55. Everything you lose is a step you take
puntualissima per le denunce 📜
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JAMES
Riconosco immediatamente quella voce, forse perché ha il subdolo potere di farmi riavvolgere il nastro all'indietro, rituffandomi in un passato che cerco ogni giorno di dimenticare.
Sono bastati pochi attimi.
Il dolore è una questione di minuti.
Arriva breve, intenso, ti segna in modo indelebile e smetti di essere lo stesso che eri prima.
Fortifica, dicono.
È necessario, dicono.
La realtà è che è impossibile sfuggirgli ed è per questo che ci proviamo a dargli un senso. Ma che senso può avere, il dolore, se in un attimo spazza via tutto ciò che incontra, distruggendo qualsiasi emozione positiva e poi, per cancellare quel singolo momento di sofferenza, non è sufficiente una vita intera?
I terremoti erano sempre la mia scusa migliore. Se inizialmente ne avevo paura, col tempo ci avevo fatto l'abitudine. Fingevo però di averne ancora il timore, restavano il mio pretesto preferito, ogni volta che c'era un litigio, una discussione, dei piatti rotti sul pavimento. Mi nascondevo sotto il tavolo, sempre, così come si fa con i terremoti.
Chiudevo gli occhi e mi raccontavo d'aver sentito una scossa. E lo feci anche alle elementari, quando vidi un tizio dell'ultimo anno picchiare uno del primo.
Will scrollò la sua testa di riccioli biondi e poi mi chiese "Perché ti nascondi lì sotto? Mica sta picchiando te."
Ma io mi sentivo più al sicuro sotto al tavolo. Così chiesi a Will di venire lì sotto, con me, e lui lo fece.
Mi dava retta. Sempre. Maledetto Will.
Lo faceva sempre, per ogni cazzata, anche la più insignificante, come quella del nascondersi sotto al tavolo. E io come l'avevo ripagato? Fottendogli la ragazza.
Eppure, so già che se dovessero domandare ai miei amici se ricordano di questi episodi, loro direbbero di no. Non sanno nemmeno della mia paura dei terremoti, o quella di restare solo al buio. Hanno un'idea ben precisa di me, quella di una persona che non ha mai timore di nulla, che affronta tutti a testa alta.
Ho mascherato il tutto in modo impeccabile, ma la verità, è che non sono perfetto.
Jordan mi ha dato il suo patrimonio genetico, mi ha dato le apparenze, nient'altro oltre che spalle larghe e mascella segnata, ma erano stati altri uomini a plasmarmi. E il professor Hood era uno di questi.
Ero nascosto sotto il tavolo quando lo incontrai la prima volta. Dopo aver trascorso tutto il giorno in casa, da solo, mi ritrovai assalito dai morsi della fame, quindi aprii il freezer per cercare qualcosa da mangiare. Con un cucchiaino avevo raschiato il fondo di una vaschetta di gelato scadente, non mi aveva sfamato, ma perlomeno avevo sentito il gusto di qualcosa di dolce.
E quando lei se n'era accorta, era andata su tutte le furie. Non mi picchiava, la sua specialità era ignorarmi, ma quando le girava, ci provava. Non ci riusciva, mai. Ero troppo veloce per farmi prendere da lei che si muoveva come uno zombie sotto l'effetto dei farmaci. Solo che, per sfuggirle, quel giorno battei la schiena contro la gamba d'acciaio del tavolo. Il dolore fu insopportabile. Piangevo disperato. E lei non s'intenerì e non mosse un dito per aiutarmi.
«Vedi, così impari la prossima volta.»
Fu a quel punto che udii quella voce.
«Cosa succede qui?» chiese lui presentandosi in casa nostra.
Era un uomo d'istinto. Il suo aspetto fisico curato combaciava con quello di sua moglie, ma strideva con la figura arruffata e sfatta di mia madre.
Cosa ci faceva con lei?
"Forse non gli importa che lei sia ridotta così, forse vuole aiutarla" mi dicevo, conscio del fatto che i due si conoscevano sin dai tempi del liceo.
Il suo primo amore.
Lui lo sapeva, che quello era solo il fantasma della donna di cui si era innamorato quando era adolescente. La stessa che non aveva mai avuto il coraggio di sposare, di prendere sul serio.
Ero ancora sotto al tavolo quando lui mi aiutò a rialzarmi e mi disse una cosa.
«Non avrai mai un padre che potrà insegnarti come sopravvivere, ma sappi una cosa: nasconderti lì sotto, come hai fatto finora, non ti servirà a niente. A comportarsi in questo modo sono le femminucce, non gli uomini.»
Lo fissavo confuso.
«Vuoi diventare uomo?»
«Non lo so.» Rispondevo io, titubante e ignaro. «Cos'hanno le femmine di sbagliato?»
Gli fu sufficiente indicare la figura barcollante di mia madre appoggiata a stento allo stipite della porta. La sigaretta ormai, era una specie di marchio indelebile, un'estensione del suo essere.
Quella trovava spazio tra le sue dita ossute, sempre, ogni volta che la guardavo.
Quelle mani nervose sembravano fatte apposta per frugare tra i flaconcini di farmaci, per aprire due pacchetti di sigarette al giorno, ma non mi avevano mai dato una carezza, né si erano mai prodigate a preparami il pranzo da portare a scuola.
«Cos'hanno le femmine di sbagliato? Sono deboli, volubili.»
La sua risposta mi catapultò alla cruda realtà che era la mia vita.
Non potevo fare a meno di chiedermi il perché della presenza di quell'uomo in casa nostra. Perché, se aveva già una moglie, lui stava sempre in compagnia di mia madre?
Non mi fidavo di lui. Il sentimento di diffidenza verso gli adulti era nato sottile, dentro la mia pelle, sin da bambino.
«James? Ci sei?»
La sua voce, sempre la stessa, solo appesantita dagli anni, mi richiama e mi strappa via dal mondo dei ricordi.
«Dove cazzo è Jackson?» mi affretto a domandare.
Poi, senza nemmeno accorgermene, metto a fuoco lo spazio intorno a me: mi trovo nella mia macchina e a giudicare dalla stradina che ho imboccato, mi sto dirigendo verso casa di Blaze, dove si trova anche Jackson.
«Dorme beatamente, perché?»
«Cosa diavolo stai tramando?»
«Io sono la mente e Austin è solo un fallito. Puoi confermarlo, no?
«Lui avrà fatto tante cazzate, ma tu sei un assassino.»
«Attento con le accuse perché lo sanno tutti che c'era anche il tuo dna sul suo corpo.
Puoi provare di non essere stato mio complice?»
Non ricordo un singolo giorno in cui quell'uomo non abbia provato a manipolarmi.
«Sono stato con lei quella sera, lo sai.» ringhio a denti serrati per il nervoso.
«Lo so perché gliel'ho detto io di farlo.»
Di fare cosa?
«Cosa stai dicendo?»
«Hai capito benissimo, Jamie»
«Non... No. Non è vero.»
Lo sto dicendo a voce alta, a lui, ma la realtà è che voglio convincere me stesso.
È stato un caso che io l'abbia incontrata quella sera, sembrava contenta di parlare con me...
Mi acciglio all'istante.
Effettivamente era stata una strana coincidenza...
Alcuni brusii di sottofondo catturano la mia attenzione. Il rumore del freno. Lui è in auto e ha appena parcheggiato.
«Perché avresti dovuto convincerla a venire a letto con me? Io e lei.... Abbiamo parlato e...»
I miei pensieri confusi per un attimo vengono interrotti dalle sue parole decise.
«Jackson è proprio un bel ragazzo»
Questa volta spingo sull'acceleratore con decisione, come a ricordarmi di non rimuginare sulle parole di poco fa. Non c'è tempo per le cazzate, devo andare da Blaze.
«Cosa cazzo stai dicendo? Perché hai il suo telefono?» lo aggredisco in modo brusco, sperando si sbrighi a parlare.
«Gliel'ho rubato. Face ID mentre dormiva.»
«Bastardo»
Il mio mugolio non passa di certo inosservato, perché lui comincia a sogghignare.
«Non ho fatto niente a Jackson. Pesa novanta chili di muscoli, come lo trascino in giro uno così? Con il suo fidanzatino che gli dorme accanto, poi...»
«Ti sei intrufolato in casa di Blaze?»
Mi allarmo immediatamente e, colto da un riflesso incondizionato, premo ancora di più sull'acceleratore.
«Sono solo andato a trovare un amico questa sera. Anche se c'è da dire che... Tutti questi messaggini, le foto, le chiamate che ho trovato... È davvero tutto molto eloquente. Mi chiedo cosa ne pensi il preside Manor.»
Sbuffo infastidito.
«E quindi? A Blaze piace il cazzo, benvenuto nel mondo reale, stronzo. Pensi che nel 2023 tu possa ancora ricattare la gente con queste stronzate omofobe?»
Lui resta in silenzio, poi il rumore della portiera che si chiude. Ora sembra stia camminando, avverto i passi su un terreno di ciottolato.
E finalmente arrivo anch'io davanti casa di Blaze, dove freno bruscamente. Non mi preoccupo nemmeno di parcheggiare, lascio l'auto in mezzo alla strada, ma quando esco mi rendo conto che nel vialetto buio, non vi sono auto conosciute, se non il pick up di Jackson. Lancio un sospiro di sollievo.
«Sei ancora lì?»
Hood non risponde.
La dimora di Blaze è una villetta distribuita su un piano solo, così circondo il perimetro fino a raggiungere la sua stanza da letto, qui la finestra è chiusa e la tenda tirata a coprire interamente la visuale.
Mi dirigo quindi verso il giardino sul retro.
Scavalco il muretto e con un salto giungo nel cortile di Blaze. Le luci intorno alla piscina sono spente, ma nell'oscurità riesco a scorgere qualche bottiglia di birra e dei mozziconi di sigaretta. Ne leggo la marca.
Dev'esserci stato Jackson qui.
«Buonasera signora...»
Signora? Quale signora?
Afferro un giubbotto da football abbandonato sulla sdraio e noto immediatamente che è rosso, poi v'immergo il naso e ne riconosco il profumo familiare.
Quel dettaglio conferma la mia ipotesi, ma non c'è tempo per darmi pacche sulla spalla, perché al mio orecchio arriva una voce conosciuta.
«E lei chi è?» Domanda una donna con voce anziana.
O no.
Quel timbro lo riconosco.
«Dove cazzo sei?» ringhio avvicinando il cellulare al viso.
Lui però è troppo impegnato a parlare con la nonna di Jackson.
«Colpo di scena eh, Jamie? Pensavi fossi rimasto lì?»
Mi ha ingannato lo stronzo.
«È tardi signora, lo so, ma vorrei parlarle...»
«Lei è della polizia? Forse è successo qualcosa a mio nipote? O mio Dio non è ancora tornato...»
È un mostro. Quella donna ha già vissuto l'incubo di ricevere una notizia funesta nel cuore della notte, quella della morte di sua figlia e del marito, ovvero i genitori di Jackson.
«No, sono il prof di nuoto di suo nipote. Facciamo una chiacchierata? Vi devo dare una cosa.»
«Lasciali in pace, è notte.» insisto io.
«Le mostro due foto, non le faccio mica venire un infarto.» mi sussurra lui sottovoce, sapendo che i vecchi sono un po' sordi.
Il nonno di Jackson ci morirebbe.
«No, non farlo» lo supplico con voce rotta.
«Allora non venire qui, James. Inizia a cercare.»
A quel punto lui mette giù la chiamata e io resto come un coglione a fissare la vibrazione dell'acqua che riempie la piscina di Blaze. Potrei fiondarmi a casa di Jackson ma dista più di venti minuti, non farei comunque in tempo. Così richiamo lo stronzo, questa volta sul suo numero.
«Faccio tutto quello che vuoi, ma vattene da quella casa.»
Quando lui risponde, mi ritrovo senza fiato nel pronunciare quelle parole.
«Ecco signora, il cellulare che suo nipote ha dimenticato in piscina.»
«Oh grazie mille.»
I due si salutano e lui torna a parlare con me.
«Quindi, James? Ho bisogno di potermi fidare di te. O preferisci chiami il tuo amichetto lunatico?»
«No. Lascia stare Will. Farò il possibile, ma tu dimmi cos'hai fatto col cellulare di Jackson.»
«Oltre a chiamarti? Potrei essermi inviato delle foto»
«E quindi? Vuoi diffondere le loro foto? Ti sembra un modo per colpire Jax?»
«Chi vuole colpire Jax? Io voglio solo che il preside veda la scuola tappezzata di foto del figlio in atteggiamenti sconvenienti. Mi serviva il cellulare di Jackson.»
«Perché vorresti fare questo al preside?»
«Voglio che sappia che se io volessi, potrei rovinargli la reputazione. Voglio tenerlo in pugno»
«Non sei in buoni rapporti con lui?»
«Sono in buoni rapporti con tutti e con nessuno.»
«E io?»
«Tu? Tu avresti una reputazione, James? Ti sei venduto per sue spiccioli.»
Quelle parole mi perforano la carne come un proiettile avvelenato conficcato nel cuore.
«Io e lui ci vedevamo già. Se pensi di avermi usato per i tuoi scopi, ti sbagli di grosso»
«Jamie, tu non hai capito che la tua vita è tutta una messa in scena. Sin da quando sei nato sei servito a uno scopo. Tua madre ti ha messo al mondo per incastrare quella testa di cazzo di Jordan.»
Deglutisco.
«Che comunque, alla fine, se n'è sbattuto comunque di te.»
Non fiato, voglio vedere fin dove vuole spingersi. Cosa vuole da me?
«Il tuo patrigno invece, era sempre chiuso in quel club... Io ero l'unico a starle vicino. L'unico che lei abbia mai amato.»
Scrollo il capo, incredulo.
«Quando hai scoperto fosse incinta di Jordan ti sei incazzato, vero?»
«Non vuoi saperlo»
La sua voce mi dà i brividi. La mandibola comincia a bruciare per la durezza del mio morso.
«Cosa le hai fatto? L'hai picchiata?»
«Così tanto da.... farti nascere come sei nato.»
Fisso il vuoto per qualche momento. Non so nemmeno più dove mi trovo. Sembra che le vertigini m'impediscano di vedere ciò che mi circonda. La vista mi si annebbia e le iridi si offuscano di lacrime. Devo staccare il telefono dalla guancia per qualche istante.
Sii uomo
Provo a riprendere fiato, ma sembra un'impresa troppo ardua per il mio petto pesante. A quel punto torno a parlagli.
«Tutto ciò che hai sempre voluto insegnarmi, non mi è mai rimasto addosso. Ringrazia che sono un debole. Se fossi stato forte, come mi volevi tu, a quest'ora saresti sottoterra. Dovevo ucciderti quella notte.»
«Dovevi sì. Ma ormai non l'hai fatto e ne subirai le conseguenze»
Tutti questo mi da la nausea. Chiudo la chiamata con aria sofferente e mi asciugo la guancia con una rapida passata di palmo.
Dovrei pensare a Jackson, ai suoi nonni.... non c'è tempo per essere egoisti.
Il mio vociferare però, sembra avere svegliato qualcuno, perché sono ancora seduto sulla sdraio nel giardino di Blaze, quando una luce si accende e una sagoma avvolta da una vestaglia esce dalla porta finestra del salotto.
È il preside, che mi sorprende a fumare nella sua proprietà come un ladro.
«E tu cosa ci fai qui?»
I suoi occhi a mandorla si posano sui bicchieri di plastica e sulle bottiglie di birra che imperversano sul pavimento, per poi finire su una piccola confezione quadrata poggiata sul tavolo.
«Quella testa di cazzo di tuo figlio ha buon gusto.»
E solo quando il suo sguardo raggiunge il giubbotto di Jackson, abbandonato al fondo della sdraio, lui sembra capire le mie parole.
«Cosa sei venuto a fare?» domanda l'uomo, senza considerare la mia insinuazione.
Alla mente mi torna il dettaglio del portachiavi del coach. Blaze diceva fosse identico a quello di suo padre.
«Tu da che parte stai?» domando a quel punto.
«Hunter torna a casa o chiamo la polizia.»
Il preside mi volta le spalle e torna dentro, così io decido di tornare a casa, ma prima voglio passare dai nonni di Jackson per assicurarmi sia tutto a posto.
La loro accoglienza però, non è delle migliori. Il nonno mi apre la porta piantandomi il fucile al petto.
«Calmiamoci, cazzo» esclamo allargando gli occhi, poi le braccia.
«James, oddio! È successo qualcosa?»
La nonna di Jackson fa capolino dietro alle spalle del vecchio armato.
«Metti giù questo fucile Robert! È Jamie. Non lo vedi? Perché non metti mai gli occhiali?»
«Perché non so dove me li hai nascosti!»
I due cominciano a battibeccare come una coppietta datata, finché la nonna non posa i suoi occhi cerulei e spaventati su di me.
«Jamie, ma Jackson sta bene?»
«Sì, resterà a dormire da Will. Ha bevuto un pochino e sa che voi non volete si metta in auto nemmeno se ha ingerito un goccino di birra.»
Lei annuisce con le mani giunte al petto.
«Poteva avvisare però.»
«Sono passato io per questo. Non dovete preoccuparvi.»
Tento di rassicurarli in modo banale, nella speranza che mi credano.
«Ti preparo una tisana? Una cioccolata calda? Sembra tu ne abbia bisogno, Jamie»
«No, grazie. Ora vado a casa, è tardi. Sono solo passato per dirvi di Jackson e per....»
A quel punto mi volto verso il nonno di Jackson, che mi sta fissando in cagnesco da sotto due sopracciglia folte e aggrottate.
«...Dirvi di fare attenzione.»
«Cosa voleva quell'uomo?» mi chiede lui con i suoi modi bruschi.
«Robert, stai cominciando a perdere colpi? Ha detto che Jackson ha dimenticato il cellulare e in piscina e ce l'ha ridato. Gli ho offerto un caffè, pensavo fosse un ladro.» aggiunge la nonna.
Scrollo il capo, prima di bofonchiare un "Non ne ho idea".
A quel punto saluto la nonna con un bacio sulla guancia, poi esco di casa e mi fermo sul porticato, dove però non ci arrivo da solo.
«Quel tipo non mi piace.»
Esordisce il nonno di Jackson estraendo un vecchio sigaro da una scatolina di metallo.
«Nemmeno a me»
«Che ha fatto al mio Jackson?»
«Niente.» sogghigno a quel punto.
«Che ridi?» mi rimbocca lui.
Sei un vecchio del cazzo ma lo ami tuoi nipote, eh
«Non dovete preoccuparvi di niente, però è meglio se ci dormi con quello.»
Con un cenno del capo gli indico il fucile poggiato allo stipite della porta.
«Io non ho mai capito chi sei, James.»
«Cosa?»
«Le vie di mezzo non piacciono a nessuno, ragazzo.»
Prorompe lui con sguardo severo, prima di rientrare in casa.
«Buonanotte anche a te.»
Chiudo gli occhi, come a voler cancellare la maggior parte delle frasi che mi sono state rivolte nell'ultima mezz'ora.
M'infilo una sigaretta in bocca poi estraggo il cellulare dalle tasche e mi dirigo verso l'auto.
Il mio pensiero finisce dritto a June.
Stai bene?
si tu? sei ancora in giro?
Sto tornando a casa. Cosa ci fai ancora sveglia?
sto ripensando alla serata, mi sono divertita.
"Ti faccio divertire tutte volte che vuoi"
No, che cazzo dico?
Anch'io
"Non vedo l'ora sia domani per..."
No. Le verrà la nausea
"...Rivederti"
Che patetico
"Non vedo l'ora di stare con te"
Ma che cazzo
Va a dormire, è tardi
buonanotte James
Resto a fissare lo schermo. Perché non riesco a dirglielo? Non riesco nemmeno a scriverglielo? Forse il perché è molto semplice. Lei non mi ha mai risposto.
Torno a casa con quel pensiero in testa e non riesco a dormire. La serata è stata intensa, perciò mi metto al sacco per scaricare un po' di tensione.
Arrivo in camera dove mi sfilo la felpa, poi sferro qualche colpo a mani nude finché non intravedo una sagoma sulla porta.
Jasper.
«Torna a dormire, non volevo svegliarti.»
Le mie parole non causano reazioni sul suo viso pallido. Lui ovviamente non mi presta ascolto e resta immobile a fissarmi.
«Sto solo tirando un po' di pugni perché non riesco a dormire e...»
Senza chiedere il permesso, lo vedo dirigersi verso il mio letto per poi sdraiarcisi sopra.
«Va bene, puoi dormire nel mio letto, fa pure» bofonchio prima di chiudermi in bagno.
Qui mi faccio una doccia veloce e indosso un paio di boxer puliti. Quando ritorno in camera, apro il cassetto del comodino per cercare il caricabatterie del telefono, ma una cosa mi salta subito all'occhio.
Il sassolino non c'è.
«Dove cazzo è?»
E la reazione di Jasper non passa di certo inosservata. Sta ridacchiando sotto i baffi.
«L'ha preso lei, vero?»
Lui mima un'espressione furbetta, sollevando le labbra in una curva laterale.
«È venuta qui quando io non c'ero?»
Jasper non fa cenno di no, ma seguita a guardarmi con i suoi occhi grandi.
Quando è venuta a prendermi aveva le palpebre gonfie e le iridi arrossate, sono sicuro avesse pianto poco prima. Possibile fosse stata qui nel pomeriggio?
«Che è successo?»
Mi sdraio di fianco a Jasper che seguita a fissare il soffitto.
Sono ormai le tre di notte e nemmeno lui sembra riuscire a prendere sonno.
«June è stata qui con te. Si è messa a piangere?»
Lui annuisce nel buio.
Il movimento del suo capo è quasi impercettibile, ma io me lo aspettavo.
Quel piccolo gesto porta tutto il mio corpo a tremare.
Così agguanto il bordo della coperta e lo trascino verso l'alto, fino a coprirmi il torace nudo. Indosso solo i boxer perché prima avevo caldo, ma ora sento di nuovo freddo.
«Sai cosa non ti dicono mai? Che i farmaci sono come la droga. Quando smetti di prenderli, la notte cominci a tremare, poi subito dopo a sudare. Passi dal caldo al freddo. Non c'è mai un attimo di tregua.»
Non so perché io stia dicendo queste cose a mio fratello, ma inevitabilmente, tutti i miei pensieri vanno lì.
«Ti manca qualche volta?»
È strano come due fratelli abbiano condiviso tanto, eppure così poco. Abbiamo trascorso una piccola parte dell'infanzia separati e quando Jasper è tornato a vivere da noi, ha dovuto sorbirsi la sua indifferenza per poco tempo, prima che arrivasse il momento che lei venisse mandata in clinica di riabilitazione.
Jasper dà un colpetto con la spalla, sembra che la cosa non lo sfiori più di tanto.
«Io non le manco di certo. Tu le manchi sarebbe pazza a dire il contrario.»
Dico poi, prima che cali il silenzio anche da parte mia.
Chiudo gli occhi e i miei pensieri cominciano a strisciare subdoli costringendomi a ricordarmi di una cosa.
«Jasper ho un dubbio.»
Nella penombra lui ruota il capo e prende a fissarmi. I suoi occhi color cobalto mi perforano le pupille, ricordandomi non solo l'affetto immenso che provo per lui, ma anche quanto questo sentimento mi renda, di giorno in giorno, sempre più vulnerabile.
«Immagina di aver fatto una cosa brutta. Torneresti per assicurarti di aver cancellato tutte le prove? Non ha senso... Soprattutto, perché dovresti cancellare le prove? Nessuno ti incolperebbe, alla fine. Hanno tutti mani sporche.»
Jasper mi scruta senza capire.
«Perché è tornato?»
Continuo a massaggiarmi la tempia, senza riuscire ad arrivare a capo di tutto questo casino.
Jasper ad un gratto compie un gesto inaspettato, mi posa una mano sul petto.
«Che vuoi dire?»
«James.» sussurra lui.
Vorrei soffermarmi sul fatto che Jasper abbia parlato, ma, come ogni rara volta che questo accade, devo trattenermi.
Anche se volessi urlare, non potrei. Non voglio spaventarlo, perché so che si sentirebbe sopraffatto da una mia reazione eccessiva. E poi voglio assicurarmi abbia compreso le mie parole.
«No, non hai capito Jas. Se tu, dopo aver fatto qualcosa come uccidere una persona, scappassi... Torneresti? Perché torneresti? Per cosa rischieresti la vita?»
La sua mano però, non si muove dal mio petto, anzi, rimane fissa su di me.
James?
Hood non è di certo tornato per me... Jasper tornerebbe per me.
Jasper mi vuole bene.
Spalanco la bocca.
«Ma certo... Amelia.» esclamo sbarrando le palpebre.
«È tornato per vendicarsi.»
Perché è sempre l'amore a farci fare le cazzate più grandi, forse questa è l'unica lezione che ho imparato sulla mia stessa pelle.
A quel punto chiudo gli occhi, la stanchezza mi pervade le membra, come se mi fossi appena liberato di un grosso peso.
Non è June. Non siamo nemmeno io e Jackson i suoi bersagli. Forse, se questa teoria è giusta, sono proprio Will e Austin a essere nel suo mirino.
A quel punto sollevo il piumone sulle spalle di Jasper che serra lentamente le palpebre.
«Sei un genio, cazzo.»
Jasper sorride, poi ci addormentiamo vicini.
WILLIAM
Ci stiamo baciando da mezz'ora.
Era prevedibile. Mi ha chiesto di restare a dormire, ma non sono sul pavimento come ho raccontato a James.
Sono nel letto di Amelia, eppure lei non prende l'iniziativa come faceva Ari, quindi io non so come agire. Non riesco nemmeno a seguire l'istinto da maschio adolescente, perché, a differenza di quando vedevo June, sono sotto farmaci da troppo tempo e il mio corpo non lo sento nemmeno.
Con le dita le sfioro il fianco sottile fasciato dalla canottiera del pigiama e lei per poco non sobbalza.
«Scusa.» mormoro con la paura di averla appena spaventata.
Amelia è ancora sdraiata sotto di me, con i lunghi capelli corvini arruffati ai lati degli zigomi accentuati.
«No, non scusarti.»
Il sospiro le svuota il petto e a me sembra leggermente preoccupata.
Ha cominciato lei e ora sembra voglia fermarsi. Decido quindi di rispettare la sua decisione e mi posiziono sul fianco, in modo da lasciarla libera di respirare.
E alla fine a me va bene così, forse sono proprio io a volermi fermare.
Lei solleva un sopracciglio e mi fissa con aria pensierosa.
«Vuoi davvero fermarti?» sibila nel buio.
Quei maledetti farmaci uccidono ogni mia cellula viva, non ci penso nemmeno al sesso, come glielo dico che non è colpa sua?
«Amelia...»
«Dimmi Will»
«Sì, preferisco se ci fermiamo.»
Ed è un sorriso amaro quello che le modella le labbra fini.
«Eccone un altro.»
Lo dice a denti serrati e io riesco a percepire tutto il suo rancore.
«Cosa vuoi dire?»
«Che fate tutti così. Persino un uomo quarant'anni si ferma ai preliminari con me.»
Non sto capendo.
«Che vuoi dire Amelia?»
Lei però minimizza quella frase voltandosi dall'altra parte, lasciandomi a fissare la sua schiena minuta è segnata da piccole costole in rilievo.
«Buonanotte Will»
«Aspetta parlami.»
Avvicino il viso ai suoi capelli profumati, che cascano, come onde in tempesta, sullo stesso cuscino che condividiamo.
«La verità è che non piacerò mai a nessuno, lo so. È una cosa di cui sono convinta.»
Non mi aspettavo si aprisse così rapidamente, forse aveva solo bisogno di qualcuno che glielo chiedesse, che insistesse un po' di più invece che fermarsi alla sua corazza dura e spigolosa.
«Sei una ragazza così bella come puoi pensare...»
«Non si tratta di aspetto fisico.» Sputa decisa, troncandomi in pieno.
«Tuo padre ha proprio fatto un disastro, eh.» Commento con una nota di angoscia.
«Senti, non voglio farti pena.»
«Stai parlando con William Cooper. Sono io a fare pena agli altri, non puoi levarmi il primato.»
Lei a quel punto ruota sul fianco, tornando con il viso verso di me.
I suoi occhi smeraldo scintillano nel buio. E poi sorride.
«Perché devi farmi ridere? Si vede che non ti piaccio.»
Con un cenno della testa scende ad indicare i miei pantaloni.
«Non m'importa di quello che accade al mio corpo, ho voglia di baciarti.»
Questa volta sorridiamo entrambi e non smettiamo nemmeno quando le nostre labbra s'incontrano.
«È da tanto che non ti vedo con quel coltellino, ce l'hai ancora?»
La sua domanda mi disorienta, cosa c'entra adesso? Perché le viene in mente?
«Quello che portavo alle elementari?»
«Sì. Ti ricordi?»
«Certo che ce l'ho ancora. I miei me l'hanno levato per un periodo, credevano volessi fare del male a qualcuno, ma io...»
«Lo usavi per intagliare e vandalizzare i banchi di scuola, lo sappiamo.»
«Perché me lo chiedi?»
«Perché mi ricordo che avevi scritto una A gigante sotto al tuo banco.»
Non era per te.
«Lo so. Che stupido.»
Torniamo a baciarci, ma lei è sempre rigida come un ghiacciolo. Le sue braccia sono immobili e le gambe ferme. Non so come comportarmi.
«Se c'è qualcosa che io possa fare...»
«Non lo so.» bofonchia lei.
Mi acciglio di nuovo.
«Non lo sai?»
«Non l'ho mai fatto.»
Lì per lì non capisco.
«Intendi...?»
Amelia a quel punto reclina il mento verso il basso, poi annuisce.
«Oh, cazzo. Allora è meglio se ci fermiamo sul serio.»
Mi isso sui gomiti e la scruto impaurito.
«Will non è che la prima volta di una ragazza sia una vostra responsabilità...»
Lei s'inacidisce storcendo la bocca, ma io non riesco a levarmi il cipiglio disorientato dal viso.
«Non so perché voi ragazzi la viviate così. È una cosa personale.»
«Sì però non mi sembra giusto, Amelia. Perché dovresti farlo con me poi? Non ha senso.»
La sua espressione confusa sembra il riflesso della mia ed è lì che capisco che, in realtà, io e Amelia non c'entriamo nulla l'uno con l'altro, siamo solamente due persone che si sono trovate sole e perse, nello stesso esatto momento, nello stesso posto.
Due persone che stanno continuando a sbagliare e a provare a dare un senso alle cazzate che fanno.
«Effettivamente non ha senso.» ammette lei, strofinandosi la fronte.
Così torno a sdraiarmi accanto al suo corpo, lei si prende il mio braccio e se lo trascina intorno alle spalle.
«Va meglio?»
«Sì, Will»
La sento più tranquilla nel mio abbraccio e anch'io sembro calmarmi.
«Sei sempre innamorato di Ari?»
«Non ci capisco più niente.»
«Io non ti sono mai piaciuta però»
«Non ti bacerei se non mi piacessi, Amelia»
«Va beh dai, hai capito cosa voglio dire»
«Tu sei sempre stata la più schiva e presuntuosa, mettevi paura a tutti.»
«Tranne a James ovviamente» suggerisce aspramente.
«E tutti avevano paura di Brian» annuisco divertito. «Ad un certo punto della nostra breve vita, sei stata la cotta di tutti Amelia, lo sai»
«O quasi.» puntualizza.
Amelia ci torna in modo ossessivo, sempre sullo stesso argomento, così sono costretto a dirglielo.
«James ti vuole bene, anche se fa lo stronzo.»
«Will, lo sai anche tu. Se James potesse, mi consegnerebbe lui stesso ad Austin.»
Vorrei dirle che non è vero, che si sta sbagliando, ma... La realtà è che lo so anch'io. È proprio così. E mi addormento con quel peso nel petto.
Il mattino seguente al mio risveglio Amelia non è più nel letto insieme a me. Sento lo scroscio dell'acqua e la mia testa più pesante del solito. Non c'è tempo per i rimorsi o le domande, perché il mio cellulare sta già vibrando. È James.
«Ti passo a prendere.»
Nessun convenevole. Tipico di James appena sveglio.
«Buongiorno anche a te James. Non sono a casa»
«E dove cazzo sei?»
«Da Amelia.»
«Ancora? Farò finta di non aver sentito, Will.»
«È successo qualcosa?» gli chiedo trascinandomi fuori dal letto a fatica.
«Non lo so dimmelo tu.» mi punzecchia.
«No.»
James sembra apprezzare la mia risposta perché mugola un verso d'approvazione, prima di tornare a parlare.
«Vieni con me oggi?»
«Perché? Dove?»
«Devo andare da Austin.»
«Okay mi faccio una doccia, prendo un caffè e ci sono.»
In macchina non fiatiamo. James è sempre di cattivo umore la mattina presto, quindi decido di non dargli noia. Ha due leggere occhiaie che contornano i suoi occhi chiari, fissi sulla strada. È più nervoso del solito, lo deduco dalla mascella contratta e dagli sbuffi che ogni tanto abbandonano le sue labbra carnose.
Quando arriviamo al locale di Austin sono le otto di mattina e io mi chiedo come pensa di trovarlo già lì, dopo una notte di casini.
«Ma hai un appuntamento con lui?»
«Sì. Lo stronzo sta cominciando a farsela sotto da quando è tornato Hood.»
Così aspettiamo Austin nel suo ufficio, mentre una ragazza molto carina ci serve del caffè.
Ovviamente non mi calcola nemmeno, troppo occupata a fare gli dolci a James che non la guarda nemmeno.
«James una sera di queste...»
Lei apre bocca per parlargli ma lui afferra la sedia e con quella si volta verso di me, dandole le spalle. Vedo la ragazza dapprima sbuffare contrariata, poi andare via dall'ufficio.
«Ieri Hood mi ha chiamato»
I miei occhi ripiombano sul mio amico.
«Stai dicendo sul serio?»
«È andato a casa dei nonni di Jackson.»
Mi porto una mano alla bocca per stemperare lo choc di quella notizia.
«Oddio. Hai parlato con Jax? Sta bene?»
«Sì. Questa mattina ho chiamato Blaze e ci ho parlato.»
A quel punto la porta si spalanca lasciando che la figura di Austin si stagli sulla soglia.
«Ecco il mio figliolo prediletto.»
«Non cominciare con le tue stronzate. Non sono tuo figlio»
James replica tagliente, sgarbato come al suo solito con quell'uomo. Austin però a me incute sempre un certo timore.
«Mi hai tirato giù dal letto alle otto del mattino per cosa? Per vedere la tua faccia di cazzo, insieme a quella di Will?»
L'uomo poi si volta verso di me.
«Senza offesa, Will.»
«No figurati.»
«Potevi venirci di sera... Come ha fatto la tua ragazzina.»
Austin non si è ancora seduto dietro alla scrivania, che James sta già indurendo la mandibola e portando entrambi i pugni sulla superficie del tavolo. Sono entrambi nervosi, non è un buon segno.
«Sta calmo, James.» Gli bisbiglio all'orecchio.
«Che ho detto di male? La ragazza è più furba di quanto credessi.»
La sedia sfrega sul pavimento di cemento, James si alza in piedi.
«Siediti, non c'è bisogno di scaldarsi. Ho solo fatto un commento.»
«Ascolta, devi aiutarci.»
M'intrometto io a quel punto, ricordando loro il motivo per il quale ci troviamo tutti qui.
Austin abbandona le spalle alla sedia e incrocia le braccia al petto. La camicia sgualcita si tende sull'addome rivelando il suo fisico non proprio perfetto.
«Devi aiutarmi a trovarlo, prima che faccia una casino.» Spiega James tornando seduto.
«Perchè?»
«Mi ha rapito, non ti è bastato?»
«Sei tornato, no?»
L'uomo sogghigna poi allunga un braccio verso delle caraffe di cristallo in cui tiene il whisky di diverse annate. Ne stappa una, prima di versare un filo di alcol in un bicchiere di vetro.
«Hood è andato a casa di Jackson»
«Cosa vuole?»
Austin non solleva gli occhi chiari dal bicchiere, finché James non pronuncia la frase successiva.
«Soldi, tanti soldi. Poi dice che sparirà.»
James lo scandisce in velocità, senza nemmeno rifletterci. Ha appena mentito.
«Cos'altro vuole da te?»
E mentre sorseggia il suo distillato, Austin corruga la fronte. Un cipiglio gli oscura il volto attorniato dai ciuffi rossi, ormai diradatati per via dell'età. Non gli crede.
«Da me un cazzo, voleva usarmi per arrivare a te. Alla tua famiglia.»
«Sai James.... quello stronzo ha sempre la bizzarra idea che a me freghi qualcosa di te.»
James muove la testa a lato, inclinando lo sguardo al pavimento, quindi provo a sviare l'attenzione da quei discorsi, che lo so, lo fanno soffrire.
«Hood vuole vendicarsi con te e con me.» esordisco senza troppi giri di parole, rivolgendomi proprio ad Austin.
«Cazzo Will.» mi rimprovera James, come se avessi appena svelato qualcosa che doveva restare segreto.
«Cosa c'è? È là verità» mi giustifico io.
Mi chiedo cosa pensi James, di me, quando agisco in modo così impulsivo. Lì per lì mi sembra sempre la cosa migliore da fare, ma molte volte, le mie decisioni si rivelano proprio l'opposto.
«Non mi fido di te, James. Nè mi fido di quel pazzo.»
Austin mi indica.
«Senza offesa Will»
Io scrollo il capo, poi l'uomo torna su di me con lo sguardo.
«Anzi, ora che mi ci fai pensare... mi fido più di William che di te.»
«Stai scherzando, vero?» Anche James si rivolge a me. «Senza offesa Will»
«Tua madre si scopava lo stronzo, tu lo sapevi e non mi ha detto un cazzo. Will è stato leale con me. Tu invece?»
«Io ho solo provato a...»
«Non puoi salvare chi non vuole essere salvato, Jamie.»
«Tu e lui vi odiavate già da molto prima. Perché devi mettere in mezzo lei?» insiste James.
«Perche è sempre stato innamorato di lei.»
«E lei lo era?»
È un terreno impervio, James non dovrebbe fare domande le cui risposte lo feriranno.
«No. Lui ne era ossessionato. Ma lei ha scelto me»
Mi accorgo che le mani di James stanno tremando, non gli fa bene questo argomento. Parlare di sua madre lo destabilizza, rendendolo vulnerabile agli occhi di tutti.
«E Jordan?»
«Jordan non c'entra un cazzo.» Sputa Austin innervosito. «Quello è servito solo a sparare due proiettili. Te e tuo fratello.»
«Vuole dire che una cosa buona l'ha fatta» suggerisco io fissando Austin.
James curva il capo sulla mia spalla, vorrebbe sussurrarmi qualcosa, tipo un grazie, ma prima che possa farlo, Austin ci interrompe.
«Volete baciarvi o parliamo di affari?»
James raddrizza immediatamente le schiena e le sue spalle si allargano dandogli una forma mascolina è perfetta.
«Siamo qui per parlarti» annuncia poi ingrossando la voce.
«Arrivate al dunque, cosa volete?»
«Abbiamo una proposta.»
Austin sapeva già che volessimo qualcosa, ma non si aspettava ci fosse una proposta vera e propria.
«Che proposta?»
«Ci abbiamo provato a casa sua ma lui non si è presentato. Facciamo una festa qui» annuncio io.
«Qui? Nel mio locale?»
Austin si massaggia il mento e assottiglia le palpebre per scrutarmi al meglio.
«Will non ha torto, dovremmo organizzarti incontro con lui.»
Questa volta James è d'accordo con me.
«Perché?»
«Perché non vede l'ora di ammazzarti dopo quello che hai fatto ad Amelia. Pensavo fosse qui per quelle prove che potrebbero incastrarlo per omicidio, ma non è così» spiega James.
«Se non è qui per riavere quei documenti, perché li ha chiesti prima a me, poi a te?» domandò strofinandomi il mento con aria smarrita.
«Forse vuole testarci e capire se c'è qualcuno, tra noi, di cui può fidarsi.»
«Lo stronzo non si fida di nessuno» suggerisce Austin, che sembra avvezzo a questi comportamenti.
«O quasi... » constato io sottovoce, ricordando di come Amelia lo avesse avvisato, dicendogli di non presentarsi a casa sua.
Se vogliamo prenderlo, questa volta dovremmo tenerla all'oscuro da tutto.
Austin versa del whisky in due bicchieri per poi allungarceli.
«Mmm non lo so, volete portarmelo qui per fare casino?»
«Non vuoi vendicarti?» sbuffa James senza toccare il drink appena servito.
«Voglio prendere quel coglione quanto te.» ribatte Austin.
«Sapevi che la ragazza l'ha fatta fuori lui?»
«L'ho saputo quando quella notte l'ha confessato a me e a Will. Ma se nessuno di noi tre ha chiamato la polizia... un motivo ci sarà. Non siamo dei santi, non lo saremo mai.»
James abbandona il viso tra le mani per un attimo, poi torna composto.
«Proviamoci. Dobbiamo trovare un motivo per trascinarlo qui. Non è detto che possiamo attirarlo.»
«Portatemi sua figlia, vediamo quanto ci mette a presentarsi...» sogghigna sadicamente l'uomo.
Sgrano gli occhi, ma James non è affatto sorpreso. Sembrava se lo aspettasse.
«No, no.» m'intrometto a quel punto.
Non risulterò risoluto e convincente, ma di certo non posso stare zitto dinnanzi ad una soluzione così estrema. Amelia è innocente.
James e Austin si voltano di scatto verso di me.
«Amelia non c'entra» provo a farli ragionare.
«Non ti porterò Amelia. Volevi ucciderla» si ravvede James a quel punto, dopo aver udito le mie parole. «E poi la conosco, non vuole collaborare.»
«Appunto. Sapete cosa dovete fare.» mugola Austin, indicandoci un'unica soluzione.
Se Amelia non vuole collaborare, dobbiamo attirarla con l'inganno.
«Non posso farlo.» James scrolla il capo.
«Devo andarla a prendere con la forza?» lo provoca l'uomo.
«No. Verremo anche noi. Non dovrai torcerle un capello però.» concludo io, portando Austin ad annuire.
«Vedi, Jamie. William ragiona a differenza tua.» ci rimbecca l'uomo, prima di lasciarci a fissare la parete di listelli in legno che si erge davanti a noi.
Io so già succederà un macello.
Un brivido scorre lungo il mio addome fino all'inguine.
E la cosa mi fa eccitare.
JAMES
Io e Will arriviamo a scuola con più di due ore di ritardo, infatti è già il momento della ricreazione.
«C'è solo una regola per questa festa.»
Le mie parole riecheggiano per il corridoio nell'esatto momento in cui, in lontananza, scorgo June e Poppy chiacchierare tra loro.
«June non verrà.» Intimo a Will con voce decisa.
Il mio sguardo resta incollato alla sagoma di June. È di schiena, quindi percorro la sua chioma bionda dall'alto verso al basso, fino a scendere a guardarle il culo nascosto dalla gonna.
«Okay.»
«Non ne farai parola davanti a lei.»
«Okay, James.»
Sembra che lui mi stia dando il contentino e la cosa non mi piace affatto. Non dopo che ha passato la nottata con Amelia.
«Will, cazzo!»
«Ti ho detto si!» esclama esasperato.
«Vado a cercare Jax. Non dirle nulla. Mi raccomando»
Prima che June mi veda, lascio William in corridoio e mi dirigo al campo da football.
Ho mancato l'allenamento mattutino, i ragazzi hanno appena finito e io so già dove trovare Jax. Compio un giro intorno al campo e proseguo verso il retro degli spalti, dove rilevo due sagome scure nell'ombra, una più imponente, l'altra più piccola.
Prima di avvicinarmi troppo mi annuncio da lontano, in modo che possano smetterla di amoreggiare in quel modo così intimo. A Jackson deve proprio essere partito il cervello per starsene lì a scambiarsi bacetti innocenti.
«Devo parlarti di una cosa seria, Jackson»
«Cazzo James, che spavento!»
Il biondo, che dapprima se ne stava con le dita impigliate nella camicia di Blaze, si trascina una mano tra i capelli corti, come a voler stemperare la tensione.
Io seguito a fumare, intanto passo in rassegna il viso di Blaze, che ha le guance rosate e il fiato corto.
Ad occhi bassi borbotta un «Okay, ci vediamo dopo», poi si defila lentamente.
«Tu riesci ancora a camminare dopo ieri notte?»
Lo prendo in giro con un ghigno sarcastico, ma Blaze mi rivolge il dito medio.
«Ma vaffanculo» sbotta prima di allontanarsi e sparire dietro agli spalti.
«James.»
Jackson mi sta fissando con le mani sui fianchi. Ha la camicia della divisa stropicciata e la giacca buttata in un angolo.
«Che ho detto?» sogghigno con sigaretta incastrata tra le labbra. Lui però non sembra abbia tanta voglia di scherzare in questo momento.
«Che cazzo sta succedendo? Perché è andato dai miei nonni?»
Corruccio la fronte in un'espressione contrita mentre inspiro avidamente una boccata dalla sigaretta e così facendo, inalo anche un po' del suo profumo muschiato.
«Loro stanno bene?» domando a quel punto.
«Sì, te l'ho detto stamattina.»
Vedo Jackson sbuffare controvoglia, quindi gli vado sotto al mento ad occhi stretti. È infastidito dal fatto che non può starsene con il suo fidanzatino, ma a me non me ne frega un cazzo adesso.
«Non dobbiamo abbassare la guardia, Jax.»
Mi chiedo se le persone intorno a me abbiano capito la gravità della situazione.
«Andiamo che tra poco ricomincia lezione.»
Jackson si china per raccogliere la giacca accartocciata, gli dà un colpetto con la mano, poi mi fa un cenno con il capo.
C'incamminiamo verso il cortile, ma io non riesco a pensare ad altro.
«L'hai capito che si tratta di una questione seria e che quell'uomo non si è fatto scrupoli a uccidere una ragazza con cui aveva un legame? »
«Addirittura che aspettava il suo stesso figlio...» commenta lui.
«Jackson questo non è uno scherzo.»
«Io l'ho capito. Assicurati che anche Will l'abbia fatto, James. L'ho visto con Amelia alla festa.»
Dal suo tono di voce, solitamente sicuro e deciso, avverto una nota tremolante. Sembra realmente preoccupato per William.
«Will è il primo che deve fare attenzione. Mi sono concentrato solo su June, pensavo lui c'è l'avesse con me, ma non è me che vuole.» mi ritrovo ad ammettere. «Quindi nessuno deve abbassare la guardia, siamo tutti in pericolo.»
Jackson annuisce, mi sta chiaramente dando ragione, ma io non riesco a non rimproverarlo.
«Ti sei fatto fottere il cellulare.»
«Io e Blaze avevamo bevuto, l'ho lasciato il giardino, non lo so...»
«Va bene, va bene, però... Qualsiasi cosa succede, non dobbiamo tenerci nascosto nulla. Okay?»
In lontananza vedo Will poggiato con le spalle al muro esterno della scuola.
«Tutto quello che Blaze ti confida, tu me lo devi dire.»
«Sì»
«Qualsiasi cosa che ti venga in mente, Jax»
Ruoto il capo in direzione di William che ci sta aspettando, giocherellando con qualcosa tra le dita.
«Anche tu Will.»
«Ho quasi scopato con Amelia.» esordisce quest'ultimo quando ci avviciniamo.
«Cosa?»
«Cazzo Will!» sbraita Jackson
«Hai appena detto di dirti la verità»
William sgrana gli occhioni con aria innocente, poi impugna il coltello che teneva tra le mani e lo pianta nel muro. La vibrazione della lama che gratta sulla parete mi dà i brividi.
«E poi per te è come una sorella, non per me.»
Premo il mozzicone ormai consumato contro il muro, prima che Will seguiti a parlare.
«E ti ricordo che è sorella di Brian, non tua quindi non hai motivo di picchiarmi» puntualizza nel vedere un lampo di rabbia scintillare nelle mie iridi.
«Non ti picchierei per Amelia, ti picchierei perché sei stupido. In cosa cazzo ti vai a infilare?»
«Senti, di nuovo con questa storia? Per te dovrei restare solo a vita?»
Con un colpo secco stacca il coltello rimasto incastonato nel muro. Una piccola crepa fa sgretolare l'intonaco, che casca sul terriccio.
«Will trova qualcuno che...Non lo so.»
Allargo le braccia con fare quasi disperato.
«Ti ricordo che anche June non andava bene, non era giusta per me. E ora guardati.»
Infatti era giusta per me
«Senti perché devi metterla in mezzo? Non voglio sentire queste cazzate.» m'indispettisco al solo sentirla nominare.
«Gliel'hai detto che la ami?»
William nasconde un ghigno tra le labbra, poi fissa Jackson alle mie spalle che scrolla il capo.
«No, gliel'ho scritto.»
«Eh?»
«Lascia perdere.» taglio corto.
Tanto a lei non basta.
«Senti non siamo qui a parlare di queste cazzate. Dobbiamo rimanere uniti. Okay?»
I miei amici annuiscono, ma i miei occhi restano fissi su William. «Uniti significa che non ci volti le spalle per Amelia.»
«Va bene» sbuffa quest'ultimo, mentre Jackson si concentra a porre l'unica domanda sensata.
«Qual è il piano per questa sera?»
«Noi vogliamo Hood. Hood vuole Austin. Austin vuole il fotografo. La trappola possiamo tendergliela da Austin, ma a patto che gli portiamo sia il fotografo che Amelia.»
«Dobbiamo convincere Ari a ricontattare il fotografo. Lo può agganciare con una scusa...»
«No» asserisco duro nell'udire le parole di William. Lui la fa sempre facile.
«Come no?»
«Senti Will, io non mi eccito con queste stronzate. E se le succede qualcosa?»
«Però ha ragione, Will. Ari deve richiamare il fotografo. Forse è l'unica che può farlo» constata Jackson, causandomi un sopracciglio inarcato.
«E come lo trasciniamo al locale di Austin?»
«Ari sa essere molto convincente se vuole.» Spiega Will mentre io lancio occhiate apprensive verso la porta spalancata che lascia intravedere una porzione di corridoio.
Non voglio che June venga coinvolta da tutta questa storia. Se c'è una volta in cui deve restarne fuori, è proprio questa.
«E Brian? Se scopre che in una sera sola mettiamo in pericolo suo padre, la ragazza che ama e sua sorella?»
Jackson non ha tutti i torti, ma io ne ho già abbastanza di tutta questa storia. Mi sta rubando tempo prezioso.
Volto loro le spalle e attraverso il portone d'ingresso.
«Un problema alla volta. A Brian ci penserò poi.» sputo controvoglia.
«Ma dove vai?» domandano i miei amici quando mi vedono sparire oltre la porta.
«Dalla mia ragazza.»
Mentre cammino per i corridoi e scorro davanti all'ufficio del preside, mi arriva una notifica
james oggi vieni da me?
Per?
secondo te? studiare per il compito di domani
Fisso lo schermo. Dice sul serio?
mia madre non c'è
Ah ecco
Oggi pomeriggio sono con Jasper, possiamo vederci per cena?
dopo le otto sono impegnata, festa da poppy, solo ragazze.
Tanto non sarei potuto restare fino a tardi
cos'hai da fare James?
Una cosa insieme a Will
JAMES
cosa
JAMES
Mi mordo il labbro reprimendo l'istinto di ridacchiare per la sua reazione esagerata.
Niente di cui preoccuparsi... JUNE
Arrivo alle spalle delle ragazze e noto subito che June china il capo per nascondere un sorrisetto non appena sente la mia voce.
È contenta di vedermi.
«E quindi io non sarei invitato...»
«Nessun maschio potrà mettere piede in casa mia stasera.» asserisce Poppy a testa alta.
June invece nasconde le labbra con la mano, ma non ha ancora sollevato lo sguardo.
«Lo vedremo»
Con gli occhi fissi come due spilli, rimango su di lei che, finalmente si decide a lanciarmi un'occhiata furtiva dal basso. E in un attimo rivivo tutte le sensazioni piacevoli della nottata scorsa.
«Io stampo la brutta faccia di Jamie, ci disegno sopra il divieto di accesso e la appendo fuori di casa. Ci vediamo stasera.» annuncia Taylor sfilando per il corridoio in tutta fretta.
Le ragazze la salutano frettolosamente, poi il gruppetto si disgrega perché è appena suonata la fine dell'intervallo. Compio un giro intorno a June per arrivarle alle spalle.
«Magari passo a salutarti, se vuoi» Sussurro baciandole il collo, dopo averlo scoperto dalle ciocche di capelli.
Lei sussulta quando con la punta del naso le sfioro la pelle vellutata che profuma di pesca.
«Me ne vado, voi fate pure. A stasera June. Tu no, eh»
A quel punto anche Poppy si allontana, così io e June rimaniamo da soli nel nostro angolino di corridoio. Lei si volta e stiamo a guardarci negli occhi per qualche istante, come a voler recuperare gli sguardi che non ci siamo scambiati poco prima, finché non decido di sentire la morbidezza del suo labbro inferiore carezzandolo con il mio.
«Che state tramando, James?»
Lei però vuole parlare.
«Niente di che, te l'ho detto. Voi?»
«La mamma di Amelia è ancora fuori città, quindi Poppy ha deciso di organizzare un pigiama party a casa sua, così possiamo restare noi ragazze a dormire tutte insieme.»
«Se vuoi potrei venire da te nel pomeriggio e portare anche Jasper ma...»
«Tranquillo. Se gli hai promesso di stare insieme a lui, è giusto siate tu e lui da soli. È importante per lui.»
Annuisco, mentre la campanella suona nuovamente per ricordarci l'inizio delle lezioni.
«Appena mi libero vengo da te, da Poppy o dove cazzo sei.»
June lancia un'occhiata rapida al fondo del corridoio, dovrei lasciarla andare in classe, ma non prima di averla bloccata contro l'armadietto.
«Poppy si arrabbia se vieni.»
Con i gomiti posizionati ai lati della sua testa, la intrappolo contro l'anta alle sue spalle.
«Entro di nascosto.»
Le sue iridi di ghiaccio mi fulminano in pieno e l'adrenalina che mi scivola sotto la pelle, comincia a effondersi nelle vene, dapprima lentamente, poi con sempre più urgenza.
«James siamo a scuola»
Deglutisco a fatica, mentre lei si issa in punta di piedi.
«Non ho fatto un cazzo» sussurro sulle sue labbra, ormai in prossimità delle mie.
«Però lo vedo come mi guardi...» mi provoca lei, rivolgendomi quel sussurro languido che ha un non so che di malizioso
E ora come faccio a non pensare a come stavi divinamente, nuda sopra di me?
Mi mordo labbro di riflesso, intanto lascio slittare gli occhi lungo il suo corpo, per poi soffermarmi a rapire l'immagine del suo seno stretto nella camicetta bianca.
«Stai imparando...»
«Dal migliore» mi rimbecca lei.
«Dammi solo un bacio, June. Non ti chiedo altro.»
Curvo la testa a lato e lascio un sospiro rauco sulla guancia, lei rabbrividisce.
Potrei darglielo e basta quel dannato bacio, lei non opporrebbe resistenza, ma so quanto le piace sentirselo chiedere.
June abbassa immediatamente gli occhi quando con la mia caviglia m'insinuo tra i suoi polpacci, distanziandoli tra loro.
«James.»
«Siamo a scuola, lo so.» canzono le sue parole di poco fa.
Ma la coerenza, si sa, è sopravvalutata, quindi premo il mio bacino contro la morbidezza del suo ventre, avvolto dalla gonna dell'uniforme scolastica.
«Non voglio mica farlo qui.» la stuzzico inumidendomi le labbra con una passata di lingua.
Lei me le guarda dal basso, sembra assetata, curiosa, impaziente.
«Ma l'aula di chimica è vuota...» proseguo io, altrettanto elettrizzato.
«Smettila. Ci vediamo dopo, no?»
«E devo aspettare così tanto?» Mimo un broncio infantile che la porta a sorridere.
«Cretino.»
«Insultami ancora e mi riprendo il mio sassolino.»
«Provaci e ti privo di ogni attributo maschile.»
«L'idea di mascolinità è solo culturale.»
«Hai capito benissimo, James.»
June deve avere una specie di radar nascosto, perché nonostante tenga gli occhi piantati sulle mie labbra, intuisce che il corridoio si è sgomberato completamente, anche dell'ultimo studente. Quindi affonda entrambe le mani nei miei capelli.
Mi sfugge un gemito roco quando le sue dita si fanno più forti, fino a strattonarmi le ciocche per obbligarmi a inclinare il capo e raggiungere il suo viso leggermente arrossato.
Il coraggio non ti manca, cazzo
Come non mancava a Taylor, a Tiffany e a tutte le altre. Quello è il tipo di ragazza che mi piace, forte e indipendente, capace di mettermi sotto, con la quale non devo fingere di essere quello che non sono, ma mai nessuna mi aveva fatto sentire così. Non è solo fisico. Le basta uno sguardo per farmi sentire completamente nudo.
Non posso dirle cosa faremo questa sera. Lei non deve saperlo.
Un fremito mi assale la spina dorsale perché June addenta il mio labbro gonfio con decisione e il sangue comincia a pulsarmi con violenza nelle vene, fino a formicolarmi nell'addome.
La sua lingua assapora con dovizia le mie labbra, mandandomi in estasi.
«Siamo a scuola, cazzo» ansimo schiudendo la bocca quanto basta per lasciare che la mia lingua raggiunga la sua e vi si intrecci in un gioco proibito.
Le mie mani piantate sull'armadietto scivolano rapide sul suo corpo accaldato, le stringo i fianchi con una presa possessiva facendola ansimare nella mia bocca, mentre affondo con colpi di lingua profondi tra le sue labbra soffici e accoglienti.
«June...»
Lei chiude gli occhi quando immerge il naso nell'incavo del mio collo.
«Hai un buon profumo» sussurra dandomi i brividi. «Ma abbiamo tutte lezioni diverse oggi»
Il petto le si alza e si abbassa rapido, incatenandomi a quell'immagine eccitante. Capelli spettinati e labbra gonfie dei miei morsi.
«Possiamo...»
«No, James. Devo andare in classe.»
Resto con i palmi premuti sull'armadietto e il respiro accelerato, mentre lei è già scivolata via.
JUNE
«Arrivano domani»
Mia madre sta approfittando del momento in cui sparecchiamo per dedicarsi a due chiacchiere con me, ma mi è già passata la voglia di ascoltarla. Lo sa che non amo i festeggiamenti del mio compleanno, perché deve sottopormi alla tortura di parlarne con giorni di anticipo?
«May e la zia staranno qui?»
«Sì, come ogni anno.»
Sbuffo, questa volta con irruenza, forse perché voglio lei percepisca forte e chiaro il mio malcontento.
«Cosa c'è June? Ogni anno festeggiamo noi quattro.»
«Che tristezza.»
«Grazie tante. Scusa se faccio il possibile per non farti pesare che non abbiamo più una famiglia.»
Magari quest'anno June si è fatta degli amici non immaginari?
«Vediamo.» sbotto con una scrollata di spalle.
«Se hai dei piani per il tuo compleanno, va bene. Può venire anche May.»
«May mi odia.»
«Non è vero. Odia tutti, non solo te.»
«Stasera posso andare da Poppy?»
Mia mamma mi fissa con occhi serrati e sospettosi.
«Non c'è James, solo ragazze.»
«June se scopro che mi dici bugie...»
«Lo sai cosa dicono? Chi ha il sospetto ha il difetto.»
«June, mi dispiace di averti nascosto quel piccolo flirt con Jordan. Ma è già finita. Non volevo farti preoccupare. L'ho fatto a fin di bene»
«Magari anch'io ti dico bugie a fin di bene.»
«Tu quelle già le dici, sennò James non si sarebbe fatto trovare in camera tua, ieri sera.»
«Avevi detto a lui che poteva restare...»
«Ma non a dormire nella stessa stanza»
«Dormire...»
Mi porto una mano sulla bocca, che maledetta, parla prima ancora che io riesca a rifletterci su.
«June?»
Mia madre mi si para davanti in tutta la sua altezza, fulminandomi con due fari fiammeggianti al posto degli occhi, ma io punto la porta e mi ci fiondo a tutta velocità.
«Mamma vado, non mi aspettare sveglia»
Ci sono persone dotate di un animo d'oro, lo hanno per natura e di certo non meritano le cattiverie altrui. Poppy è una di queste.
«Ho fatto tutto questo per Amelia e nè lei nè Ari si sono presentate.» Borbotta delusa per il comportamento per nulla carino, delle sue amiche.
Io e Poppy terminiamo d'infornare i muffin al cioccolato che mi sono offerta di preparare con lei, mentre Taylor resta a controllare ogni nostra minima mossa.
«E dire che nessuna delle due è impegnata con un ragazzo adesso...» Si corruccia la povera Poppy.
«Beh non è che in quel caso dovevi perdonargliela più facilmente» la rimbecca la bionda con prontezza.
«Tiff è sicura di stare bene?» m'intrometto io a quel punto.
Taylor scrolla le spalle ma i suoi occhi fissi nel vuoto parlano chiaro. È preoccupata per la sua amica, sennò non si sarebbe nemmeno abbassata a venire insieme a Tiff, qui da Poppy.
«Ha detto che il profumo di cioccolato le da la nausea»
Poi, con le sue gambe lunghe avvolte dai jeans attillati, scende giù dal bancone della cucina.
«Anzi, vado a vedere come sta.»
«Ti accompagno.»
Curiosa come non mai, seguo la bionda in camera di Poppy.
Quest'ultima, nel frattempo, resta a ripulire la cucina, mentre noi ci avventuriamo su per le scale.
Tiff ha il viso più smunto e cadaverico del solito. Sta seduta svogliatamente alla scrivania con gli occhi fissi al cellulare, senza fiatare.
Taylor la punzecchia ma lei sembra faticare a deglutire, come se la paura le creasse una morsa in gola.
«Stai bene, Tiff?» Le chiedo porgendole un piatto di biscotti natalizi che Poppy ha preparato nel pomeriggio.
«Sì.»
«Vuoi uno?»
Tiffany fa segno di no scuotendo la testa di capelli mossi, io intanto ne sto già trangugiando uno.
«Perché mangiate dolci a forma di pan di zenzero? È natale? Mi sono persa qualcosa?»
«Non devi rovinare lo spirito Taylor, grazie. Lo so che Natale è ancora lontano, ma questa è la nostra tradizione.» Spiega Poppy quando ci raggiunge.
L'unica missione della sua serata era quella di decidere gli addobbi natalizi con le sue migliori amiche, ma loro non si sono presentate.
Ignoro quindi il battibecco tra Taylor e Poppy, ma seguito a fissare Tiffany che resta nel suo mondo, finché non mi arriva un messaggio.
Sono sotto
Il mio cuore salta un battito. È James.
ma io sono da poppy
Gli scrivo, credendo non se lo ricordi.
Infatti sono sotto casa sua.
guarda che se riscopre si arrabbia
Guarda me ne sto già andando
cretino
Scendi o devo stare tutta la cazzo di sera fuori al freddo?
Sorrido nel leggere quel messaggio.
come se non ne fossi capace
Chi ti credi di essere?
La mia attenzione però, viene presto catturata dai battibecchi delle ragazze.
«Senti te l'ho detto. Se volevano venire, venivano»
«Cosa stai insinuando, Taylor?»
«Che hai organizzato una serata tra amiche...»
Taylor mima le virgolette davanti al viso di Poppy.
«L'hai fatto per non lasciare la stronza da sola ma lei nemmeno si è presentata.
Per non parlare di quell'altra.»
«Cos hai contro Ari?»
«Nulla. A parte che Brian non la merita. Ma forse lei si sta già consolando, a tua insaputa, col tuo ragazzo.»
«Non ho un ragazzo.»
Il viso preoccupato di Poppy però, parla chiaro.
«Già... ma guarda caso hai capito di chi sto parlando.»
«Ari non mi ha dato buca per stare con Marvin.»
Vedo Poppy deglutire a fatica.
«Se lo dici tu.»
arrivo tra due minuti scrivo a James.
Ma io ti voglio baciare adesso.
I miei occhi cascano sullo schermo.
In questo istante
Un'altra notifica.
Ora, June
Perché girarci intorno?
Sono pazza di lui.
Riesco a immaginare la sua voce.
Il suo buon profumo.
I suoi capelli morbidi sotto le dita.
«Vado in bagno e a chiamare mia mamma.»
Mi lancio fuori dalla stanza a una velocità imbarazzante.
«Okay»
Le ragazze fanno spallucce, sono troppo concentrate a decidere quando bisognerebbe cominciare a festeggiare il Natale ed è lì che sembrano aver trovato un punto d'incontro.
«Io le luci le metto già a Novembre»
«Io anche. A me non interessa non aspetto dicembre per celebrare il Natale»
Quelle sono le ultime parole che mi giungono all'orecchio, perché poi scendo al piano di sotto e la prima cosa che faccio e aprire la porta di casa. James è proprio lì, davanti a me. Indossa una maglietta bianca che risalta le sue spalle larghe, mentre sotto al ciuffo castano brillano due occhi accesi.
La mascella gli si contrae con un movimento involontario quando mi vede, andando a rivelare una piccola fossetta sotto lo zigomo.
È anche meglio di come lo avevo immaginato. Il suo profumo così buono mi stordisce, dolce come la vaniglia, fresco come biancheria appena lavata e intenso di ormoni maschili.
La sua immagine mi coglie di sorpresa, non riesco nemmeno a reagire quando mi spinge contro il muro.
«Cazzo, avevi proprio voglia di baciarmi Biancaneve.»
Mi prende in giro per la velocità con cui sono giunta alla porta, ma lui non è da meno.
«Io? Ha parlato quello che non poteva aspettare due minuti in più.»
James però non mi da più ascolto, soffoca la mia bocca con impeto. Avverto la freschezza della menta della gomma da masticare quando la sua lingua scivola tra le mia labbra con lussuria. Non mi aspettavo mi baciasse con così tanta irruenza. Il respiro mi si spezza quando avverto le sue labbra farsi dure, pretenziose di qualcosa di più.
Le mie guance vanno in fiamme in un secondo, perché le sue mani fredde sembrano impegnate in una lotta infinita con la felpa che mi contorna i fianchi.
Ma nonostante il caldo insostenibile che mi divampa nel petto e nella pancia, dei brividi gelidi mi solleticano la nuca.
«Andiamo dentro, fa freddo.»
Così trascino James in casa, poi con la mano gli faccio cenno di parlare sottovoce.
«Come è andata con Jasper?»
«L'ho aiutato con fisica, dato che qualcuno ha smesso di venire a svolgere il suo compito.»
«Beh...»
«Non sai dire altro questa sera?» mi canzona lui, non appena si rende conto che lo fisso imbambolata.
«Stiamo preparando i muffin, hai fame...?»
«Ho fame sì...»
La curva maliziosa che gli arrotonda le labbra carnose precede il suo gesto, si getta sul divano e con una presa decisa mi afferra dai polsi trascinandomi con lui.
«Non dire volgarità, ti prego. E fa piano sennò ci sentono.»
«Piano nel fare cosa?» ridacchia facendomi sedere a cavalcioni su di lui. «Vieni qui.»
Le mie cosce si allacciano in modo naturale intorno ai suoi fianchi. Indosso un paio pantaloni lunghi e una felpa, ma le sue mani esperte sanno essere molto abili a scavarmi nei vestiti.
James reclina la testa all'indietro, con la nuca sfiora la testiera del divano, mostrandomi il suo collo che vorrei riempire di baci.
Il suo profumo m'inonda completamente, mentre le sue dita avvolte dagli anelli freddi sono ormai un tutt'uno con la mia carne.
Con i polpastrelli si fa strada sotto la mia felpa e finalmente la sua bocca si dischiude per ricevere il mio bacio.
James aveva scritto di volermi baciare, sembrava non vedesse l'ora, ma poi si rivela sempre paziente di aspettare. Potrebbe pregarmi per ore, ma io non ho voglia di aspettare oltre.
Uno schiocco lascivo si libera nell'aria, proviene dall'incontro delle nostre bocche che giocano a rincorrersi con piccoli morsi delicati.
Il respiro si spezza, ogni volta che la lingua calda di James sprofonda tra le mia labbra.
Ed è quasi sempre lui a fare quella mossa, forse perché io non ne ho il coraggio. James da il via a quell'incantesimo chiamato bacio, lo stesso che ci tiene incollati per minuti interminabili.
Il mio corpo presto diviene preda di una confusione piacevole, la stessa sensazione di smarrimento mista ad adrenalina che mi prendeva alla sprovvista, quando incrociavo il suo sguardo, durante i primi giorni di scuola.
Il mugolio rauco ed eccitato di James mi riporta alla realtà. Con la lingua lecca la mia bocca, ne traccia il contorno, poi con due dita mi afferra il mento e osserva le mie labbra socchiuse.
«Io vorrei solo stare con te, June. E invece devo pensare a tutte queste stronzate...»
«Sei con me ora.»
Lo vedo più preoccupato del solito e la cosa non mi piace affatto.
«Sì ma non così...»
James ha un attimo di smarrimento, lo vedo dai suoi occhi che sembrano diventare vuoti. Così mi viene istintivo, poggiare dolcemente la mia fronte sulla sua.
«James, va tutto bene.»
«Non lo so. A volte mi chiedo se sia giusto non prendere alcun tipo di droga, farmaco, dover affrontare tutto...»
«Sì e giusto. Perché il sollievo e solo momentaneo. Sei più forte di così.»
Il suo palmo caldo mi sfiora lo zigomo e io mi abbandono a quella coccola.
«Non sai cosa ti farei...»
Con l'altra mano chiusa a coppa raggiunge il mio fondoschiena per premerlo con decisione.
«Ma Poppy e sua madre non approverebbero.»
Indico il divano con un cenno del capo.
«Se sei abbastanza brava non sporco niente»
«James!»
Scoppiamo a ridere e sebbene tra noi i baci si siano scaldati in fretta, lui mette un freno altrettanto velocemente.
Le mie mani percorrono il suo torace avvolto dalla t-shirt bianca, lambiscono i suoi muscoli solidi, ma sotto di me percepisco che qualcosa è diverso stasera.
«Andiamoci piano» lo sento sibilare.
«James, guarda che non voglio fare niente...»
Sono ancora seduta sopra di lui quando pronuncio quelle parole, lui intanto allarga entrambe le braccia lungo il poggiatesta del divano.
Mi sta rifiutando?
«Scusa, non ci riesco ora.» mormora fissandomi dritta negli occhi.
La cosa ovviamente non mi crea alcun fastidio, ma un piccolo allarme si accende nella mia testa.
«Sei davvero così preoccupato?»
È sufficiente che James annuisca e io capisco all'istante.
Mi sta nascondendo il qualcosa.
«Non è un problema, solo... cosa mi nascondi?»
«Niente. Non devi preoccuparti di nulla. Penso a tutto io.»
«Lo sai che non funziona così tra di noi, James.»
«Lo so che sei un impicciona che vuole sempre aiutarmi, ma stavolta rispetta la mia decisione.»
Intrappolo l'interno guancia tra i canini e inizio a mordicchiarlo nervosamente.
«Va bene. Voglio fidarmi del tuo giudizio»
«Mio e di Will» precisa lui causandomi un'occhiata sbarrata.
«Cosa?»
James mi agguanta dai fianchi, poi con estrema facilità inverte le posizioni e mi fa sdraiare sotto al suo corpo.
Quando affondo la nuca nel cuscino e sono abbastanza comoda, lui mi solleva la felpa e con la testa vi si nasconde all'interno.
«Ma che fai?»
Mugola qualcosa con la bocca spiaccicata tra le curve dei miei seni, tant'è che non riesco a sentire cosa dice.
«Comunque non dovevi scusarti, James. Non è che ogni volta che stiamo insieme dobbiamo per forza...»
«Mi abbracci?»
In realtà lo sto già facendo, ma quando capisco che vuole più contatto, inizio a stropicciargli i capelli, mentre con l'altra mano gli carezzo la schiena.
«Com'è andata con Jasper?»
«Abbiamo passato del tempo insieme.»
«Vorresti ti parlasse, vero?»
«Non so come fare.»
«Non c'è qualcosa di speciale che devi fare. Devi solo accettarlo, James. Tu non l'hai ancora accettato e non ti biasimo di certo, ma...»
In quel momento il telefono mi vibra nella tasca. È mia madre.
«Rispondo veloce sennò c'è il rischio che si presenti qui.»
«Cazzo, la faresti morire.»
«Beh, non stiamo... Pronto mamma?»
Con il viso ancora premuto sul mio petto, sento le labbra di James sorridere contro la mia pelle. Il respiro caldo mi provoca i brividi, ma ad aumentare quella sensazione piacevole, sono le sue dita, che giungono al bordo del mio reggiseno e qui si arricciano per agganciarsi a entrambe le coppe. James le abbassa lentamente per liberare i miei seni che comincia a baciare con dolcezza.
Sgrano gli occhi.
Non siamo soli.
Faccio cenno di no con la testa, ma non posso dire altro.
Mia madre sta blaterando di mia zia e di mia cugina a macchinetta.
A quel punto suonano anche alla porta e James è costretto ad abbassarmi immediatamente felpa.
«Oh cazzo»
L'imprecazione di James viene seguita da un'espressione sbigottita, perché dalle scale vediamo scendere Taylor insieme a Poppy.
Mi sollevo di scatto, James intanto si erge in ginocchio sul divano.
«Mamma va bene. Devo andare, ciao.»
«June!» esclama Poppy fingendosi delusa.
«Trova l'intruso» sbotta Taylor.
Lo dice in modo piatto e io mi accorgo di quanto sia sottotono questa sera. Forse è solo preoccupata per Tiffany.
Poppy giunge alla porta d'ingresso, la spalanca rivelando la sagoma di Blaze, ferma sulla soglia.
«Perché c'è Blaze qui?»
Mi chiede James, causando la mia faccia confusa.
E io cosa ne so?
«Lui è solo passato a salutare.» Spiega Poppy abbracciando il moro.
«Lui sì e io no, eh?»
James si alza in piedi, poi si risistema la t-shirt bianca che gli si era sollevata leggermente durante il nostro impatto sul divano.
«Lui viene per stare con noi, tu vieni solo per portarti via June.»
«Tanto devo andare.»
James non controbatte, né dice altro e la cosa non fa che aumentare i miei sospetti. Possibile che abbia davvero altro di meglio da fare?
«Ti scrivo...» sussurra poi al mio orecchio.
«Fallo però.»
Vedo James roteare gli occhi soffitto, lo fa apposta per farmi arrabbiare, così gli sferro uno schiaffo sul bicipite, che resta solido sotto al mio palmo dolorante.
A quel punto mi sgancia un bacio sulla bocca, poi acciuffa Blaze dal braccio, prima che Poppy lo trascini in cucina.
Il trillo del timer ci ricorda dei muffin, così sia io che Poppy ci fiondiamo a controllare la cottura dei dolci ancora in forno. Lancio però un'ultima occhiata alla porta.
«Che vuoi, James?»
«Aspetto che esci, Blaze.»
Quei due non mi convincono.
Ho detto che avrei rispettato la sua decisione questa sera, ma devo assolutamente scoprire che cos'ha in mente.
JAMES
«James devo parlarti.»
La bocca di Taylor resta ferma in una linea dritta, sembra particolarmente seria questa sera, ma io non ci do peso.
«Non ho tempo ora.» taglio corto causandole uno sbuffo.
Lei raggiunge le ragazze, mentre io fermo Blaze sulla porta.
«Ehi aspetta. Che fretta hai?»
Lo richiamo prima che si allontani. Lui mi rivolge un'occhiata diffidente, assottiglia gli occhi a mandarla, scrutandomi attentamente.
«Che stai tramando James?»
«Voglio sapere una cosa da te. Le chiavi, quelle che hai notato sul tavolo del coach... Hai scoperto qualcosa a riguardo?»
La porta d'ingresso è aperta, Blaze volta il capo prima da un lato, poi dall'altro. Ispeziona entrambe le direzioni per assicurarci non ci senta nessuno, infine parla.
«Il giorno stesso che le ho viste al coach, non le ho più ho trovate in casa. Il paio che ho visto al campo da football potrebbe essere lo stesso che aveva mio padre. Avevano lo stesso portachiavi»
«E se fossero sue?» suggerisco affinando le palpebre.
«Di Hood? È quello che ho pensato.»
Dei gorgoglii simili a fusa richiamano la mia attenzione. Il rumore insolito m'incita a voltarmi nella direzione dalla quale proviene quello strano verso.
Il coniglio di Poppy è nella sua gabbietta posizionata in fondo al corridoio e mi sta fissando.
Ma certo, il coniglio.
Mi avvicino alla gabbia metallica per aprirla.
«James...»
Blaze mi rivolge uno sguardo apprensivo.
«No.»
«Oh sì.» sogghigno io in tutta risposta.
«Non ruberai un coniglio...»
«Lo prendo in prestito. Io non rubo, lo sai.»
«Hai solo rubato la ragazza al tuo migliore amico...»
Di solito mi basta uno sguardo d'acciaio per fulminare Blaze, ma questa sera ho troppi pensieri, persino per prendermela con lui.
«Accompagnami a fare una cosa, Blaze.»
Gli indico la mia macchina parcheggiata e subito un cipiglio gli solca la fronte.
«Dove stiamo andando?»
Sembra riluttante, ma al contempo curioso.
«A casa mia.»
Blaze a quel punto accetta di salire in auto, ma deve aver scambiato quell'attimo di gentilezza da parte mia, per voglia di fare due chiacchiere. Non è certo così.
«Io e te siamo a posto, James?»
«Dobbiamo farlo ora questo discorso?»
Lui si zittisce e dopo un paio di minuti siamo con l'auto davanti casa mia.
«Siamo amici o no?» domanda Blaze accigliato.
«Solo perché ti fai scopare da Jax... Non significa nulla. Non basterà questo a renderti mio amico»
«Che stronzo...» lo sento bofonchiare sottovoce.
A quel punto perdo la pazienza, completamente. È da mesi che recita la parte del povero ragazzo sperduto e indifeso, quando non lo è affatto.
«E dimmi Blaze, quando sono finito dentro perché tuo padre ha trovato la roba nella mia borsa da palestra?»
«Sei finito dentro perché hai picchiato Brian e gli hai rotto due costole.» mi corregge lui arricciando le labbra.
«Sì ma tuo padre ha dovuto trovare aggravanti per tenermi dentro un anno. Mi voleva fuori dai piedi. Poi perché non ha guardato nell'armadietto ma sapeva già di dover controllare nel borsone di football? Come lo sapeva che tenevo tutto lì?»
«Mi stai dicendo che è colpa mia se ti hanno mandato in riformatorio?»
«Vuoi dirmi che non ci hai messo del tuo? Non è per questo che, quando ti tratto di merda, tu pensi di meritartelo? Non ti senti in colpa?»
Blaze è ancora seduto al posto del passeggero quando china il capo verso il basso.
«Perché con me ti comporti così, James?»
«Da stronzo?»
«Non solo... Come se... sapessi quello che provo. Come se mi leggessi nella mente. Lo fai spesso»
Le sue parole tremolanti mi pungono nell'orgoglio. Di solito la rabbia mi porta ad aggredirlo con parole aggressive, ma questa volta non ci riesco. Non è con lui che ce l'ho, ma con me stesso.
Forse June ha ragione.
«Perché siamo simili, anche se non voglio ammetterlo.» confesso con un filo di voce.
Blaze si volta di scatto, quasi incredulo.
«E io che ci ho pure perso tempo con te...» sbuffo infastidito, nel ricordare come Blaze mi abbia consegnato a suo padre, senza pensarci due volte.
«Mi hai salvato la vita, James... E te ne sono grato per avermi difeso, non solo quella sera, ma parecchie altre volte, eppure...»
«Cosa? Parla.» Lo invito con fare brusco.
«Quello che hai fatto a Brian non sono riuscito a perdonartelo. Se io l'avessi fatto a Jax? Non ti saresti arrabbiato?»
«Ti avrei ucciso.» sputo senza nemmeno doverci pensare.
«Appunto.»
Annuisco. Ho colto il punto.
«Me lo meritavo. Vuoi sentirti dire questo, Blaze?»
Restiamo in silenzio finché lui non viene colto da un dubbio. Blaze corruga le sopracciglia scure e mi fissa con aria stralunata.
«Cosa dovremmo fare con un coniglio?»
«Ho il sospetto che lo stronzo nasconda qualcosa in giardino.» confesso sottovoce.
«Perché lo pensi?»
«Perché sua moglie ha cercato ovunque, ma in casa e non ha trovato niente. Perché quelle chiavi che hai visto prima a casa tua, poi dal coach, apriranno una cassaforte. O qualcosa che contiene documenti importanti»
«Vuoi usare un coniglio come fosse un segugio? Lo sai che non è un cane?»
«Infatti siamo qui per prendere Benjamin Franklin.»
«Chi cazzo...» Blaze resta sospeso con la bocca socchiusa a guardare me che esco dall'auto.
Scendo e recupero il cagnolino che dormiva insieme a Jasper, al fondo del suo letto.
È piuttosto vecchio e non ha molta voglia di camminare, perciò lo prendo in braccio.
«Ecco il mio nuovo cane» Presento Benjamin a Blaze che però scrolla la testa.
«Lo conosco, è cane del coach.»
«Quanto sei precisino Blaze...»
Accompagno Benjamin nel sedile posteriore dove se ne sta buono buono, mentre Blaze regge il coniglio.
A quel punto metto in moto e ci dirigiamo verso casa di Brian e Amelia.
Blaze decide di restarsene in silenzio e quando dopo dieci minuti arriviamo a destinazione, lo sento sospirare.
«Ti ricordo che Amelia e Brian sono i miei migliori amici.»
Il tono di Blaze non è minaccioso, ma sembra voglia tirarsi indietro.
«Ti ricordo che Jackson è il tuo ragazzo e io e Jax siamo la stessa cosa.»
M'impunto io in tutta risposta. Lui accenna una sorriso e prima che possa farmi una battuta, lo blocco.
«Nel senso che...»
«Nel senso che non esistono solo quei due nella tua vita.» dico fissandolo negli occhi.
Blaze decide di scendere dalla macchina, ma prima di lasciar scendere anche Benjamin, mi soffermo a pensare.
«I cani non mangiano i conigli, vero?»
La risata sincera di Blaze si perde nel buio della stradina poco illuminata.
«Vuoi che vada a prender la mia tartaruga così facciamo una gara e vediamo chi sopravvive tra i tre?»
«Mi stai facendo rimpiangere Marvin, cazzo» ridacchio io accendendomi una sigaretta.
«In che senso?»
«Nel senso che non sei minimamente divertente come lui, nemmeno se ci provi.»
La mia è una battuta, ma Blaze mi osserva con aria seria, le labbra strette in una linea dritta e una piccola rughetta sulla fronte.
«James non è che le persone intorno a te giocano sempre a fare a gara per conquistarti, eh»
La sua uscita mi lascia l'amaro in bocca, ma siamo ormai nel giardino di Amelia, non posso perdere tempo.
Il cortile non è recintato come quello di casa di Blaze, quindi lasciamo gli animali liberi. È buio e i due si studiano annusandosi.
«Oh, si piacciono...» costata Blaze.
Alleggerisco la sigaretta dalla cenere picchiettandola con vigore, quando mi accorgo che Benjamin è molto interessato a Mr. Rabbit.
«Se lo vuole...»
«Non ha capito che è un maschio.» sibila Blaze.
«Senti da che pulpito»
«Volevo dire che non sa che è un coniglio.»
«Blaze, sta zitto. Non lo vedi che il coniglio ha fiutato qualcosa?»
Entrambi assottigliamo lo sguardo e mettiamo a fuoco la scena. Tra i ciuffi d'erba il batuffolo bianco saltella fino a focalizzarsi sempre nel medesimo punto. E lo stesso fa il cane, che annusa ripetutamente uno spazio circoscritto del giardino.
«C'è qualcosa lì sotto.» suggerisce Blaze.
«Bravo Benjamin... Dobbiamo scavare» annuncio io, dando una carezza al cagnolino che però inizia a girare in tondo, troppo eccitato dalla situazione.
«Lui sta scavando.» Blaze indica la buca con riluttanza, come se non si volesse sporcare le mani.
«Sì ma ci vuole una pala. Di questo passo finiamo domani mattina»
Ci concentriamo sul punto in cui Benjamin sta scavando una buca e nel buio perdiamo di vista Mr Rabbit.
«Oh, merda. Dove cazzo è finito il coniglio?»
Iniziamo a cercarlo con la torcia del cellulare, finché non giungiamo alla porta d'ingresso. Qui risalgo lentamente con la torcia finché non illumino una sagoma che sosta sull'uscio. Due gambe lunghe e una faccia adirata.
È Amelia e ha in braccio il coniglio.
«Fingerò di non voler sapere cosa ci fa il coniglio di Poppy qui e il perché un cane sta facendo i suoi bisogni nel mio giardino.»
«Oh porca miseria.» ridacchia Blaze.
«Hai una pala?» le chiedo spargendo la cenere sui gradini con noncuranza.
«Vuoi scavarti la fossa James? A me fa piacere, ma non nel mio giardino.»
«Amelia...»
«Andatevene.»
Stronza.
«Andiamo Blaze.»
Quest'ultimo raccoglie il coniglietto dalle braccia della sua amica.
«Lo riportiamo a Poppy.»
«Sarà meglio.» asserisce lei con tono deluso, rivolgendosi a Blaze, prima di sbatterci la porta in faccia.
Io, Benjamin, Mr Rabbit e Blaze torniamo in auto e qui chiamo immediatamente Will.
«Amelia è ancora a casa.» ringhio tra i denti.
«Sì, sto passando a prenderla...»
C'è un attimo di silenzio, poi Will torna a parlare.
«Mi sento una merda a incastrarla in questo modo.»
«Lo so. Ci vediamo là, ciao.»
«Cosa...»
Blaze apre bocca, ma io lo rassicuro a modo mio.
«Non accadrà nulla ad Amelia»
Espiro a fatica, perché una fitta mi attanaglia il petto.
«E poi fatti i cazzi tuoi.»
Così, dopo aver lasciato Benjamin a Jasper, accompagno Blaze e il coniglio da Poppy
«Mi raccomando, non una parola a June.»
«Okay...»
Lui scende dall'auto e prima che il moro possa chiudere la portiera, curvo il capo nella sua direzione per richiamarlo sottovoce.
«Blaze.»
Lui si abbassa per raggiungere la mia figura, seduta al posto del guidatore.
«Siamo a posto io e te.»
«Jamie, è una vita che non ti vedo! Come stai?»
Il locale è più affollato del solito questa sera, ma a riempirlo sembrano essere le ragazze che sono ovunque, brulicano come formiche. Non mi ero mai accorto fossero così tante, forse perché normalmente ci entravo fatto o già ubriaco.
«James...»
Jess, la figlia della bidella mi scruta rimpicciolendo gli occhi scuri.
«Sei tu vero?»
«Se mettessi gli occhiali mi sapresti riconoscere al volo, Jessica»
È miope, allergica alle lenti a contatto, ma si ostina a lavorare in questo postaccio senza vederci un accidente.
«Non mi fanno indossare le mutande figuriamoci gli occhiali.»
Sorride brevemente, poi però la sua bocca modella una linea piatta quando si accorge che io non sto affatto ridendo.
«Come stai a parte la cecità imminente?» le domando.
«Ho visto giorni migliori. Tu invece? Ti vedo bene.» aggiunge poi, lanciando un'occhiata fulminea alle mie labbra.
«Se mi vedo vivo a fine serata è un miracolo.»
Lei torna a sorridere, ma quando capisce che non è una battuta, puntualmente torna alla sua espressione preoccupata.
«Oddio, sei serio?»
Non lo so.
«Se hai bisogno di qualcosa io sono qui» esclama a gran voce quando mi sono già dileguato tra la folla.
Gli Austin non li vedo, ma so che ci sono.
Siamo qui Mi arriva il messaggio di Will.
Come l'hai convinta?
Le ho detto che volevo passare una serata diversa. Quale posto migliore di questo?
Così aspetto che arrivi Jackson, ci appartiamo in un divanetto isolato, al fondo del locale e invio un messaggio allo stronzo.
Tua figlia è qui.
Scatto una foto alla sala del locale. È buio, si vedono luci soffuse e persone sfocate, ma i pali metallici sono ben a fuoco.
Ora dobbiamo solo aspettare.
JUNE
«Secondo te non è arrivato il momento di affrontare questa cosa?» chiedo a Taylor, indicando Tiff sdraiata nel letto di Poppy.
«È da troppo tempo che sta male, dovrebbe vedere un medico.»
«Pensi non gliel'abbia detto? Pensi che Tiffany non abbia la testa più dura della mia?»
Così mi avvicino cauta alla mora che ha un braccio davanti al viso e una mano sulla pancia.
«Tiff, Senti...»
«Non ricominciate. Se dovete farmi le prediche, tanto vale me ne stavo a casa con mia madre.»
«Sei nervosa, ti è tornato il ciclo?»
Taylor non ci va per il sottile, la sua delicatezza è superiore solo a quella di James. Ma per una volta, quel suo modo di fare mi sembra la soluzione migliore.
«No che non mi è tornato» risponde la mora controvoglia.
I miei occhi impazziti disegnano un collegamento rapido tra la bionda e la mora e iniziano a sfrecciare tra le due, in cerca di risposte.
«Come scusa?»
«È da quasi un anno che non ho il ciclo, mi era tornato qualche mese fa, e poi è sparito di nuovo. Capita quando sono stressata.»
Io e Taylor ci guardiamo accigliate.
«Siamo sicure che il motivo per il quale non ti torna, sia solo lo stress?»
«Certo. Vi state preoccupando per niente. Ho sempre avuto questo problema, non è regolare. Mi sparisce per mesi.»
Ma io non la sto più ascoltando, mi volto immediatamente verso la bionda e iniziamo a bisbigliare sottovoce tra di noi.
«Taylor, ho una strana sensazione. Devi farle fare un test di gravidanza.»
«Cos'è... Tiff ti sembra la reincarnazione della Madonna?»
La curva amara che addolcisce il volto di Taylor sparisce in fretta.
«Non lo so... però...»
A quel punto qualcuno suona alla porta, Poppy si fionda alla finestra per sbirciare.
«C'è Blaze, oddio ha Mr. Rabbit in braccio!»
La vedo fuggire al piano di sotto e decido di seguirla. Voglio sapere dove sono andati.
«Era scappato.» si giustifica Blaze porgendole il povero coniglio. Il suo manto, una volta bianco, ormai è tutto inzaccherato di fango.
Poppy comincia a bisbigliare parole carine al suo animaletto e mentre Blaze elude il mio sguardo indagatore, io m'insospettisco ancor di più.
«Blaze che sta succedendo?» domando a quel punto.
«Nulla. Io....»
Si strofina il petto coperto dal golfino, mentre Poppy lo trascina al piano di sopra, in bagno.
«Blaze tu ora mi aiuti.»
Io e Taylor ci mettiamo a confabulare sulla porta del bagno, mentre Poppy è costretta a dare una lavata al povero coniglio che è pieno zeppo di terriccio.
«Blaze! Reggimi il doccino non vedi che stai schizzando tutto?»
«Ti sembra normale fare un bagno a un coniglio terrorizzato?»
«Sì se me lo riporti in queste condizioni! Dove l'avete portato? L'ha preso James?»
Tendo immediatamente l'orecchio.
«No ma figurati»
Una volta finita la procedura di rimessa a lucido dell'animaletto, aspetto solo che Poppy vada ad asciugare Mr. Rabbit, dato che, come ha detto lei, "potrebbe prendersi un'otite", poi mi avvicino a Blaze con una solo domanda in testa.
«Dov'è James?»
Le guance del moro si tingono di rosso.
«Io... Li ho sentiti parlare tra loro.» confessa lanciando gli occhi a lato.
Non c'è bisogno di mettere i soggetti. Sembra che ci stiamo riferendo a personaggi loschi, innominabili mafiosi o narcotrafficanti, ma in realtà stiamo parlando di William Cooper e James Hunter.
«Cos'hai sentito, Blaze? Parla»
«Andavano al locale di Austin.»
«A fare cosa?»
«Non lo so....»
Vedo Blaze fare una pausa sofferta, il petto gli si riempie dolorosamente.
«Ma penso c'entri Amelia» conclude preoccupato.
«O mio Dio.»
«June, tu non puoi...»
Ma io sto già afferrando cellulare e giacca.
«Perché Amelia?»
«Ehm... non credo che James ti voglia in questa situazione.»
Dovrei ridere? Spaventarmi? Fare finta di niente?
«Ragazze io devo andare» annuncio a gran voce.
«Ma June...»
«E Blaze mi accompagna»
Lui sgrana gli occhi.
«Dove vai? Se dobbiamo riconoscere il tuo cadavere voglio almeno delle coordinate prima.»
Il black humor di Taylor non mi sfiora in questo momento, sono troppo ostinata.
«Al locale di Austin»
«E ci vai così?»
Taylor mi afferra dal polso.
«I pantaloni cargo sono carini, ma con quella felpa non esci.»
Poi apre l'armadio di Poppy e mi lancia addosso un top nero dello stesso colore dei pantaloni.
«Tieni»
«Ma è una fascia»
«Appunto. Devi fargliela pagare.»
«Per cosa?»
«Non importa, di sicuro qualcosa la farà. E Jamie.»
Quello che forse Taylor non sa, è che sono già arrabbiata. Va bene volermi proteggere, ma così è troppo. Bastava dirmi come stavano le cose, essere sincero, poi io avrei capito... Credo.
Così mi chiudo in bagno e m'infilo il top.
Voleva seriamente andare da Austin senza dirmelo?
Un'occhiata allo specchio. Mi sa che mi sta per arrivare il ciclo, lo vedo da come il mio seno sta esplodendo lì dentro.
E Amelia cosa c'entra?
Provo a riaggiustare la fascia ma di contenitivo non ha nulla, è troppo audace.
Lo scoprirò a breve.
«Andiamo Blaze»
«Aspetta» esclama Poppy avvicinandosi al mio viso con una matita nera. «La serata è stata una noia mortale...»
«Almeno lasciaci assaporare un assaggio della tua vendetta.» conclude Taylor con un ghigno soddisfatto.
Dopo avermi passato la matita nera nella rima inferiore dell'occhio, Poppy mi scioglie i capelli, gonfiandoli un po' con le dita.
«Lo vogliamo vedere stecchito quel bugiardo.» annuisce Taylor fissandomi.
«Allora falle mettere una tinta sulle labbra.» bofonchia Tiffany indicando alla bionda la sua borsa abbandonata al fondo del letto.
«Avete finito?» Sono troppo impaziente per starmene lì ferma, a farmi bella.
Le ragazze però non sembrano del mio stesso avviso.
«Almeno, se ci lasci le penne, sarai pseudo carina.» borbotta Taylor facendo ridacchiare Tiffany.
Finalmente esco dalla camera, dove lascio il povero coniglio che balza dal letto al pavimento, per sfuggire alle grinfie di Poppy che ha deciso di asciugargli il pelo con il phon.
«Grazie Blaze»
«Se lo scopre James mi ammazza.» mormora lui, quando con la vecchia auto di suo padre, giungiamo al club di Austin.
«Non gli dirò sei stato tu.»
«Io non entro, June. Ti chiederanno il documento all'ingresso, tu digli che...»
Mi avvicino alla guancia di Blaze e gli lascio un bacio.
«Non preoccuparti, penso che ormai si ricordino di me.»
Scendo dall'auto e non appena mi vede, il buttafuori sgancia la corda divisoria e mi lascia accedere al locale senza fare domande. All'improvviso sento una miriade di occhi su di me.
"La sala è strapiena, non troverò mai e poi mai James." mi dico affilando lo sguardo. E proprio lì, in un tavolino appartato, vicino all'uscita, vedo due figure conosciute.
«Ora dobbiamo solo aspettare abbocchi, perché abboccherà sapendo sua figlia è qui. Lo portiamo ad Austin.»
«Oh porca...»
Oltre la musica, l'imprecazione di Jackson mi arriva a metà. Ha appena posato i suoi occhi cerulei su di me.
James è seduto di fianco al biondo, una sigaretta spenta tra le labbra, la maglietta bianca e il suo buon profumo che si diffonde nell'aria, come la musica assordante che mi rimbomba nel petto.
Lo vedo schiacciare il mozzicone nel posacenere, a quel punto solleva la testa quanto basta per lasciare che le nostre pupille s'incontrino, creando un impatto così intenso da togliermi il fiato.
Solleva entrambe le sopracciglia in un'espressione da cucciolo smarrito, ma quando il mio sguardo scivola inavvertitamente sul suo corpo, vengo assalita da un brivido.
È tutto mio o è solo un'allucinazione?
È letteralmente perfetto.
Ho sognato finora? Mi sono appena risvegliata?
James si concede qualche attimo a labbra socchiuse, resta a fissarmi. Le sue iridi profonde come la notte mi s'incollano addosso e io perdo tutta la mia spavalderia.
«Che cosa cazzo...»
Lo vedo trascinarsi una mano sulla fronte, a districare il ciuffo ribelle.
«Fottuto Blaze, giuro che lo ammazzo questa volta.»
«Ehi calmati. Cosa c'entra Blaze?» salta su Jackson preoccupato.
«Blaze non c'entra nulla.» Esordisco puntando il biondo, poi però le mie ire vengono indirizzate a James. «Io ti dico solo una cosa»
«June»
Lui si avvicina a me e il suo respiro che sa di sigaretta e gomma alla menta m'inonda le narici.
«Sta' zitto e ascoltami.»
Le parole mi scivolano in gola quando James prova a sfiorarmi i capelli con due dita. Chiudo gli occhi per godere appieno del contatto dei polpastrelli freddi che lusingano dapprima la mia tempia, poi la guancia.
«Ascoltami attentamente, James.»
Devo raccogliere tutte le forze che ho in corpo per riuscire a cacciare via la sua mano con un colpo deciso.
«Se ti metti nei guai, se qualcuno ti fa qualcosa... Io non te lo perdonerò mai, James. Mai.»
«Non dovevi venire qui»
Con una lentezza sfiancante, lui si lecca il labbro, poi china il capo per avvicinarsi alla mia bocca. Jackson strattona l'avambraccio di James, mentre quest'ultimo sfreccia con gli occhi alle mie spalle. Il biondo gli bisbiglia qualcosa all'orecchio, ma io sento solo «È arrivato... qualcuno.»
«O cazzo, è meglio se... Vieni con me»
«Dove stiamo andando?» domando senza ricevere risposta.
«Un'amica mi ha dato le chiavi. Vado prima che ci veda»
James dice quelle parole a Jackson, poi mi prende sotto braccio.
«Un posto dove possiamo parlare.»
M'induce a camminare, ma io provo a opporre resistenza.
«Lasciami!»
«June.»
Sono sufficienti pochi passi, presto raggiungiamo il luogo che James si era prefissato. Ci fermiamo dinanzi a una piccola porta che conduce a un ripostiglio. Lui la apre e i miei occhi ci mettono un po' ad abituarsi al buio di quello stanzino contenente scaffali di bottiglie e scatoloni di cibo.
«June voglio dirti una cosa.»
«Perché mi hai portata in uno sgabuzzino?»
«Sei una delle cose più importante della mia vita, forse la più importante.»
Disorientata, osservo James incamerare un grosso respiro. Basta quell'attimo di distrazione che lui allunga la mano nella mia direzione e mi strappa il cellulare dalle dita.
«Perché mi stai prendendo il cellulare?»
Ma lui non mi sta ascoltando.
«E io...»
«Cosa James?»
«Devo farlo»
«Ridammi il telefono.»
«Scusa.»
Lui si avvicina alla porta.
«No, James...»
E in quel momento capisco.
«Me la pagherai!» esclamo un attimo prima che lui chiuda la porta a chiave.
Batto i pugni sul legno, ma nessuno mi può sentire.
«Giuro che ti ammazzo quando esco da qui.»
JACKSON
James torna al tavolo da solo, quindi la domanda sorge spontanea.
«Dov'è June?»
«Al sicuro» bofonchia con occhi bassi e una sigaretta in bocca.
«James...»
«Hai visto dov'è andato?»
James cambia immediatamente discorso.
«Mi è sembrato si dirigesse verso il bagno. Ti ha scritto?»
Alla mia domanda, lui replica con una scrollata di capo.
«No. Voglio aspettare ancora un po'. Non voglio fargli sapere che l'abbiamo visto.»
«E Ari?»
«Ci ha parlato Will. Gli ha spiegato che potrebbe aiutarci e lei ha accettato»
«Così dal nulla?» mi stupisco io.
«L'è sempre piaciuto quel fotografo, Jax. Sveglia.»
«Ah»
«Non sai che foto si è fatta fare...» lo sento borbottare arricciando il labbro superiore.
E non lo voglio sapere
«Tu resta qui, vicino all'ingresso. Vado a controllare in bagno» annuncia James, rialzandosi in piedi. Sembra non riesca a stare fermo.
«Meglio se vado io, così quando Will arriva con Amelia ti occupi di loro.» suggerisco causandogli una smorfia di disappunto.
«Va bene. Ma quanto cazzo ci mette, Will? Non mi ha ancora scritto...»
Vedo James estrarre il cellulare con aria preoccupata, mentre continua a lanciare occhiate apprensive ad una porta poco lontana da noi.
«Tieni gli occhi aperti, Jax»
Io e James ci salutiamo, così mi addentro nella calca di gente che riempie il locale. Normalmente ci sono solo vecchi in giacca e cravatta, ma a quanto pare dev'essersi sparsa la voce che ci sia una festa, perché questa sera è presente gente di tutti i tipi.
Provo a passare tra file di persone sudaticce che ballano nel bel mezzo del locale, quando qualcosa mi perfora la carne. Un oggetto metallico dalla forma arrotondata spinge tra i muscoli della mia schiena.
Poi una voce.
«Cammina Jackson»
È lui
«Cosa vuoi da me?»
«So che Amelia è qui.»
Con la coda dell'occhio provo a rubare l'immagine dell'uomo che mi sta alle spalle. Il buio m'impedisce di mettere a fuoco tutti i dettagli, ma vedo che indossa un cappellino con la visiera. È vestito in modo vintage, molto strano. È chiaro che qui lo conoscano tutti, si sta camuffando.
«E quindi?»
«Falla uscire.»
«Perché?»
«Perché sì, Jackson.»
«Dimmi perché vuoi far uscire Amelia dal locale e io farò come dici.»
Lui a quel punto non risponde.
«Perché sei andato dai miei nonni con il mio cellulare?»
«Sei sveglio, Jackson. Lo sai. Avevi delle foto di un ragazzo, foto molto carine che faranno da carta da parati all'ufficio del preside, o magari a tutta la scuola.»
La gola prende a bruciare, si secca completamente. Non riesco più a comunicare.
«Devi solo far uscire Amelia non ti chiedo tanto.»
«Non...»
«Ti sto solo chiedendo di mettere sicuro una persona innocente.»
«Sicuro da cosa?»
«Decidi tu. O facciamo un bel coming out con stile.»
«Non m'importa più. Puoi dirlo a tutti che io e Blaze stiamo insieme.»
Deglutire però fa ancora male, una stretta mi stritola lo stomaco.
Tutto ciò che farà a Blaze, è come se lo facesse a me.
«Andrò alla polizia se lo farai, è un reato gravissimo» aggiungo tentando di mostrarmi forte.
L'uomo scoppia a ridere.
«Dovresti dire a tuo nonno di tenerlo sotto al cuscino il fucile, non in cucina.»
Il petto si svuota e le mie viscere cominciano a tremare, come se avessi appena ricevuto un pugno doloroso.
«E tu come lo sai?»
«Fa come ti ho chiesto, Jackson.»
L'uomo mi sferra uno spintone, io perdo l'equilibrio e finisco addosso a due povere cameriere che fanno rovesciare i vassoi colmi di bicchieri. Quando mi rialzo in piedi però, complice il buio, lui si è già nascosto tra la folla.
Cazzo. Non voglio accada qualcosa ai miei nonni.
Quindi torno da James per raccontargli cosa mi è appena successo.
WILLIAM
«Apri le gambe.»
I suoi occhi color smeraldo mi scrutano nella penombra. Amelia è diffidente, come sempre, ma io non ho paura di avvicinare il mio viso al suo. E sebbene sia un posto stranamente pulito, forse non dovremmo farlo, visto il luogo in cui ci troviamo, ovvero il bagno del locale di Austin.
Ma l'istinto sembra essere più forte di qualsiasi dubbio o incertezza.
Le nostre labbra si scontrano di nuovo, poi, con le mani intrecciate dietro alla mia nuca, Amelia mi tiene a sè, mentre le assaporo la bocca con la lingua.
Ci baciamo per qualche minuto, finché lei non ammorbidisce le gambe avvolte dalla gonna aderente.
«Brava.»
Risucchio un gemito tra i denti serrati quando le mie dita spingono a fatica tra le sue cosce.
«Sei strettissima»
Lei porta la testa all'indietro, interrompendo il nostro bacio.
«Che c'è, non volevo offenderti.»
Quando Amelia china il collo di lato e corruga la fronte, mi sento immediatamente stupido.
«Oddio, non ci so proprio fare, scusa...»
«Will, anche per me è difficile»
«Perché?»
«Te l'ho già detto che col prof non sono mai andata oltre.» sussurra sottovoce, quasi si vergognasse della confessione.
«Vuoi che mi fermi?»
«Sembra che la cosa non ti dispiaccia questa volta.» suggerisce lei nel notare l'eccitazione racchiusa nei miei pantaloni.
Sarebbe anche bello se per una volta non durasse un minuto...
Afferro il polso che le ciondola lungo il fianco e la conduco davanti allo specchio del bagno, infine mi posiziono alle sue spalle.
Ed è solo nel momento in cui esibisco la lama luccicante, che Amelia sgrana gli occhi, affilati da una linea sottile di eye-liner.
«Mi avevi chiesto se avevo ancora il coltello...»
Con il manico di legno ben piantato tra le dita, indirizzo la punta verso il suo seno piccolo che si alza e si abbassa rapido, sotto alla canottiera scura.
«Eccolo.»
Lascio che il cotone della canotta venga solcato dall'attrito della lama, che le scivola addosso levandole il respiro. Le carezzo i capezzoli, questi s'inturgidiscono al tocco freddo, come altrettanto gelido è il contatto con le sue iridi riflesse nello specchio.
«Ti fa paura?»
Amelia scruta curiosa la mia sagoma nello specchio e accenna un diniego mimando uno sguardo fiero, chiaramente di sfida.
Ma la sua audacia sembra dissolversi quando ruoto il coltello rivolgendole il manico in legno che, ruvido, prende a sfregare sulla pelle tenera del suo collo.
Tutto questo non era ciò che James mi aveva chiesto di fare...
«Will...»
Eppure siamo qui...
Abbandona il suo corpo contro il mio, la sua schiena al mio petto, nel momento esatto in cui la mia mano s'insinua sotto la gonna, andando a cercare la pelle sensibile che freme grazie alle mie dita fredde.
«Dimmi una cosa...»
Noto che sta chiudendo gli occhi, segno che si fida di me, quindi comincio a provocarla, riempiendole il collo di baci lenti e morsetti a labbra serrate.
«Chi è la mia bambina?» Le soffio all'orecchio.
«O mio Dio. Perche devi fare così adesso?» geme sottovoce.
«Perché ti piace.»
«Sei un pazzo Cooper, ma...»
Amelia sembra doversi fermare per assumere i respiri di cui è a corto.
«Alcune ragazze lo trovano eccitante» sussurra fissandomi dritto negli occhi.
Sollevo un sopracciglio.
«Anche tu?»
«Chissà..»
«Da quando è tornata mia madre ho ricominciato con i farmaci»
Amelia rimane con i fianchi incollati al lavandino, mentre io sono ancora dietro di lei.
«Sono di nuovo noioso.»
Di scatto si volta e mi scruta curiosa.
Questa volta non c'è lo specchio tra di noi.
«In tutti sensi» specifico abbassando lo sguardo.
«Ari ha sempre detto il contrario.»
«Cosa? Davvero?»
«Non ti trovava affatto noioso.»
«Per cinque minuti.»
«Ma cinque minuti fantastici»
Sorrido e a quel punto ritorniamo baciarci.
«Aspetta, Will. Ma tu e Ari...»
«Ad Ari non è mai fregato un cazzo di me e lei non si è fatta scrupoli a tradire Brian. E te.»
Con la lingua le invado la bocca mentre con la mano serpeggio su per la coscia sottile, cercando il suo centro caldo.
«Tra voi è finita davvero, Will?»
«Pensi che io ti stia mentendo?»
«Sai che cambia. Con me mentono tutti...» mugola lei, mentre le mie dita scavano bagnandosi sempre di più.
«In questo momento non sembri affatto una brava bambina»
La sento stringersi intorno alle mie dita, che si comprimono per l'angustia delle sue carni.
«Non fermarti, Will.»
Un'ondata di piacere comincia a scoppiettarmi nelle vene quando tutto il suo corpo si serra, contraendosi intorno ai miei polpastrelli freddi. E prima ancora che lei muova i fianchi spingendosi contro di me, capisco di averle quasi provocato un'orgasmo.
Ma nemmeno il tempo che la sua mano sfiori la patta dei pantaloni che è già finita.
Merda, l'ho fatto di nuovo.
«Scusa.»
«Smettila di chiedere sempre scusa Will. Guarda che è stato bello.»
«Sì ma è durato poco» mi lamento, cercando dei fazzoletti con cui pulirmi.
«E quindi? Lo possiamo sempre rifare, quando ci va.»
«Intendi come amici, o...»
«Will non incasiniamo le cose. Se mio fratello scoprisse...»
«Okay ma sei l'unica che non mi fa sentire in colpa. Con Ari non era così...»
Lei a quel punto mi respinge via posando entrambe le mani sul mio petto.
«Nemmeno con June?»
«June non l'ho mai...»
«Will?»
Una voce tuona alle nostre spalle e io comincio a tremare.
Oh cazzo, è Jackson.
Mi riabbottono i pantaloni, Amelia sgrana gli occhi quando la sagoma imponente del biondo ci si presenta davanti.
«Ma cosa cazzo, Will...»
E poi la porta si spalanca, lasciando entrare anche James, che si dirige da noi a passo svelto e deciso.
«Vi do tre secondo per smetterla.»
O merda.
Sembra arrabbiato, ma come posso dargli torto? Dovevo avvisarlo quando io e Amelia saremmo arrivati qui al locale, ma alla fine ci siamo chiusi in bagno. Lei si sistema la gonna e la canottiera stropicciata, mentre io mi appresto a lavarmi le mani.
James lancia gli occhi al soffitto.
«Farò finta di non capire cosa cazzo stia succedendo»
Poi Jackson punta Amelia.
«Dobbiamo parlare con lei.»
«Parlate.» lo invito io, senza scollare gli occhi da James che mi fissa in cagnesco.
A quel punto abbasso per qualche istante lo sguardo e mi compiaccio di non essermi nemmeno sporcato i pantaloni.
«Tuo padre sta esagerando.» esordisce Jackson.
«E...? Ti sto ascoltando» Amelia sfodera il suo atteggiamento ritroso in un secondo.
James a quel punto, con la sua solita impazienza, si frappone tra Jackson e la mora e le va a un soffio dal viso.
«Ascolta questo. Se percepisco anche solo lontanamente che lui sta facendo sul serio...Io ti giuro, Amelia...»
La sta minacciando?
«Non me fregherà un cazzo, se c'è da farlo...»
«Di cosa parli?» Amelia corruga la fronte e indietreggia per sottrarsi allo sguardo furibondo di James.
«Se c'e fare sul serio, io lo farò» annuncia lui con la mascella contratta.
Vedo una vena gonfiarglisi nel collo teso, non sta scherzando.
«Vuoi farlo fuori? Vuoi fare del male a mio padre?» Strilla Amelia a testa alta.
«Non parlo di lui»
«Oh ma che cazzo dici, James?»
Mi allarmo immediatamente e, accostandomi a James, lo allontano da Amelia. O almeno ci provo, non ho la forza sufficiente per smuoverlo.
«Se prova a toccare le persone che amo, io farò lo stesso.» ringhia deciso.
«Non te ne mai fregato un cazzo di me! Perché non lo ammetti? Perché non dici che io non sono mai stata nella cerchia delle persone che ami?»
James la fissa senza emozioni. Lei ha tradito la sua amicizia troppe volte e questo lui non l'ha dimenticato.
«Ma Brian sì. Brian è tra quelle persone, vero? D'altronde, non si sceglie chi amare.»
La frecciatina di Amelia è sottile, pungente, così come il suo tono di voce.
James stringe i pugni con vigore, ma è Jackson a cogliere tutti di sorpresa.
«Amelia deve uscire dal locale.» annuncia il biondo.
Lo fisso confuso. In che senso?
«C'è Ari che ti cerca fuori. Davvero, mi ha chiesto di te.»
Jackson volge lo sguardo al pavimento e Amelia coglie la palla al balzo, sembra ne abbia abbastanza di starsene lì a subire le minacce di James, quindi esce dal bagno alla velocità della luce. Lui quel punto s'infila una sigaretta tra le labbra, poi posa il suo sguardo pesante su di me.
«Si è presa una cotta per te, Will. Lo sai?»
«No»
«Sì invece, non è una che si mette a fare queste cose, tantomeno nel bagno di uno strip club. Se non ti piace, lasciarla stare.»
Senti da che pulpito arriva la predica.
«Me ne vado.» annuncio nascondendo la rabbia sotti ai denti.
«Will.» James mi ferma prontamente. E lui la forza per trattenermi dal braccio ce l'ha eccome.
«Cosa cazzo volete adesso?»
Mi rivolgo a entrambi.
«James si è scopato chiunque a scuola, manca solo il corpo docenti.»
La mia frase non causa una singola emozione sul viso di James, che preferisce accendersi una sigaretta, mentre Jackson sposta gli occhi a lato, perché sa che parlerò anche di lui.
«E tu... ti fai Blaze di nascosto, da mesi.»
«Will calmati.»
Le parole del biondo mi urtano ancora di più. I miei occhi cascano sulle sue labbra rigonfie e traforate dal piercing.
«Senza parlare del fatto che vi baciate tra di voi.»
James si appoggia al lavandino, intanto mi rivolge un sopracciglio inarcato.
«Ma chi?»
Sento la rabbia ribollirmi nelle vene.
«Tu e Jax»
«Non so di che parli»
«Una volta è una coincidenza, ma più volte significa essere proprio stronzi.»
«Non la metterei proprio così.»
James si lecca le labbra, sembra che la cosa, in fondo, lo diverta.
«E io non posso essere felice per una volta?»
«Hai ragione. Scusaci Will»
Jackson annuisce, non mi sta dando ragione, ma mi sta dando il contentino come si fa con i bambini. O forse, i pazzi.
«Scusaci il cazzo. Sta parlando di quella! Di Amelia!» James s'intestardisce ancora di più, ma a me non interessa.
«Perché ora non te ne vai da June? Eh?» lo fronteggio senza paura.
«Oh no.» borbotta Jackson, poi però sembra venir colto da un dubbio esistenziale.
«Ma... Dov'è June?»
Ci voltiamo entrambi verso James.
«Al sicuro. Chiusa in un ripostiglio.»
«Ma sei impazzito?» erompe il biondo, rasentando un acuto.
«James ma cosa cazzo...»
«Fatevi gli affari vostri.»
«Quello era un modo per spaventarla? Non faresti davvero del male ad Amelia, vero?»
James però sembra titubante, troppo titubante.
Ci mostra la sigaretta che tiene tra le dita e ci indica l'uscita del bagno. Lo seguiamo e mentre ci addentriamo nel locale, lo sento dire «Non mi fido di me stesso, Jax.»
«Ci sono io per questo» Jackson lo abbraccia dandomi sui nervi.
Perché devono sempre fare così? Escludermi.
Al nostro tavolo c'è una ragazza che sta sniffando qualche sostanza, questa fa un cenno a James che in tutta risposta mima un no con la testa.
«Non so se ce la faccio, Jax.»
«Ce la farai.»
«Volete rendermi partecipe delle vostre smancerie?» sputo innervosito.
Forse sono sempre stato troppo preso dai miei problemi, per riuscire ad aiutare gli altri con i propri. Forse è per questo che James fa sempre più affidamento su Jackson che su di me.
«Non essere geloso, Will. Guarda che sei sempre stato tu a tirarti indietro.»
James mi prende in giro, causandomi uno sbuffo prolungato.
«Vaffanculo James.»
Jackson però, durante l'abbraccio con James si è intascato un paio di chiavi e mi ha appena fatto cenno di stare in silenzio.
JUNE
«Jax!»
Finalmente qualcuno ha spalancato la porta e quel qualcuno è proprio Jackson.
«Ti libero, ma tu devi stare...»
Lui prova a calmarmi, ma io, come da programma, non ascolto niente e nessuno. Sono stata mezz'ora chiusa in questo postaccio, come pensano di tenermi buona?
«June!»
«Lo ammazzo!»
«Sta calma.»
NO.
«June, prova a capirlo, è sopraffatto da tante cose, emozioni, responsabilità...»
«Non mi ritiene all'altezza di stargli vicina? Poteva parlarmi. Non è una scusa. È un bugiardo!» scandisco rapida.
Non gliela perdonerò.
«June, il nostro tavolo è di là.» spiega Jackson, piuttosto accigliato quando mi vede andare spedita nella direzione opposta a quella sperata.
«Mi fa piacere per te, io sto andando da un'altra parte.»
«Ma dove?»
Jackson allarga le braccia esasperato, poi però sparisce tra la calca, sicuramente per andare a chiamare il suo amichetto. Ma a me non interessa, possono anche chiamare il presidente degli Stati Uniti, questa gliela faccio pagare.
Giungo ai piedi di un palco dove una ragazza mora vestita in modo provocante sta annunciando una ballerina che si esibirà a breve.
«Scusa?» la richiamo in modo brusco.
La mora si volta esaminandomi dall'alto. Strizza le palpebre come se facesse fatica a mettermi a fuoco.
«Dimmi»
«Ho una richiesta: puoi ripetere ciò che ti dico io, al microfono?»
«Certo. È una proposta di fidanzamento? Una dichiarazione d'amore?»
I suoi occhi scuri scintillano per un breve momento, perché io sto già facendo cenno di no con la testa.
Una dichiarazione di guerra.
«"Edward James Hunter ti uccido." Dillo.»
La ragazza mi fissa stralunata.
«Dillo.» ripeto mentre lei inizia a guardarsi intorno.
«Ma cos'ha fatto Jamie...»
Giuro che tra poco glielo strappo dalle mani quel dannato microfono.
«Devi dirlo al microfono e devi dire che sarò io a ucciderlo!»
A quel punto però, le iridi della ragazza si posano su qualcosa alle mie spalle e io capisco che la pacchia è finita.
James prova ad agguantarmi dalla vita, ma prima che possa farlo, la mora mi tende una mano invitandomi a salire sul palco con lei.
«Okay, questa sera abbiamo un messaggio per Jamie. Da parte di...»
Lei mi porta il microfono vicino alla bocca in modo che io possa parlare.
«La sua ragazza.»
Qualcuno ridacchia.
Mi sono appena resa ridicola davanti ad un sacco di persone, uomini adulti per lo più.
Che figura.
«June, cazzo! Scendi da lì!»
Ho le luci sparate in faccia e non vedo altro che una sagoma dalle spalle larghe racchiuse in una t-shirt bianca, proprio sotto al palco.
«Perché dovrei?»
«Tu non capisci la gravità....»
«Io non capisco perché tu non spieghi, non mi dici le cose, ecco perché... Tu non parli!»
La ragazza fa sfrecciare il microfono tra me e James ma non è abbastanza veloce quanto il nostro scambio di battute.
«June io agisco.»
«Agisci proprio di merda.»
«Ti ha tradita?» domanda lei ad un tratto.
«Mi ha chiusa in uno sgabuzzino! Non te la perdono questa, James»
«L'ho fatto per proteggerti»
«Tu chiudi la gente negli sgabuzzini per proteggerla?»
A quel punto parte un coretto di risate.
Qualcuno nel pubblico si sta chiedendo se sia tutta una farsa, ma purtroppo io e lui sappiamo non è così.
«È la seconda volta che lo fai» esclamo io, ormai intollerante alle sue giustificazioni.
«June scendi da lì»
«Non mi piaci»
«E cosa ti piace sentiamo?»
La sua domanda mi stranisce sì, ma ho già la risposta pronta.
«l documentari di true crime, Taylor Swift e il Natale. Non James Hunter.»
Ormai le risate sono contagiose, persino la ragazza sta ridacchiando del nostro litigio.
James a quel punto compie un balzo per raggiungere il palco. Qui mi prende dalla vita, di peso, mi carica in spalle e mi porta via da lassù.
«Ma sei impazzita?» Urla quando mi riporta a terra.
Forse perché sto provando a picchiarlo con tutta la forza che ho in corpo. James si ripara con le braccia, indietreggiando.
«Fossi in te, ricomincerei a contare i giorni!»
Un'espressione riluttante, quasi disgustata gli affiora in viso.
«Ehhhhh... Calmiamoci e non scherziamo con le cose serie.»
«Non mi toccare!» strepito quando prova ad allungare una mano davanti alla faccia.
«Mi stai picchiando, io mi sto difendendo!» esclama lui trattenendo una risata.
«Perché diavolo l'hai fatto? Perché non parli con la gente? Perché fai così?»
Siamo ancora in mezzo alla calca di persone, ma a quanto pare, questo non sembra importare più.
«Non lo so...»
«Non lo sai? Che razza di risposta è? Sai sempre cosa dire con tutti. Perché solo con me ti piace fare scena muta?»
La mia frase aggressiva, dettata solo dalla rabbia, smorza immediatamente i toni, rendendoli deboli e sussurrati.
Il viso di James sembra ammorbidirsi nei tratti.
«Non sono all'altezza forse?» lo sento dire prima di lasciar schiantare lo sguardo al pavimento.
Il suo tono vulnerabile mi colpisce come uno schiaffo in pieno viso.
«James, di cosa...»
«Non so se riuscirò a non farti del male, June. Mi sento...»
Le labbra mi si congelano per l'agitazione.
Per una volta che James sta parlando, non ho intenzione d'interromperlo.
«Questo peso addosso.»
Maledizione, stavi andando bene
«Ah... Un peso?»
«Sì, è paura di farti soffrire. Chiamala come vuoi.»
«È un peso stare insieme? Per questo mi metti buona in un angolino quando non sai cosa fartene di me?»
James stropiccia la fronte, che si riempie di righe d'espressione.
«No. Sennò non ci starei con te.»
«Non capisco. È così difficile per te stare con qualcuno?»
A quel punto lo vedo gettare lo sguardo altrove, in giro per il locale. Sembra distratto.
«Non l'ho mai fatto e non so se sono tagliato per questa parte.»
«James che vuoi dire?»
Mi afferra il braccio, conducendomi vicina a lui. Il suo addome preme contro il mio petto, sono costretta a sollevare il mento per guardarlo negli occhi.
«Che ti farò stare male.»
«Intendi che mi tradirai, che bacerai qualcun altro?»
Come ogni volta che litighiamo, un nodo mi stringe il petto.
«Eh? No. Ma che cazzo dici? Intendo come ho fatto prima. Invece che parlarti, ti chiudo in uno sgabuzzino.»
I suoi occhi dapprima fissi nei miei, prendono a lambire il mio corpo, mentre i miei restano impigliati nelle sue labbra perfette, così vicine da farmi rabbrividire.
«Beh, hai dei modi tutti tuoi per risolvere le cose. Di sicuro non sono giusti, ma...»
no, no, non era questo che dovevo dire
James fa scivolare entrambe le braccia a circondarmi la vita, mi porta più vicina, come se non conoscesse altro linguaggio che quello del suo corpo.
«Mi vuoi diverso, June?»
«Io non voglio cambiarti, James.»
«Ne sei sicura? Perché hai fatto una scenata proprio per questo motivo. Perché non potevi fidarti di me e restare a casa per una volta?»
M'irrigidisco.
«E quindi? Anch'io sono piena di difetti, non volevi venissi qui, ma io ci sono venuta ugualmente. E sai perché? Perché ogni sera vado a dormire con il dubbio. Lo rivedrò domani? Qualcuno l'avrà ucciso? Gli sarà successo qualcosa?»
Al solo pronunciare quelle eventualità terribili, il mio corpo viene sopraffatto dall'agitazione, non riesco a smettere di tremare.
«June...»
«Quindi il problema forse siamo entrambi, io e te.»
«June, non sei un problema» James prova a calmarmi, ma è del tutto inutile.
«Perché non sei l'unico ad avere paura qui, hai capito?»
Un senso di angoscia mi mangia lo stomaco.
Se fossi a casa... sarebbe tutto così semplice.
James mi afferra dalle spalle e mi punta con uno sguardo deciso.
«June, respira.»
«Perché la verità è che ho già perso mio fratello e tu non fai che metterti nei guai, quindi... mi chiedo quando...»
«June io non vado da nessuna parte. Sono qui, tornerò sempre da te. Ogni sera.»
«Però perché...»
«Vorrei solo proteggerti, ma tu... è più forte di te, non riesci a non fare di testa tua!»
«Allora vedi, anche tu mi vorresti diversa.»
A quel punto due fossette accentuate gli bucano le guance. James sorride facendomi tremare le gambe.
«Se tu non fossi esattamente in questo modo, testarda, impicciona e altruista, io...»
Le sue labbra perfette sfiorano la mia bocca socchiusa e la sua fronte trova la mia, già pronta ad aspettarlo.
«Io non sarei così innamorato di te.»
Chiudo gli occhi. Quelle parole entrano dentro di me, dolci come miele bollente, mi s'incollano nella mente, regalandomi una dolce confusione.
Ma a un tratto apro gli occhi e prendo a spintonarlo.
«Ma adesso che cazzo fai?»
James si guarda il petto, confuso.
«Perché James!»
«Perché cosa, June?»
«Perché non posso restare incazzata con te nemmeno per un minuto?»
La curva delle sue labbra carnose m'ipnotizza.
«Sono bravo, eh» ridacchia come un bambino.
«Sei uno stronzo!» esclamo ormai senza fiato, poco prima che le nostre labbra tornino a sfiorarsi.
I suoi occhi sono in grado di provocarmi una miriade di scintille nella pancia, mentre la mia bocca si è già arresa ai suoi baci.
«Non riuscirei mai a stare senza di te» confesso con lo stomaco sottosopra.
«Allora non lasciarmi» suggerisce lui, modellando un sorriso che preme sul mio collo, dandomi i brividi.
«Nessuno voleva farlo, James»
«Sarà meglio. E io non li riconto i giorni, sappilo.»
«Sei stato bravo»
«Ho solo detto la verità.»
«In uno strip club?» Lo punzecchio io.
«Quella era solo una piccola prova. Migliorerò, vedrai.»
James allarga le iridi lucide quando si accorge che il cellulare ha preso a vibrare.
«Chi è?»
«Ari.»
Il fotografo è qui. Leggo sullo schermo.
«Dove vai?»
«Vuoi sapere perché non volevo venissi?»
Seguo James che si fa strada tra la folla e mentre camminiamo, osservo la sua schiena ampia stretta nella maglia aderente, finché qualcosa di caldo non mi solletica il polso. James allunga le dita verso di me e mi prende la mano. Non ho bevuto nulla, eppure mi sento ubriaca.
«Non volevo mi vedessi fare questo» sussurra quando giungiamo nell'ufficio di Austin. Lo stesso in cui ho incontrato Ethan, la prima volta che ho messo piede lì dentro.
James applica un po' di pressione al cassetto della scrivania e questo si apre.
«Ti ho già visto con una pistola in mano»
«Ricordo anche che una volta non ti è dispiaciuto...» commenta lui.
«Già...» confesso sottovoce, senza nemmeno rendermene conto.
Mi porto una mano alla bocca, leggermente spaventata, ma lui non sembra infastidito.
«Cazzo.»
«Cosa?»
«Sei troppo bella...»
La sua mano grande affonda tra i miei capelli sciolti per assicurarsi una presa decisa, mi spinge a sé e cominciamo a baciarci.
«Scusa per prima.»
«Non te la cavi così facilmente, James...» lo provoco, facendolo sorridere.
«Non ti chiuderò da nessuna parte e per quanto ti vorrei insieme a Jackson, in questo momento ho bisogno di lui. Quindi ora fai come ti dico»
Lo fisso senza fiatare.
«June»
Okay, okay
«Va bene ti ascolto.»
«Va di là. Ho già scritto a chi di dovere. C'è una ragazza che ti aspetta. Si chiama Jessica. È quella del palco di poco fa. Tieni il tuo cellulare.»
«Chi è?»
«Non fare quella faccia, è solo un'amica.»
«Vi muovete? Non ho tutta la serata per stare qui con voi a giocare alla "Caccia al prof"» Jackson è già sulla porta.
«Sì ma voi dove andate?»
«Vado a parlare con Ari e porto il fotografo ad Austin.»
«E Hood?»
«Me ne occupo subito dopo, poi ti vengo a prendere e andiamo a casa.»
«Okay.»
James abbassa il capo nella mia direzione e preme le labbra morbide sulle mie. Serro le palpebre godendomi la piccola esplosione di emozioni che nasce nel mio stomaco ogni volta che mi bacia. Ma il momento di dolcezza dura poco, viste le circostanze.
Vedo James scrivere qualcosa al cellulare.
«La ragazza ti aspetta davanti all'uscita sul retro, per qualsiasi cosa mi chiami. E se noti qualcosa di strano, esci. Ma non allontanarti senza dirmi nulla. Jessica ha una macchina, se... Se ci fosse bisogno, può accompagnarti a casa.»
Le istruzioni di James sono precise, ma io non me ne faccio nulla.
«No, io non torno a casa senza di te.»
James mi lascia un bacio sulla fronte, poi si gira a cercare gli occhi di Jackson.
«Dove cazzo è Will?»
«Ha rincorso Amelia fuori»
Quelle parole mi provocano una smorfia riluttante.
«Va' e fa attenzione June»
«Anche tu, James»
Così mi dirigo verso l'uscita sul retro, ma prima che possa raggiungerla, una mano mi ferma con una presa morbida e indecisa.
«June. Eccola, è lei la ragazza di cui ti parlavo.»
Una voce conosciuta mi prende alle spalle.
E quando mi volto riconosco una sagoma minuta a me nota.
Non è l'amica di James, è Ari.
«Ari, ma cosa...»
Accanto a lei c'è un uomo sulla quarantina che non ho mai visto.
«Chi è?»
«Il fotografo, reggimi il gioco» sussurra lei accostandosi al mio orecchio.
E io ovviamente non me lo faccio ripetere due volte.
«Oh sì, sono io. Sono proprio io. June. In persona.»
James ha detto di non mettermi nei guai. Ed eccomi qui.
«Andiamo. Finiamo gli scatti nella stanza privata.» dice l'uomo con voce decisa.
Ha un aspetto gradevole, barba curata e due iridi profonde. Eppure non mi convince.
«Quella... Quella stanza?»
Ari allarga i suoi occhioni color nocciola mandandomi un chiaro segnale di pericolo.
«Dobbiamo tenerlo qui, James sta arrivando no?» mi chiede sottovoce per paura che il fotografo ci senta.
«Sì ma a quanto ho capito, Will è uscito e...»
La musica e i mormorii di Ari mi distraggono, solo dopo poco mi accorgo che l'uomo ci sta parlando e io percepisco solo le sue ultime parole.
«Quindi poserete vestite?»
«Ha fatto una battuta vero?» Mi rivolgo ad Ari con un po' d'inquietudine.
«June, dobbiamo tenerlo qui, James arriverà a momenti.»
«Come ti hanno convinta a farlo?»
Ari scrolla il capo.
«Voglio solo aiutare Brian e Amelia.»
«E come faresti...»
L'uomo si sta spazientendo a causa delle nostre chiacchiere.
«Potevano stare a casa mia, perché mi hai portato qui?»
Ari appare confusa e debole nelle sue proposte, devo prendere redini della situazione.
Scrivo a James.
VIENI NELLO SGABUZZINO
Biancaneve non ora. E poi che cazzo urli?
cretino ma pensi sempre male, il fotografo è qui
«Oh ho un'idea. C'è un posto dove possiamo andare a fare le foto.»
Lui mi fissa diffidente.
«Per avere un po' di privacy. Quell'altra stanza è piena di ragazze e clienti... Sai com'è...»
Ari annuisce con convinzione, quindi capisco che sto andando bene.
«Se vogliamo fare delle foto un po' particolari conosco un posto. Vestite, eh»
Lo specifico anche se non mi era richiesto, ma è stato più forte di me.
Faccio strada ad Ari e al fotografo, intanto leggo la notifica di James.
Arriviamo.
Apro la porta del ripostiglio, le chiavi sono ancora dove Jackson le ha lasciate, incastrate nella serratura.
«Non puoi baciarmi, James mi uccide.»
Ari se ne esce con quella frase quando mi avvicino al suo viso per chiederle della prossima mossa.
«Perche sei così egocentrica da pensare che tutti ti vogliano baciare?» sbotto io.
«È la mia vita, June»
Roteo gli occhi al soffitto.
«Io non mi levo nemmeno un calzino, sappilo Ari.»
«Mettiamoci qui c'è piu luce.»
«Non c'è luce qui dentro, dovrei andare a recuperare delle luci in auto. Fa schifo questo posto...»
Il fotografo comincia a smanettare con la sua macchina fotografica senza smettere di lamentarsi.
Ma io ho ovviamente altre intenzioni.
«Dobbiamo uscire Ari, seguimi»
L'uomo è concentrato a impostare qualcosa sul display della sua camera, quindi intuisco che è arrivato il nostro momento.
Con uno scatto io e Ari balziamo verso la porta, che richiudo a chiave, prima di intascarmi tutto il mazzo nei pantaloni.
Ma invece che aspettare davanti al ripostiglio, comincio a camminare spedita verso una direzione ben precisa.
«June dove vai?»
«Andiamo da Austin a dirgli che il fotografo è qui.» annuncio senza fermarmi.
«Ma sta arrivando James. Ha detto che dobbiamo...»
A quel punto mi fermo. Possibile che Ari non capisca?
«Dobbiamo sempre fare quello che ci dicono le persone dotate di un membro maschile? Non mi sembra che le loro decisioni siano poi così brillanti...»
Ti hanno messa in pericolo per l'ennesima volta, ma non te ne rendi conto?
«Lo so, ma se James arriva al ripostiglio, non ha le chiavi. Le hai tu, June...»
Ari prova a stare al mio passo e dopo poco arriviamo davanti al divano occupati dalla famiglia Austin. Li avevo già individuati quando ero entrata nel locale, è impossibile non notarli, hanno un gene tutto loro per i capelli color fuoco.
«Io e te da soli. Lei non la voglio.»
Austin papà indica Ari facendo cenno di allontanarsi. Lei con il labiale modella un "James." e io capisco che andrà a chiamarlo.
«Quella mi deve una lap dance.» Sputa il figlio maggiore, indicandomi.
«Anche tu me ne devi una.» ribatto sollevando le spalle.
Lui ghigna e una crepa gli taglia il viso contornato dalla barba ramata.
«Qui ballano solo le femminucce.» Continua a ridacchiare.
«E cosa ti fa ridere? Il fatto che tu sia un maschietto? O è solo stupidità ereditaria?»
Alcune ragazze sedute lì con loro sgranano gli occhi. Una rimane con il bicchiere a mezz'aria, le labbra socchiuse intorno alla cannuccia affogata nel cocktail.
«Chissa come mai papà si è fissato tanto con lei...» S'intromette Tom, l'altro fratello.
«È sveglia.» brontola il padre dei due, tutto intento a scrivere qualcosa su un quaderno che tiene sul tavolo stracolmo di alcolici e bicchieri.
«Non devi parlare di lei, te l'ho già detto.»
«Già, ma sono le undici e mezza. Due ore che aspetto Jamie.»
L'uomo a quel punto solleva lo sguardo per fulminare James che appare alle mie spalle.
«Dov'è il fotografo?»
«Ehm...»
«Il tuo fotografo è qui, esattamente come volevi.» annuncio io, prima di voltarmi verso James.
«Non ringraziarmi.»
JAMES
«Ma in cambio cosa otteniamo?» domanda June con un'audacia che me lo fa venire duro all'istante.
«Non siamo qui per negoziare e tu non hai voce in...»
Provo a fare la mia parte, ma lei non mi ascolta nemmeno. E Austin fa uguale, sembra avere occhi solo per quella tappetta bionda dagli occhi di ghiaccio. L'unica che mi fa impazzire.
«Siamo pari per quella volta che tu biondina non hai ballato per me.»
«Perché volete il fotografo?»
«Papà non vorrai mica fare affari con una femmina.» sputa Ethan il coglione.
«La qui presente femmina ha le chiavi del ripostiglio, quindi ti conviene parlare.»
Oh cazzo così un po' troppo
«E dove le hai nascoste? »
Ethan si alza in piedi e in un secondo mi posiziono davanti a June.
«Non provare a fare un altro passo.» lo minaccio con occhi ristretti.
«Le avrà in tasca... » bofonchia una ragazza.
La musica è così forte da pulsarmi nella cassa toracica, ma riesco a sentire tutto perfettamente.
«O in mezzo a quel bel paio di tette» ridacchia Tom, da vero imbecille qual è.
«Mi offro volontario per scoprirlo...»
Ethan si lecca le labbra, poi lascia scorrere lo sguardo viscido su June e il mio cervello si azzera. L'ultimo briciolo di razionalità mi si spegne.
Sollevo il braccio e afferro Ethan per il colletto, ma prima che gli sferri un pugno così forte da fargli perdere i sensi, June mi strattona dalla spalle.
«James, ti prego. Siamo qui per parlare.»
Tutto questo teatrino non andrebbe fatto davanti ad Austin, perché se i suoi figli sono i burattini dello spettacolo, loro padre osserva tutto e come un burattinaio, studia ogni mio punto debole.
«Cos'ha questo fotografo di così speciale? Dimmelo e avrai le chiavi.»
June è a braccia conserte e sembra parlare solo con il mio patrigno, gli altri due non li considera nemmeno.
«Qualcosa che rovinerebbe i sogni di Amelia. Hai presente i college dell'Ivy League?»
Cazzo
Mi porto entrambi i palmi sulla fronte.
«Parli della relazione con il prof?»
June non ci gira intorno e di solito nemmeno io, ma lei, a differenza mia, sa come comunicare con quello stronzo.
«Sì, ha delle foto della ragazza che entra e esce dall'auto del professore... Foto che gli avevo commissionato io. Sapevo di poter raccogliere tutto quel materiale. Hood ha fatto le peggio cose, ma non ha paura del carcere. Ama solo sua figlia ed è l'unica cosa che lo rende ricattabile.»
«Se scoppia uno scandalo il prof verrà licenziato e questo non le permetterà di entrare in università rinomate come Yale e Harvard...» realizza June voltandosi verso di me.
«Non posso ucciderla, allora perché non rovinarle il futuro?»
«Sì ma Amelia non c'entra niente.»
L'uscita di June causa una risata generale nel gruppetto di Austin.
«Sì ma io ho bisogno di vendetta. Vero Jamie?»
Non me l'ha ancora perdonata. Il tradimento di mia madre gli brucia, ancora.
«Dagli quelle chiavi.» intimo a June che mi fissa riluttante.
«Ma Amelia...»
«Fidati, potrebbe accaderle di molto peggio, questo non è nulla»
June non sembra convinta, ma lentamente estrae le chiavi dalla tasca.
«Quell'uomo, il fotografo. Ha qualcos'altro d'importante?»
«Lui è tutto per me.»
A quel punto, June porta la mano chiusa a pugno sul tavolo per lasciare le chiavi ad Austin.
Un brivido le solletica la schiena e la sento sussultare quando le sussurro nell'orecchio
«Non male, Biancaneve.»
«Prova un'altra volta a escludermi da situazioni come questa e ti denuncio.» ribatte lei prontamente.
«La figlia di Hood è qui?»
Austin però, rivolge il suo sguardo a me.
«Più o meno...»
«Dov'è?»
«Fuori»
«Perché non è qui davanti a me?»
«Cazzo...» Mi strofino la nuca.
«Non le faccio niente. Te l'ho detto.» Il timbro di Austin è convincente, sì, ma mi sento comunque uno schifo.
«James no.» mi sussurra June.
«Te la porto, ma prima voglio parlare con lui.»
La provocazione fa innalzare un coretto d'incredulità tra gli uomini.
«Con Hood? Quindi te la fai sotto davanti a un professore del liceo? E noi? Così mi offendi, Jamie.»
Lo sguardo che Austin posa su June non mi piace, affatto.
«Non... Non fare lo stronzo.»
Compio un cenno con la testa, indicando June a Jackson, che è rimasto alle mie spalle tutto il tempo.
«Ora dovete andare. Da qui in poi me la vedo io.»
June mi lancia un'occhiataccia, poi però i due si allontanano dal tavolo.
«Che cosa cazzo vuoi ancora?»
Le sopracciglia ramate si protendono in un'espressione scura.
«Sai, Jamie... Finora ho solo visto lo spettacolo di una ragazza con le palle, accompagnata da un rammollito.»
«Che saresti tu.»
Tom indica la mia sagoma alla ragazza che gli sta accanto. Questa sorride della battuta ma continua a fissarmi con occhi interessati.
«E per quanto sia stato divertente, erano Hood e sua figlia che volevo.»
«Per quale motivo ora dovrei aiutarti senza un tornaconto?» mi acciglio.
Austin si alza in piedi e tende un braccio alle mie spalle. Ha appena stretto la mano ad un uomo.
«Eccolo il motivo.»
«Sei più alto.»
Il timbro di voce maturo e caldo mi fa trasalire. Lo conosco fin troppo bene.
«E tu più vecchio.»
Lui indossa un completo elegante, uno di quelli che gli ho sempre visto addosso, tranne che in camera da letto.
«Perché sei qui?» gli domando con fare scettico.
«Ogni tanto frequento il locale, lo sai» scrolla le spalle, ma nei suoi occhi posso scorgere una punta di smarrimento, forse paura.
«Sei...»
«Sto bene.» taglio corto, poi gli volto le spalle e mi allontano dal tavolo di Austin. Non voglio parlare davanti a loro.
«Tu lo sapevi?»
«Cosa?»
«Lo sapevi sarebbe morta» lo incalzo io.
«No, certo che non lo sapevo. A casa mia, poi?»
Lui si volta per lanciare un'occhiata ansiosa al tavolo degli Austin, non riesce a continuare a parlare.
«Ma hai minacciato Hood di farla fuori se l'avessi vista ancora con me. Ti ho sentito, eri al telefono...»
«Tu non hai capito quello che hanno fatto. Io ti volevo per me, ma non le avrei fatto niente, lo sai.»
Mi porto la mano al viso e comincio a strofinarmi il palmo sulla fronte.
Lo so? Non so proprio un cazzo.
«È stato un collasso, no?» lo provoco con aria di sfida.
Lui resta di ghiaccio. Sa tutto.
«Hai bisogno del mio aiuto?» domanda poi avvicinandosi.
«No.» Io indietreggio, ma lui non demorde.
«Se hai bisogno di soldi o...»
«Perché sei qui?»
«Frequento il locale, te l'ho detto che...»
Blocco le sue cazzate sul nascere.
«Lo stronzo ti ricatta, vero? E ora che Hood è tornato in città, ti ha richiamato.»
Lui china il capo e a me viene da mimare il suo stesso gesto. Perché se lo stanno ricattando, io farò sicuramente parte del piano.
«C'entro io vero? Per questo ti ricatta?»
Si porta una mano davanti alla bocca, sembra abbia paura di parlare.
«Ho da dirti delle cose. Ma non qui.»
Abbiamo troppi occhi addosso e non solo quelli degli Austin. In lontananza vedo June e Jackson scrutarci con attenzione.
«Vediamoci dopo, vieni da me.» suggerisce l'uomo.
«Ehm...No. Non mi sembra il caso.»
«Voglio solo parlarti James.»
«Non lo so...»
Qualcosa mi cattura l'avambraccio in una stretta possessiva.
«Andiamo. Arrivederci, abbiamo un impegno. Adiós.»
June mi strattona e io la lascio fare.
Quando siamo abbastanza lontani, lei mi rivolge un'occhiata preoccupata dal basso.
«James, qualsiasi cosa vogliano fargli, quell'uomo se lo merita. È stato con te quando avevi quindici anni.»
«Praticamente sedici.»
«Non cambia. Merita di pagare»
«Sì ma non ha ucciso nessuno.» provo a difenderlo.
«Ragazzi, Will ha detto che Amelia vuole andarsene. Sono fuori. Usciamo ora oppure...»
Jackson c'interrompe ma June è tenace e ostinata come nessuno.
«Senti, eri troppo giovane per decidere e lui...»
«Lo volevo June. Riesci ad accettarlo, cazzo?»
Il mio tono si scalda all'improvviso, mi sono appena arrabbiato con lei anche se non c'entra nulla.
Un broncio le affiora sul volto e le fa arricciare le labbra, ma non per questo accenna a desistere.
«Era comunque sbagliato.» puntualizza June a braccia conserte.
«Non ne voglio parlare. Noi andiamo fuori a parlare con Amelia, tu resta qui con Jessica.»
«Perché?»
Dio quanto mi fai incazzare
«Perché ho paura ci sia anche Hood e non voglio che ti veda.»
Affretto il passo verso l'uscita del locale.
«Notizia dell'ultimo minuto, Amelia. Qualcuno ha delle foto che ti ritraggono col prof. Beckett. Quindi è meglio che cominci a parlare.»
«James... vacci piano.» m'intima Will che è lì fuori insieme ad Amelia e Ari.
«Che foto? Oddio, è sposato. Non voglio rovinargli la vita»
«Volevi lui rovinasse la tua?»
«Da che pulpito.»
«Per te non capisci non capisci mai un cazzo, Amelia? Mai?»
«Senti devi collaborare.» le dice Will dandomi man forte.
«Tu eri d'accordo con lui? Con loro?»
La mora si volta a guardare Jackson e me.
«Non si tratta di uno scherzo»
I suoi occhi sembrano due cristalli appena rotti in mille pezzi.
«Will, ma tu....»
Anche la sua voce si disgrega per il pianto.
«Dove cazzo è tuo padre?» insisto io.
«E qui. L'hai detto tu, no?»
«Lo so, ma dove si nasconde? Che intenzioni ha?»
Lei non riesce a guardarmi negli occhi, forse è rabbia, forse è solo delusione.
«Amelia.»
«Non lo so dov'è. Ero con Will, non mi ha chiamata per tutta la sera. Non sapevo nemmeno fosse qui.»
«Chiamalo.» Le ordino indicandole il cellulare che tiene in mano. «Noi non siamo qui con te, sei da sola.»
Lei però fissa l'iphone senza agire.
«Te lo chiedo per favore, per una volta... Devi stare dalla mia parte.»
«Non capisco perché mi abbia detto che voleva Amelia fuori dal locale» erompe Jackson ad un tratto.
«Non ne ho idea...» Mi ritrovo a pensare.
«Boh, magari...» Anche Jackson prova a rifletterci su ma non gli viene nulla in mente.
«Will? Idee?»
William scrolla la testa di ciuffi biondi, poi mi rivolge uno sguardo innocente, quasi angelico.
«Se io fossi nel prof Hood, farei saltare tutto per aria.»
Jackson scoppia a ridere per la battuta del nostro amico, ma io non sto affatto ridendo.
E se fosse vero?
«Per questo voleva sua figlia fuori dal locale...»
«No, non è possibile, dici che vuole farli fuori tutti?» domanda Will prima di accennare una corsa verso il locale.
«Ma dove va?» mi chiede Jackson mentre vedo Will sparire tra le persone che si accalcano all'ingresso.
Amelia finalmente si decide a chiamare e lui risponde dopo poco.
«Pronto, Amelia? Dove sei?»
Non riesco a resistere, forse la presenza di June mi avrebbe aiutato, ma ora lei non c'è. E la mia impulsività prende il sopravvento. Strappo via il telefono dalle mani di Amelia e imposto il viva voce.
«Che cazzo d'intenzioni hai?» sputo rabbioso.
«Stai contando i secondi?»
La sua domanda mi fa rabbrividire.
«Salvando persone, Jamie?»
«Vuoi fare fuori Austin? Fallo, ma non così.»
«Questo stupido locale è l'unica fonte di sostentamento regolare che possiede. Voglio vedere esplodere lui e la sua dannata famiglia. Tu non fai parte di questa?»
Deglutisco il boccone amaro, quelle parole mi uccidono più di una pugnalata alle spalle.
«Non con la gente dentro e non con i miei amici...» La voce mi si spezza e a un tratto la mascella si blocca.
June
Compio uno scatto verso l'ingresso, ma Amelia mi richiama.
«James, fermo! No.»
L'osservo con un sopracciglio inarcato.
«Non entrare.» dice poi con tono supplichevole.
Perché questo cambio di idea?
«Ci parlo io con lui»
Mi tende una mano e io resto a fissarla confuso.
«Te lo chiedo per favore, non entrare.»
Lei a quel punto prende possesso del cellulare e se lo porta vicino alle labbra.
«Papà...»
«Amelia?»
C'è una pausa, sofferta, prima che Amelia cominci a parlare con la voce rotta dal pianto.
«Non farlo.»
«Tesoro, ascolta...»
«Le ho io.» confessa lei, lasciandoci a bocca aperta.
«Cosa?» domanda suo padre.
«Le prove che cerchi. I documenti che mamma ha raccolto, li ho io. Glieli ho rubati quella notte in cui io e Brian l'abbiamo scoperto e se ora fai una cosa del genere...»
Le lacrime iniziano a rigarle il viso con una velocità disarmante, mentre i singhiozzi le impediscono di continuare.
Jackson prende a massaggiarle la spalla, Ari intanto le tiene la mano.
Devo rimanere lucido. Afferro il telefono e proseguo la chiamata.
«Siamo qui fuori. Ci metto un secondo a portartela dentro. Che vuoi fare? Vuoi portare tua figlia all'inferno con te?»
Lo sento esitare. Le parole sono troppo dure e Amelia comincia a piangere in modo incontrollato, nemmeno Ari sa come fermarla.
Cazzo
A quel punto il suono di un allarme si propaga nello spazio intorno a noi. La gente inizia a uscire a fiotti dal locale, mentre degli erogatori sparano acqua.
«Troverò un altro modo per farvela pagare, James. Lo sai che non è finita qui.»
Hood mette giù il cellulare e in quell'istante scorgo la sagoma di June, che esce dall'ingresso insieme a Will.
La vedo lanciare un'occhiataccia di superiorità al buttafuori perché ha appena sputato la gomma da masticare a terra.
«Ho fatto scattare l'allarme.» si giustifica Will, mentre la gente impaurita corre e urla fuggendo dal locale di Austin.
Un respiro immenso mi abbandona il petto, provo immediatamente un sollievo infinito nell'incontrare gli occhi di June, poi però mi volto verso Amelia. È distrutta.
June mi fa un cenno con il capo, come a suggerirmi di avvicinarmi alla mora.
Forse, se ora sta così, è anche colpa mia.
«Non volevo dire quelle cose prima. Ero solo incazzato, non farei mai del male a te o Brian»
Lei non mi guarda nemmeno, ma annuisce strofinando la fronte sulla camicia di William.
«Mi dispiace. Scusa.»
«Lo sai che non demorderà e tornerà?» singhiozza Amelia a quel punto.
«Ma almeno stasera l'abbiamo scampata.»
E tu devi darmi quei fottuti documenti.
Ma quando sto per aprire bocca, sia Will che June mi fanno cenno di andarci piano.
Okay per stasera ne abbiamo avute abbastanza.
«Io me ne torno a casa.» borbotta Jackson.
«Sì, anch'io. Accompagno prima loro due.» spiega Will indicando le ragazze.
«Ma Marvin e Brian?»
«Ho chiesto a Marvin di tenere d'occhio Brian» bofonchio infilando un braccio intorno alle spalle della mia ragazza.
«Brian e Marvin? Mi sa che hai scelto una coppia sbagliata.» commenta Ari.
Io però ho già la testa altrove.
«June voglio farmi perdonare» le sussurro tra i capelli.
«Queste sono le parole che le mie orecchie vogliono sentire.»
Un ampio sorriso le illumina il volto, poi però si blocca nel bel mezzo della strada a fissarmi sospettosa.
«Aspetta, un attimo. Perdonare per cosa?»
«Perché non siamo stati insieme abbastanza oggi.»
Lei annuisce tutta soddisfatta, così, finalmente ci dirigiamo alla mia auto parcheggiata.
Dovrei stare lì a fare mille raccomandazioni a Will e Amelia, dovrei ricordare a Jackson di stare attento, chiamare Marvin e sapere cos'ha fatto Brian durante la serata, parlare con Austin di ciò che è appena accaduto con Hood, ma la verità.... è che ne ho abbastanza di tutto e tutti.
Tranne che di una persona.
«Dove mi porti? James? Mi ascolti?»
«Non te lo dico, quindi è inutile che adesso rompi le palle.»
Durante il tragitto racconto a June dell'accaduto, ma c'è ancora qualcosa che non mi torna.
«Perché Amelia non voleva che entrassi secondo te?»
«Perché ha capito che suo padre faceva sul serio e lei... Ti vuole bene, non voleva ti accadesse nulla, James.»
«Sei gelosa?»
«No. Tu eri il suo James e lei credeva di essere la tua Betty. Ma non è andata così.»
«Eh? Di chi stai parlando?»
«Devo darti lezioni di gusti musicali.» borbotta lei a testa alta.
«Io ho in mente altre lezioni e altre cose da darti.» commento beccandomi una gomitata dritta sul fianco.
JUNE
«Ma dove siamo?»
James ha appena parcheggiato davanti a una villa sontuosa. Ha in mano le chiavi del cancello automatico che si apre all'istante, dandoci l'accesso a un grosso cortile. È notte fonda, ma delle luci posizionate strategicamente ci illuminano la via che conduce alla porta d'ingresso.
«C'è una vista bellissima da lassù vero?» gli indico il tetto, provocando una curva maliziosa sul viso di James.
«Eravamo d'accordo su una cosa io e te, Biancaneve»
«Cosa?»
«Che non c'è nulla di male nel farlo in un semplicissimo letto.»
Le mie guance si arrossano all'improvviso e un calore inspiegabile scivola tra le mie gambe.
«James, non stavo parlando di quello.»
Credo di averla già vista quella villa, ma non ne sono sicura, ne ho la conferma solo quando il portone si spalanca. È casa di Austin.
«Non se la prenderà con te?» Provo a cambiare discorso.
«No. È solo una delle tante case di Austin, lui non ci viene mai qui.»
Sorrido quando James mi prende la mano nel buio. Il cuore sembra cessare il suo battito per qualche istante, poi subito dopo accelera in modo compulsivo.
«Cosa c'è?»
Il mormorare rauco di James si disperde nell'oscurità. Si è accorto del mio mutismo improvviso, ma io faccio finta di niente.
James inserisce il codice dell'allarme e non appena le luci si accendono in modo automatico, rivedo la casa in cui eravamo stati mesi fa,insieme a Will e Jax. La prima volta l'ambiente era semivuoto, appena intonacato e pieno di scatoloni, ora invece appare impeccabile, con spazi arredati in modo lussuoso, forse un po' troppo retrò.
«Perché siamo qui?»
«C'è una scena di Titanic che ci siamo persi.»
suggerisce James mentre percorriamo il salone che si estende per svariati metri quadri. La mia mano è ancora stretta nella sua, non l'ha mollata per un attimo, nemmeno quando ha aperto la porta.
«Oggi è il turno di Bridget Jones.»
La mia proposta gli causa un'espressione schifata.
«Te lo scordi»
«Sì invece»
«NO.»
«Sì.»
Battibecchiamo liberandoci delle giacche.
«Okay White. Allora chi arriva prima sul letto, decide»
«James!»
I miei occhi si distraggono a registrare piccoli dettagli che la prima volta non esistevano. Foto appese alle pareti.
Lui però esibisce tutta la sua competitività passandomi davanti e per poco non mi lancia giù dai gradini.
«Ma James? Mi butti giù dalle scale pur di vincere?» strepito a perdifiato.
«Ti butto giù dalle scale pur di non dover guardare la merda che ti piace!»
James si lancia sul materasso esibendo un urlo di vittoria. «Ho vinto, White.»
«Hai barato, sei uno stronzo.»
Mi getto su di lui che prova a ripararsi il viso con gli avambracci per evitare la mia ira. Poi con un colpo di riflessi mi afferra dalla vita e mi getta q lato, facendomi cascare sul materasso. In un attimo è sopra di me.
«Tanto non avremmo visto nulla di ciò che ti piace, Austin non ha altro se non la collezione di Rambo.»
Scoppiamo a ridere, poi i suoi occhi si scuriscono e passano in rassegna le mie labbra con insistenza.
«Ma credo che... Non avremmo visto nulla comunque»
La bocca rosea pronuncia quella frase a un soffio dal mio viso e mi accorgo che in questo istante qualsiasi parola perderebbe di significato, perché la sua vicinanza mi confonde. E nella mente riecheggia ciò che James mi ha detto in quel momento di rabbia, al locale di Austin.
Le sensazione del suo corpo caldo m'induce ad aprire le gambe per lasciargli l'accesso e approfondire quel contatto necessario.
«E se resti ancora un po' così, in questa posizione... Finisce come l'altra volta»
La pressione piacevole del suo bacino contro il mio centro sensibile mi lascia percepire la durezza dei suoi pantaloni.
Ad un tratto però, ricordo che siamo in una casa sconosciuta.
«Di chi è questa camera?»
Roteo il collo a destra, poi a sinistra. Do una rapida occhiata in giro e mi accorgo che la stanza da letto in cui ci troviamo è immensa.
James si solleva sui gomiti, poi scende dal letto.
«Stai già facendo i tuoi calcoli, White? È quella degli ospiti.»
«Perché Austin dovrebbe concederti il lusso di stare qui dentro?» gli domando mentre lui resta fermo a fissarmi dall'alto. Ormai ho il suo profumo addosso, che mi avvolge completamente.
«Io gli ho portato il fotografo. È uno scambio equo.»
«Tu? Davvero? Ti sei trasformato in June White tutto di colpo?» lo punzecchio.
«No certo, non saprei mai essere all'altezza di sua maestà lingua lunga.»
Scrollo il capo reprimendo un sorrisetto e i miei occhi cascano sulle chiavi di casa, quelle che lui posa sul comodino di fianco al letto king size.
«Le hai rubate?»
James impugna il bordo della t-shirt bianca per sollevarsela completamente, fino a togliersela e restare a torso scoperto.
«Prese in prestito.» mi corregge.
«Sì ma rischi grosso.»
A quel punto si cala i pantaloni restando con un paio di boxer scuri.
«Sono sicuro ne varrà la pena.»
«Perché sei già mezzo nudo?»
«Ho bisogno di farmi una doccia, sono stato tutta la sera in quel posto di merda. Puoi fare un giro, se ci tieni tanto a curiosare.» bisbiglia senza scollare gli occhi dai miei.
Io mi mordo il labbro, poi annuisco rubando l'immagine della sua schiena ampia e muscolosa. Ma con la testa sono già al piano di sotto, pronta all'azione. Ho visto le foto di una signora dai capelli rossi appese all'ingresso e voglio curiosare. Mi è sembrato di riconoscere la mamma di James.
«Ah e scegli da bere prima di completare la trasformazione in Detective Madeline.»
James mi indica un piccolo frigo bar che si trova all'angolo opposto del letto, poi si chiude in bagno mentre io scendo a passare in rassegna le foto appese in corridoio.
Sono immagini che ritraggono principalmente i figli di Austin, Ethan e Tom durante gli anni, mentre la donna dai capelli rossi compare solo una volta, quando questi erano molto piccoli. Di James non c'è traccia in quelle foto.
Con una sensazione sgradevole che mi scava lo stomaco, torno al piano superiore. Dal frigo afferro una bottiglia di spumante totalmente a caso.
«Dimmi.»
James esce dal bagno accompagnato da una nuvola di vapore dolce e maschile.
«Ho visto le foto.» esordisco io mentre resto imbambolata a seguire i movimenti delle sue mani, avviluppate intorno all'asciugamano che usa per tamponarsi i capelli scompigliati e umidi.
«Non mi va di parlare di lei.»
Lo mugola controvoglia, poi, con le dita, James incastra l'angolo dell'asciugamano bianco dentro al bordo che gli avvolge i fianchi.
«Ti andrebbe invece di raccontarmi di quando sei stato in riformatorio?»
Lui solleva un sopracciglio e, stranamente, non oppone resistenza.
«Sono stato in riformatorio per quasi un anno e quando Will veniva a trovarmi, non potevamo discutere di niente. Telecamere e guardie ovunque. Fine della storia.»
«Ti hanno spedito dentro quella sera? Quando avete chiamato Austin? E poi tu non sei passato ad assicurarti che l'avessero...fatto?»
«Non passai da Austin quella sera. Sono andato a casa e di certo non potevo immaginare che Will fosse lì insieme a lui e Hood.»
«Forse non sei passato perché, in fondo, speravi non l'avesse ucciso... Ma il motivo per il quale sei finito dentro è stata l'aggressione a Brian?»
James si stringe nelle spalle, poi si siede sul letto di fianco a me.
«No, ovviamente no. Non mi avrebbero mandato in riformatorio solo per quello. Il preside sapeva che gli sarebbe bastato cercare tra le mie cose per trovarci la droga e i farmaci che smerciavo a scuola. E quella volta decise di farlo. Così la polizia aveva qualcosa per cui sbattermi dentro. Un anno, è la legge a prescindere dal reato.»
James prende a giocherellare con il bordo dell'asciugamano che gli circonda i fianchi.
«"Sei tornato cambiato" mi prendeva in giro Austin. Non avevo più voglia di spacciare, nè di fare corse illegali. Il riformatorio non mi era piaciuto affatto, sarebbe stato da stupidi tornare a fare le stesse cose che facevo prima, ma...»
«Lui ti ci ha costretto.» completo la sua frase, già sapendo quella parte della storia.
«Austin mi ricordava che lui aveva fatto una cosa per me e io avrei dovuto ripagarlo in quel modo. Poi aveva la pistola di Taylor, mi teneva in pugno. E quando gli chiedevo se l'avesse ucciso per davvero, lui era sempre vago»
«Brian non è mai venuto a trovarti?»
«No, ma Amelia sì. Continuava ad accusarmi del fatto che suo padre fosse sparito, proprio lo stesso giorno in cui io avevo aggredito Brian. Per lei era molto sospetto. Mi rinfacciava che suo padre mi avesse trattato come un figlio, mentre io la istigavo dicendole "Papino ti ha lasciata da sola."»
«Credeva all'innocenza di suo padre?»
«Diceva che non meritava ciò che gli avevo fatto. Era convinta l'avessi ucciso io e che tutto ciò che le avevo raccontato sulla ragazza morta, fosse un menzogna, anche perché non ero mai andato alla polizia. Una volta era scoppiata a piangere, mi aveva promesso che non mi avrebbe mai perdonato. Infine mi aveva tirato uno schiaffo. Da lì non è più venuta. Penso che lui, in quell'occasione, l'avesse già chiamata. Lei a quel punto sapeva che Hood era vivo. Ma lei ormai mi aveva etichettato come il pazzo che aveva provato ad uccidere suo padre.»
«E... Brian?»
«Brian sapeva che non ero andato fino in fondo, ma sapeva anche che avevamo consegnato suo padre ad Austin e di certo questo non lo avrebbe portato a fare una bella fine. Nessuno di noi è mai andato alla polizia e penso che Hood abbia contattato Amelia proprio per evitare che ne lei denunciasse la scomparsa e mettesse in mezzo la polizia. Io nemmeno volevo accadesse, perché io e Will eravamo comunque complici.»
«La signora Hood?»
«Lei era solo contenta che lui fosse sparito. Provai a parlarle di nuovo, ma lei fece finta di nulla. Nascose tutto, insabbiò tutto ciò che potè, intanto Brian cresceva sempre più arrabbiato»
«Quindi hai fatto un anno intero?»
«Meno, sono uscito per buona condotta.»
«Brian saprà del casino accaduto questa sera?»
James a quel punto si alza in piedi e comincia a muoversi nervosamente per la stanza.
«Perché dobbiamo parlare di Brian ora?»
«Ti da fastidio?»
«Non mi va di parlare di lui.»
«Okay.»
Sua madre e Brian sono off-limits.
Con cautela mi avvicino alla figura di James che sosta davanti alla finestra.
Lentamente, abbandono il mento contro la sua spalla e lui percepisce la curva della mia bocca espandersi.
«Perché sorridi, June?»
«È una cavolata...» sussurro io, continuando a seguire con lo sguardo le luci delle città in lontananza.
James allarga il braccio e con una gesto protettivo mi avvolge le spalle, stringendomi a sè.
«Anche Will mi aveva portato a vedere tutta Los Angeles, sul tettuccio dell'auto di Jax.»
«Con me di cose ne vedrai poche... Che sia la città o i film.»
«Dovrei ridere, James?»
In tutto il mio viso mi si propaga un calore indescrivibile, calore che provo a nascondere pressando la guancia arrossata contro il petto nudo di James. La pelle liscia e profumata mi carezza le labbra, che vibrano di una sensazione piacevole come il velluto.
«Non arrossire, perché tanto...»
Il suo è braccio immobile intorno alle mie spalle, ma con la mano che dondola davanti al mio sterno, in pochi istanti raggiunge il mio seno.
«Tanto ti scoperò comunque.» sussurra suadente, premendo le labbra piene tra i miei capelli sciolti.
Con il pollice sfiora l'estremità del mio seno nascosto dal top, facendolo gonfiare e tendere all'istante.
«James...»
«Ti sei presentata al locale di Austin senza reggiseno?»
Sollevo il capo per osservarlo in volto. Nella penombra delle luci soffuse, i suoi zigomi appaiono intagliati da un abile scultore, mentre il suo corpo sembra appena modellato nel marmo.
«Ma è una fascia» mi lamento.
Lui a quel punto mi afferra entrambe le mani e m'invita a seguirlo.
«Ma ti si vedono molto»
James si siede sul letto.
«Ma è una fascia» insisto accomodandomi sulle sue gambe.
«Ma io ti vorrei vedere senza.»
Sento la temperatura volare alle stelle quando mi sfiora la schiena con i polpastrelli freddi. Poi quel movimento delicato prosegue fino alla mia nuca per scendere sul mio petto. Qui aggancia con due dita il bordo della fascia per abbassarla.
«È imbarazzante.» mormoro con un filo di voce, prima che lui lo faccia.
«Dovresti sentire come cazzo mi batte il cuore, June...»
Le nostre fronti si uniscono in un dolce impatto.
«Quello sì che è imbarazzante.» conclude ad occhi chiusi.
In quell'istante le nostre labbra collidono in un bacio delicato ma intenso. James le schiude immediatamente, dandomi modo di assorbire la morbidezza della sua lingua, lenta e piacevole.
Affondo entrambe le mani tra i suoi capelli ancora umidi, mentre i colpi di lingua di James prendono a farsi più profondi ed eccitanti.
«Hai scelto una bottiglia?»
Eh?
Sbatto ripetutamente le palpebre, come se mi fossi appena svegliata da un sogno idilliaco e quando James mi indica la bottiglia di spumante che ho lasciato sul comodino, allora capisco.
«A caso.» ammetto sollevando le spalle.
James a quel punto si alza in piedi, obbligandomi ad alzarmi dalla posizione che mi vedeva seduta su di lui e va a stappare la bottiglia con solo quell'asciugamano addosso.
Non mi abituerò mai.
«Perché ora non parli più?» mi prende in giro leccandosi le labbra già umettate dalle mie.
«Baciarti mi fa sempre lo stesso effetto...» confesso guardando il pavimento.
James a quel punto posa nuovamente la bottiglia e torna su di me.
«Eri bellissima.» Mormora con entrambi i palmi intorno alle mie guance.
«Ero? Che mi è successo nel frattempo? Mi sono tele-trasportata nel mondo dei morti?»
Con un lieve movimento m'induce a sollevare il capo e guardarlo dritto negli occhi.
«Parlo di quando ti ho vista arrivare al locale. E sì, lo sei anche ora, cazzo.»
Con i pollici solletica i miei zigomi e il mio stomaco è ormai uno zoo impazzito, non sento nemmeno più il calore riempirmi le guance per quanto io sto andando a fuoco.
«Che intenzioni hai per questa sera, James?» domando fissando le sue labbra perfette.
«Voglio solo ubriacarmi e stare con te tutta la notte.»
Sono ancora seduta sul letto quando lui compie una breve pausa prima di proseguire.
«Tu invece?»
«Anch'io, ma prima vorrei chiederti scusa.» annuncio decisa.
«Per?»
«Per quelle cose che ti ho detto ieri sera, sul fatto che tu fossi loro complice per i soldi. È stata una cosa orribile non avrei dovuto offenderti. Scusami.»
«Non devi scusarti. Non so cosa sia peggio. Se ciò che hai detto tu, che poi corrisponde a quello che pensano tutti, o la verità.»
«Che vuoi dire? Che verità?»
James lancia gli occhi a lato e l'immagine di quell'uomo adulto che ho visto parlare con lui, poco fa, al locale, mi riempie lo sguardo.
«Sono andato a letto con tante persone solo per il piacere di farlo, ma ciò non toglie che con lui, io l'abbia fatto in situazioni scomode, situazioni in cui la gente pagava per avere quelle feste. Ma io non lo facevo per i soldi, lo facevo solo perché... Sono esattamente come la donna della foto. Tutti vogliono una parte di me e io non so dire di no. Forse sono troppo debole per pronunciare un cazzo di no.»
«O forse hai creduto che il tuo corpo fosse tutto ciò che avevi da dare. Ma non è così, James. Come non lo era per tua mamma.»
«Non la conosci.» sputa lui restando rigido, in piedi.
«Il fatto che nessuno ti abbia stimato per ciò che sei realmente, forse ha fatto sì che crescendo tu abbia cominciato a puntare tutto sul sesso»
«Però per questa sera concedimelo.» mormora dandomi un bacio sulla guancia.
«Cretino»
Sorridiamo all'unisono mentre lui sta già impugnando la bottiglia.
«Ma i bicchieri?»
«Ancora con questi cazzo di bicchieri? Non ci servono i bicchieri»
«No?»
James si avvicina alla mia figura seduta e, dall'alto, inclina la bottiglia.
«Apri la bocca.»
Lo spumante freddo mi casca dritto in gola con un impeto non previsto.
«Brava, così»
«James..»
E mentre pronuncio il suo nome, lui bagna di proposito la mia scollatura. Un brivido mi scorre sotto la pelle, più veloce del liquido gelido che serpeggia tra i miei seni, fino a slittare sotto alla fascia.
«Ops»
James sogghigna soddisfatto, mentre io sono preoccupata perché ha versato spumante ovunque.
«Il tappeto, il lenzuolo...»
«È roba tua?» mi istiga lui.
«No ma costerà migliaia di dollari.»
Resto ad ammirare il suo corpo perfetto quando avvolge il collo di bottiglia con le labbra carnose e tira giù un'avida sorsata.
«È tutta la sera che aspetto...» sospira poi reclinando la testa verso di me.
«Dammi un bacio come si deve, June White.»
James accosta le labbra gonfie alle mie, così io ne approfitto per intrappolare una piccola porzione di labbro tra i denti, la tiro un po' facendolo gemere.
La consistenza morbida e calda della sua bocca lusinga la mia carne, quando prende a baciarmi il lembo di pelle sensibile dietro l'orecchio.
Dolcemente serro le palpebre, perché la sua lingua rinfrescata dal sapore fruttato dello spumante, scivola lenta lungo il mio labbro inferiore, prima di chiedere l'accesso e immergersi completamente nella mia bocca socchiusa.
«Sei un pazzo...» sibilo mentre James si abbassa su di me per riempirmi il collo di baci lascivi.
«Dici?»
Dopo aver dato una passata di lingua sulla mia scollatura, abbassa la fascia con un movimento secco, lasciandomi esposta al suo sguardo.
«Non sono pazzo. Sono solo fortunato ad avere te.»
La sua lingua s'indurisce e lecca senza pietà i miei capezzoli, facendo inturgidire ogni fibra del mio corpo.
«Ora tocca a te bere.»
«Perché penso sempre male?»
borbotto coprendomi il seno con il braccio.
«Perché leggi quei libri.»
James mi prende in giro, prima di tornare a pompare il collo della bottiglia, sorseggiando in modo disinibito.
Lo spumante scivola dalla bottiglia e dalle sue labbra per cascargli sull'addome. I suoi occhi blu percorrono la traiettoria del liquido fresco che prende a bagnargli il torace scolpito.
«Non farti pregare, Biancaneve»
Con le mani catturo i suoi fianchi marmorei e mi avvicino a lui. James chiude gli occhi, godendosi la coccola dei miei baci. Le mie labbra intanto, con piccoli risucchi catturano l'alcool sparso sul suo torace accaldato, invitando James ad ansimare sottovoce.
Ha la pelle morbida, profumata e senza volerlo, stringo immediatamente le cosce tra loro.
«Oh cazzo sì.»
Lo sento gemere mentre con la mano grande premuta sul mio seno, seguita a cercare i capezzoli con il movimento ritmico e paziente del pollice.
La sensazione che attraversa tutto il mio corpo è così piacevole da portarmi a tremare.
«Scendi più in basso» mormora roco mentre la scia dei miei timidi baci prende una traiettoria ben precisa.
James riversa la testa all'indietro quando arrivo a baciare il suo basso ventre, fino al bordo dell'asciugamano.
«Piano...» mugola a denti serrati.
Distrattamente, passa una mano sull'asciugamano per raggiustarselo, prima di parlare.
«Ora tocca a me.»
«Non vorrai bagnarmi i pantaloni?» mi acciglio.
«No, infatti devi toglierli.» sussurra lui, sganciandomi il primo bottone.
Sarà stato l'alcol, ma io ho quel pizzico di coraggio per alzarmi in piedi e sfilarmeli.
«Cazzo se sono fortunato»
«Non sei obiettivo però»
Sollevo prima un piede poi altro, per lanciare l'indumento in un angolo della stanza.
«Che vuoi dire?»
«Che non sono niente di che»
James mi afferra dalla coscia pizzicandomela debolmente tra le dita. Mi fa avvicinare a lui poi s'inginocchia per lasciarvi un bacio al suo interno.
La cicatrice si è ormai bianca ed è quasi andata via del tutto. James sembra accorgersene perché sorride.
«Tu sei bella»
No, indosso delle mutandone verdi.
«Io sono fiero di te June» sussurra sfiorando ciò che resta dei segni sulle mie gambe.
«E il mio cervello va in tilt» conclude alzandosi in piedi.
«Il tuo cervello eh...»
«Non prendermi per il culo. Sono serio.»
«Dimmi, dai, ti ascolto.»
Dimmelo dai
Mi chiedo se James in realtà si trattenga perché io non ho mai ricambiato le sue parole...
«Tu... ehm...»
Ho bevuto a malapena un sorso, ma la testa leggera m'invoglia a sorridere.
Nella tv spenta vedo il riflesso di una ragazza con le cosce grandi, i seni gonfi e i capelli spettinati.
«Sei... Questa. E quindi mi piaci, ma oltre a tutto ciò, ci sono quelle piccole cose.»
«Che piccole cose?»
«La mossa astuta che hai messo in atto col fotografo, il modo in cui hai affrontato Austin. Il fatto che tu non ti sia arrabbiata con Amelia questa sera. E potrei andare avanti così fino a domani. Il bacio con Jackson e... Sei stata con Jasper quando io non c'ero...» Sospira a corto di fiato.
«A pensarci, non sono cose poi così piccole. Mi chiedi scusa quando dici qualcosa per ferirmi e... Quello che voglio dire, June... È che devo farci l'abitudine.»
Il suo sussurro mi soffia sulle labbra, mentre le nostre fronti restano incollate.
«E va tutto bene, tu non sei obbligata a dire o far niente... Solo a baciarmi.» scherza mentre ridacchiamo per via dell'alcol.
Ad un certo punto però, tra una risata e l'altra, mi accorgo di non stare proprio benissimo.
«Vado in bagno, devo fare pipì.» annuncio senza smettere di sorridere.
Mi sollevo la fascia ormai abbassata sull'ombelico e mi dirigo in bagno.
Quando però esco però, il mio umore è sottoterra.
«Che c'è? Ma che fai?»
James si stranisce nel vedermi ghermire i pantaloni con fare nervoso.
«Niente. Mi rivesto.»
Meno male che avevo un assorbente in borsa e un paio di mutande abbastanza grandi.
James però sembra non accorgersene.
«Aspetta. Perché? Se non ti va più di continuare, va bene... dimmi solo se ho fatto qualcosa di sbagliato o ...»
«No.» sputo evitando il suo sguardo che però resta incollato al mio, obbligandomi a dargli spiegazioni.
Abbasso gli occhi e vedo che si è seduto sul letto.
Lui ha ancora l'asciugamano in vita, i capelli perfetti e le labbra rosse e invitanti. Io sono un disastro.
«Puoi dirmi qualsiasi cosa, che succede?»
«Mi è arrivato il ciclo.»
La faccia di James. Da incorniciare.
«Ah.» Dalle sue labbra esce un verso secco, nient'altro.
James non sembra contento.
«Scusa.» mormoro io.
«E di cosa?»
Ad un tratto lo vedo afferrare la sua t-shirt bianca.
«Tieni, Mettiti questa.»
Lo fisso accigliata.
«Magari hai freddo, non so...»
Quel gesto, così innocuo all'apparenza, in realtà mi fa sciogliere il cuore. Indosso la sua maglia poi mi siedo sulle sue ginocchia.
«Puoi baciarmi adesso?» domanda sfiorandomi il labbro inferiore con il pollice ruvido.
«Ma...»
«Lo dico per te. Secondo me potrebbe farti sentire meglio.»
Mi prende in giro in modo così dolce da indurmi ad abbassare lo sguardo, sono quasi imbarazzata per i modi di James, tanto premurosi.
«Ti fa tanto male? Se vuoi fare altro...»
«No. Magari domani farà un po' più male, ma per ora no.» ammetto sottovoce.
«Okay... Se posso fare qualcosa o vuoi smettere...»
«Tranquillo. Solo non posso....»
Indico il punto in mezzo alle cosce.
«Sì questo l'ho capito» sorride lui. «Ma dove eravamo rimasti?»
«A te che ti schizzi champagne addosso come un idiota.»
«Linguaggio Madeline.» mi canzona imitando mia madre.
«Ah, ora ricordo dove eravamo rimasti.»
Le sue labbra lusingano il mio collo di carezze piacevoli.
«A te che sei la mia fottuta ragazza.» sussurra rauco.
«James.»
«Hai ragione, la mia ragazza non sta bevendo.»
Si lascia scivolare un grosso quantitativo di spumante addosso, ne esce così tanto che svuota quasi la bottiglia.
Col pollice raccoglie una gocciolina che gli segna l'addome e l'accompagna tra le mie labbra, che, morbide, si schiudono per accogliere il suo polpastrello bagnato.
«Oh sì, proprio così.»
Lo sento mugolare a denti stretti quando la mia lingua slitta sulla lunghezza del suo pollice.
La maggior parte dello spumante è finito a terra e quel pochissimo che ho bevuto mi regala l'audacia necessaria per prendere l'iniziativa.
La sua erezione svetta sotto l'asciugamano e si fa più solida quando incontra il mio palmo tremolante.
James invece, con la mano scende dritto in mezzo alle mie cosce.
«James no.» Mormoro quando prova a strofinare le dita sulle mutande.
«Non ti tocco se non vuoi, ma magari hai voglia anche tu.»
Sussurra prima di spingere la lingua tra le mie labbra, lo fa incessantemente, con affondi caldi e lussuriosi.
Sì, ma me la tengo.
Il suo corpo duro è bollente contro il mio fianco e mi sta mandando fuori di testa, così come il suo profumo.
Inizio a muovere i fianchi e James se ne accorge.
«Cazzo cosa non ti farei...»
Risucchia un respiro corto tra le labbra tese, ma questa volta spinge un po' troppo oltre il collo della bottiglia e lo spumante crea una chiazza sull'asciugamano, rendendolo inutile al suo scopo.
James allarga le gambe tra loro, poi curva il capo per approfondire quel bacio indecente.
«Questa mattina, sotto la doccia... Non ho fatto altro che pensarti.» mormora tra uno schiocco e l'altro.
«James...»
È una tortura.
«E cosa hai pensato?»
«A scopare te e la tua bocca che non sta mai zitta.»
«Oh davvero?»
«Sì, davvero. E potresti pensare di esaudire i miei desideri ogni tanto.»
«Sei egoista, da quando?»
James mi fissa ad occhi stretti ed eccitati.
«Potrai avermi quando vuoi, June. Ora però...»
Vedo il suo petto gonfiarsi di un grosso respiro.
«Inginocchiati. Una volta sola.»
Restiamo a guardarci per qualche istante.
Come posso dirti di no?
«L'altra volta ci sei riuscita con dei baci innocenti, immagina ...»
James si zittisce all'istante perché l'asciugamano scivola a terra insieme a me e tutta la sua eccitazione sparisce, risucchiata dalle mie labbra.
Socchiude lievemente le palpebre, assumendo le sembianze di un diavolo attraente, mentre l'osservo dal basso.
«June...»
I respiri accelerano e abbandonano la sua bocca carnosa sotto forma di gemiti disinibiti ed eccitanti.
«So che non dovrei dire certe cose, ma...»
Vedo i suoi occhi sofferenti piantarsi sull'erezione che svetta fin sopra l'ombelico.
Io sembro leggergli nel pensiero, perché il rivolo di saliva calda che scivola giù dalle mie labbra per scorrere sulla sua punta lucida, lo fa tremare.
«Oh sì. Brava»
James comincia ad ansimare ad ogni mia passata di lingua. Ci metto un po' a prendere confidenza e lui ci mette un po' a perdere completamente il controllo.
Il lenzuolo perfettamente liscio e stirato si accartoccia nei pugni stretti. Le nocche diventano bianche e le vene gonfie del suo addome si tendono in rilievo.
«June...»
Con il petto ansante, schiude le labbra, dalle quali fuoriescono respiri rotti e gemiti sensuali.
«Se non vuoi farti...»
Un'espressione lasciva e sofferente abbellisce il suo viso, mentre con una mano prova a raggiungere la sua eccitazione tesa e ormai pronta a culminare di piacere.
Mi accarezza il volto per poi spostarmi i capelli dagli occhi, ma io non gli do ascolto e torno su di lui, impedendogli di allontanarsi dalle mie labbra.
«Oh cazzo»
Affondo le unghie sul suo addome teso, attraversato da vene spesse, finché non lo sento inarcare la schiena, poi, con il labbro sotto ai denti, il respiro gli si frantuma in mille pezzi, mentre il suo piacere mi bagna l'interno delle guance.
James casca con la schiena sul materasso a fissare il soffitto con occhi sbarrati.
«James stai bene?»
Vedo il suo petto muoversi rapido e impazzito.
«No. Cioè sì. Ma se tu vieni qui, sto ancora meglio.» mugola senza fiato.
Io mi alzo in piedi e gli porgo un paio di boxer che lui indossa prontamente.
Quando salgo sul letto e mi ci posiziono a fianco, James si issa sui gomiti per raggiungere la mia bocca.
«Ma che fai?» domando confusa.
Lui prende a guardarsi intorno, come se mi fossi ammattita.
«Che cazzo faccio? Ti bacio forse?»
«Sicuro?»
«Certo che sono sicuro. Dopo puoi anche abbracciarmi o chiedo troppo?» mi prende in giro.
«Scusa, non volevo risultare fredda è solo che, di solito, dopo, i ragazzi non vogliono...»
«Quali ragazzi, Biancaneve?» Si acciglia mimando un'espressione fintamente arrabbiata.
«Cretino. Hai capito.»
«Perché non dovrei baciarti, scusa?»
«Beh, non ti da fastidio?»
«June, a volte tu dimentichi una cosina piuttosto importante di me.»
ah già
«Tu comunque stai bene? Ti ha dato fastidio?» domanda indicandomi le labbra.
«Ho notato che sei particolarmente premuroso a riguardo.» sottolineo con un sopracciglio inarcato.
«Sì beh....è che l'ho fatto anch'io e so com'è.»
Oh
«Con le ragazze però non l'avevi mai fatto. Tu a loro, intendo.»
«No, non mi sono trovato a farlo.»
La curiosità mi mangia il cervello.
«È perché preferisci il...»
«No, June. È solo perché le ragazze non lo chiedono mai il sesso orale.»
James allunga entrambe le braccia nella mia direzione, pretendendo l'abbraccio chiesto poco fa.
Io mi posiziono a pancia in giù sul suo addome, mentre lui mi carezza la schiena ripetutamente.
«Vuoi che ordiniamo qualcosa da mangiare?» suggerisce causandomi un luccichio negli occhi.
«Ti va? Davvero?»
«Possiamo ordinare d'asporto, so che è tardi oppure...»
«James...»
«Eh»
«Sta tranquillo, non devi farlo per me.»
«I fast food sono aperti ventiquattro ore su ventiquattro.»
«Tu mangeresti?»
La domanda non lo smuove più di tanto.
«No, è per te. Che c'è?» S'incuriosisce nel notare il mio broncio.
«Perché non puoi farmi compagnia, James?»
A quel punto sollevo lo sguardo e lo fisso dritto negli occhi.
Se tu non ti vedi per quello che sei, perfetto, allora chissà come vedrai me...
«E io cosa dovrei dire?» sibilo con un filo di vergogna.
«Perché dici così?»
«Guardati... » mormoro sottovoce.
Lui però non risponde a quell'affermazione ma abbassa gli occhi. Il suo corpo scolpito dice una cosa, ma il suo sguardo comunica tutt'altro.
«Cosa c'è di te che non ti piace?»
La mia domanda non è seguita da alcuna risposta. La realtà è che nessuno si piace mai veramente, fino in fondo. E non importa come gli altri ci vedano, i nostri difetti rimangono.
Io avrò otto chili in più rispetto ad Ari o alle altre ragazze, la mia pancia è ricurva e le mie cosce non stanno in una taglia considerata normale.
Ho le guance gonfie.
E non è una mia visione, è la verità. L'ho sempre saputo. L'ho sempre visto. Anche quando ero piccola e mi è sempre andato bene. Certo, il confronto con questo mondo perfetto ha iniziato a farmi vacillare. E non importa cosa dice James, gli sguardi altrui li vedo. Bonnie e altre ragazze si chiedono perché lui stia con me, quando potrebbe stare con ragazze altrettanto perfette.
«Non è... non funziona così.» sussurra James lasciandomi senza parole.
«Spiegami, ti prego.»
«June..»
«Per favore...»
«Non si tratta di guardarmi allo specchio e vedermi diverso da come vorrei. Non è il fatto di vedermi con chili in più, queste sono scuse che mi racconto dopo. Ma non è così.»
«E com'e?»
«Non so com'è. Ma non è come ti fanno credere. Non è che se allo specchio non mi piaccio, allora automaticamente smetto di avere la stessa libertà che hanno gli altri con i pasti. Non voglio realmente perdere peso. Quelle sono stronzate che ti racconta chi non ci è mai passato.»
«Beh, c'è anche chi la vive in questo modo magari...»
«Io lo so com'è il mio corpo, eppure è come se il mio cervello m'ingannasse pur di non vederlo.»
Le sue dita seguitano a strisciare sulla mia pelle, facendomi rabbrividire di una sensazione che non saprei descrivere diversamente. Solo una parola.
«Per me non è niente di diverso dai farmaci, dalla droga o dalle risse.»
«È come se fosse un mezzo per impedirti di affrontare il tuo dolore?»
Annuisce. E io capisco perfettamente.
«Dovresti...»
«No.»
«Ma una figura con cui parlare potrebbe aiutarti.»
«Ci sono già andato una volta. È una perdita di tempo stare ad ascoltare uno che ti parla d'incapacità nel gestire le proprie emozioni. Grazie tante stronzo, pensi non lo sapessi?»
«Non è una perdita di tempo. Io comunque non voglio insistere»
«Non farlo June.»
«Ma se è una cosa che ti fa stare male...»
«Ce la faccio da solo. Sono in salute»
«Lo vedo.»
«Ci sono tante altre cose prima..»
«Cose che devi sistemare, lo dici sempre. Ne salta sempre una nuova. Ma tu dovresti essere la tua priorità, James.»
«Come faccio June? Lo vedi anche tu? Quel pazzo stava per far saltar un locale pieno di gente questa sera e io sarei stato il responsabile. Hai voglia di dolce?»
Annuisco e James a quel punto si alza in piedi, mentre io m'infilo sotto le coperte.
Vuole cambiare discorso, così decido di rispettare il suo volere.
«Dove vai?»
«Poco distante da qui c'è un distributore di merendine. Ha barrette al cioccolato e cose varie. Che vuoi che ti prenda?» domanda infilandosi i pantaloni della tuta.
«Le m&ms, dici che le troverai?»
«È una sfida? Certo che le troverò.» sussurra prima di lasciarmi un bacio sulle labbra.
Io per poco non mi assopisco in quella casa sconosciuta e riapro gli occhi solo quando percepisco dei rumori. È James.
«Non ho trovato niente..»
«James, mi hai fatto venire la voglia di cioccolato e ora mi dici che non hai trovato niente?» m'inacidisco ridacchiando.
«Ma se stavi russando! E poi te la tieni la voglia ora.» sputa lui levandosi la felpa.
«Perché me le mangio io le tue m&ms.»
E prima che lui possa sdraiarsi a letto, tendo la mano e gli rubo il pacchetto che nascondeva tra le mani.
«June!»
«Una sola.» annuncio accompagnando una m&ms tra le sue labbra tiepide e morbide. James mi bacia le dita, poi addenta una pallina colorata.
Non lo so cosa provo.
Sempre stesso brivido intenso della prima volta. Una sensazione che non saprei descrivere diversamente. Solo una parola.
«Sei in debito con me. Posso ricattarti quando voglio, James.»
«Per?»
«Avermi rinchiusa nello sgabuzzino, ricordi?» ironizzo trattenendo un ghigno.
«Sembra tu sia felice della cosa..» mormora lui stendendosi di fianco a me.
«Anche se avrei preferito mi raccontassi tutto questa mattina.»
«Non sarò mai un fidanzato modello, June.»
«Mi basta che tu sia fedele. E sincero con me.»
Lo vedo corrugare le tempie.
«Ti basta?»
«Sì. E tu cosa vorresti, James?»
«Mi vai bene come sei, te l'ho già detto. Lo sanno tutti che non ti merito. Come sanno tutti che sono un inaffidabile stronzo incoerente. Sempre come lei.»
«Non è vero James, quando avrai dei figli non sarai come lei»
«Quando?»
Mentre parliamo ingurgito m&ms a raffica, ma a quel punto mi fermo. Lui ha ancora le guance arrossate e gli occhi lucidi per l'orgasmo.
«Cosa? Stai chiedendo a me quando avrai dei figli?»
«Eh?»
«James..»
«Intanto non hai risposto.» ridacchia lui.
«Non ora.»
«E quando...»
«Non ora James»
Lui allora mi lancia un cuscino in faccia e per poco non soffoco con una m&ms.
«Va beh, comunque nei prossimi giorni ho una cosa da darti White»
«Cosa? E dimmi che non è quello che penso»
«June Madeline White.»
Ogni volta che imita la voce rigida di mia mamma mi fa scoppiare a ridere.
«Mi è stato detto che sarà un giorno speciale»
«Non ne so niente» sbuffo io pietrificata.
«Mmm»
«Tu come lo sai, James?»
Le guance cominciano a bruciare.
«Ho fatto le mie ricerche»
«James non voglio... non mi piacciono le feste...»
«Vedremo.» sbuffa lui sollevando il mento verso l'alto.
«James e dai...»
«Non ti dirò nulla.»
Scrollo la testa, intanto resto avvolta intorno al suo corpo, avviluppata in un abbraccio rassicurante, finché James non si allunga verso il piumone accartocciato al fondo del letto e lo tira su fino alle mie spalle.
Poi incrocia le mani dietro la mia schiena tenendola al caldo.
«Ora dormiamo, James. Sono distrutta.» sussurro con la guancia spiaccicata sul suo addome che si ammorbidisce un pochino sotto al peso della mia testa.
«Buonanotte cretino»
«Buonanotte tesoro.»
E di nuovo quella sensazione che mi riscalda il corpo. Una sensazione così bella che non saprei descrivere diversamente.
Solo una parola.
Casa.
🤍🐰🤍🐰🤍🐰🤍🐰🤍🐰🤍🐰🤍🐰
1. ho svuotato la galleria e non trovo più il divisore di fine capitolo 💃🏼
2. visto che ho mantenuto la promessa "no suspense"? 🐰
3. spero il capitolo vi sia piaciuto 🙏🏻
4. se volete sclerare e commentare insieme il capitolo ci vediamo su instagram stefaniasbooks 🦋
5. arriva il compleanno di June nel 56 💓
vi amo, alla prossima
💓💓💓
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