56. Cardigan



🔴🔴🔴


MARVIN

James ha proprio delle idee del cazzo.

Oggi mi ha chiamato per dirmi di tenere d'occhio Brian.

Ma io dico... Tra tutti, proprio lui?

Avrei preferito giocare al tiro al bersaglio con il nonno di Jax, o magari addestrare Mr. Rabbit a cacciare topolini. Anche se, ora che ci penso, il nonno di Jackson troverebbe il modo di cucinarselo il coniglio di Poppy.

Ho appena usato il coniglio come scusa per pensare a Poppy?

Controllo il cellulare che segna la mezzanotte.

Se solo avessi il coraggio di fare una piccola mossa...

La paura di rovinare la nostra amicizia è troppa, quindi, invece che starmene in pigiama, insieme alla ragazza dei miei sogni, a guardare film davanti a una pizza gigante, eccomi qui.

Mi ritrovo appostato con l'auto davanti casa degli Hood.

Sembra l'inizio di un film thriller, se non fosse che mi sto addormentando.

Ad un tratto però, qualcosa nel buio cattura la mia attenzione. Drizzo la schiena quando una sagoma scura esce dalla porta d'ingresso.

Brian.

Sulla sua faccia non c'è mai un'espressione, non capisci mai se è un manichino o è solo uno stronzo di prima categoria.

Lui si mette al volante del suo Range Rover, quindi aspetto un po' prima di seguirlo.
Sembro un investigatore privato? Una cazzo di spia? Non ci trovo nulla di eccitante, preferivo starmene a casa a dormire.

Brian passa con l'auto davanti a un fast food e ordina un caffè d'asporto. Ecco cosa mi ci vorrebbe. Magari accompagnato da un bel Big Mac.

Dopo quella piccola deviazione, Brian imbocca la strada per far ritorno a casa sua, quindi, per non dare nell'occhio, mi fermo a qualche isolato di distanza. In quel momento controllo nuovamente il cellulare e mi accorgo di avere una notifica.

ciao che fai?

Poppy che mi scrive?

Di solito lo fa per chiedermi se vado alle feste, mai per cose importanti. Quando ci siamo baciati in quel locale, la prima volta, non mi ha scritto dopo.
Forse perché avevamo bevuto.
Secondo me nemmeno se lo ricorda.
Tanto sono Marvin, l'amico di Poppy.
L'amico di tutti.

faccio sherlock, tu?

pigiama party con le mie amiche, ma senza le mie amiche

che succede?

niente

Resto a fissare il display con aria sgomenta. "Niente" non è una risposta da lei. La conosco da quando aveva cinque anni. Poppy non è il tipo da "niente". Se vuole sviare l'argomento, piuttosto ti racconta tutte le volte che ha portato il coniglio dal dottore, ma non dice mai "niente."

Vuoi dirmi che oggi non ha la sua solita parlantina? Mi sto preoccupando.

sicura sia tutto okay?

sì volevo solo sapere se per caso ti è capitato di parlare con Ari

Ari? Ma che dice?

no perché?

Lei ci mette un po' a rispondere, così avvio l'auto e torno a parcheggiare davanti a casa di Brian.
A quel punto, mosso da una momentanea scintilla di coraggio, decido di chiamarla.

«Che succede? Perché dovrei aver parlato con Ari?»

«Magari vi siete incontrati questa sera.»

La sua insinuazione non la capisco affatto.

«Perché avrei dovuto?»

«Marvin, ho sentito dire che vi vedete...»

«E io ho sentito dire che tu e Brian vi vedete.» ribatto con risentimento.

«Non è così.» mormora lei.

A quel punto mi abbasso, rifugiando la testa sotto al volante, come per nascondermi.

«O cazzo! Ari, Will e Amelia.» mi ritrovo a bofonchiare tra i denti. Poppy però sente tutto.

«Ari, Will e Amelia?»

«Devo andare, Poppy.»

«Ci vediamo a scuola»

Lei ci mette una frazione di secondo in più a rispondere, così io ho il tempo per parlarle ancora.

«Poppy...»

«Si?»

«Ehm...»

Allargo il petto nella speranza d'incamerare un grosso respiro, ma sento una morsa stretta all'altezza dello sterno.

«Ari non mi è mai piaciuta veramente.»

Poppy sembra voler restare in silenzio.

«C'è qualcos'altro?»

«Eh? No, ehm...»

«Ci vediamo a scuola allora. Buonanotte Marvin.»

Avverto lo schiocco di un bacio.

Mi ha appena mandato un bacio a distanza?

Cazzo, potevo dirglielo...

Mi sporgo verso il finestrino e nonostante il buio, noto che Amelia ha gli occhi pieni di lacrime, così scendo dalla macchina, incuriosito da quella scena insolita.

«Will?»

«Marvin, ma allora sei qui»

Will parla ma non mi guarda, concentrato com'è a sorreggere Amelia, che invece esibisce faccia afflitta.

«Che avete combinato?»

Li seguo e insieme proseguiamo verso la grossa porta d'ingresso che conduce alla villa.

«È stata una serataccia» taglia corto Ari.

Ha il trucco leggermente sbavato e il viso stanco.

«Hai fatto bene a restartene a casa a dormire.»

Le parole di Will mi danno sui nervi.

«Dormire? Ho passato un'ora in macchina.» mi lamento allargando le braccia.

«Un'ora? Ma James non ha detto che dovevi essere qui alle nove?»

«Vabbè sì okay, ho dormito prima.»

Tra una parola e l'altra facciamo la nostra entrata nella casa degli Hood e dopo aver percorso il corridoio avvolto nell'oscurità, incontriamo Brian, che sta in cucina a riporre i piatti nella lavastoviglie.

Lui si volta e non può fare a meno di accigliarsi.

«È tutta la sera che ti chiamo! Ma dov'eri fini...»

L'espressione adirata di Brian muta in fretta. Le sopracciglia aggrottate s'inarcano in una curva sorpresa, quando si accorge di me e Brian, alle spalle delle ragazze.

«Perché siete con loro? Che diavolo sta succedendo?»

Amelia ha le palpebre arrossate e gonfie e lui sembra captare solo quel particolare.

«Niente.»

Lei bisbiglia qualcosa, poi si rifugia in salotto a parlare con Ari, lasciando noi ragazzi in cucina.

Fisso Brian in cagnesco, ma lui è troppo impegnato a distruggere William con un'occhiata funesta.

«Non ti bastava la mia ex, vero? Ora anche mia sorella?» Il moro si rivolge a Will con due occhi sottili, ardenti. «Perché mia sorella sta piangendo?»

Tutto ciò che fa William è portare entrambi i palmi in avanti, per fare segno all'altro di tranquillizzarsi.

«Calmati, non le ho fatto niente.»

«Perché mia sorella sta piangendo?» Ripete Brian avvicinandosi minacciosamente alla figura di Will.

«Non sono stato io.»

«Che cosa le ha fatto?» ringhia il moro a quel punto, dando per scontato che ci sia qualcun altro coinvolto in questa situazione.

Io ovviamente non so nulla, quindi osservo la scena con aria indifferente, eppure a tratti interessata. Dipende da cosa dicono.

«Non è stato James a ridurla così... È stato tuo padre»

Brian solleva dapprima un sopracciglio, poi l'altro.

«Cosa? Mio padre? È ancora in città?»

«Sì, non lo sapevi?»

«No che non lo sapevo. Quando Amelia gli ha raccontato che Austin lo stava cercando, lui è scappato di nuovo. Se n'è andato...»

Le parole di Brian stridono tra i denti dritti. Digrigna la mascella prima di continuare. «Senza salutarmi.»

«No, ti assicuro che non è così. Non è affatto fuggito, anzi, è ancora in città e questa sera voleva combinare una strage.»

Brian si strofina la fronte, confuso, quasi più di me. E ce ne vuole.

«Ma Amelia ha detto...»

«Amelia è bugiarda» sputo io senza nemmeno doverci pensare su.

Il moro ruota il capo nella mia direzione e mi fissa dall'alto al basso, sembra essersi accorto solo ora della mia presenza.

«Che cazzo ci fai tu qui Marvin?»

«Ero passato di qua per caso...»

Bello misterioso di sto cazzo

«Brian forse non hai capito la gravità della cosa. Tuo padre voleva fare un casino.» aggiunge Will, catturando nuovamente le sue attenzioni.

«Io non ci dovrei parlare con te, Cooper.»

«Non vuoi parlare con me, non vuoi parlare con James. Vuoi parlare con Marvin allora?» lo canzona Will con il suo solito modo di fare provocatorio.

«Sono io che non voglio parlare con lui.» puntualizzo incrociando le braccia al petto.

«Senti Cooper falla finita. Perché ti trovo prima con la mia ex e poi con mia sorella?»

«Tra te e Ari era già finita quando ci siamo frequentati. Poi io e te non siamo mai stati amici. »

«Certo, perché tra di voi non ve le fregate le ragazze...»

Cala il gelo dopo quell'affermazione, solo Brian ha il coraggio di continuare.

«E poi non mi fido di te. Hai consegnato mio padre ad Austin.» sputa il moro.

Forse dovrei andarmene a casa.

«Brian tu non ragioni. Lo sai che se James avesse ucciso il prof, ora non saremmo a questo punto? Tua sorella smetterebbe di soffrire. Non vuoi ammetterlo, ma lo sai che tuo padre si merita il carcere.»

«Questo non c'entra con il fatto che mia sorella doveva essere da Poppy, invece è sparita per tutta la sera. Dove l'avete portata?»

Will sogghigna, sta per sganciare una bomba delle sue.

Okay, è arrivato il momento di fuggire a gambe levate prima che scoppi l'inferno qui.

«L'abbiamo portata da Austin.»

Brian fa sempre così, diventa aggressivo in un istante. È geloso di sua sorella, è estremamente testardo e protettivo, ma  prima che possa buttarsi addosso a Will, lo trattengo dalla camicia.

«Fermi.»

«Cosa vuole Austin da lei?» insiste Brian con occhi iniettati di veleno.

«Vuole vendicarsi e rovinarle la vita. Vuole far uscire lo scandalo con il professore...»

Quale professore? Perché io non so mai niente?

Brian sembra travolto da una folata ghiacciata. Le sue pupille si paralizzano e prendono a fissare il vuoto, difatti mi stupisco quando lo vedo muovere le labbra per parlare ancora.

«Quelle sono solo dicerie... Amelia non sta insieme a Beckett» sibila con voce ridotta ad un filo tagliente.

«Non puoi dare a James la colpa, questa volta, perché Austin e tuo padre erano in competizione da molto prima che lui nascesse.»

Brian a quel punto indietreggia, sembra qualcosa lo stia divorando dall'interno.

«Austin ha trovato il modo per gettare fango su  Amelia» prosegue Will. «C'è questo fotografo che ha del materiale che la ritrae insieme a lui...»

«Will?»

Una voce femminile e accennata ci fa voltare verso la porta. È Ari.

«Il fotografo? Vi siete forse dimenticati di dirmi che lo volevate per incastrare Amelia?»

Brian appare incredulo.

«Tu lo conoscevi? Li hai aiutati in questa cazzata?» si rivolge ad Ari con un temperamento incandescente.

«Io... Non sapevo a cosa servisse la sua presenza.»

«A rovinare il nome della mia famiglia.»

«Okay, calmiamoci.» m'intrometto nella speranza che Brian non faccia scoppiare una strage.

«Austin è venuto in casa mia a minacciarmi, non ho potuto fare altrimenti.» si discolpa Ari.

Ogni suoi tentativo è vano, perché Brian la fissa con aria delusa e amareggiata.

«Stiamo parlando di Amelia.»

«Amelia non è innocente.» sussurra Will sottovoce.

«Che vuoi dire?»

«I documenti che James e tuo padre stanno cercando? Li ha lei. Lo ha confessato.»

Non so di cosa stiano parlando, ma sono seri, quindi mi porto un dito sul mento e mantengo anch'io un'espressione corrucciata.

«Cazzo.»

«Ora devi solo scegliere da che parte stare Brian.»

Il tono di William è solenne, Brian però si accorge delle occhiate che lancia verso il salotto.

«Questa mattina sono tornato e ho visto la tua macchina qui fuori, Cooper»

«Will da quando hai un auto?» m'intrometto io.

«È di mia madre» bisbiglia lui sottovoce.

Ma soprattutto... Brian dove cazzo ha dormito?

«Hai passato la notte fuori?» chiedo a Brian.

«E quindi?» Il moro si rivolge a me con aria altezzosa.

«Dov'eri?»

«Da un'amica» mi fredda lui.

Amica? Poppy?

Lo sapevo, lo sapevo. Volevo non saperlo però.

«Tra me e tua sorella non c'è stato nulla.. » spiega Will mentre io sento un peso nello stomaco che mi fa accartocciare le viscere.

Tra tutti, proprio lui?

«Stai mentendo» insiste Brian.

Siamo così diversi, se gli piace lui non potrei mai e poi mai piacergli io.

«Okay ci siamo baciati»

La frase di Will mi scaraventa sul pianeta terra.

Cosa? Chi?

«E....»

Will trattiene un sorrisetto obliquo.

«Beh..»

«Io ti ammazzo»

Io e Ari ci gettiamo a capofitto tra i due.

«Calmi, calmi »

Lei trattiene Brian, io mi occupo di Will.
La realtà però è un'altra.
In questo momento, se solo penso che Brian ha dormito con Poppy... non vorrei che Will gli spaccasse la faccia, vorrei essere io a farlo.

Ma ci pensa Brian ad andarsene. Lo vediamo fiondarsi in salotto per discutere con la sorella.

«Sparisci per tutta la sera? Vestita in quel modo? Con Cooper? Perché hai accettato di andare con lui?»

«Scusa tanto Brian. Che ne dici? Forse non credevo mi volessero usare per lo scambio con un mafioso?»

Will china il capo volgendo lo sguardo mesto al pavimento della cucina.

«Davvero si sono baciati?» mi chiede Ari confusa.

E io cosa ne so?

«Amelia? Con Will?» Sembra incredula.

A me non frega un accidente dei loro drammi. Tranne che di un dettaglio.
Poppy ha dormito con Brian?

Anche Ari raggiunge Amelia in salotto e lì cominciano a discutere, mentre io e Will restiamo in cucina.
Il silenzio però, ci permette di udire le loro parole.

«Cosa fai con Will?» è Ari a chiederlo.

«Cosa dovrei fare con Will? Niente.»

Le frasi di Amelia sono taglienti come vetri rotti e Will sembra avere il petto pieno di frammenti.

«Ti piace?»

«Cosa? Ew no. Ha troppi problemi, lo sai.»

«Che stronza.» commento ad alta voce.

Faccio cenno Will di non darci peso ma lui ormai ha assunto l'aria da funerale e nei suoi occhi vedo i graffi di chi l'ha rifiutato per l'ennesima volta.

«Will, non è meglio se andiamo? Vuoi rimanere ancora per molto?» lo istigo indicandogli la porta.

«No che non voglio rimanere. Andiamo.» biascica lui, controvoglia.

«Che succederà al fotografo?» Domanda Ari affacciandosi dallo stipite della porta.

«Io non mi farei domande. Spero tu gli abbia detto addio.»

William la fredda con quell'affermazione, poi si allontana, ma io so che Ari non ha l'auto.

«Ti accompagno?» le domando ricordandomi di quanto fosse spaventata quando Austin si era fatto trovare in casa sua.

«Vorrei restare qui. Ma non penso che rimarrò...»

«Vuoi rimanere per Amelia o per Brian?» domando curioso.

«Marvin..»

Ari curva il collo e con il viso a lato, mi osserva con tenerezza, come si fa con un cucciolo di labrador.

«Te l'ho già detto che io e te...»

Will mi esamina con un sopracciglio innalzato.

«E poi dici a me, eh»

«Ma che dite? Io non intendevo per quello. Volevo... m'interessa sapere se Brian è libero o...»

«Marvin ci devi dire qualcosa?» m interroga Ari, incrociando le braccia al seno.

«Ma che avete capito? Voglio solo sapere se Brian è ancora innamorato di te o se gli piace Poppy »

Ora sono geloso? Questa è bella.

«Voi ragionate come i bambini delle elementari. Brian è diverso dagli altri ragazzi» s'inacidisce Ari.

«A me sembra uguale a tutti gli altri.» Sputo infastidito.

«Se lo vedi così diverso, forse è solo perché sei ancora innamorata di lui, ma nel frattempo prendi per il culo mezza scuola?» ipotizza Will con una nota di acidità.

«No. Lui è meglio degli altri e basta.»

Vedo Will sorreggersi porta, sembra stanco. Ari invece, non pare affatto stanca di parlare, infatti ferma Brian nel corridoio, prima che questo si dilegui.

«Ti ricordi quando credevi fossi anime gemelle io e te?»

«Sembra passata una vita»

«Forse perché non mi conoscevi» Si lamenta lei, conscia di tutti i suoi errori.

«Ti conosco Ari, sei cambiata da quando abbiamo cominciato le superiori prima non eri così»

«Sai quando tu mi sfioravi non capisco la profondità del gesto volevo di più ma ora»
Se solo potessi tornare indietro. Vorrei solo quello»

«È un po' tardi»

«Ne sei sicuro? Ieri sera...»

«Non è successo niente»

«Ma abbiamo dormito insieme e mi hai abbracciato»

«Preferisco tu te ne vada. Non ti voglio qui.»

«Mi odi ancora? Guarda che voglio solo esserti amica»

«Non ti voglio come amica. Per me è difficile starti intorno Ari»

«Ti piace Poppy?»

Che idee del cazzo gli metti in testa?

Le mie orecchie, come quelle di Mr. Rabbit in questo istante.

«Poppy! Perché dovrebbe piacermi Poppy?»

«Esatto? Perché dovrebbe piacergli Poppy??» mi agito io.

«Stanne fuori Marvin.»

Brian mi punta un dito contro, ma io sostengo il suo sguardo furioso.

«E allora non parlate di Poppy!»

«Ma poi scusa, sei stata con chiunque e dopo hai scoperto che sono meglio degli altri?»

«Si.»

«È tardi Ari.»

«Non sono gli altri l'ostacolo tra noi  Siamo noi. E mettendoti con Will, come pensi ci sono stato?»

Prosegue Brian, questa volta però non riesce a nascondere la tristezza. Il velo di rabbia che solitamente contorna il suo ora sembra farsi rarefatto, lasciando spazio alla delusione.

«Forse sono una di quelle persone che ha bisogno di fare molti errori prima di capire, Brian. Ma ieri notte mi hai dimostrato che possiamo andare oltre...»

Ari ha le lacrime agli occhi, sembra realmente ferita dall'atteggiamento del loro.
A quanto pare non è Poppy la persona con cui ha dormito Brian.

«Già. Ma io non una di quelle persone che torna sui propri passi. Mi dispiace»

Le parole di Brian sono lapidarie, ma io ho occhi solo per Will che ha le palpebre stanche e socchiuse. Lo afferro dal braccio e lo porto via da lì.

«Will sei stanco, lascia qui l'auto. Ti accompagno a casa.»

E quando finalmente siamo in macchina, Will comincia a parlare.

«Perché Amelia e Ari fanno così secondo te?»

«Che vuoi dire?»

«Si vergognano di me.»

«No, loro fanno così con tutti. Se chiedi ad Ari di me, ti dice la stessa cosa.»

«Ci odiano?»

«No, credo abbiano solo paura del giudizio altrui.»

Così lascio Will davanti casa sua, poi scrivo a Poppy.

possiamo parlare domani?


JUNE

Ho la faccia schiacciata nel cuscino, mi porto una mano dietro la schiena per picchiettare sull'addome di James, che sembra indistruttibile. Lui continua a venirmi incontro, senza tregua. Gli faccio segno di rallentare, ma James dapprima sorride, poi m'immobilizza il polso e, aumentando il ritmo, s'infrange con irruenza sul mio corpo, ormai pronto per accogliere il paradiso.

Il respiro mi si rompe, è tutto così piacevole che...

«Ti ho preso questi.»

Con uno scatto mi metto a sedere.

eh?

I miei occhi si posano sulle sue spalle definite racchiuse in una felpa scura coperta da un chiodo di pelle.

Dove mi trovo?

E tu chi sei?

«Ti ho preso quei...»

James tiene stretta tra le dita.

Perché mi hai dovuto svegliare?

«Cosa mi hai preso James?» domando confusa.

Ma poi non stavamo....?

«Assorbenti? Che c'è? Non si chiamano così? » chiede osservandomi con due occhi grandi e ancora assonnati.

«Sì si chiamano così» Replico quando mi porge la confezione a me conosciuta.

«Allora perché mi guardi in quel modo?»

Mi strofino la fronte, sento ancora la testa leggermente annebbiata.

«Come ti starei guardando?»

James a quel punto solleva una piccola porzione di labbro, mimando un ghigno malizioso.

«James... »

Fingo di rimproverarlo, ma quando mi alzo dal letto, lui si avvicina lento, seminando dentro di me una piacevole agitazione. La sua presenza è in grado di zittirmi all'istante.

«Stai... bene?»

«Sì, credo di sì. »

A quel punto mi rendo conto di avere il fiato corto e il petto che si solleva e si abbassa con un ritmo rapido. James mi sta ancora osservando con le sopracciglia corrucciate.

«Che vuoi? Ho solo fatto un sogno movimentato.» minimizzo guardando a terra con un velo d'imbarazzo a coprirmi gli occhi.

«E dimmi, Biancaneve... Il movimento ero io a farlo?»

Proprio in quel momento James mi attira a sé, circondandomi la vita. La t-shirt che indosso si solleva un po' sulle gambe, ma a lui non sembra importare. Flette il capo verso il basso per giungere al mio orecchio.

«Dentro e fuori... E poi, ancora, dentro di te. Vero?» sussurra in modo sensuale.

Sussulto per il contatto tiepido tra le sue labbra morbide e il mio collo ormai ricoperto di brividi piacevoli. «Smettila. Ora vado a lavarmi e cambiarmi.» mormoro con le guance in fiamme.

«Fa' in fretta» lo sento borbottare.

«Perché?»

«Mmm...»

James compie un giro su se stesso e si guarda intorno.

«Avevi detto non ci veniva nessuno qui.»

«Beh potrei aver detto...»

«James!» lo rimprovero a gran voce.

«Che c'è? Non volevo farti preoccupare ieri sera.»

«Non ci posso credere...» bofonchio afferrando lo zaino da terra.

«E a te ci penso dopo!» lo minaccio puntandogli il dito contro il petto.

James ovviamente ne approfitta per afferrarmi dal braccio e trascinarmi a sè. Il suo profumo di bagnoschiuma si mescola con quello della gomma alla menta.

«Che vuoi?» Domando scorbutica, evitando i suoi occhi taglienti.

È un meccanismo inevitabile, la sua vicinanza mi porta a rivivere le emozioni del sogno. È tutto più intenso ed elettrico tra noi e la cosa mi agita non poco.

«Posso venire in bagno con te?»

«Assolutamente no.» sentenzio decisa.

«Quanto devo aspettare, June?»

«Dieci minuti James, ci riesci?»

«No, non parlo di quello.»

Il suo sguardo lambisce il mio corpo accaldato avvolto dalla sua t-shirt aderente, che mi copre a malapena le cosce.

«Almeno altri quattro, cinque giorni.»

«Cazzo...» lo sento imprecare mentre sta già incastrando una sigaretta tra le labbra imbronciate. Poi si siede sul letto a gambe divaricate e mi fissa.

«Come sono nei tuoi sogni? Meglio o peggio della realtà?»

Sorrido, mentre me ne sto con metà corpo nascosto dalla porta, come se questo fosse sufficiente a mistificare l'imbarazzo cocente che mi scuote le ginocchia.

«Chi ti dice lo stessi facendo insieme a te?»

James affina lo sguardo e prende a fumare con occhi stretti.

«Tu non sogni qualche altro coglione mentre stai nel letto con me.»

«Tecnicamente... Eri uscito a comprare gli assorbenti.» lo provoco con un ghigno sfacciato.

Il filtro della sigaretta si restringe per la pressione delle sue labbra carnose, che vi premono attorno con nervosismo.

«Pensi di potermi provocare in questo modo e uscirne pulita?»

«Sai cosa penso, James?» mormoro in un impeto di coraggio, forse causato dalla sua immagine eccitante.

«Cosa pensi, Biancaneve?» domanda senza smettere di liberare grosse vampate di fumo nell'aria.

«Che io e te abbiamo fatto poca pratica. Non posso darti una valutazione e attestare se tu sia meglio o peggio dei miei sogni.»

James si alza in piedi con uno scatto deciso e io non posso fare a meno di notare un lieve rigonfiamento sotto ai pantaloni della tuta. Impiglia la sigaretta tra le labbra, mentre si sfila il giubbotto di pelle.

«James ma che fai?»

«Voglio prenderti sotto la doccia. Scoparti contro il muro. Così, se ci tieni tanto, puoi anche darmi un voto.»

Allargo gli occhi.

«Non... no.»

Il mio "no" risoluto lo fa rinunciare all'istante, me ne accorgo da come si blocca nel bel mezzo della stanza, mentre il suo sguardo si posa sul mio ventre.

«Ti fa male?»

«Sì ma non tantissimo.»

E poi mi vergogno, ma questo è un altro discorso.

A quel punto mi chiudo in bagno, mentre James finisce di fumare la sua sigaretta.

«Mi accompagni a scuola?» urlo da oltre la porta.

«Scuola?»

«James che tu lo voglia o no, dobbiamo andare a scuola.»

Finisco di lavarmi, indosso la divisa che avevo nello zaino, poi mi lavo i denti con il mio spazzolino. Fortuna che per andare a dormire da Poppy mi ero portata tutto l'occorrente. Tranne gli assorbenti, ma ci ha pensato James.

Il pensiero mi fa sorridere, quindi esco dal bagno con un grande curva stampata sulle labbra, ma lui mi accoglie con un'espressione indecifrabile.

«Sei già vestita?»

«E quindi? Che c'è?» domando quando il suo broncio si trasforma in un sorrisetto compiaciuto.

«Ora sono io a pensare...»

James compie due passi e si avvicina pericolosamente alla mia figura.

«A cosa, James?»

«Dovrai tirarmici via con la forza.»

Il suo respiro di menta e sigaretta appena fumata mi solletica la gola, provocandomi dei lunghi brividi.

«Cosa...»

Il mio labbro inferiore trema, James intanto inclina la testa e la direziona verso il basso.
Finalmente le sue labbra si abbandonano sulle mie, dando il via a un dolce bacio.

«La mia testa, la infilerò tra le tue cosce e ti sfido a mandarmi via. Ci dormo lì in mezzo.»

A quel punto schiudo la bocca che lui reclama a piccoli colpetti di lingua, lasciandogli la libertà di affogarla tra le mie labbra.
L'intreccio è morbido ma dura poco.

«Andavano bene gli assorbenti?» domanda premuroso.

«Sì.»

«Ora andiamo, prima che arrivi qualcuno»

«Dove hai intenzione di andare, James?»

«Ti porto a mangiare qualcosa.» lo sento bisbigliare mentre lo seguo giù per le scale.

«Avrai fame.» aggiunge poi quando arriviamo alla porta d'ingresso.

«A dirla tutta sì, ma è tardi...»

«Per cosa?»

«James! Andiamo ancora a scuola io e te, te lo ricordi?»

«E perchè non anticipiamo un po' le vacanze di natale?»

«Da quando sei invaso di tutto questo spirito natalizio?»

«Da sempre.»

«O da quando è una scusa per saltare scuola?»

«Perspicace Madeline.»

In macchina battibecchiamo come al nostro solito, finché non giungiamo a scuola. Ed è la prima volta che entriamo insieme, da soli, io e lui.

James non mi prende per mano, ma non appena varchiamo la soglia d'ingresso avverto il suo corpo farsi più vicino al mio.

Will e Jackson sono già ai loro armadietti, ci fanno un cenno da lontano ma i miei occhi cadono su un piccolo spiraglio appartenente a una porta lasciata socchiusa. È la prima porta del corridoio, si tratta dell'ufficio del preside.

«Arrivo» mormoro rallentando il passo. James però s'insospettisce subito.

«Passo dal bagno un attimo.» spiego io lasciandogli un bacio a fior di labbra.

«Okay.» sbuffa lui.

Ho appena mentito a James, rinunciando a camminare per il corridoio di fianco a lui, ma c'è un buon motivo dietro a questa decisione: ho sentito un vociferare conosciuto provenire da oltre la porta. Di certo la voce che ho udito non è quella del preside, ma sono le voci di Amelia e del prof Beckett.

Avrei potuto dirlo a James, ma lui non conosce mezze misure. Avrebbe fatto irruzione nell'ufficio creando ancora più scompiglio. Hood e Austin hanno fatto capire in più occasioni che con loro non si può scherzare, quindi meglio prenderla con calma e usando l'astuzia. Basta mosse avventate. Ho bisogno di parlare con Amelia.

Accosto la testa alla porta socchiusa, lei sta bisbigliando sottovoce, ma riesco a sentire alcune parole.

«Te lo giuro, non ho mai detto niente.»

«Che cos'hai raccontato alle tue amiche?»

«Niente, non è successo niente.»

«Niente? Ci siamo baciati, più e più volte. Se lo scopre qualcuno io sono finito...»

«T'importa solo di te?»

«No, ma sono io a rischiare.»

«Beh mi avevi sempre detto che eri pronto a rischiare, che avresti lasciato tua moglie.»

«Esci e chiudi la porta.»

«Cosa?»

«Hai sentito bene. Tra noi non può continuare Amelia, mi dispiace.»

Avverto il ticchettio degli stivali di Amelia che battono sul pavimento, si sta avvicinando alla porta, meglio levarmi di torno.

Ma l'unica cosa che faccio e procedere di alcuni passi.

«June?»

Beccata? Sì.

Lei ha gli occhi confusi e l'espressione sconvolta quando sopraggiunge in corridoio.

Me ne importa? No.

«Stavi davvero origliando?»

«E tu stavi davvero chiudendo la tua storia con il prof?»

Lei a quel punto resta senza parole, allarga le labbra sottili, prima di prendermi da parte.

«Parla, June. Che vuoi?»

«Ti rovinerà la vita, è meglio finirla»

«Ora ti comporti da amica?»

Il suo tono gelido mi fa irrigidire.

«Sto solo dicendo la verità. Non siamo amiche, Amelia.»

«Già... Anche perché tu dov'eri ieri sera mentre il tuo ragazzo e il tuo ex mi scambiavano, vendendo la mia dignità a quel mafioso?»

«Io non ne sapevo nulla, come non ne sapeva nulla Ari quando ha aiutato il fotografo.

Lei mette su la sua solita aria diffidente.

«E quindi cosa diavolo vuoi da me?»

«Hai quei documenti, me l'ha detto James.»

«Ma figuriamoci. Ogni volta che penso tu possa comportarti da amica, fai quello che ti dicono loro.»

«Io ragiono con la mia testa, Amelia. E sicuramente James e Will hanno sbagliato nel tirarvi in mezzo. Da un lato capisco perché James e Will si comportano in certi modi con te, ma dimentichi che io non sono loro.»

Lei a quel punto annuisce nervosamente, invitandomi a proseguire.

«Non ti chiederò di darmeli, ma sappi che le tue decisioni influiscono sul tuo futuro, su quello di Will e James.»

«Will ce l'ha con me ora.» confessa lei con una rapida scrollata di spalle.

«Perché?»

«Ho fatto la stronza. E lui ha fatto lo stesso con me.»

Non so perché, ma mi sembra quasi doveroso chiederglielo.

«Tu e Will...?»

«No, no. »

«Tra di voi non mi sembra una buona idea, Amelia.»

«No infatti non lo è ma...»

Tu e tuo fratello fate spesso pessime scelte in amore...

Questo è il primo pensiero che mi viene in mente, ma chi sono io per giudicarla?

Mentre stiamo in un angolino del corridoio vedo Bonnie, Stacy e le loro amiche più grandi passarci di fianco, ma invece che guardare Amelia, fissano me oggi.

«Perché mi guardano?»

«Ti ricordi la festa di Scott? Bonnie è andata a dire alle sue amiche che James l'ha rifiutata.»

«Oh...»

«Quindi tutti pensano che tu e James stiate insieme.»

Guardo Amelia.

"Pensano? "

«In realtà...»

Perché non gliel'ha detto?

«James non rifiuta mai nessuno che ci prova con lui, mai. Ecco il perché di questa supposizione.» annuncia a testa alta.

SUPPOSIZIONE?

«Non è una supposizione.» recito con livore, Amelia però ribatte con la sua solita presunzione.

«Come vuoi, June.»

«Mi fido di lui.» aggiungo d'istinto.

«Perché dovresti? Non devi mai fidarti di un uomo.»

A quel punto devo seriamente contare fino a dieci. Ricordarmi che lei è appena stata ferita da un uomo più grande e che suo padre ha tradito sua mamma numerose volte.

«Senti, Amelia...Io non ti ho rubato nulla. E spero tu questo l'abbia capito»

«James me lo sta facendo capire. Mi odia così tanto che... Beh, c'eri anche tu ieri sera.»

«No, era dispiaciuto e ti ha chiesto scusa, a modo suo.»

«Lui e Will mi hanno usata. Sapevano che quel fotografo aveva le foto»

Amelia non batte ciglio, continua a volersi mostrare superiore, forte, anche se ieri sembrava distrutta.

«James l'ha saputo ieri sera del fotografo.»

«Sì ma non si è tirato indietro.»

«Perché ci hanno provato a farti collaborare con le buone, Amelia. James ti aveva avvisata.»

«Che hai intenzione di fare, June?»

«Non lo so, ma... Voglio aiutarvi. E sì, parlo anche di te e Brian.»

Lei si stranisce.

«E l'ennesimo inganno, June?»

No, è che, anche se non vorrei, a volte un po' ti capisco.

«Non lo è. Ci sono troppe persone che vogliono tuo padre fuori dai giochi, ma invece che il carcere, potremmo usare quei documenti per tenerlo lontano dalla città. Potrai andarlo a trovare quando voi, ma non può continuare a fare di testa sua. Austin non ci penserà due volte a metterci tutti in pericolo.»

«Possiamo parlarne in un altro momento? Devo andare a lezione.» sibila lei a quel punto, forse leggermente colpita dalle mie parole.

«Anch'io. Promettimi che ci penserai.»

Lei annuisce, poi scappa via.





Io e James abbiamo tutte lezioni diverse, ma durante le prime due ore non riesco a pensare ad altro, quindi gli scrivo.

dove sei?

Purtroppo non dove vorrei. Aula di scienze

Quando suona la campanella esco per prima dalla classe e mi catapulto in corridoio per raggiungere l'aula di scienze, ma quando arrivo, questa è all'apparenza vuota, ad eccezione di un angolino al fondo della stanza.

James sta stravaccato sul banco a giocare al cellulare. Mi avvicino lentamente, ma lui non solleva gli occhi nemmeno per un secondo e quando mi percepisce accanto alla sua figura, una fossetta appare al lato del sorrisetto compiaciuto che gli adorna il viso.

Alza entrambe le braccia per invitarmi a sedere su di lui, quindi faccio per accomodarmi sul suo bacino a gambe congiunte, ma James compie un cenno di dissenso con il capo.

«Pensavo volessi...»

Lui posa il cellulare sul banco e con le dita si aggrappa alle mie cosce nude per indurmi a mettermi a cavalcioni su di lui. Un verso di approvazione sembra risalirgli dalla gola quando sente tutto il mio peso su di lui.

«Meglio no?» mi punzecchia lasciando correre il pollice ruvido sul mio zigomo.

Fortuna che metto sempre un paio di shorts aderenti sotto la gonna quando ho il ciclo, sennò non mi sentirei affatto a mio agio.

«Perché non sei in classe, James?»

Lui raccoglie il cellulare, riprendendo da dove era rimasto con il suo gioco.

«Il prof mi ha cacciato perché ero impegnato»

«A...?»

Lui esibisce il telefono come fosse una spiegazione plausibile per il suo comportamento scorretto in aula.

«Cos'è questa cosa dura che hai dentro ai pantaloni?» domando tastando le sue tasche.

«Stai mettendo alla prova il mio vocabolario? Vuoi conoscere tutti i modi in cui posso chiamarlo?»

«James...»

«Mai nessuno l'aveva chiamato James. Non è un complimento, a meno che non sia il mio»

È allungato e duro, sicuramente si tratta di una barretta.

Fa che sia di cioccolato

«È il tuo snack?» domando nella speranza non mi dica che si tratti di qualcosa di proteico e senza zucchero.

«No, l'ho preso per te alle macchinette.» lo sento mormorare d'istinto.

«Davvero? »

«Mmm no, l'ho preso per Marvin.»

«Che cretino.»

«Posso mangiarlo?» domando approfittando della sua distrazione nel gioco, per estrarglielo dalle tasche.

«No, è di Marvin.»

«Grazie.» Sorrido, perché realizzo con piacere che si tratta di uno sneakers, quindi è per me.

«Va bene, dai, Marvin si accontenterà dei crackers. Però voglio un bacio in cambio»

James seguita a giocare, così, dopo aver scartato il mio premio, comincio a baciargli il collo, causandogli un sopracciglio inarcato, forse nel constatare tanta audacia.

«June...»

«Non ti sto disturbando, tranquillo. Continua a giocare» mormoro sottovoce.

Non c'è spazio tra i nostri corpi e quando me ne accorgo, le guance cominciano a scaldarsi incredibilmente. Il mordicchiare dei miei denti sulla sua pelle sensibile lo porta a mugolare in modo eccitante.

«Senti come sono tranquillo...»

A quel punto James inarca la schiena e solleva di proposito il bacino per farmi percepire tutta la sua grandezza e quando mi accorgo che mi stavo praticamente strusciando addosso a lui, mi fermo subito.

«Che stronzo.»

Ma lui non è d'accordo con la mia decisione.

«Mi piace... Continua.»

In quel momento però, è lui ad assaltare la mia gola di baci. Lascia il cellulare sul banco e la mia schiena viene percorsa da scosse elettriche ogni volta che James lascia slittare la lingua fuori dalle labbra carnose, per baciarmi il collo in modo disinibito.

«Ma che fai?» domando quando lo vedo immergere una mano nella tasca.

«June fammi prendere un preservativo e giuro che...»

«No, non possiamo. Ma poi a scuola?»

«Non me ne frega un cazzo, ti voglio.»

Udiamo dei rumori in corridoio, quindi scatto in piedi e mi risistemo la gonna. James nel frattempo mi accerchia dalla vita e affonda la testa nel mio ventre avvolto dalla camicetta, prima di lasciarmi un bacio delicato proprio all'altezza della pancia.

Qualcuno è appena entrato in classe.

Will.

«Vado.» annuncio con le guance rosate e il respiro affaticato.

Mi dirigo verso la porta e qui saluto William che tra un po' si gira dall'altra parte quando mi vede..

«Ciao Will»

Nessuna riposta.

Che ho fatto ora?

«Ciao.»

James in tutta risposta solleva una spalla.

«Oggi pomeriggio vieni per le ripetizioni di Jas o ormai ti sei licenziata?»

Annuisco sorridendo, ma James mi richiama nuovamente.

«Ah, Madeline»

Quindi mi volto nella loro direzione.

«Non appostarti in corridoio ad ascoltare, perché sussurreremo e non sentirai nulla.»

Will guarda James con aria spaesata, come se parlassimo un linguaggio tutto nostro.

Così decido di lasciarli ai loro discorsi e filare in classe. Qui conto le ore per rivedere Jasper.








Quando nel pomeriggio arrivo da James, trovo lui e Will a giocare alla play, sul divano.

«Voi studiare mai, eh...»

Jasper invece mi accoglie in cucina, con un cespuglio di capelli scombinato e due occhi blu come zaffiri luminosi.

«Non è ora di tagliare quel cestino che hai in testa?»

Lui però mi rivolge un'occhiataccia.

L'ultima volta che ci siamo visti sono scoppiata a piangere, quell'immagine non riesco a togliermela dalla testa. Jasper avrà già tante cose che gli frullano per la testa, non avrei dovuto aggiungergli anche le mie preoccupazioni.

E tra un rimpianto e una correzione di matematica, io e Jasper studiamo per circa un'ora, finché le voci dal salotto non chiamano la mia attenzione.

«Io sono stato ... Non so. Devo aver sbagliato qualcosa con Amelia.»

Will si sta confidando con James?

«Non capisco cosa le ho fatto di male.»

«L'hai portata nemico numero uno di suo padre.»

«James e dai, smettila» minimizza Will con un lamento.

«Ti sto solo spiegando perché ce l'ha con te. Lasciala perdere.»

«Perché anche Ari non mi vuole? Perché tutte mi rifiutano?»

«Non ti rifiutano tutte...»

«Che figura del cazzo con Amelia.»

«Che vuoi dire?»

«Che faccio schifo. Non...»

A quel punto Will s'interrompe.

«Ci hai scopato o no?»

Sgrano gli occhi nell'udire James, perché Jasper l'ha sentito, ma invece che scandalizzarsi,  ridacchia tra sé e sé.

«Non ci arrivo nemmeno a scopare...»

La risposta di William mi convince che quella non è una discussione per un ragazzino dell'età di Jasper.

«Jas finisci, io arrivo subito.»

Esco quindi dalla cucina e socchiudo la porta, per far sì che lui non senta altro.

«Va beh, a parte il sesso?»

«Ti hanno clonato o sei sempre tu James? Cosa dovrebbe esserci a parte il sesso?...»

«Spero per te niente, ma magari parlate. Che cazzo ne so...»

«Non so, sono imbarazzante anche quando parlo.» confessa Will.

«Lei non è pronta e tu idealizzi la gente. L'hai già fatto con Ari.» spiego io, intromettendomi senza alcuna remora.

«Uh, sentila.»

James si volta nella mia direzione e mi rivolge un sorrisetto malizioso, poi allarga le gambe incrociando le braccia al petto. Sta svaccato sulla poltrona di fronte al divano dov'è seduto Will, che mi fissa con aria disillusa.

«Beh tu non sei molto d'aiuto.» lo punzecchio.

A quel punto Jasper passa dal salotto per andare in camera sua, ma sfilando alle nostre spalle, sentiamo una canzoncina provenire dal suo cellulare.

That it's finally me and you, and you and me
Just us, and your friend Steve

James scoppia a ridere di gusto inducendomi a scrollare il capo.

«Persino tuo fratello mi prende per il culo. Ti rendi conto?» salta su William mentre Jasper scappa in camera ridacchiando.

James sta soffocando nelle risate, mentre io sembro essere l'unica a prender sul serio i tormenti di William.

«Basta fare la vittima Will, non ne hai motivo.»

A quel punto mi siedo sul divano accanto a lui, che però non fa altro che sospirare afflitto.

««Ari e Amelia sono due ragazze con caratteri particolari, ma tu sei bello, popolare...»

James smette di ridere all'istante. Inarca un sopracciglio ed è la mia uscita a causargli quella reazione.

«Ehi andiamoci piano con i complimenti.»

«Sto dicendo una cosa oggettiva. Lo vedi anche tu, li hai gli occhi James»

Gli indico la sagoma di Will.

«Ah, lo vedo... Sì.»

James ammicca di proposito, coinvolgendo l'amico in un'occhiata intensa, pensata solo per farlo imbarazzare.

«Voi due... Siete sempre i soliti.»

Scoppiamo a ridere a ridere all'unisono, ma quando Will torna pensieroso, decido di provare a dargli la mia versione.

«Will, quando una ragazza ti piace davvero, te ne accorgi. Ti batte il cuore e non è uno sforzo come è stato con Ari e Amelia, viene tutto naturale.»

Sollevo il capo e mi accorgo che James mi sta guardando. I suoi occhi sono gli unici in grado di provocarmi uno sfarfallio incontrollabile nella pancia.

«Non lo so... Per voi è così facile.» si lamenta Will.

«No beh, ehm... Facile no.» inizio a balbettare.

«Facile il cazzo» borbotta James alzandosi in piedi.

«James ha te, June. Jax ha Blaze. Marvin è cotto di Poppy da quando era piccolo...»

Uh, interessante.

«Vorrei sentirmi come voi.»

«Will non hai bisogno ragazza per sentirti completo. O per sentirti meglio.» Spiego con tono pacato.

«Sentila, Madeline esperta sessuologa» mi canzona James.

Io gli scaravento un cuscino in faccia, con tutta la forza che ho in corpo, se non fosse che lui me lo rilancia addosso.

«Finché idealizzi l'amore, non troverai mai quello vero» proseguo poi, tentando di restare seria.

«Perché?» M'interroga Will.

«Perché lo vivi nella tua testa e fai di tutto per non vedere la realtà. Rimani ancorato al pensiero di quella persona, perché vorresti essere amato. Ma così facendo, non vedi i suoi difetti e ...»

James fuma vicino alla finestra del salotto, intanto mi scruta con due occhi sottili. Un vortice caldo s'impossessa del mio stomaco.

«Sono proprio quelli, che ti fanno capire di amare davvero una persona.»

Io e James restiamo impigliati in quello scambio di sguardi, finché Will non si strofina la fronte, scompigliandosi i capelli mossi. «Non capisco...»

«Finché idealizzi la gente, starai con persone di merda.» spiega James con la sua solita delicatezza.

Ha però colto in pieno le mie parole.

«Grazie Mister sensibilità» sibilo sottovoce.

«Prego, tesoro.»

Sento il cuore cominciare a battere in modo frenetico e avviene senza alcun preavviso. Basta una parola, un gesto, uno sguardo.

Ad un tratto però, James sembra farsi prendere da qualcosa sul cellulare e io lì per lì non gli do troppo peso. Poi però sparisce in camera, quindi Will ne approfitta per parlarmi.

«Che ne dici se andiamo da qualche parte tutti insieme, nelle vacanze di Natale?»

«Dico che di casini ne hai già fatti in vacanza...»

Lui ridacchia.

«lo so ma... Mi annoio.»

«Che intenzioni hai, Will?»

«In Messico mi sono divertito.»

«Anch'io, ma tu sei bandito dal paese. Pablo non ti permetterà metterci ancora piede»

Will ride ma il suo sorriso si spegne in fretta.

«Persino Jasper mi prende in giro. Dimmi la verità June. Sono un peso per voi?»

E passa dal rendersi una vittima all'essere tenero, tutto in un secondo.

«Will no che non sei un peso per noi.»

A quel punto James torna in salotto e noto che si è cambiato.

«Cosa c'era da ridere?»

«Niente, dov'eri?» domando con aria indagatrice.

Lo vedo inspirare ed espirare velocemente. Sembra nervoso. Indossa una t-shirt con sopra la giacca di pelle e un broncio attraente.

«Devo andare a... A fare una cosa.»

Mi si ghiacciano le vene. La scena cambia improvvisamente e la musichetta vibrante che sembrava accompagnare la situazione allegra di qualche istante fa, si trasforma in una sonorità carica di tensione, tipica di un thriller traboccante di suspense.

Sollevo il mento lentamente per incontrare il volto di James, voglio provare a decifrarne le emozioni, ma lui getta subito le iridi al pavimento.

«James...»

Con una mano in tasca e una sigaretta in bocca, afferra rapidamente le chiavi dell'auto dal tavolino.

«June.»

Tento di mantenere la calma, ma so che durerà poco se uno dei due dovesse dire una parola di troppo.

«Ti racconto tutto dopo.» taglia corto lui.

«Lo farai per davvero?»

Ma la mia domanda non trova risposta, perché James esce dalla porta d'ingresso, poi la sbatte con un tonfo, lasciandomi a fissarla esterrefatta.

«Sai come si dice, vuoi la bicicletta...?»

«Grazie tante Will. Io ci pedalo anche volentieri, però... Secondo te sarà sempre così lunatico?»

In un primo momento, Will, ancora seduto di fianco a me, si volta nella mia direzione e mi rivolge uno sguardo circospetto.

«Lunatico? Lo stai chiedendo a me, June?»

Poi scoppia a ridere e io non posso fare a meno di sorridere insieme a lui.

«Sai Will, credo di volerti bene.»

Lui mi fissa con due occhi ludici.

«Scusa June. Quando abbiamo smesso di frequentarci io non volevo fare e dire...»

«Lo so, non preoccuparti. È acqua passata, abbiamo sbagliato entrambi.» Schiaccio la guancia contro il palmo della mano e lo fisso di sottecchi. «Mi hai perdonato Will?»

«Eri l'occasione per dimostrare che per una volta l'avevo vinta io. Sono io che devo chiederti scusa, June.» lo sento bisbigliare con una leggera punta di vergogna.

«E James? Lui l'hai perdonato?»

«Gliel'ho fatta pesare per un po', ma alla fine l'ho accettato.» Will si stringe nelle spalle, ma la mia testa è già partita per altre mete.

«Perché James non lo capisce? Gliel'ho detto mille volte non raccontarmi bugie. E tu mi dirai che lo farà a fin di bene, che...»

«Non sono Jackson» L'interruzione di Will è brusca e il suo tono si fa secco nel pronunciare il nome del biondo.

«E quindi?» sbuffo, ancora infastidita dall'atteggiamento di James.

«Quindi chiedimi e io ti risponderò.»

Drizzo subito la schiena, la sua proposta mi mette sull'attenti. Tutto il mio animo investigativo si risveglia con un battito di ciglia.

«Allora dimmi di quell'uomo, il vicesindaco. Non ho avuto un bel presentimento quando l'ho visto»

Al locale di Austin, mi era apparso alto, distinto, ma il modo in cui guardava James... quello non mi era piaciuto per nulla. Ero lontana da loro e non ero riuscita sentire i discorsi che si erano scambiati, ma una cosa l'avevo notata: sembrava non gli importasse nulla di cosa James gli stesse dicendo, gli fissava le labbra in modo insistente, mentre James faticava quasi a guardarlo negli occhi.

«Penso che James fosse preso da quel tipo.»

Non ci credo. O meglio, non ci voglio credere.

«Perché dici così Will?» Il mio tono di voce si scalda appena, ma provo a non darlo a vedere.

«Perché James ha mantenuto qualsiasi rapporto, con chiunque, senza distinzione. La storia con quel tizio è l'unica che ha chiuso per davvero.»

«Beh, ha fatto bene.» ribatto stizzita.

«Sì, ma era come se si fosse reso conto che da parte di quell'uomo non ci fossero sentimenti, quel qualcosa che lui cercava. Se non gli fosse fregato nulla, avrebbe continuato a vederlo.»

Queste sono supposizioni, Will

Mi alzo in piedi con uno scatto improvviso, lui si accorge subito del mio atteggiamento restio.

«Non sto dicendo che prova ancora qualcosa per lui, June.»

Mi chiudo a guscio, senza preavviso. Sono fatta così.

«Io vado a dare un occhio a Jasper.» Sintetizzo sbrigativa, ormai diretta verso la camera di quest'ultimo.

Jasper sta finendo di fare i compiti e io non voglio di certo disturbare, ma voglio assicurarmi che, una volta andata via, lui non rimanga da solo.

«Stai bene?»

Lui annuisce strofinandosi la punta delle dita sul collo, ripetutamente.

«Tuo padre?» La mia richiesta non sembra stupirlo, perché, con lo sguardo tirato verso l'alto, punta l'orologio a muro.

«Tornerà per cena?»

Lo vedo annuire brevemente questa volta.

«Sicuro?»

Alla mia domanda segue una scrollata di spalle, i miei occhi oltrepassano la sua figura per andarsi a soffermare sulla finestra. Il sole è già tramontato.

«Posso prepararti qualcosa per cena. Se ti va.»

Jasper quindi decide di seguirmi in cucina, lo fa in rigoroso silenzio, ma prima di giungere a destinazione, lo vedo cercare la porta d'ingresso con insistenza.

«Non preoccuparti, Jas»

Gli poso una mano sulla schiena nel tentativo di rassicurarlo e proprio allora mi ricordo di quante siano state poche le volte che abbiamo avuto un contatto fisico. La sua schiena è un cumulo di nervi tesi e rigidi, segno che è più preoccupato del previsto. Io e Jasper abbiamo condiviso un attimo importante, quello in cui James era sparito. Abbiamo affrontato quel brutto momento insieme, non mi va di abbandonarlo adesso.

«James arriva presto.»

Non so se la mia frase risulti abbastanza convincente, perché io stessa vengo scossa da un brivido gelido nell'osservare la porta da cui è uscito senza più fare ritorno.

Così mentre Will e Jasper si sfidano a FIFA, io metto su l'acqua della pasta e provo a usare gli ingredienti che trovo in frigo.
Devo aver fatto un buon lavoro perché dopo poco io e Jas ci ritroviamo seduti a tavola, a divorare i nostri piattoni di maccheroni al formaggio, mentre Will ne mangia solo metà porzione.

«Devo prenderla come un insulto? Guarda che Jasper è il mio metro di giudizio, non tu»

Provo a punzecchiare William indicandogli il piatto ancora mezzo pieno. Lui però resta serio e pensieroso durante tutta la cena e sebbene anch'io provi a mantenere il sorriso per non dare modo a Jasper di agitarsi, la calma dura poco quando si tratta di James.

«Che c'è?» Lo bisbiglio sottovoce quando il ragazzino si alza per riporre il suo piatto nel lavello.

Will serra le labbra e non parla.
Intuisco sia più ansioso del normale, quindi, con un tacito accordo, sfoderiamo due facce sorridenti e facciamo compagnia a Jasper davanti alla tv, finché Jordan non rientra in casa.

«Will dobbiamo andare.» gli sussurro sottovoce quando mi accorgo dell'ora.

Sono le nove. James è fuori da quasi due ore ed è da due ore che non abbiamo sue notizie, non possiamo fare finta di niente.

«Dove?» Will mi rivolge uno sguardo corrucciato.

«Secondo te?»

Con un cenno del capo gli indico la porta, quindi, dopo aver salutato Jas e Jordan, ci avviciniamo all'ingresso.

«Io non ho idea di dove si trovi James ora.» ammette Will e la sua aria persa conferma le sue parole sussurrate.

«Chiama Jax.»

Lo vedo scrollare la testa.

«Non posso fare di testa mia in queste occasioni. Non sono Jackson, te l'ho detto. James non si fida di me come di Jax. Non me la perdonerà mai.»

«Sai che lo farà. Hai salvato il culo a tutti quanti, l'ultima volta, con l'allarme anti-incendio. Te lo ricordi? Chiama Jax.» insisto io.

Siamo nel viale davanti casa di James, è buio pesto e Will finalmente si lascia convincere dalle mie parole, quindi telefona al biondo.

«Jax...» Compie una piccola pausa, io mi stringo vicino a lui perché voglio sentire.

«Okay, okay.»

Will mette giù e una sensazione di vuoto abissale inizia a farsi strada nel mio stomaco.

«È da Jackson.»

Dalle mie labbra emerge un piccolo sbuffo di sollievo.

«Andiamo.»

Mi avvicino all'auto della madre di Will, ma lui non si schioda dal marciapiede.

«No. Non possiamo andare, June.»

«Perché?»

«June... Ehm... è meglio se...»

«Andiamo da Jackson.»

Will è titubante ma forse non ha capito che se non sarà lui a portarmi da James, ci andrò in autobus, in bici, a piedi, anche a costo di camminare tutta la notte.

«Will?»

«Eh...»

«Ora.»








JAMES

Due anni prima.

«Wow dovreste provare a fare la modelle... Avete le proporzioni giuste, sono sicuro sia la carriera adatta a voi.»

Quel viscido del fotografo si avvicina ad Ari e Poppy, ma io non riesco a starmene zitto.

«Tu dovresti provare la galera, dicono sia un posto adatto a te.»

Io e le ragazze lasciamo gli adulti alla loro cena e torniamo in camera di Ari. Dopo qualche minuto mi ritrovo Amelia seduta in braccio, ma quando la bottiglia gira e si ferma sull'unico maschio della stanza, il gelo cala all'improvviso.

E non perché dovrei baciare un ragazzo, non ho mai nascosto il mio interesse per i ragazzi dell'ultimo anno. Quello che fa storcere il naso è la persona in questione. Brian.

Faccio cenno ad Amelia di levarsi di dosso e mi alzo in piedi.

«Devi baciare James.» annuncia Poppy, spiegando le regole del gioco.

«Non devo fare proprio un cazzo.» Ringhia Brian.

«È un gioco, non ti arrabbiare sempre.»

La bionda si stringe nelle spalle, mentre io sto già perdendo la pazienza.

«Lo bacio io al posto tuo.»

Ari si fa avanti, causando una faccia scandalizzata sul volto di Poppy.

«Ariana?!»

Ma quest'ultima mi ha già spinto contro il piccolo divanetto di camera sua e si mette a cavalcioni sulla mia coscia. Resto interdetto a fissare le lunghe ciglia che le contornano le iridi color nocciola. È vero che maschi e femmine mi piacciono allo stesso modo, ma questa sera preferivo baciare lo stronzo.

Gli lancio un'occhiata, lui è sulla porta a fissarmi con disprezzo.

Non vuoi baciarmi, coglione? Allora mi faccio Ari.

E dopo il bacio con Ari le cose in quella stanza non fanno che peggiorare.

«Sei il solito egoista e insensibile» mi aggredisce Amelia arricciando il naso, quasi schifata dal mio comportamento.

«Perché?»

«Era un gioco.»

«Ho capito Poppy, smettila di ripeterlo.»

Le ragazze iniziano a battibeccare e io mi sento soffocare lì in mezzo.

«Mi avete rotto.»

Così mi alzo me ne vado in balcone a fumare.

«Che faccia triste» 

Merda, ho finito le sigarette.

In quel momento mi volto e un uomo con un lungo cappotto elegante sta fumando, poggiato contro la ringhiera. Mi sta fissando nel buio.

«Vuoi?»

Annuisco e mentre lascio che mi accenda la sigaretta, inspiro il suo profumo costoso.

«Che succede?»

«Ho litigato con tutti.»

«Quei tuoi amici che erano di sotto, a tavola con noi?»

«Credo. Non so se posso chiamarli amici.» confesso, mentre il fumo che mi esce dalle labbra si perde nella notte.

«Vi ho sentiti parlare di football.»

«Sì. Gioco nella squadra della scuola.»

«Scommetto che sei molto bravo»

MI volto ad osservare la sua mascella squadrata. Era di sotto insieme a sua moglie... perché ho una strana sensazione ora?

«Dovresti chiedere al coach, vi ho visti parlare.» ribatto a quel punto.

«Sono a capo dell'ente che gestisce la commissione delle borse di studio sportive.» spiega lui.

A dirla tutta ha una faccia conosciuta, sembra un politico.

«Tieni, ti lascio il mio biglietto da visita.»

«E cosa dovrei farmene?»

«Se vuoi saperne di più della borsa di studio o semplicemente... parlare»





oggi


Riconosco il suo profumo, mi basta mettere piede in quella villa lussuosa per esserne vittima.

«Capisco la tua voglia di giustizia... Sei sempre stato appassionato di supereroi e cose del genere.» Accenna lui, intento a risistemare alcuni trofei sportivi che decorano la superficie del suo caminetto.

«E tu cosa ne sai?»

«Ti ho portato al cinema a vedere Spiderman, ti ricordi?»

Quando ci hanno scambiati per l'ennesima volta per padre e figlio?

Evito però di dirlo a voce alta, è già abbastanza triste e avvilente solo il pensiero.

«No, non mi ricordo» taglio corto.

«La ragazza che è morta, non era tua amica James.»

Rimango con le spalle al muro a fissare i lineamenti impeccabili della sua mandibola segnata.

«E quindi? Dovrei lasciare che quell'assassino se ne vada in giro a piede libero, solo perché ha ucciso una persona che non era mia amica?»

Ha fatto del male a mia madre, mi ha spaventato, minacciato...

«Quella ragazza ti ha preso in giro.» aggiunge poi, poco prima di voltarmi le spalle.

Il salone della villa è scarsamente illuminato, proprio come lo ricordavo, ma l'arredo è meno sofisticato del solito, appare leggermente cambiato rispetto agli anni precedenti.

«Che cazzo vuol dire?»

«Lei era d'accordo con Hood. Era uguale a loro.»

«Era d'accordo nel farsi avvelenare? O nel venire a letto con me?»

Lo istigo, conscio di quanto gli avesse dato fastidio quell'episodio.

Lui però non nega come pensavo.

«Sapeva che sarei arrivato, lei aveva il compito di mettersi tra noi. Ma tu hai ceduto la notte stessa in cui l'hai conosciuta.»

No, non è possibile cazzo.

«Era incinta e lui l'ha uccisa pur di non prendersi carico del bambino. Lo capisci che è ancora più grave?»

«Era una prostituta, si è fatta mettere incinta e ha chiesto soldi per abortire, lo fanno sempre. Lo ha ricattato, l'ha minacciato di dire tutto alla moglie e lui piuttosto che pagarla e sbarazzarsi di lei, ha fatto quel che ha fatto. Non dico sia giusto, dico solo che qualcuno doveva dirti la verità. Lei era d'accordo con lui. Ovviamente non sapeva della seconda parte del piano.»

«Come fai a sapere la ragazza fosse d'accordo con lui?»

Era a questo che si riferiva Hood, quando diceva che la mia vita è tutta una messa in scena?

Persino la prima persona con cui ho fatto sesso mi ha preso in giro, usandomi come una piccola pedina dei loro giochi più grandi? No. Non ci credo.

«Il professore sapeva di me e te. Voleva incastrarmi con quella chiamata. Hanno modo di provare che sono stato con te quando eri ancora minorenne e, come se non bastasse, mi hanno registrato proprio mentre dicevo che volevo sbarazzarmi della ragazza.»

Scrollo il capo.

Sta continuando a direche la mia prima volta è stata con una persona che l'ha fatto per interessi e che era parte di un piano? No. Non posso crederci. Non voglio.

«Io di certo non potevo conoscere le loro intenzioni. Mi hanno incastrato quanto te, James. E sì, si stanno entrambi ripulendo le mani. Se la polizia dovesse ritrovarsi in mano il caso con tanto di prove che attestano non si fosse trattato di suicidio... io sarei finito. Austin e Hood hanno troppo materiale contro di me, vogliono rovinarmi.»

Ecco il perché del fotografo. Non era solo Amelia

«E quindi? Non voglio starmene zitto, non posso essere loro complice» erompo di getto.

«Si stanno dando la caccia lun l'altro è stanno adottando la stessa strategia. Qual è il tuo piano James?»

«Voglio dentro entrambi.»

Per la prima volta lo dico ad alta voce e includo anche il mio patrigno in quella sentenza.

Sono ancora immobile, contro la parete, mentre con lo sguardo passo in rassegna i soprammobili che abbelliscono le superfici in marmo del salotto. Ci sono le foto dei suoi figli ma non quelli della donna. Sono già stato tante volte a casa sua, m'invitava ogni volta che la famiglia stava fuori nel weekend.

«Tua moglie?»

«Stiamo divorziando.»

«Wow. Voi adulti siete una certezza nell'infrangere qualsiasi barlume di speranza.»

«Ma di che parli?» chiede lui mosso da un sentimento di reale disorientamento.

«Lascia stare.» mugugno lanciando uno sguardo di sbieco verso la sua figura slanciata, stretta in un paio di pantaloni costosi e una camicia azzurra.

Cosa è andato storto alla mia nascita? Perché non provo disgusto mai per nessuno?

«Ti piacciono le ragazze ora?»

Non lascio correre troppo tempo prima di rispondere.

«Mi sono sempre piaciute.»

M'interrompo subito però, forse perché non mi va di dargli spiegazioni o forse perché vengo presto rapito dai suoi movimenti ipnotici. Con le dita affusolate allenta i polsini della camicia, poi il colletto della camicia.

«Perché ti stai spogliando?»

«Mi sto solo mettendo comodo. Vuoi?»

Mi allunga un bicchiere, che io rifiuto con una scrollata di capo.

«No.»

«È una battuta?» Sembra incredulo nel domandarmelo.

«No che non lo è. Devo tornare a casa. Mio fratello...»

Lui non mi ascolta nemmeno, riavvia i capelli scuri con una passata di mano, mentre con l'altra apre una piccola scatola dorata e ne versa il contenuto sul tavolo.

«Chi era quella ragazza bionda?»

«Non sono cazzi tuoi» Con un ringhio rabbioso interrompo le sue domande.

Non deve parlare di lei.

«È una cosa seria?»

«Perché vuoi saperlo? Mi hai chiamato qui per parlare della mia vita sentimentale?»

«Siamo qui perché tuo patrigno mi ricatta a distanza di due anni dall'accaduto.»

«Non possono incastrarti.»

«Questo lo dici tu, Jamie. Il fatto che abbiano organizzato la festa in cui lei sarebbe morta, proprio a casa mia, non è stato un caso, nemmeno la telefonata registrata.»

«È morta per un collasso, per il farmaco. Sappiamo fosse incinta...»

«Non avete mica fatto l'esame del dna al bambino. È solo una presunzione che il padre fosse Hood.»

Le sue parole per un attimo mi depistano.

«E così. I due avevano una relazione.» ribatto, questa volta più convinto.

«Sì ma non c'è modo di provarlo. Mentre loro, grazie al fotografo, potrebbero provare che la morte è avvenuta in casa mia e io li ho aiutati a insabbiare il tutto... Questo basterebbe a rovinare la mia reputazione. Per non parlare di... te.»

Il suo sguardo freddo mi taglia a metà.
Lo scontro e poi l'approvazione.
Non era solo sesso.

«Chi ha queste prove?»

Mi si forma un nodo pesante al fondo della gola.

«Una persona.»

«Beh sarà meglio che questa persona si faccia avanti, prima che io vada alla polizia.»

«Perché dovresti? L'hai appena detto tu. Non sei un santo.» biascico a denti serrati.

Lui a quel punto si volta e, lentamente, lascia scivolare lo sguardo lascivo lungo il mio corpo. Ho il respiro corto.

«Non capisco una cosa. Perché non incastrarmi subito e farlo adesso? Cos'hanno fatto questi due per più di un anno?»

«Austin non ne sapeva un cazzo e quando un anno fa ho scoperto la verità su Hood, volevo farlo fuori. Avevo paura facesse lo stesso con mia madre prima o poi. O con qualcuno della sua famiglia. Sapevo che lui e mia madre avevano avuto una relazione...»

«Ma il tuo patrigno non ne sapeva nulla e vi avrebbe abbandonati qualora l'avesse scoperto, vero?»

Non c'è nemmeno bisogno di annuire.

«Austin è un pessimo esempio, meglio perderlo che trovarlo. Ti avrei aiutato io.» esordisce con voce perentoria e autoritaria.

«Non avevo bisogno di un vero aiuto, ma le spese di mia madre, le cure di mio fratello...»

Mi strofino la fronte, sono titubante e lui lo sa. Si accorge dei miei stati d'animo e li usa come arma per fare breccia nel mio scudo vulnerabile.

«Dimmi che è successo James.» sussurra con voce calda e rassicurante.

Avverto un indolenzimento all'altezza del petto e solo quando vi premo il palmo contro, mi accorgo di trattenere il respiro.

Eva ha mangiato la mela e da quel momento gli uomini si sono sentiti in diritto d'incolpare le donne per ogni loro comportamento sbagliato. Ma quando siamo noi a mangiare la mela? Chi dovremmo prendere di mira? Sono stato io a ad andare troppo oltre con lui, nonostante sapessi che fosse sbagliato o è stato lui ad approfittare di me? Queste domande un paio di anni fa non me le facevo, ma ora...

Non credere di non essere abbastanza.

Vorrei tatuarmele addosso le sue parole, vorrei mi macchiassero la pelle, trafiggessero i muscoli e marchiassero le ossa del loro significato. Magari, in quel caso, riuscirei a crederci davvero.

«Per un anno ho creduto che Hood fosse morto. Pensavo Austin l'avesse ucciso visto che aveva scoperto fosse andato a letto con mia madre, ma... Non l'ha fatto. E appena ne ha avuto occasione, si è vendicato con sua figlia. Che per poco non rimaneva paralizzata sulla sedia rotelle.»

«Per questo è tornato?»

«Sì.»

«Se è una cosa tra loro.. Perché metterti in mezzo? Tu eri d'accordo con loro. James?»

«In che senso?»

«C'entravi anche tu nel piano per incastrarmi?»

«No» Abbasso gli occhi. Purtroppo no, mi piacevi davvero.

«No, James?»

«No ti ho detto. Non insistere.»

Probabilmente me ne pentirò, ma mi ritrovo a compiere un gesto istintivo. Mi chino verso il tavolino per sniffare la polvere che lui a versato per me, poi torno su di scatto ma in quel momento il tocco gelido dei suoi polpastrelli mi sfiora la nuca.

Il suo profumo costoso permea l'ambiente e ora anche i miei vestiti.

«Sei teso.»

Mi scanso immediatamente.

«Hai paura di me?»

«Non ho mai avuto paura di te»  confesso senza emozioni.

«James, ascolta... A me interessa solo una cosa: non voglio finire in uno scandalo. Ti chiedo solo di darmi una mano. In cambio ti posso dare quello che vuoi. Aiutarti.»

«In che modo?»

«Soldi per Jasper, tua madre... Quello che vuoi.»

È lui che sta chiedendo aiuto a me, eppure la solita paura mi arde nel petto. Che ci sia un tornaconto, sempre.

«Quello che voglio?» domando, restando a debita distanza.

«Se tuo fratello ha bisogno cure. O tua madre. Assicurarti l'ingresso all'università»

La mia mente offuscata lascia trapelare un piccolo spiraglio.

«E se non fosse il mio ingresso all'università, ma quello di un mio amico? E poi... Non voglio Amelia paghi per questo.»

I miei pensieri si fanno più fluidi ed escono senza filtri. Era tanto che non assumevo quella merda.

«Lo sai che sono all'interno del consiglio studentesco. Tutta la mia famiglia ha frequentato Harvard e conosco gente di rilievo nella commissione. Potrebbe non essere un problema far ammettere Amelia o Jackson...»

Per un attimo mi si ghiacciano le ossa.

«Cosa... Cosa ne sai di Jackson?»

Lui scuote il capo e restringe le labbra in una linea forzata, prima di assumere un'espressione dispiaciuta.

«Jackson sta facendo bene in tutte le partite e gli osservatori sportivi parlano di lui, ma...»

«"Ma" il cazzo. È il migliore della stagione, non solo della nostra scuola.» puntualizzo con foga.

«Il coach non lo vede di buon occhio e finché lui non...»

«Cosa sai?»

«Non andrà a Jackson la borsa di studio.»

Un lampo di rabbia mi pervade il corpo, mi sporgo in avanti ma lui porta entrambe le mani a coprirsi petto, prima che io possa spintonarlo.

«Ma.... Posso fare qualcosa, James.»

No. La sta facendo troppo facile. È un favore enorme. Troppo grande.

«Scommetto vuoi qualcosa in cambio.»

«No. Voglio aiutarti, ma tu devi aiutare me ad uscire da questo casino.»

«Io...»

Le parole non escono mai facilmente, ma questa volta non riesco a pensare in modo lucido. E tutto si fa più complicato quando, dopo poco, mi accorgo del calore della sua mano che mi sta addosso.

Il palmo caldo scivola lungo mio torace, poi sempre più in basso, fino a sfiorarmi la gamba racchiusa nei pantaloni della tuta.

«No.»

Mi volto con uno scatto repentino.                                                                          
«Ci penserò.»

«Il fotografo e tutto il materiale che Austin ha ottenuto su di me... fallo sparire James.»

«Devo andare.»





JACKSON

«Oh sì.»

Con un braccio avvolgo l'addome di Blaze, per portare il suo corpo a farsi stretto contro il mio, ma con quel gesto finisco per sprofondare ancora di più in lui.

Un suono eccitante si libera nell'aria e mi richiede tempo realizzare che sia tutto vero.
Assuefatto dalle emozioni positive, sono in un uno stato di confusione, vivo a rallentatore, infatti solamente dopo un po' mi accorgo che la schiena di Blaze s'inarca, proprio nel momento in cui sembra apprezzare di più il mio movimento martellante.

Trattengo a fatica gli ansiti.
Adoro vederlo davanti a me. Sotto di me.
A volte però mi chiedo come faccia a non provocargli dolore, il modo aggressivo con il quale possiedo il suo corpo.

«Jax...»

Blaze inclina la testa di capelli scuri all'indietro, la spinge sul mio petto, così ne approfitto per stringergli il collo. Lo serro tra le dita e sento il suo corpo tremare intorno alla mia eccitazione. Con gli occhi, invece, finisco verso il basso, scendo sul suo petto ansante, poi sempre più giù, a guardare la sua erezione turgida che inizia a zampillare ad ogni mio affondo.

«Ti macchio il letto così» lo sento mormorare, mentre prova a trattenersi.

«Non me ne frega un cazzo...» ansimo nel suo orecchio dandogli i brividi.

Il mio respiro comincia a farsi sempre più breve e il mio bassoventre più tesoro

«L'unica cosa che desidero, è vederti venire insieme a me.»

Inizio a riempirgli il collo di baci e sento il suo battito aumentare. Blaze si scioglie in un forte orgasmo, perché con la mano giungo al suo ventre e pompo la sua lunghezza fino a fargli raggiungere il piacere. Le vene che attraversano la sua erezione pulsano sotto al mio palmo e la sua fessura prende a restringersi portandomi a gemere di piacere nel suo orecchio.
Lo sento sorridere mentre con due colpi più secchi vengo in lui, riempiendo il preservativo.

«Vorresti sempre farlo così...»

Un lungo rantolo di sollievo abbandona le mie labbra socchiuse e ancora gonfie, per via dei baci appena consumati.

«Non mi sembra ti stessi lamentando» lo pungolo sfilandomi il preservativo.

«Infatti non mi lamento affatto.»

«Allora che vuoi dire, Blaze?»

«Beh...»

«No io non ci sto sotto, scordatelo» lo rimbecco quando capisco la sua battutina.

Lui però non se la prende, sorride e dopo esserci lavati, finalmente ci stendiamo insieme nel mio letto.
I miei nonni sono giro e possiamo goderci questo piccolo momento di pace. Il sole è tramontato e non sapevo fosse così piacevole stare con un ragazzo, di sera, sotto al calore delle coperte.

Soprattutto se questo ragazzo è Blaze.

«Hai presente ieri mattina quando te ne sei andato? Mio padre mi ha fatto il terzo grado...» lo sento mormorare mentre cerca con la guancia il mio petto nudo, il posto sul quale abbandonarsi.

«Se n'è accorto?»

«Abbiamo lasciato casino in giardino e voleva sapere perché c'era il tuo giubbotto.»

«Gliel'hai detto?»

«No, ma voglio farlo.»

La sua a affermazione così decisa, mi lascia senza parole. Non è cosa tipica di Blaze

«Beh, è una cosa che devi decidere tu»

«No. È una cosa che dobbiamo decidere insieme. Non gli dirò che mi piacciono i ragazzi, non me ne frega niente. Voglio dirgli che io e te stiamo insieme. Vorrei invitarti la domenica a pranzo e stare con te sul divano a giocare alla play, voglio poterti dare un bacio senza nasconderci.»

«Blaze... ehm... Io non voglio più nascondermi, ma mio nonno..»

«Tuo nonno cosa? Aspetti che i tuoi poveri nonni vadano in chiesa?»

Quella voce mi fa trasalire. Non è di certo Blaze a parlare e quando mi tiro su a sedere, vedo James sulla porta. Sollevo rapidamente la coperta per coprire me e Blaze, che indossiamo solo i boxer.

«Che cazzo, James?»

«"Che cazzo" lo dico io» ribatte lui, con la mascella contratta.

Afferro la felpa gettata in fondo al letto e me la infilo, per poi alzarmi in piedi e avvicinarmi alla sua figura.

«Sei fatto?»

Ispeziono le sue pupille larghe e lucide. Il blu è una striscia lieve e accennata.

«Grazie James, per rovinare i momenti più intimi.» si lamenta Blaze.

«Ti ho rovinato il momento? Davvero? A me sembra che tu abbia già finito.»

James è più aggressivo del solito.

«James calmati, hai anche bevuto?»

«Perche quello stronzo mi guarda?»

Indica Blaze che scuote il capo con disappunto, mentre con una mano si prodiga a coprirsi l'addome con il lenzuolo.

«Hai detto che eravamo a posto io e te, James»

«E tu hai detto che mi avresti detto tutto, Blaze»

Che storia è?

Guardo prima uno, poi l'altro cercando di capire tra le righe.

«Io me ne vado.» sbotta Blaze a quel punto.

Ma che succede?

Blaze s'infila i pantaloni, così lancio un occhiataccia indagatrice a James, poi torno sul moro.

«Blaze, stavamo parlan...»

«Ne parliamo in un altro momento. Quando lui non c'è.»

Il mio ragazzo è arrabbiato ma il mio migliore amico non sembra in sè. Come faccio a scegliere?

«Chiamami dopo.» suggerisco a Blaze.

«Ti chiamo se ne ho voglia» sputa prima di sbattere la porta.

«Di cosa stavate parlando?» inchiodo James con uno sguardo di fuoco per invogliarlo a dirmi tutto.

«Chiedilo a Blaze»

Fisso i capelli ribelli che gli cascano sparsi sulla fronte corrucciata. Ha le guance rosse e gli occhi vuoti. Ma cosa gli è successo?

«Che cazzo vorrebbe dire? Parla James.»

«Il preside sa perfettamente a chi verranno date le borse di studio. È tutto fasullo. Non aspetteranno i risultati di fine anno. Non ha senso farci il culo. È tutto pilotato»

James parla più veloce del solito ma sembra sapere cosa stia dicendo.

«A chi andrà?»

«A Brian. È già prestabilito.»

Mi acciglio.
Brian è molto bravo, sì, ma ha dovuto affrontar diversi casini l'anno scorso. Perché lui?

«Nonostante la bocciatura dell'anno scorso?»

«Lo stronzo del preside fa quello che gli dice Hood, non so se l'abbia corrotto ma mi hanno assicurato che la borsa di studio non la daranno mai a te, anche se la meriti di più»

«Il coach e io non siamo in buoni rapporti...» sottolineo a quel punto.

«Appunto. Voglio farlo licenziare lo stronzo, lui e il preside devono morire a vederti insieme a Blaze, al ballo di fine anno.»

«Ma se hai appena detto che Blaze ...»

La coerenza di James è come un gatto cieco in autostrada.

«Se vuoi parlare con me, James... Lascia fuori Blaze fuori da questa storia. Parla di suo padre, non di lui.»

Provo a farlo ragionare, ma James è troppo nervoso, quindi guardo il mio letto sgualcito e ripenso a Blaze, a come si è infilato i boxer sotto alle coperte. Ha provato a coprirsi con il piumone, perché non ama svestirsi davanti a me.
Per me lui è perfetto anche se non ha gli addominali e le spalle larghe.

«Blaze è uno stronzo traditore, Jax»

A quel punto perdo la pazienza, se c'è una cosa che James deve imparare a fare è mostrare un minimo di rispetto nei confronti di Blaze.

«James ma di che cazzo parli? Perché sei fatto? Cos'è successo?»

«Quello viene qui e si prende il meglio di te, poi se ne torna a casa e agisce alle tue spalle»

«Non è vero, Blaze non può sapere di cosa parlano Hood e suo padre»

Credo

Sento dei colpi ripetuti provenire dall'ingresso, ma invece che domandare a James come diavolo sia potuto intrufolarsi in casa mia, ci dirigiamo alla porta.

«E ora chi manca all'appello?»

A quel punto spalanco la porta dalla quale vedo entrare June e William.

Ecco, ora siamo al completo.

Volevo passare una serata da egoista, solamente insieme al mio ragazzo e invece... No.
Qui il drama è sempre dietro l'angolo.

«Perché siete qui voi due?»

Ma il mio stato di smarrimento non viene considerato da June, che ha occhi solamente per James. E non è una bella occhiata quella che gli sta lanciando.

«Non guardarmi così, cazzo.» si lamenta lui dandole le spalle.

«Come dovrei guardarti, James? Perché non ci hai detto dov'eri finito?»

Lei sembra delusa, difatti una nota di tormento appesantisce la sua domanda diretta.

«Se non ti volevo qui, è perché non volevo mi guardassi in quel modo.»

Come altrettanto diretto è il modo in cui James risponde alla provocazione. Si trascina curvo verso il lavandino della cucina, ma non da cenno di tranquillizzarsi.

«James calmati...»

«Falla andare via.» sbotta poi, guardando a terra.

«Perché non mi mandi via da solo? Perché devi farlo fare agli altri?»

James a quel punto si gira e con due falcate raggiunge la figura di June, per sovrastarla con la sua altezza.

«Vattene.» Scandisce secco, ad un soffio dal viso di lei.

Un silenzio angosciante dilaga nella cucina dei miei nonni e viene interrotto solo dal rumore dei passi di June, che dopo aver sorretto lo sguardo di fuoco di James a testa alta, decide di uscire di casa alla velocità della luce.

«Stai scherzando?» gli domanda Will che, ancora più incredulo di me, resta a fissare James con aria sgomenta.

«No.»

«Perché la tratti così adesso? Che ti ha fatto?»

«Lei non ha fatto niente.» ringhia tra i denti.

«James che diavolo hai combinato?»

Lui però si volta, questa volta posando lo sguardo adirato addosso a William.

«Tu lo sapevi, Will?»

Tendo le orecchie.

William invece si strofina la nuca.

«Cosa...?»

«Quando un anno fa tu e Austin eravate con Hood per farlo confessare... Lui vi ha detto che aveva organizzato tutto per ucciderla. Ma lei? Cosa sapeva?»

«Lui detto che è stato un incidente... Che non voleva ucciderla per davvero .»

«Ti ho fatto un altra domanda Will.»

«Lui e lei erano d'accordo. Lei doveva venire a letto con te, cosicché il vicesindaco vi trovasse insieme. Ovviamente lei non sapeva che sorte le sarebbe toccata.»

«Perché non me l'hai detto?»

«James quella ragazza lo faceva di lavoro. Lo sapevi anche tu e ci sei andato a letto lo stesso, non ti lamentare ora.»

James in attimo è addosso a Will.

«Calmatevi.»

«James, se Will non te l'ha detto è stato per non ferirti e tu, Will... Un po' di tatto.»

«Will andiamo o torno a casa a piedi?»

June riappare sulla soglia tenendo le braccia incrociate e gli occhi fissi in un punto vago, pur di non cadere nella tentazione di guardare James.

«Will...»

James bisbiglia qualcosa nell'orecchio del nostro amico e io sento solo "Non lasciarla da sola quando torna a casa".

Aspetto che June e Will se ne vadano per tornare a focalizzarmi su James.

«Perché fai così con lei?»

«Voglio tenere quella che è tutta la merda della mia vita precedente, separata da lei.»

«James, lo sai che non è possibile.»

Lui si accende una sigaretta e prende a fissare la porta con occhi sottili.

«Io ti ho avvisato James, finirai per perderla così.»




JUNE

«Sbrigati o torno a piedi.»

Il mio tono è aggressivo e il povero Will non ne può nulla, ma io sono troppo sconvolta. James mi fa uscire fuori di testa.

«Ti accompagno dai.» sibila lui alle mie spalle.

«Ma quindi puoi guidare ora?»

«Piu o meno...» biascica Will.

«Io non lo capisco. Non lo capisco...» mi dispero, riferendomi all'unica persona che riesce a farmi arrabbiare così tanto.

«Credo sia stato da quell'uomo.»

«Lo immaginavo.» sbuffo mentre Will prosegue verso la strada di casa mia.

E quando finalmente arriviamo, lui accenna qualcosa.

«James mi ha chiesto...»

«Buonanotte Will.»

Esco dall'auto e man mano che mi avvicino alla porta di casa, sento il respiro accelerare. Lo riconosco immediatamente. Questo è uno di quei momenti che segnano il confine tra una dimensione e l'altra. Ogni scelta che compio mi porterà verso una possibilità diversa. Se ora lo faccio, dopo sarà tutto diverso.

Decido però di provare a sforzarmi, di tenermi il dolore dentro e dopo una doccia calda, m'infilo il pigiama, poi mi butto sotto le coperte.

Il mio telefono segna una notifica.

Sei a casa?

Se vuole parlarmi, deve avere il coraggio di farlo quando mi ha davanti. Non gli rispondo.

June e dai rispondi cazzo

Credo sia stato da quell'uomo.

Le parole di Will mi rimbombano in testa.

James chiama per la terza volta, quindi decido di accettare la telefonata, ma non emetto fiato.
Dopo aver pigiato sul tasto verde poso il cellulare sul cuscino e resto in silenzio.

«June...»

Il silenzio.

«Non parli?»

«Quello che avevi da dirmi, potevi dirmelo prima.»

Mi mordo la lingua. Ho parlato, maledetta me.

«Ero troppo incazzato. Non volevo prendermela con te che non c'entravi niente.»

«Fai sempre così, non siamo una squadra io e te.»

«Metti il video, voglio vederti»

«No.»

«Per favore.» lo sento sussurrare con un filo di voce.

«Non mi lascio trattare così.»

«Voglio solo vedere con i miei occhi che stai bene, June. È stata una serata orribile e c'è solo una cosa che mi farebbe stare meglio.»

Le sue parole mi causano una piccola fitta al petto, ma non posso cedere.

«Cosa, James?»

«Guardarti mentre dormi, June.»

«James finiscila di dire cavolate. Me l'avevi promesso, avevi detto non l'avresti più fatto...»

«Mi dispiace.»

Deglutisco, prima di sfiorare il tasto rosso con il pollice. Lo accarezzo, sapendo che a breve lo cliccherò.

«Impegnati di più.»

Così chiudo la chiamata.

Passo la notte a rigirarmi nel letto, non riesco a dormire e il giorno dopo mi presento a scuola con due occhiaie che mi solcano il contorno occhi.

Ma dopo due ore di lezione mi accorgo che di James non c'è traccia a scuola.

«Jax, dov'è James?» chiedo al biondo, quando gli do appuntamento in corridoio per incontrarci.

«È tutto okay. Ha dormito da me, non voleva venire a scuola.»

I miei occhi sondano l'espressione sincera di Jackson. Non sembra stia mentendo.

«Dagli tempo, June. Non è facile per lui.»

«È ancora da te?»

«No, penso sia tornato a casa. June... Sei arrivata in un momento delicato della sua vita e so che non lo mostra mai a nessuno ma... Ha solo bisogno di essere capito, non giudicato.»

«Ho sbagliato? Dovevo insistere quando mi ha mandato via o non ci dovevo proprio venire?»

«Non penso esista un giusto o uno sbagliato in questi casi. Dovete provare a trovare un punto d'incontro.»

Annuisco. Vorrei avere la stessa saggezza di Jackson. Magari anche un po' della sua altezza.

«Prova a passare da lui, prova a parlargli.»

Io e Jackson non siamo da smancerie, ma un bell'abbraccio non ce lo toglie nessuno in questo momento.

«Jax sono preoccupata. Ieri sera mi ha chiamata e io l'ho trattato male.»

Mi sento tremare tra le sue braccia forti e un singulto mi ottenebra la gola, impedendomi di parlare oltre.

«Ci provo a farlo ragionare, June. Provo a fargli capire che dovrebbe rivolgersi a te in un altro modo, ma...»

Non appena Jackson si accorge che non mollo l'abbraccio, abbandona le labbra traforate tra i miei capelli.

«E pensare che ti detestavo, White...»





Così seguo il consiglio di Jackson e una volta tornata a casa, prendo la bici e mi dirigo da James, ma quando arrivo a casa sua e mi accanisco sul campanello,  nessuno si fa vivo.

È ancora primo pomeriggio, Jasper sarà a scuola e Jordan a lavoro... ma James?

Provo a mandargli dei messaggi, ma nemmeno così non mi lancia segnali di vita.
Ad un tratto però vedo che è Jackson a chiamare, quindi rispondo subito.

«James non è a casa.» esordisco prima ancora che il biondo possa parlare.

«Ho discusso con Will, anche lui ha detto che non l'ha sentito...»

L'agitazione nella sua voce, solitamente sicura, mi fa trasalire.

«Io so dove andare.» annuncio a quel punto.

«Sai dove andare? Senti June, non fare niente. Magari è a casa e sta solo dormendo. Ieri era strafatto, era tanto che non lo vedevo così...»

Il momento di silenzio è assordante.

Lui dice di non fare di testa mia, ma come faccio?

«Jax e se gli fosse accaduto qualcosa?»

Non ci provo nemmeno più a nasconderla, l'apprensione emerge dal mio tono di voce tremolante come un fiume in piena.

«Aspettiamo ancora un po'. Provo a chiamarlo di nuovo. Se non si fa sentire entro un paio d'ore ti vengo a prendere.»

«Sai dove dobbiamo andare, vero?»

Jackson allora fa una piccola pausa, sembra stia pensando.

«Il locale di Austin è chiuso, ma posso provare a chiamare Jessica. Lei è l'unica ragazza che lavora per Austin, di cui ho il numero.»

Jackson mette giù e mi richiama dopo un minuto, ma sembra il minuto più lungo della storia.

«Che ha detto?»

«Avevi ragione. James è da Austin, a casa sua. Non ci ho parlato però.»

Senza nemmeno rendermene conto, mi abbandono a un lungo sospiro di sollievo.

Ma è giusto che io tiri un sospiro di sollievo?

«Era una festa?»

«Non era una festa, quando mi ha chiamato non c'era musica ma sembrava un posto piuttosto rumoroso. Sembrava esserci gente, quindi magari riusciamo a intrufolarci in casa senza farci vedere da Austin e ..»

«Jax.» lo interrompo bruscamente. «Vienimi subito a prendere.»


Quando arriviamo da Austin non stiamo a badare ai convenevoli. Jackson parcheggia il suo pickup in mezzo alla strada, senza nemmeno preoccuparsi di bloccare alcune auto ai lati del marciapiede.

Entriamo nella villa, dove ci aspetta Jessica. Vestita in modo casual, quasi non la riconoscevo. La ragazza ci fa strada verso la camera degli ospiti, non è solo una delle tante stanze degli ospiti che popolano la casa, ma è proprio quella in cui io e James siamo stati qualche giorno fa.

«L'ho aiutato a stendersi qui...»

La mora mi indica una sagoma scura abbandonata sul letto.
È James che dorme nella penombra.
Le tende sono tirate, regalando oscurità all'ambiente.

«Perchè lo aiuti?» sussurro sottovoce mentre restiamo in corridoio per non svegliarlo.

«James ha aiutato la mia famiglia. Mia madre è infermiera, faceva i turni di notte. Era un lavoro massacrante, soprattutto con i miei fratellini piccoli, non riusciva a badare a loro e doveva licenziarsi di continuo. James le ha trovato il posto nell'infermeria della scuola, dove lavora di mattina, mentre i miei fratelli sono a lezione.»

Il modo tenero in cui lo guarda però, dice molto.

«Vi frequentavate?»

«No. Però credo di aver avuto una brutta cotta per lui.»

«Benvenuta nel club» ironizza Jackson prima di portarsi il telefono all'orecchio.

La ragazza si risistema i grossi occhiali sul naso e prosegue con il suo racconto.

«Ricordo ancora quando ero piccola e mia madre accendeva la tv tutti i giorni, perché i notiziari parlavano di lei. La intervistavano perché aveva chiamato i soccorsi per liberare un bambino dimenticato in auto, sotto al sole.»

Resto imbambolata ad ascoltarla, tant'è che dimentico di rispondere alla domanda seguente.

«Vuoi qualcosa da bere?» chiede lei.

«Io finisco una cosa al telefono e arrivo» mi sussurra Jackson.

«Okay io entro.» ribatto decisa, senza che nessuno me l'abbia chiesto.

Non appena mi addentro in quella stanza scura, il suo buon profumo m'invade le narici  con intensità.

Sul comodino, accanto al letto, noto bustine aperte contenenti delle pastiglie e bicchieri sparpagliati.

Le mie gambe diventano di pietra e una scarica ghiacciata mi fredda la spina dorsale.

«June... che. cazzo ci fai qui?» biascica con voce estremamente rauca, mentre prova a sostenersi, puntando il gomito sul materasso.

«Ti farei la stessa domanda.»

«Non mi volevi parlare ieri.» lo sento deglutire prima di liberarsi dalle coperte.

«Già, ma intanto sono qui.»

Vedo il pomo d'Adamo di James scendere lentamente, i suoi occhi sono lucidi, vitrei, senza vita. Mi chino al lato del letto per giungere alla sua altezza e poso entrambi i palmi sul materasso, mentre ci ritroviamo faccia a faccia.

«Che sta succedendo?»

Glielo sto chiedendo con il cuore in mano, sotterrando l'orgoglio e ogni briciola di buon senso.
James però abbassa lo sguardo, seguita a stare in silenzio.

«Non è successo nulla, James. Noi abbiamo vissuto cose peggiori in questi ultimi giorni, cosa ti ha destabilizzato così tanto?»

Lo sforzo per andargli incontro è enorme, non me lo sarei mai aspettato da me stessa.

«Sono io, forse non mi conoscevi come credevi.» mi provoca, lasciandosi sfuggire un'occhiata tormentata.

«Sei molto piu forte di così..»

«No.» lo sento dissentire con poca voce.

James allunga un braccio nella mia direzione, ma io mi ritraggo quando prova a sfiorarmi il viso. Mi sollevo in piedi.

«No.»

Due no, messi di fila con intenzioni diverse, eppure così eloquenti. Voglio aiutarlo, ma non sono qui per farmi baciare o toccare. Non riesco a scordarmi cos'ha detto Will. Il passato di James non m'interessa, ma se questo passato gli crea demoni così grandi... Come posso ignorarlo?

James a quel punto si trascina fuori dal letto e io sono costretta ad alzare gli occhi per incontrare il suo sguardo vuoto, quando si erge in piedi di fronte a me.

«Che ci fai qui?» Mi domanda ad un tratto.

«Sono qui perché voglio capire cosa ti sta succedendo. Da quando hai visto quell'uomo sei cambiato. Hai fatto dieci passi indietro..»

«Di' la verità. Sei qui perché mi ami anche tu..»

La sua voce oscillante mi buca il petto.
Chiudo gli occhi. Non pensavo che un semplice "anche" potesse fare così male.

«Smettila. Non sei in te.»

«...O mi odi?» sussurra mentre con il pollice raggiunge l'interno delle mie cosce lasciate scoperte dai pantaloncini.

«Non voglio sentire queste cazzate.»

Il mio tono è duro ma non impedisce a James di avvicinarsi ancora di più al mio orecchio.

«Oh certo, tu vuoi solo sentirti dire "fottimi June".» ansima contro la mia guancia dandomi i brividi.

Lo spintono via all'istante. Le mie mani compiono una presa morbida sul suo petto duro avvolto dalla t-shirt nera.

«Non hai diritto trattami in questo modo orribile.»

«Ah no?»

«Non puoi fare così ogni volta che un problema ci si presenta davanti. Devi.... Devi essere più forte di così»

«O davvero? Quindi tu hai diritto delusa e arrabbiata, ogni volta che c'è un problema, ma io no?»

«Ti sembro arrabbiata? Sto provando a capirti, a ragionare»

«Ragiona su questo... La mia vita è tutta una messa in scena. E quando Hood me l'ha detto, non gli ho dato peso...»

«Hai visto il vicesindaco Carter vero?»

«Persino con lui era tutta una farsa.» lo sento mugugnare.

«Che significa? Tu gli sei sempre piaciuto. E da come ti guardava l'altra sera, giurerei che tu gli interessi ancora.»

«Sì, ma comunque i soldi li ha sempre sborsati per quelle feste. Quindi è come se avesse pagato per avermi. Vuoi questo? Vuoi accontentarti di uno scarto?»

La pelle comincia a farmi male, pizzica senza sosta, ovunque, soprattutto all'altezza del mio cuore.

«Non sei questo, James.»

«No, sono quello che per poco non fa uccidere tutti i suoi amici per vendicare una che ha scopato con me solo per ingannarmi.»

Scrollo il capo.

«Lei non meritava certo di morire, ma sì... Era d'accordo con Hood, volevano incastrare il vicesindaco.»

A quel punto mi avvicino per posargli una mano sulla spalla, ma lui si ritrae.

«Come lo sai?»

«Beh... Will ha detto che Hood l'ha confessato ad Austin»

«Tu lo sapevi...?»

«Sì e quindi?»

James prende a strofinarsi il viso, sbatte le palpebre confuso, ma al contempo è adirato con me per non avergli raccontato tutto.

«Ti giuro che non sapevo come dirtelo, l'ho scoperto quando eravamo impegnati nella tua ricerca e ho pensato fosse meglio non lo sapessi...»

Gli spiego le mie ragioni ma lui resta immobile, con la testa compie una curva verso il basso.

«June, ascolta. Forse non me n'ero reso conto, forse i miei amici mi vogliono troppo bene per dirmelo in faccia, ma... Immagina di avere questo rossetto, usato da tutti e ormai rovinato. Te lo metteresti sulle labbra?»

«James...»

«No. Non lo faresti. Ti farebbe schifo. Perché cazzo dovresti volere me?»

Ad un tratto è come se il mio cuore, pesante, fosse diventato una pietra in grado di rompermi il petto e trascinarmi al suolo.

Non so se siano le droghe o l'alcol, ma James è ancora più sconvolto di me, quando mi sfiora la pancia con le dita.

«Vuoi sapere che ha fatto?»

«James...»

«Ha iniziato a toccarmi. E se non l'avessi fermato, mi avrebbe fatto esattamente quello che mi avevi fatto tu, proprio qui, su questo pavimento.»

Le mie iridi si cristallizzano in due specchi ghiacciati.

«Tu non l'avresti lasciato fare...» Sono un cumulo di sussulti, sto tremando.

«E chi te lo dice?»

«Ti odio.» esalo senza respiro, incapace di smettere di tremare. «Devi sempre rovinare tutto!»

Non sto urlando, sto solo proseguendo dritta verso la porta di quella stanza infernale.

«Lo sai che non mi odi.»

«Invece sì.»

Esco in corridoio.

«Andiamo.» strattono Jackson dalla giacca.

Volevo salvarlo, volevo rassicurarlo e se ci fosse stato modo, l'avrei anche baciato.
Che stupida

«Ma che succede? Ti richiamo» dice il biondo al telefono.

Sono così delusa, arrabbiata, stravolta e presa dal senso di oppressione che mi soffoca il petto, da non accorgermi che James mi ha seguita in corridoio.

«E così difficile per te?»

Sentire la sua voce mi crea un dolore alla bocca dello stomaco.

«Fare cosa, James?» strido diffidente.

«O semplicemente non provi quello che provo io?» sussurra con voce rotta di paura.

«In questo momento James? Vuoi parlare di questo ora?»

«Sai che ti basterebbe chiedermelo.»

Alcune lacrime intarsiano i suoi occhi lucidi, impreziosendone il colore.

«Cosa, James?»

Il respiro mi si sgretola in gola e non mi permette di continuare oltre.

«Di tornare a casa con te, ora.»

Chiudo gli occhi, prima di domandare «Lo faresti?»

Quando riapro le palpebre il suo sguardo colpevole mi trafigge il cuore.

«Tu non mi vorresti.» Con la mano chiusa a pugno si asciuga la guancia da una lacrima e poi se ne va.

Il mio cervello, i miei occhi, la mia lucidità mentale. Vedo tutto appannato.

«June? Stai bene?»

Jackson china il viso alla mia altezza, i suoi occhi cerulei si perdono nei miei, che sembrano aver perso colore.

«Devo fare i compiti, portami a casa» annuncio, completamente sconnessa dalla realtà.

«Ma che cazzo..?»

Jackson mi segue e prova a richiamarmi.

«Sei...sicura?»

«Sì.» Scandisco mentre entrambi ci avviamo verso l'uscita della villa.

Poi il vuoto. Il mio cervello non registra nulla, lascio un paio di risposte a monosillabi a Jackson, che, dopo avermi lasciata a casa, torna da James.

Ma io sono a casa.
Finalmente

«Mamma?»

Mia madre non risponde ai miei continui richiami. Non c'è.

Mi dirigo a passo svelto verso il bagno di camera mia.
Quando mi trovo davanti alla porta già aperta, metto a fuoco solo una cosa.
La maniglia del mobile.

E dopo pochi istanti sono lì, seduta sul bordo del letto a fissare la ceramica bianca.

La piastra è fumante.

Non c'è tempo per valutare il futuro rimorso, quello tanto sarebbe arrivato comunque, dopo.

Solo che stavolta il pentimento sarà più bruciante. Ho ancora addosso la prova che ce l'avevo fatta, che ero riuscita a superare quei momenti, non avevo più segni evidenti. Ma forse, quegli istanti non erano di passaggio come credevo, sarebbero rimasti. Mi ero solo illusa.
Sarebbe stato inevitabile tornare a sbagliare, perché io sono così.

Mi alzo in piedi e con passi ponderati mi avvicino al bagno. Trattengo il labbro sotto ai denti, forse a causa dell'impeto con il quale premo la punta ardente sulla parte più delicata della mia coscia.

«June, vado a prendere la zia all'aeroporto.»

Sento la voce di mia madre e senza preavviso fa irruzione nella mia camera, la porta del bagno è spalancata.

«Mamma devi bussare!» urlo nel ritrovarmela davanti.

Con un gesto inconsulto sollevo il braccio allontanandolo dalla mia coscia, mi tiro su i jeans, ma il ferro mi scivola dalle mani cascando nel lavello.

Gli occhi chiari di mia madre rimangono fissi in un punto. Sembra aver perso ogni capacità comunicativa, con la mano prova a sorreggersi allo stipite della porta, ma le sue ginocchia diventano cedevoli all'improvviso.

«Mamma mi dispiace.» mi affretto a sussurrare.

Le mie mani tremolanti prendono a frugare tra i capelli. Provo a risistemarmeli, come se fosse un gesto sufficiente a nascondere la vergogna lacerante che provo in questo momento.

Il momento di silenzio tombale è infinito, l'unica cosa che riesco a fare è stringere i denti per il dolore, ancora fresco sulla mia pelle.

«Dicevo...» Lei riprende a parlare, ma i suoi occhi fissi nel vuoto mi spaventano.

«Sto andando all aeroporto e tu... Tu vieni con me.»




In macchina rimango in silenzio e come un'illusa ci spero fino all'ultimo, mi auguro con tutta me stessa che lei non si sia accorta di nulla, ma... non è così.

«June.»

Oh no

«Senti, so che la signora di prima non ti piaceva, ma potrei contattarne una diversa, mi metterò a cercare qualcuno ...»

«No.»

«Sarai tu a scegliere, ti darò tante opzioni, sono sicura che troverai un'esperta che fa al caso tuo.»

«Non c'è nessun...»

Esperto che fa al caso mio.
Non c'è nessun caso mio.



Dopo una mezz'ora di autostrada raggiungiamo  l'aeroporto, ma invece che scendere dall'auto, restiamo entrambe incollate ai sedili.

«June so che è passato molto tempo da quando tuo fratello ci ha lasciate.»

«Molto tempo? Hai una concezione dello scorrere del tempo tutta tua, mamma.»

«June avanti, non rendermi le cose difficili.»

«Perché non la trovi per te una "signora esperta"?»

Mino le virgolette, sottolineando quanto le venga difficile chiamarla con il suo giusto nome, come se ci fosse qualcosa per cui vergognarsi.

«Ti servirebbe, sei tu quella che fai finta di niente, che non sia successo mai niente di tragico nelle nostre vite.»

Il mio affronto duro la fa trasalire, lo vedo da come le sue dita tremano, impigliate intorno al volante.

«Non faccio...»

«Come se non fosse mai successo.» insisto io.

«Devo essere forte, June. Dal giorno della sua morte, ho dovuto esserlo per me e per tuo padre. Lo capisci?» reagisce lei, con impeto questa volta.

Su questo non posso darle torto. Mia madre è stata l'unica a portare avanti la nostra famiglia, lui ha solo abbandonato la nave nel momento in cui stava affondando.

«È per questo che lui voleva farla finita?»

«June...Vuoi che gli chieda di venire per il tuo compleanno?»

«No. Se vuole, viene di sua spontanea volontà»

«Uh. Eccole che arrivano.» mormora mia madre asciugandosi una lacrima dal viso.

L'apatia in cui ero sprofondata negli anni precedenti, nascondeva alla perfezione il dolore che ora sembra non volerne sapere di restare nascosto. Ripenso a James.
Mi ha strappato di dosso quella coperta che usavo per proteggermi e ora non so come affrontare tutto questo da sola.

Mia zia e mia cugina non sembrano accorgersi di nulla, io sono impassibile, mentre mia madre cela il suo stato d'animo triste spacciandolo per  la commozione di rivedere sua cognata e sua nipote.





A cena trascorriamo il tempo mangiando il pollo al forno che ha preparato mia zia, tra chiacchiere su famigliari e gossip veri e propri.

Mia cugina fa scena muta per quasi tutto il tempo. Non è mai stata una di tante parole, ma ora sembra proprio la reincarnazione di un personaggio di Tim Burton, con i suoi lunghi capelli corvini e gli occhi neri come due pozze profonde, truccati da una linea di matita scura. È davvero molto bella, solo che non sai mai cosa le passa per la testa, vive nel suo mondo.

«Mamma, no. Questa vuole sfoggiare il suo ufficio. Si vede da come l'ha decorato. Non prende sul serio il suo lavoro.»mi ritrovo costretta a bisbigliare quando mia madre m'invia l'ennesimo profilo instagram di una psicoterapeuta.

«È brava può aiutarti»

«Può far sì che gli altri smettano di comportarsi da stronzi?» domando io.

«No, ma può aiutarti ad affrontar i momenti in cui gli altri si comportano da tali.» ribatte lei mentre sgomitiamo per riporre i piatti nel lavandino.

«Faccio io, April»

Quando mia zia ci raggiunge, io mi defilo per evitarmi di lavare i piatti, quindi mi siedo sul divano con May. Se ne sta con le spalle dritte, in silenzio, finché non decide di aprire la bocca sottile.

«Tua madre ti vuole dallo psicologo.»

«Sì, ne sai qualcosa?»

«La mia mi ci vuole mandare da quando ero piccola»

Inarco un sopracciglio facendo roteare il viso nella sua direzione.

«Mi ha scambiato per una sociopatica.» spiega lei con voce piatta.

«Ma per forza, odi tutti.»

«Perché non dovrei?»

Annuisco. «Giusta osservazione.»

«So che non dovrei chiedere...»  Zia e mamma tornano con due calici di spumante.

«Non farlo allora, zia» Scrollo il capo, ma lei sta già facendo la fatidica domanda.

«Il fidanzatino?»

«Parliamo d'altro.» S'intromette mia madre.

«Anche se... "ino" non direi, dato che mi hanno riferito sia un giocatore di football molto attraente.» ridacchia mia zia prima di buttare giu un'ampia sorsata dal calice.

«Mamma!» m'inasprisco.

Ecco cosa facevano in cucina, spettegolare come due bambine.

Mia madre però, a quel punto controlla l'orologio al polso.

«Non hai il ritrovo per le attività extracurricolari questa sera?»

«E tu cosa ne sai?»

«Me l'ha detto il prof all'ultimo consiglio di classe. Poi, ti ricordo che, sebbene salutariamente, lavoro ancora nella tua scuola.»

«Non mi va.»

«Puoi portarci May.»

Sembra che mia madre voglia sbarazzarsi di noi. Cos'avrà da fare?

«May vuoi andarci?» domanda la zia con un sorriso non ricambiato.

Mia cugina non si volta nemmeno.

«No.»

Annuisco.

Ottimo

«"No, ma per la mia cugina preferita questo e altro" Voleva dire May.» mia zia mima la voce apatica della figlia.

«Tanto decidete voi.» Sbuffo mentre io e mia madre ci lanciamo occhiatine di fuoco.


Non ho trascorso il pomeriggio ad aspettare una chiamata da James, ma quando sono le nove di sera e guardo il cellulare, una piccola voragine mi scava il petto.

La palestra della scuola è allestita per le attività extracurricolari e le prime facce conosciute che noto quando arriviamo, sono quelle di Tiff e Brian.

«June!» Mi salutano da lontano, mentre May  si rivolge a me con la prima domanda.

«Quali sono le tue attività extracurricolari?»

«Recitazione e cheerleading.»

«Non sembri vestita per fare la cheerleader.»

May indossa una felpa nera e un paio di jeans altrettanto scuri, mentre fissa la mia felpa rossa sopra ad un paio di vecchi jeans.

«Hai la faccia un po' sbattuta.»

Grazie May, non l'avrei mai detto.

Ho trascorso tutta la serata a pensare a James? No, forse perché quello che mi ha detto ha fatto troppo male e ho quindi tentato di ignorarlo. Perché era stato da quell'uomo se sapeva di piacergli ancora?

Poi un pensiero mi balena in testa quando noto Stacy con la divisa delle cheerleader.
Dopo il marchio che mi sono fatta, oggi non potrò indossare una gonna e sgambettare per i prossimi due mesi. Dovrò lasciare la squadra?

«Lei è May, mia cugina.» annuncio quando raggiungiamo il gruppetto conosciuto.

«Mercurzio e Benvolio sono uomini.» si sta bracciando Brian.

«E te pareva se non erano tutti uomini qui!»
sbotta Tiffany.

«Senti Hood, grazie a dio sono nata donna e indovina un po'? Noi cambiamo le regole. Saremo l'essenza di quei due sfigati, non importa cos'ho nelle mutande.»

Taylor sta facendo disperare Brian come al suo solito.

«June, io con queste due non so che farci. Vogliono cambiare le regole e interpretare due personaggi che nell'opera originale sono uomini e...»

Brian aggrotta le sopracciglia nel vedere la figura che mi sta di fianco, quindi s'interrompe per fare una domanda più che ovvia.

«E lei chi è?»

«May. Poche parole e odia il prossimo. Potreste andare d'accordo.»

Brian si presenta a mia cugina che lo saluta a malapena. May non è snob, è solo molto introversa, solo che le persone spesso la scambiano per antipatica.

Dopo poco ci raggiungono anche Marvin e William che parlano intensamente tra loro.

«Te l'ho detto, gli dai due ripassate ed è come nuova, è la cosa più romantica che tu possa fare Marvin»

«Ti fai dare consigli romantici da Cooper? Sei così disperato?» Taylor non perde l'occasione per canzonare i ragazzi.

«June, pensavo non venissi» sibila Will, con un cipiglio confuso, nascosto dai capelli chiari.

Solo perché James si è dato nuovamente per disperso?

E poi non mi va di parlare di lui.

«Ciao Will, Lei è mia cugina May.»

May lancia un'occhiata a Will, fugace, tanto che lui non se ne accorge nemmeno.

«C'era da portare del cibo, perché siete tutti a mani vuote?» si dispera Marvin.

«E il tuo dov'è?» lo istigo io.

«Io ho portato da bere» si pavoneggia lui.

«Marvin oggi è stata una giornata pesante...»

«Non era il motto di tua nonna? Non c'è nulla che una buona fetta di pizza non possa curare?»

Sorrido a seguito di quelle parole.

«Era "torta"... Ma grazie Marvin.»

«Me la segno questa June, la tua pigrizia inizierà a rovinare la nostra amicizia.»

«Un'amicizia fondata sulla pizza?»

«La pizza è un elemento fondamentale per la relazione tra due persone, affinché funzioni, uno dei due deve saperla preparare.» spiega lui.

«E l'altro deve fare lo sforzo di mangiarla, vero?»

«Okay June, siamo ancora amici ma devi farti perdonare al tuo compleanno.»

La battuta fa sorridere i ragazzi, ma io mi raggelo.

Come fa a saperlo? Chi gliel'ha detto?

«Dai Will, andiamo alla ricerca di cibo.»

«Chi è quello?» domanda May, rivelandosi stranamente curiosa del genere umano.

«Marvin.»

«No, l'altro.»

«Quello è Will. Senti Brian, lasciamo perdere il teatro» annuncio a quel punto.

Sono stanca, esausta. È sera tardi e non ho nessuna voglia di dedicarmi seriamente ad un'attività. Non so nemmeno perché sono uscita di casa, forse per parlare con qualcuno.

«Concordo.» sbotta lui guardando di traverso Tiff e Taylor che discutono tra loro.

«Come va con James?» domanda il moro quando mi siedo a gambe incrociate accanto a lui.

«Male.»

«Che ha combinato questa volta?»

Scrollo il capo chinandolo e una ciocca di capelli sottili mi finisce davanti agli occhi.

«A volte sembra così giusto... Ma a volte così...»

«Sbagliato?»

«Difficile.»

«Il corso del vero amore non è mai andato liscio.»

Io e Brian fissiamo May con facce confuse.

«William Shakespeare. Non lo state studiando proprio ora?» ci redarguisce lei con tono puntuale e precisino.

«Odi tutti ma il nome William vedo che ti piace eh.» la punzecchio, causandole uno sguardo imbarazzato.

«Hai saputo cos'hanno fatto da Austin?»

«Tua sorella ha praticamente agito alle spalle di tutti.» Mi rivolgo a Brian che sembra sempre covare dell'astio per qualcuno.

«Sì e loro che motivo avevano per trattarla come una pedina da scambiare?»

A quel punto sollevo le spalle. Non voglio fare l'egoista, ma Amelia è l'ultimo dei miei problemi in questo momento.

«June lo sai che ho ragione.»

«James non sarebbe andato fino in fondo. Come non l'ha fatto con tuo padre.»

E proprio mentre parliamo, una figura conosciuta varca la soglia dell'ingresso della palestra.

Potrei riconoscere il suo profilo perfetto tra mille.

James indossa una felpa grigia con il cappuccio lievemente sollevato, sopra un cespuglio di capelli sfatti e due occhi luminosi. Con le mani nelle tasche dei pantaloni si guarda in giro, lo fa con aria distratta, ma quando abbassa il viso e solleva solo le iridi per immergerle nelle mie, per poco non mi si ferma il cuore.

E mi basta un singolo sguardo per rivivere tutto ciò che abbiamo trascorso insieme negli ultimi mesi, una montagna russa di emozioni.

«Perché quel tipo ti fissa così?» Anche May si incuriosisce.

«È geloso di me e June che saremo Romeo e Giulietta.» ribatte Brian con un pizzico di orgoglio.

«Perché continua a guardarti e non viene a parlarti?»

«Abbiamo litigato e ci siamo allontanati...» provo a spiegare.

«Fallo ingelosire.»

«Maligna e machiavellica. Mi piaci.»

Taylor torna sorseggiando un milkshake mentre tutte le mie attenzioni vengono polarizzate dalla figura di James che si avvicina pericolosamente.

«Tornatene dagli scimmioni. Noi qui dobbiamo fare teatro»

Taylor gesticola in modo scenico davanti al viso insofferente di James, che però resta con gli occhi fissi su di me.

«Devo parlarti.»


JAMES

(un'ora prima)

Avrei potuto starmene da Austin, a piangermi addosso, ma non so nemmeno perché ci sono andato lì. Forse per trovare quello sballo che avevo provato ieri. Ora però, non faccio altro che prendere a pugni il sacco di camera mia, che cigola sotto ad ogni colpo.

«Ed eccoti qua.»

Una voce adulta mi fa sobbalzare.

Mi volto e trovo una figura conosciuta in piedi, davanti la porta della mia stanza.

Che cazzo ci fa April a casa mia?

«Chi diavolo ti ha fatto entrare?»

«Jordan.»

«Stronzo.» ringhio tra i denti, ormai senza forze.

Abbraccio il sacco per sorreggermi, poi, con la t-shirt mi copro il torace nudo e lucido di sudore. Sono pur sempre davanti a quella che ha la faccia di essere mia suocera.

«Cosa ci fai qui?»

«Sai... sei esattamente come ti immaginavo»

«Mi immaginavi a petto nudo?»

Lei sbuffa prima di incrociare le braccia con fare restio.

«No. Aggressivo e inaffidabile»

«Vuoi un cazzo di premio per l'intuito?»

«Di nuovo, eccoti qua.»

Lei sostiene il mio sguardo dura con aria altrettanto fiera.

«Non ho niente da dirti April.»

«Ma io sì, James.»

A quel punto una strana angoscia comincia a pizzicarmi la bocca dello stomaco, la vedo chiudere la porta e indurire i lineamenti del viso in un'espressione seriosa.

«Credo di aver fatto qualche errore.»

Il mio sopracciglio si arcua. Era tutto qui?

«Anch'io siamo umani, no?»

«Ma converrai con me sul fatto che ci siano errori che non possiamo permetterci di commettere. Nè tu nè io, se si parla di June.»

Sta veramente parlando di June? Con me?

«Sto pensando di proporle di vedere uno psicoterapeuta.»

«Che le è successo? Sta bene?»

«Niente. Non è successo niente. Ho solo aperto gli occhi.» 

«Sono io la causa? Sei qui per dirmi questo?»

«No James, calmati. Non sono qui per rinfacciarti i tuoi errori. Ma solo a ricordarti la promessa che mi hai fatto»

Chino il capo.

«Torna con la testa a posto e per quanto la cosa non mi piaccia... lei ha bisogno di te.»

Rimango sospeso, a fissarla, senza sapere cosa dire. Se le succede qualcosa per causa mia non potrei mai perdonarmelo

«Verrai al suo compleanno?»

«Non mi ha invitato, è incazzata con me.»

«Sai quello che devi fare, James.»

«Mi devo fare una doccia prima. Lei dov'è?»

«Non è a casa, ma a scuola per la serata delle attività extracurricolari.»

April leva il disturbo così posso farmi una doccia, prima di andare a scuola per l'ultima ora di attività in palestra.

Non riesco a mantenere la calma, né il sorriso, quando arrivo e la trovo insieme a Brian, sono seduti l'uno accanto all'altro.

Stringo mascella. Accanto a loro c'è una tipa stramba dai capelli neri e due occhiaie. Questa mi indica.

«Chi è quello? È lui vero il protagonista?» la sento dire non appena accorcio le distanze e mi avvicino a loro.

«È uno sbruffone, ma quale protagonista.» si lagna Brian tirando il petto in fuori.

«Brian!» lo sgrida June con due labbra piene, labbra che in questo momento vorrei baciare.

«Okay, abbiamo la conferma. È lui.» sogghigna la tizia mora.

Aspetto di arrivare davanti a June e l'unica cosa a cui riesco a pensare adesso, non è di certo Brian. Ma ciò che mi ha detto April.

«Devo parlarti.»

«Aspetti il tuo turno, ora abbiamo da fare.»

Il tono graffiante di Taylor mi urta.

«Che cazzo avresti da fare con lei scusa?»

«Io niente, ma chiedi a Brian.»

L'occhiata di fuoco che gli scocco sembra incendiargli le palpebre perché lui sposta immediatamente lo sguardo.

Non deve nemmeno pensarci

«Che signfiica?»

«Romeo e Giulietta si baciano» spiega la tizia mai vista prima.

«E tu chi cazzo sei?»

«È mia cugina»

June s'intromette con fare protettivo, quando si accorge del modo brusco in cui mi sono rivolta a quella ragazza. Ma a me non fotte minimamente di Taylor, do sua cugina o delle cazzate del teatro.

«Non lascerai che questo coglione ti baci?»

«È la recitazione che chiama.» mi prende in giro lei con tono canzonatorio.

«June...»

Lei si alza in piedi, sembra non voglia discutere davanti a tutti.

«Andiamo» dice lei cogliendomi di sorpresa.

Ci allontaniamo da quel grupetto rumoroso, rintanandoci in un angolo della palestra più tranquillo.

«Senti avevo i miei problemi, tu non c'entravi nulla.»

«Parla.»

Il suo tono è deciso, di sfida. Non vuole sentire i soliti giri di parole. Vuole sempre farmi sforzare, uscire dalla mia bolla di cazzate.
Prendo un lungo respiro perché non è facile dirle come mi sento.

«Il mio modo di affrontare le cose è sbagliato»

«Ecco, lo sai.»

«Ma nemmeno il tuo è corretto.» aggiungo lasciando che il mio sguardo scenda lungo il suo corpo.

La vedo stringere i pugni lungo i fianchi, per poi unirli davanti al ventre.

«Ho parlato con tua madre.»

Lei affossa le spalle, si fa piccola contro la parete.

«June non era quello che volevo che accadesse»

«Non è colpa tua. Te l'ho già detto, non darti troppa importanza.» sibila sbattendo le palpebre nervosamente.

«Invece sì. Te lo leggo negli occhi.»

«Perché sei qui? I giocatori di football e le cheerleader sono esonerati dalle attività»

«Non cambiare discorso.» la rimprovero.

«James cosa vuoi adesso...»

«Sono preoccupato per te, June.»

La voce mi trema e lei sembra accorgersene perché per un attimo decide di lasciar cadere il muro che ha messo tra noi. So che l'ha fatto per proteggersi da me.

«E io per te, James.»

«Ho esagerato. E me la merito la tua indifferenza, ma...»

Lascio che la frase muoia a metà.

«Ti ho vista parlare con Brian.»

Lei non sembra volerne discutere.

«Parli ancora bene di me?» la incalzo a quel punto.

«Dico come stanno i fatti.» mormora soffiando via una ciocca dal viso.

Lo spazio tra noi è angusto e per poter incrociare le braccia al petto, deve sfiorare il mio torace avvolto dalla felpa.

«E come stanno i fatti?»

«Non sono la cosa più importante della tua vita, James.»

«June...»

«No, dico sul serio James. Credo che tu debba essere la cosa più importante della tua e comportandoti come hai fatto in questi ultimi giorni... Non fai che peggiorare l'opinione che hai di te stesso.»

Perché cazzo l'ho respinta, quando solo il fatto di parlare con lei, fa risanare tutte le mie ferite?

«Sono un coglione, non dovevo arrabbiarmi per quella cazzata della mia prima volta. Ormai è passato.»

«Invece ne avevi tutto il diritto.»

È ancora rigida, ma non riesce a fare a meno di essermi d'aiuto.

«Mi dispiace.»

«Che cosa hai fatto con quell'uomo James?»

«Niente. L'ho fermato.»

«Ti ha baciato?»

«No, assolutamente no.»

Un grosso respiro sembra sgonfiarle il petto colmo di angoscia.

«Come torni a casa?» mi preoccupo io.

«Che t'importa?»

«June, ora devo vedere una persona ma...»

Lei a quel punto scivola via dal nostro angolino e mi volta le spalle, lo fa immediatamente.

«Senti, lo so che ho fatto lo stronzo»

«Non usare il passato, stai continuando. Puoi sempre usare il futuro, tanto lo rifarai vero?»

Lei prosegue verso il gruppetto dei ragazzi, ma io non mi do per vinto.

«Stiamo insieme?» le chiedo, dimenticando persino di respirare.

«Certo che...»

La vedo compiere un mezzo giro con il busto, per lanciarmi un'occhiata spaesata.

«Vuoi ancora stare con me?»

June a quel punto schiude la bocca.

«Certo. Ti consideravi libero?»

«No.»

«Davvero con lui ti sei fermato?»

«Sì.»

«Che musi lunghi voi due.» ci fa il verso Bonnie, passandoci di fianco.

«Nessuno ha chiesto il tuo parere.» s'inacidisce June.

«Hei rilassati, non ho detto nulla. Ti ha già messo le corna?»

«No gliele ho messe io, con tuo padre.»

«June?» Bonnie è scandalizzata dall'uscita della mia ragazza.

«Poi perché parli con me, ma guardi lui?»

June torna all'attacco e io mi porto una mano alla bocca, per nascondere il fatto che sto sorridendo compiaciuto.

E quando Bonnie si allontana scrollando la testa, io mi appresto al corpo di June.

«Cazzo se mi fa eccitare.»

«Cosa?»

«Vederti gelosa.Per me.»

«James... Torna a casa, sembri stanco.»

«Posso passare da te dopo?»

«No.»

June mi volta nuovamente le spalle e fa per unirsi a Taylor e Tiffany, poi però un pensiero la rapisce, quindi torna indietro, da me.

«Hai tutto il diritto di starci male, James»

«June...»

La richiamo io a quel punto.

«La realtà è che non dovrei starci male, perché... La mia prima volta sei stata tu.»






JUNE

Io e May siamo senza un passaggio, così chiedo a Tiffany di riaccompagnarci a casa, ma ben presto noto che lei e mia cugina si buttano a capofitto in una conversazione scomoda e tortuosa.

«Tua cugina è un genio.» sento dire alla mora.

«Non lo sono. In realtà uso gli strumenti che madre natura mi ha concesso. Principalmente il cervello.»

«Senti, però non mi assillare.» Tiff sbuffa e un ricciolo scuro le casca sul nasino all'insu.

«Ha la nausea, dice di averla da più di una settimana. I crampi addominali, le vertigini, l'assenza di ciclo..»

May fa l'elenco dei malesseri della mia amica.

«Già... Credo che ci sia solo un strada percorribile Tiff. Devi farlo e levarti il dubbio.» aggiungo io.

Tiffany pur di evitare la mia domanda solleva gli occhi verso lo specchietto retrovisore per cercare la figura di May.

«Come fai a sapere tutte queste cose tu?»

«Uso l'abilità del pollice opponibile e la combino con la saggezza del signor Google»

«Ah.»

«Ma c'è una risposta che Google non può darci.» annuncia May a quel punto. «Con chi hai fatto sesso ultimamente?»

«Ehm... Una ragazza.»

«Mhm. Quando te la senti, puoi cominciare a farmi i nomi di qualcuno dotato di un apparato riproduttore che sia in grado di inseminarti? Grazie.»

Tiff si volta verso di me, così mi ritrovo a specificare.
«Parliamo di ragazzi Tiff.»

«No. Nessuno»

«Nessuno, quindi io sono Kendall Jenner e tu sei la Madonna? Wow, che rivelazioni questa sera.»

May ha sempre la battuta pronta.

«Ti prego, sei esilarante.»

Io resto corrucciata, mentre mia cugina sembra infastidita dall'atteggiamento superficiale di Tiffany. Io che la conosco però, so che fa la disinteressata a si atteggia così solo perché ha una paura tremenda.

«Hai finito di ridere?»

«Si scusa ho bevuto.»

«Perché bevi se hai il dubbio di poter essere incinta?»

May è testarda e non gliene lascia passare una alla povera Tiff.

«Per evitare di pensarci, forse?»

«Con chi hai fatto sesso l'ultima volta?»

«Sono mesi che non faccio sesso con un ragazzo, sei sulla via sbagliata, May.»

«Quindi potresti essere di... due o più mesi.»

«Eh?»

«Funziona cosi, non fare domande e annuisci»

La macchina si ferma davanti casa mia e quando May esce dall' abitacolo, io mi fermo ancora un attimo a parlare con Tiff.

«Maggio è un mese spensierato, dovevano chiamarla November, le si addice di più» esclama Tiffany facendomi sorridere.

«Senti, io e Taylor siamo preoccupate per te.»

La vedo lanciare uno sguardo sfuggente oltre il finestrino.

«E so che c'è qualcosa che non ci stai dicendo... Ma non devi avere paura del nostro giudizio, siamo... Ti vogliamo bene.»

«Si chiama amenorrea. E il fatto che io salti il ciclo spesso, non significa nulla.»

«Tiff ne sei sicura?»

«Non ne vedo uno da mesi» ci scherza su lei.

«Spero il mio ragazzo non sia l'unico che tu abbia visto nel tuo ultimo anno.»

«June è da quest'estate che io e James non stiamo insieme. L'abbiamo fatto una volta sola.»

«Okay, okay non voglio sapere altro. Mi prometti però che lo farai questo test?»

«Va bene.»

«Domani è il mio compleanno.» mi ritrovo a confessare, in uno strano attimo di coraggio.

«E non dici nulla, June?»

Tiffany sorride, poi si mordicchia il labbro per nascondere un sorriso, come se già sapesse.





JAMES


Parcheggio davanti casa mia e noto che lui è già lì, ad aspettarmi, con i fari spenti.
Avevamo appuntamento per vederci e discutere su come procedere, ma ora non sono più sicuro di volerlo vedere.

«Sei disposto ad aiutarmi?» domanda non appena entro nella sua Porsche nuova di zecca.

«Otterrò quelle prove, con le buone o con le cattive, ma tu... Devi testimoniare insieme a me. Devi essere dalla mia parte»

Mi ero preparato il discorso. Volevo convincerlo ad andare alla polizia insieme a me, ma quando me lo ritrovo davanti... non sono più sicuro di nulla.

E poi mi fissa. Perché mi fissa? Non era ciò che voleva? Non finire in carcere?

«Non è così facile» lo sento sibilare.

«Era casa tua. Nessuna delle ragazze presenti testimonierà mai. Loro hanno troppa paura ma tu puoi dirla la verità, che l'omicidio è avvenuto in casa tua.»

«Non posso tirare in mezzo Austin»

«Se posso farlo io puoi farlo anche tu. Sono stufo di tutta questa merda che mi trascino da quando ero piccolo.» sputo ormai esausto.

«Ci saranno le elezioni tra poco, Austin può darmi un appoggio, non ho abbastanza voti. Mi candido per diventare sindaco.»

Lo guardo. Non sembra avere realmente paura di finire dentro. Era vero che Austin voleva ricattarlo o era solo una cazzata?

«Di che cazzo abbiamo parlato ieri? Perché mi hai fatto credere volessi aiutarmi?»

«Ma io voglio aiutarti.»

Il suo sguardo intenso non lascia trapelare emozioni.

No, tu vuoi fottermi, che è ben diverso.

«Chi dei due ti vuole incastrare?» domando lanciando la testa all'indietro.

«Inizialmente puntavo su Hood, perché se venissi accusato dell'omicidio al posto suo, lui potrebbe tornare a vivere alla luce del sole. Ma...Ci sono altre questioni politiche di mezzo.»

Serro le palpebre e resto lì, nella speranza che lui mi dica qualcosa, che mi dia una mano a capire la scelta più giusta da compiere, ma tutto quello che avverto è una presa sul ginocchio.

«Teso?»

«Un po'.» mormoro confuso.

«Penso tu abbia bisogno di sfogarti»

Perché non faccio niente? Perché non gli dico mai di no?

La sua mano risale lungo la mia gamba per poi compiere una curva tra le mie gambe.

«No, fermati.»

Non voglio vivere così.

«Non voglio diventare come te o tutti gli adulti che conosco...»

«Tu sei in grado di dare a una ragazza tutto quello di cui lei ha bisogno, ma a te chi ci pensa?» soffia con voce velenosa, provando a insinuarsi nella mia testa.

«Non voglio più vederti. Mai più.»




Dopo una mezz'ora mi ritrovo a vagare davanti casa mia e con il cellulare tra le mani, provo a chiamarla tre volte.

Se non rispondi chiamo tua madre

Niente. Fumo una sigaretta, ma lei non risponde.

Sveglio tua madre, tua zia, tua cugina e tutto il calendario

Non vorrei sorridere, ma un ghigno mi esce spontaneo quando finalmente accetta la chiamata.

June non parla, lascia che sia io a dire la prima battuta, così esordisco con la cosa che mi viene in mente.

«Non ho mezze misure. Ieri ho esagerato e questa sera non ci ho provato abbastanza»

«Sforzati di più allora»

La sento dire a quel punto, prima di troncare la chiamata.

Spero seriamente di non beccarmi una denuncia, perché sto andando sotto a casa sua adesso.




JUNE

Dopo una doccia decido sia arrivata l'ora di buttarmi sotto le coperte. La giornata è stata intensa. Il litigio con James, madre mi ha visto farlo, poi lui si è presentato a scuola...

Mi avvicino alla tenda per chiuderla e per poco non svengo dalla paura. C'è una sagoma scura lì fuori.

«Sai che potrei denunciarti per stalking?» strillo in preda al panico.

«Ma se non ti sto nemmeno guardando!»

Il suono della sua voce rauca è attutito dal vetro, lo vedo muoversi sul tetto, da oltre la finestra chiusa.

«Ah no? Non mi hai guardata?»

«No, quando ho capito che ti stavi spogliando per entrare in doccia, mi sono subito voltato.»

Certo, certo. Gli unicorni fluttuanti e gli elefanti alati.

«Subito?»

«Subito dopo che hai tolto il reggiseno.» puntualizza sghignazzando come un bambino.

«James!»

Digrigno i denti ma in realtà vorrei stringere le cosce, perché il marchio che ne segna l'interno fa ancora male.

«E quando ho tolto i pantaloni?»

«Non ho visto, ma...»

In quel momento lo sorprendo gettare lo sguardo alle mattonelle che contornano l'esterno della casa.

«Cosa?»

«Tua madre era preoccupata, June.»

Oh no, hanno parlato

«Devi tornare a casa» taglio la conversazione e non mi preoccupo nemmeno di aprire la finestra.

«Non voglio tornare a casa» si sbraccia James, cominciando a bussare sul vetro.

Decido quindi di aprirgli un piccolo spiraglio, così la smette di urlare finendo per svegliare tutto il vicinato.

«Non dovevi stare con Jas?»

«Ho aspettato tornasse Jordan. Era uscito a cena con una tizia»

«Immagino non superi i venticinque anni.» sbuffo irritata.

Lui solleva le spalle, poi si accende una sigaretta.

«Sei venuto per fumare? Per dirmi qualcosa?»

James arcua le labbra piene in una curva laterale.

«Beh...»

«Parla.» espiro seria, levandogli ogni tipo di fantasia.

«La fai facile.»

Dapprima soffia via il fumo verso l'alto, poi si poggia con la spalla contro la parete esterna della casa.

«Se non parli, te ne puoi anche andare.»

«June ho paura che tu possa vedere il vero me, quello che non sa affrontare un cazzo e rovina tutto. Tutto.»

James lancia gli occhi nella notte e per un attimo riconosco in lui un bambino sopraffatto dalla paura.

«Ti ho visto in gita, eppure sono rimasta» sibilo aprendo di più la finestra.
James a quel punto china il capo verso di me, come per baciarmi, ma io indietreggio spaventata.

«No.»

«Mi stai lasciando?»

«No James.»

Di certo non è lui a spaventarmi.

«Dimmi qualcosa sulla vera te. Vorrei vederla anch'io.»

Le sue parole calde mi frugano nel petto, causandomi una strana voragine.

«Ho nascosto la vera me per anni. Quella distrutta dal dolore. E l'ho fatto per tenerla al sicuro, ma tu vuoi tirarmela fuori a tutti i costi, con i tuoi atteggiamenti da pazzo sconsiderato.» mi lamento con un filo di voce sottile.

«Non lo faccio apposta»

«Lo so, James... però io ho paura»

«Di cosa?»

«Ho paura di perdere l'unica persona che mi capisce per davvero.»

Tu

«Ecco perché m'impiccio, perché voglio sempre partecipare. Non vorrei perderti nel cammino, James. Lo so che stiamo crescendo ma... Questa per me non è una fase di passaggio, vorrei lo capissi.»

James non può fare a meno di guardare le labbra che mi hanno permesso di pronunciare quelle parole sentire.

«È la prima volta che... Da quando stiamo insieme, tu mi parli per davvero.»

«Ti stupisci James?»

«Quindi non è solo sesso per te?» m'interroga senza levarsi il cipiglio dal viso.

«No, perché per te lo è?» Mi allarmo.

«No, certo che no. Io non avrei mai sprecato il mio sassolino. Quello si dà una volta sola nella vita.»

«Guarda che i pinguini sono animali, non è proprio così romantica come vogliono fartela credere...»

«Che me ne frega di quegli uccelli bagnati, parlo di me e te»

Arriccio il naso quando James mi soffia il fumo sul viso.

«Dimmi la verità. Cos'è che ti ha deluso di più del mio atteggiamento?»

Già il fatto che voglia saperlo mi lascia stupefatta.

«Non puoi sparire per ore senza dirmi dove sei. Lo so che lo fai per non farmi arrabbiare, ma io è proprio lì che mi preoccupo»

Lui annuisce, mentre seguita a fumare in silenzio.

«Sei stato di nuovo da lui, vero?»

«June...»

«Provo ancora qualcosa per lui? Dimmelo»

«Eh? No, ma che cazzo dici.»

«Vorrei potermi fidare di te»

«Ci sto provando June, te lo giuro. È solo che...non sono convincente nemmeno per me stesso.»

«In che senso?»

«Voglio dire... sono incline a sbagliare, per natura. E quando scanso lo sbaglio, sono il primo a stupirmi. Mi chiedo come sia possibile. Fatico a credere di aver fatto qualcosa di buono.»

«Hai fatto qualcosa? Tu e lui dico.»

«No. Mi sono fermato prima che lui continuasse. E sì avevi ragione tu, il suo non era un interesse sincero.»

Solo l'idea mi pungola la bocca dello stomaco, fa male, non lo sopporto.

«La facilità in cui ti ritrovi in queste situazioni è assurda. Te l'ho chiesto prima di baciarci. Se per te questo è un passatempo, se per te stare con me non ha un senso, un valore e lo fai soltanto per divertiti... non farlo.»

«Me lo ricordo bene.»

«Cosa?»

«Il nostro primo bacio.»

La sua ultima frase, sussurrata con voce così pacata e rauca, mi fa schizzare il battito del cuore alle stelle.

«Le parole hanno un peso. Anche quelle non dette, James.»

«E dimmi, June... ci sono parole che tu non mi hai mai detto, ma che hanno un peso?»

Ehm

«Potrebbe essere.»

Faccio la vaga, forse perché il discorso sta andando in profondità, facendosi intenso.

«Comunque gli ho detto che non voglio più vederlo. Mai più.» annuncia James esaminando attentamente la mia reazione.

Tento di non dargliela a vedere, ma la notizia mi riempie di soddisfazione.

«Quindi... tra poco Madeline diventa grande.»

«Sono già piu matura di te.»

«Posso venire al tuo compleanno senza un invito?»

«No.»

«La maturità di White, signore e signori..»

James allarga le braccia prima di indicarmi con fare canzonatorio.

«Fai poco lo spiritoso. Dovrai fare i salti mortali, Hunter»

«June tu non hai capito, farò qualsiasi cosa, anche i salti mortali se serve»

La sua bocca invitante si adagia contro la mia nel pronunciare quelle parole.

«Beh, vedi di non farti male mentre fai i salti mortali, James....perché il tuo faccino mi piace»

Lui immobilizza un'altra sigaretta spenta tra le labbra carnose e poi, con due mosse svelte, scende giu dal tetto.

«Anche mentre scendi dal tetto...Ehi! Fa attenzione!» mi agito subito.

«Guarda come si preoccupa per me.» lo sento mugugnare tra le labbra carnose quando si trova già in cortile.

«June»

James mi richiama dal basso, invitandomi a sporgermi dalla finestra per guardare verso il giardino.

«Posso baciarti?»

«Me lo chiedi ora che sei sceso?» urlo a quel punto.

«Ci metto due secondi a salire. Dimmi solo che mi vuoi.»

«Senti, t'invito al mio compleanno. Considerati fortunato. Ora torna a casa.»

«Sì!»

Lo vedo sbracciarsi per esultare, ma quando si volta, sbadato com'è, va a sbattere con il gomito contro il tronco di un albero.

«Cazzo!»

Dopo una serie d'imprecazioni irripetibili e io che continuo a sporgermi per assicurarmi non si sia fatto troppo male, lui finalmente risolleva gli occhi verso l'alto.

«Vuoi sapere cosa mi fa sentire felice?»

«No.» Ribatto aspettando solo che me lo dica.

«Farti ridere.»







Il giorno seguente ho il primo appuntamento con la psicoterapeuta. Mia madre non ha perso tempo e siccome a casa ci sono anche May e la zia, non voglio fare scenate, quindi decido di fingere di andarci. In più April ha istituito una nuova regola per imporre il suo regno del terrore: non posso più chiudermi in camera.
Porte sempre aperte.
Che agonia.

«Ti accompagno, June... »

Mia madre entra nella stanza, dove si ferma per squadrarmi da capo a piedi.

«Sei ancora con la tuta?»

Certo, non vado da nessuna parte

«Certo ci vado in tuta e in bici.»

«Ti accompagno, voglio assicurarmi che...»

«April... Non insistere» s'inserisce la zia, patteggiando per me.

Ma la zia non sa che sta dando man forte ad una disonesta.

Stessa disonesta che dice di andare alla visita invece vagabonderà con la bici per venti minuti.

«Che fai White?»

«Sto vagando in bici.»

Rispondo alla chiamata di James con un po' di apprensione.
Inizialmente penso sia accaduto qualcosa di brutto, poi però mi calmo, man mano che sento il suono della sua voce.

«Vieni da me?»

«Cosa? No.»

«Vuoi tenermi lontano ancora per molto, Biancaneve?»

«No, il giusto.»

«Ti vengo a prendere?»

«No.»

Lo sento sbuffare.

«Mia madre pensa che io sia dalla psicologa.»

«E perché non ci sei?»

«Tu pensi che io ne abbia bisogno?»

«Io penso che tu mi aiuti a superare i momenti difficili, ma quando si tratta di te... Ti nascondi»

«Questa sera esci?» gli chiedo incuriosita, ricordandomi che è sabato.

«No. Mio padre esce questa sera.»

«Ti stai impegnando a non lasciare mai Jas da solo...» realizzo a quel punto.

«Sì.»

«Mi fa piacere, James»

«Già. Senti June, le hai le palle, tirale fuori allora.» mugola prima di salutarmi.

È il suo modo per dirmi di non mancare alla vista?

Controllo l'orario e vedo che sono ancora in tempo per l'appuntamento delle sei e mezza, quindi senza pensarci troppo, imposto l'indirizzo su maps e mi dirigo allo studio.

La tizia cosiddetta "esperta" ha un ufficio all'interno di una villa che risiede in un quartiere residenziale.
Mi offre un tè caldo poi si risistema gli occhiali rossi sul viso ovale, contornato da folti capelli ramati.

«Puoi parlarmi di te.»

«Non saprei che dire. »

«Quello che vuoi, è il nostro primo incontro.»

«Immagino tu non voglia sapere cose generiche»

«Ne sarei già contenta.»

La dottoressa seguita a curvare la testa verso sinistra ogni volta che mi rivolge parola, dandomi sui nervi.

«Domani è il mio compleanno.»

Sparo il colpo più grosso che ho in canna.

«Oh.»

«Già.»

«Immagina che l'anno passato sia un libro. Ora prova a sfogliarlo a ritroso. Quante cose hai imparato?»

Sorrido dinnanzi a quella metafora, forse perché vi ho trovato la falla.

«Le ho imparate sulla mia pelle, quindi non è proprio come leggere un libro.»

Sono io che faccio sorridere lei questa volta.

«Però sì... credo di aver ricevuto diversi insegnamenti.»

«Ora immagina di aver cominciato l'anno passato con un cestino vuoto tra le mani. Quante cose hai aggiunto quest'anno?»

«Parli di persone?» chiedo confusa.

«Qualsiasi cosa che ti faccia stare bene. Qualsiasi cosa che prima non c'era. Persone, pensieri, ambizioni, ricordi.»

«Ho aggiunto tante cose quest'anno.»

«C'è qualcosa vorresti togliere da quel cestino?»

«No, ma... ripensando agli anni passati, vorrei aggiungerci qualcuno che non c'è più.»

«Sai June, quello che manca nel cestino lo possiamo aggiungere sotto forme diverse.»

«La sto scontando.»

«Se a mancare è una persona cara, potremmo sempre provare con un pensiero, con il ricordo dei momenti trascorsi insieme.»

Annuisco, quando in realtà è tutta teoria per me.

«Ti capita di rivivere quei momenti passati?»

«No, preferisco non pensarci.»

Osservo la carta da parati che avvolge il muro alle spalle della donna. Quel blu indaco è piacevole, rilassante.

«Il dolore che ti causa il ricordo è ancora forte perché hai deciso di nasconderlo, invece che affrontarlo.»

Lo sapevo che sarebbe arrivata qui.

«Nascondere la sofferenza sotto al tappeto, all'inizio sembra la soluzione piu facile, ma se la sensazione di sofferenza la teniamo nascosta troppo a lungo, la superficie inizierà a fare avvallamenti e il tappeto non sarà poi così confortevole quando ci camminerai sopra...»

«È tutta teoria..» Mi lamento, lievemente intimidita dalla donna.

«Cosa June?» chiede lei congiungendo le mani sulla scrivania. 

«Tutto questo affrontare. Ma che significa? Non capisco...devo vivere il dolore? Devo star male, struggermi?»

«No, June. Devi parlarne con qualcuno..»

«Tutto qui?»

«Tutto qui. Ma non è semplice e tu lo sai....»

A quel punto mi sigillo la bocca. Cos'altro devo dirle? Questa vuole sapere i fatti miei nel profondo, non mi va di condividere così tanto con una sconosciuta.

«Come lo festeggerai il compleanno?»

«Fa parte della terapia?»

«No è per conoscerti meglio.»

«Come tutti gli anni, sola con mia madre o con mia zia e mia cugina»

«E le nuove cose aggiunte dopo il traferimento?Hai delle nuove amicizie?»

«Credo di sí...»

«Credo?»

«Si direi di sì»

«Potresti trascorrerlo anche con loro»

«Non voglio feste o cose in grande»

«Puoi parlarne.»

«Lei ci verrebbe al mio compleanno?»

«Mi stai simpatica»

«Basta moine... Se vuole, però, può farmi un regalo.»

«Il regalo più bello sarebbe?»

«Non è realizzabile.»

«Ti manca?»

«Sì ma non posso pensarci.»

«Non vuoi June.»

«Non posso.» ribadisco seria.

«Cosa t'impedisce di pensarci?»

«Non riesco»

«Non devi rifiutare il dolore, ma accoglierlo»

«Perché? Non mi piace stare male»

«Non piace a nessuno, June»







«Non voglio feste Tiff.»

Sono costretta a ribadirlo, perché Tiffany si presenta a casa mia con un abito attillato che le sta alla perfezione, esaltando una scollatura mozzafiato. Mi chiedo da quando le sia cresciuto il seno in quel modo.

«June ma sei impazzita? Quale festa?» esordisce entrando nel mio salotto.

Sono le sette e mezza di domenica sera e sì, è proprio la sera del mio compleanno.

«Non abbiamo avuto scuola, quindi nessuno sa che è il tuo compleanno, a parte me e Poppy.»

E prima che io chiuda la porta d'ingresso, vedo la bionda affrettarsi sugli scalini del pianerottolo.

«Poppy che ci fai qui?»

«Ci guardiamo un film» bisbiglia lei sottovoce. Il suo fare circospetto mi rende dubbiosa.

«Che c'è, non ti fa piacere, June?»

Poppy mette su due occhioni spauriti, quindi scrollo il capo.

«Lo sai che mi fa piacere, solo è... strano»

«Hai presente quando sei dell'umore di guardare un film ti faccia piangere di felicità?» ci interrompe Tiffany mentre proseguiamo verso camera mia.

«Vecchio, ma non troppo» 

«Oh guarda che cosa c'è qui..»

Poppy si avvicina al mio computer aperto sul letto e io per poco non mi faccio prendere da un infarto.

«Aspetta.» sibilo riducendo ad icona il file.

A lei però non sembra importare cosa stavo scrivendo, vuole mettere un film su Netflix.

«Love actually?» Propone la mora prima di sedersi e stendere le gambe lungo il mio letto.

«Okay»

La fisso stralunata. È uno dei miei film preferiti e lei è vestita come se andasse a una festa di capodanno. C'è qualcosa che non quadra.

Il mio letto è a una piazza e mezza, quindi io Tiff e Poppy dobbiamo stringerci per guardare il film, ma alla fine finiamo per divorarcelo.

E dopo aver singhiozzato come una disperata, alla conclusione del film, Tiff mi osserva con due occhi gonfi.

«Non hai versato una lacrima!»

«Ma l'ho già visto mille volte... E poi devo dire che, rispetto a quando ero più piccola, ci sono un paio di cose che oggi mi fanno storcere il naso.»

«Sì okay ma non mi capacito del tuo cuore d'acciaio June» continua Tiff soffiandosi il naso con il fazzoletto che le passa Poppy.

«Tu e Poppy siete le mie uniche amiche.»

Le due si voltano all'unisono, una alla mia destra, l'altra dalla mia sinistra e lo fanno per osservarmi quasi scandalizzate.

Oh no, non la pensano come me...

«Va beh era per dire» minimizzo scrollando le spalle.

«Come era per dire? Certo che siamo tue amiche è che...»

Poppy a quel punto si ferma per cercare le parole più adatte.

«Ci fa strano che tu lo dica» riflette la mora, prima di alzarsi in piedi.

«Ci facciamo i capelli?»

«Perché?» m'insospettisco immediatamente, soprattutto perchè Poppy continua a controllare l'orario sul telefono.

«Così... Dai, ci trucchiamo, ci vestiamo carine»

Da copione, Poppy annuisce convinta, a seguito della proposta di Tiff.

«Non ho vestiti carini. E poi perché dovremmo...»

Gli occhi color caramello della mora s'illuminano all'improvviso, sembrava non aspettasse altro.

«Li ho io. Vado a prenderli in macchina.»

«Cosa? Chi?»

Poppy fa il segno della cerniera davanti alla bocca ed è lì che capisco.

Stanno tramando qualcosa.

La conferma ai miei sospetti arriva quando Tiff torna con due sacchetti pieni di vestiti.

«Ma sono nuovi...» costato quando mi accorgo dei cartellini ancora attaccati agli abiti, con tanto di prezzo.

«Sì, io e Poppy abbiamo fatto shopping oggi. Sai, capodanno e Natale si avvicinano...»

«Wow.»

Mi lascio andare ad un verso di apprezzamento quando tra le mani mi ritrovo un lungo abito da sera dal tessuto scuro, impreziosito da una fascia tempestata di gemme e un'ampia scollatura sul retro.

«Non è grande per te?» Domando sollevando gli occhi in direzione di Tiffany che mi guarda tutta emozionata.

«Nah, con tutto quello che sto mangiando in questi giorni, mi sa che due o tre chili li prenderò di sicuro. Provalo se ti piace.»

«Ma...»

«Provalo.»

Quando lo estrae resto esterrefatta. A prima vista sembra un top senza maniche unito a una gonna aderente, ma solo quando lo indosso capisco realmente com'è fatto.

La parte superiore mi fascia il seno lasciando la pancia scoperta grazie a un taglio obliquo. Sul lato il vestito si unisce alla gonna che scende giu aderente, con un ampio spacco.

«O mio dio, June. Se non avessi fatto la ceretta alle gambe sarebbe un disastro.»

Poppy se ne esce con quella frase sincera, Tiffany invece resta a bocca semi aperta.

«Sei bellissima.»

«Non lo so...»

Giocherello con la grossa fascia argentata che mi avvolge la pancia scoperta.

«Ho le gambe che prendono aria, per non dire altro.» mi lamento sollevando il lato del labbro superiore, prima di indicare i due spacchi profondi sulle cosce.

«Stai benissimo» aggiunge Poppy.

«Sì ma che devo fare, andare agli Oscar? »erompo scettica, fissando la mia sagoma allo specchio.

Tiff ridacchia, intanto Poppy va in bagno a raccattare il ferro per capelli.

«Ma no, facciamo delle prove in vista delle feste natalizie.»

«Voi siete già perfette, sembra dobbiate andare a una festa» sbuffo sedendomi sul letto.

Poppy si sigilla la bocca, letteralmente, e dopo poco comincia a dedicarsi ai miei capelli, creando delle onde perfette con il ferro.

Decido di non farmi altre domande e mi godo quelle piccole coccole, finché non si passa agli argomenti scottanti.

«James?»

Tiff raccoglie tutta la mia attenzione con quella domanda, mentre comincia a stendermi del fondotinta sul viso.

«Non l'ho sentito oggi.»

«Oh.»

«Ehm... Beh..»

Poppy sembra essersi dimenticata del voto del silenzio, perché comincia a balbettare.

«Zitta.» La sgrida Tiff.

«Tu Poppy? Con Brian?» chiedo a quel punto, incerta sulla domanda.

«Brian?»

«Eh.»

«Brian.. non lo so... Ci sto bene con lui ma non mi fa ridere, non mi tira su di morale aanche quando mi mostro allegra mentre dentro sto uno schifo.. Non ha quel qualcosa in più e non è l'amico che vorrei.»

«Un amico?»

Non sono sicura di aver capito bene a chi si riferisca. Forse a Marvin?

«Immagina che bello stare con il proprio migliore amico, sei in sintonia su tutto, risate a non finire... insomma io la vorrei così una relazione. Non tutti vogliono l'amore struggente che ti strazia il cuore.»

Annuisco, mentre Tiffany prova a stendermi l'eyeliner.

«Già. Anch'io vorrei stare con il mio migliore amico.. se non fosse che è una ragazza è che siamo più diverse di due nemici.»

«Taylor ha provato ad esserci per te Tiff, ma tu non hai fatto altro che allontanarla.» borbotto ad occhi chiusi.

«Taylor non mi amerà mai come io amo lei, è inutile provarci e riprovarci. Potrei fare qualsiasi cosa e lei continuerà a preferire quegli stronzi dell'ultimo anno.»

«L'amore non è come nei film vero?» chiede Poppy a quel punto.

«Nah affatto.»

«James non lo capisco. Prima mi allontana, poi si sente in colpa per tutto.»

«Tu no?» mi provoca Tiff .

«Vuol dire che ci tenete molto agli altri.» spiega Poppy passando le dita tra i miei capelli biondi per districare le onde morbide appena create.

«Se non è qui a farti gli auguri, non è perché non ti sta pensando, è solo perché non vuole mostrarti il suo lato più brutto.»

«Grazie Tiff, ma io non fuggirei davanti ai suoi lati peggiori.»

«Perché?»

«Perché io lo...»

«Lo????» urlano in coro.

«Lo accetto

«Lo accetti?»

Poppy sorride.

«Iniziava con la a" stavi andando molto bene, June. Ti sei persa sul finale.»

Mi prende in giro, prima di staccare il ferro dalla presa. E mentre ridacchiamo una figura longilinea fa irruzione nella stanza.

È May.

«Non voglio interrompere questa piccola festicciola alla quale non sono stata invitata, ma...»

Io sono voltata in direzione di May per ascoltare le sue parole, mentre alle mie spalle Tiff e Poppy iniziano a gesticolare come pazze e si immobilizzo non appena mi giro e le becco in pieno.

«Dovete scendere di sotto»

«Perché? Mamma e zia sono uscite, no?»

Nel primo pomeriggio mi hanno portata a mangiare una coppa gelato affogata nella nutella, perfetta per novembre, il tutto si è concluso con una bella cioccolata calda.

E poi? Sfuggite dal radar. Non mi faccio più domande ormai, mi va bene siano fuori, l'importante è che non c'entri Jordan Hunter.

«Perché c'è gente di sotto» spiega May con tono apatico.

Le sue labbra restano immobili pure quando parla, secondo me ha una specie di dote inesplorata, potrebbe fare la ventriloqua.

«Ma se c'è un silenzio di tomba.» la corregge Tiff, sgranando gli occhioni in direzione di Poppy.

«Ci saranno almeno dieci persone»

«Cosa oddio? Ladri?» sbotto io.

«Non sembravano ladri.» May a quel punto abbassa lo sguardo e capisco sta nascondendo qualcosa. Decido quindi di alzarmi in piedi di scatto, ma Tiff mi blocca prima che io possa uscire.

«Aspetta, il rossetto.»

«Devo farmi bella anche mentre mi svaligiano la casa?»

Quando scendo di sotto la prima persona che vedo è Marvin, proprio dinnanzi al tavolo del salotto straripante di cibo.

«Oh no... il bersaglio si sta avvicinando pericolosamente...»

Lo vedo sussurrare con la bocca appiccicata al cellulare.

«Marvin? Ma cosa diavolo ci fai...»

«Allarme rosso. Il bersaglio è appena entrato in zona di guerra. Ripeto, il bersaglio è qui.»

«Marvin finiscila di fare il coglione, siamo a due metri da te!»

Taylor esce dalla mia cucina insieme a Blaze, William e Brian. Ma quando sollevano lo sguardo verso le scale, si bloccano tutti.

«Abortire la missione, la cugina ha fatto la spia.» bisbiglia Marvin.

«Oh» Ari resta a bocca aperta, non tanto nel vedere me, ma per via del vestito che indosso.

«Bersaglio elegante e molto attraente a ore dieci. Passo e chiudo. Vado a mettere la musica.» conclude Marvin.

«Cosa ci fate qui?» domando spaesata, anche se i palloncini sparsi per il soffitto e la scritta appesa che dice "Buon Compleanno June" dovrebbe suggerirmi che cosa stia accadendo.

«Stai benissimo. Auguri June» Blaze è il primo a farmi gli auguri, seguito a ruota da Poppy e Tiffany, che però se la prendono con Marvin per la mal riuscita della sorpresa.

«Dovevamo abbassare le luci e saltare fuori una volta scesa giù dalle scale!» si lamenta Ari.

«Meglio per voi. Se vi avessi visto sbucare nel buio vi avrei uccisi ad uno ad uno.»

Mi volto di scatto verso May che ha pronunciato quelle parole.

«Scherza ovviamente, vero? May è amante del dark humor.»

«Mia madre gira armata. Ci hanno rapinato l'anno scorso.» prosegue imperterrita.

«Doveva essere una sorpresa di compleanno, ma ti sei trasformata in "Barbie, Notte degli Oscar".» mi prende in giro Taylor.

«Lo è, è una bellissima sorpresa. Grazie»

Marvin si dedica alla musica, mentre Poppy mi spiega come sarebbero dovute andare le cose, solo che nessuno aveva fatto i conti con la presenza di May in casa.

«Non sapevamo ci fosse.»

«Tua cugina è single?»

La voce non la riconosco immediatamente, ma quando mi volto in direzione del salotto vedo che sta arrivando gente, tra cui Connell insieme a Stacy.

«Chi ti ha invitato Corbell?«

«Nessuno, soprattutto se consideri che mi sarebbe arrivato un invito con un nome sbagliato sopra»

«Oh ci puoi scommettere»

«Tua cugina invece?»

«Odia il mondo» spiego indicandogliela.

«Vedremo se odierà me...»

«Vai fuori ad aiutare Brian con il telo da appendere alla parete.» Taylor lo blocca immediatamente, indicandogli l'ingresso.

«Che telo?» domando confusa.

«Non sono affari tuoi, vai, ti reclamano sul red carpet»

La bionda mi scaccia via, come se stessero confabulando qualcosa, quindi mi unisco a Marvin che sistema le bottiglie sul tavolo della sala da pranzo.

«Tua cugina sa fare la pizza buona come la tua?»

Sorrido. «Non sapevo ci fosse questa sorpresa, sennò l'avrei preparata.»

«Potrei averti stupito» Annuncia Marvin a quel punto.

«Cosa?»

E quando si avvicina al tavolo e solleva la carta stagnola da due grosse teglie fumanti, noto con mio piacere che è proprio pizza fatta in casa quella.

«O mio dio sei pazzo... L'hai fatta tu?»

«Può darsi. Ma è il tuo regalo.»

Sono troppo felice per quel gesto, quindi abbraccio Marvin, con la consapevolezza che è una persona d'oro, anche se spesso gli altri non se ne accorgono e lo danno per scontato.

«June le tue tette mi stanno toccando il petto da più di cinque secondi, non voglio morire giovane.» ironizza osservando la porta, dalla quale però, non entra chi vorrei vedere.

Sorrido e nonostante l'imbarazzo iniziale di quel vestito troppo bello e appariscente, inizio a rilassarmi. Le persone intorno a me sembrano non far caso a come sono conciata. Non so perché, ma se da un lato me lo aspettavo che James non sarebbe venuto, ci sono comunque rimasta molto male. Soprattutto perché non c'è nemmeno Jackson.

«Di cosa parlavi l'altro giorno con Will, riguardo a verniciare qualcosa?»

«Ho comprato una vecchia vespa. La stiamo rimettendo a nuovo, Will mi dà una mano»

«Uh, posso sapere come mai o è un segreto?» domando nel vederlo lanciare gli occhi chiari in direzione di Poppy che parla a capofitto con Ari.

«So quanto le piacciono quelle cose romantiche...»

E io so quanto gli piaci tu, solo voi non l'avete capito

«Il suo sogno sarebbe fare un giro in vespa a Roma.» aggiunge poi.

«Ah...»

«Beh si deve accontentare di Venice Beach, però voglio portarcela.»

«Marvin devi farlo, ti prego.»

«Tu dici? E dire che stavo per mollare...»

«Non farlo. Lei ha i suoi tempi ma vuole il suo migliore amico.» lo incito e senza nemmeno accorgermene, i miei occhi si piantano sulla porta prima di divenire due pozze lucide.

«June...» Marvin sembra accorgersene.

«È tutto okay.»

Deglutisco. Non voglio che gli altri si preoccupino per me, hanno già fatto tanto con questa festa a sorpresa, non posso scoppiare a piangere.

«Lo so che non devo starci male.»

«James ci tiene a te.»

«Tranquillo, non mi devi rassicurare.»

Lotto con tutte le forze e inghiottisco il pianto che vuole farsi strada dentro di me.

«Fammi dare un morso piuttosto.»

E mentre mi avvento sulla pizza come un avvoltoio, sento la voce di Jackson provenire da fuori.

Magari è solo la mia immaginazione.

«C'è James» bisbigliano le ragazze a quel punto.

«Non pensavo venisse...» sento Ari sussurrare.

«Dov'è?» chiedo a Poppy che viene verso di me.

«Fuori, ha detto che devi uscire.»

Tiffany viene a prendermi sotto braccio perché si accorge che sto andando nel pallone.

«Stai bene?»

«Sì» rispondo con un vuoto in gola e una strana sensazione di agitazione.

«Questo vestito l'ha scelto James.» sussurra nel mio orecchio.

«Cosa?»

«Un po' sessista come cosa.» puntualizza Taylor.

«Ma no che dici, è romantico.» la rimprovera Tiff.

«Se lo dici tu» la punzecchia la bionda, prima di rivolgersi a me.

«Esci Biancaneve, il cacciatore ti aspetta.»

Così, prima prendo un lungo respiro, poi decido di farmi coraggio e uscire di casa.

E quando giungo sull'uscio, non me ne pento affatto. L'aria serale è tiepida nonostante il mese di Dicembre, ma dei lunghi brividi iniziano a segnarmi le cosce scoperte.

Tengo la testa china, sono attenta a risistemarmi l'abito, ma li sento addosso due occhi che mi infiammano la pelle.

James indossa una camicia scura sopra a dei pantaloni altrettanto scuri. Accanto a lui sbuca la testa bionda di Jackson. Quest'ultimo ha parcheggiato il pick-up proprio davanti a casa mia e sta provando a maneggiare qualcosa sul retro della macchina.

«Ma che fai lì?» chiedo con labiale restando impalata davanti alla porta d'ingresso.

«Cazzo non si accende»

«Piccoli problemi tecnici alla base, passo.» sento dire a Marvin, che nel frattempo è uscito sul viale, insieme agli altri.

«Come sei elegante...» mormoro con il labiale a James, che non mi leva gli occhi di dosso.

«Come sei bella.»

Lui muove le labbra gonfie per mimare quelle parole, obbligandomi ad abbassare nuovamente lo sguardo.

E quando questo finisce a terra, mi accorgo che oltre alle guance pulsanti, non indosso nemmeno un paio di scarpe.

Qualcosa s'illumina alle mie spalle, quindi mi volto, indirizzando il naso verso l'alto.

Jackson ha un proiettore sul retro del pick-up e lo sta puntando verso il telo bianco appeso proprio sul muro esterno della casa.

Finalmente Jackson riesce ad attivarlo, intanto avverto un leggero chiacchiericcio a fare da sottofondo, ma questo s'interrompe non appena parte una sequenza di frasi proiettate sul muro.

Pensavo ci fossero immagini, video, invece sono frasi vere e proprie.

Ciao Biancaneve

Recita la prima, scritta a mano.

Qualcuno ridacchia ma io sento il cuore cominciare scoppiarmi nel petto.

So che c'è questo film

Che film?

Mi volto in direzione di James che seguita a cliccare sul telecomando per cambiare le slide.

Che ami tanto...

Lo guardo accigliata perché non capisco.

Quello dove lui s'innamora della ragazza del suo migliore amico.

Divento viola, all'istante.

Che figura.

«Scusa Will.»

James stempera l'atmosfera con quella frase.
Tutti si sciolgono in una risata, compreso lo stesso William, che sembra prenderla bene, anche se non riesce a fare a meno di rimproverare l'amico.

«Vaffanculo James, dovevi ricordarlo a tutti?»

«Vabbè dai, questo s'innamora della ragazza e poi che fa?» sbotta Taylor a quel punto.

E gli confessa i suoi sentimenti con dei cartelli

«L'abbiamo visto oggi quel film!» esclama Poppy con le mani congiunte, emozionata più che mai.

Casualmente...

Io quelli te li vorrei confessare a voce, di certo non davanti a tutti questi stronzi

Gli altri ridacchiano, ma io ho occhi solo per le scritte proiettate.

Ma le mie scuse... Voglio fartele così.

Mi volto e mi accorgo che James è di fianco a me.

«Scusa.» sussurra nel mio orecchio, prima di azionare ancora una volta il telecomando.

Ci sto provando June, a essere migliore. Per me e per te

Chiudo gli occhi, la mia bocca si curva in un sorriso genuino nel sentire la voce di Marvin.

«Bersaglio nel radar...»

Dicono che i soldi non comprano la felicità, forse proprio perché sono i regali più belli quelli che non puoi acquistare.

E proprio nel momento più atteso, le mie labbra e quelle di James si sfiorano e un pensiero mi riempie la testa fino a non farmi capire più niente. Voglio baciarlo.

«Aprire il fuoco...»

James schiude la bocca e senza pudore mi spinge la lingua in bocca facendomi tremare le gambe, mentre con la mano fruga nei miei capelli, lasciando che il pollice mi carezzi la tempia.

Dimentico di tutto e tutti, se non fosse che la voce scanzonata di Marvin mi riporta di nuovo alla realtà.

«Colpito e affondato. Missione compiuta.»

«Io e te facciamo i conti dopo» lo minaccia James, che riprende ad azionare il proiettore.

«Ancora un'ultima cosa...» annuncia prima di puntare il telecomando verso la parete.

Se Brian ti si avvicina, io lo ammazzo.

Tutto scoppiano a ridere.

«Sei proprio un coglione» sbuffa Brian imbronciato, sollevando lo sguardo al cielo.

I ragazzi rientrano in casa, mentre io resto fuori ancora un po' insieme a James.

«Non ci sono torta, né candeline ma a quanto pare hanno ordinato un sacco di roba che ti piace»

Con una passata di mano, James si scompiglia le ciocche castane che gli ricascano mosse sulla fronte.

«Grazie James.»

«E di che?»

«Anche se prima volevo tirarti i capelli...»

Una crepa maliziosa gli taglia il volto.

«Ah...»

«Non nel modo in cui pensi tu.» M'impegno a puntualizzare.

«Peccato.» commenta lui, nel momento in cui Jackson interrompe il nostro momento di mugolii sussurrati, fatti di labbra contro labbra.

«Posso fare gli auguri alla festeggiata?»

«Qualcosa mi dice che l'hai aiutato, vero Jackson?»

«James stava impazzendo, ci abbiamo messo tutto il pomeriggio.»

Il biondo mi fa gli auguri con un bacio sulla guancia e questo causa uno sbuffo da parte di James.

«Jackson, lo fai apposta con quelle cazzo di mani sempre sui fianchi?»

E non appena quest'ultimo va a riunirsi con gli altri, i miei occhi tornano nel blu più profondo, quello dei suoi occhi.

«Tu sei in prova per tutta la serata, James. Voglio che tu lo sappia.»

James sembra essere venuto a mani vuote, ma non importa. Mi basta la sua presenza. Il suo profumo.

Il mio respiro si fonde con il suo, ritrovo pace nelle sue labbra, ogni volta che torniamo a darci dei piccoli baci accennati. È James però, a interrompere il nostro bacio, reclina la testa per lambire il mio corpo di un'occhiata penetrante.

«Dillo, dai.»

«Cosa?» Percepisco i suoi sguardi farsi sempre più smaniosi.

«Tu mi vuoi morto, cazzo.»

Sorridiamo come due bambini, quando mi accorgo che un'auto già vista sta parcheggiando poco distante.

«Arrivo.» dico a James che intanto ne approfitta per andare parlare con i suoi amici.

Amelia.

Apro bocca per chiederle cosa diavolo ci faccia qui, ma i suoi occhi spenti e gonfi mi lasciano stranita.

«Lo so che non mi vorresti qui, ma...Ho riflettuto su quello che mi hai detto. Ho deciso di non vederlo più.»

«Parli del prof?»

«Sì, sono appena stata a casa sua. Non è vero che lui e la moglie stavano per divorziare. Lo diceva solo per tenere il piede in due scarpe. La mia vita stava andando a rotoli e non me ne sono resa conto.

«Ti hanno insegnato che mostrare le debolezze della propria famiglia sia una specie di disonore... Ma non è così, hai fatto la scelta giusta.»

Lei china il capo.

«Sono venuta a mani vuote perché non sono qui per restare.»

«Dimmi che aiuterai James, lo prendo come regalo di compleanno.»

«Aiuterò James, ma prima voglio assicurarmi che mio fratello abbia quel posto al college.»

Le sue parole mi fanno trasalire. Come può dire una cosa del genere?

«È giusto che l'assegnino a chi la merita di più. James non permetterebbe mai che Jackson...»

«Ho solo questa richiesta, June.»

«Gliene parlerò. Ma... Dove stai andando?»

Perché sembra un addio?

«Ho fatto troppi danni, è la tua festa.»

Amelia mi volta le spalle e prende a camminare spedita verso la sua auto.

«June»

Will mi richiama prima di lanciare un'occhiataccia sinistra ad Amelia. Non si sono lasciati in buoni rapporti quei due.

«Taylor mi sta minacciando di farmi saltare in aria insieme ai botti» sussurra lui indicando l'interno della casa.

Quando mi volto però, Amelia è già in macchina, pronta ad andarsene.

«Siamo all'asilo e stai chiamando la maestra, Will?»

«No, dico di muoverti sennò ti perdi lo spettacolo» sorride lui.

Io però non sto affatto ridendo. Quando Will mi rivolge quel sorrisetto di solito c'è solo una cosa da fare. Fuggire.

Ma dato che è casa mia, questa opzione è da escludere.

Quale spettacolo?

«O mio dio c'è un arsenale in casa mia? strillo nel vedere uno scatolone gigante pieno di razzi e fuochi d'artificio pronti all'uso.

«Spero tu abbia assicurazione sulla casa June White» Puntualizza May.

E invece che la tuta nera che indossava poco fa, si è cambiata con un paio di jeans aderenti e un top altrettanto scuro.

«Perché mai dovrebbe servirle un'assicurazione?» ridacchia Will.

«Bhe...»

Lei apre bocca ma non esce un suono, Will si è già defilato senza nemmeno guardarla, troppo eccitato per i botti.

Così decido di non fare la guastafeste a salire insieme agli altri sul tetto, dove Will si prodiga con i fuochi d'artificio, aiutato da Marvin.

«Se salto per aria, sai cosa devi fare Will.»

«Cosa?»

«Finire di riverniciare la vespa.»

«E poi ce la porto io Poppy allora?» lo prende in giro l'altro.

«Ti lancio di sotto Will»

«Oh ma che cazzo siete impazziti?» sbraita Jackson con tono apprensivo, nel vedere i due litigare sul bordo del tetto.

A me viene da ridere e in quel momento May ci raggiunge porgendomi il cellulare.

«Tua madre» la sento mormorare prima di consegnarmi il telefono.

«June, tutto bene?»

«Mamma tu lo sapevi, vero?»

«Può darsi.»

«Grazie ehm... Senti... Abbiamo per caso un'assicurazione sulla casa?»

«June vengo lì e vi prendo per i capelli ad uno a uno.»

James finalmente si siede di fianco a me e mi ruba il cellulare dalle mani.

«Non è necessario. Ciao mamma.» esclama prima di terminare la chiamata.

Io e James ce ne stiamo un po' in disparte, e mi accorgo di non averlo ancora visto fumare una sigaretta da quando è arrivato.

«Posso» domando indicando le sue gambe.

«Puoi sederti sulle gambe solo se dopo ti siedi sulla mia faccia»

Che cretino

«Quale regalo vorresti?» domanda poi, poggiandosi con la schiena contro il muro.

«Niente, direi che è uno dei miei compleanni più belli...»

«Ma se potessi...»

«L'unica cosa che non posso avere.» sussurro lanciando lo sguardo a lato.

Gli altri intanto non badano a noi, troppo presi dagli schiamazzi di Will e Marvin.

«Che dici di tuo padre? Non lo senti mai?» bisbiglia James nel mio orecchio.

«No. La verità è che mia madre non approva molto il fatto che io e lui ci incontriamo. E non perché lui sia una cattiva persona... Ha paura possa avere una brutta influenza su di me.»

James non fiata, resta in silenzio ad ascoltarmi.

Ha tentato di togliersi la vita, lei non riesce a perdonarglielo.

«Poi non so, ha deciso che io e mia madre gli ricordiamo tutta quella sofferenza che ha vissuto con la morte di mio fratello, quindi se n'è andato e si è rifatto una vita»

«E tu... Non vorresti sapere cosa fa? Tipo... Raccontargli la tua vita?»

«In realtà lo faccio già.» confesso con un filo di voce.

James ovviamente resta perplesso.

«Ma hai detto che non lo senti da tanto. Non capisco, June.»

«Gli scrivo. Tipo quello che mi succede durante la giornata, cose importanti ma anche cose stupide, insignificanti...»

«Non c'è niente di insignificante in te...»

A quel punto un botto ci fa sobbalzare.

«Wow! Ormai sono espertissimo.» si autocompiace Will nel notare la potenza della gittata del botto appena sparato, che causa uno spettacolo pirotecnico nel cielo.

«Magari un giorno vorrà leggerle. Sono e-mail , appunti, note, cose così...»

«Gliele invii?»

«Non ho il coraggio di spedirle...»

«Dovresti June»

Le pupille di James a quel punto si dilatano, sembra colto da una realizzazione momentanea.

«Ecco cosa facevi al computer con quegli appunti che ho visto di sfuggita.»

Annuisco e abbassando il mento, lascio che le onde bionde mi ricoprano il viso.

James allunga una mano tra i miei capelli per riavviarmeli dietro l'orecchio.

«Dovresti spedirglieli, davvero.»

Il suo pollice freddo mi leviga lo zigomo, dandomi i brividi.

Decido però che è giunta l'ora di cambiare discorso, non voglio farmi sopraffare dall'angoscia, non questa sera.

«Grazie per il regalo. Il proiettore e tutto ciò che hai scritto.»

«Quelle erano delle scuse che ti dovevo. So che qualsiasi cosa io ti regali, non sarebbe mai all'altezza.»

«Mi hai già regalato un sassolino. Per me è la cosa più importante.»

James si sporge verso di me, poggia una mano sulle mattonelle alle mie spalle e con un braccio mi cinge le spalle, portandomi più vicina lui.

«È un impegno, June... non voglio andarmene alla prima difficoltà»

Mi sento piacevolmente protetta tra le sue braccia.

«Non farlo allora.»

Le nostre labbra non sembrano in grado di scollarsi le une dalle altre. Restiamo vicini a scambiarci i respiri, finché James non decide di lasciare slittare la punta della lingua per leccarmi il labbro inferiore.

«Comunicazione di servizio. Il missile del soldato Hunter sta per spiccare il volo»

Marvin mi fa scoppiare a ridere di gusto.

«Ricordami di picchiarlo. Forte.»

Restiamo a guardare il cielo colorarsi di piogge incandescenti, finché James non torna a bisbigliare nel mio orecchio.

«Potrei averti fatto un regalo.»

Con l'indice mi indica la strada davanti casa che è ben visibile dal tetto.

«Quella è la tua auto.» Mi acciglio.

«Potrai guidarla tutte le volte che vuoi.»

«Non è un regalo questo»

«Il fatto che tu possa guidarla cosa significa secondo te, Biancaneve?»

«Non ho la patente.»

«Ce l'avrai a breve.»

James estrae dalle tasche un foglietto e me lo porge. È il foglio bianco della motorizzazione.

Non ci credo, mia madre sono mesi che temporeggia, avevo come l'impressione avesse paura di vedermi compiere un passo così grande.

«Mi hai iscritto a scuola guida, James?»

«Quando prenderai la patente, andremo insieme in Virginia.»

Viene così spontaneo che non riesco a trattenermi. Gli lancio le braccia al collo e lo abbraccio con tutta la forza che ho in corpo.

«La verità è che volevo regalarti un'auto, ma tua madre me l'ha impedito, ha detto sarebbe stata una pazzia. Le solite cazzate di April» lo sento mugolare tra i miei capelli, mentre risponde al mio abbraccio.

Le nostre guance però si scivolano a fianco e quando torniamo fronte contro fronte, chiudo le palpebre per godermi quel momento.

«Sta' zitto e baciami.»

Torniamo a baciarci, stretti a guardare fuochi d'artificio. I colori non smettono di scoppiettare nei suoi occhi bui, che sembrano assorbire ogni sfumatura luminosa.

James ad un tratto si volta e io sento scorrere una sensazione densa e piacevole dalla mia pancia alle mie gambe, che tremano per il freddo.

«Puoi continuare a guardarmi, non mi offendo.» mormora prima di voltarsi nella direzione opposta per fulminare qualcuno dei ragazzi.

«Mentre Corbell sperimenterà la la cecità causata da un razzo dritto in faccia se non la smette di guardarti le cosce.»

«Che noia che sei diventato Hunter» sbuffa l'altro, poco distante da noi.

«Okay, tutto molto bello ma... Siete pronti per il secondo round?»

Will sembra più entusiasta di me e non è nemmeno la sua festa, mi chiedo cosa farà al suo di compleanno.

«No Will, ne abbiamo abbastanza.» annuncia Jackson a quel punto.

L'amico mette il broncio, mentre i ragazzi a poco a poco rientrano in casa passando dalla finestra di camera mia.

«Tienili per capodanno quelli» gli suggerisco io, mentre Will e Marvin sono già intenti a sollevare il cartone contenente i razzi.

Io e James siamo ancora seduti, così lui si avvicina al mio orecchio per sussurrarvi.

«Voglio stare da solo con te.»

Quando Will finalmente finisce di levare ogni traccia dei botti dal tetto e tutti gli altri sono tornati al piano di sotto, decidiamo di rientrare anche noi, ma invece che unirci ai ragazzi, io e James ci fermiamo in camera mia.

«Ti lascio entrare ma attento a quello che dici, soldato Hunter.»

Chiudo la porta della stanza per darci un po' di privacy, ma tanto dal piano di sotto arriva la musica così sparata da farmi dubitare che i vicini possano chiamare la polizia questa notte.

Quelle preoccupazioni però passano in fretta, perché James non mi non mi da il tempo di sistemarmi lo spacco sulla coscia, che mi spinge contro la parete.

«L'unica che deve stare attenta qui sei tu.»

Con un movimento rapido mi cinge i fianchi e decide di farmi voltare con il viso verso il muro. Le sue braccia avvolte intorno alla mia vita, creano un piccolo scudo, mentre mi stringe in un abbraccio caldo. Mi ritrovo a boccheggiare, per via della presa stretta o forse a causa del suo petto possente premuto contro la mia schiena, lasciata nuda dal vestito.

«Oltre alle lezioni di guida hai sempre bisogno di quelle di autodifesa, Biancaneve.»

Avverto il calore delle sue labbra pressate sul mio collo e chiudo gli occhi lanciando la testa all'indietro, quando lui schiude la bocca e il suo respiro tiepido comincia a solleticarmi la gola.

Mi mordo il labbro perché le mani fredde di James scivolano sulle mie ginocchia nude per risalire lungo le mie cosce lasciate libere dall'apertura del vestito. Ne avvolge la rotondità con l'interezza del suo palmo e, con tutte le dita, applica una pressione piacevole sulla mia pelle, comunicandomi tutto il suo desiderio.

«Le lezioni di autodifesa sono gratis, no?» lo punzecchio a quel punto.

«Mmm, no. Voglio qualcosa in cambio...» ansima con voce rauca.

«Allora sai che ti dico, James? Non ne ho più bisogno. So difendermi da sola.»

«Ah davvero?»

«Sì.»

«Prova a liberarti, avanti.»

Le sue mani ormai serpeggiano sempre più in alto, ad un tratto ho quasi il dubbio che non siano gli spacchi dell'abito a permettergli tutta quella libertà, ma che mi abbia strappato il vestito.

Sposto il gomito per portarglielo dritto nel petto, ma James mi afferra da entrambe le braccia e mi forza contro il muro. Il suo corpo pesante mi preme addosso e un piccolo lamento abbandona le mie labbra, quando con la guancia mi ritrovo spalmata sulla parete.

Mi dimeno tra una risatina e l'altra, ma lui con una mossa puntuale torna a tenermi ferma contro il muro.

«Che puoi fare ora, Biancaneve?» sibila tra i capelli che mi ricadono sulle spalle.

Sento la mia schiena inarcarsi, e il mio corpo aprirsi contro la sua erezione solida.

«Dimmi... Tu che faresti?»

James si abbassa di poco, per poter imprimere il suo calore in un punto più preciso tra le mie natiche avvolte dal tessuto sottile, strofinandovi sopra con vigore.

«Adoro il tuo culo»

«Tutte le migliori poesie cominciano così.» lo pungolo con una lieve nota di sarcasmo.

«Come adoro sentirti addosso a me.» aggiunge senza vergogna.

«Io avrò anche bisogno di lezioni di autodifesa, ma tu di galanteria.» lo prendo in giro arcuando la schiena per apprezzare la durezza dei suoi pantaloni e nel frattempo causargli un gemito di sofferenza.

«Lo so...» Il respiro gli si spezza dando alla sua voce una sfumatura più rauca, sensuale.

«Non è carino spingetelo sul culo in questo modo, ma...»

James sprofonda nuovamente con il naso tra i miei capelli e una miriade di brividi intensi prende a scoppiettare su ogni centimetro di pelle che lui sfiora con le labbra.

«Mi sei mancata. Mi è mancato il profumo della tua pelle.»

E la sua apparente sofferenza diventa soddisfazione, quando la mano che prosegue lungo le mie cosce trova il mio centro, coperto dalle mie mutande, per nulla asciutte.

«Cazzo... Questo vestito ti sta alla perfezione.»

James soffia un lungo respiro, indugiando in una pausa tormentata.

«Esattamente come io starei bene dentro di te adesso.»

«Ti stai realmente impegnando a dire qualcosa di poetico?» continuo a provocarlo.

«Sei proprio una stronza.»

«No dai, puoi continuare, mi piaceva.» ridacchio causandogli un sorriso al lato della bocca carnosa, che ormai collima con la mia gola sensibile.

«Voglio sentirti, consumarti e... »

Sento la pressione della sua mano fredda sulle mie mutande e dopo averle spostate, medio e anulare affondano con una precisione lacerante, quasi straziante, dentro di me. Il suo gemito soffuso si riversa nel mio orecchio, in modo così piacevole, che mi contraggo all'istante intorno alle sue dita affusolate.

«E, dio sì, avrei voluto anche assaggiarti con la lingua, proprio mentre mi prendevi tutto in bocca.»

Una lieve contorsione fa ruotare le sue dita dentro di me, quest'ultime s'immergono più a fondo, togliendomi il respiro.

«Farei qualcosa cosa pur di averti in questo momento, June. Ma non possiamo, giusto?»

Il mio sorrisetto rivolto alla parete però, non passa inosservato.

«Giusto, June?»

«Guarda che non ho più ...»

«Cosa?» James si fa impaziente.

«Il ciclo, mi è finito»

Ed è ancora in piedi, alle mie spalle, quando mi avvolge la gola con tutto il palmo della mano, mi afferra con una presa decisa obbligandomi ad arcuare il collo per ricevere il suo bacio dall'alto. Non sento più nulla se non un desiderio irrefrenabile man mano che seguita a penetrarmi con le dita.

A quel punto la sua mano allenta la presa e dal collo prosegue verso i miei seni che raccoglie con lussuria, prima di abbassare il bordo del vestito per lasciarli completamente scoperti contro la parete fredda.

«Me lo strappi così, fa piano.»

Ma a quel punto James sembra ostinato ad una lotta contro lo stesso abito che indosso, perché con entrambe le mani sui miei fianchi lo solleva, lasciandomi esposta contro il suo corpo duro.

«Sei mia. Tutta.»

«Staremo a vedere.» Ho la forza di controbattere, causandogli una crepa divertita sul viso.

James risucchia un lungo gemito che si frantuma tra le sue labbra dure. Labbra che vorrei sentire ovunque sul mio corpo, ma lui sembra in difficoltà.

«Stai bene?»

«No, mi fa male il cazzo da quando hai fatto quella scenata di gelosia a Bonnie, l'altra sera.»

Sento una sensazione piacevole annidarsi tra le mie cosce, il desiderio e la voglia di mescolarmi a lui come fossimo la stessa cosa.

«Ma anche questo vestito non aiuta... Sei bellissima, troppo. E io ho bisogno di averti fino allo sfinimento, fino a impazzire»

I miei capezzoli oscillano contro la parete fredda e i brividi si moltiplicano, quando James li stringe tra le sue dita forti.
Con l'altra mano seguita a lusingare e solleticare il mio piacere, le sue dita m'infliggono una dolce sofferenza, rendendomi quasi più impaziente di lui.

«Solo una cosa...» Lo sento mugugnare con voce lasciva.

«Vuoi che faccia piano?»

Sta provando a nascondere i piccoli ansiti che gli sfuggono alle labbra carnose, ma con poco successo.

«Tu vuoi fare piano, James?»

«Cazzo no...»

Esala mentre continua a tenere la sua lunghezza ferrea e nascosta dai pantaloni ben piantata contro il mio sedere.

James ricomincia a tracciare il mio collo di baci languidi, ma le sue mani non sono più sui miei fianchi, sta facendo qualcosa alle mie spalle perché avverto dei rumori familiari. Con la coda dell'occhio noto che si sta calando i pantaloni, rivelando i boxer scuri e aderenti sull'eccitazione longilinea.

«Come siamo curiose, se vuoi guardare, ti lascio guardare.»

Riprende a baciarmi la spalla scoperta, così io torno con la fronte al muro, mentre lui indossa il preservativo.
Le sue dita si arcuano in prossimità della mia fessura che James libera dalle mutande, spostandole a lato.

«Ma se preferisci, puoi accontentarti di sentirmi...»

Con le mani mi sorregge dai fianchi, poi s' insinua tra le mie pieghe e il calore della sua punta rompe la morbidezza delle mie carni per scivolare lentamente dentro di me.

«Tutto.»  conclude affondando in profondità, tanto da levarmi il fiato.

Boccheggio per qualche istante, provando ad abituarmi a quella sensazione di pienezza.

«Oh sì brava»

Sembra apprezzare la facilità con la quale scivola dentro e fuori dalla mia apertura umida.
James mi circonda il corpo con l'interezza del suo braccio, facendomi sentire protetta, nel frattempo però, le sue spinte si fanno sempre più ravvicinate tra loro.

«Shhh, non siamo soli in casa» sussurra contro la mia guancia, mentre i miei capelli sono ormai un disastro e la mia pelle leggermente accaldata.

Un leggero ansimare si libera nell'aria e mi accorgo che stiamo dando colpi forti contro il muro.

Il mio corpo vibra contro la parete e se inizialmente restavo a fissare la sua mano attraversata dalle vene bluastre, poggiata al muro, con l'intento di sorreggerci, ora la mia vista è completamente annebbiata.

«Male?» James si preoccupa quando i miei lamenti si fanno più concitati.

«No.»

«Ti sono mancato anch'io...»

Lo sento sprofondare sempre piu velocemente, scuotendomi l'anima e il corpo ad ogni affondo.

«June?»

«Si...»

A quel punto aumenta il ritmo modo sconsiderato, il mio viso è ormai arrossato e la pelle brucia per la forza delle sue mani che mi tengono stretta.

«Devo dirti una cosa...»

Sento un calore bruciante farsi strada nel mio bassoventre, mentre il rumore dei nostri corpi bagnati che continuano a collidere, è ormai diventato indecente.

«Buon compleanno tesoro.» sussurra prima di darmi una spinta così intensa da farmi tremare lì, in piedi, stretta intorno a lui.

Un lungo gemito di piacere abbandona le sue labbra, proprio mentre lo sento riversarsi dentro di me.

James mi lascia ansimante contro il muro, ma dura poco perchè mi fa voltare e finalmente prendiamo a baciarmi.

«Sono lo stronzo più fortunato del mondo.»

Sorridiamo con gli occhi chiusi e le fronti unite.
Lui intanto si solleva i boxer, per poi carezzarmi il viso.

«Che fai?» Chiede quando mi vede chiudere gli occhi con i capelli sfatti e il petto ansante, abbandonata con le spalle al muro.

«Le gambe non mi reggono.» confesso senza respiro.

«Sì ma non ho finito di fartele tremare.»

«Parli tanto ma se ti inginocchi ti viene più facile»

Era una provocazione, sono stremata, ma James la prende sul serio.
Si china in ginocchio tra le mie cosce e agganciando le mutande con le dita, me le sfila via con una mossa decisa.

«James..»

«Vuoi ancora tirarmi i capelli, June?»

«Beh...»

«È il tuo compleanno. Puoi fare quello che vuoi di me, lo sai.» mormora poggiando le labbra morbide contro mia apertura bagnata e pulsante.

Riassorbo un lungo respiro tra i denti, è così bella la sensazione, che mi si legge sul volto. James vortica solo la punta della lingua sulla mia parte più gonfia, già sensibile per il piacere appena provato. Mi stuzzica invogliandomi a muovere il bacino verso la sua bocca per ottenere di più.

«Questo ti piace?» domanda prima di assestare una slittata rovente sul mio clitoride.

Chiudo gli occhi.

«Ti piace vedermi in ginocchio?»

«Si»

«Scommetto che questo ti piacerà ancora di più»

Con la fermezza delle sue labbra intrappola tutta la mia intimità ormai palpitante, la racchiude in una morsa serrata, dura, e io sono costretta a portarmi una mano alla bocca per zittirmi da sola, quando il piacere comincia ad accrescermi dentro.

James seguita senza tregua, a risucchiare la mia carne, premendola bene tra le sue labbra.
Uno spasmo caldo mi travolge completamente, quindi affondo le dita tra i suoi capelli morbidi per dettare il ritmo che più desidero. Il suo respiro caldo contro le mie pieghe e la sua lingua bagnata sul mio clitoride sensibile, sono ormai l'unica cosa che riesco a percepire.

«Cazzo»

James impreca, quando, nell'afferrare entrambe le mie cosce con le mani, si accorge che sto cominciando a contrarmi e a tremare.
Vengo sconvolta da un'ondata di brividi e mi abbandono completamente alle sue labbra instancabili, provando a trattenere i gemiti, mentre lui solleva gli occhi accesi verso l'alto. Il suo ghigno soddisfatto non mi è possibile vederlo, ma so che sta sorridendo.

A quel punto, con il respiro corto e la testa leggera guardo James che si alza in piedi.
Io non ho più forze ora, ma i miei occhi cascano sulla sua erezione racchiusa nei boxer.

«James ...»

«Tranquilla. ti lascio riprendere prima. Sei ancora incazzata con me?» ridacchia asciugandosi la bocca lucida con il dorso della mano.

«Un po'»

«Non è vero»

«Si»

«No»

«Ma se mi hai appena scopato la fac...»

«Zitto.»

Gli lancio un cuscino addosso per zittirlo e mentre lui va in bagno io mi rintano sotto le coperte con il cellulare.

Ho un messaggio.

siamo andati via, non hai ricevuto regali perché ne avrai uno da tutti noi prossima settimana. Tiffany

scusa, non sono scesa a salutarvi siete stati troppo belli a venire

è giusto facciate pace. ancora tanti auguri june

«È molto bello grazie.»

James torna dal bagno e si acciglia nell'udirmi pronunciare quella frase. O forse si stupisce nel vedermi litigare con il vestito. Sono sdraiata a peso morto nel letto, e lui arriva con solo i boxer addosso.

«Ma che fai, mettiti il pigiama.» mi punzecchia.
«Anzi resta così» sussurra poi, aiutandomi a sfilarmi l'abito.

Senza dire una parola, James si sdraia su di me e schiaccia la guancia sul mio seno.

«Grazie per le scuse, le ho apprezzate ma... Come facevi a saperlo?»

«Cosa»

«Che mi piaceva quel film»

«Quando eri da me e avevo preso tutti quei dvd, ricordo che quello l'avevi guardato sorridendo.»

«Dimmi una cosa, tu noti tutto James?»

Lui però non ricambia il mio sorriso.

«Dimmela tu una cosa, bacerai Brian?»

«No perché?»

«Alla recita»

«Se la recita lo prevede e il prof non cancella quella scena... Si tratta di un bacio a stampo. Non ti sta bene?

«No.»

Sollevo un sopracciglio.

«Dimmi qualcosa cazzo...»

«A me non frega niente di Brian, James»

Lui però non sembra ascoltare perché mette il broncio.

«E a Brian non frega nulla di me, abbiamo parlato »

«Parlato di cosa? Vuoi fottere me ma parlare con lui?»

Mi si ghiacciano le vene.

«Ti tirerei uno schiaffo in questo momento.»

«Che ho detto scusa?»

«Sei serio?»

«Sì»

«James io voglio parlare con te, fare tutto il resto... con te.»

«Non voglio intendere che tu voglia farlo, non era un offesa.» spiega lui nel vedermi arrabbiata.

«Sì che era un offesa, ma nei tuoi confronti. Se quell'uomo o altri ti hanno fatto sentire così, io non lo farò mai»

James sembra ritrovare un attimo di serenità perchè torna a strofinare la guancia sul mio petto. «Non voglio perderti cazzo, sono stati due giorni terribili.»

«Beh, non fare più cazzate allora» bisbiglio socchiudendo gli occhi.

«Quello che abbiamo fatto contro il muro la giudichi una cazzata, June?»

«No, anche se avevamo sostenuto non ci fosse niente di male nel farlo in un letto.»

«Disse quella che l'ha fatto ovunque ormai» ridacchia James alzandosi in piedi.
Io mi copro tutto il corpo con il lenzuolo mentre le guance mi vanno a fuoco.

«Ce l'hai ancora?»

«Sii più specifico, non ho ancora l'abilità di leggerti nella mente James.»

Vedo James frugare tra i libri che ho lasciato in disordine sulla scrivania, quindi mi faccio coraggio, infilo il pigiama e vado a lavarmi i denti.

Quando torno però, invece che trovarlo a letto, lui è ancora in piedi.

«Pensavo l'avessi buttato...» Allude a qualcosa che sappiamo entrambi molto bene.

«Sai, James... L'ho nascosto nel mio libro preferito, ma...»

Mi siedo sul letto, mentre James trattiene un sorrisetto con lo sguardo rivolto al pavimento.

«Se non lo trovi, forse il contenuto di quel post-it non era poi così vero...»

Il ghigno accennato è ormai un sorriso sfoggiato con tanto di fossette adorabili.

«Dicevi?»

Solleva la mano e tra indice e medio noto il suo post-it leggermente sgualcito.

Resto a bocca aperta, ma lui non mi dà tregua.

«Voglio farti una domanda sei libera di non rispondere»

«Sono libera di non rispondere perché è una cosa che non ti riguarda?»

«Mi riguarda eccome, ma non voglio che ti senti obbligata a dovermi dare delle spiegazioni.»

Mi metto comoda, abbandonando la schiena sui cuscini.

«Di cosa si tratta?»

«Avevo visto che ti stanno guarendo del tutto.»

Stringo gambe tra loro.

Hai notato anche quello

«Cosa mi stai chiedendo, James? Lo sai che l'ho rifatto e che...»

Non riesco a fare a meno di distogliere lo sguardo dal suo.

«E che... Sono anch'io come il rossetto usato ora.» ammetto tra i denti.

«Questo non cambia niente June»

«Sì. Ho rovinato tutti gli sforzi fatti»

«Non è vero. Vorrei dirti che se hai bisogno...»

Questa volta chiudo gli occhi ma è stata una mossa azzardata perché le mie palpebre traditrici lasciano scivolare giù una piccola lacrima.

James posa il post-it sulla scrivania e si avvicina lentamente a me. Lui non fiata, inaspettatamente sono io a lasciarmi andare.

«Mi bastava così poco.»

Lui intanto si fa spazio tra le coperte e si siede di fianco alla mia figura.

«Che si ricordasse del mio compleanno.»

«Beh...»

A James tremano mani quando raccoglie le mie per stringerle. E so che mi capisce perfettamente in questo momento.

«Avrei tanto voluto esserci anch'io con te, James.»

«Ma quando?» domanda lui, chiaramente confuso a causa delle mie emozioni e delle mie uscite imprevedibili.

«Quando ti nascondevi sotto il tavolo. Avrei voluto tenerti la mano. Magari tu l'avresti tenuta a me.»

«Cazzo.»

Lo vedo accompagnare una nocca contro la guancia per asciugarsi una lacrima.

«Mi i porterai davvero in Virginia?»

«No.» replica con un sorriso spento.

«Come no?»

«Prendi la partente, voglio che guidi tu, non ti ci porto io.»

«Okay. Tu sei tutto strano.» mormoro abbandonandomi con il viso sulla sua spalla.

«Guarda. Jas ti fa gli auguri.» James mi mostra il suo cellulare.

auguri 🤍☀️

«Io e tuo fratello abbiamo condiviso quel momento in cui sono stata male e lui mi è stato vicino. Mi ha fatto capire quanto sia importante resettare tutto, cominciare zero e il pianto mi ha aiutato. Mi è servito.»

«Io piango.»

Sollevo il mento per scrutare l'espressione criptica del suo viso.

«Davvero?» mi sorprendo della sua affermazione.

«E allora?»

«I ragazzi non piangono mai.»

«June...»

«Eh?»

«Secondo te perché non voglio guardare Titanic o quegli stupidi film d'amore?»

Le mie sopracciglia compiono un arco involontario.

«Non voglio che mi vedi singhiozzare come se mi stessero pugnalando con un cazzo di coltello del pane.»

Scoppio a ridere incastrando le mani congiunte tra le cosce.

«Non sai quanto mi rendi fiero» Il suo sguardo torna al post-it sulla scrivania. «Quindi lo terrai?»

«Come reperto storico, per ricordarmi di quando hai evitato di fare lo stronzo per cinque minuti di fila.»

James mi sferra un pizzicotto sul fianco che mi fa sobbalzare e ho già smesso di piangere senza nemmeno rendermene conto.

«Stai andando dalla psicoterapeuta?»

«Sì. Mi ha detto di fare una cosa. Ma io non l'ho fatta.»

«E figuriamoci se Madeline da retta a qualcuno.»

«Boh mi sembrava inutile.» commento con il broncio.

«Dimmi, ora voglio farla.»

Scrollo il capo. «Mmm no»

Faccio la sostenuta, ma so che quello è solo il modo per farlo incuriosire ancora di più.

«La facciamo insieme, avanti, dai.» insiste lui, tutto serio.

«Ti sei visto? Sei spettinato e indossi solo le mutande»

«E allora? Mi stai dicendo che sono troppo brutto per fare sta cazzata? Muoviti.»

Io ridacchio, così lui ne approfitta per prendermi in giro. «I tuoi occhi dicono altro, Biancaneve.»

«E cosa direbbero i miei occhi? Sentiamo il verso poetico finale.»

«Dicono "Mettimi incinta James..."» mormora lui, fingendo di imitare la mia voce, per finire a beccarsi un pugno nel fianco.

«Dobbiamo riscrivere il modo in cui ci vediamo. Siamo pieni di cose belle, solo che non lo sappiamo. Chi per un motivo chi per un altro.» affermo ricomponendomi.

Anche James sembra farsi serio all'istante.

«Facciamolo» annuisce lui, sorprendendo anche me.

«Ci vogliono carta e penna» annuncio andando al mio zaino abbandonato in un angolo della stanza, per recuperare una penna. Strappo un foglio dal mio quaderno poi lo consegno a James che lo fa volare per aria.

«Solo penna. Scrivimi addosso.»

«Allora...mi devi dire una caratteristica positiva che sei sicuro di avere.»

«Boh, sono... Mhm....forte? Intendo fisicamente»

«Sì. »

forte

Con precisione segno il suo petto scrivendo quella parola, ma James è impaziente di andare oltre.

«Tocca a te»

«Ma James, l'esperimento era per te!» mi lamento.

«Voglio lo faccia anche tu.»

«Beh, non so che dire.»

James non l'accetta come risposta.

«Non sono forte» azzardo la prima cavolata che mi viene in mente.

«Non devi dire ciò che non sei, June. E poi non è vero, lo sei, molto più di me.»

Io a quel punto do un colpetto di spalle perché non saprei proprio cosa dire.

«Okay. Lo dico io... sei...»

James mi solleva la maglia del pigiama per scrivere sul mio fianco sinistro.

intelligente

«Come scrivi male, mamma mia...»

«Zitta o mi rimangio la prossima.»

James prende la mira e scrive tutto intorno al mio ombelico.

divertente

«Quando dormi» aggiunge facendomi ridere, prima di portare la punta della penna sulla gamba.

bellissima

«E sexy» sussurra nel mio orecchio.

«Cretino. Tu sei cretino. Devo scriverlo, prima di dimenticarmelo. Dammi la penna»

«No!»

«James!»

«No!»

Litighiamo per la penna tra spintoni e tentativi di rubarcela, ma alla fine ha la meglio lui perché mi atterra sul materasso con la prestanza del suo corpo.

«Sei dispettoso» lo pungolo.

«Lo so, ma in questo caso non ho ancora finito la lista» annuncia cogliendomi di sorpresa.

Lascio che mi sollevi nuovamente la maglietta e questa volta la mia pancia si riempie di scritte.

Combattiva

Protettiva

Leale

«James...»

«Cosa?»

I miei occhi ancora lucidi mi rendono incline alla voce rotta. «Pensi davvero questo di me?»

«Sì, davvero, June»

«Sai. Sto davvero bene adesso. Forse dovrei pagare te, sei molto meglio della psicologa»

«Ti ho anche scopata prima, vedi un po'.»

Afferro il cuscino e glielo spingo in faccia tentando di soffocarlo, lui ovviamente se ne libera con una facilità disarmante. Lo vedo contrarre l'addome segnato dai muscoli asciutti quindi riprendo la penna e mi metto a scrivere.

sarcastico

mi fai sorridere

altruista

Baci anche molto ma molto bene.

«Che cazzo stai scrivendo? Aggettivi non versi interi, grazie» borbotta lui nel vedermi concentrata a riempire di scritte i suoi addominali perfetti.

«L'esperto poeta sei tu»

James a quel punto guarda il suo torace segnato dalle scritte.

«Bacio bene? Spero per te che il paragone sia solo Will» si lamenta serio.

«Da aggiungere: un po' troppo possessivo...»

«Non hai capito, sennò vorrebbe dire che mi hai tradito.»

«Geloso...» commento prima di guardarlo negli occhi.

«A parte gli scherzi... Non è un aggettivo ma... penso tu abbia un dono, James.»

«Ti ascolto.»

«Sai farmi battere il cuore, sempre. Quello che dici, è inaspettato, come il modo in cui mi guardi.»

James mi trascina la maglietta verso l'alto, questa volta lasciandomi uno seno scoperto per disegnarmi una J sul petto sinistro.

Poi vi aggiunge davanti una E e subito dopo una H.

«Non mi tatuerò mai le tue iniziali sulle tette, sappilo» ridacchio.

«Lo so, ma è un modo per dirti che vorrei stare qui. Solo qui.» Pigia con l'indice all'altezza del mio cuore.

«"Inaspettatamente romantico"...devo aggiungere anche questo» ironizzo con un sorriso.

«Non c'è piu spazio. Devo levarmi i boxer, così continui a scrivere» Finge di lamentarsi lui.

«Finiscila James, hai una schiena enorme posso anche passare ai difetti e non la riempirei comunque tutta.»

Mi abbasso la maglietta ma continuo a sbirciare la sue iniziali allargando il colletto della maglia.

«Quindi vuoi rimanere nel mio cuore?»

«Anche sulle tue tette, però.»

«Okay, rimaniamo a "Cretino."»


JAMES

Volevo andare al piano di sotto per prendere un muffin e infilzarlo con una candelina, ma June si è già addormentata. È tardi e sotto non c'è più nessuno quindi scendo per un bicchiere d'acqua e una sigaretta.

Oh no

April è appena rincasata, non l'avevo vista.

«Prendo solo l'acqua. Buonanotte» borbotto sbrigativo, nel vederla in cucina appostata come un avvoltoio avvolto da una felpona di pile.

«Fermati.» Tuona con decisione.

Mi blocco, ma sono a petto nudo con un paio di boxer aderenti addosso. Come può volermi parlare di cose serie?

«Sei preoccupato per lei quanto lo sono io?»

«Sinceramente? Sì.»

«Tu e June non centrate nulla all'apparenza»

«Hai detto bene, all'apparenza» la riprendo con voce infastidita.

«Voglio approfittare delle vacanze di Natale per portarla via.»

Le braccia mi si riempiono di brividi sconosciuti.

«Dove dove cazzo la porti?»

«Questo non è il modo per rivolgersi a una persona.» sussurra lei, incurante del mio stato di agitazione.

«Questo non è il modo di trattare me, cazzo! Perché vuoi portarmela via?»

«James so che le vuoi bene...»

«Un po' riduttivo»

«Che sei innamorato di lei»

Vedo che ci capiamo April

«Ma... June ha sofferto molto e anche se non vuole darlo a vedere e....»

Un nodo mi stringe il petto e gli occhi prendono a bruciare.

«Voglio che sistemi il casino della tua vita, perché sennò lei continuerà a essere infelice» la sento sibilare.

Sono così scosso che ci metto un po' a riprendere a parlare.

«Pagare una psicologa non ti basta?» la provoco, forse un po' troppo sfacciatamente.

«Non è per mettere a tacere la mia coscienza, James. Non voglio che June metta in secondo piano lo studio o sé stessa. Lo vuoi capire?» mi aggredisce lei.

«Voglio farle passare due settimane in famiglia.»

«Ci sarà anche lui?»

«Sì»

Forse è la decisione giusta?

«Ti fa soffrire?»

April sembra una donna tutta d'un pezzo, non una che bada ai sentimenti altrui o ai propri.

«Sì ma posso accettarlo. Sarà solo per le vacanze Natale, no?»

«Un paio di settimane.»

«Un paio, cazzo?»

«Ce la puoi fare» mi canzona lei, mantenendo comunque un'aria severa.

«Vedi di risolvere i tuoi casini James, quando torniamo non voglio vederla mai più come l'altro giorno.»

Annuisco.

«E vedi di metterti un lucchetto, qualcosa lì sotto.»

Sghignazzo nel vedere April imbarazzata.

«April non prendere confidenza.»

«James fai il serio per favore.»

A quel punto decido di dirle la verità.

«Non mi aspettavo ti preoccupassi in questo modo per lei.»

«Cosa vuoi dire?» si acciglia lei.

«Che June è fortunata.»

«Stai parlando di me?» ribatte lei con sguardo orgoglioso. Curva le labbra inevitabilmente.

«Nessuno ti ha nominato, che cazzo di problemi avete nella vostra famiglia? Siete presuntuose e arroganti quando vi ci mettete.»

«Grazie James per esserti presentato questa sera»

«Sai... la verità è che»

Con la vista appannata, la voce mi muore in gola, ma stringo i denti e continuo.

«Vorrei essere stato fortunato quanto lei...»

«Che succede?»

O cazzo è June.

«Niente»

«State piangendo?»

«Chi?» domanda April ricomponendosi come al suo solito.

«Ehi allontanati... » minaccio April puntandole contro una sigaretta.

«Perche state piangendo insieme?»

«Ma che cazzo dici? Siete pure visionarie oltre che rompi palle»

«Hei! Attento a come parli!» entrambe si voltano per aggredirmi con un urlo poco rassicurante.

«James torniamo su?» La voce di June è lievemente assonnata.

«Ehm... forse devo tornare a casa?»

Guardo April che mi sta mandando delle cannonate con gli occhi serrati.

«Per questa notte puoi rimanere.»

«Anche perché tanto...»

Mi zittisco, April lancia gli occhi al soffitto poi si rivolge a sua figlia.

«June torna su.»

«Perché?»

«Voglio elencargli le torture che subirà se mai dovesse metterti incinta.»

June mi sorride poi va in camera sua mentre April mi si avvicina seria.

«Mi raccomando James, lei non lo sa ancora che partiremo. Non volevo darle preoccupazioni oggi, che è il giorno del suo compleanno, glielo dirò nei prossimi giorni.»

Non posso fare altro che acconsentire e agguantare un muffin al cioccolato dalla confezione che Marvin si è degnato di lasciare quasi integra. Salgo in camera di June che mi accoglie già a letto.

«Hai ancora forze?»

Il sorrisetto malizioso che prova a rivolgermi risveglia ogni mio desiderio, ma nello stesso tempo vengo assalito dall'impellente bisogno di abbracciarla forte.

«Solo per abbracciati e per guardarti dormire.» bisbiglio mostrandole il muffin con una candelina.

«Ti ho visto che lo puntavi da inizio serata» spiego nel vederla mettersi a sedere.

Uso il mio accendino per la candela, mentre June si avvicina al muffin.

«Esprimi un desiderio prima di soffiare.»

«Mmmm...»

«Non dirlo a voce alta.»

Lei annuisce.

«Fatto?»

«Sì.»

«Cos'hai pensato?»

«Non posso dirlo, l'hai appena detto.»

«Vabbè sussurrarlo...» le dico avvicinando le labbra alle sue per lasciarle un dolce bacio.

«Vorrei solo te, per sempre.»



🦋🦋🦋🦋🦋🦋🦋🦋🦋🦋🦋🦋🦋🦋

Eccoci finalmente 💃🏼

Spero il capitolo sia stato di vostro gradimento...

Mettete una stellina se vi è piaciuto 🫶🏻
(Scusate il ritardo)

Ci vediamo su insta stefaniasbooks 🤍

Vi amo 🫶🏻🫶🏻🫶🏻

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