch'io alla Brown.», replico di getto.

«Cosa?»

«Hai capito.»

Lei a quel punto indietreggia, sfugge alle mie braccia e mi guarda dritto negli occhi.

«Quando l'hai deciso? Non sapevo fosse tra le tue scelte.»

«Non lo era.»

«No, Will. Non dovresti iscriverti alla mia università. E non perché io non voglia, ma perché non puoi buttarti a capofitto in qualcosa di così importante senza riflettere.»

La sua voce, solitamente atona, segue una nuova melodia, più calda, e mi fa sentire lo stomaco di gelatina.

«Lo farei per te.»

«Questa è una scelta di vita che devi fare solamente per te stesso, Will. E poi ci sono dei confini che dovresti rispettare.»

I suoi occhi scuri mi risucchiano in una dolce perdizione. Sono così belli che mi sento ubriaco.

«Ma io ti amo», confesso senza filtri.

E se questo fosse un poema, la frase seguente reciterebbe "E fu così che William perse May."

Perché lei mi guarda spaesata. Tremendamente confusa. Certo, non pretendo mi ricambi, ma almeno esserne contenta.

«Will...»

Forse ho sbagliato.

«Will, voglio che tu sappia che tu non mi spaventi. Il tuo buttarti a capofitto nelle cose, senza paura, è una delle tue qualità che più apprezzo.»

«Non è una qualità. È la mia malattia.»

Sto per indietreggiare anch'io quando lei mi si avvicina e si alza in punta di piedi per sorridere sulle mie labbra.

«Farei qualsiasi cosa per fare durare questa notte un po' di più. Domani ricomincio a scuola, devo tornare a casa presto.»

Le sue parole scaldano il mio petto, sono come dolci carezze sul mio viso.

«Se vuoi posso dare fuoco alla tua scuola.»

«Certo, chi non lo vorrebbe?» si fa sarcastica lei. «Solo, non fare gesti troppo inconsulti...»

Mi lascio andare a un colpo di tosse.

«Will, che hai combinato?»

«Niente»

Lei sorride e io soffoco quel sorriso con un lungo bacio.
Resto a occhi chiusi per più tempo del dovuto e penso che lo racconterò così, il momento in cui ho capito di essermi innamorato per davvero.




JUNE


«Quindi sono l'ultima persona che vieni a salutare?» Rimprovero May prima di abbracciarla.

«June, dovrò vederti ogni giorno, prossimo anno...»

«Uh, ci siamo truccate questa sera.»

E se io ignoro le sue frecciatine, May ignora di proposito le mie e indica Gigi che sta parlando con Will.

«Chi è quella?»

«Sai che me lo sto ancora chiedendo?»

May sta fissando Will e noto che si morde il labbro. È così attratta da lui... non l'avevo mai vista così, eppure è sempre May. Frenata e analitica.

«Come va? Ti sei trattenuta dal massacrarlo per la storia della rose?»

«È stato carino. Eccessivo, ma carino.»

«Ti ha scassinato l'auto e non dici niente? Ti conosco, May.» 

Se non fosse stato Will, May avrebbe chiamato la polizia.

«Il prezzo del romanticismo», commenta lei con gli occhi lucidi.

«Ti piace proprio tanto, eh...»

Il mio sorriso si spegne perché lei si fa subito seria. Si avvicina e capisco che vuole confidarmi qualcosa d'importante.

«June, ho paura di prendermi una cantonata con Will. E se devo dirla tutta, è successo. I miei risultati al test di ammissione non sono stati brillanti, la mia testa stava giorno e notte su di lui. Alla prossima chiamata, al suo prossimo messaggio. Non sono così. Non voglio essere così.»

«Trattenere i sentimenti a quanto pare è di famiglia», mormora una voce alle mie spalle.

Fulmino James che si avvicina a noi a passi lenti. Non possiamo biasimare May, lo sa anche James che stare con Will è una lotta quotidiana. Ed esserne spaventati è comprensibile.

«Gliela darai una possibilità?»

May annuisce. «Ma tu ci pensi che andremo al college insieme?»





Presente

JUNE

Salutare James non è mai facile. Di solito è lui a venire da me, ma nelle vacanze ne approfitto per tornare in California, dove faccio visita a mia madre.

«Ci vediamo tra due settimane.»

«Prima, se ne hai bisogno.»  sussurra James, posandomi una mano tra le cosce.

Siamo seduti in una caffetteria dell'aeroporto, quando controllo l'ora e mi accorgo che è ormai tempo di salutarlo.

«James...»

«Dico sul serio, June.»

Un bacio, poi un altro. È sempre troppo difficile dirgli addio.

«James, devo andare.»

«Non farò d'intralcio alla tua carriera da detective», lo sento esclamare, mentre mi allontano da lui a malincuore.

«Sto studiando psicologia, finiscila.» 

Cammino all'indietro per non perdere di vista la sua immagine.

«Tanto lo so dove vuoi andare a finire. L'investigazione è sempre stata la tua passione.»

Sorrido e inevitabilmente torno sui miei passi. Accenno una corsetta verso di lui.

«Altri due anni. Non sono tanti», sussurro lasciandogli un bacio sulle labbra.

Provo a spostarmi, ma James fa durare quel contatto più del dovuto perché mi trattiene dai fianchi, stringendoli con una presa possessiva.

«Lo sono, se lontani da te», soffia sulla mia bocca socchiusa.

«Sei felice qui, James?», chiedo prima di affondare il naso nella sua felpa morbida.

Non so perché facciamo così. Stiamo giornate intere a parlare di cavolate e poi i discorsi importanti escono fuori quando il cuore comincia a far male per l'imminente mancanza.

«Non riesco a immaginarmi lontano da Jas o Will.»

William continua con i farmaci e le terapie, ma il suo passato e la sua malattia hanno lasciato segni indelebili nella sua autostima. E sebbene i video che pubblica lo aiutino tantissimo, con gli esami è indietro. Mi chiedo se ci vada per davvero a lezione.

«La verità è che manchi solo tu, June.»

«Prenditi cura degli altri sì, ma anche di te stesso.»

«Come?»

A quel punto sentiamo la voce dall'autoparlante fare il primo richiamo per il mio volo. Mi stacco da lui.

«Smetterai di fumare.»

«Beh, forse.» 

«Ti tengo d'occhio.»

«Anch'io, Biancaneve.»

E con il cuore pesante e gli occhi lucidi, in quel momento so che sono costretta a lasciarlo per davvero.

🥑

«Ho visto che hai postato la foto con Caleb lo stagista.»

È più forte di me. È il primo giorno di lezione dopo le vacanze, sono seduta ai tavolini del campus e sto già stuzzicando May.

Lei mi squadra di sottecchi, immerge il cucchiaino nello yogurt poi passa lo sguardo da me a Blaze, infine torna seria alla sottoscritta.

«L'hai visto tu?»

«L'ha visto WIll. Lo sai.»

«Ma come? Romeo12345 ha smesso di guardarmi le storie...»

«Ha un nuovo account vero?» suggerisce Blaze.

«Mi sa di sì.»

Ed  ecco che May non mi ascolta più. Silenziosa come un gatto, si mette al cellulare. Non lo ammetterà mai, ma il suo passatempo preferito è decifrare i modi che usa Will ha per stalkerarla. Spesso sono fantasiosi. E lei non lo confesserà a voce alta, ma si diverte. Dopotutto non la chiama da quella notte dell'ultimo giorno di scuola. Dalla festa sulla spiaggia.

«Romeo eh, ridacchia»  imbarazzato Blaze.

«Be' sempre meglio che B.»

«Be'? Io mica voglio nascondermi.»  Le sue guance si scaldano.

«No certo. Tu vuoi proprio fargli sapere che sai a memoria tutte le regole delle confraternite di Yale, vero Blaze?»

«Sta con qualcuno?»

«Non lo so, è Jax. Sai che non parla di queste cose», mormoro scrollando il capo, «Chiedi a B., lui lo saprà, no?»

«Sei sempre utile, June», mi rimprovera Blaze prima di alzarsi in piedi e recuperare i libri dal tavolo. «Poppy ci ha invitati da lei questo fine settimana. Secondo voi che significa?»

«Lo scopriremo.»



Poppy e Marvin vivono insieme da circa un anno. Il loro appartamento si trova vicino all'università di Princeton e con due ore di auto riusciamo a raggiungerli per fare cena a casa loro. Sono felice di rivederli e capisco che la situazione è importante perché ci sono altre due persone, lì insieme a noi. Due persone che non mi aspettavo di vedere.

Amelia e Ari.

Ari si è trasferita a Seattle insieme a suo padre, mentre Amelia vive ormai in Francia da qualche anno. Era cominciata con una vacanza studio, ma non è più tornata.

Nessuno si è mai lamentato.

«Siamo solo noi?» Chiede Blaze che invece non sembra soddisfatto degli invitati a cena.

«Che c'è, ti aspettavi qualcun altro?»

«No, no. Figurati. Voglio solo assicurarmi...»

«Ai ragazzi lo comunicherò prossima settimana», lo tranquillizza Marvin.

Blaze tira un sospiro di sollievo e finalmente Poppy si alza in piedi.

«Okay, dobbiamo annunciarvi una cosa importante e Dio solo sa come ho fatto a stare zitta finora.»







Tre anni prima (fine della scuola)

JUNE

Rimandiamo l'argomento college finché possiamo, ma arriva l'ultimo giorno di scuola e con la festa di fine anno, nell'aria non si parla d'altro.

Io e May rientriamo in camera mia e trovo James ancora sul mio letto.

«Ma sei ancora in queste condizioni?»

Noi siamo già pronte e vederlo così mi fa solo innervosire.

«Che c'è?», domanda lui, senza scollare gli occhi dal telefono.

«La festa di fine anno.»

James mi rivolge uno sbuffo annoiato. Non ha intenzione di venirci.

«Scusa ma tu non eri il re della festa?», lo prende in giro May.

«A quanto pare se non ci sono droghe o ragazze, la cosa non è interessante...»

La mia battutina esce un po' troppo feroce e James si alza in piedi infastidito.

«Che c'è? Che ho detto?»

«Impara a trattarmi bene.» mi fulmina lui.

«O sennò che fai?»

«O sennò faccio così.» E se ne va sbattendo la porta.

Resto a fissare il vuoto, mentre May mi strattona dal braccio.

«Non dirmi che stai dalla sua parte, May.»

«Potresti provare a dire ciò che pensi in modo un po' più moderato, invece che aggredirlo o provocarlo continuamente.»

«Tu devi sempre avere regione vero?»

Lei scrolla il capo sorridendo, poi ci diamo un'ultima occhiata allo specchio e usciamo di casa.

James è lì fuori, sta fumando sul pianerottolo.

«Quindi non vieni?» lo guardo dall'alto.

«Non sono in condizioni, no?»

Decido di non cadere nelle sue istigazioni e m'infilo in macchina. Non posso rincorrerlo e continuare a chiedergli scusa per essermi fatta fregare il sassolino. Mancava da forse una settimana, non può colpevolizzarmi per una cosa del genere.

«June, James ha solo paura di perderti.»

May prova a farmi ragionare, ma io sono troppo arrabbiata con lui. È l'ultima festa, non vedo perché debba restarsene a casa.

«Lascia perdere, parliamo di te. Pronta a vedere Will?»

Durante le vacanze di primavera, Will e May non si erano messi insieme. Quelle di Will erano parole, sincere, ma pur sempre parole. Passava periodi a ignorarla e May aveva il terrore di starci male, voleva andarci cauta. Non aveva tutti i torti, ma per la festa sulla spiaggia di fine anno ha deciso di fargli una sorpresa.

Quando arriviamo al molo ci mettiamo poco a individuare Will. Sono quasi tutti in costume, mentre lui indossa una camicia di lino bianca e balla con una ragazza senza nemmeno guardarla negli occhi. L'ossessione per May non gli è di certo passata e ne ho la conferma quando la vede arrivare.

«Mi avevi chiesto di non fare pazzie.» lo sento dire.

«Infatti hai rispettato il mio volere, William.»

Io e May siamo proprio diverse. Will stava ballando con un'altra. E sebbene non stesse facendo nulla, io avrei preso James a testate.

Vedo il petto di Will svuotarsi d'aria, come appesantito. «Perché sei qui?»

«Volevo vederti ancora una volta..»

«Un addio?» Gli occhi di Will brillano. «Durante lo Spring Break mi hai detto che non volevi...»

«Non volevo che cambiassi università per me», spiega lei.

Per lui è tutto bianco o nero. May tiene alla sua indipendenza, come tiene a quella di Will.

«Non l'ho baciata.» lo sento mormorare.

«Non me ne frega niente di chi stai baciando, Will. Non è questo il punto.»

Decido di dar loro un po' di privacy e corro ad abbracciare Tiffany. O almeno ci provo. La sua pancia è grande e lei è bellissima.

«Stai bene?»

«Vuoi la risposta sincera o quella di cortesia?» Mi fissa con due occhi gonfi.

«Quella sincera.»

«Mancano tre settimane e mi sento scoppiare. Poi è da oggi pomeriggio che ho dei crampi insopportabili.»

«Ti ha obbligato Taylor a venirci, vero?» chiedo nel vederla sbuffare. «A proposito, dov'è?»

«Sta arrivando. Era a una cena di famiglia. Le classiche occasioni in cui le persone ci riempiono di domande.»

«Che vuoi dire, Tiff?»

«Ci chiedono sempre che cosa siamo, se stiamo insieme o se mi piacciono le ragazze. Chi farà da madre, chi da padre, ma io non ho risposte.»

«Non ti servono», le rispondo carezzandole una spalla. «Siete tu e Taylor. Non avete bisogno di dare spiegazioni a nessuno. E poi siete forti insieme.»

«Non lo so, June. Non so cosa ne sarà della mia vita. Tu vedi tutto roseo forse perché prossimo anno te ne andrai...», mormora con sguardo assorto.

So che il sogno di Tiffany era andarsene da qui, magari viaggiare per il mondo, ma non voglio appesantirle il cuore ulteriormente. Vorrei dirle che fra tre settimane sarà tutto finito, ma non sono sicura sia così. Avere un figlio ti cambia la vita.

«Tiff, Tornerò.»

«Come l'ha presa Jamie?»

«Non lo so. Lui preferisce fare finta di niente e io tra due mesi parto.» borbotto mentre un broncio fa capolino tra le mie labbra.

Da lontano noto Gigi: sta fissando Will e May, mentre parlano tra loro. Non voglio s'intrometta. E non le ho ancora perdonato di avermi rubato il sassolino. Così, quando May si alza per andare al bagno, ne approfitto per andare da Will.

«Scusa, Tiff. Non posso stare a guardare.»

Inizio a camminare verso la fila che si è formata intorno alla ruota panoramica, dove sta sostando Will, e in quel momento mi suona il telefono.

«Mamma, sono alla festa, te l'ho scritto. Sei tornata?»

«Sono tornata dal consiglio scolastico. Hanno trovato il tuo portatile in un armadietto.»

«Nel mio armadietto?»

«Sì.»

«Ma come? Uso l'armadietto tutti i giorni. Secondo te non mi sono accorta che...»

Vengo però distratta dalle voci di Will e Gigi. Stanno discutendo.

«È tutto molto strano. Ora ho un'emergenza, mamma. Ci vediamo dopo.»

«Qual è il tuo ruolo? Prima sembri interessata a James, a June, poi a me.» Will rivolge quelle parole alla ragazza che lo guarda senza emozioni.

«Ti sei dimostrata mia amica per tutti questi mesi, ora perché cominci a parlarmi male di May?»

«Te lo dico io, Will.», m'intrometto senza alcun pudore.

«Gigi non vuole diventare tua amica, vuole solo rovinare ciò che di bello le sta intorno. Così la sua vita le sembrerà un pochino meno misera. Spoiler: questo giochino non funziona per davvero.»

Lei si volta verso di me.

«Il bello che mi sta intorno? Chi ti credi di essere? Tu non eri nessuno prima di venire a vivere qui. E sotto sotto sei sempre la solita insicura. Fai la forte, ma la tua più grande paura è andartene, perché sai che tornerai a essere isolata e ignorata da tutti.»

I muscoli del mio viso si paralizzano.

Come lo sa? Queste cose non le ho mai confidate a nessuno, nemmeno a James...

«Come fai a sapere...»

Gigi e Will sollevano gli occhi verso la figura che mi si staglia alle spalle.

«Te lo dico, io.», asserisce James, appena arrivato.

«April è tornata a casa con il tuo computer. Chi pensi l'abbia rubato e tenuto per tutti questi mesi, solo per leggere ciò che scrivevi?»

Mi sento sprofondare. Quello che raccontavo a papà per e-mail. Alcune gliele mandavo, altre erano personali e le tenevo sul computer.

«Mi hai preso il computer? Per questo sapevi del fatto che io e James ci odiavamo? Del fatto che non voleva che mi avvicinassi a Will?»

Resto sgomenta nel pronunciare quell'amara eventualità a voce alta.

Lei mi fissa con le labbra sigillate.

«Perché l'hai fatto?»

«Perché ci sono persone che vivono di luce riflessa. Fanno di tutto per rubartela e se non ci riescono, il veleno comincia a ribollire nelle loro vene e cose impensabili prendono forma nella loro testa. Manipolazioni e voglia di distruzione. È un serpente che ti mangia dentro. Non sopportano la felicità altrui. E qui non si tratta di te, June, di me o Will. Qui si tratta di tutto ciò che una persona meschina come lei non potrà mai avere.»

James pronuncia quelle parole, che devono aver ferito come lame, perché lei corre via con le guance brucianti.

«James, dove vai?» gli chiedo quando vedo che la sta seguendo.

«Vado ad assicurarmi che ci lasci in pace d'ora in poi. E soprattutto, che lasci in pace te.»

James si allontana e io vengo rapita dall'aria sconsolata di William.

«Quindi...» Will corruccia la fronte «Non le importava di me?»

«Mi dispiace, Will.»

«Mi faceva stare bene la compagnia di qualcuno che mi accettava per ciò che sono.»

«Noi ti accettiamo Will, ma proprio per questo non possiamo fare finta di niente quando fai le tue cazzate. Siamo tenuti a dirtelo.» spiego con tono calmo.

«Sei una buona amica. Come fidanzata non eri un granché», commenta lui.

«Grazie tante.»

Scoppiamo a ridere e continuiamo finché non vedo May tornare.

«Will, da' a May il tempo di elaborare.»

«Sono innamorato di lei.»

Inarco un sopracciglio.

«Penso sia vero questa volta. E penso che...»

«Perché non lo dici a lei?»


JAMES

Quando June e May decidono di raggiungere Poppy e Tiffany, io mi metto a cercare Will.

«Vieni con me.»

Una volta trovato, me lo trascino in una delle cabine della ruota panoramica.

«James, che le hai detto? A Gigi intendo.»

«April mi ha raccontato dei suoi genitori. È già stata in riformatorio e i suoi l'hanno sempre mandata in collegio. Un'altra cazzata e ce la rispediscono.»

«L'hai minacciata, ricattata?»

«Ho la faccia di uno che farebbe queste cose?»

Will scoppia a ridere.

«No, sul serio. Le ho solo detto di starci lontano o racconterò tutto a sua madre. A quanto pare, anche l'essere più spregevole ha paura del giudizio dei propri genitori...»

Lui scrolla il capo, poi si mette a fissare l'orizzonte buio. Siamo ormai in alto.

«Sei felice Will?» domando d'istinto.

«A volte mi chiedo perché io non lo sia come gli altri. Poi però la risposta arriva da sola. Ah già... perché ho una fottuta malattia.»

«Pensi che noi ce la passiamo tanto meglio?»

«No? Come va con June?»

Mi stupisce che Will me lo chieda. Non lo chiede mai. Sempre troppo preso da se stesso.

«Mi lascerà solo.»

«Tu e June vi lascerete?»

La cabina oscilla pericolosamente perché per poco non mi alzo in piedi come una furia.

«Will! No! No. Ma che cazzo dici?»

«E allora?»

«Non lo so... La distanza, boh.»

Mi strofino la fronte. Non ho voglia di parlare di qualcosa che mi brucia nel petto in modo così vorace. Eppure so che prima o poi dovremo affrontarlo.

La ruota compie il suo giro e nello scendere verso il basso vediamo Jackson e Blaze in fila che stanno discutendo.

«Secondo te dureranno?»

«Non lo so. Andranno in due università diverse e Jax è troppo orgoglioso. Blaze troppo insicuro.» commento.

Io e Will saltiamo giù dalla cabina e purtroppo i nostri sospetti vengono confermati.

Blaze e Jackson stanno litigando.

«Che significa? Se ho accettato ciò che sono, significa automaticamente che io voglia sperimentare con altre persone, Blaze.» Jackson allarga le braccia.

«Te lo sto chiedendo. È così o no?»

«Non lo so, ma non voglio perderti»

«Ti basterebbe dire di no per non perdermi», soffia Blaze, con risentimento.

Io e Will ci defiliamo e mi rendo conto che è arrivato il momento di cercare June.

Sto per scriverle un messaggio, quando la vedo seduta sul muretto che costeggia la spiaggia, tutta sola. La brezza marina si fa sentire, tant'è che mi accorgo che sta tremando. Mi sfilo la felpa con un gesto rapido e gliela poso sulle spalle.

Lei sussulta.

«Non sprechiamo il tempo che ci resta a litigare.» le dico sedendomi di fianco.

«È quello che penso anch'io.»

Rimaniamo a fissare il mare che, avvolto nell'oscurità, riflette solo la luna piena.

«Sento già la tua mancanza.» confesso sottovoce.

«James...» Lei mi stringe il braccio e posa la guancia sulla mia spalla nuda.

«Sei ancora arrabbiato?»

«No, June. Ti amo.»

«Anch'io ti amo, James. Ma ti ho detto una bugia.»

Per un attimo mi si ferma il cuore.

«Quella sera, al mio compleanno, ho espresso un altro desiderio.»

«Che vuoi dire?»

La vedo estrarre un post-it dalla borsa.

probabilmente le tue ferite non si ricuciranno mai del tutto, ma hai già sofferto abbastanza... da oggi in poi il mio desiderio è questo: voglio solo amore per te

«Si è avverato?» domanda guardandomi con i suoi occhi immensi.

«Quella sera ti avrei detto di no.» soffio sulle sue labbra carnose. «Ma ora sì».

Poi sigillo la sua bocca con un dolce bacio.

«Scusa, non volevo risponderti in quel modo, prima...» la sento mormorare imbarazzta.

«Non importa.»

«Invece importa. Dovrei apprezzare tutti gli sforzi che fai, non usarli contro di te in una discussione, James.»

«June, non è uno sforzo stare con te o rimanerti fedele.»

Le nostre bocche tremolanti non ne vogliono sapere di staccarsi. Le cingo i fianchi mentre le lecco il labbro inferiore.

«E hai ragione... Non possiamo evitare l'argomento ancora a lungo.»

«James, se non ti interessa cosa farò prossimo anno, va bene.»

«Certo che mi interessa, June. Dammi tempo.»

«Eri contento quando ti avevo detto che mi avevano accettata alla Brown.»

«Certo che ero contento. Lo sono, sono felice per te, è ciò che meriti.»

La vedo reprimere un sorriso sotto agli incisivi.

«La distanza non è un problema, non mi fa paura, James. Ciò che mi dispiace è che tu voglia restare qui e non voglia provare a...»

«Voglio stare qui per Jasper. Non posso lasciarlo.»

Lei mi studia con aria perplessa. «Ma non puoi rinunciare al tuo futuro.»

«Posso. Non tutti hanno i tuoi stessi sogni. E per me non è una rinuncia.»

«Tutti parlano di te, James. Del fatto che io me ne andrò e tu rimarrai qui. Ma guarda che ho paura anch'io.»

«Davvero?» le chiedo spostandole le ciocche di capelli che il vento seguita a farle ondulare sul viso.

«Sì. Un po' t'invidio. Tu starai qui, nella tua zona confortevole, mentre sono io mi butterò in una nuova avventura. Non sarà facile.»

«Ma ce la farai, June.»

Ce la faremo.

«Ragazzi? Vediamo Blaze correre da noi con aria trafelata.

«Sì? Che cazzo succede?»

«Tiffany. Si sono rotte le acque. Sta per nascere.»





Presente

JAMES

Quando arrivo allo yatch club sono le tre.

Oltre al noleggio barche, c'è un ristorante e un bar con piscina. A volte mi capita di preparare i cocktail, ma per la maggior parte del tempo me ne sto seduto sotto l'ombrellone a controllare che nessuno affoghi. È un posto di vecchi ricchi e lo stipendio è veramente alto, poi mi dà l'opportunità di avere la mattinata libera per le lezioni di boxe.

E mentre me ne sto sotto l'ombrellone, spesso mi ritrovo a chiamare June.

«Ma in che razza di posto lavori?»

«Di che parli, Biancaneve?»

«Ho visto i video di quel posto.»

Intorno a me ci sono solo ragazze ricche e uomini dai fisici scolpiti.

«Quali video?»

«Girati, James.»

Quando mi volto la vedo e per poco non mi viene un colpo.
Non mi chiedo cosa ci faccia June qui, mi alzo e le sfioro la guancia, per assicurarmi che sia davvero lei in carne e ossa.

«Hai finito gli esami?»

«Sì.»

Quella risposta è quasi più dolce del bacio che ci scambiamo.

«Quindi hai l'estate libera?»

June annuisce, perciò l'afferro dai fianchi e la stringo a me.

«Possiamo fare quel mese in barca come mi avevi promesso?»

«Iniziamo con qualche giorno, James. Non so se soffrirò il mal di mare.»

«Non ti fidi?»

Lei sorride, poi però la sua bocca si modella in una curva rovesciata. Alcune ragazze vengono a chiedermi degli asciugamani. E gli occhi di June si posano sui loro corpi.

«Che c'è?»

«Niente. Dal vivo qui è peggio di come lo immaginavo.»

«Stai dubitando di me?»

«No.»

«Pensi che io voglia tradirti?»

«No. Ma potresti.»

«Come potresti anche tu, dato che stiamo sempre lontani. Ma non vuoi. Giusto?» le domando infossando lo sguardo nel suo.

«No. Però stavamo parlando di te.»

E tu devi sempre avere l'ultima parola.

«Nemmeno io voglio, lo sai. Non c'è una singola persona sulla faccia della terra per cui varrebbe la pena perderti, June.»

«Lo so... ma tu sei qui in mezzo a tutte queste tentazioni. Sono gelosa.»

«Se non ti tradisco è perchè non ho intenzione di farlo, June. Non perchè non ne ho modo.»

Lei incrocia i polsi dietro la mia nuca, m'invita a baciarla e io dimentico anche dove mi trovo in questo istante.

Un bacio, poi un altro e in un attimo ci ritroviamo seminudi e sudati dentro la cabina dei salvagenti.

Lei è di spalle alla parete quando le strappo via la parte sotto del costume, poi mi abbasso i pantaloni
Sono pronto da quando l'ho vista. Finalmente mi spingo dentro di lei.
È sempre bello farlo, ma farlo dopo così tanto tempo... Dio.

«Mi sei mancato.»

«Lo sento.»

Lei risponde alla mia provocazione dandomi un morso sulla spalla.
Tutta la mia erezione viene attraversata dall'ondata di adrenalina che mi schizza nelle vene, facendole gonfiare.
June mi si aggrappa con le unghie alla schiena, mentre seguito a penetrarla di spinte veloci che fanno oscillare i muri della cabina.

«Oh cazzo si, così.»

Dopo qualche affondo più concitato, lei porta la testa all'indietro e la visione dei suoi seni grandi e sodi che mi rimbalzano in faccia mi manda in paradiso. Il piacere mi cresce dentro in modo violento, sento il mio addome contrarsi di spasmi e June è costretta a soffocarmi le labbra con un bacio per impedirmi di gemere in modo indecente.

Una volta finito, la bacio promettendole nell'orecchio che l'avremmo rifatto altre mille volte, ma proprio mentre ci rivestiamo, sentiamo delle voci. Apro la porta della cabina e lì fuori ci ritrovo la proprietaria dello yacht club.

«Jamie tutto bene? Ho sentito dei rumori. Non dovresti essere di turno?»

Ho le guance rosse come il sangue e i capelli impazziti.

«Ehm.. sì avevo caldo avevo bisogno di...»

«Di cosa?»

Mi si avvicina con fare malizioso. Il suo sguardo lascivo percorre il mio torace nudo, quindi indietreggio, ma nel farlo vado a sbattere contro June. E la donna, dapprima era gentile, cambia faccia.

«Questa chi è?»

«Questa è la sua fidanzata», risponde June con tono fiero.

«Se ne parlo con mio marito ti licenzia. Invece che stare di guardia in piscina, eri qui dentro a divertirti?»

«Mi dispiace.» serro la mandibola, infastidito dal rimprovero.

«Lo vedremo.»

«Questa tizia non mi piace» commenta June risistemandosi la t-shirt. «Ha cambiato atteggiamento non appena mi ha visto.»

«Non mi fa impazzire lavorare qui, lo ammetto, ma il lavoro in palestra non mi paga abbastanza bene.» Mormoro mentre ci sediamo a bordo piscina.

«Austin vi ha lasciato tanti soldi, James.»

«Non voglio la sua elemosina e poi li tengo da parte per Jas e la sua università.

«Ci andrà?»

«Non lo so, ma nell'eventualità voglio essere pronto.»

«E la palestra che sognavi di aprire?»

«I soldi li tengo per Jas, te l'ho detto.»

«James, ne hai usati parecchi per fargli costruire i suoi spazi, quelli in cui dedicarsi alla sua passione... è giusto che tu faccia lo stesso.»

«Che significa?»

«Sarebbe giusto facessi qualcosa per te»

«Dici sul serio?»

«Sì», risponde lei prima di addolcirmi le labbra con un bacio.

«Okay.»

Lei sbuffa, non mi crede.

«Dici sempre di sì, ma agisci solo quando si tratta di fare le cose per gli altri. Mai per te.» mi rimprovera.

«Prometti che ci penserai, James.»

«Sì, ragazzina impicciona. E tu promettimi che tornerai più spesso.»

«Va bene.» A quel punto si alza in piedi.

«Ora però devo andare.»

«Ma come?»

«Mia madre. Le ho promesso che avrei cenato con lei.»

«Okay. Passo dai ragazzi poi vengo da te.»

«Ti amo, James.»

«Anch'io ti amo, Biancaneve.»

🍰

Arrivo a casa di Will verso le nove.

«Avanti, sputate il rospo. Chi cazzo si sposa?»

Guardo Jackson che, spaparanzato sul divano, alza le mani spaventato.

«Mi sposo io.»

Mi volto e la voce proviene da Marvin, seduto sulla poltrona.

«Dovrei sposarmi io per primo. Questa è la mia fottuta storia.»

esclamo prima di abbracciare quello stronzo di Marvin. Dopotutto, gli voglio bene.

«Virginia?» Chiede Will.

«Sono passati tre anni, Will. Quale parte del "May non ti vuole più vedere" non capisci?»

«Italia, vi dice qualcosa?» erompe Marvin con un grosso sorriso stampato in volto.

«Ti sposi in italia come Kim Kardashian?» ridacchia Jackson.

«Il sogno di Poppy è sempre stato quello di girare Roma in Vespa, come nei film. E poi c'è la pizza migliore del mondo. È il posto perfetto per noi.»











TRE ANNI DOPO

JUNE

«Ti ricordi quando Amelia si è presentata al matrimonio insieme a Ethan Austin?» esordisce Poppy ridendo.

«Ti giuro, volevo urlare.», ribatte Marvin.

«Non so se sia stata la sua vendetta per qualcosa, ma... la rissa che James e quel tipo hanno sfiorato, non me la scorderò mai.»

Io, Marvin e Poppy siamo in salotto a mangiare una fetta di crostata ai frutti di bosco, ricordando i tempi passati. Io e Poppy ci completiamo. Se io ci so fare con i dolci, lei è davvero brava con i piatti salati.

«C'è chi disse che lo fece di proposito. C'è chi invece pensava che stessero insieme per un breve periodo.»

«La verità qual è?»

«E tu lo sai?»

Al matrimonio si era presentato anche Brian, di ritorno dal suo viaggio in India. Aveva deciso che doveva trovare se stesso, quindi aveva intrapreso diversi viaggi per il mondo. Aiutare gli altri lo faceva stare bene e io non l'avevo mai visto così sereno come in quell'occasione.

«E vi ricordate la faccia di Jackson? gli è venuto un infarto quando ha visto Blaze.»

«Chi cazzo ha invitato Blaze?» Marvin ci fa ridere perché imita la voce grossa di Jackson.

«Bravi, prendetemi per il culo mentre io sono nell'altra stanza a trasportare valigie di Miraculous.»

Jackson fa la sua apparizione in salotto con una faccia stremata.

«Ah, perché tu avresti fatto qualcosa, Jax?» lo rimbecca Tiffany.

«Tu e Taylor dovete dare una regolata a vostra figlia. Ha sei anni e ha più vestiti di Taylor Heart e Kendall Jenner messe insieme. Non è possibile che per un weekend si porti tutte quelle borse. Cosa cazzo ci tiene dentro?»

«Jackson, lo sai cosa accade a chi si fa gli affari propri?»

A dire quelle parole è Taylor Jr., che fa il suo ingresso trionfale in casa mia con una coroncina in testa incastrata tra i suoi lunghi capelli rossi.

«Vale anche per te, piccola mocciosa?»

Taylor Jr. lancia i suoi giocattoli sul tavolino di cristallo del salotto e per poco a mia madre non viene un collasso. Blaze è l'unico che le sta appresso, raccoglie i pezzi in giro e tenta di limitare i danni.

Mia madre mi rivolge uno sguardo spaventato, io invece sorrido. Non mi capita spesso di avere tutti i miei amici qui riuniti. E come ogni volta che accade, veniamo nella mia vecchia casa, perché c'è più spazio per tutti.

«Comunque è stato bellissimo il discorso che ha fatto Blaze al matrimonio di Poppy.»

L'arrivo di Taylor viene preannunciato da quella battutina velenosa. La vediamo entrare con un hard disk in mano.

«E io ne ho le prove.» sogghigna sadica.

«Ti prego, no.»

«Che c'è, Jackson? Non ti piace rivivere i momenti più romantici della tua storia con Blaze?

«Riguardiamo quel pezzo!» esclama Taylor Jr. con occhi impossessati.

«Taylor, perché devi torturarci?» si lamenta Blaze, mentre ci accomodiamo tutti sul divano.

«Passano gli anni, ma certe cose sono sempre divertenti.»

Così Jackson fa partire il video per la gioia della bambina.

"Tu non volevi mai esporti nei miei confronti e a me, in qualche modo, questo tuo atteggiamento faceva comodo, perché continuavo ad aspettarmi qualcosa da te, senza mai darti nulla. Ero io a non supportarti e se solo potessi tornare indietro..."

«Alza, alza. Arriva la mia parte preferita!»

Taylor Jr. fa sbellicare tutti quanti perché mima con il labiale ogni singola parola di Blaze.

"Le persone spesso fingono di essere meglio di ciò che sono, ma non tu. Sei la persona migliore che io conosca e sapere che sei arrivato così in alto, mi rende davvero felice. Forse amare significa davvero volere il meglio per l'altra persona. E ora che ti vedo, mi basta questo. Non ho pretese. Se tu sei realizzato, sono felice anch'io."

«E io che pensavo che il discorso fosse per me.» commenta Marvin.

"Posso anche non baciarti da un anno, ma sento ancora il tuo profumo nel mio letto."

«Già, poi è arrivata questa parte e spero tu abbia capito.» sussurra Poppy all'orecchio di Marvin.

Non so cosa accadde al matrimonio, subito dopo il discorso di Blaze. Jackson sparì e tornò con le guance rosse, mentre Blaze aveva la camicia stropicciata. Ma da lì in poi, non ci fu un giorno che li vidi separati.

Tiff invece aveva interrotto i rapporti con i suoi genitori. Era andata a stare da Taylor per tutta la gravidanza, ma alla fine sua mamma si era presentata all ospedale. E nel vedere la piccola Taylor Jr. le si era sciolto il cuore.

Taylor si era legata alla bambina, la vedeva come un'estensione di se'. L'aveva persino portata a fare una notte in campeggio. Poi a pesca.

«Tu che peschi? Pensavo fossi tutta Chanel e tacchi» aveva commentato Marvin quando l'aveva scoperto.

«Ricorda che so anche maneggiare un'arma alla perfezione, caro Marvin.»

Taylor guarda sempre in faccia la realtà.
E penso sia la miglior cosa che sia capitata a Tiffany e Taylor Jr.

Tutti erano pazzi per la bimba. James più degli altri. Aveva voluto essere il primo, tra gli amici di Tiff, a prenderla in braccio quando eravamo andati all'ospedale. Gli brillarono gli occhi quando lo fece.
Marvin era lo zio simpatico, Blaze le concedeva qualsiasi cosa, mentre Jackson era l'unico che la squadrava con diffidenza. Sin da quando era neonata, la fissava come fosse un alieno. Forse perché Blaze era pazzo di lei.

«Non lo so, piangono, vomitano, riempiono otto pannolini all'ora... che schifo.»

«Nemmeno li cambiassi tu, Jackson», aveva sbuffato Taylor.

Tiffany lavorava nell'azienda del padre, Taylor studiava legge e le dava una mano con la bambina.

«James dov'è?», Marvin mi pone quella domanda e io torno alla realtà.

«Ha lezione, torna tra poco.»

James aveva lasciato il lavoro allo yacht club. Oltre a essere sprecato per fare il bagnino in una piscina alta un metro, aveva capito che la ricca proprietaria di quel posto aveva un debole per lui. Così finalmente decise di andarsene e si aprì una palestra tutta sua, in cui tenere le lezioni di boxe per bambini.

Io avevo terminato il mio corso di studi e dopo aver conseguito la mia laurea in psicologia, stavo preparando il master in criminologia.

«Non offendetevi, ma io sono davvero stanca», dice Poppy rivolgendosi a mia madre che le fa cenno di seguirla per mostrarle la stanza da letto.

«Ma sono le otto!» si lamenta Taylor Jr.

Mia madre ha preparato la camera degli ospiti per Taylor, Tiffany e Taylor jr. Una per Marvin e Poppy, mentre Blaze e Jackson si sono rifiutati di dormire in camera mia, quindi stanno in hotel.

«Andiamo anche noi, il viaggio è stato lungo.» commenta Jackson, già intento a mettersi la giacca.

«Ma voglio vedere zio Jamie», esclama Taylor jr con il broncio, quando si accorge che Tiffany la sta spedendo a letto. «E anche Will! Loro sono i miei preferiti! Non voi!»

Marvin sembra rimanerci male, mentre Jackson le ruba la coroncina dalla testa.

«Stiamo tutti piangendo dopo queste rivelazioni», Commenta il biondo, prima di augurarci la buonanotte.

«Mi sa che li vedi domani, si è fatto tardi.» le dico io provando ad addolcire i toni, ma con quella peste e del tutto inutile.

Se ne va offesa, con fare da diva.

Dopo aver salutato tutti me ne torno a casa, ma prima faccio una deviazione in palestra.

«Oh guardate chi c'è!» esclama James quando mi vede arrivare nella saletta piena di sacchi da boxe.

Si porta la mano alla bocca per slacciare il guantone, poi con l'altra si solleva la t-shirt per asciugarsi il sudore dalla fronte.

Alcuni bambini mi corrono incontro.

«Ti adorano», sorride con due fossette.

«Ma io di più» mi sussurra nell'orecchio.

Non faccio in tempo a ricambiare il bacio a stampo, che alcuni marmocchi mi tirano dal braccio.

«Ehi, giù le mani voi.»

James li sgrida ridendo, poi però si fa serio nel vedermi silenziosa.

«Tutto bene, June?»

«Sì.»

«Jackson mi ha detto che erano stanchi per il viaggio, ci vediamo domani.»

Annuisco.

«Come ti senti? Vuoi disdire la cena di questa sera?»

«No, James.»

«Novità?»

La sua domanda non è casuale.

«No.»

«Ancora niente?»

Faccio cenno di no.

«Okay.»

«Magari è lo stress per gli ultimi esami...»ipotizzo.

«Può darsi.» commenta lui.

Aspetto che James si faccia una doccia in palestra, poi andiamo a cena.
Sento che è il momento.
Sono sicura questa volta.
Passo la serata nell' impazienza di tornare a casa e quando rincasiamo mi fiondo in bagno.

"Potrò badare io al bambino per i primi anni, finché non andrà a scuola.", aveva detto James un anno prima.

"Hai pensato a tutto..." lo avevo preso in giro io.

James sosteneva che finché non iniziavo a lavorare e facevo il master, quello era il momento giusto.

Non so se lo sia o meno, ma il desiderio di James è troppo forte. E io non vedo l'ora.

«Guarda tu.» sorrido lasciando il test sul lavandino.

Sono convinta questa volta.

«June...»

James si sporge verso la superficie di marmo.

«Sì?»

«È ancora bianco.»

«Oh okay.»

Un senso di vuoto mi scava la pancia, ma provo a non darlo a vedere.

«Domani è il grande giorno, non roviniamoci il momento.»

«È solo il mio compleanno, James.»

Provo a nascondere la voce tremolante, ma i miei occhi lucidi parlano chiaro.

«Ehi, va tutto bene.» mi rassicura lui, quando mi vede farmi piccola contro il muro.

«Tutto bene!? È un anno!» mi ritrovo a strepitare.

«Lo so, ma non c'è fretta.»

«Non capisci. Un anno e niente...»

«Lo so, ma il dottore ha detto che non c'è nulla che non vada. Magari è solo presto, aspettiamo qualche giorno. Rifai il test oppure ci riproviamo. Sai che quella è la mia parte preferita.»

Lo rimprovero con un'occhiata di sbieco, poi però mi ritrovo a sorridere perché James mi afferra di peso per portarmi in camera lanciarmi sul letto.

«Quindi direi di rimediare.»


🎡

Il giorno seguente mia madre approfitta della presenza di Poppy e delle ragazze per organizzare una grande festa per il mio compleanno.

James non sta nella pelle. L'idea di rivedere Jackson lo manda su di giri. Ormai Jackson è un giocatore di football a livello professionista. Così famoso che Marvin al matrimonio storceva il naso, perché tutti gli chiedevano l'autografo, nemmeno fosse lui il protagonista della cerimonia.

Oggi c'è anche May, ma non è sola. Il suo fidanzato è un tipo silenzioso che non sembra abbia molta voglia di divertirsi.

Nonostante ciò, il pomeriggio prosegue tranquillo e dopo la torta, vedo Marvin alzarsi in piedi con fare solenne.

«Io e Poppy abbiamo un annuncio da fare.»

Innalza un calice e io vorrei sprofondare.

«Dato che in questa occasione siamo qui tutti insieme...»

Guardo James. Il suo viso si paralizza.

Marvin cinge le spalle di Poppy, prima di dire: «Aspettiamo un bambino.»

Uno strano nodo in gola mi impedisce di parlare.

Tra i festeggiamenti nessuno si accorge del «Devo fumare» di James, che esce dal salotto senza guardare in faccia nessuno.

«Non hai detto che non fumava più?» chiede mia madre, l'unica a cui non sfugge mai nulla.

Io però guardo Poppy. È raggiante.

«Sono contenta per voi.» ammetto con un sorriso.

Perché lo sono, davvero. Ma anch'io ho bisogno d'aria.

«Fate pure il bis con la torta, arrivo.»

E invece che uscire, corro al piano di sopra e mi dirigo al bagno della mia vecchia camera da letto. Alcune cose le ho lasciate lì. Sembra un museo della mia adolescenza. E io so cosa c'è dietro quell'anta.

Un senso di vuoto mi squarcia il petto. Devo resistere.

«Dimmi cosa ti ha fatto! scendo di sotto e lo prendo per i capelli davanti a tutti»

Mia madre entra in bagno e pronuncia quelle parole quando mi vede rannicchiata sul pavimento.

«Ma no, mamma. James non c'entra nulla.»

«E allora?»

«Cresci e le cose non vanno come avevi programmato»

Lei si accovaccia di fianco a me.

«E non è questo il bello, June?»

«No. Sennò August sarebbe qui.»

«June. Non ti sto chiedendo di dimenticarlo, ma dobbiamo andare avanti. Dobbiamo farlo»

«Come faccio?»

«Ce la farai.»

Vorrei essere così triste da piangere e sfogarmi. Buttare via tutto il dolore, invece no, resta incastrato dentro al petto.
È sufficiente a farmi perdere la serenità, ma non abbastanza da indurmi a scoppiare e liberarmene. Non so che fare, se non soffrire in questo limbo dilaniante.

In quell'istante udiamo del baccano provenire da sotto.

«È arrivato William.»

William e May non si vedono da anni. May era arrivata al matrimonio di Poppy nel pomeriggio. Will era ubriaco fradicio e la sua lingua era nella bocca di qualche cugina di Marvin. Non quella della felpa. Un'altra.

«Vuoi sposarmi?»

Non era stato Will a parlare, ma i numerosi calici di vino che aveva ingerito al matrimonio.

«William Cooper tu sei così...»

«Ti aspetto da anni, non puoi chiedermi di lasciarti andare.»

«È così che mi aspetti?» lo redarguì lei.

«Promettimi che un giorno lo farai. Ricambierai.»

«Will....»

«Quando?»

«Non ora. Non posso così.»

May aveva capito che la loro non era una relazione, ma un puzzle scomposto. I loro pezzi non si incastravano, formavano situazioni tossiche che non facevano bene a nessuno dei due. Così lo lasciò andare.


WILLIAM

Al compleanno di June lei si presenta con un ragazzo.
E dirle che è bellissima non le renderebbe giustizia.
Continuo a fissarla, tant'è che April mi richiama.

«Will, aiutami con i piatti.»

La seguo in cucina, ma poco dopo mi accorgo che ci ha raggiunti anche May.
Posa il suo piatto nel lavello, poi si volta.
I nostri sguardi s'incrociano e io sento le gambe cedere.

April dice qualcosa per levare il disturbo ma io non l'ascolto nemmeno. Siamo rimasti soli.

«Stai molto bene.»

Lei mi da le spalle e apre il rubinetto.

«Anche tu, William.»

Sotto lo scrocio dell'acqua sento la sua voce tremare.

«Lo ami?»

La vedo agguantare una spugna per poi iniziare ad insaponare un piatto.

«Non è una domanda che dovresti...»

Fermo il getto d'acqua e le tolgo la spugna dalle mani.

«Will...» May sembra senza fiato.

Le passo uno strofinaccio, lei si asciuga poi solleva timidamente lo sguardo. È strana. Non c'è quella solita fierezza nei suoi occhi scuri come la pece.

«Mi hai guardato per tutto il pomeriggio.», tentenna.

«Hai fatto lo stesso...» le dico muovendo due passi verso di lei. «Non me lo aspettavo da te.»

«Lo so e ho sbagliato.» mormora abbassando lo di nuovo sguardo. E io non riconosco la sua solita lucentezza.

Le sollevo il mento e con le labbra le sfioro la guancia. May però capisce le mie intenzioni.

«Non posso.» Lei gira la testa per evitare quel bacio.

«May» sospiro. «Dormite qui da June?»

«No.»

«Dove alloggiate?»

«Perché vuoi saperlo, Will?»

«Lo sai perché.»

«Will...»

Con la punta delle dita traccio le sue nocche fredde. Lei rabbrividisce.

«È meglio se...»

Decido di rispettare i suoi confini e mi allontano. Se vuole mettere dei limiti tra noi, non posso prevaricarli.

Mi dirigo alla porta, ma lei mi richiama.

«Will...»

«Sì?» Mi volto di scatto.

«Lui esce alle otto.» la sento sussurrare con occhi lucidi.

«Cazzo.»

Mi avvicino a May ma in quel momento arrivano April e June.

«Non abbiamo visto niente.» dicono le due alzando le mani.

🎨

Alle otto e mezza sono davanti all'hotel di May. Sono irrequieto. Possibile che nasconda qualcosa?

«Perchè stai con lui se non lo ami?»

Non ci giro intorno. Entro nella sua stanza e lei mi accoglie con uno sguardo spaesato.

«Io e te ci siamo scambiati solo qualche bacio, Will. Con che diritto....»

«Non lasciarmi con quei ricordi. Dammene altri.»

Lei china il mento. Nell'ambiente sento solo il suo profumo fresco.

«Non posso.»

«Come mai ho l'impressione che tu non sia felice?»

Forse dovrei avere più tatto, ma sento che c'è qualcosa che non va.

«L'amore è solo un' illusione, William.»

«Allora perché lo sento reale quando sto con te?» le chiedo soffiando sulle sue labbra rosse.

May finalmente le schiude e io posso passarvi la lingua in mezzo per tormentarle con un lungo bacio.

«Questa è un'ottima domanda, ma io non ho risposte.»

«Ne sei sicura?» Domando posandole una mano sul petto. Sotto strati di tessuto, il suo cuore sembra battere impazzito.

D'un tratto chiude gli occhi e cominciamo a baciarci in modo peccaminoso. Le mie mani scivolano sotto il suo maglione, lei se lo lascia sfilare e in un attimo i miei occhi rubano l'immagine del suo corpo svestito. La sua pelle chiara brilla nella penombra e quando comincio a lasciarle dei baci al lato del collo, i miei occhi cascano più in basso. Ha un grosso livido violaceo sul fianco.

«May...»

«Will, non dire nulla.»

La fisso sgomento.
Il mio pensiero va a James.

Abbiamo una cosa da fare.






JAMES

«June, sei qui.»

Quando tutti gli invitati se ne vanno, la trovo seduta sulla sedia a dondolo nel giardino sul retro.
April ha cominciato a piantare fiori tra le erbacce. Dopotutto, in qualche modo deve pur passarlo il tempo e ignorare l'astinenza.

«Cos'ho di sbagliato, James?»

La domanda pronunciata con occhi rossi e voce tremante mi causa un pugno nello stomaco.

«Niente, June. Assolutamente niente.»

Preoccupato, mi siedo sul dondolo accanto a lei.

«Ci riescono tutti» la sento dire.

Le poso un braccio intorno alle spalle e la stringo a me.

«Perché io non ci riesco?»

«Non dire così.»

«Non accadrà mai, James. Mai.»

«No, June. Invece accadrà. E sarà così speciale che lo metterò qui» le dico indicando l'anulare dov'è tatuato il sei.

Lei però continua a scrollare la testa, è riluttante.

«Mi dispiace doppiamente perchè deludo le tue speranze. Devi prendere in considerazione il fatto non accadrà mai»

La sento tremare e la cosa non mi piace affatto. «Certo che accadrà. Te l'ho detto, ne sono sicuro.»

«James, mi stai sentendo?»

«Sì, ma non importa.»

«Non accadrà e tu cosa farai? Vorrai comunque stare con me?»

«Certo.»

«Non è vero!» esclama risentita.

Mi alzo e prendo a camminare avanti e indietro nel giardino buio. Tutta questa situazione mi sta mettendo a dura prova.

«Lo vedi? Non è un opzione che puoi considerare.»

«Non ti lascerei, okay? Però scusa tanto se è una cosa che desidero ad ogni costo. Non voglio rinunciarci.» sbotto d'istinto.

«Per te non siamo completi solo io e te»

«No, June, non mi sento completo. Ma non è per causa tua o per il fatto che non riusciamo ad avere un bambino in questo momento. Io ti amo.»

Le gambe mi si fanno deboli. Lei è ancora seduta sul dondolo e a me viene naturale abbassarmi alla sua altezza. Mi inginocchio davanti a lei.

«James, no...»

La sua espressione terrorizzata mi paralizza.

«Non chiedermelo ora. Ti direi di no.», prosegue con aria spaventata.

«June, stai scherzando?»

«No, torna a casa» dice fredda.

«E tu vieni con me, è anche casa tua.»

«No, io resto qui.»

Posso fingermi forte quanto voglio, ma questa situazione mi destabilizza e le sue parole mi feriscono. Non sapeva cosa le avrei chiesto, eppure mi fermato ancor prima che parlassi.
Non ho più voglia di combattere contro un muro.
Mi alzo e me ne vado.

Sono a casa da circa un'ora, ma June non fa ritorno.
Continuo a rigirarmi nel letto e non riesco ad addormentarmi finché lei non è nel letto insieme a me.
Decido quindi di chiamarla, ma niente.
Nessuna risposta.
La solita ragazzina testarda

Lancio il lenzuolo al fondo del materasso, m'infilo un paio di pantaloni della tuta ed esco.
Salgo in macchina e dopo poco mi ritrovo di nuovo da April. Sono ormai le due di notte.
Comincio a lanciare sassolini contro la finestra di camera di June, ma quando si affaccia Taylor mimando di tirarmi addosso una scarpa, decido di usare le chiavi ed entrare dalla porta principale.

Il salotto è avvolto dalla penombra, ma presto mi accorgo che June sta dormendo sul divano.
Solo quando mi avvicino vedo che è sveglia.

«June?»

«Guarda cos'ho trovato» mormora sottovoce. Noto che ha qualcosa fra le dita.

Non si stupisce che io sia lì. Ormai mi conosce. Non riesco a dormire senza di lei e lei lo sai. Mi siedo sul bordo del divano, mentre June mi mostra il sassolino.
Il nostro.

«June, voglio che tu sappia che il mio non è un capriccio. Quindi andremo fino in fondo, tutto quello che c'è da fare voglio farlo.»

Lei sospira contro il mio petto.

«Le cose non vanno, James.»

«Non dire così.»

«È la verità.»

Vederla così spenta mi spezza il cuore.

«Allora le facciamo andare» sussurro prendendole il viso tra le mani.

«Perché fai questo, James?»

Non ci devo nemmeno riflettere.

«Perché ti amo e farei qualsiasi cosa per vederti felice.»

«Anch'io vorrei vederti felice, James. Te l'avevo scritto in quel post-it, ricordi?»

«Sì»

«Ma se non sono in grado di renderti felice... Come posso stare con te? L'hai detto tu, non siamo completi»

«Forse ho detto una cazzata. Voglio prima che tu stia bene, June. Se questa cosa ti crea stress e non riesci a focalizzarti sulle altre cose, io posso aspettare.»

«Davvero?»

Annuisco.

«Sei un po' sollevata? Va meglio?»

«Sì, tu?»

Non rispondo.

«Che c'è James?»

«Oggi, stavo per chiederti una cosa, ma tu mi hai bloccato.»

«Non posso legarti a me per sempre se non posso darti quello che vuoi, James. Sarebbe egoista da parte mia e poi...»

«Cosa?», le chiedo, spazientito dal ricordo della sua faccia riluttante.

«Non hai toccato cibo questa sera.»

«June...»

«Questa situazione fa male a entrambi.»

«Mi dispiace.»

Lei mi accarezza lo zigomo prima di darmi un bacio.

«Ti è arrivato il ciclo?» mi scappa quella stupida domanda.

«No. Non ancora.»



🧇

Dopo qualche settimana June si decide di nuovo a portarmi a mangiare fuori. Si è accorta che ho ricominciato a preparare sempre i soliti pasti, quindi ha pensato bene di dare una scossa alla mia routine alimentare.

Dopo la pizzeria ci dirigiamo in un posto che ha tutta l'aria di essere un negozio di tatuaggi.

«Uhm, Biancaneve vuole fare pazzie oggi, eh»

Il mio tono è malizioso ma lei è seria. Emozionata.

Quindi dopo cena entriamo in quello stanzino afoso sotto al mio sguardo confuso. June non è una da tatuaggi.

«Guarda che non puoi fare un tatuaggio così, devi prendere appuntamento prima.»

«Chi ti dice che non l'abbia fatto, James?»

«Mhm.»

La scruto diffidente.

«E non hai il disegno.» aggiungo con tono indagatore.

«Non ne ho bisogno, tu ne hai.»

«Cosa?»

«Siediti.» Mi indica il lettino di pelle sgualcita.

«E il disegno?» domando, ormai consapevole del fatto che sarà lei a decidere «Cosa mi...»

June mi porge un foglietto che io leggo attentamente.

VIII

«Perché l'otto?»

«Lo devi mettere qui, vicino al sei», sospira raccogliendomi la mano.

Il cuore comincia ad accelerare il battito.
Poi abbassa gli occhi rivolgendo un sorriso al pavimento.

«June.» Il fiato mi muore in gola. «Guardami»

A quel punto solleva il viso e io mi accorgo che i suoi occhi color cielo sono lucidi e grandi.

E lì capisco.

«Devo prima fare un altro test per sicu...» Mi avvento su di lei e soffoco le sue parole con un bacio.

La mia mano scivola sulla sua pancia nascosta dal vestito. Non credo di averla mai amata così tanto.


8️⃣

«Jasper, ti ho detto basta regali!»

Rimprovero mio fratello che arriva in ospedale con l'ennesimo peluche. Stavolta un pinguino.

«James, lascialo stare», borbotta June dal letto.

Jasper si avvicina lentamente a June, che è stremata, ma sempre bellissima.

Forse perché ha il piccolo August tra le sue braccia.

Due fossette profonde gli scavano le guanciotte piene, mentre sonnecchia beato.

Avevo chiesto a tutti di uscire un attimo dalla stanza d'ospedale e Jasper ha proprio sbagliato tempismo.
Richiamo Taylor in corridoio che viene a recuperare mio fratello e se lo porta via.

«Vieni Jas, voglio fare il terzo grado alla tua fidanzatina.»

Io e June restiamo soli con il piccolo. Recupero una penna dalla sua borsa, poi mi siedo sul letto di fianco a lei.

«Che fai, James?»

«Guarda.»

In quel momento, accanto al VI-VIII- scrivo l'anno.

«Hai completato la data...» realizza June scrutando con attenzione lo scarabocchio sul mio anulare.

«Sì.»

«Cosa succederà l'otto giugno, James?»

«Secondo te?»

«Non lo so» Lei si morde il labbro, forse per trattenere un sorriso.

Lo sai perfettamente, Biancaneve.

«L'otto giugno voglio stia con me per sempre.»

«Perché?» chiede lei.

A quel punto scendo dal letto e m'inginocchio.

«Stavo pensando....»

Poi estraggo una confezione dalle tasche e aprendola, le mostro l'anello al suo interno.

June spalanca la bocca.

«Oltre a detective, ti va di diventare anche mia moglie?»

La vedo sgranare gli occhioni. Sembra senza parole.

«Vuoi dire l'otto giugno, James?»

«Ti sposo quel giorno. Ti piace come idea, Biancaneve?»

«James! O mio Dio...»

«Shh, lo svegli.» sussurro indicando il piccolo tra le sue braccia.

«Ma...»

«Ora non hai più scuse...», la prendo in giro.

La vedo lasciare August nella culletta di fianco al letto, poi si alza in piedi.

«Aspetta..» Mima una smorfia prima di rispondere.

E io sono ancora in ginocchio come un coglione. Lo fa apposta, come sempre.

«Prenderai il mio cognome, James?»

«Cosa? Non ci penso nemmeno! Ho la faccia di uno che prenderebbe il tuo cognome, White?»

«Mhm... allora non lo so...»

Si mostra sostenuta, mentre porta l'indice sul labbro inferiore.

E di' di sì cazzo.

«Non saprei...»

«Okay, va bene, June. Prendo il tuo cognome.»

«Allora sì.»

June lo dice sorridendo. Io mi risollevo in piedi e con un bacio incontro il suo sorriso, così bello che mi fa sentire ancora oggi... strano.

«James?»

«Sì?»

«Non voglio che tu prenda il mio cognome per davvero, era una prova per vedere quanto sei sottone.»

«Stronza.»

«Ti amo, cretino.»





FINE

Innanzitutto grazie per avermi accompagnato in questo fantastico viaggio iniziato nel 2021... Oltre a ringraziarvi, vorrei dirvi tante cose, ma la febbre a 39 mi impedisce di ragionare. Magari ci vediamo domani su Instagram così possiamo chiacchierare un po' 💜

Il viaggio si ferma davvero qui?
Chi lo sa ...

La storia tra May e Will è in sospeso?
Sì.
C'è un motivo?
Certo...

Vi comunico inoltre che Love me love me 2 è disponibile per il preorder e uscirà in libreria il 3 Ottobre 💜

Per ora seguitemi su instagram se volete: stefaniasbooks 🫶🏻 e ditemi cosa ne pensate del capitolo 💫

A presto 🙏🏻

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