52. Maybe she fell first, but he fell harder
JUNE
«Stai scherzando, Poppy? Una festa? Stasera?»
«Ti pare stia scherzando, June? È sabato e domani non abbiamo scuola. Guarda, se vuoi ti posso spiegare in breve...»
«Ma non ha senso, siamo tornati questa mattina dalla gita...» la interrompo immediatamente, accorgendomi però, di ricalcare gli stessi pensieri di mia madre.
Dopo essermi lanciata sul letto, mi perdo a fissare la valigia sfatta sul pavimento. I miei occhi scandagliano gli abiti sfatti e colorati, finché la felpa grigia di James non richiama tutta la mia attenzione. È inevitabile, un brivido prende il sopravvento su di me, tanto da stritolarmi le ossa. Riesco a percepire il suo profumo da qui e la sensazione piacevole che ha preso ad irradiare il mio corpo, s'intensifica al solo ricordo ciò che è accaduto ieri sera: il suo tono di voce così suadente, i baci e le parole cariche di significato.
"Voglio metterci tutto in questa cosa tra di noi"
Qualcosa di eclatante però, improvvisamente mi desta dalle mie riflessioni. Sbaglio o Poppy è riuscita a rimanere zitta per qualche secondo? Fisso il telefono con aria sbigottita.
«Com'è andata con Jamie ieri sera? Vi ho visti parlare in riva al mare. Marvin voleva venire a tutti i costi a disturbarvi per rubarvi la pizza, ma io gliel'ho impedito. Eravate troppo carini per interrompervi.»
Un sorriso scivola leggero sul mio viso.
«William si è ubriacato fino a stare male e James ha dovuto passare la serata a fare da baby sitter. Il solito...» mi stringo nelle spalle.
«"Certo che lasciare tutta quella pizza è uno spreco. James non sa cosa si perde" diceva Marvin.»
Io e Poppy scoppiamo a ridere per la sua imitazione buffa.
«Ah, quindi è questo il motivo per il quale, tornata dal bagno, non era rimasto più nulla nella teglia?»
La risposta non mi viene concessa, ma il cambio repentino di discorso la dice lunga.
«Allora June? Ci vieni o no alla festa? E dai! È solo un proseguimento della gita!»
«Mia mamma non acconsentirebbe mai e poi mai»
«Allora vengo a prenderti io.» replica lei con prontezza, come se il problema fosse solo il passaggio.
«No, Poppy»
«Allora facciamo in questo modo: io lo dirò a Marvin, che lo dirà a James, che la convincerà.»
I miei occhi si allargano.
«Cosa? No, senti...»
«Oh no, Mr. Rabbit sta avendo una crisi di pianto. Devo andare!»
E Poppy chiude la telefonata proprio mentre io resto a fissare il vuoto.
Dovrei disfare la valigia mi dico, già intenta ad aprire la porta per scendere in cucina a farmi una tazza di latte e cereali.
«Allora? Non ho sentito commenti sulla gita.»
Eccola.
Come una pantera silenziosa, April entra in cucina e si appoggia col fianco al bancone della cucina scrutandomi dall'alto. È identica a quegli animali che popolano la savana, incutono timore se visti di notte, con i loro occhietti feroci e le loro movenze calibrate, ma poi quando arriva il giorno scopri che infondo sono innocui, perché hanno loro reciso gli artigli o perché semplicemente non erano predatori come credevi che fossero. Dev'essere stata chiusa finora nel suo studio a dipingere, perché ha le punta delle dita colorate di un azzurro tenue e i capelli scombinati in una crocchia bionda e cadente.
«Noia. Questa parola riassume alla perfezione la mia esperienza.» bofonchio spalancando il frigo.
«Non ci credo.» mi rimbecca lei.
Corruccio la fronte, richiudo l'anta pesante e mi volto verso mia madre.
«Allora fammici pensare... Ah, sì. Ora ricordo.»
La vedo serrare le palpebre, come se si stesse concentrando per accogliere il mio racconto.
«Sono solo stata rapita da spacciatori messicani che mi hanno chiusa in uno sgabuzzino insieme a dei tipi loschi. Volevano prendersi la mia signorina Gina, fortuna che è arrivato James, il ragazzo che odi, ha fatto un'entrata trionfale con una pistola in mano, nemmeno fossimo in un film di Tarantino e...»
Mia madre spalanca gli occhi color cielo e mi osserva con aria scioccata. Ma la sua espressione allibita dura una frazione di secondo, perché finisce per scoppiare a ridere di gusto.
«Certo che ne hai di fantasia...»
E non ti ho raccontato la parte della grotta...
«Te l'ho detto, mamma. La noia più totale»
«Ora disfa la valigia, io vado a pulire i pennelli così stasera mangiamo insieme»
E come da programma, un'aria peccatrice prende il le sembianze del mio viso.
«Ehm... E se per caso avessi...»
Lei incrocia le braccia al petto, incurante d'avere le mani leggermente sporche di vernice fresca.
«Non dirmi che devi uscire di nuovo.»
«Di nuovo? Ero in gita mamma, mica sono uscita...»
«Immagino. E dove dovresti andare questa sera?»
Innalzo un sopracciglio palesando il mio stupore. Mi sta davvero dando diritto di replica?
«A casa di...»
«Amelia?» m'imbocca lei.
«Ew... No.»
«Perché no? Non siete amiche?»
«No.» Con le dita compio un giro nervoso sul mio orecchio, attorcigliandovi un ciocca intorno.
«Dimmi la verità, June»
«Ad una festa»
«Dove?»
«Non lo so ancora, mamma»
Mia madre resta appesa alle mie parole e inaspettatamente si lascia andare ad un: «Se almeno tutte queste feste potessero aiutarti a migliorare il tuo guardaroba...»
«Che vorresti dire?» m'impunto permalosa.
«Che mentre eri via ho dato una sistemata ai tuoi armadi e oltre a magliette larghe e felpe maschili, non ho trovato altro.»
«Non puoi definirle maschili solo perché non sono attillate.» Ma la mia protesta casca nel vuoto perché qualcuno ha appena suonato alla porta.
Mia madre va ad aprire e per poco non mi strozzo con il latte quando sento una voce conosciuta provenire dal soggiorno.
«Poppy?»
«Salve signora White, sono in missione.»
«Per?»
«Per aiutare June a....»
Con l'intento di bloccare il flusso inarrestabile delle sue parole, sventolo le mani davanti all'espressione ingenua di Poppy, poi la porto in disparte, in un angolino del corridoio. Non voglio che mia madre senta quello che abbiamo da confabulare.
«Non dovevi dirlo a Marvin, che lo avrebbe detto a...?»
«June, per chi mi hai presa? L'ho fatto...»
«E...?» incalzo impaziente.
Poppy mette una mano a conca davanti alla bocca e con un'espressione buffa, si mette a bisbigliare sottovoce.
«James era impegnato.»
«Ah» Provo a trattenere la delusione che però trapela lentamente dalla mia bocca rovesciata.
Impegnato a fare cosa? Ad ignorarmi.
«Allora facciamo così, se la porti a fare shopping e riesci a convincerla a comprarsi qualcosa di decente, allora può venire alla festa.»
Mia madre pronuncia quella frase causando felicità sul viso della bionda, ma non sul mio.
«Perché ho chiesto a mia madre il permesso di andare ad una festa alla quale non so nemmeno se voglio partecipare?»
«Questo è il bello della vita, June. È imprevedibile!»
Evito di dilungarmi in parole inutili per spiegare a Poppy che quello che ha appena detto non c'entra assolutamente niente con il fatto che mi è appena passata la voglia di uscire, lei saltella felice e non voglio rovinarle il momento. Però una cosa mi ritrovo costretta a domandargliela.
«Perché sei qui?»
«Che vuoi dire?»
«Avanti... Amelia è una delle tue migliori amiche.» la pungolo con un po' d'amarezza.
«E quindi? Il fatto che tra voi non scorra più buon sangue, non significa che io non debba frequentarti.»
Poppy mette su una faccia stranissima, le si legge tutto in volto, è impossibile mentire per lei.
«Ma se preferisci, posso andarmene.»
Raggomitola i suoi lunghi capelli biondi in una mano e li sposta a lato prima di fissare la porta d'ingresso.
«Scusa non volevo risultare così scorbutica.» Mi affretto a spiegare. «Sono solo nervosa.»
«Per Jamie?»
In tutta risposta mi perdo in una scrollata di spalle.
«Perché non lo chiami tu?»
«No, Poppy. Perché dovrei?»
«Tanto lo vedrai stasera, alla festa.» Poppy sorride, ma la mia fronte si stropiccia di rughe quando mi acciglio.
«Lui verrà?»
«"Vernice fluorescente" ti dice qualcosa?»
Oh no
Dopo qualche minuto io e Poppy usciamo di casa e dato che sono già le quattro, decidiamo di passare a prenderci un gelato nella nuova gelateria che hanno inaugurato al centro commerciale vicino a casa. Mentre sfiliamo davanti alle vetrine e il riflesso alto e filiforme di Poppy richiama la mia attenzione, una domanda sciocca mi balena in testa. Chissà come ci si sente ad assomigliare agli stessi manichini che portano i vestiti in esposizione...
Sicuramente sai già come ti stanno gli abiti, mentre nel mio caso è un salto nel vuoto. I vestiti sembrano perfetti addosso a loro, poi però quando li provo l'effetto è completamente diverso.
«E poi Scott se n'è uscito con questa idea assurda...»
Poppy continua a parlare, ma come da manuale, io ogni tanto perdo il filo.
«Si terrà in un locale?»
«No. Scott ha un seminterrato, tipo un rifugio antiatomico. Suo padre è uno ex pilota di caccia fissato con la sicurezza nazionale. I sotterranei di casa sua sono un tripudio di bunkers e cunicoli sotterranei.»
Bene, tutto molto rassicurante.
«Oh no. Non mi piacciono le feste a tema horror.»
«Non sarà a tema horror. Ma l'ultima volta che ci sono andata era molto caldo.»
Penso a James.
«James ci era venuto?»
«Fammici pensare.. Oh sì. Si è presentato direttamente in mutande e poi...»
«Non... okay non voglio sapere altro.» La blocco con la mano.
«Oddio, June!»
Poppy allunga una mano verso una vetrina.
«Cosa!»
«Guarda quel vestito.»
Ed ecco a voi l'ennesimo vestitino nero che sta avviluppato ad un manichino smilzo
«June ti prego, devi provarlo»
«Non farmi ridere, non mi stara mai così»
«E vorrei ben sperare» esclama lei, già intenta a trascinarmi dentro al negozio di lusso.
«Che significa?»
«Che tua madre ti ha lasciato la carta di credito per comprarti qualcosa di carino. Sai di che rarità si tratta? Sai quanto è improbabile questo tipo di evento? È come un'eclissi solare, un'aurora boreale, una...»
«Okay okay okay.» La freno con la mano.
Va bene, ho capito. Non mi ricapiterà più, siamo nel bel mezzo di una tempesta e i fiocchi di neve sono a forma di unicorni.»
Ma gli unicorni in questo caso sembriamo i e Poppy, altrimenti la commessa che ci accoglie nel negozio non ci guarderebbe in questo modo.
«Cosa c'è? Non ha mai visto due persone dalle sembianze umane? bisbiglio nell'orecchio di Poppy che scoppia a ridere.
«Vorremmo provare l'abito nero.» annuncia lei con aria convinta, indicando alla ragazza l'abito in vetrina.
La commessa sembra abbia una paralisi al collo perché non muove la testa nemmeno per un secondo ma ci guarda con circospezione. I lunghi capelli corvini le cadono così lisci e perfetti sulle spalle che sarebbe in grado di far comprare uno shampoo per capelli crespi anche a Morticia della Famiglia Addams.
«Che taglia?» domanda senza staccare gli occhi dal fisico slanciato di Poppy.
«Non è per me, ma per June»
La commessa a quel punto sfreccia con le sue iridi grigie verso di me: mi squadra dall'alto al basso, infine modella labbra gonfie dal Botox per dire: «Vestiamo solo fino alla S.»
Fissa in malo modo il cono gelato che sorreggo in mano, poi torna con lo sguardo gelido a Poppy, che ha ripreso a parlare.
«É la sua taglia. Puoi andare a prenderla? Poi questo è il turno o devo chiamare un'altra commessa?»
Poppy affronta la ragazza che si mette subito in moto per accontentare le nostre richieste, quando mi accorgo che la bionda ha le guance chiazzate di rosso.
«Non sono abituata a dire queste cose, ma Amelia avrebbe reagito così.» spiega imbarazzata.
«Poppy grazie, davvero, ma non credo sia stata un'ottima idea...»
«Sì invece.» insiste lei nell'istante in cui la commessa torna con la sua aria arcigna.
«Se me lo sporcate, me lo pagate.» asserisce, senza levare gli occhi dal cono nemmeno per un istante.
«Dammi il gelato» mi suggerisce Poppy, prima di invitarmi ad accogliere l'abito tra le mani.
Con il morale sotto ai piedi entro nel camerino che ha l'illuminazione degna di un macelleria, qui mi privo della maglietta, dei pantaloncini e, senza mai voltarmi verso lo specchio, mi strizzo in quel sacchetto minuscolo. O almeno ci provo, perché non ha la parvenza di un vestito adatto alle mie curve.
«Mi ci sta una gamba qui dentro.» mi lamento a gran voce.
Oltre alla tenda vellutata avverto le voci delle ragazze.
«Se vuoi ho questo, ha lo stesso taglio, solo veste un po più grande.»
«Perché non l'hai detto prima?» sento la parlantina di Poppy. «Senza bretelle è ancora più sexy»
Faccio capolino dalla tenda, quando mi viene consegnato il nuovo vestito, che però pare ancora più corto dell'altro.
«Senti non è proprio il caso...»
«Provalo» insiste Poppy sotto agli occhi schifati della commessa.
Così infilo in quell'abito e senza nemmeno guardarmi allo specchio, esco fuori.
Una ragazza che stava passando lì a fianco con un carrello colmo di abiti appesi si blocca all'istante. La commessa dai capelli corvini emette un versetto d'approvazione, senza mai abbandonare la sua faccia apatica.
«Oh»
Io invece respiro a malapena qui dentro.
Poppy mi indica lo specchio che si staglia al fondo dei camerini.
Così fisso lo specchio che riflette l'immagine di una ragazza bionda con il fisico a clessidra e le forme compresse nella stoffa. Non è insicurezza, è un dato di fatto. Non sono magra come le altre ragazze. Sennò la pancia non si vedrebbe sotto al tessuto, così teso intorno al mio addome.
«Mettici queste.» mi sorprende alle spalle la commessa.
«Sono cento dollari?» esclamo notando la targhetta.
Poppy sembra non farci caso, m'incita a provare quelle decolté nere dal tacco vertiginoso.
«Poppy tu sei pazza»
Scrollo il capo contrariata.
«Prendi almeno il vestito, June»
«No, non voglio prenderlo»
Faccio per avvicinarmi al camerino per levarmi quel vestito di dosso, quando Poppy si avventa su di me con il gelato ancora in mano.
Spiaccica la vaniglia sulla mia scollatura, macchiando il vestito.
«Ora che l'hai sporcato devi prenderlo»
Poppy voleva solo essere carina con me, lo so, ma io mi volto di scatto e sbotto in modo poco educato.
«Perché vuoi aiutarmi, Poppy?»
Lei mi guarda con i suoi occhioni cerulei.
«Sei stata sempre l'unica ad essere gentile con me.»
«Che vuoi dire? Amelia e Ari sono le tue migliori amiche da sempre.» mi stranisco nel dover fare quella constatazione.
E la sua effervescenza sembra spegnersi poco a poco.
«Sei mai stata in un'amicizia a tre?» la sento mormorare da oltre la tenda, quando sono già dentro al camerino per cambiarmi.
«No.»
«Ci saranno sempre due persone che sono più amiche della terza»
C'è un attimo di pausa, raro, dato che parliamo di Poppy.
«Ti fanno sentire esclusa» abbozzo quell'ipotesi, rinfilandomi i miei vestiti comodi.
«Spesso»
«Per non parlare del fatto che Amelia odia sia Taylor che Tiffany. E se esco con Tiff, lei si arrabbia.»
Spalanco la tenda con rabbia. «Ha questa mania del controllo su tutto. È tossica, Poppy.»
«Io capisco che abbia passato momenti difficili»
Lei seguita a giustificarla, ma io non me la bevo più.
«A cosa ti riferisci?»
I nostri occhi si scontrano per qualche istante, sappiamo entrambe di...sapere.
«Suo padre è sparito senza un bigliettino, senza salutare. Così, puff.. Nel nulla.»
«Andiamo a pagare.» taglio corto a quel punto.
«Quindi ti ho convinta a fare la pazzia?»
Poppy sembra aver appena ritrovato quell'entusiasmo che aveva perso, nel parlare delle sue amiche.
«A mia madre verrà una crisi isterica» sentenzio divertita.
«June aspetta di vedere l'intimo che stiamo per andare a comprare!»
JAMES
Giorno 37
Non sono un eroe, non faccio le cose per bene, ma per lei mi sarei lasciato fare a pezzi.
Mi sto godendo una sana sparatoria ai mostri che appaiono sul televisore, quando mi ritrovo costretto a spegnere tutto, perché la vibrazione nella tasca dei pantaloni si fa troppo insistente. Jasper mi osserva con aria attenta mentre rispondo alla chiamata di William.
«Will te l'ho detto, cazzo. Se vuoi, vieni tu. Oggi non posso. Sono con Jasper, ridipingiamo la sua camera» spiego, causando un sorriso su quel volto, solitamente privo di emozioni. Sorriso che lo stesso Jasper prova a nasconder con una scrollata di capelli.
«Siamo anche andati a comprare la pittura.»
A William ovviamente frega un cazzo della mia serata.
«Mi fa piacere James, ma la pittura che dovresti andare a comprare è un'altra.»
Inarco un sopracciglio, finché lui non si fa più chiaro.
«Per la festa di stasera, James.»
«Non ci vengo.» taglio corto portandomi entrambe le mani dietro alla nuca, con l'intento di stiracchiarmi la schiena.
«Perché? Solo perché June non viene?»
I miei occhi sfrecciano fulminei sul cellulare impostato in viva voce.
«Quindi June non viene?» controbatto incuriosito, prima di allargare le gambe.
«Sto tirando ad indovinare. Non penso che Scott l'abbia invitata. E poi non mi sembra un posto adatto a lei.»
«Quindi non ci verrà?» insisto, sapendo che il mio amico non saprà dare risposta ai miei quesiti.
«Lo stai veramente chiedendo a me?»
Jasper mi fissa con insistenza e so già cosa direbbe. Chiamala.
Metto giù la telefonata con William e riprendo in mano il controller, ma invece che fare lo stesso, Jasper seguita fissare me e non la tv.
A quel punto allargo le braccia.
«Senti, che c'è? Non so che cazzo dirle, okay?»
Lui ovviamente non risponde.
«Ora che vuoi fare? Che ti aiuti a ridipingere la stanza o che continui a farti il culo?» lo istigo indicando la Playstation.
Alla fine io e Jasper trascorriamo tutto il nostro tardo pomeriggio a giocare sul divano, finché, verso l'ora di cena, dei passi sopraggiungono in salotto.
«Oh, sei qui.»
«Oh, è casa mia.» bofonchio alzando gli occhi al soffitto.
«Non sapevo fossi tornato dalla gita.»
Lo vedo indossare una giacca elegante, come fosse appena tornato da qualche convegno d'arte. A volte mi chiedo se Austin non abbia ragione. Jordan non racimola un dollaro da tutte queste mostre che organizza e se lo fa, il denaro non è sufficiente nemmeno a pagare le bollette.
«Domani ho un'esposizione a Huston, in tre d'aereo ore sarò lì»
«Sai che m'importa» sbuffo, infastidito da tutte le informazioni che Jordan ha deciso di condividere con me.
«Il volo parte stanotte.»
Ah, ecco perché
«Non contare su di me, io non ci sono.» replico inacidito.
«Perché?»
«Uno: ho una festa a cui andare. E due: non sono cazzi tuoi.»
La voglia di contrastarlo è più forte di ogni altra cosa.
Jordan a quel punto deve sentirsi toccare nel profondo, perché arriva al televisore e spegne la Playstation, provocando un'espressione contrita sul viso di Jasper.
Restringo le palpebre a due fasce sottili.
«Senti, ho già rimandato due volte perché eri in gita»
«Mi stai facendo una colpa perché ogni tanto vivo la vita come un normale adolescente?»
Ruoto il capo e in un attimo i miei occhi finiscono su Jasper. Mi rendo conto che sta fissando il pavimento.
«Non te ne sto facendo una colpa, ma qualcuno deve stare con tuo fratello»
«Non ci provare a scaricargli la colpa addosso e a parlare di lui come se non fosse presente in questa stanza...»
Stronzo
«James, non peggiorare le cose. In questi ultimi giorni non potevo lasciarlo solo. Ho il volo alle cinque di domani mattina. Puoi uscire, ma devi tornare ad un orario decente per stare con tuo fratello. Tornerò domani, in serata, per poi ripartire.»
Cazzate, non tornerà.
Non spreco nemmeno tempo a chiedergli del perché torna, se poi tanto deve andarsene di nuovo.
Mi volto verso Jasper. «Hamburger?» propongo, mentre lo vedo stringersi nelle spalle.
Così trascorriamo la serata insieme. Cuciniamo, guardiamo un po' di televisione finché lui non crolla sul divano verso le dieci. Lo prendo di peso e lo accompagno in camera sua. Jasper si agita sempre un po' quando lo rimetto a letto, perciò mentre aspetto che lui caschi in un sonno più profondo, mi rannicchio al fondo del materasso e mi metto al cellulare. Entro su Instagram e noto il cerchiolino di una storia postata da Poppy.
Due bicchieri che brindano e June taggata.
Jasper sta ormai dormendo quando io mi alzo in piedi per lanciare un'occhiata distratta allo specchio. Pantaloncini sportivi e felpa blu. M'infilo una sigaretta in bocca e nascondo il telefono nelle tasche.
«Io esco.» bofonchio quando sono ormai sceso in soggiorno.
«James...»
Jordan prova a fermarmi, ma io raggiungo la porta d'ingresso.
«Sarò qui prima della tua partenza»
Casa di Scott non è altro che un ammasso di vecchi mattoni, si staglia nella nebbia come fosse una vecchia dimora silenziosa, ma io lo so che regna un delirio infernale lì dentro. Da fuori non lo si direbbe mai: la musica che risuona all'interno non si avverte perché suo padre è fissato con le minacce nucleari, ha costruito mura solide, insonorizzando il tutto, nemmeno fosse un rifugio atomico.
Nel giardino antistante però, non posso fare a meno di notare ragazze mezze nude e tizi ubriachi.
«Hai portato la pittura, Jamie?»
Una mora mi cinge l'avambraccio mentre varco l'ingresso.
Credo di averla già vista a scuola, anche se non ne ricordo il nome. Quando però noto un tatuaggio tribale macchiare la pelle sotto al suo ombelico traforato dal piercing, il mio cervello viene puntellato dai flashback di me e lei che facciamo sesso durante una festa.
A casa di Will.
«James, ma la pittura?» chiede la rossa di fianco.
Nell'aula di scienze.
Le due ragazze esibiscono pennelli e tubetti di pittura fluorescente, poi indicano le loro scollature generose. Mi poggio allo stipite con la spalla, prima di torturare il filtro della sigaretta con i denti.
«Fate da sole quest'anno.»
Lo spettacolo delle loro tette compresse inizia ad annoiarmi, così sollevo lo sguardo.
E poi la vedo.
Mi porto una mano al girocollo della felpa come per allentarlo, muovo due passi all'interno del salone afoso e strizzo le palpebre per mettere a fuoco le sagome che si modellano nella penombra.
«Fa caldo o sono io?»
Mi accorgo di averlo domandato ad alta voce perché un ragazzo dietro di me risponde.
«Oh no, non sei tu... è quella.» Sta fissando June da lontano.
Mi sfilo la felpa rapidamente.
«"Quella" ci sarà tua madre quando piangerà sulla tomba del povero figlioletto fatto a brandelli.»
«Eh?» Il tizio indietreggia, osservandomi stralunato.
«Ti strappo gli occhi a morsi se la guardi. Così sono più chiaro?»
Lui muguna qualcosa con i suoi amici, poi si allontana.
Passo la felpa da una mano all'altra, con fare nervoso, intanto mi avvicino a June che parlotta insieme a Poppy e altre ragazze.
Un sorrisetto sghembo fa capolino sul mio volto, quando mi accorgo che June seguita muovere la testa bionda per guardarsi in giro. Mi sta cercando.
Compio una mezzaluna intorno alla sua figura e le arrivo alla nuca. Non dovrei lo so, ma lo faccio. Affondo il naso tra i suoi lunghi capelli sciolti e inspiro.
«Sai...»
Lei sgrana gli occhi.
«Pensavo ti arrendessi, invece è tutta la sera che mi cerchi.»
A quel punto la sento sorridere, curva di poco il collo e fa per voltarsi, ma io le poso una mano sulla vita e la fermo.
Quel tocco sfacciato le provoca un sussulto, con la lingua s'inumidisce le labbra turgide, rosee e prive di rossetto.
Lo fa in modo sensuale, senza nemmeno accorgersene.
«Dovresti saperlo che...» Il mio labbro inferiore sfrega caldo contro il suo lobo.
«Sono sempre io a trovare te.»
Lei resta muta, immobile.
Io ho il cuore che mi scoppia nel petto.
«Perché non parli?»
E quando si gira verso di me, io non capisco più un cazzo.
Le gambe fiacche sembrano reggermi a sento, mi ancoro con entrambe le mani ai suoi fianchi. Porto i nostri corpi a collimare, sento il suo seno morbido rimbalzarmi sull'addome che s'inturgidisce al solo contatto.
Lascio che i miei occhi lambiscano la sua figura modellata da curve prorompenti, le labbra tumide si schiudono e io scendo a cercarle come un disperato. Fa un caldo insostenibile, le mie mani bruciano sul suo corpo fasciato dal vestitino nero. Con la punta della lingua spingo la gomma alla menta al lato della bocca per liberare lo spazio necessario e mettere fine a quest'attesa.
«Ero con Jasper oggi.» sussurro mentre il mio labbro superiore picchietta il suo, lo accarezzo con la bocca schiusa, chiedendone l'accesso.
«Lo immaginavo...» sospira lei prima di concedermi la lenta tortura di un lungo bacio a stampo.
La vedo chiudere gli occhi e in quel momento non riesco più a resistere, la mia lingua serpeggia sulle sue labbra rigonfie, le lecco smaniosamente, prima di penetrarle con una slittata avida e bramosa.
Le nostre lingue si scontrano creando un'esplosione sconvolgente e si uniscono nell'armonia scostante di una danza ormai conosciuta, di un movimento fluido che mi scalda il cuore.
«No, tu credevi che io facessi lo stronzo come sempre.»
June a quel punto annuisce, trattenendo a stento un sorrisetto.
«Ma non lo sono, lo sai.»
«Come sempre l'umiltà è la tua più grande qualità.»
«No, Biancaneve. Sai che non è quella mia mia più grande qualità»
«James...» Diventa rossa in volto, ma questo non le impedisce di prendermi per il culo.
«Veramente io non ho ancora potuto assistere a queste grandi qualità...»
Sorridendo le soffio sul collo, infliggendole un brivido lungo la gola. È allora che mi accorgo di quanto oggi appaia più alta del solito, infatti arriva facilmente alla mia guancia, che mordicchia di baci a stampo.
Sento bruciare gli occhi dal caldo e la gola farsi più arsa. Nel buio non riesco a scorgerle le cosce nude, né a capire se indossa dei tacchi.
«Cos'è...La rivisitazione di una nuova fiaba?»
La voce affilata di Taylor mi ronza nelle orecchie. «La principessa Hannah Montana e Atlas il senza tetto?»
Lei ridacchia vedendomi a torso nudo, mentre June è perfetta. Nemmeno Taylor la disdegna, anzi, le lancia un'occhiata interessata.
«Andiamo fuori?»
Le levo una ciocca dal viso con il pollice, mentre lei mi scruta con sguardo diffidente.
«Fuori dove?»
«Vieni.»
La trascino via da quel salone che rimbomba di musica e di gente barcollante. Dietro alla libreria a muro del padre di Scott si nasconde l'ingresso ai sotterranei.
«Sembri conoscere bene i segreti di questa villa.» mi punzecchia lei.
Aiuto June a scendere le scale che portano in basso, poi attraversiamo un corridoio buio, illuminato a stento da qualche lampadina muro.
«Fa paura. Senti che freddo» bofonchia stringendosi al mio braccio.
«Sono cunicoli scavati nel terreno, per questo mettono il riscaldamento al massimo.»
Sembra rapita dalla sfilza di porte che si susseguono lungo quelle strettoie sotterranee.
La tengo per mano quando lei ad un tratto si ferma e mi spinge contro una parete scura.
La musica pulsa con violenza nelle mie orecchie, non riesco a fare altro che posarle una mano sul viso, accerchiandolo. È lì che, sotto al palmo, avverto la sua guancia gonfiarsi ad intermittenza per la violenza con la quale mia lingua l'esplora la bocca.
Mentre continuiamo a baciarci, la mia mano scende inevitabilmente sul suo culo, lei sembra trasalire quando glielo strizzo con forza e la spingo contro di me facendole sentire quanto il mio corpo diventi rigido nello starle vicino.
«June...»
«Cosa?»
Nel buio le sue guance rosate risplendono, ogni tanto passa qualche gruppetto di ragazzi e lei si fredda all'improvviso, mentre a me non me ne frega un cazzo.
Vedo solo lei in questo momento.
Sento solo lei. E le sue mani inesperte che mi accarezzano l'addome nudo, mandandomi fuori di testa.
«Piano.» l'ammonisco sorridendo.
Lei sorride di rimando, ma non si ferma.
«Stai continuando...»
«Non sto facendo niente, ci stiamo solo baciando James»
«Sì, certo. Ci stiamo...»
La mia mano scivola tra le sue cosce piene e calde.
June sgrana occhi quando, senza curarmi minimamente del luogo in cui ci troviamo, le mie dita s'inerpicano fino a sfiorarle le mutande. È umida.
«....Solo baciando, eh?»
Lei mi spintona via, mentre io sto già sogghignando.
«Stronzo.»
Mi massaggio il viso, provo a fingere disinvoltura, quando in realtà mi stanno scoppiando i pantaloni. E non solo.
Il suo seno si muove ritmico e sinuoso sotto al vestitino e così il mio, segno che entrambi abbiamo il fiato cortissimo.
Siamo ad un punto di non ritorno, forse lei non sa come funzionano queste cose, ma io... io lo so benissimo. Se continuiamo a baciarci e a toccarci in questo modo, finiremo per fare sesso nel primo luogo che capita e a me non va affatto.
«Andiamo fuori, ho bisogno d'aria.» le dico indicandole la fine di quel lugubre corridoio.
«Sì, va bene»
È lei a prendermi la mano, causandomi un sopracciglio innalzato.
«I genitori di Scott sono tipi strani, vero?»
«Direi. Chi è che farebbe costruire cunicoli sotterranei sotto casa propria?»
«Non è illegale?»
Scoppio a ridere per la sua ingenuità e prima di uscire, sfiliamo dinnanzi ad uno stanzino pieno di provviste. La porta è spalancata ed è inevitabile buttarci uno sguardo dentro.
«Cosa sono?» domanda lei indicando dei razzi ammassati dentro ad alcune confezioni di cartone impilate le une sulle altre.
«Fuochi d'artificio. L'importante è che non li veda Will.»
«Perché?» June appare spaventata nel porre quel quesito. E non ha tutti i torti.
«Secondo te?»
Scoppiamo a ridere, sapendo entrambi quanto sia imprevedibile William Cooper.
«Come sta dopo ieri?»
«Ha vomitato l'anima e oggi era di nuova pronto per ricominciare» sputo infilandomi felpa quando siamo ormai in giardino.
«Hai freddo?» le chiedo.
Lei mi porta entrambe le mani sui fianchi per aiutarmi a far scendere la felpa sul torace, poi scuote il capo.
«Non ho freddo...» compie una pausa, mentre i miei occhi restano pesanti sulle sue dita, impigliate ai muscoli del mio torace.
«Scusa» la sento bisbigliare.
«Puoi toccarmi quanto vuoi, non scusarti.»
Sussurro dall'alto, lei solleva il mento e i nostri sguardi si fondono, colmi di bramosia.
«Vieni, voglio parlati.»
La mia frase però, sembra scivolarle addosso come acqua fresca, perché la vedo avvicinarsi ad un tavolo imbandito nel bel mezzo del cortile.
«Prima prendo da mangiare. Ho fame.»
Annuisco, mentre lei torna con un piatto straboccante di cibo.
«Io e Poppy abbiamo portato un po' di provviste per la serata. Marvin mi ha fatto promettere di rifare la pizza.»
Sbuffo controvoglia, June invece si siede sul muretto confinante alla ringhiera che circonda il giardino. Io mi accomodo poco più in basso, sull'erba.
Estraggo dalle tasche dei pantaloncini il tabacco per farmi una sigaretta, lei intanto finisce la pizza, poi abbandona la guancia sulla mia spalla, senza mai smettere di stringermi il braccio. Sta ancora seduta alle mie spalle quando affonda una mano nella manica della mia felpa.
«Se penso che quei delinquenti potevano farti fuori...» la sento bisbigliare sopra al brusio delle auto che si mescola al lieve venticello serale.
Porto la sigaretta nella mano sinistra, così libero la destra per circondarle le cosce. Lei mi guarda mentre incamero una lunga boccata dalla sigaretta appena accesa, infine sputo il fumo verso l'alto, provando a non macchiarle i capelli di quella nube tossica.
Vorrei dirle tante cose, ma non so come fare. Non me sono capace.
«Sai perché non mi fa paura la morte, Biancaneve?»
La mia domanda le causa un cipiglio breve, distende la fronte fissandomi attentamente.
«Sentiamo.» erompe lei scivolando in basso con le ginocchia, fino a sedersi di fianco a me, sull'erba.
«Tutto ciò che amo finirà per uccidermi.»
Lo mormoro sottovoce, mentre i miei occhi avidi vagano indisturbati sulle sue labbra, ancora gonfie dei miei baci.
Mi basta curvare di poco il viso per incontrare il suo profumo ed il suo collo, così vicino al mio. Nonostante la luce del sole sia ormai calata, non posso fare a meno di notare il colore purpureo che hanno cominciato ad assumere le sue guance.
«Che vorresti dire...» accenna mordendosi il labbro inferiore con impazienza.
«La droga, l'alcol...»
Le mostro la sigaretta accesa, salda tra indice e medio.
«Il fumo...»
E le ragazze dalla battuta pronta e gli occhi di ghiaccio.
«Beh, vedila così... Almeno, secondo la tua teoria, morirai felice.»
June arriccia il naso, modellando il viso in un'espressione buffa, poi si fa immediatamente seria.
«Ovviamente io non la penso così, secondo me dovresti smett....»
E prima che possa aggiungere altro, la bacio.
Mi sporgo verso di lei, quanto basta per incontrare il lato della sua bocca ricurva. Inizio a giocherellarci, lasciando che la mia lingua s'insinui lenta tra le sue labbra grandi, morbide e calde.
Lei affonda una mano tra i miei capelli, scompigliandoli appena, si assicura una presa decisa e, senza slegare il nostro bacio, con l'altra mano mi ruba la sigaretta dalle dita, immergendola nella terra con l'intento spegnerla.
Invece che arrabbiarmi per quel gesto sfrontato, prendo a sorridere come un coglione, mentre le nostre labbra si modellano le une sulle altre.
«Guardati...»
Mi diverte prenderla in giro e quando lei torna a leccarmi il labbro inferiore con una lieve passata di lingua, io non posso farne a meno di ricordare i momenti che abbiamo trascorso insieme.
«Volevi uccidermi con il coltello del pane e ora non riesci a staccarti dalla mia bocca.»
Il pizzicotto che lei mi assesta sul fianco è così forte da farmi sobbalzare.
«Stronza, mi hai fatto male.»
«Così magari impari a non dire volgarità.»
«Quali volgarità, scusa? Siamo in pubblico, non direi mai volgarità» la canzono indicando, poco distanti, gli altri ragazzi, accerchiati intorno ad un fuocherello appena acceso.
«Certo, James. Come se non ti conoscessi...» Mi guarda di storto.
«Ma se vuoi cominciare tu...»
Seguito a provocarla, senza smettere con il tira e molla di baci.
Mi accosto al suo collo affusolato che emana un profumo divino.
Con la mia solita sfacciataggine, passo la lingua ruvida a segnare la lunghezza della sua gola. La pelle tenera si bagna di me e lei stringe le cosce sotto al vestitino nero.
Pianto la mano in mezzo alle sue gambe, sento la carne tremare appena. E non riesco farne a meno, è come una droga. Ho il cervello inondato. Completamente assuefatto da lei. Dal suo profumo che ormai mi ricorda casa e dai suoi lunghi capelli che, dapprima fluenti, sembrano perdere ogni compostezza dopo averla ingaggiata in una lotta di baci ed effusioni languide.
«James... non siamo soli.»
La mia mano arresta presto la corsa disperata in mezzo alle sue gambe. Insinuo la punta delle dita più in profondità, tra le cosce serrate. Ne avverto il calore senza nemmeno toccarla.
E a farmi quell'effetto è anche la sua voce. Sempre accennata, quando pronuncia qualcosa di cui non è realmente sicura, ma decisa, se invece la faccio arrabbiare.
«Che hai adesso?»
Ora è lei a prendere in giro me.
La sto guardando come un idiota che ha perso le parole.
June curva le labbra piene, hanno un colore così vivo da illuminarle il viso. E poi quegli occhi... Mi abbagliano ogni volta che mi guardano con tutta l'intensità di cui sono capaci.
Perché mai nessuno mi ha guardato così.
Lussuria, compassione, desiderio.
Questi i sentimenti che ho potuto scorgere negli occhi delle le ragazze che ho avuto sotto di me, quando capitava che i nostri occhi s'incontrassero. Altrimenti erano solo capelli, labbra e corpi. E lo stesso ero io per loro. Nonostante ci provassi a cercare qualcosa di più, finivo per non trovarlo e per mantenere sempre una distanza di sicurezza dagli altri. Probabilmente per non venire ferito ancora.
June continua a fissarmi, forse si aspetta una risposta.
«Sto riflettendo.» erompo di getto.
Un cipiglio curioso le si disegna in volto.
«Posso essere partecipe dei tuoi pensieri?»
«Sto pensando ad una cosa sulla quale non avevo mai riflettuto.»
«Dimmi. Voglio sapere, James.»
«Mi chiedo perché io mi sia sempre infilato in situazioni intime con persone sentimentalmente non libere.»
Ripenso ad Ari, era la ragazza di Brian. E per me lo era anche mentre la scopavo. Forse inconsciamente sapevo che fosse presa da lui e non si sarebbe mai innamorata di me. Ed è lo stesso motivo che mi ha spinto a restare legato a Taylor così a lungo.
Con il suo carattere forte mi ha sempre tenuto testa ma non mi ha mai dimostrato un minimo di affetto. E lo stesso è stato per sua migliore amica, perché Tiffany non provava nulla per me e non l'avrebbe mai fatto.
«Secondo me è un meccanismo di auto difesa. Se una persona è già innamorata di un'altra, vai sul sicuro. Sai che sarà solo una cosa fisica e che non intaccherà i sentimenti.»
Torturo il mio labbro inferiore massaggiandolo con indice e medio.
«L'hai imparato leggendo i tuoi libri da santarellina?»
«Cretino, no. È che se vieni ferito, il tuo cervello ricorda il dolore e scatta un meccanismo di autodifesa.»
«Per questo non dici mai come ti senti realmente?»
La mia domanda arriva troppo diretta, tant'è che lei china immediatamente la testa verso il basso.
«Cazzo.» La delicatezza l'ho lasciata nella vagina di mia madre quando sono nato.
«Scusa non volevo...»
«Comunque con me all'inizio hai fatto uguale, James» la sento cambiare discorso, quindi decido di assecondarla.
«Cos'avrei fatto con te?»
«Non riuscivi a smettere, mi stavi sempre intorno...»
«Ah io, eh....»
Lei sorride.
«Lo sapevo che Will non ti avrebbe tenuta stretta e ti avrebbe allontanata prima o poi...»
Inizialmente predominava il fastidio di vederli insieme e la voglia di separarli. E non perché, come sosteneva William, June mi ricordasse i miei sensi di colpa per la ragazza morta, la verità è che conosco il mio migliore amico. Sapevo che avrebbe fatto cazzate e credevo sarebbe stato lui a soffrirne di più, poi però ha continuato ad uscirci insieme...
«Tu hai continuato a tenermi testa e di certo non mi eri più indifferente.» confesso tra i denti. June però non appare particolarmente sorpresa.
«Ero una sfida?»
Era la mia voglia di proibito. Solo che stavolta avevo fatto male i miei calcoli. Pensavo che a renderla interessante fosse la noia, quella di farmi sempre le stesse ragazze, ma non era così.
«Sai che mi saresti stata meno sul cazzo se non avessi provato a rompermi il naso?»
«Sai che potevi evitare di sputarmi il tuo stupido fumo in faccia tutte le volte che mi vedevi?»
Scoppiamo a ridere all'unisono.
«O essere maleducato come una spina nel fianco?»
«Non ti eccitava nemmeno un po', certo...»
«No, affatto James.» ribadisce seria.
«Ti giuro, non capivo come potessi essere così crudele senza nemmeno conoscermi.»
Corrugo la fronte.
«Beh non mi pare ti abbia dato poi così tanto fastidio, infondo.»
Lei s'indispettisce un po' per il mio modo di fare troppo rude. Ormai ho imparato a conoscerla e so che è permalosa. Se potesse me li rinfaccerebbe ancora, quei modi del cazzo che ho avuto con lei.
«A che pensi?»
«Che ti ho trattata di merda, tu però non te ne sei andata.»
«Te l'ho promesso...» sussurra con un filo di voce, come se ammetterlo a voce alta spezzasse l'incantesimo della sua presenza accanto a me.
«No, intendo... prima. Ti avevo detto più volte di starmi lontana, tu invece hai aiutato Jasper con le ripetizioni, sei stata vicino a Will quando ti ha raccontato della sua malattia, sei stata anche leale con Jackson, mantenendo il suo segreto...»
«Ma lo vedi come sei, James?» esclama schietta.
Dà una scrollata col capo, questa volta appare seriamente incredula.
«Come?» domando strofinandomi la nuca con fare confuso.
«Quando tu vuoi ringraziare qualcuno che ti ha fatto del bene, non parli di te, parli sempre degli altri. E come se il bene di William, Jasper e Jackson venisse prima. Sempre.»
«Loro sono l'unica famiglia che ho.» ammetto sottovoce. «E...»
Torno a riacciuffarle la mano che è schizzata via dalla mia, quando ha cominciato ad arrotolarsi le ciocche di capelli dietro all'orecchio. La mia vicinanza la innervosisce ancora.
«Tu ha saputo vedere qualcosa...»
La sue dita tremano attorcigliate alle mie, mentre le nostre labbra si uniscono in un bacio a stampo.
June però sembra aver fretta di slegarlo per ricominciare a parlare.
«No, James. Io ho visto quello che è sotto gli occhi di tutti. Solo che gli altri sono troppo occupati con i loro problemi per rendersene conto.»
E un pensiero stupido fa capolino ogni volta che lei sorride e i miei occhi rimangono incastrati nelle fossette che le bucano le guance.
Credo sia una probabilità statistica: se le fossette abbiamo entrambi, di certo anche i nostri figli le avranno.
Ma che cazzo di pensieri faccio?
Mi passo una mano sulla guancia con fare nervoso.
Di norma, quando una ragazza sorride, io penso alla forma delle sue labbra, a come starebbero bene intorno al mio cazzo, ma ora ho già sorpassato quella fantasia.
Sto perdendo me stesso.
E vorrei perdermi dentro di lei.
Non per sfogarmi o perché non scopo da trentasette giorni, ma perché... è lei.
Quella realizzazione mi lascia con la fronte corrucciata e la bocca socchiusa per qualche istante.
Che mi sta succedendo?
È lei il motivo.
E io non sono abituato a tutto questo.
C'è sempre stato prima il bisogno, l'urgenza di fare sesso, e poi la scelta delle persone. Era una conseguenza secondaria, mai una priorità. Ora è lei la prima cosa che vedo.
Il sesso, i preliminari o qualsiasi altra cosa, arrivano in secondo piano.
Perché se avverrà, voglio avvenga solo con lei.
Le mie labbra assetate cercano le sue, lei mi concede un piccolo assaggio. Uno scontro morbido, poi si allontana.
«Se non mangi, niente baci.» mi ammonisce indicando la pizza con aria di sfida.
Sbuffo. La pizza. Di sera. Non mi sto nemmeno allenando in questi giorni. Ma come glielo spiego?
JUNE
James passa dal farmi battutine maliziose a starsene in silenzio come se qualche strano pensiero l'avesse appena colto alla sprovvista. Mi chiedo cosa gli frulli in quella testa, ma tanto è inutile domandarglielo, non me lo direbbe mai.
«T'imbocco io se non mangi.» sputo risentita.
Ci ho messo tutta la sera a preparare la pizza, l'impasto l'ho lavorato dal pomeriggio e lui non ne vuole nemmeno una fetta.
«Non lo faresti mai...» mi provoca infilandosi una sigaretta in bocca.
«Non sfidarmi James, lo faccio e ti metto in imbarazzo davanti a tutte le tue amichette.»
«Quali amichette?»
«Quelle che ci stanno fissando da più dieci minuti»
Indico gruppetto di Stacy e Bonnie che da lontano non smettono ridacchiare per ogni ragazzo che passa loro davanti.
«Non sono mie amiche.»
«Già, ci manca un pezzo»
Lui solleva un sopracciglio.
«La scopa»
Inizia a tossire il fumo della sigaretta, perché una risata repressa prende a mangiargli la gola.
«Cazzo, non le ho calcolate di striscio per tutta la sera... Ma tu non riesci a farne a meno.»
Resto in silenzio a fissare le sue guance lievemente bruciate dal sole dei giorni precedenti. Pensavo non esistesse al mondo ragazzo più bello di lui, ma ora che ho davanti la sua versione abbronzata, devo assolutamente ricredermi. I capelli appena schiariti dal sole gli cascano ribelli sulla fronte, mentre i suoi occhi affilati come due coltelli color zaffiro mi inchiodano tutte le volte che mi guarda con quella intensità di cui solo lui è capace.
«Sei fottutamente possessiva.» sorride addentando un pezzo di pizza.
Lo fa controvoglia, ma lo sta facendo.
Uno a zero per me.
«Ti stanno mangiando con gli occhi da quando siamo arrivati.» soffio infastidita «Ma tanto non te ne accorgi nemmeno, per te è la normalità.»
«Si stanno solo divertendo, è una festa.» solleva le spalle James, prima di corrucciare le sopracciglia con l'intento di studiare la mia espressione.
«Già, una festa...»
Ma loro sono già ubriache e non sanno cosa sia il contegno. Continuano a fissarci e parlottare tra di loro. Cos'avranno mai da dirsi poi?
«Che t'importa di loro? A me proprio un cazzo, quindi non vedo perché debba preoccuparti...»
«Le ho sentite sparlare di noi ieri.»
«Noi?»
Ops
«Me e te.» Mi correggo immediatamente.
Ma James sta già sogghignando per la mia reazione affrettata. Probabilmente sono anche arrossita nelle guance.
«Finiscila. È solo un pronome.» minimizzo. «Prima persona plurale»
«Guarda come ci tieni a definire un pronome...»
Le sue fossette per un attimo mi distraggono.
«Smettila James.»
Fingo un broncio, mentre lui mi agguanta dall'avambraccio per portarmi contro il suo petto.
«E cosa dicevano?»
«Che non durerà, non andrà avanti per molto, che sono l'ennesima poverina...»
James scrolla il capo senza smettere di apparire divertito, io invece m'impunto seria.
«Hai da obiettare?» lo provoco.
«Non andrà avanti per molto, Biancaneve?» scimmiotta le mie parole.
Lo vedo mordersi il labbro inferiore per poi accostare il viso alla mia guancia. Il suo respiro di menta e sigaretta divampa a contatto con il mio collo.
«Cazzo, va avanti dalla prima volta che ti ho vista.» sussurra nascondendo la bocca dietro al mio orecchio, dandomi i brividi.
Tento di mantenere una compostezza che però è davvero difficile da reggere, quando lui mi è così vicino.
«Non è vero, James. Ora dici così, ma...»
«Non sfidarmi White. O vado a dire a Bonnie tutto quello che abbiamo fatto. Vediamo se la pensano ancora così.» sussurra roco.
«L'avrai fatto anche con lei, no?» lo provoco.
«Ci sono cose che non ho mai fatto con nessuna.» Lo vedo leccarsi le labbra prima di scoccarmi una densa occhiata, che parte dai miei occhi fino a scivolare tra le mie cosce.
«James...»
«E non parlo di solo di quello.»
Mi discosto appena dal suo corpo e lo sfido con uno sguardo deciso.
«Parla, non posso leggerti nella mente.»
Incrocio le braccia al petto, mentre lui è intento a chinare il capo per celare un sorrisetto.
«June, lo sai di che parlo.»
«No, non lo so....»
«Sì.»
«No.»
«Sì invece, lo sai benissimo.»
«No invece io....»
James si avventa su di me obbligandomi a sdraiarmi sull'erba umida di brina notturna.
«Non ho mai dormito con nessuno, non sono mai stato al telefono ad aspettare che qualcuno si addormentasse. Non ho mai fatto nulla di tutto questo per una ragazza.»
Le nostre labbra s'incollano come cosparse di miele.
«E quello che ho fatto per te... Correre sotto al sole...»
«James...»
«Lasciami finire.»
James assume un ampio respiro, il suo torace largo si riempie sotto alla felpa.
«Quello, lo rifarei altre mille volte. Solo per te.»
Arriccio le dita tra i suoi capelli mossi, godendone della morbidezza.
«James quello che hai fatto per me è valso di più di ogni parola. Hai dimostrato il tuo altruismo...»
«No.»
Sollevo sopracciglio, stranita.
«Stavo di merda. Non sarei riuscito a continuare per nessun altro»
«Ti conosco, l'avresti fatto per Jasper, per Jackson, per Will...»
Lo vedo rifletterci su.
«Okay l'avrei fatto per un paio di persone, ma ...»
Con una mano sulla nuca lo invito ad abbandonare la fronte sulla mia.
«Hai dimostrato quanto realmente tieni a me. E "grazie" non sarà mai abbastanza.»
«June...»
James si ferma, ma il suo labbro inferiore sta tremando.
«Io...»
Il cuore compie un balzo inatteso. Una scarica di vertigini prende a riempirmi il petto e la testa inizia a vorticare piacevolmente. Sento la mia gola completamente inondata del battito del mio cuore.
Con il pollice mi sfiora il labbro e io credo di non riuscire più a respirare per l'emozione.
«Prendetevi una camera.»
William borbotta quelle parole, passandoci di fianco insieme a Marvin.
Le mie guance avvampano. James si solleva e io mi rendo conto che stava letteralmente sopra di me fino a cinque secondi fa.
«June, i ragazzi hanno divorato tutta la tua teglia, a voi n'è avanzata?»
«Ancora tutta lì» sbuffo controvoglia, costatando che James ne ha dato solo un morsino.
«È l'ultima festa prima di un mese di sole verifiche e interrogazioni» Marvin si schiarisce la gola senza scollare gli occhi dal piatto. «Venite a farci compagnia?»
«Prendi quella fottuta pizza e levati dal cazzo, Marvin.»
«James!» ci indispettiamo io e Marvin all'unisono.
Lui in tutta risposta scrolla capo con fare nervoso.
«Sei così teso in questi giorni...» realizza l'amico.
«Ciao Marvin.» taglia corto James per levarselo di torno.
«Dai sempre consigli saggi agli altri, ma l'unico che dovrebbe farsi una sana scopata qui sei tu.»
Scoppio a ridere ma James, permaloso com'è, non gradisce.
«Stai ridendo?»
«No.»
«Sul serio? Stai ridendo di me?»
James a quel punto lascia passare un braccio poco sopra ai miei fianchi e prende a farmi solletico.
Casco nuovamente con la schiena sul prato.
«Scusa.» bisbiglia poi, quando gli altri si sono già allontanati.
«Per cosa?»
«Non ti da fastidio?»
Indica i miei capelli sparpagliati nell'erba e comincia a districarli dai rametti che vi sono finiti in mezzo.
«No, perché dovrebbe?»
Il bacio a fior di labbra m'induce a chiudere gli occhi, ma nello stesso tempo divido le gambe tra loro perché James vi preme in mezzo e il mio vestitino inevitabilmente si solleva sulle cosce.
«Se vuoi possiamo seguire il consiglio di Marvin e stare insieme a loro»
«Va bene.»
«Anche perché qui mi faccio solo del male» ringhia lui premendo il bacino duro contro le mie mutande.
Così ci alziamo in piedi e, mano nella mano, raggiungiamo gli altri ragazzi.
«Il gioco si chiama Roulette.»
«Roulette cosa?» Si lamenta Taylor con aria pretenziosa.
«Roulette e basta. Ad ogni turno avrete davanti tre bicchierini di liquido trasparente: due saranno di Tequila e uno conterrà dell'acqua. Vince chi riesce a bere meno alcol. O forse di più? Insomma, dovete indovinare...»
Io e James siamo ancora in piedi l'uno di fianco all'altro quando udiamo la voce di Marvin che prova a spiegare il gioco, seguito da un vociferare sostenuto.
«Non ha senso, lo sai vero?» lo rimbecca Poppy.
«È solo un modo per ubriacarsi» spiega lui sottovoce.
«Senza scannarci. Anche perché qualsiasi "Non ho mai" creerebbe la terza guerra mondiale qui.» sbotta Taylor lanciando un'occhiataccia a James.
«Già, sono sicura che per te il "Non ho mai" ora sia diventato noioso, dato che ormai le hai fatte tutte.»
Tiffany punzecchia Taylor, ma osserva Brian di sbieco.
«Tu? Parli tu? Lo sai che tutto ciò che potrei fare io, non sarà mai grave quanto quello che hai fatto tu, alle mie spalle?» l'assale la bionda.
«Ragazze.» Brian prova a fare da mediatore, ma loro due si voltano verso di lui per aggredirlo all'unisono.
«Sta' zitto.»
Le vedo discutere tra loro, poi Tiffany si alza e se ne va arrabbiata, forse punta nell'orgoglio, ferita.
Vedo James inseguire la mora con lo sguardo e io faccio lo stesso.
«Vado a parlarle un attimo.» sussurro sottovoce quando mi accorgo che Tiffany è uscita dal cancello e nessuno ha mosso un dito per seguirla.
«Sai qual è la cosa peggiore? Che ha ragione. Non dovevo farmi James, era l'unica regola» la sento esclamare nel buio, mentre fuma nervosamente.
«Beh, vedila così... Tra Taylor e James, per nessuno dei due era un rapporto esclusivo.»
Provo a farla ragionare, ma Tiffany continua a fare cenno di no con il capo, morsa dai sensi di colpa e convinta di ciò che sta dicendo.
«June, io sono la sua migliore amica...»
Mi avvicino un po' di più alla sua sagoma e a quel punto mi rendo conto che, stretta nel suo gubbino di pelle, Tiffany esibisce due occhi neri e lucidi.
«Hai sicuramente sbagliato, Tiff. Ma... James ti piaceva» mi stringo nelle spalle provando a dissimulare il dolore lancinante che mi provocano queste odiosissime scarpe nuove.
«Sì, mi piaceva come persona. Mi piaceva passarci il tempo insieme, ma non avremmo dovuto varcare quella soglia. C'è da dire che con lui è... difficile. Lo saprai anche tu e...»
Chino il capo e Tiffany se ne accorge.
«Oh... Vuoi dirmi che non avete ancora...?»
«No.» sbuffo sfilandomi prima una scarpa, poi l'altra. Perdo dieci centimetri all'istante.
«Nemmeno in questi ultimi giorni? Dopo quello che ha fatto ...»
«No.»
«Stai aspettando che Jamie torni vergine?» mi prende in giro, causandomi un sorriso.
«Ma no. Voglio...Vogliamo aspettare il momento giusto. Per entrambi.»
Tiffany annuisce, prova a passarmi la sigaretta che però rifiuto categoricamente.
«Mi rende felice sapere che James ha incontrato te. Perché vi meritate. Perché riuscite a vedere quanto valete. Te l'avevo detto che qualcuno prima o poi l'avrebbe fatto.»
Sorrido alle sue parole, costatando quanto Tiffany sembri poco in sé in questo momento. Si asciuga una lacrima che le segna lo zigomo e io mi stranisco ancora di più.
«Sei diventata sentimentale?»
«No. Cioè sì. Ultimamente sono un po' emotiva» spiega frettolosamente.
Tiff mi lancia le sue braccia magre intorno al collo e dopo esserci scambiate un abbraccio, torniamo dagli altri. Il gioco non è ancora iniziato, ma gli animi sono già accesi.
«Secondo me un bel "Non ho mai" è quello che ci vuole...» ridacchia James divertito dalla faccia di Brian, chiaramente a disagio.
«Non ti conviene, non vorrai che June debba sentire tutte le cazzate che hai fatto negli ultimi anni»
«Grazie Brian, ma penso di esserne al corrente» rispondo prontamente.
Il moro solleva le iridi smeraldine colpendomi in pieno.
«Oh buon per te. Almeno sai a cosa vai incontro.»
«Tu continua a parlarle in quel modo, poi vediamo a cosa cazzo vai incontro» sputa James a quel punto.
È seduto sul prato insieme agli altri ragazzi e quando mi avvicino, allarga le gambe per farmi spazio. Fa scorrere il suo braccio possente intorno alla mia vita, come per attirarmi al suo petto, o forse rassicurarmi. Avverto qualche brusio di sottofondo ma questo si dissipa non appena Marvin prende la parola.
«Okay basta. È avanzato dell'alcool, quindi dobbiamo finirlo tutto»
Taylor si porta una mano alla fronte.
È innegabile, la situazione è divenuta strana tra lei e Brian: s'ignorano palesemente, mentre lui non fa altro che muovere il collo a destra e a manca, cercando qualcosa, o forse qualcuno. Poco dopo mi accorgo dell'arrivo di Amelia e Ari.
Brian reclina il capo immediatamente e uno strano pensiero comincia a mordermi lo stomaco. L'amore tra due persone passa per davvero? Si spegne? Perché sembra che a lui importi cosa faccia o dica Ari, ma al suo cuore no?
Le ragazze si siedono accanto a noi e quando Ari inizia a sfregarsi le braccia dal freddo, vedo Brian portarsi una mano sulla zip della giacca, poi però la stessa mano si stringe a pugno, sembra quasi pentito di quel pensiero protettivo.
Lei ignora i ragazzi, ignora persino William e resta vicino ad Amelia per tutta la durata del gioco.
Io, dal canto mio, tendo una mano a Marvin, quando questo mi passa un bicchiere.
«Aspetta un attimo... Che stai facendo?»
James prende a solleticarmi la nuca con la morbidezza delle labbra piene. Rabbrividisco al contatto con il suo respiro.
«Gioco.»
A James sfugge un mugolio di disappunto.
«Vuoi dirmi che stasera allora non...»
«Divertiamoci ora, non pensiamo a dopo...»
«Mi sa che ti ho contagiata con la mia filosofia» mi prende in giro Marvin.
Quando mi volto, James alle mie spalle lo sta fissando in cagnesco, ma alla fine cede e decide di partecipare al gioco.
Così seguitiamo a bere e dopo qualche bicchiere di troppo, inizio a vederci doppio.
«Will?!»
La voce di James esce più acuta del previsto. L'amico arriva con un borsone da calcio dal quale sbucano bussolotti di cartone dall'estremità appuntite.
«Cos'è quella roba?» domando io, completamente ignara nel vedere degli strani triangolini di cartone colorato tra le mani di William.
«Non è pericoloso?» si allarma Marvin.
«Ma figurati» replica l'altro.
«Sono fuochi d'artificio? Seriamente?»
Jackson punta Will dall'alto, mentre James indurisce i lineamenti del viso.
«Ti sembra capodanno cazzo? Dove li hai presi?»
«Con i soldi che mi rimanevano.»
«Li hai presi in un negozio autorizzato? Sono legali?»
L'inquietante sorrisetto di William mi fa rabbrividire, dei fremiti gelidi prendono a rincorrersi lungo la mia spina dorsale.
«Tu sei tutto pazzo.» sentenzia Jackson.
William non gli dà ascolto, ma esce dal cancello e si allontana in strada.
La testa mi vortica pericolosamente.
«June...»
Sono ancora seduta davanti a James, quando lo sento sussurrare il mio nome, con voce così calda da farmi tremare le ginocchia.
«Che c'è?»
«Sono un po' un ubriaco.»
«Me n'ero accorta, smettila d'infilarmi la lingua nell orecchio.»
«Perché me le servi sempre... Lo fai apposta?»
«Ti lascio col dubbio.»
James inizia a ridere e io capisco il perché solo quando torna a parlarmi.
«Avevi sputato nei pancake quella volta?»
«No, anche perché ti avrebbe solo fatto piacere»
«Che stronza...»
Stavolta però, la sua bocca compie una traiettoria proibita, arrivando ad assaggiarmi il lobo dell'orecchio per poi leccarmi la gola. Vorrei dirgli di smetterla, invece stringo le gambe quando spinge la sua erezione pressata nei pantaloncini, contro il mio sedere.
«James non siamo soli.»
Lo vedo lanciare alla testa all'indietro mentre un'espressione sofferta gli segna i connotati.
«Purtroppo, cazzo.»
Poi si alza in piedi di scatto.
«Dove vai?»
«Vado a dare un'occhiata a Will e controllare che non perda un dito. Tu resta qui con Poppy.»
Annuisco, ma il gioco è già finito e io vengo presto trascinata da Poppy a ballare insieme alle altre ragazze. Mi accorgo di aver bevuto un po' troppo quando Poppy mi chiede delle mie scarpe e io non ho una risposta da darle.
«Le ho lasciate...»
Le parole scivolano nel vuoto, quando noto due occhi assottigliati marchiarmi da lontano. James seguita a fumare e non mi leva occhi di dosso nemmeno per un secondo.
Ma il colpo di tosse arriva secco, non appena Tiffany mi posa mano sulla spalla.
«Il ballo è finito.» sentenzia la voce rauca e maschile di James.
«Che c'è? Fino a qualche settimana fa ti piaceva quando ballavamo insieme»
James mi afferra dal polso e mi allontana da Tiffany il più velocemente possibile.
«Ah sì?» domando curiosa.
«Sì.» ridacchia la mora.
«Non rompere il cazzo Tiff»
«No, voglio sapere»
«Ti ricordi quella volta che siamo venuti a casa tua?»
«Si parlottavate alle mie spalle» m'indispettisco con voce brilla.
«Tiff, e dai» la supplica James con tono infastidito.
«Io dicevo che eri bella e lui...»
«E io dicevo che era insopportabile» James interrompe il racconto di Tiffany e lo fa bruscamente.
«Ma che volevi zittirla a modo tuo...»
Fortuna che ho tolto i tacchi e che James mi sorregge, perché ormai ci vedo doppio e sto in piedi a fatica.
«A modo tuo?»
«June hai bevuto più di me, cazzo»
«A modo tuo sarebbe?»
«Se vuoi te lo faccio vedere...»
James mi stampa un bacio sul collo, mentre comincio a muovermi davanti a lui.
«...Quando sei sobria.»
Tiffany sparisce. Forse tutto il resto sparisce quando lui mi cinge la vita con una presa possessiva ma al contempo dolce.
«James...»
Poi le sue mani scendono sempre più in basso, il tessuto s'impiglia tra le dita forti e il vestito si alza vertiginosamente.
«Vorrei levarmi la felpa» ansima con il petto pesante.
«Fallo.» lo incito sorridendo, poi però cambio faccia.
Avrà caldo? Ma il sorrisetto malizioso che gli si dipinge in volto non sta ad indicare quello.
«Ma vorrei levarmi anche i boxer»
«Perché mai?»
«Perché invece che accontentarmi della lingua nell'orecchio vorrei infilarti il ...»
«James!» lo rimprovero.
«Non nell'orecchio.» si corregge lui.
Cominciamo a ridere e nemmeno gli do retta quando mi dice «Andiamo»
Un brivido ignoto mi martella la nuca, perché tra una risata e l'altra, non so come, ci ritroviamo in una stanza sconosciuta.
È buia e angustiante, vi si accede da una di quelle porte nascoste nei sotterranei.
«Che posto è? A cosa serve?»
Le domande escono rapide ma il mio udito le registra in differita. Dovevo bere meno.
«Esattamente a quello che pensi.» sibila James indicando con gli occhi alcuni strumenti appesi al muro, sopra ad un letto matrimoniale.
«È un posto...inquietante.»
«Anche secondo me.» sorride mostrandomi due tubetti colorati. Nell'altra mano invece sorregge un pennello.
«Li ho rubati ad alcune ragazze.»
«Li hai usati su di loro?»
«No. Non oggi»
«Gli altri anni lo facevi?»
«Sempre»
James s'infila il pennello tra le labbra per liberarsi la mano destra che posa sul mio fianco per tenermi ferma.
«Cosa ricevevi in cambio?»
«Beh...»
A quel punto lancia il pennello a terra e corruccia la fronte, impaurito sulla risposta da dare.
«Un bacio?» prova ad abbozzare.
«Un bacio, certo...E cosa vuoi fare ora?»
Con le labbra sulle mie, mi cinge la vita prima di far scendere lentamente la zip del vestito.
«Spogliarti» mormora con occhi famelici.
Chino il viso e mi rendo conto che il mio vestito è già accartocciato sul pavimento.
Lo sguardo di James sembra ipnotizzato dall'intimo nero che indosso.
«L'ha scelto Poppy» confesso, quasi timorosa del suo giudizio.
«L'avrà anche scelto lei, ma...»
James sfiora le bretelle del reggiseno in pizzo, i suoi polpastrelli mi segnano l'ombelico con un tocco delicato.
«Nessuno lo indosserebbe mai come lo indossi tu.»
La testa vortica, fatico a capire il vero significato delle sue parole. Presumo sia un complimento perché James si prende del tempo per rimirarmi, mentre me ne sto spalle al muro.
Senza darmi il tempo di ribattere mi sgancia il reggiseno, lasciandolo scivolare via e quando lo vedo svitare il tappo del tubetto colorato, inizio a sbattere le ciglia.
«Il pennello non serve.» spiega con tono basso e sussurrato.
«Con te ho bisogno solo delle mani.»
«Cosa vuoi fare con quei colori?» domando col cuore in gola, quando lo vedo chinarsi tra le mie gambe.
«Segnare tutti i posti in cui vorrei toccarti»
Le sue mani grandi strisciano sulle mie cosce e salgono sulla parte posteriore della mia schiena, ad esaltare la forma del mio sedere stretto nelle mutande provocanti.
«E dove vorrei nessun altro lo facesse»
Ma i suoi palmi diventano presto labbra e baci. Morsi e carezze.
Addento la bocca tumida per l'imbarazzo, mentre James respira avidamente contro ogni centimetro della mia pelle.
Le sue dita si arrampicano sulla mia pancia, che dimentico di tenere all'indentro, mentre lui sfiora i miei seni prima di raccoglierli con presa possessiva.
Il mio corpo si tende.
James si alza in piedi per segnarmi anche la bocca di baci. Mi cinge il viso, macchiandomelo di colori, finché la sua mano si arresta sul mio collo che stringe nella mano forte, facendomi gemere di lussuria.
«Cazzo, tu mi vuoi»
Spingo il bacino in avanti, contro la sua erezione dura e pulsante sotto ai pantaloncini.
«Mi vuoi da morire, Biancaneve.»
«James...»
«Ti fidi di me?»
«Sì.»
«Voglio essere completamente presente... Non voglio farlo qui.»
Per un attimo vedo tutta la debolezza racchiusa nelle sue iridi.
«Sono d'accordo» riesco a balbettare, con la vista offuscata dall'alcol.
Qualcuno bussa alla porta, James mi aiuta a riversitrmi anche se ormai siamo chiazze di colore e respiri veloci.
«Andiamo via da questo posto, è squallido.»
«James sicuro di stare bene?» gli domando quando usciamo nei corridoi.
«Fa un caldo insopportabile e devo pisciare. Ma prima ti accompagno fuori»
Quando raggiungiamo nuovamente l'esterno della casa, io mi siedo vicino a Poppy, facendomi piccola tra le e Tiffany per scaldarmi davanti al fuoco.
«Sta lontana da William.» mi ammonisce James.
Barcolla appena, fino a scontrarsi con la stazza imponente di Jackson. Guarda il biondo con occhi lucidi e solo allora mi rendo conto che anche James è ubriaco fradicio.
«Dove cazzo eri?»
«E tu dove vai conciato così?» domanda l'amico completamente sobrio.
«Accompagnalo per favore, ho paura che si perda» mi rivolgo a Jackson che mi tranquillizza con un cenno del capo.
JAMES
Giorno 37
Mi apposto vicino ad un muretto, sto per abbassarmi i pantaloncini quando Jackson mi blocca dal braccio.
«Ma che fai, è pieno di gente. Guarda che è un bagno quello.»
«Com'è finita con Blaze?» domando infilandomi una sigaretta in bocca.
Jackson me la ruba, intanto mi spintona contro la porta di una piccola casetta separata dalla villa.
«È finita che nessuno dei due fa un passo»
«Sei troppo orgoglioso Jax.»
«Ah sì? E sentiamo, se tu scoprissi che June ha baciato un altro?»
«Oh cazzo» sputo prima di piegarmi in due, mentre un conato mi assale lo stomaco.
Jackson apre la porta rapidamente e mi aiuta a sporgermi verso il gabinetto, come fossi in procinto di vomitare.
Ma io tiro su e lo afferro dal colletto della camicia, sbattendolo contro la parete di marmo.
«Non dire mai più una cazzata del genere.»
«Tu l'hai fatto. Hai baciato un altro» mi riprende lui.
«Io...era solo...»
«Cosa? Un test?»
Oh cazzo, Jackson sta parlando della grotta?
«No. Ehm...Okay con Amelia forse sì.»
«E con me?»
Deglutisco un boccone amaro, sono troppo intossicato per pensare ad un rapporto così complesso come quello che c'è tra noi due.
«Jax, l'amicizia che abbiamo io e te non c'entra niente con June.»
«Spiegati meglio.» resta rigido a fissarmi, come se pretendesse una spiegazione.
«A volte...»
Mi distraggo a fissare il lusso che contraddistingue quel bagno.
Abbasso il capo e con la fronte sfioro il suo petto levigato di muscoli, sotto alla camicia.
«Ho come l'impressione... Che tu sia la mia anima gemella, ma...»
Sollevo la testa e Jackson mi fulmina con i suoi occhi cerulei che sembrano dire "Sei solo ubriaco, James".
«...Lei è quella di cui mi sto innamorando.»
Avverto il sangue pulsare forte nelle tempie mentre la mente vortica e Jackson dice altro, ma forse sono troppo ubriaco per capirlo.
«Quindi tu perdoneresti la persona di cui sei innamorato, se questa ti tradisse?»
Lui torna a farmi quella domanda cogliendomi di sorpresa.
«No.» ribatto di getto.
Sì
«Lei però l'ha fatto con te. Ti ha perdonato.»
«Era diverso, non stavamo insieme Jax. Se ora mi metto a baciare qualcuno, June me lo fa a pezzetti»
E poi io non ho voglia di baciare proprio nessuno.
«Ora state insieme?» s'incuriosisce lui.
Mi sorreggo con una mano alla superficie granitica del mobile del bagno e prendo a fissarlo.
Eccolo. Jackson e il suo vizio del cazzo di farmi domande a raffica quando sono ubriaco.
Con lui è meglio chiudere la bocca, escono solo cazzate altrimenti.
«Ehm...»
Ho la testa confusa e lui lo sa. Reggo bene le droghe ma non l'alcool.
Ad un tratto avverto l'impulso di svuotare la vescica farsi piu assillante.
Mi abbasso i pantaloni e quando infilo una mano nei boxer mi accorgo di non essere affatto rilassato.
«Jax non è per te, non montarti la testa.» ridacchio, mentre lui avvicina alla porta per uscire.
«Stai ancora contando i giorni?»
Scoppia ridere prima di lasciarmi solo.
«Sai qual è il tuo problema Jax?»
Lo sento fermarsi fuori dal bagno.
«Io ti dico una cosa importante e tu non ti sprechi nemmeno a rispondere. Mi guardi, come fossi dio in terra e tutto ti fosse dovuto.»
«Ma che cazzo dici?» lo sento imprecare mentre mi lavo le mani.
«Dico che sei fai così anche con quello stronzo del figlio del preside, lo perderai.» sbuffo contrariato.
«La gente non puo leggerti nella testa. Dì quello che pensi, cazzo.»
Quando mi avvicino alla porta noto subito i suoi occhi spaesati.
«O dimostralo. Come hai fatto con me.» aggiungo infine.
«Che vuoi dire James?»
«Grazie per averla portata via.»
Lui scuote il capo, appare divertito.
«Tanto lo sai che June farà sempre di testa sua, vero?»
Annuisco sorridendo, ma Jackson prende a farmi il verso.
«E così sei innamorato...»
E ovviamente non perde l'occasione per prendermi in giro e approfittare della notizia appena appresa.
«No, sono ubriaco. Non stavi andando?»
Jackson esce in giardino mentre io mi avvicino allo specchio.
Nel mio riflesso trovo solo occhi lucidi e guance arrossate. Mi passo una mano tra i capelli scompigliati, poi sul mio torace fasciato felpa blu. Esco da lì con un sorriso da ebete stampato in viso, quando mi accorgo che lì, fuori dalla casetta, c'è qualcuno.
«Cazzo, Bonnie! Che spavento» esclamo quando vedo un'ombra appostata in un angolo.
«Che carini che siete tu e Jax.»
Sta seduta sul cornicione del pianerottolo che circonda quel piccolo monolocale.
«Che cos'hai sentito?»
«Che sei ubriaco e hai voglia di scopare.»
Bonnie solleva di poco la gonna poi versa il contenuto della boccetta che tiene appesa al collo. Le sue cosce ambrate si colorano di bianco.
Apre le gambe e continua a fissarmi, rendendo palese ciò che mi sta offrendo.
«Ti conosco troppo bene. So cosa ti piace, Jamie.»
Vorrei non aver bevuto... a quest'ora cervello non sarebbe così confuso, annebbiato.
«Già, lo so anch'io cosa mi piace... »
M'interrompo, lei invece solleva la gonna lasciandomi davanti agli occhi la chiara l'immagine di non indossare intimo.
«Ma non sei tu.» asserisco deciso.
Lei non batte ciglio, sembra più interessata a qualcosa alle mie spalle. Quando focalizzo lo sguardo in lontananza, riconosco tre sagome camminare verso di noi.
«Che ci fate qui?» mi stranisco.
«Pipì.» risponde Tiffany che sembra essere in procinto di saltellare.
«Ci hanno detto che qui vi sia l'unico bagno privo di vomito e malattie veneree.» spiega Taylor con aria schifata.
Io scoppio a ridere, June però non sta ridendo, sta fissando Bonnie.
«James, che cosa...»
«Niente. Non stavamo facendo niente.» spiego sollevando le spalle.
«Già, ancora per poco» ridacchia la mora.
Mi sale in nervoso nel vedere June mettere su un'espressione imbronciata per colpa della provocazione di Bonnie. A lei non frega un cazzo di me, divento solo un mezzo per i loro battibecchi e questa cosa è logorante. Lo era con Taylor, con Tiff. Lo è sempre stato con chiunque.
Bonnie scende dalla ringhiera e si avvicina a noi, ma io le vado incontro e le sferro uno spintone bloccandola tra il mio corpo e la parete.
«Smettila. È da due giorni che mi fai battutine, che cazzo vuoi?»
Lei in tutta risposta sorride e non sembra le dia fastidio la mia faccia incazzata ad un centimetro dal suo viso divertito.
«Io devo farla, voi scannatevi pure.» sento la voce di Tiffany che corre dentro al bagno.
«Io invece me la tengo ancora un po'.» ridacchia sadicamente Taylor.
Ma io ho occhi solo per June.
«Che cazzo ho fatto ora?»
«E poi c'è Jamie che ha incontrato Santa June e ha preso i voti...»
Mi volto verso Bonnie per lanciarle uno sguardo adirato, ma June compie uno scatto improvviso verso la mora, senza pensarci un attimo di più.
«E poi c'è Bonnie che tratta James come fosse un oggetto da usare quando ne ha voglia!»
Trattengo June con tutta la forza che ho, sembra fuori di sé e sembra proprio che voglia scagliarsi contro Bonnie che, alla fine, decide di darsela a gambe.
«June, non è successo niente.» chino la testa per giungere alle sue labbra, ma lei si scansa.
«Magari evita di avvicinarti così tanto quando parli con qualcuno.» mi rimprovera.
«Ero incazzato...»
«Sì ma non te ne rendi conto dell'effetto che fai? Piaci a tutti...»
Il suo modo ingenuo di esprimersi unito al suo tono di voce brillo mi fa sciogliere. Torno con le labbra sulle sue, quando mi accorgo di avere due occhi addosso. Mi volto e ci trovo Taylor.
«Te ne vai?» la fulmino duramente.
«Oh scusa, Jamie... ma sai che amo guardare la replica dello stesso film, visto e rivisto.» sogghigna quest'ultima, mandandomi una frecciatina nemmeno troppo velata.
Io però non faccio in tempo a ribattere che June mi precede, prendendo le mie difese.
«Senti, io non ti capisco Taylor. Un attimo prima sembri darmi consigli, l'attimo dopo dici che lui si comporta così con tutte»
Taylor a quel punto accorcia la distanza, volgendole uno sguardo tagliente.
«No, effettivamente non capisci. Sto dicendo che devi farlo sforzare di più questa volta. Non cedere per due moine. Fa sempre così»
Taylor però lancia gli occhi al cielo perché a quel punto vede sopraggiungere Amelia e Ari.
«Il bagno segreto è di qui?»
Ma June è troppo ubriaca per ignorare Amelia.
«Ecco che ci mancava questa!»
«Scusami?» salta su la mora, dall'alto del suo metro e settantacinque.
«Io e te abbiamo un conto in sospeso»
«Okay, magari quando non sei ubriaca.» provo a calmare June che però non sembra abbia intenzione di darmi ascolto.
«Perché scusa? Lasciala parlare.»
E lo sguardo meschino di Amelia mi dà i brividi. Forse perché mi ricorda suo padre.
«Non porto mai i popcorn quando servono» sdrammatizza Taylor, mentre Tiff esce dal bagno asciugandosi il mento con il dorso della mano.
«Stai bene?» le chiede la bionda con aria preoccupata.
«Sì... ho appena..»
Tiffany a quel punto si arresta, ricordandosi di essere arrabbiata con Taylor.
«Tu!»
Ma la voce oscillante di June richiama l'attenzione di tutti i presenti.
«Amelia»
«È il mio nome.» ribatte l'altra, cinica.
«Sai cosa c'è? Non ti capisco. Tu e tuo fratello siete così...misteriosi!»
June muove la mani in modo buffo, come se stesse spargendo un incantesimo immaginario.
Mi ritrovo a ridere mentre Amelia mi fissa di sbieco, incenerendomi con un'occhiata gelida.
«Sempre a tramare nell'ombra, ad odiare tutti voi due...»
«Continua, ti prego» la incita Taylor.
«June, sei ubriaca.»
Il mio rimprovero le causa un'espressione seccata.
«Non vuoi che le dica cosa penso, James?»
«Sì, ma non voglio che domani...»
Non voglio che domani si penta o vergogni per cosa le ha detto.
«È tutto okay, lasciala parlare. In fin dei conti, mi hai baciata. È giusto che la tua ragazza dica la sua...»
June a quel punto sembra smettere di ragionare. La provocazione di Amelia è troppo sfacciata, perciò le si lancia addosso, nemmeno avesse visto il demonio in persona.
I miei riflessi, sebbene rallentati dall'alcol, funzionano ancora bene, perché l'afferro dalla vita mentre lei comincia a dimenarsi e a scalciare. Vorrebbe sbranarla.
«L'hai detto apposta affinché lui dicesse davanti a tutti che non sono la sua ragazza? Mi stai prendendo per il culo come hai sempre fatto sin dall'inizio, vero?»
Tiff sgrana gli occhi, ma è Taylor a parlare.
«Certo che l'ha detto apposta, perché si crede superiore a tutti noi. È sempre stato così.»
«Finiscila» biascico in direzione di Taylor.
La situazione è già critica, non c'è bisogno che lei fomenti gli animi ancor di più.
«No, ha ragione Taylor. Lei ci ha sempre guardate dall'alto al basso, come se fossimo una nullità. Con che diritto, poi?» insiste June.
Amelia però si avvicina e sferra il suo colpo. Lento e calibrato.
«June puoi stare tranquilla. Lo so che hai paura che io possa conoscere James meglio di te...»
Oh no
«Oh, sono tranquilla eccome. Mi ha fatto un favore baciandoti. Almeno ha capito di non provare nulla per te.»
«Uhhhh. Questa era brutta. Jamie si farebbe pure mio padre, ma non riesce a farsi te»
Taylor dice la sua con leggerezza ma un brutto silenzio cala tra le ragazze.
June non sta ridendo, riporta subito la discussione su un piano più serio.
«La leggerezza con cui gli hai tirato uno schiaffo... Non l'ho dimenticata.»
L'attimo di silenzio si fa acuto, pesante. Nemmeno Taylor e Tiffany stanno più ridendo e io non so che cosa dire, non sono abituato a qualcuno che mi difende in questo modo.
«La facilità con cui l'hai insultato. Non torneremo mai più amiche.»
Amelia sposta occhi a lato quando sente June rivolgerle queste parole dure.
«O forse, non lo siamo mai state.»
«Tu non sai di cos'è capace James!» si agita la mora.
«Ancora con questa storia?»
June le arriva ad un centimetro dal viso.
«Qualsiasi cosa abbia fatto a tuo padre, forse se la meritava.»
L'affonda con un colpo secco, obbligandola a tacere definitivamente.
Cazzo.
«Prova a toccarlo ancora una volta e te la vedrai con me.» esala infine, prima di andarsene.
Sono esterrefatto, letteralmente senza parole mentre seguo June allontanarsi nel buio.
«Fermati. Dove vai?»
«No.»
«No cosa? June sei solo ubriaca»
«Sì e lei non riesce ad accettare che tu non sia innamorato di lei.»
«Non è così.»
«Sì invece. Gliel'ho letto negli occhi. Potrà dire quello che vuole, frequentare chi vuole. Ma certe cose, anche se non le esprimi a parole, si vedono.»
«Non è così, mi ha detto di non provare nulla per me...»
«E tu le credi?»
Sono troppo ubriaco per questo dramma.
«E poi Bonnie... Se ne sta sempre con la Gina di fuori»
Mi porto entrambe le mani sul viso per nascondere una risata.
«Sei buffa quando sei gelosa.»
«Lasciami sola.»
«Cosa? No, no. Non esiste. Le altre volte avevi tutti i motivi per allontanarmi, ma non ora.»
Le afferro il braccio, ma lei non vuole starmi a sentire.
«James, per favore. Dico sul serio.»
E se volesse...
«Me l'hai promesso.»
Una strana apprensione comincia a pulsarmi nelle vene. E se volesse farsi del male per colpa mia?
June sembra ritrovare uno sprazzo di lucidità perché si affretta a calmare le mie paure.
«Non faccio nulla, sta tranquillo James. Ho solo bisogno di schiarimi le idee.»
«Puoi farlo stando con me?»
«Io e te non riusciamo a staccarci le mani di dosso.»
Vengo risucchiato dai suoi occhi enormi come due pozze d'acqua, mentre lei pronuncia quelle parole.
«Vieni con me, ti faccio un caffè.» Taylor la prende sottobraccio, prima di lanciarmi un'occhiataccia fulminea.
«Certo che tu potevi evitare di farti trovare per l'ennesima volta con gli occhi piantati nelle gine altrui»
«Ma per una volta che non stavo facendo un cazzo!»
Vedo Taylor reggere June, ma noto subito che a quel quadretto, manca Tiffany.
«Che c'è, non te ne vai scandalizzata anche tu?»
Gli occhi velati della mora catalizzano la mia attenzione.
«Cosa ti succede, Tiff?»
«Niente, non me ne va bene una.»
«Per questo eri così vicina a Connell, l'altra sera?»
«Ma no, cioè... »
Tiffany mi allunga una sigaretta e ci mettiamo a fumare, stando leggermente in disparte rispetto agli altri ragazzi che popolano il cortile.
«Cos'è che non va nella tua vita?» ricalco le sue parole, lei mi fissa con occhi stralunati.
«Sono cose banali, cose che accadono a tutti. Le senti nei film e sembra che tutti riescano in qualche modo a superarle, ma... ora che succedono a me...»
La osservo con un cipiglio, invitandola a spiegarsi meglio.
«I miei stanno divorziando, come tutti. Litigo continuamente con la mia migliore amica, come tutti. I miei voti sono pessimi e sto facendo schifo a scuola, come tutti.»
«Parla per te.» la prendo in giro, sdrammatizzando un po'.
«Stronzo. Solo che in questo periodo, non so...»
«Senti, Tiff... Taylor è seriamente preoccupata per te. Che cazzo ci facevi con Connell l'altra sera?»
«Una volta lo eravate insieme, preoccupati per me. E dico... In amicizia.» la sento bisbigliare con un tono di voce attraversato da un lieve sentimento di rancore.
«Io sono ancora tuo amico» mi appresto a dirle, mentre lei si volta per abbracciarmi.
Ma prima che possa accerchiarla con le mie braccia, Tiffany si gira di scatto e comincia ad emettere suoni gutturali.
«Stai vomitando, cazzo? Ma stai bene?»
«No che non sto vomitando, ma sono due giorni che continuo ad avere questa nausea. Devo essermi presa un'intossicazione alimentare»
«In gita ti ho vista mangiare solo hamburger e patatine, pranzo e cena»
«E io non ti ho visto mangiare, Jamie» mi rimprovera lei.
«Lì era complicato.»
«Devi imparare ad adattarti. Non è che puoi passare giorni senza mangiare, solo perché non c'erano le tue barrette proteiche o il pollo che mangi a casa»
«Dai Tiff » sputo infastidito. Disintegro la sigaretta fino all'ultimo tiro, pronto a terminare la conversazione.
«Perché non ne parli con June?» m'incalza lei.
«Non mi va di farla preoccupare con l'ennesima...»
«È un problema, James»
«Cosa? Non c'è nessun problema.»
Mi ritrovo a scuotere la testa, ma quando vedo Poppy passarmi davanti insieme a Marvin mi agito.
«Poppy dov'è June?»
«Era troppo andata, Taylor l'ha accompagnata a casa.»
«Oh cazzo.»
Il mio pensiero va subito ad April.
Non saluto nemmeno Tiffany, mi fiondo direttamente a casa di June.
Mi arrampico fino a raggiungere la sua finestra, che fortunatamente ha lasciato socchiusa.
«Vai via, James! Non mi sono lavata i denti!» esclama, quando mi sente entrare.
«Shhh! Ma che cazzo urli?»
Sorrido nel vederla sdraiata sul letto, piena di pittura fluorescente e l'orsacchiotto gigante sotto al braccio.
«Dormi con lui?» le chiedo indicandoglielo.
«Eh?»
Lei salta su di scatto e per poco non sbatte la testa contro la spalliera del letto.
«È un peluche James, non puoi essere geloso di... Uff... Mi gira la testa.»
«Tu invece sei buffa gelosa, te l'ho già detto. Però te lo devo chiedere...»
Mi siedo sul bordo del letto, dove mi metto a sbriciolare del tabacco dentro ad una cartina.
«Ci stai male?.»
«Guarda caso, ci sono solo ragazze bellissime che ti stanno intorno...»
Sbuffa lei, levandosi il braccio dagli occhi.
«E quindi?»
«A te piacciono le cose belle, non quelle brutte.» biascica a fatica, facendomi sorridere.
E tu lo sei molto più di loro
«La bellezza è solo un piacere per gli occhi, non riesce ad arrivarti qui.»
Le indico il petto, senza fare minimamente colpo su di lei.
«Sì, vabbè... Sono quelle cavolate che si dicono quando si è circondati da ragazze che sembrano modelle.»
«Non sto parlando di chi mi circonda. Parlo di me»
«James se tu fossi bello anche solo la metà di quanto lo sei, a me non importerebbe. La tua bellezza è solo una delle tue tante qualità.»
«Dimmi che lo pensi sul serio e non lo dici solo perché hai bevuto.»
Poso la cartina sul letto.
«In vino veritas?» sorride lei contagiandomi con le sue fossette.
«Mi sento sulle montagne russe con te.» sospira quando le mie labbra arrivano a sfiorare le sue.
Che cretina.
«Anch'io mi sento sulle montagne russe, June. Passo da questo....»
Lo schiocco che si libera nella stanza è quello di un bacio intenso, passionale.
«...A questo.»
Le porto una mano contro l'erezione che mi spinge nei pantaloni.
«Non riesco a pensare ad altro, cazzo...» confesso chinando il capo.
Lei però avvolge le sue braccia intorno alla mia schiena tenendomi stretto in un bacio lungo e poco casto.
«E se fai così....»
La sento allargare le gambe, sempre più, per lasciarmi lo spazio necessario ai nostri corpi d'impattare duramente.
Le infilo entrambe mani sotto al vestito e le abbasso le mutande con un colpo secco.
«Puoi baciarmi, ma i boxer è meglio se li tieni, James.»
«Stammi vicina, non facciamo niente..»
«James, piano....» I nostri gemiti si mescolano mentre ci baciamo, ma lei riesce ad essere più tenace di me.
«Voglio te.»
La sua confessione mi obbliga a fermarmi.
«Non quello che sei quando bevi.» conclude mostrandomi tutta la sua forza di volontà.
Tu, June Madeline White, mi fai impazzire, cazzo
«Sono ubriaco fradicio.» confesso senza filtri.
«Sì James e se mia madre ti trova qui....»
«Dormi, vado via appena ti addormenti. Poi devo tornare da Jasper, l'ho promesso.»
Mi risollevo i pantaloncini sui fianchi, mentre lei chiude gli occhi e, con la testa sul cuscino, se ne esce con una richiesta assurda.
«Raccontami qualcosa.»
«Ehm...»
Mi abbandono con la guancia sul suo stomaco, lei mi accarezza dolcemente i capelli.
«Farai con me come con la ragazza dell'alimentari?»
Penso che June stia delirando, finché non ricordo dell'aneddoto che le ha raccontato Tiffany. Le ho sentite parlare quella volta, a casa mia.
«June ho aiutato Will in quel casino anche quella volta, ma... Quando me la sono scopata ero completamente fatto e ubriaco. Non sapevo nemmeno chi fosse, né ricordavo nulla il giorno dopo. Non è andata come ti ha detto Tiff. Quelle erano le voci che si sono create intorno a me. I giorni seguenti non volevo più vederla perché non ero interessato a lei, ma come non lo ero nemmeno quella sera e ...»
Quando mi alzo mi accorgo che lei si è già addormentata, il suo petto si solleva e si abbassa ad un ritmo regolare e lento.
Chiudo gli occhi per qualche istante scivolando in uno strano dormiveglia.
«L'uomo è ridotto in brandelli...» sento dire in lontananza.
Io e Jax arriviamo sul posto trafelati. Parcheggio l'auto e scendo di corsa.
«Cazzo, Will. Cosa diavolo hai fatto?»
«Era quello che volevi no?»
Indica il signor Hood steso a terra, in una macchia di sangue e fango.
«Non voglio passare dalla parte del... Respira ancora?»
«Sì.»
Sollevo il mento, abbandono la vista uomo martoriato e i miei occhi incontrano delle iridi verdi nella notte più buia.
Brian.
«Che cazzo ci fai qui?»
«Mi madre mi ha raccontato tutto.»
🦋
Giorno 38
«James?»
Quando rispondo al telefono la prima cosa che sento è la sua voce limpida fare il mio nome. Peccato siano due fottuti giorni che non dormo e il mio nome vorrei farglielo dire in un altro modo. Mi trascino una mano tra i capelli provando a pensare ad altro. Ho ancora la nausea e il mal di testa per la sbronza di ieri sera.
«Prego, Biancaneve.» la canzono con la bocca piena. Sgranocchio delle fragole, mentre attendo che lei parli.
«Non ho detto grazie.»
«Dovresti.»
«Mi ha portata a casa Taylor, non tu.»
«Beh, l'avrei fatto se me l'avessi permesso, invece di fare sempre l'orgogliosa.»
«Eri ubriaco, come avresti fatto?»
«Ero ubriaco ma non tanto quanto te. Ti ricordi qualcosa?»
«Sì»
«E cosa ricordi?»
«Hai aspettato mi addormentassi. Ma ti avevo detto di non venire e tu sei venuto lo stesso da me.»
Bugiarda, avresti chiuso la finestra se non mi avessi voluto da te.
«Volevo solo saperti al sicuro.»
S'instaura un momento di silenzio, lei non dice più nulla perciò torno all'attacco.
«Hai ripetizioni con Jasper oggi?» domando io.
«È domenica, James.»
«Aiutami a dipingere camera di Jasper. Poi passiamo alla mia.»
«Mhm... Camera tua mi sembrava in perfette condizioni quando l'ho vista l'ultima volta»
«Hai bisogno di guardarla meglio»
Lei sbuffa. «James, parli ancora della camera di Jasper?»
«No, parlavo del mio cazzo e del mio letto. Certo che parlavo della sua stanza!»
«Non lo so... Abbiamo una verifica d'inglese e un'interrogazione di storia domani»
«Vieni a dipingere camera di Jas.»
«Cos'è un ordine? Chiedimelo gentilmente.»
«No è una minaccia. Se rifiuti, chiamo tua madre»
Lei scoppia a ridere di nuovo e io mi chiedo da quando io sia diventato così simpatico.
«No, la tua è una scusa per farmi venire da te.»
«No, è che l'ho promesso a Jasper e...» M'interrompo sbuffando. «Okay, White. Sono stronzate messe in fila solo per averti qui con me. Ma almeno io ho il coraggio di ammetterlo»
«Cosa?»
«Che muoio dalla voglia di vederti, cazzo»
«Anche se siamo stati insieme una settimana...?»
«Siamo stati insieme una settimana? Davvero? Non ricordo...» la prendo in giro, facendo scaturire la sua risata contagiosa.
«James devo studiare...»
«E io devo stare con te. Come la mettiamo?»
«Smettila di essere così.»
«Adorabile?»
Un attimo di silenzio, poi la sua voce.
«Vieni a prendermi alle otto.»
Chiude il telefono e io non faccio in tempo a chiederle se ci sarà anche Psycho April, che arrivano le famigerate otto e sono già davanti a casa sua.
Di June pero non c'è traccia. Non mi ha inviato nemmeno un messaggio. Magari pensava scherzassi e invece... eccomi qui.
«Che ci fai qui fuori?»
In quel momento Psycho fa la sua apparizione avvolta in un ampio cardigan che le arriva alle caviglie. Con un annaffiatoio bagna le piante che ornano l'esterno della casa, intanto non smette di fissarmi di sottecchi.
«Fumo.»
«Fumi fuori da casa mia?»
«Sono venuto a prendere June.»
«Per...»
«Per.... Ehm...»
Straccio un po' di ghiaia con la punta della scarpa, mi sento col fiato sul collo.
Che cazzo dico ora?
«Le ripetizioni.»
«E vieni a prenderla ora? Alle otto di sera?» s'insospettisce lei.
«Perche no?»
La sfido assottigliando lo sguardo, prima di rilasciare la nube di fumo verso l'alto, nel cielo nero.
«Sai James, non c'è nemmeno bisogno di dirtelo, penso tu lo sappia già: da quando June sta con te, è diventata ribelle.»
«Oh davvero?»
«Alcol, spinelli...» la sento blaterare.
«Ha fumato due volte» minimizzo io, con una scrollata di spalle.
April si volta di scatto, i suoi occhi di ghiaccio sfrecciano nei miei.
«Coooosa?»
«L'hai detto tu, non io eh.»
Allarga le narici come un drago pronto a sputare fuoco, ma invece che incenerirmi con la sua arma segreta, si avvicina a grandi passi alla mia figura.
«Te lo chiedo senza giri di parole. Che ti sei messo in testa con lei?»
Mi punta con uno sguardo feroce e io non so che rispondere.
«Ti sei messo in testa che vuoi la brava ragazza con cui giocare un po'?»
Sostengo il suo sguardo mentre lei non si perde una mia singola mossa.
«Perché voi genitori non potete mai vederla dall'altro lato?»
«Ah, perché ci sarebbe anche un altro modo di vederla, James?»
«Mmm...» Seguito a fumare senza darle la soddisfazione di risponderle.
«Che vorresti insinuare? Sputa il rospo.»
«Che magari è anche June a volere me.»
«Vorresti dire che è lei a volersi divertire con il cattivo ragazzo?»
Scrollo il capo con disappunto, April mi fissa con altrettanto rammarico, prima di allontanarsi verso casa sua.
Posa l'annaffiatoio sul ciglio della porta poi si rabbocca le maniche del cardigan e incrocia le braccia contro il petto. Restiamo a squadrarci per qualche istante, finché lei non si decide a parlare.
«Sarai pieno di ragazzine che ti corrono dietro»
«Anche ragazzi.»
Le causo una prevedibile espressione di stizza.
«Come hai detto?»
Ridacchio per la sua reazione confusa, poi però mi faccio serio quando scende i tre gradini del pianerottolo e mi arriva ad un palmo dal naso.
«Ascoltami bene. Non so che tipo giochetti tu voglia fare con June, ma lei è preziosa James.»
Le sue parole mi giungono inaspettate, ma non posso fare a meno che essere d'accordo con lei questa volta.
«Lo so.»
«Non voglio che tu arrivi a farla stare male, a rovinarla... Ha già sofferto abbastanza.»
I suoi occhi cristallini si macchiano di una strana inquietudine, o forse solo lacrime.
«Ed è la mia più grande paura.» ammette stringendosi le braccia al petto.
Mi coglie di sorpresa, difatti rimango senza parole. Mi massaggio il collo, provando a cercare qualcosa di sensato da dire in queste occasioni.
«James, io lo so che ne hai passate tante e mi dispiace per tua madre, per com'è finita tra i tuoi tuo genitori, ma... June è l'unica cosa che mi è rimasta, capisci?»
«Dispiace anche a me per suo fratello.» sospiro d'istinto.
Restiamo in silenzio, stavolta però senza guardarci in cagnesco. Io mi avvicino all'ingresso per spingere il mozzicone della sigaretta nella lattina di coca cola accartocciata sul tavolino esterno, lei intanto si accascia sui gradini.
«Erano come il giorno e la notte.» la sento esalare sottovoce.
Capisco immediatamente che sta parlando del fratello di June.
«Erano diversissimi, eppure così complici.»
Lei adorava le prime nevicate. August la chiamava "piccolo fiocco di neve", nonostante il suo nome fosse quello di un mese estivo. June invece lo cercava sempre per sfidarlo nelle battaglie di palle di neve, ma lui preferiva di gran lunga starsene in casa a studiare. E io ne ero contenta di vederlo sempre curvo su quei libri, ero fiera di quanto amasse leggere e imparare, ma....Avrei dovuto spronarlo a uscire di più, a vivere di più...»
Attendo che lei finisca di parlare, ma un nodo alla gola le impedisce di continuare.
«A prescindere da me, ora hai l'occasione di farlo con June.»
«Che intendi?» si acciglia lei.
«Lasciarla vivere come vuole. Lasciarla vestire come vuole, mangiare quello che vuole...»
«Detta così mi fai sembrare un comandante dell'esercito.»
«Beh...»
Lei mi sferra una gomitata contro l'avambraccio, fortuna che Psycho è una piuma e non riuscirebbe a fare male ad una mosca.
«Ho solo paura di perderla.» confessa senza voce.
«Non la perderai, ma devi lasciare che scelga di testa sua.»
La vedo scrollare il capo.
«Dimmi se, per educare mia figlia, devo farmi dare consigli da un teppista qualunque...»
«La cosa più grave che possa capitare è che June sbagli.» proseguo io.
La vedo annuire.
«Sbaglierà e imparerà.»
«Tu hai imparato qualcosa dai tuoi errori, James?» Domanda rivolgendomi un'aria diffidente.
«Non sono un ottimo esempio.»
«Beh, con lei non sbagliare»
April mi coglie alla sprovvista con la sua supplica, fatta ad occhi lucidi.
«No.»
«E non metterla incinta.» sbuffa alzandosi in piedi.
«Finora non è mai accaduto, direi che sono una garanzia.»
«Ah. Dimenticavo: leva la macchina da qui davanti, non puoi parcheggiare lì.»
«E invece...»
Il momento d'ironia si stempera perché lei torna a farsi seria.
«Senti James, se non sei convinto....»
«Non sono mai stato più convinto.»
Ma non è sufficiente.
«Di cosa sei convinto?» mi mette alla prova lei.
Siete proprio fatte con lo stampo, cazzo.
«Voglio lei, nessun'altra.»
Dei brividi mi percuotono e lei sembra accorgersene perché se ne esce con un
«Okay.»
«Okay?»
Me la fa così facile?
«Ho vinto un premio? Un ritratto gratis?»
April scrolla il capo.
«Anche se, come già saprai, è il fatto che noi Hunter ci leviamo i vestiti, ad essere il vero premio»
È allora che June appare sulla soglia e mi fissa ignara. «James? Cosa ci fai qui?»
I pantaloncini corti le strizzano le cosce, mentre la felpa extra-large nasconde le sue curve abbondanti. Disimpiglia i lunghi capelli biondi dal cappuccio, poi mi fulmina con uno sguardo.
Sento le mie ginocchia tremare, ma provo a tenere la mascella dura e lo sguardo solido nel suo.
«Alle dieci a casa.»
«Grazie mamma»
«Ci vediamo alle dieci di domani mattina, April.» ironizzo io.
Anche se a pensarci, tanto ironia non è.
«E io ti prendo sberle sul muso un giorno di questi.»
«Sberle sul muso?»
«"Calci in culo". Così lo capisci meglio James?»
Io mi volto verso June che compie un giro intorno alla mia auto.
«Certo che è proprio rozza tua madre... Ma alla fine mi piace. Ha solo una strana fissa per gli uomini nudi»
«Finiscila, si chiama arte» mi rimbecca April da lontano.
«Arte del cazzo» bisbiglio sottovoce senza farmi sentire da lei.
June scoppia a ridere gettando lo sguardo al suolo.
«Ciao mamma.»
Poi invita sua madre a chiudere la porta, invece lei resta sul pianerottolo a sbirciare.
Ma io ho finito di fumare, ho le mani vuote e ho bisogno di mettergliele addosso.
Solo allora le cingo la vita, trascinandola a me.
«Sai, ho appena detto a tua mamma che ti fumi le canne .» le sussurro tra i capelli sciolti, beandomi del suo profumo di pesca.
«Ma quanto sei stronzo? Nonché bugiardo?»
June si volta allarmata verso sua madre, che si sta inserendo le mani tra i capelli con fare preoccupato.
«Povera me...» la sento lamentarsi prima di sbattere la porta.
«Facciamo che non torni a casa stanotte.»
Senza dire nulla, June fa esattamente quella cosa che mi fa uscire di testa: mi fissa la bocca senza un minimo di contegno, perciò ne approfitto per mordermi il labbro inferiore, lo lecco, ipnotizzando le sue iridi curiose.
«Ora però andiamo»
June sbuffa lanciando gli occhi al cielo e quando mi abbasso oscurandole il viso con il mio, lei mi sfugge ed entra in macchina.
«Che dicevi con mia mamma?»
«Le ho chiesto se fosse pronta a diventare nonna questa notte.»
Per poco non si strozza con la saliva.
«Dobbiamo davvero ridipingere camera di Jasper?»
«Sì. Per chi mi hai preso? Ieri sono andato a ritirare delle vernice del colore che preferisce. Lui e Jordan dovevano farlo insieme.»
«Che colore?» domanda lei.
«Verde, tipo menta. Salvia? Non so che cazzo di nome abbia, ma è una particolare tonalità di verde.»
«E tu gli hai preso proprio quella?»
June dapprima dispettosa, ora sembra interessata ai dettagli.
«Non è stato facile trovarlo»
Le racconto le mie peripezie ai vari colorifici, finché lei non sorride.
«Sei dolce.»
«Che cazzo dici, non è vero.» taglio corto.
«Sì invece. Quando vuoi, lo sei»
«Chiudi la bocca»
Lei torna ai suoi interrogatori.
«Cosa dicevi a mia mamma?»
«Che ti sei ubriacata in gita»
«James!?» mi rimprovera lei dandomi un pizzicotto sulla gamba
«Hei, vuoi farmi fare un incidente?»
Un'occhiataccia secca non gliela leva nessuno, ma presto torna al suo sedile e smette di parlare.
Durante la parte finale del tragitto infatti, siamo stranamente calmi e silenziosi.
«Mio padre non c'è, torna tra un paio d'ore» spiego sottovoce, chiudendomi la porta d'ingresso alle spalle, quando siamo ormai arrivati.
Lascio slittare un braccio intorno al suo corpo per attirarmelo addosso.
«Andiamo in camera mia.» mugolo contro le sue labbra.
«Aspetta James.»
«Eh... aspetto.»
«Dov'è Jasper?»
June mi osserva dal basso.
«In camera sua, perché?»
«Hai trascorso del tempo con lui, da quando sei tornato?»
«Sì.»
Ma non abbastanza?
«Quando pensava di dipingere camera sua?»
«Oggi, ma Jordan è dovuto partire e...»
«Andiamo.»
Cazzo
«E dai, June...»
Ma lei mi ha già voltato le spalle.
JUNE
Busso alla porta di Jasper con vigore, batto il pugno finché lui non arriva ad aprirmi con un'espressione apatica.
Ma quella stessa faccia dura poco, perché un largo sorriso gli si apre sul volto, quando i nostri occhi chiari s'incontrano.
«Ciao Jas, stai bene?»
Lui annuisce mentre il mio sguardo si perde tra le pareti grigie si stagliano alle sue spalle.
«Ma guarda che colore monotono» mi lamento squadrando il muro.
A quel punto un batuffolo di pelo viene a scaldarsi tra le mie caviglie.
Benjamin Franklin. Mi ero completamente dimenticata della sua esistenza.
«Abbiamo scoperto che è un po' sordo poverino. Oltre a miagolare, non ci sente un cazzo.» puntualizza James alle mie spalle, quando io sono già china a coccolare il cagnolino.
Jasper invece, inizialmente appare confuso, ma capisce i nostri intenti quando James arriva con una latta metallica e la bocca modellata in un sorrisetto impaziente.
«È il tuo preferito?» gli domando io, indicando la vernice verdina che strabocca dalla confezione.
Jasper annuisce soltanto.
«Sicuro? Perché sennò glielo faccio riportare indietro.» Indico l'ampia schiena di James, mentre quest'ultimo ha preso ad aprire i cassetti dell'armadio a muro, come in cerca di qualcosa.
James dapprima mi fulmina con uno sguardo enigmatico, poi si mette a valutare le condizioni di luminosità della stanza.
«Lo possiamo fare domani? È buio, lo sapete che non si dipinge col buio» si lamenta poi, provocando un piccolo broncio sulla bocca del fratello.
«Diamo solo la prima passata oggi, vero?» mi rivolgo a Jasper che sembra non veda l'ora di macchiarsi le mani.
James abbandona la confezione di vernice sul pavimento poi mi trascina in disparte, contro la porta.
«Ma la nostra serata... "vintage"?» m'interroga compiendo delle virgolette con le dita.
«Eh?»
«A tema nautico» mugola intrappolando il labbro inferiore sotto ai denti bianchi, senza staccare le iridi dalla mia bocca.
Jasper però appare stranito, così come lo sono io.
«Nautico? Ma che stai dicendo?» lo spintono via. «Finiscila, mettiamoci al lavoro»
James a quel punto sbuffa, sembrava avere in mente altro, ma io sono ostinata a portare a termine la missione, o almeno la prima metà.
«Cos'è? Oh, grazie... è per me?» strappo dalle mani di James alcune fasce floreali che rassomigliano a delle bandane.
«Veramente era per me, per tenermi i capelli all'indietro.» si lagna lui.
«Aspetta te la metto io.»
Jasper ridacchia nel vedermi tirare i capelli di James, stiracchiandoli sotto alla bandana gialla a tulipani fucsia.
«Cosa c'è, non sono bello?» La domanda di James è rivolta al fratello che inaspettatamente sorride. Ma ciò che appare più insolito non è il sorriso luminoso che li sbuca in volto, ma la sua risposta sussurrata sottovoce.
«No...»
Il mio sguardo si scontra con quello di James, restiamo a fissarci per qualche secondo, incapaci di parlare.
Il "no" di Jasper mi lascia attonita e probabilmente lascia di stucco anche James ma lui prova a non darlo vedere. Sembra non voler mettere l'accento sul fatto che Jasper abbia appena pronunciato una parola, forse per non metterlo a disagio.
«Ah davvero?» lo punzecchia quindi, lanciandogli addosso una fascetta colorata.
«Voglio vedere come ci stai tu, con una di queste.»
Jasper scrolla la testa e quando James si avvicina con la sua solita irruenza, lui s'irrigidisce, inevitabilmente, risollevando di nuovo quel muro invalicabile. James sembra intuire subito, perciò indietreggia.
«Dov'è Jordan?» chiede James a quel punto.
Jasper appare estremamente serio.
«Non è tornato, vero? Cazzo.»
«Ti aiuteremo noi, Jas. Sono la figlia di un'artista» insisto io.
James annuisce sbuffando, poi allunga un pennello a suo fratello.
«Un pennello per Jas.»
«Uno per me...»
«Ah, e uno per Mad...» Me ne porge uno, sottraendomelo non appena allungo la mano per recuperarlo.
Iniziamo a dipingere ma James è più impegnato ad infastidirmi che a pitturare.
«Mi raccomando, maneggialo con cura»
«Non fai ridere»
«Ah no?»
«James!» Mi volto di scatto quando lui m'infila la mano sotto la felpa per pizzicarmi il fianco. Mi piego sul lato e il pennello mi cade dalle mani scivolando sulla sua t-shirt bianca.
Lui si sbraccia e se la sfila in un secondo.
«Devi stare mezzo nudo mentre dipingi?»
Lo vedo puntellare la lingua nell'interno guancia, senza smettere di fissarmi.
«Non lo voglio mica guardare da vestito...»
«Cosa?»
«Titanic.» sussurra nel mio orecchio.
«Ma tu sei tutto cretino!» Lo rimprovero allargando gli occhi. Affondo un indice nella latta aperta e gliela striscio sulla guancia.
La sua espressione furente mi si appiccica addosso.
«Questa non dovevi farla, Biancaneve. Vieni qui»
James mi si avventa addosso con il pennello, solo dopo averlo affondato nella vernice fino al manico.
Scappo immediatamente, provando a nascondermi dietro a Jasper.
«Brava nasconditi dietro a mio fratello... Io però dico che i capelli verdi ti staranno bene.»
«Prova a mettermi quella roba sui capelli e sei finito!» sbraito accucciandomi dietro al povero Jasper.
«Puoi prendermi un asciugamano per favore?» gli chiedo James, rivelandosi super gentile con il fratello. Jasper annuisce ed esce dalla stanza ridacchiando.
«Bella scusa, Jamie.» lo canzono.
Mi fermo a fissare il fisico abbronzato e scolpito di James che mi riempie gli occhi di uno spettacolo gradito.
«Mi stai gocciolando sulla gamba, ragazzina.»
«Eh?» Mi allarmo allargando le palpebre.
James indica il pennello stretto nella mia mano.
«Stronzo» gli sferro una generosa pennellata addosso. Tutto il suo torace frastagliato di solchi e muscoli s'impregna di verde.
«La vernice è tossica, cretina»
Continuo a ridere, ma quando vedo James mettere su un'espressione sofferente, comincio ad agitarmi.
«Davvero?»
«Oddio, brucia» inizia a tenersi il petto e a gemere come un cucciolo ferito.
Sgrano gli occhi.
«Scusa , aspetta che ti aiuto a...»
Ma lui mi afferra dalla vita con veemenza e mi solleva di peso.
Mi tira su come fossi un peso piuma e con la testa a penzoloni batto i pugni sulla sua schiena.
«James! Stavi fingendo?»
«Esatto.» replica lui, lanciandomi sul letto. Ormai abbiamo fatto un casino di proporzioni epiche: la camera di Jasper sembra un campo di battaglia e ora stiamo macchiando anche le sue lenzuola.
Avverto il calore delle labbra di James sul mio collo. Sussulto quando percepisco le sue dita forti scavallare la mia felpa per cercare la mia pelle nuda.
«Non era così che avevo intenzione di macchiare le lenzuola...»
«Ti giro un calcio nelle palle se non ti levi.» lo minaccio ridendo.
«Dai fallo.» ansima lui tenendomi così stretta dai polsi da impedirmi di muovermi.
«Me l'hai insegnato tu. Lo faccio»
Sollevo la testa per sfidarlo con sguardo fiero, nonostante io sia immobilizzata sotto al suo petto forte e imponente.
«E come fai adesso? Sentiamo»
James spinge il ginocchio tra le mie cosce rendendomi impossibile qualsiasi altro movimento.
«Ti odio.» sibilo contro la sua bocca umida.
«Anch'io.»
A quel punto affonda la lingua tra le mie labbra. Lo fa con irruenza, obbligandomi a seguire quel ritmo incalzante, che culmina in un bacio passionale.
Cedo alla sua ostinazione, lasciando che le sue mani scivolino dai miei polsi imprigionati sopra alla testa, lungo il mio corpo schiacciato dal suo peso possente.
«Ma forse io ti odio di più...» bisbiglia mentre le mie mani vagano libere sulla sua schiena nuda, fino a raggiungergli la nuca ricolma di capelli scompigliati.
«Però...»
«Cosa James?.»
Col fiato corto e il torace palpitante, James si stacca dalle mie labbra e si solleva appena, tornando improvvisamente serio.
«Con Jasper... Riesci davvero a farlo sorridere e a...»
Ad un tratto il suo sguardo stranito ricade su di me e con la mano piantata sul mio fianco lasciato scoperto dalla felpa sollevata, James prende a tracciare piccoli cerchi con il pollice, lungo la mia pelle, che si segna di fremiti.
Resto immobile, disorientata. James passa dallo scherzo, dalle risate sfrenate, dalla presa in giro, a ... questo.
«June ho un brutto rapporto con le parole e... »
Lo vedo tentennare nervoso. Si morde il labbro fissando il pavimento e a quel punto mi rendo conto che io riesco a percepire alla perfezione il suo stato d'animo.
«Non fa niente, a volte non c'è bisogno di parole.» sentenzio, conoscendo bene la difficoltà nel volere esprimere i propri sentimenti senza però riuscirci.
«È anche merito tuo, James. Jasper ti vuole bene per davvero e credo che a lui bastino semplicemente dei piccoli gesti da parte tua. Non hai bisogno d'altro per dimostrargli tutto il tuo affetto.»
«Ragazzi?»
Salto su dal letto come una molla impazzita quando una voce grave e maschile riempie la stanza.
«Signor Jordan!»
«Oddio, volevo dire... signor Hunter, ehm... Jordan»
Sono nel pallone. James sta ridacchiando.
Imbarazzata mi abbasso maglietta e mi defilo immediatamente da quella situazione insostenibile.
«Vado a...»
Provo a dire qualcosa, ma le mie parole cascano nel vuoto perché padre e figlio sono troppo impegnati a fissarsi con diffidenza.
«Hai fatto lo sforzo di tornare dal tuo viaggio di lavoro, incredibile.»
«L'avevo promesso a Jasper. Come ti avevo detto però, devo ripartire.»
«E perché sei tornato?»
Con la scusa di lasciar loro un po' di privacy, mi chiudo in bagno a sciacquarmi via la vernice dal corpo.
«Perché ho una mostra in Florida domani.»
«Florida?»
Mi avvicino con l'orecchio alla porta, nella virtuosa missione di origliare i loro discorsi.
«Porto Jasper con me stasera, magari ci scappa una giornata a Disneyland dopo domani»
«Ci scappa? Lo porti oppure no? Non glielo promettere se non sei sicuro di farlo per davvero.»
L'attimo di silenzio è assordante.
«Senti, James...»
«Non me ne frega un cazzo dei tuoi sensi di colpa da padre modello dell'ultimo minuto»
«James»
Avverto il rumore dei passi farsi più lontani, così decido di uscire dal bagno.
Quando però raggiungo la camera, mi accorgo della sagoma di Jasper. Jordan e James sono già spariti, ma Jasper sta seduto sul letto, immobile.
«Ti aiuto a preparare le cose da mettere in valigia?» gli propongo io causandogli un sopracciglio sollevato.
È un sì?
Lui non aggiunge altro, tira fuori dall'armadio la sua valigia nera costellata di stickers rossi che raffigurano una donna con un copricapo a due punte e un mantello color porpora.
«È Wanda quella?» domando mentre lui si porta una mano alla bocca per celare la soddisfazione di un sorriso.
«Ti fa piacere che abbia riconosciuto il suo Avenger preferito? Guarda che sembro una svampita, ma non lo sono.»
Mimo un tono di rimprovero che non fa altro che avvicinarci e mentre siamo intenti a piegare meticolosamente le sue magliette, James appare sulla soglia.
«Che cazzo fate?»
«Finiamo di preparare la valigia e se per puro caso dovesse venirci fame, James ci prepara un bel panino» Jasper annuisce, al contrario del fratello.
«Te lo scordi Biancaneve»
«Non ti diciamo cosa metterci dentro. Scegli tu. Vogliamo sia soddisfacente o te lo rimandiamo indietro.»
«Vuoi anche questo?» chiede James mostrandomi il dito medio.
«Usa un po' d'inventiva ogni tanto» lo provoco causando una rollata di occhi al soffitto.
«Vado a fumare e a farmi una doccia. Si indica il petto macchiato di vernice.
Col cazzo che vi preparo da mangiare.»
Io e Jasper finiamo di sistemare i suoi abiti in valigia e nel farlo, noto che questi sono principalmente sportivi, in particolar modo, non posso fare a meno di notare il quantitativo esorbitante di canotte da football che riempiono il suo armadio.
«A te piace il football?»
Jasper solleva le spalle, come se l'argomento non fosse di suo interesse.
«Te l'ha imposto Jordan, vero?»
Lui rilancia una t-shirt nell'armadio, sembra che la frustrazione si sia impossessata di lui al solo nominare suo padre.
«Ci sarà qualcosa che ti piace fare più del foot...»
E solo allora mi accorgo delle piccole sagome robotiche che riempiono le mensole sovrastanti la scrivania.
«E quelli? Cosa sono?»
Mi ritrovo presto con il naso all'insù ad esaminare attentamente ciò che finora era passato inosservato. Si tratta di robot in miniatura, nulla di esaltante, a Jasper però s'illuminano gli occhi.
Lo guardo sollevarsi in punta di piedi per raggiungerne uno, lo afferra con l'intento di mostrarmelo da vicino.
«Li hai fatti tu?» Accolgo sul palmo della mano quel piccolo intreccio di cavi, gambe motorizzate e pezzi metallici.
Jasper intanto si siede al mio fianco senza fiatare.
«A cosa serve? Sei un genio della robotica?»
«É un mix di informatica, ingegneria e meccanica.» sento dire alle mie spalle.
James torna con addosso un paio di pantaloni della tuta e una felpa ampia, lasciando una scia profumo maschile nell'aria.
«Non lo so, io non ci capisco un cazzo ma è una figata. L'ha costruito partendo da zero» conclude alla fine, prima di posare un piatto di tramezzini sulla scrivania.
La sua gentilezza culinaria però, ora passa in secondo piano, sono troppo rapita dalle abilità meccaniche di Jasper.
«Wow... Li hai davvero costruiti da solo?»
«Sì.» risponde lui con voce bassa e atona.
«Jasper è davvero bravo.» sentenzia James, mentre il fratello strizza entrambe le mani tra le ginocchia, curvando la schiena in una postura goffa.
E prima che io possa aggiungere altro, James recupera il modellino dalla mia mano e lo riposiziona sulla mensola alla quale apparteneva. Inizialmente non comprendo il suo gesto, ma dopo aver osservato il viso di Jasper, mi rendo conto che quella non è stata altro che una mossa premurosa da parte di James. Jasper infatti, è stato in apnea finora e sembra tirare un sospiro di sollievo solo quando il suo piccolo robot torna in salvo, riposizionato al suo posto.
«In questo siamo simili. Jasper è molto geloso delle cose che ama.» erompe James fissandomi negli occhi. La sua affermazione mi causa uno sfarfallio pesante nello stomaco, che non cessa nemmeno quando mi indica svogliatamente il piatto con i panini.
A quel punto Jasper si accomoda sulla sedia girevole per mangiare davanti al computer e io lo seguo a ruota, rimanendo in piedi.
«Bravi voi riposatevi...» soffia James, intento a coprire la latta di vernice e a riporre i pennelli usati.
«Ci riposiamo e ci godiamo lo spettacolo» lo provoco nel notare la sua schiena massiccia e cesellata di muscoli guizzanti. Questi si tendono e si curvano in un moto perpetuo, per tutti gli sforzi che compie James nel risistemare il casino che abbiamo combinato poco fa.
«Lo spettacolo? Per quello sai che dovrei levarmi anche questo.»
James finge il gesto di abbassarsi i pantaloni, perciò gli lancio addosso la prima cosa che trovo, ovvero un rullo per stendere la vernice. James inizia a saltellare perché a quanto pare l'ho preso in pieno sulla caviglia, Jasper però non sta ascoltando i nostri discorsi, lo vedo assorto a leggere qualcosa sullo schermo del computer. Convinta stia scegliendo un film da guardare, mi sporgo verso il monitor.
Sta scrutando qualcosa con attenzione. E io m'incuriosisco inevitabilmente.
Sai cosa fanno i pinguini quando sono innamorati?
Leggo ad alta voce il titolo dell'articolo, poi fisso Jasper con aria stralunata.
«Tu lo sai?» chiedo mossa dalla curiosità.
Jasper fa cenno di sì con la testa, senza nascondere un sorriso furbetto.
«Io non lo so.» mi ritrovo ad ammettere.
All'improvviso una presa solida mi marchia il braccio. James si agita all'istante e mi afferra dal braccio per trascinarmi via da lì.
«Bene, meglio che tu non lo sappia.» lo sento mugolare.
«Lasciami.»
«Andiamo.»
«Ma...»
«Qui ho finito. La valigia l'avete fatta? Bene, andiamo.» insiste James senza mostrare un minimo di tatto. Appare sbrigativo, fin troppo.
«Saluta tuo fratello» controbatto io, quando siamo oramai sulla porta.
«L'ho salutato.» mormora lui.
«Salutalo meglio.»
«Senti, perché cazzo devi sempre insistere?»
«Perché...»
«Sei qui per stare con mio fratello o con me?»
James ha ragione, abbiamo trascorso le ultime ore con Jasper, ma un po' di educazione di certo non guasterebbe.
«Calmati James.»
Vedo James ritornare da Jasper per dargli un abbraccio, quest'ultimo rimane rigido come un ghiacciolo dimenticato nel freezer da anni.
«Mi chiami quando arrivate?»
Jasper annuisce dal basso, James fa per allontanarsi, ma all'ultimo si volta verso il fratello.
«Sai cosa vorrei più di tutto? Hai presente quelle telefonate in cui non smetti di raccontarmi tutto e farmi venire il mal di testa... Dove tu parli, parli e io ascolto...»
James si lascia andare alla sua solita ironia, ma lo slancio è stato troppo largo, sembra non riuscire a tornare indietro e la sua voce si rompe per via di un forte nodo alla gola.
Penso che farebbe qualsiasi cosa pur di sentirlo tornare ad esprimersi.
Saluto Jasper con la mano e dopo aver ricevuto il suo cenno di contraccambio, James chiude la porta.
«Sei felice?» domando di getto quando ci troviamo entrambi con le spalle al muro del corridoio.
«A piccole dosi. Tu?»
Sorrido. «Anch'io»
James mi guarda con due occhi ancora lucidi.
«Vieni qui.»
James modella le sue labbra sopra le mie, in un bacio che mi toglie il fiato.
La mia mano scivola sulla maniglia porta di camera sua, ma lui s'irrigidisce.
«Aspetta, non aprire.»
«Perché?»
«Ho bisogno di un attimo»
Disorientata, seguo James giù in cucina, dove l'aiuto a fare la lavastoviglie, mentre Jasper e Jordan caricano le valigie in auto. Jordan fa le ultime raccomandazioni a James che lo fissa senza degnarlo di risposta, io intanto resto in casa, a curiosare un po'. Mi perdo ad osservare le foto nascoste nella credenza in mogano che si staglia in soggiorno.
Mentre sfioro con le dita il bordo ruvido del cassetto sento una voce sopraggiungere alle mie spalle.
«Se lo facessi in camera mia troveresti solo preservativi e fasce da pugilato.»
«Ma guarda caso lo sto facendo in salotto, dove ho trovato questa.»
La foto di Brian e Amelia insieme ai loro rispettivi genitori. Di nuovo quella foto. Ma ora, la guardo con una consapevolezza completamente diversa.
James curva il capo. Lo vedo stringere i pugni sotto alle maniche della felpa scura.
«Tu mamma è molto bella.»
«L'hai già detto» sospira strappandola via dalle mie mani.
«Che fine ha fatto?»
I nostri sguardi s'incrociano e lui capisce immediatamente che non sto più parlando di sua madre.
«Sicura di volerlo sapere?» domanda a quel punto, prima di accovacciarsi e sedersi sul pavimento. Mi accomodo accanto a lui e, con la schiena poggiata alla libreria, resto a guardarlo.
«Sì.»
«Brian è tornato da Tiffany, quella sera.»
«Parli...»
«Parlo della festa di Tiffany, di quando Brian mi ha trovato con Amelia e ha creduto ci stessi provando con lei. Lui e Amelia sono tornati a casa subito dopo quell'episodio, subito dopo che lui mi aveva massacrato di botte.»
«Sì, mi ricordo.»
«Ma i loro genitori non pensavano che i figli facessero ritorno così presto»
«E invece?»
«Quando Brian e Amelia sono arrivati a casa, i genitori stavano litigando brutalmente.»
«Perché?»
Mi si spezza il fiato nel domandarlo e a James s'incrina il respiro.
«La signora Hood aveva ricevuto i risultati di quel test tossicologico...»
« Ti riferisci a quella ragazza che è stata ritrovata morta...»
«Sì. Nel suo sangue emergevano enormi tracce di un farmaco. E non era quello che lei prendeva regolarmente per minimizzare gli effetti dell'epilessia, era un antidolorifico. Una sostanza che nessuna persona epilettica avrebbe mai assunto, proprio perché pericolosa per chi soffre di quella malattia.»
«Okay, quindi la mamma di Brian e Amelia stava iniziando a sospettare che l'avessero avvelenata?»
«Sì, ma la cosa che l'aveva stranita di più, era il fatto che lei, nonostante non fosse avvezza ai farmaci, conosceva quell'antidolorifico.»
«Cioè?»
«Era quello che il signor Hood assumeva tutti i giorni, da quando era stato dimesso dall'ospedale per causa mia.»
James sembra ritrovarsi con l'ossigeno ingabbiato nel torace, quindi incamera un lungo respiro prima di continuare.
«Gliel'avevano prescritto per i mal di testa lancinanti di cui soffriva, in seguito a quel trauma che gli avevo procurato. Ovviamente poteva essere solo un caso, ma la signora Hood ormai era stata sfiorata da quel dubbio. Dal dubbio che suo marito potesse aver fatto qualcosa a quella ragazza. E quel pensiero, come un tarlo, si era innestato nel suo cervello, facendole, finalmente, aprire gli occhi».
JAMES
Un anno prima
«James...»
Amelia sussurrò al telefono, ma quasi non ci feci caso, dolorante com'ero.
Scansionai il riflesso nello specchio tondo che incombeva sulla parete della camera da letto di Tiffany. Ero malconcio, con le tempie gocciolanti di sangue e l'occhio sinistro livido per i pugni di Brian.
«Che succede?» Sputai incazzato.
«Ho paura James»
Un forte brivido mi percosse lo stomaco già in subbuglio, quando la udii bisbigliare quelle parole.
«Cosa vuoi dire Amelia?»
«Vienimi a prendere.» sintetizzò facendomi arrabbiare ancora di più.
«Non riesco nemmeno a camminare dopo che tuo fratello mi ha ammazzato di botte.»
«I miei litigano come non li avevo mai visti litigare. Ho paura» ripetè lei, incurante delle mie ragioni.
«Perché?»
«Non lo so. James fa' in fretta...»
Così mi affrettai. Mi misi al volante e raggiunsi casa degli Hood il più velocemente possibile. La mia era solo lealtà buttata al vento, calpestata da un'amica che non meritava le mie attenzioni, ma questo lo capii solo dopo.
Giunsi davanti casa loro, ma ad aprirmi fu la mamma di Brian, che con faccia mesta non mi permise di entrare.
«Sono arrivati risultati.» Mi spinse fuori di casa con aria impaurita.
Disse paroloni incomprensibili, quello che capii fu che la ragazza era stata uccisa perché intossicata da forti dosi di un barbiturico, un antidolorifico che lei non era solita assumere, secondo il suo medico.
«E chi gliel'avrebbe somministrato?» domandai ignaro.
Lei si voltò ad osservare la porta d'ingresso che rimaneva socchiusa alle nostre spalle.
«James, non ti ho detto tutta la verità. Quando mi hai mostrato la foto della bionda...»
«Cosa?»
«L'avevo già vista.»
«Dove?»
«Mi sono scervellata così a lungo...All'inizio capivo dove l'avessi già vista, poi mi sono ricordata: l'avevo già incontrata. Era con mio marito, un pomeriggio, quando andai in piscina, dopo la lezione di nuoto. Mi disse che era un'allieva e io gli credetti»
«È un bugiardo.» ringhiai.
«James, dimmelo per favore. Lui che cosa c'entra con questa storia? Perché dovrebbe aver a che fare con una ragazza che tu dici sia morta a casa del vicesindaco?»
La signora Hood era così scossa, che solo allora si preoccupò del mio stato.
«Tu, cosa c'entri con questa storia? Chi ti ha ridotto così?» chiese allora, indicando il mio volto tumefatto.
«James ti ho aiutato a scoprire la verità sulla morte della ragazza, tu aiutami a capire l'implicazione di mio marito»
«Mi ha accompagnato lui a quella festa, a casa del vicesindaco»
Lei divenne gelida, bianca come un cadavere.
«Perché? Cosa ci facevi tu lì?»
«C'erano diverse ragazze e c'ero anch'io.»
Si portò le mani al volto, incredula. Ma l'incredulità stava divenendo a poco a poco un'assordante realizzazione.
«Il vicesindaco è il mio primo cliente. So che quando era molto giovane era stato coinvolto in scandali che riguardavano droga e prostituzione ma... Ora è pulito e poi... Cosa c'entra con mio marito?»
«Tuo marito non è quello che credi.»
Lei deformò la mascella.
«Credo abbia passato i tuoi contatti ad Austin, per le sue feste.»
«In cambio di soldi?»
Annuii senza parlare e fu lei a continuare.
«È intossicata da quell'antidolorifico. È lo stesso che prende lui da quando ha avuto quell'incidente.»
O cazzo.
A quel punto non era più un presentimento, avevo tutto chiaro dinnanzi a me.
Era stato lui.
«Il vicesindaco aveva telefonato a qualcuno quella notte, non riuscii ad udire tutta la chiamata, ma aveva chiesto a qualcuno di sbrigare la faccenda della ragazza»
Le mie parole uscirono lente, soppesate, ma le lacrime della donna non furono trattenute, uscirono come un fiume in piena.
«L'ha uccisa lui? Questo mi stai dicendo James?»
«Vattene.» La voce tenebrosa di Brian mi giunse alle orecchie. Uscì di casa e mi fulminò con i suoi occhi crudeli.
«James, è meglio se vai» aggiunse la signora Hood con voce preoccupata.
«Ma... Non siete al sicuro.»
«Ci sono io. La mia famiglia non ha bisogno di te» stridette Brian, mandandomi via.
Del giorno seguente, ricordo la violenza con cui spinsi Brian contro gli armadietti.
Le due spalle massicce causarono un eco metallico che rimbombò per tutto il corridoio. Amelia era arrivata a scuola con un occhio violaceo e io non ci vidi più.
«Che cosa le hai fatto?» urlai addosso a Brian.
«Niente, lasciami.»
«Niente? Allora perché tua sorella ha un occhio nero?»
Lui taque, quindi mi rivolsi ad Amelia.
«Amelia cosa ti ha fatto tuo padre?»
«Niente stava discutendo con mamma e io mi sono messa in mezzo» fece lei, secca come al solito.
«E ti ha picchiata?»
Come una belva furente, mi voltai verso Brian.
«Non sei nemmeno in grado di prenderti cura della parte buona della tua famiglia. Di tua madre e di tua sorella»
«Che vorresti dire?» saltò su lui, seguito da Amelia, che allargò le iridi verdi.
«Che vostro padre è un assassino...» mugugnai a denti stretti.
Nel corridoio ricolmo di studenti, non mi udì nessun altro, se non loro due, i diretti interessati.
«Non provare mai più a dire una cosa del genere.» replicò Amelia, sbigottita, prima di fuggire verso la porta d'ingresso dell'istituto. Fuori pioveva a dirotto quella mattina, ma lei non se ne curò, scappò sotto la tempesta.
«Amelia, ascoltami... Ti sto dicendo la verità» Mi precipitai dietro ai suoi passi frettolosi.
«No, non è vero.» negò lei con occhi lucidi di terrore.
«Amelia devi credermi, non sei al sicuro con lui. Ecco perché ieri sera mi hai chiamato. Ecco perché avevi paura.»
Brian ci venne appresso, sembrava confuso.
«È un assassino, ha ucciso una ragazza innocente per soldi, per una cazzata.»
Ma Amelia non volle starmi a sentire.
«Tu crei casini, sempre. Quale ragazza?»
«Sono stato con una ragazza un anno fa e lui...»
«Sei stato con una ragazza? Ma dai, guarda un po' che novità.» mi aggredì adirata.
«Non hai capito, Amelia...»
«Io ho capito benissimo. Ho capito che tu e tua madre siete un cancro per la mia famiglia. Se non fosse per lei, i miei non starebbero divorziando.» sputò con tutto il risentimento di cui era capace.
«Tu mi credi?» supplicai Brian con lo sguardo.
«A cosa dovrei credere? Che mio padre è un assassino perché hanno trovato una prostituta morta in un parcheggio e qualche filmato di sorveglianza che li ritrae insieme all'ingresso di un ristorante?»
«Non me ne frega un cazzo se voi due ci crediate o meno, io vado alla polizia. Oggi stesso.» m'imposi duro.
«Quindi, per una puttana che ti sei scopato un anno fa, mio padre dovrebbe andare in galera?»
Le parole di Amelia mi ferirono, mi fecero sentire piccolo, insignificante.
«Tuo padre ha provato ad approfittare di mia madre mentre lei era imbottita di farmaci, non era nemmeno in grado di capire cosa stesse succedendo.» provai a spiegarle.
«Tua madre è un caso perso, James. È solo l'ennesima persona che non ti vuole. Fattene una ragione. Non puoi distruggere la nostra famiglia, solo perché la tua è andata a rotoli.»
Non fu solo la rabbia, fu anche il conflitto interiore che scaturiva in me, ogni volta che qualcuno voleva fare del male a mia madre, a parole o con i fatti. Com'era accaduto con Hood, quella volta che lo colpii con la chiave inglese, anche questa volta smisi di ragionare. E invece che infierire contro Amelia, presi l'odio profondo che provai per lei e lo riversa su Brian. Lo afferrai dalla camicia della divisa e presi a colpirlo al viso, poi allo stomaco. Lo feci allo sfinimento, mentre la pioggia rendeva bagnati i miei pugni e puliva via il sangue che si mescolava con il fango.
Amelia urlò, provò a fermarmi, ma fu tutto inutile. Ero inarrestabile. Non riuscivo a calmarmi. E no, non era solo rabbia nei riguardi altrui, ma era rabbia che volevo gettare su me stesso. Perché il dissidio che provavo ogni volta che qualcuno toccava mia madre, era martellante. Mi spaccava a metà. La odiavo per avermi abbandonato, ma odiavo ancor di più me stesso, perché nonostante tutto, io non ero come lei: io ero in grado di provare quell'amore incondizionato che lei non era riuscita a donarmi, ad insegnarmi. E se qualcuno provava a insultarla o a farle del male, io impazzivo.
Brian ormai respirava a fatica quando sopraggiunsero il preside e gli insegnanti. Sotto alla pioggia mi trascinarono via, poi chiamarono l'ambulanza.
«E lì che ti hanno mandato in riformatorio, vero?»
«Sì, il signor Hood sporse denuncia. Brian è stato in ospedale per due giorni.»
«È scaturito tutto da Amelia e della sua boccaccia...» sospira June, delusa.
«No. È nato da me che divento violento quando non dovrei.»
«Sì invece, non provare a difenderla ancora. È indifendibile. Pensavo fosse Brian il problema, invece era lei.»
«Il problema sono io. Ho picchiato Brian in quel modo, suo padre... Ho fatto tante cazzate, June»
«James, non oso immaginare come ti sentissi. Nessuno ti credeva, nemmeno quelli che erano i tuoi migliori amici d'infanzia.»
«Io volevo andare alla polizia... ma ormai non aveva senso. La signora Hood non voleva più parlare dopo che avevo ridotto Brian in quello stato. Ero solo, completamente.»
Restiamo in silenzio e June sembra aver perso il sorriso che eravamo riusciti a trovare qualche ora fa.
«Senti basta, sto rovinando la serata.» brontolo irritato.
«Ma che dici? Non è così, James»
«Invece sì.»
«Lo so che a volte esagero» mormora lei chinando la testa bionda.
«Che vuoi dire?»
«Con il voler sapere troppo su di te»
«Sei un'aspirante detective. Ormai è risaputo, Madeline»
«E che m'interessa davvero.» ammette in seguito ad un breve sorriso.
«Cosa?»
«Conoscerti.»
«E ora conosco le tue motivazioni, ma... mi manca ancora un tassello.» sospira in attesa.
«Lui mi ha minacciato. Ha detto che avrebbe raccontato tutto ad Austin.»
D'istinto, serro la mandibola in una morsa ferrea.
Un anno prima
«Tua madre è una tossica, non c'è bisogno che io te lo ricordi. E tu, sei in una bruttissima posizione. Fa quello che devi fare.»
«Hai quasi stuprato mia madre. Mi hai venduto per soldi. Hai ucciso una ragazza. Cosa mi stai chiedendo? Di stare zitto per l'ennesima volta?» sputai quando Hood mi vide all'ospedale, quella sera. Andai per vedere Brian, ma non mi fecero entrare.
«Voglio solo il bene, per la mia e per la tua famiglia. Se Austin scopre che io e tua madre andiamo a letto insieme, chiama i suoi scagnozzi e mi fa pestare a sangue. Ma finisce lì. E lei invece? Pensi che non la lascerà? Pensi che non l'abbandonerà? Pensi che Austin prenderebbe mai la tua custodia o quella di Jasper? Non lo farà mai, non siete suoi figli. Volete finire in mezzo alla strada? O peggio, in mano ai servizi sociali? Divisi in due famiglie separate...»
Sentii il mio stomaco preso a pugni dall'ennesima delusione.
«Tua madre la rinchiuderanno in una clinica per tossicodipendenti e tuo fratello probabilmente finirà in qualche istituto per disabili mentali...»
«Mi sentivo ricattato. Mi sentivo alle strette. Stavo per finire in riformatorio per l'ennesima cazzata che avevo fatto, ma la mia paura più grande era lasciare Jasper da solo. Sarei stato via un anno e lui sarebbe rimasto lì, in mezzo a tutti quegli squali. Avevo paura per Amelia, avevo paura per mia madre, nonostante i sentimenti contrastanti. Non volevo che qualcuno facesse loro del male...»
«Così hai chiamato Will quella sera...» suggerisce June, ricollegando i pezzi.
«Sì, ma prima mi diressi a casa di Taylor. Ci andai per rubare la pistola di suo padre. Era l'unica persona che conoscevo che possedesse un'arma legale in casa. Will e Jackson erano d'accordo, senza nemmeno sapere di cosa si trattasse. Dissi loro che volevo sbrigare una cosa, ma William capì subito e fece di testa sua.»
«Come sempre.» commenta June scrollando il capo in segno di disappunto.
«Mi chiesi cos'avrebbe fatto a Jasper o alle persone a cui volevo bene. Ormai sapevo che era un assassino, non me l'avrebbe mai fatta passare liscia. Così ci ritrovammo sul ciglio dell'autostrada confinante con un bosco. Avevo il piano in mente. Volevo farlo fuori quella notte. Volevo ucciderlo.»
Nel ripercorrere gli avvenimenti di un anno fa, uno strano tremolio prende ad impossessarsi delle mie membra. June sembra farsi coraggio perché si sporge verso di me per afferrarmi la mano e stringermela nella sua. Riesce ad avvolgermi il dorso a fatica, eppure mi trasmette una calma innata.
«Ma William mi precedette. Lo ridusse male prima che io arrivassi e a me... spettava solo l'ultimo compito. Io però non riuscii ad andare fino in fondo, così William chiamò Austin.»
«E poi?»
«Io Jax e Will siamo saliti in macchina, quando abbiamo visto fari dell'auto di Austin. Non dissi nulla, ma lui decise di coprirmi le spalle.»
«Pensi l'abbia fatto fuori?»
«Conosco Austin, lui non si fa scrupoli. Lui è uno che le fa queste cose, ma... Erano amici. Sono stato un anno in riformatorio e una volta fuori, Austin non mi ha mai dato una chiara risposta. Ha continuato a ricattarmi e io, ho sempre avuto paura della verità.»
June mi stringe il braccio, come provando a scuotermi da quel brutto incantesimo.
Cazzo, questa doveva essere una serata speciale.
«Basta storie tristi. Vieni, voglio farti vedere una cosa.»
Le porgo una mano ed insieme ci alziamo in piedi. Io chiudo la porta d'ingresso a chiave e do uno sguardo all'ora. Sono quasi le undici.
«Resti qui a dormire con me?»
Lei prende a guardarmi con quegli occhi puliti e io mi chiedo cosa le passi per la mente ogni volta che si lascia toccare da me.
«Si dice a dormire "da me."» mi corregge prontamente.
«Da me, da te. Sopra di me, dentro di te. È uguale.» sputo lasciando scivolare un braccio dietro alla sua schiena per tenerla più stretta al mio corpo.
June però si protende verso il divano per accaparrarsi il telecomando.
«Guardiamo qualcosa?»
«Ma che fai? E Titanic?» le sussurro lasciandole una strisciata di labbra calde sul collo.
«Chi se ne frega di Titanic»
L'osservo dall'alto mentre si morde il labbro e abbassa lo sguardo al pavimento.
«Ma come...» mi acciglio io, prima di baciarle la bocca.
Vedo i suoi occhi chiudersi nel momento esatto in cui prendo ad intrufolare la lingua tra le sue labbra, per poi spingerla senza ritegno a cercare il giusto ritmo da impartire a quel bacio.
«Possiamo anche non guardarlo, non importa»
La sento sospirare, mentre con la mano indugia sul mio petto fasciato dalla felpa calda.
«Non dirmi così...» esalo preoccupato, prima di prenderla per mano e portarla al piano superiore della casa.
«Che vorresti dire, James?»
Ed è in quell'istante che apro la porta di camera mia.
JUNE
La stanza di James appare irriconoscibile ai miei occhi. Solitamente è tutta illuminata da una striscia di led che, oltre a ricreare una tonalità blu notte, danno all'ambiente un tocco cupo e notturno.
Ora invece, è tutto incredibilmente... bianco. Le pareti fanno da sfondo alle decorazioni di luci calde e avvolgenti, mentre, disposte sul muro a formare una sagoma rettangolare, le lucine gialle richiamano la mia attenzione, lasciando nella penombra tutto il resto. I cuscini bianchi sparpagliati a terra, le candele accese e... oddio, ma quello sul vassoio è cibo vero?
«Wow. Ma che cosa...»
Incantata, resto a rimirare lo spettacolo che mi si apre davanti, sprofondando nel silenzio più assoluto. Rimango senza fiato, senza parole. Ed è raro che io mi ritrovi a corto di cose da dire, ma ora James ci è riuscito benissimo.
«Hai trascorso la serata con me e Jasper, quando l'hai preparato tutto questo?»
Mi volto a cercare lo sguardo di James, che però sembra troppo occupato a vagabondare per la stanza, come ad assicurarsi che sia tutto al proprio posto.
A quel punto realizzo che il fascio di luce che si riflette sul muro, proviene da un piccolo apparecchio elettronico, che proietta quel grosso quadrato lungo tutta la parete.
«Esistono ancora questi...?»
Sfioro con la punta delle dita alcune confezioni rettangolari, raffiguranti locandine di vecchi film.
«Si chiamano dvd.»
«Dove li hai presi?»
«Che ti frega?» ribatte lui curvando il capo.
Ci squadriamo attentamente finché James non domanda «Succo di frutta o latte?»
Torno a sollevare gli occhi sulla magia delle luci che mi riempiono lo sguardo.
«E le luci dove le hai prese?»
«Boh...» mi fredda lui.
«La tua camera era già così? Con i cuscini per terra, le candele, le coperte e tutte queste...»
Compio un giro per la stanza, avvicinandomi ai vassoi riposti ordinatamente sul pavimento.
«...caramelle?» domando indicando delle tazzine contenenti piccole gemme colorate.
«Certo.» ribatte serio, prima di avvolgere labbra gonfie intorno ad una cannuccia per succhiare via del latte al cioccolato.
«Bugiardo.»
James ripone la sua confezione sul vassoio e, lentamente, si avvicina alla mia figura.
«Cosa vuoi sentirti dire? Che ho preparato tutto per te, Biancaneve?»
«Sarebbe la verità» controbatto tentando di reggere il suo sguardo, mentre lui è già intento a mordersi il labbro, prima di sorridere.
«Volevo solo renderla un po' vintage...»
Si accosta al mio viso, lento come un felino, mentre nella penombra il suo volto viene tagliato da macchie di chiaroscuro che lo rendono ancora più pericoloso.
«Vintage?»
«La serata, non la ...»
«James» esclamo spintonandolo e per poco non faccio cadere il macchinario poggiato sulla scrivania.
«Hai noleggiato anche questo? Cos'è?»
«È un vecchio video proiettore»
«Devi restituirlo?»
«Senti l'ho rubato, non c'è bisogno di restituirlo. Basta con tutte queste domande del cazzo.» biascica con le labbra piene ad un centimetro dalle mie.
«Ma come l'hai rubato?»
«L'ho rubato a Jordan. Lo teneva al fondo del ripostiglio»
«Quindi tutto normale... Hai noleggiato dei vecchi film, rubato un pezzo d'antiquariato...»
«Già. Ma la follia peggiore è stata questa»
Lo vedo allargare a ventaglio la serie di confezioni di dvd che tiene fra le mani.
«Hai preso Titanic?»
«Eh?»
«James!» esclamo eccitata.
«Ho preso Titanic?» mi fa il verso lui.
I miei occhi divampano di felicità, mentre lui seguita a prendermi in giro.
«Sì l'hai fatto.»
«Non so come ci sia finito. Dev'essere scivolato in mezzo agli altri film per sbaglio...»
«Certo, certo»
Io mi perdo con lo sguardo incantato a rimirare la locandina del mio film preferito, James intanto si siede a terra, tra i cuscini, dove abbandona le custodie dei dvd e allunga le braccia verso di me, che fingo di sfuggirgli. Ma gli basta sporgersi e sollevarsi di poco per acciuffarmi dai fianchi.
«Si vede quando ci tieni a qualcosa...»
Non riesco a smettere di canzonarlo, come non riesco a smettere di sorridere.
«Ho anche fatto la spesa questa mattina, nel caso volessi... Preparare dei muffin al cioccolato.»
Rimango così stupita da quell'affermazione da risultare quasi sgomenta.
«Che ne è stato di James Hunter?» chiedo mossa dall'istinto, quando lui mi fa accomodare sulle sue gambe. La sua mano calda si frappone tra le mie cosce serrate.
«La parte migliore è ancora qui...»
James emette un ghigno sfacciato, quando le labbra morbide m'intorpidiscono l'orecchio col suo respiro di menta e sigaretta.
«E ti piacerà così tanto...» lo sento gemere roco, prima di prendere a baciarmi il collo con zelo, come se non volesse lasciar escluso alcun lembo di pelle.
Che improvvisa voglia di non guardare Titanic
Chiudo gli occhi perché le sue labbra vellutate si avventurano sempre più alto, fino ad impossessarsi del mio lobo, che succhia avidamente.
«June...»
La presa sulla mia coscia diviene più serrata, il gioco di baci si fa troppo piacevole, perciò curvo involontariamente il collo sfuggendo alle sue coccole per qualche istante.
Mi volto per guardarlo negli occhi, James si lecca il labbro e il mio sguardo resiste nelle sue iridi solo per un soffio. Siamo così vicini che riesco a percepire il suo battito esplodere sotto alla felpa che gli avvolge il torace imponente.
Così, rapita nuovamente dalla sua bocca rossa e lucida, mi spingo in avanti e prendo a baciarla. Non desidero altro che sentire la sua lingua esperta giocare con la mia. E James sembra divorato dalle mie stesse voglie perché mi lascia fare, inclina il corpo all'indietro per qualche istante, dandomi l'illusione di condurre il gioco.
Ben presto però, si sposta rudemente contro la mia figura, facendomi cascare, stesa sui cuscini.
James è sopra di me e all'improvviso una strana paura prende ad impossessarsi delle mie viscere.
Stiamo per farlo? Finalmente.
Sarò imbranata cosmica? Ovvio.
Risulterò imbarazzante perché non saprò cosa fare? Palese.
I suoi occhi freddi cominciano a farsi scuri e caldi come la notte, mentre io mi sto raggelando al solo pensiero di sbagliare qualche mossa.
«Vuoi mangiare qualcosa prima?» chiede lui accorgendosi del mio attimo di smarrimento.
James quindi aziona il proiettore utilizzando un telecomando che sembra privo di tasti, mentre io apro le confezioni dei dvd e noto che Titanic è l'unica senza il disco al suo interno.
«Ma... è vuota.» sospiro delusa.
«Oh no... Davvero? Devo accidentalmente averla lanciata dalla finestra» ironizza causando le mie ire.
«Tu sei proprio stronzo. Me l'hai fatto credere!»
La stanza è poco illuminata e inizialmente non mi ero nemmeno resa conto che, tra i cuscini, oltre a caramelle, latte e succhi di frutta, svettano dei piattini contenenti biscotti e altre prelibatezze che io adoro.
Così addento un biscotto al cioccolato, poi mi volto verso James.
«Dai, tiralo fuori.»
Lui solleva le sopracciglia castane, trattenendo in tutti i modi il sorrisetto malizioso che lo contraddistingue.
«Ah, senza nemmeno... Okay.»
«James finiscila, ma hai cinque anni?» sbotto quando lo vedo portarsi una mano dentro ai pantaloni.
«L'hai detto tu!»
«Ma parlavo di Titanic!»
Iniziamo a battibeccare e a lanciarci caramelle gommose, finché non mi rendo conto che sulla parete di fronte a noi, è appena cominciata la proiezione di un film a me noto. Non posso fare a meno d'incurvare la bocca in un ampio sorriso soddisfatto.
«Grazie. È davvero tutto bellissimo, James» sospiro abbandonandomi con la schiena sul manto di cuscini morbidi.
«Ringraziami dopo.» puntualizza lui, beccandomi in pieno volto con un orsetto gommoso.
«Cretino.»
«Sei sporca di cioccolato.»
«James, smettila di scherzare per un secondo. Io dico sul serio.»
«Anch'io dico sul serio» mi indica il lato della bocca, poi vi lascia scorrere sopra il pollice caldo, dandomi i brividi.
Quel movimento ci fa avvicinare, lui è di nuovo addosso a me e, con mia sorpresa, James non mi bacia, posa la fronte sulla mia e compie il mio stesso gesto di serrare le palpebre, abbandonandosi completamente.
«Sei nervoso?» mormoro con un filo di voce.
«No.»
«Sicuro?»
«Non stai mai zitta, cazzo.» ansima roco, prima di assaltare le mie labbra con altrettanta forza.
Con la punta delle dita scava nel tessuto della mia felpa, che diventa carta crespa sotto alle sue mani forti. Il cotone si accartoccia quando prende a salire sempre più in alto, aggrappandosi con il palmo destro in prossimità del mio seno avvolto dagli indumenti. La mia temperatura s'innalza rapidamente. Le guance, la gola, avverto persino le orecchie iniziare ad ardere per il calore insostenibile.
Infine lo sento emettere un ansito soddisfatto quando sbuffo un «Ho caldo»
James mi aiuta a liberarmi dell'ingombro della felpa, mentre io non mi scollo dai suoi baci nemmeno per un secondo. Comincia, tra noi, un duello sfacciato e senza regole. Gli mordo labbro inferiore, che, morbido e umido, resta impigliato sotto ai miei denti, dandomi la piacevole sensazione del suo sapore di menta e tabacco, proprio sulla lingua.
James aggroviglia una mano intorno ai miei capelli, incastra le lunghe dita in mezzo alle ciocche e mi strattona appena, inclinandomi la testa, per approfondire il bacio e la danza delle nostre lingue frenetiche.
Con una mano continua a modellare il mio seno coperto dalle coppe, mentre con l'altra seguita a toccare le mie cosce, con così tanta bramosia, che comincio a pensare voglia impararne a memoria forma e consistenza. Lancio la testa all'indietro per inalare un grosso respiro, James invece si ferma e abbandona un bacio sulla curva dei miei seni, prima d'inchiodarmi con un'occhiata lussuriosa.
«Cazzo, ti esplodono.»
«Guarda, James... L'unica cosa che qui sta per....»
«Tu non ce la fai proprio a chiuderla la bocca» scoppia a ridere prima di zittirmi con l'irruenza della sua lingua, che slitta tra le mie labbra come un delizioso ghiacciolo alla menta.
Continuo a mordicchiargli le labbra, mentre con la mano decido di instaurare un po' di confidenza con il suo corpo, così bello e perfetto, che sembra chieda solo di essere ammirato e baciato. Con le dita percorro il suo petto scolpito, fino a scendere lungo il suo addome forte e compatto, per poi fermarmi un attimo prima che la sua V si restringa e scivoli nel bordo dei pantaloni.
A James sembra piacere il mio attimo di caparbietà, perché quando torniamo a baciarci, interrompe quel gioco di lingue per gemere una piccola supplica.
«Ancora...»
«Ancora è la tua parola preferita vero?» lo prendo in giro causando quello scintillio malizioso che è solito contraddistinguere il suo sguardo affilato.
La mia carne sembra sgretolarsi in mille pezzi quando James avvicina le labbra turgide al mio collo e prende a succhiarne avidamente la pelle.
«Oddio...» mi ritrovo a fremere per via dei suoi assalti così sfrontati.
«Sai Biancaneve... qualcosa mi dice che ancora diventerà la tua parola preferita stanotte.»
La musica prende a riecheggiare più forte nella stanza, ricordandoci che avevamo cominciato a guardare Titanic.
Vedo James afferrare il telecomando per abbassare il volume. Io lancio uno sguardo allo specchio appeso alla parete che, oltre a ricordarmi di essere in reggiseno, ritrae una me con i capelli scarmigliati, la pelle lievemente lucida e i pantaloncini sbottonati.
James sembra trasalire quando nota la durata impressa sull'involucro del dvd.
«Vuoi dirmi questo fottuto film dura tre ore?»
«E tu vuoi dirmi che tre ore sono troppe per te? Sei più il tipo da tre minuti, vero Jamie?»
La mia presa in giro lo fa sbuffare in piccole risate sconnesse, mentre le nostre labbra tornano a ricongiungersi. James affonda una mano pesante dentro ai miei pantaloncini, andando a solleticare le mie mutande leggermente inumidite.
«Fossi in te comincerei a contare, Biancaneve»
Sento le sue dita arricciarsi per spostarmi l'intimo a lato e compiere un movimento più deciso contro le mie pieghe sensibili.
«Cazzo.»
Si morde il labbro nel momento in cui spinge i polpastrelli freddi dentro di me, fino in fondo.
«Ma che fai?» chiedo confusa quando lo vedo indietreggiare per poi, all'improvviso, alzarsi in piedi. James mi porge una mano per aiutarmi a seguirlo.
«Tutto molto romantico, ma io mi sto spaccando le ginocchia a stare per terra come un coglione. Il mio letto è più comodo»
Mi spinge sul materasso morbido, dove ritroviamo la nostra connessione e ricominciamo a baciarci come se non avessimo mai smesso. Le sue mani calde si fanno più grandi man mano che proseguono ad esplorare il mio corpo tremolante sotto di lui.
James non perde tempo, allarga nuovamente l'apertura dei miei shorts e v'infila una mano dentro, andando ad aprire con due dita la mia intimità ancora avvolta dal cotone.
«James...»
«Faccio piano...» sussurra baciandomi l'ombelico, prima di giungere ai miei pantaloncini.
Me ne priva con un colpo secco, mentre io resto a guardare l'erezione spessa e possente che s'incurva rovinosamente sotto ai pantaloni grigi.
«Hai finito di mangiarlo con gli occhi?» mi canzona quando si accorge delle occhiate poco furtive da parte mia.
Provo subito a spostarmi verso il piumone. Ho tutta l'intenzione d'infilarmici sotto e nascondermi per sempre, ma lui non me lo lascia fare.
«Aspetta. Dammi un minuto prima» mi blocca, impedendomi di coprimi.
A quel punto sbuffo, causandogli un cipiglio.
«Voglio guardarti, June»
Mi ghiaccio, su quel letto che profuma di lui, di ammorbidente e di cioccolato.
Prima di riprendere a baciarci, James si sfila pantaloni della tuta con disinvoltura e nonostante la sua eccitazione avvolta dai boxer sia pesante nel centro tra le mie cosce, lo conosco, è più frenato del solito.
«Cosa c'è James?»
«Non avere paura a fermarmi, se è troppo» sussurra con voce bassa e vellutata.
La catenina che gli scivola dal collo mi oscilla davanti agli occhi, mentre mi perdo nella visione del suo corpo mezzo svestito.
«Va bene...» ribatto con il cuore in gola.
Stiamo davvero per farlo?
«Solo... non voglio farti male e poi...»
«James...»
«Okay la smetto» replica con un ghigno accennato al lato della bocca.
«Si vede che sto prendendo tempo?»
Ma non sono abbastanza veloce nella risposta, perché lui mi lascia un bacio a fior di labbra.
«Se ti trovassi solo bella, io non sarei qui, così, adesso.»
Con lo sguardo traccia la traiettoria di tutto il mio corpo, avvolto solo da reggiseno e mutande, mentre sto sotto di lui.
«Sei tu.» asserisce guardandomi dritta negli occhi.
Sento le mie iridi perforarsi per l'intensità della sua occhiata, così carica di significato. Significato che forse non riesce a dare alle sue parole, ma di cui non ho bisogno di udirne il suono, perché lo sento.
«Perché hai voluto aspettare così tanto?»
Da parte di James m'immagino una presa in giro o una provocazione, di certo non mi aspetto la verità stampata nei suoi occhi.
«Volevo arrivare ad avere una connessione più profonda con te, ma ora che la sento...»
Gli sfioro il torace con indice e medio, sotto ai polpastrelli la sua pelle calda ha un fremito. Mi sembra di avvertire il suo cuore battere all'impazzata.
«Ora non voglio più aspettare» mugugna affondando una mano nella mia coscia prima di scendere con il viso sul mio seno.
«Questa è il miglior adrenalina che abbia mai provato. La miglior droga» sussurra cogliendomi di sorpresa.
«Stai veramente parlando di questo ora...?»
«Sto parlando del fatto che bacerò ogni centimetro della sua pelle, Biancaneve.»
La testa di James scivola giù, rovinosamente, oltre il pendio delle mie curve per andare ad incontrare la mia pancia.
«Sei fottutamente bella.» soffia contro il mio ombelico, mentre i miei occhi scendono sulla sua protuberanza tesa nei boxer.
«James, l'hai già detto ma...»
Mi è difficile crederti.
«Allora te lo dirò ancora.»
Con dovizia mi bacia la coscia sinistra, causandomi un brivido. La porzione di pelle sopra al ginocchio brucia quando scivola sotto alle sue labbra gonfie che slittano lussuriose verso l'alto, segnando prima una gamba, poi l'altra. Chiudo gli occhi senza nemmeno volerlo, perché, con la lingua ruvida assesta una passata decisa proprio nella parte più interna delle cosce.
Mi isso sui gomiti e con lo sguardo scendo ad esaminare il mio corpo tremolante, soprattutto il mio inguine, dove i segni biancastri delle smagliature si stagliano come marchiature indelebili, mescolandosi alle cicatrici.
«James tu volevi fosse tutto perfetto e io....»
Io non lo sono.
«Non deve essere tutto perfetto, sta' tranquilla.»
Con i corpi pressati e avvolti nella penombra, James torna su di me e lascia scivolare un braccio dietro alla mia schiena, alla ricerca del gancetto del reggiseno che slaccia con abilità.
«Non so che fare...» sussurro nel suo orecchio, causandogli un piccolo sussulto.
«Sono qui per questo no? »
I miei indumenti intimi sembrano volatizzarsi, mentre lui non smette di guardarmi negli occhi.
«Sei nervosa...?»
«Mai quanto te...» ribatto prontamente.
«Cazzo. Riesci sempre a trovare la battuta pronta?»
Poi però zittisce ogni mia possibile replica, conficcandomi la lingua in bocca.
Ogni volta che la sua erezione sfrega contro la mia intimità scoperta, i suoi gemiti sofferti si fondono agli schiocchi dei nostri baci che riempiono la stanza.
«Come ti piace di più?»
«Cosa?»
«Come vuoi essere baciata?»
In qualsiasi modo, basta che sia tu a farlo.
«Hai seriamente bisogno di un aiuto da casa, Jamie?»
«Vedo che quella lingua la usi anche per dire cose intelligenti»
«Io sì, tu per cosa la usi?»
Lui sogghigna dinnanzi alla mia provocazione e comincia a darmi una dimostrazione pratica, facendomi sentire quanto gli piaccia giocare con la lingua sulla mia pelle bramosa.
Prende a stuzzicare dapprima un capezzolo, questo rimbalza all'infuori quando viene torturato a sufficienza dalle sue labbra, mentre lo avvolgono, calde e morbide.
Un risucchio più deciso tende i miei seni che, turgidi si modellano sulla sua lingua avida e vorticante. James però non sembra soddisfatto perché scende sempre più in basso, lo fa per leccare e baciare ogni mia parte pulsante e quando finalmente la corsa della sua bocca si arresta e culmina tra le mie cosce, una scarica di piacere prende a scorrere per tutto il mio bassoventre.
Affondo le unghie nella sua nuca, provocandogli un gemito rauco che viene soffocato dalla mia intimità, bagnata e aperta sulla sua lingua.
«Scusa.» mormoro quando mi rendo conto di avergli lasciato dei segni rossastri sulla pelle.
«Non fa niente. È solo un un graffio su un corpo.»
«No, è il tuo corpo.» sussurro prima di modellare le labbra socchiuse in prossimità delle sue.
«È il mezzo con il quale sono abituato ad ottenere quello che voglio.»
Se sei stato rifiutato e considerato sbagliato, non significa tu lo sia per davvero.
«Non sei solo questo, James»
Lui però scrolla il capo, come per lavare via le mie parole.
«Lo so, ma non è facile metterselo in testa.»
«Te lo ripeterò ogni giorno se vuoi.» azzardo allargando le braccia intorno alla sua schiena possente. Il suo petto si posa sul mio con una delicatezza inaspettata.
«Davvero?» domanda incredulo.
«Sì.»
James distende la fronte che era rimasta corrucciata.
«Va bene, ma solo se tu, in cambio, ti lascerai ripetere ogni giorno...»
A quel punto non perde tempo e scivola con la testa tra le mie gambe.
«....Quanto...»
Abbandona un bacio sulla mia cicatrice sinistra, facendomi scoppiare il cuore.
«Tu sia perfetta.» conclude sigillando anche quella destra con un bacio a stampo.
Mi osserva dal basso, con le palpebre a mezzaluna e a me manca letteralmente il respiro.
«Nella mia vita ho fatto cose di cui non vado fiero, June»
«Lo so» Sto annaspando.
«È che tu e io... siamo così diversi»
«Non è vero, James. Non ho mai conosciuto qualcuno così tanto diverso e, allo stesso tempo, così tanto simile a me.» riesco a dire col poco fiato che mi resta.
Lentamente, James si abbassa i boxer senza slegare il nostro gioco di sguardi. Mi osserva con quegli occhi e sono così belli da causarmi una rivolta di farfalle impazzite nella pancia.
Rimaniamo quindi l'uno sull'altro, stretti in un abbraccio, come segnati entrambi dal timore di cadere a momenti. E io sto ormai tremando.
«Hai paura, June?»
«Nel caso ne avessi?»
«Non devi avere paura di niente, non finché ci sono io.»
James finalmente afferra con una mano il piumone al fondo del letto e se lo trascina sopra le spalle, coprendoci entrambi.
«Meglio così?»
«Sì»
«È la prima volta anche per me.» sibila con voce spezzata.
«Cosa?»
«É la prima volta che mi succede. Voglio questo... con te.»
La sua confessione sincera m'impedisce di trovare le parole, il battito del mio cuore è così incalzante da serrarmi la gola.
«Prima volevo fare sesso, a prescindere dalla persona e...»
Avverto indistintamente il tremolio delle sue braccia, così provo a lasciarvi scorrere le mani sopra, come per tranquillizzarlo.
«June, se solo potessi tornare indietro... Rifarei tutto. Cancellerei tutto, per rifarlo insieme a te. Come fosse la prima volta, con te. Solo con te.»
Con il labbro inferiore gonfio e tremante, gli sfioro la guancia, lasciandovi un piccolo bacio.
«June, io amo....»
Mi s'intrappola il respiro in gola, mentre con lo sguardo seguo il suo pomo d'adamo che oscilla pesante sotto alla pelle abbronzata.
«Voglio dire... Adoro che tu sia così. Per te è davvero la prima volta, è tutto speciale quando lo fai, mentre non c'è niente di speciale quando lo faccio io. Mi sembra di aver già provato tutto...Tranne te.»
«Se vuoi, rifacciamo tutto da capo. Io e te.»
Il mio coraggio appena ritrovato gli causa un bagliore al fondo degli occhi.
«È quello che vuoi? Vuoi me, June?»
E la più banale delle domande, smette di essere tale quando James mi guarda in questo modo così indifeso.
«Mi vuoi per quello che sono o vuoi solo il cattivo ragazzo che può farti perdere la testa a letto? Vuoi me, nonostante le mie debolezze, i miei sbagli, le mie continue imperfezioni...»
La sua voce rauca, ormai al limite, si rompe ancora, dandomi l'opportunità di ribattere rapidamente.
«Sì»
E la mia risposta arriva così veloce, che James si ritrova ad inarcare un sopracciglio.
«Tu, James?»
Lui accerchia il mio viso con entrambe le mani.
«Tutto quello che voglio è qui»
Mi bacia la fronte lasciandomi completamente senza parole.
«Qui»
Per poi andare a segnarmi le labbra.
«Qui...»
Infine scende sul mio petto, dal lato sinistro, all'altezza del cuore. Striscia la punta del suo naso perfetto prima di lasciarvi un piccolo bacio a stampo.
«E, soprattutto, qui.»
Con le dita mi sfiora il collo mentre i suoi occhi sottili seguono ogni mio minimo movimento. Avverto il tocco delle sue mani sulla mia pancia, scendono fino a sotto l'ombelico per poi giungere al mio basso ventre dove comincia ad imprimermi un po' di forza sulle gambe per divaricarle, senza mai distogliere gli occhi dai miei.
Le mie cosce s'irradiano di brividi e il calore del suo corpo sul mio, è meglio di qualsiasi coperta, di qualsiasi altra protezione. Le nostre pelli ardono a contatto, ogni mia cellula sembra prendere vita quando viene cullata dalle sue dita esperte. E più ci baciamo, più il suo respiro si fa corto, mentre la l'eccitazione lunga e rigonfia scivola su e giù, contro mio clitoride.
James affoga entrambe le mani nelle mie cosce per divaricarle con decisione e a me si spezza il fiato quando avverto la punta tendersi e spingere in prossimità della mia zona più sensibile.
«So che non è romantico ma... Devo armare il soldato.»
«Cosa?»
«Devo mettermi il preservativo sul...»
«James!»
Lui sogghigna per la mia faccia imbarazzata, io intanto premo i palmi sulle guance.
«Ma già lo saprai visto che leggi quei romanzi e sei esperta...»
James stempera la tensione insostenibile che si era creata tra di noi facendomi ridere, intanto si allunga verso il comodino e dal cassetto estrae una bustina quadrata.
Riesce a baciarmi e a non farmi sentire a disagio, mentre con le mani lo sento srotolare il preservativo con movimenti esperti, come se lo facesse da sempre.
Resto ad inebriarmi del buon profumo maschile che emana il suo petto, James intanto circonda il mio viso con il calore delle sue braccia grandi, queste mi accerchiano facendomi sentire al sicuro.
«Che c'è?» domando quando lo sento temporeggiare.
Lui riempie le guance, sbuffando appena.
«Ho solo paura che tutto questo, con te, mi fotterà il cervello.»
«Tipo che mi ignorerai domani a scuola?» chiedo mordicchiando il lembo del lenzuolo.
«Tipo che mi piacerà da morire e non riuscirò a pensare ad altro» sussurra ad un soffio dalla mia bocca.
James a quel punto prende un lungo respiro e si issa poco più in alto, la catenella scivola sul suo petto e io riacquisisco nuovamente sicurezza. Le coperte ci avvolgono, l'oscurità mi permette di sentirmi più a mio agio e lui... Lui è davvero bello.
C'è del peccato nel suo sguardo, ma si mescola ad una purezza che non avevo mai notato prima e che sembra starci proprio bene, riflessa nelle mie iridi.
«Ora però non chiudere gli occhi.»
Compio un cenno di dissenso con la testa, mentre lui si prende del tempo per baciarmi lentamente. Con la lingua avvolge le mie labbra, sferra loro dei piccoli colpetti e così facendo, il mio respiro si regolarizza, ma si spezza del tutto quando sento James premere contro di me con il suo corpo possente.
Centra perfettamente la mia fessura umida oltrepassando tutte le mie barriere.
Chiudo gli occhi perché un'intensa fitta al basso inguine mi dilania il ventre.
Svanisce tutto nel nulla. Quei baci così dolci e quei brividi così morbidi di qualche attimo fa. Non ne rimane più niente.
Mi ero abituata a quella delicatezza, ma quando James entra dentro di me, una forza sconvolgente sembra schiacciare il mio corpo.
Non credevo potesse essere così forte lo scontro tra le nostre carni, mi sento sopraffare e la sensazione di dolore e pienezza è quasi totalizzante. Delle fitte mi puntellano la schiena e mi riempiono la pancia.
Ma mi basta avvertire il suo palmo caldo contro la guancia, per invogliarmi a riaprire le palpebre. Un calore si spande nel mio petto quando James lascia cadere la sua fronte sulla mia.
«Voglio dirti una cosa.»
E il mio respiro è di nuovo in frantumi.
«Quando stiamo insieme.... La mia testa è così piena di te, che tutto il rumore smette. E io ho quasi paura a...»
Con la punta del pollice mi sfiora dolcemente zigomo.
«Toccarti. Perché potrei rovinare l'incantesimo.»
Sento la nuca sprofondare pesante tra i cuscini quando James si morde il labbro, quasi a placare una sensazione troppo piacevole da sostenere.
«Non smettere di guardarmi, June» ansima col fiato corto.
Mi beo del suo bacio delicato, mentre la sua erezione imponente scivola fuori dalla mia fessura per affondarvi duramente, stavolta più a fondo.
«O cazzo. Lo sei proprio tanto. Stretta.»
Mi aggrappo con entrambe le mani alle lenzuola e James se ne accorge subito.
«Non voglio farti male.» sussurra con occhi più belli e affilati del solito.
Mi mordo l'interno della guancia, come per alleviare il dolore si propaga dal mio basso ventre fino alla mia intimità.
«Se vuoi...»
«Continua come stai facendo» ribatto impaziente.
«Non ho nemmeno cominciato a muovermi, June.»
Lo sento sospirare prima sfondare nuovamente le mie pieghe brucianti con la forza del suo corpo imponente.
«Solo... Fa piano.»
James accoglie il mio invito e comincia ad oscillare contro di me calibrando ogni momento, evitando di immergersi troppo a fondo. Prosegue in questo modo mentre continua a baciarmi, ma l'umidità inaspettata a cui va incontro lo fa scivolare sempre più in profondità. Con una piccola sfilza di movimenti s'insinua a fondo, dentro di me e sento riverberare tutta quella pressione sulla mia spina dorsale. Avverto il mio centro espandersi e frantumarmi in mille pezzi.
«Concentrati sui miei baci, all'inizio ti aiuterà a sentire meno il dolore.»
«Tu come lo sai?» domando prima di posare le mani sulle sue spalle dure e scolpite.
«Lo so. Meglio di quanto credi.»
Un'espressione amareggiata incombe sul suo sguardo, come se un ricordo spiacevole gli velasse la mente.
«Concentrati anche tu sui miei baci.» suggerisco io, causandogli un leggero innalzamento del labbro.
James sorride, quando con la mano cerco il suo viso per strapparlo via dal suo momento di tristezza, riportandolo a me. Con i capelli leggermente scompigliati sembra un gatto arruffato e non posso fare a meno di perdermi nell'ammirare i lineamenti perfetti del suo volto. James però, mette fine ai miei attimi di contemplazione perché torna a baciarmi e presto tra noi si crea una perfetta sincronia, che rende meno violente le spinte che s'infrangono sul mio centro dolorante.
La forza con cui il suo corpo si appropria del mio è estenuante, instancabile, ma ormai non siamo più sconosciuti.
Non c'è parte di me che lui non conosca e l'imbarazzo ormai sembra svanire. Ora capisco il perché di tutta quell'attesa, forse è valsa a qualcosa. Ci siamo raccontati cose molto più profonde di questo. I suoi occhi non li percepisco più estranei, nemici.
Sono così vicini al mio cuore, da sentirli miei.
«Scusa » sussurra James, baciandomi sul collo.
Sto per domandargli a cosa si riferisca, ma quando dà un'ultima stoccata per entrare più a fondo, un sibilo di dolore abbandona le mie labbra.
Eravamo due individui distinti, ma ora... Ora non sento più quella differenza tra me e lui.
James imprime la presa possessiva delle sue mani sulle mie le cosce, le spalanca con forza, intensificando il ritmo delle spinte.
Il mio corpo si fa sempre più bollente e il suo non è da meno, sento le nostre pelli cominciare a scivolare, creando scintille pericolose, come se potessero prendere fuoco da un momento all'altro. James comincia inevitabilmente a boccheggiare.
«Stai bene?»
«Sì. Di solito quando arrivo a questo punto sono ubriaco o fatto, ma ora...cazzo... Sento tutto» ansima allungando un braccio contro la spalliera del letto.
«Cosa senti?» provo a chiedergli.
«Vorrei solo che anche tu potessi... Sentirmi tutto.»
Resto ipnotizzata a fissare il suo braccio attraversato da vene pulsanti, mentre con l'altra mano si scompiglia i capelli, in un gesto casuale e allo stesso tempo attraente. Mi guarda dall'alto, prima di afferrarmi dal fianco e assestare spinte sempre più bramose e urgenti.
James aumenta il ritmo ma è vittima delle sue stesse azioni, perché sembra incapace di reggere quella tensione, quindi casca con la testa sulla mia spalla.
«Tieni le gambe così, aperte.» lo sento ansimare tra i gemiti spezzati.
Affondo una mano tra i suoi capelli ormai mossi, mentre le sue labbra gonfie e rosee mi stuzzicano l'orecchio, sfiorano in modo leggero la mia gola e come piume si posano sui miei seni ormai turgidi e rigonfi.
Man mano che le sue spinte si fanno più concitate, la sua voce nel mio orecchio diviene lava bollente, il suo corpo diventa pesante e il respiro corto si fa tiepido, addosso a me.
Mi sento ardere.
Chiudo gli occhi, provando a concentrarmi e ad abituarmi alla danza ritmica che stravolge i nostri corpi, ma James ad un tratto si ferma.
«Che c'è?» domando allarmata, quando stavo ormai entrando in sintonia con l'urgenza dei suoi movimenti.
«Niente. Voglio solo guardare quanto cazzo sei bella.»
Lo vedo osservare la sua erezione che emerge dalle mie carni, compressa nel velo lucido che la racchiude.
«Ti fa ancora male?» domanda sfiorando la mia parte più sensibile con la delicatezza del suo pollice.
«All'inizio sì, ora molto meno, non so perché...»
Riaffonda in me con prepotenza, lasciandosi andare ad un mugolio di piacere.
«Lo so io perché. Sei così bagnata...»
«James e dai...»
«Che c'è, è un complimento per me» sorride esibendo le sue fossette adorabili.
«Scommetto che questo complemento l'hai ricevuto tante volte»
Ho l'ardire di prenderlo in giro, mentre lui torna a spingere dentro di me sempre più velocemente.
«Sì, ma mai da qualcuno che contasse davvero per me»
Un rantolo abbandona le sue labbra disegnate, mentre le nostre intimità sfregano intrise degli umori che scivolano all'unisono. Con la mano raccoglie il mio seno riempiendosi il palmo, con il pollice invece, allieta il mio capezzolo sensibile al suo tocco provocante.
«Come lo senti?»
«Io...»
«Dimmelo, June.»
«É più intenso di quanto immaginassi.»
«Cazzo, non ho mai provato niente di simile.» ansima senza fiato.
Lascio che le mie dita serpeggino tra le ciocche castane che gli percorrono la nuca, le uso come appiglio, mentre una forte tensione mi fa scottare la pelle. I muscoli dell'addome bruciano ad ogni movimento.
Sento il corpo perdere forma e le gambe farsi fiacche, inconsistenti.
James però non sembra affatto stanco, tutti i suoi muscoli sono tesi, sembrano in procinto di scoppiare da un momento all'altro, ma questo non gli impedisce di continuare. Afferra la mia coscia e l'allaccia al suo fianco, sento la sua eccitazione continuare a sbattere in un punto preciso dentro di me, divenendo quasi piacevole.
Arrossisco quando James si accorge di avere trovato il ritmo e l'inclinazione giusta per mandarmi in estasi.
«Ora sì che ti ho dato un buon motivo per arrossire.»
I suoi fianchi possenti oscillano, creando un impatto forte, inevitabile, fatto di spinte profonde e ben controllate contro il mio ventre che, morbido, si scioglie come burro ad accogliere tutta la sua prestanza maschile.
«Troppo?»
«Prima sì, ma ora, non lo so...»
«Puoi dire quello che vuoi, ma ci stai proprio bene stretta intorno al mio cazzo.»
Per poco non sobbalzo quando avverto le sue dita fredde picchiettare ad intermittenza sul mio clitoride già gonfio per gli sfregamenti continui. Ogni mia cellula si fa più sensibile e sembra accadere lo stesso anche a James. La mia intimità seguita a pulsare sotto allo sfregamento abile delle sue dita.
«Dio, mio...» lo sento ringhiare quando un'espressione di sofferenza gli si disegna in volto.
«Ti sta piacendo.»
Mi afferra dai fianchi prima di affondare ancora e ancora, dandomi tutta l'urgenza e la foga con cui lo esigo.
Ad un tratto si morde il labbro e il suo corpo comincia a frenare bruscamente, mi raccoglie entrambe le mani e se le porta sul retro del collo, ad accerchiargli la nuca.
«Puoi metterle qui, per farmi sentire quanto mi vuoi vicino.»
«Oppure qui.» mormora quando se le posiziona sui muscoli contratti e sodi del fondoschiena.
«Per farmi sentire quanto mi vuoi dentro»
Io però finisco per abbandonare le mani sulla sua schiena larga e possente.
«Perché scegliere?» sorrido.
«Bella mossa, Biancaneve» lo sento boccheggiare, tra baci sempre più appassionati e scomposti.
La catenina che gli circonda il collo prende ad oscillare sul petto ormai lucido di una lieve pagina di sudore.
«Non c'è la faccio più a trattenermi» .
Se inizialmente James appariva impassibile, ora sembra suscettibile ad ogni movimento, ad ogni mio tocco e la sofferenza viene accentuata dai miei gemiti lascivi. Sfioro entrambe le sue braccia e mi accorgo che sono attraversate da piccoli fremiti, ha la pelle d'oca.
«June...»
Con le mani provo a rassicurare il suo corpo, tasto la sua schiena che comincia a vibrare di sussulti e respiri sempre più frammentati. Il suo sguardo colmo di lussuria m'inchioda tra i cuscini, non riesco piu a muovere un muscolo.
«June...»
James mi serra la bocca con un lungo bacio, mentre il mio corpo viene invaso da un calore inspiegabile, sento i miei organi interni bruciare di un incendio sconosciuto. Avverto una tensione viscerale crescere dentro di me che culmina con spasmi incontrollabili. Un bisogno inspiegabile comincia a crescermi dentro e solo James sembra in grado di appagarlo, ad ogni spinta.
«Oddio, James...»
Mi accorgo di come il mio respiro sia ormai ridotto ad un ansito e di come tutto il mio corpo si stia adoperando per una cosa sola. Raggiungere l'idillio. Lui sembra accorgersene perché aumenta il ritmo, sfiancandomi di spinte ripetute, senza fermarsi nemmeno per un attimo. I nostri corpi sudati sembrano sul punto di esplodere.
James inarca la spina dorsale quando per attutire tutte quelle sensazioni piacevoli che si mescolano nel mio cervello, comincio ad aggrapparmi ai muscoli della sua schiena, lo graffio, lo segno, mi lego a lui come mai avrei immaginato. Con entrambe le cosce gli serro i fianchi e James sorride compiaciuto, perché mi sto letteralmente contraendo intorno a lui.
Una scarica di fulmini mi attraversa il corpo mandandomi in paradiso. La mia visione si cristallizza per qualche istante, ma James mi fa tornare presto alla realtà perché mi morde il labbro e a quel punto perde completamente le redini del suo corpo.
«June, cazzo...»
Continua a ripetere il mio nome in modo sconnesso e languido, causando un'altra ondata di calore che si propaga dentro di me, dandomi scosse elettriche proprio nel mio punto più profondo, dove lui si arresta e dopo avermi circondata con le braccia, lascia scivolare il suo orgasmo, così intenso da fargli contrarre l'addome e tremare il petto.
James resta immobile, ma dentro di me sento una rivolta.
Sbatte le lunghe ciglia che nascondono il suo blu più profondo. Resta bocca socchiusa per qualche secondo a fissarmi, come a realizzare cos'è appena accaduto.
Mi scruta in viso, sembra una creatura selvatica intenta a studiare l'animale che si trova davanti, come per valutare se possa fidarsi o meno.
Alla fine però, sprofonda con la testa nell'incavo del mio collo e lo fa senza paura.
Mentre gli accarezzo i capelli sento suo respiro regolarizzarsi e il suo petto, ancora palpitante contro il mio, sta pian piano arrestando la sua corsa.
Ci prendiamo qualche attimo di silenzio, finché lui non esce da me e sposta l'attenzione tra le mie cosce.
«Stai bene vero?»
Annuisco, mentre lascio scorrere lo sguardo lungo la sua erezione dritta e spessa, avvolta nel preservativo. Noto che è leggermente macchiata di sangue.
Sollevo di poco il busto, coprendomi il corpo fiacco con il lenzuolo, poi provo a stendere le gambe indolenzite, muovendole appena per ricercarne la sensibilità. James si alza in piedi e senza dire nulla, sparisce in bagno. Resto a fissare il soffitto finché lui non torna con un paio di boxer puliti e si siede sul letto, proprio davanti alla mia figura.
Sollevo gli occhi dal lenzuolo ed incontro il suo sguardo fisso su di me.
Sembra voglia parlare.
Ed è dannatamente serio.
O forse mi sto illudendo?
«È reale tutto questo?» domando con un filo di voce.
«Non ho mai sentito niente di più reale in vita mia, June»
James mi prende la mano e la racchiude dentro alla sua. Realizzo che sta ancora tremando e senza volerlo, le mie dita scivolano sul suo polso attraversato da vene che pulsano imbizzarrite.
«Ti sembra abbastanza reale questo?» sussurra poi, inducendomi a sorridere e ad abbassare lo sguardo.
«Ti ricordi quando la sera del mio compleanno, ti ho chiesto di dimostrarmi qualcosa... Non a parole, ma con i fatti?»
La sua domanda mi prende del tutto impreparata. La mia mano resta intrecciata alla sua, mentre con l'altra tormento le ciocche bionde e stropicciate che mi ricadono sulle spalle nude. Il lenzuolo per poco non mi scivola via, perciò torno a reggerlo fin sopra al seno.
«L'hai fatto, mi hai difeso con Amelia.» asserisce puntandomi con il suo sguardo deciso.
«Mi hai difeso con Taylor, con Will quando avevo la febbre. Mi hai retto il gioco con il coach e... So che posso contare su di te.»
«Questo intendevi?»
«Il fatto che tu mi risponda a tono e che mi dia del filo da torcere... Tutto questo mi piace, ma ci avrebbe portato nel mio letto e basta.»
James continua a stringermi la mano, mentre con le dita della sinistra attorciglia nervosamente il lembo del lenzuolo, sgualcito dalle nostre voglie.
«Tu sei di più.»
Un piccolo sospiro, poi torna ad immergere i suoi occhi dentro ai miei, così desiderosi di scovare la sua anima, che, ora che riesco a vederla per davvero, mi sembra quasi impossibile. Mi sembra di vivere un sogno.
«E forse, inizialmente non vedevo quanto fossi speciale, solo perché non volevo accettarlo.» prosegue sottovoce.
I suoi capelli castani formano un ammasso scarmigliato che contorna le sue guance arrossate e gli occhi vividi. Non so cosa mi prenda, ma mi lascio guidare dalle sue parole e permetto ai miei pensieri di fuoriuscire liberi.
«È successo anche a me, James. Anch'io pensavo di non vederlo, il perché tutti ti amano. In realtà ho cominciato a capirlo presto. La lealtà verso i tuoi amici, verso le persone che ami e ... Avresti fatto qualsiasi cosa per salvarmi. E sì, vorrei essere egoista e pensare che lo faresti solo per me, ma in realtà ti preferisco per come sei realmente. Sei protettivo con le persone che ami e lo fai a prescindere da come loro si comportano con te. E avere anche solo l'onore di essere tra queste persone...»
Mi mordo la bocca dolorante di baci. Non sono abituata ad aprirmi così tanto con qualcuno.
«E se tu fossi la prima tra tutte queste persone? Riusciresti a reggere questo onore?»
Lo vedo passarsi la lingua nell'interno guancia, per poi stuzzicarlo di piccoli morsi.
«Intendi...»
James m'inchioda con uno sguardo così bello che non mi lascia scampo.
«Intendo come la mia fottuta ragazza. È troppo per te, White? Non hai le palle?»
«Che cretino. Ti sembra il modo di chiedermelo?» Scoppio a ridere dimenticandomi di ogni cosa.
E il mondo sembra improvvisamente avere un senso quando lui torna a baciarmi.
Il mio cuore compie un balzo disperato, un tuffo nel vuoto, colmando quel desiderio di vertigini e farfalle nello stomaco che ho cercato da tutta la vita nei romanzi.
I nostri corpi si uniscono in un abbraccio e io mi scordo del lenzuolo, del mio corpo nudo e di quanto lui sia perfetto.
James questa volta mi allarga le cosce per portami sopra di lui, legandosele intorno al bacino.
«Che fai? Di nuovo?» mi allarmo quando avverto la sua erezione rinforzarsi contro mia gamba indolenzita.
«Che c'è... Vorrai mica fermarti?» sorride lui con un un ghigno tagliente e malizioso.
L'estremità delle sue dita forti affondano nella mia carne, mi tiene tiene salda ma la sua lunghezza sembra ritrovare nuovamente l'eccitazione, a contatto con la mia intimità sensibile.
Inarco un sopracciglio, mentre James allunga la mano verso comodino.
Mi sento un po' troppo scoperta ma lui scende con il viso sul mio seno, per baciarlo lentamente.
«James?»
«Non avere fretta....» mi prende in giro prima di sedersi sotto di me e indossare nuovamente il preservativo. Mi agguanta dalla vita, invitandomi a posizionarmi sopra di lui.
In un attimo mi solleva di peso e centra la mia fessura con la sua punta tesa che resta turgida quando struscia contro la mia carne, forzandola a schiudersi per accogliere tutto il suo spessore.
James affonda dentro di me con un colpo secco, lasciandomi senza respiro.
D'istinto chiudo gli occhi, forse perché la ferita brucia ancora, ma quando li riapro, mi crogiolo nella visione di un ragazzo che mi scruta dal basso, con gli occhi felini, le larghe spalle segnate dai graffi e le labbra gonfie di baci e morsi.
«Fallo June, scopami.»
«Perché tu devi sempre...»
Lui mi posa una mano sulla vita, poi m'invita a sfregarmi addosso a lui con più foga, come se ne avesse un bisogno viscerale.
«Di più»
Seguo le direttive delle sue mani che mi guidano esperte, nel movimento su di lui, in quel modo così lascivo. Porto le braccia in avanti ad arpionare il suo petto scolpito, mentre lui si appoggia con la schiena alla testiera del letto.
E quando penso che sia arrivato il momento in cui mi lascia condurre il gioco, James mi afferra una copiosa manciata di capelli, obbligandomi ad arcuare il collo. A quel punto solleva il bacino, dandomi due spinte così secche da farmi tremare.
Mi mordo il labbro, mi sento completamente ubriaca del suo profumo e del suo corpo.
E se prima potevo ritenerlo troppo doloroso e troppo grande, ora la sua presenza dentro di me è piacevolmente necessaria. E ovviamente lui se ne accorge.
«Ti piace?»
«Sta zitto.»
«Dillo che ti piace»
Mi punta con un sorrisetto dispettoso, perciò l'afferro dalla catenina e lo spingo sul materasso. James casca con la schiena tra i cuscini e io mi stupisco di tutta questa mia iniziativa.
Sono imbarazzante?
«Sei perfetta»
Un sospiro trapela dalle sue labbra carnose e febbricitanti. Come febbricitante è il mio corpo in questo istante. O forse, i nostri corpi. Brucianti e caldi.
«Ci metto troppo.» mi lamento quando avverto delle sensazioni contrastanti farsi strada dentro di me.
«Mettici tutto il tempo che ti serve, sono qui apposta.» mormora lui, guardandomi dal basso con aria soddisfatta.
Prendo a muovermi sopra di lui, rapidamente, provando a non pensare a come io possa risultare dall'esterno. I suoi occhi sottili ondeggiano sul movimento dei miei seni che rimbalzano ad ogni oscillazione.
«June?»
«Sì?»
«Rallenta.»
«James perché stai tremando?» domando senza accennare a fermarmi.
«Perché non riesco a smettere di guardati»
Lo sento vibrare dentro, mentre James porta entrambe le mani contro la spalliera del letto.
«Oh cazzo»
«Che c'è?» chiedo quando lo vedo portare la testa all'indietro.
«È come pensavo.»
«Cosa?»
«Il tuo posto è proprio sopra il mio cazzo, Biancaneve.»
James esala un gemito rauco, mentre le lenzuola si stropicciano sotto alla sua mano venosa, le sue braccia si gonfiano, come le vene che pompano violente e in rilievo, nascoste sotto alla pelle sottile del collo.
Avverto uno strano calore formicolare lungo le mie cosce mentre continuo a muovermi su di lui.
I miei gesti s'intensificano, si fanno sempre più affannati finché non sento il mio corpo contrarsi intorno al suo, con spasmi violenti e frammentati.
Rovescio testa all'indietro e ogni sensazione culmina nell'estasi per poi azzerarsi del tutto. Perdo la cognizione della realtà, mi guardo intorno finché i miei occhi non cascano sulle sue labbra socchiuse. James mi sta osservando estasiato.
«Oddio... È stato... non me l'aspettavo.» confesso boccheggiando. «Tu sei...?»
«No June.» ansima con i suoi occhi blu come la notte e le labbra rosse come il sangue.
Mi sento svenire. Con la testa sgombra e le gambe doloranti, mi porto una mano sul petto, come a voler rallentare il battito del mio cuore.
«Ho solo bisogno di un attimo, James...»
«Vieni qui.»
Mi sdraio, accoccolandomi con la schiena contro il suo petto rassicurante. James mi cinge il fianco portandomi contro di sé. Il mio respiro impazzito non ne vuole sapere di rallentare, mentre lui mi tiene stretta, regalandomi dei baci accennati tra collo e capelli.
«Sono tutta sudata...»
«Pensi m'importi qualcosa? E poi tra poco lo sarai ancora di più» lo sento ridacchiare maliziosamente.
«Come ti senti James?»
«Stranamente non... vuoto. E poi...»
«E poi cosa?» domando curiosa.
«E poi ti voglio ancora.»
James mi bacia la spalla, poi affonda i denti nella mia pelle, ricordandomi che oltre alla sua parte più dolce, esiste anche quella più passionale.
«Fai così piano di solito?» domando sfiorandomi il basso ventre ancora pulsante.
«No, ma.... Questo non è il solito, June.»
Con il dito percorre l'incavo dei miei seni, fino a scendere all'ombelico
«Se vuoi però...» I suoi polpastrelli sfiorano la mia intimità umida e gonfia.
«Posso mostrarti la mia posizione preferita.»
«Sarebbe?»
James si solleva sul letto, posizionandosi con le ginocchia ben piantate nel materasso. Mi porge una mano, così, a fatica, mi alzo anch'io.
Imito la sua postura, inginocchiandomi, poi con il braccio mi copro il seno, mentre lui si erge dietro di me.
«Non coprirti.» suggerisce, cercando il mio sguardo nello specchio appeso al muro.
«Mi vergogno, lo sai...»
L'atmosfera è buia, ma riesco comunque ad incontrare le nostre sagome riflesse nello specchio.
«Lo faremo così tante volte che ti dimenticherai di provare vergogna.»
James indica lo specchio con un cenno del capo.
«Guarda. Da questa prospettiva...»
Le sue braccia mi cingono completamente, lascio che mi abbracci da dietro, mentre il suo petto ampio e leggermente umido si appoggia contro la mia schiena.
«Posso abbracciarti ...»
Con una mano a coppa arriva a circondarmi il seno, schiacciandolo con una presa possessiva.
«Posso guardarti negli occhi....»
Con la sinistra scivola sul mio fianco fino a palparmi con decisione una natica.
Vedo il suo sguardo riflesso nello specchio perdere il contatto visivo e finire sempre più in basso.
«Mentre ti guardo il culo.» conclude prima di inclinare il collo per studiare al meglio ogni dettaglio del mio corpo.
«Ma senti che poesia» lo canzono.
«Vero?» sorride poi, mentre la sua punta preme contro la mia morbidezza.
Le dita solcano le mie curve fino a giungere alla mia fessura, colpisce il mio clitoride con qualche passata di pollice, come ad assicurarsi che io sia pronta per lui.
Sento l'erezione turgida fremere contro la mia pelle.
«June...»
«Tutto questo... Non è imbarazzante?»
«No tutto questo è fottutamente bellissimo.»
James spinge dentro di me con decisione, poi si ferma.
«Continuo?» domanda raccogliendo le ciocche di capelli che mi fluiscono sul viso, impedendone la visuale.
«Sì.»
Mi avvolge l'addome con un abbraccio e nel tentativo d'impedirmi di cascare in avanti, mi tiene stretta a sè. La mia schiena resta schiacciata contro il suo petto e il mio seno imprigionato nella sua mano.
«Non posso andare più veloce, da qui ti farebbe troppo male.»
I suoi occhi sembrano cosparsi di colla perché rimangono incastonati sul mio sedere. James si passa una mano sull'addome fasciato di muscoli, mentre io provo ad andare incontro ai suoi movimenti.
«James..»
«Sì?»
«Ho anche due occhi.»
«Lo so benissimo. Ma il tuo corpo mi fa impazzire.» sorride mentre prende ad aumentare il ritmo.
Esce completamente e la mia apertura prende a fremere ogni volta che rientra, sempre più bagnato, con una lentezza sfiancante.
Un rivolo di saliva bollente colpisce improvvisamente le mie pieghe.
«James, hai appena...?»
La crepa di un sorriso gli illumina il volto e la spinta profonda che ne consegue mi fa tremare.
Perdo ogni appiglio quando le mie ginocchia scivolano in avanti, James mi sorregge, serrandomi la vita con il braccio, ma ben presto si lascia prendere dai movimenti sempre più concitati ed in un attimo è sopra di me. L'equilibrio di entrambi viene meno e casco nuovamente in avanti, questa volta posando mani e ginocchia sul materasso.
«Oh cazzo sì»
Nello specchio vedo solamente l'immagine di una matassa bionda e spettinata. James prova a spostare le ciocche dal mio viso per riuscire a guardarmi negli occhi, ma i suoi baci sono solo una dolce carezza, prima di farmi sentire tutto il suo vigore. La sua bocca tiepida delizia il mio orecchio, prendendone il possesso con gemiti incontrollati e io non riesco più a smettere di ansimare.
«Mi sa che mi sbagliavo, è questa la mia posizione preferita.»
Non ho il coraggio di zittirlo, ma lo sento rallentare per lasciarmi prendere confidenza con quella posizione in cui lo sento arrivare nelle mie profondità, ormai sempre più cedevoli.
«Shhh» sussurro tra un bacio e l'altro.
«Non c'è nessuno in casa» mugola lui passandosi una mano tra i capelli folti, creando nello specchio un'immagine proibita e bellissima.
James seguita a mordersi il labbro e a far oscillare lo sguardo del mio viso al mio seno rigonfio, mentre io mi spingo contro di lui inarcando schiena, chiedendogli così di continuare.
Lui lo fa, con colpi ben serrati e rapidi, tanto da farmi terminare con la faccia sul cuscino.
Reggere quella pressione non mi è più possibile.
Mi sento esplodere e sì, è ancora doloroso, ma il piacere ha preso sopravvento, perché James ha saputo dosare perfettamente ogni sua mossa.
«Aspetta.»
«Cosa?» domando con la guancia ormai sepolta.
«Voglio guardarti negli occhi.»
Mi stringe dal fianco obbligandomi a ruotare a faccia in su.
«Così ti vedevo solo il culo.»
«Ho notato come ti dava fastidio...»
«Posso farne a meno per adesso. Ma solo per adesso.» mi provoca, prima di insinuarsi nuovamente tra il caldo delle mie pareti.
«Ti piace June? Ti piace sentirmi?»
Annuisco, incapace di parlare.
«Troppo?» chiede poi, sapendo di allargarmi le gambe più del dovuto.
Lo sento tremare dentro ad un abbraccio, mentre le sue labbra trovano pace tra miei seni inturgiditi dai suoi baci caldi.
«Cazzo, andrei avanti all'infinito.» ansima irrigidendo la mascella.
Ma ormai io ho perso la cognizione del tempo, credo sia già notte fonda e il mio corpo sembra non riuscire più a sostenere questa lotta fatta di corpi smaniosi e respiri spezzati. Saranno trascorse ore.
Le gambe tremano, una vaga sensazione piacevole si mescola al dolore quando James seguita a mugolare gemiti di piacere, lasciandosi andare ad un'imprecazione. E di nuovo quell'esplosione di calore tra le mie cosce che mi porta a serrare le palpebre mentre sento James affondare dentro di me senza mostrare alcun segno di cedimento.
«James...» lo supplico, ormai dolorante, con il corpo incapace di andare oltre.
Mi afferra entrambe le cosce e se le allaccia alla vita, in quel preciso istante James sembra perdere testa, soprattutto quando si accorge di come io gli vada incontro con i fianchi.
Assorbo ogni parte di lui, che si fa più martellante dentro di me, non lasciandomi più scampo.
«Cazzo» lo sento gemere, ormai traboccante di piacere e privo di ogni inibizione.
James posa una mano sulla mia pancia, delicatamente, mentre il suo corpo viene scosso da fremiti brevi, ma devastanti.
Resta con gli occhi infossati nei miei, mentre le sue labbra socchiuse tremano per la potenza dell'orgasmo.
«Tutto bene?» si affretta a chiedere, mentre indietreggia lentamente.
Avverto tutta la sua lunghezza uscire dal mio corpo, lasciandomi dolorante ma soddisfatta.
«Sì, ma...»
«Cosa?»
James strizza le palpebre, sembra preoccupato.
«Mi sa che devi darmi tregua adesso.»
«Allora vado a farmi una doccia...» sorride.
«E assicurarmi non ci siano più bambini qui sopra.»
Inizio a ridere ma una fitta assordante mi trafigge la pancia ogni volta che l'addome mi si contrae.
James si avvicina alla porta poi si volta e mi guarda con aria spaesata.
«Resti qui?»
Io prendo a guardarmi intorno, confusa.
«Sì certo, dove dovrei andare?»
Un piccolo sorriso s'insinua tra le sue labbra, poi sparisce in bagno mentre io non riesco nemmeno a tendermi verso il comodino per acciuffare il telefono e vedere le ottantasette chiamate di mia mamma. Mi assopisco lentamente, il mio corpo si trova in una sorta di stato di estasi, è fiacco, inconsistente.
Di sicuro si sentono così le nuvole di zucchero filato.
Sorrido ad occhi chiusi per quel pensiero sciocco, quando una voce mi richiama.
«Ti ha dato fastidio?» domanda James tornando in camera.
«Cosa?» salto su stropicciandomi gli occhi.
«Che t'abbia lasciata sola?»
«No, avevi altri pensieri.»
«Mmm che pensieri?» si acciglia.
«I tuoi bambini.»
Lui scoppia a ridere e io faccio lo stesso. James mi solleva il lenzuolo con l'intento di farmi il solletico, ma si ferma ancor prima di cominciare.
«Perché sei ancora nuda, cazzo?»
Arrossisco, nascondendomi sotto alle coperte.
«Sia chiaro... Non mi sto lamentando.»
«Così sembra James.»
«Non hai capito. È che se resti così...»
Riesco a malapena a sollevare un braccio per prendermi il reggiseno.
Ma come glielo spiego? Lui sembra abituato a tutto questo, anzi. Torna a baciarmi, è instancabile. E sotto ai pantaloni della tuta riesco a percepirlo quanto è instancabile.
«James ti prego, non arrivo a domani. Sei di nuovo... pronto?»
Corrugo la fronte e lui fa lo stesso.
«E quindi?»
«Ora capisco perché tutti ti vogliono»
Mi lascio andare a quella frase con una leggerezza inattesa e lui si ferma a fissarmi.
«James, no. Non volevo dire... Scusami.» mi affretto a fare marcia indietro, allarmata per la possibile interpretazione errata.
«La mia solo una stupida constatazione.»
«È tutto okay.»
Quando noto sul comodino le due bustine vuote dei preservativi, vengo colta da un dubbio.
«L'hai mai fatto senza?»
«No» Lo vedo scrollare il capo, mentre maneggia del tabacco all'interno di una cartina.
«Nemmeno un attimo?»
«Mai.» bisbiglia con il filtrino incastrato tra le labbra.
James finisce di girarsi la sigaretta poi si volta verso di me.
«Vuoi provare?»
Sento di diventare viola per l'imbarazzo e la risatina che consegue ne è la prova.
«No James »
«Non ti vengo dentro» biascica lui cercando un accendino nelle tasche dei pantaloni.
E lo dice così, come se dicesse "Ah, è appena finito lo zucchero. Andiamo a chiederlo al vicino"
«Non è questo, è che ho letto che si può restare incinte anche prima.» borbotto io.
«Tu devi farle le cose, non leggerle.» mi prende in giro con un sorrisetto compiaciuto.
«Ti dà fastidio se fumo?» domanda infine, indicando la sigaretta appena rollata.
Annuisco con aria di sfida, lui lancia la sigaretta al fondo del letto e si avventa su di me.
«Quanto sei stronza, che pensi di venire a casa mia a dirmi di non fumare?»
«Il premio dello stronzo lo vinci tu, dato che dici a mia madre che diventerà nonna.»
«Ma scherzavo... E comunque sì, hai ragione, in rari casi può capitare, ma il rapporto dovrebbe essere già avviato. Io voglio solo... per un attimo...»
Mi sciolgo come cera liquida sotto al suo corpo, che si modella sul mio.
«Sentirti.»
E il bacio che ci scambiamo è così intenso da essere in grado di disgregare qualsiasi accenno di buon senso.
«Lo voglio anch'io» sussurro con un filo di voce.
James abbassa il lenzuolo lasciandomi completamente scoperta, sono ancora umida e spossata lì sotto, ma lui s'infila una mano nei pantaloni e in un attimo lo sento di nuovo cercare un punto d'incontro.
«Sei pronta?»
«Sì»
Scivola dentro con una facilità imprevista, marchiandomi con la sua durezza fatta di vene gonfie e sporgenze in rilievo.
«Wow.» lo sento mormorare occhi persi nei miei.
«Ti piace?» chiedo ignara di quali possano essere le sue sensazioni.
«Sì molto.»
Cominciamo a baciarci lentamente è quello è il momento in cui devo fermarlo, perché lui sembra prenderci gusto.
«James ...»
«Eh?»
«Non sei pronto a diventare padre» ridacchio, mentre lui si ritrae subito.
«No, anche perché nessuno vorrebbe un padre come me.» bofonchia risistemandosi i pantaloni, senza sollevare lo sguardo.
Le nostre risate cessano all'improvviso.
«Non dire così, saresti un padre perfetto.»
James corruccia le sopracciglia davanti alla mia espressione sorpresa.
Stiamo realmente parlando di questo?
«Dici?»
«Sì. Meglio di Jordan. Non che ci voglia molto...» aggiungo senza un minimo di tatto.
«Scusa, ma a quanto figaggine non lo supererai mai» esclamo poi, provando a buttarla nuovamente sul ridere.
«Quindi io ti sto scopando e tu parli di mio padre in questo modo?»
James finge indignazione, sommergendomi con una valanga di cuscini.
«Dai no. Non cominciare.» mi lamento io.
E il nostro momento intimo si trasforma di nuovo, diventa una lotta di mani intenzionate a pizzicarmi e farmi il solletico.
«Te lo meriti.»
«Competitivo e stronzo. Ecco cosa sei.»
«Prendimi un preservativo.» impartisce poi, riacciuffando la sigaretta spenta.
«Si chiede per favore. Ringrazia di non avere oggetti pesanti sul comodino sennò ti lancerei quelli addosso»
Infilo il naso dentro al cassetto che mi ha appena indicato e vicino a tre confezioni di preservativi, noto un sassolino dalle dimensioni notevoli.
«Innanzitutto perché hai tre confezioni e non una, come le persone normali?»
«Beh, prima di Suor Madeline avevo una vita sessuale.»
Sono pronta a lanciargli un altro cuscino in pieno viso, ma quel sasso attira troppo la mia attenzione.
«Che cos'è?»
«Niente, torna qui»
James sembra arrossire e la cosa inizia a destarmi sospetti.
«Niente? Hai un sasso nel cassetto e dici niente?»
«Senti non farne una cazzo di tragedia. E poi è un fottuto sassolino, non un sasso.»
«C'è qualcosa che devi dirmi?»
«Stiamo insieme da dieci minuti e mi stai già sottoponendo a delle indagini preliminari?»
«Rispondi, James.»
«Ehm...» Si schiarisce la gola. «Merda, i post-it dove cazzo li ho lasciati...?»
«Possibile che tu a parole non riesca...?»
«Stai zitta, voglio scopare non parlare.»
Io e James ingaggiamo una piccola lotta fatta di spintoni e tirate di capelli, finché non mi ritrovo seduta sopra di lui.
«Perché ti sei innervosito prima? »
«Di che cazzo parli.»
«Della storia dei pinguini, sul computer di Jasper.»
Lui dapprima allarga le palpebre, poi prova a fingere indifferenza, sbuffando dal basso
«Non potevi nascere scema?»
Gli sferro uno schiaffo sul petto nudo, dove si ergono i segni delle mie unghiate.
«Ahia cazzo»
«Voglio la storia, completa.»
«Te la scordi» mi prende in giro ridendo.
Senza pensarci due volte, con una mano gli pizzico il fianco, mentre con l'altra allaccio il suo collo in una morsa stretta.
«Oh porca...»
«Parla James.»
«Okay... allora...Ehm...»
Lo sento deglutire rumorosamente sotto al mio palmo, perciò libero immediatamente la sua gola dalla mia presa.
«Potrebbe esserci questa cosa che fanno i pinguini...»
«Ma cazzo, è difficile così...» mormora lasciando scorrere i suoi occhi sul mio corpo ancora svestito.
«Ce la puoi fare James.»
«Comunque non è vero che non vorrei diventare padre.»
Resto a bocca aperta per circa trenta secondi buoni.
«Cosa?»
«Dico solo che prima o poi li vorrei dei figli.»
Ancora imbambolata, afferro immediatamente la sua t-shirt accartocciata al fondo del letto e la indosso.
«Ma James, cosa...»
«Che ho detto di così assurdo? » si stranisce lui.
«Nulla, io stavo solo...immaginando.» Mi mordo la lingua quando mi rendo conto di come i miei pensieri stiano viaggiando veloci.
Ma non posso farne a meno, con l'indice traccio il suo profilo perfetto.
«Immagina le tue labbra... Il tuo naso...»
James invece di prendermi in giro, mi accarezza il viso.
«La tua linguaccia, White. I tuoi occhi...»
«Sei proprio uno stronzo, manipolatore. Hai cambiato discorso e non mi ha detto del sassolino.»
James si solleva di scatto e per poco non casco giù dal letto. Ma prima che questo accada, mi stringe dalle spalle mi obbliga a voltarmi verso lo specchio.
Mi abbasso la t-shirt sulle ginocchia, mentre lui sorride con due buchetti ai lati delle guance.
«Sarebbero dei bambini bellissimi però » sentenzia lasciandomi un bacio sulla spalla.
«Un po' cretini se somigliano a te.» concludo io con aria solenne.
Non smettiamo di ridere finché non mi accoccolo sul suo petto.
Il suo cuore. Non l'ho mai sentito battere così veloce.
«Stai bene James?»
«Amo che tu me lo chieda»
A quel punto però, i titoli di coda che scorrono sulla parete mi ricordano della proiezione di Titanic. Non ne abbiamo visto nemmeno due secondi.
«È già finito?» domando confusa.
«Tre minuti, eh?» mi canzona lui con un ghigno divertito.
Restiamo con i nasi appiccicati. Sembriamo non avere più forze per parlare.
E ci addormentiamo così, abbracciati.
Un forte aroma di caffè mi coccola le narici, mescolandosi a quello di bucato appena fatto. Mi stiracchio il corpo indolenzito, avvolto dalla maglietta di James e quando spalanco gli occhi, mi accorgo che lui è già sveglio.
«Dov'eri?»
«Fuori a fumare»
Mi tiro su con il busto e noto al fondo del letto un vassoio con due caffè e un piatto di frutta. Sorrido biascicandogli un "grazie", anche se James forse non sa che per soddisfare il mio appetito mattutino, ce ne vogliono almeno tre di questi piatti.
«Mangi con me?»
«Sì»
Gli porgo un croissant ma lui mangia una banana.
«Che c'è?» domando nel notare la sua espressione strana.
«Niente»
«Perché c'è un sasso sul vassoio?»
«Perché un fottuto sasso deve diventare il protagonista della nostra relazione?»
La saliva mi s'incastra e il croissant resta a mezz'aria.
Nostra-relazione?
«Che ho detto? Comunque è solo per tenere il tovagliolo.» taglia corto lui, col suo solito modo brusco, causandomi un broncio non indifferente.
«Okay, no. L'ho raccolto il giorno della grotta» sbuffa a quel punto, ormai alle strette.
«Oh...»
«Non ti fa ridere?»
«Perché dovrei ridere?»
«Il fatto che io abbia cercato un sasso per te, non ti fa ridere?» si stranisce lui.
«No, anzi. Quella era stata un bruttissima giornata per te, mi fa piacere tu abbia cercato qualcosa per me.»
«Quindi non ti fa ridere che sia un sasso ?»
«Un po' sì, dai. Ma arriva al dunque»
James si schiarisce gola.
«Ehm io...»
E lui mi conosce bene, troppo bene, perché ovviamente io non riesco a non ridere. James è in difficolta e io non l'ho mai visto così.
«Non ridere, non riesco a ...»
«Mi fai sorridere perché sei senza parole per una volta»
Ma lui, permaloso com'è, si alza in piedi, poi si avvicina alla porta con aria infastidita.
«James, stavo scherzando.»
«Ci sto provando, ma se fai così...»
«Scusa non volevo...James»
L'afferro braccio, lui si volta di scatto.
«Per me è difficile dire quanto cazzo io ti...»
Le mie orecchie prendono a fare un ronzio incessante.
«Tu mi...?»
«Io ti...»
La fronte di James si riempie di solchi, mentre si morde il labbro.
«Mi odi?» provo a facilitargli il compito.
Lui sospira, sembra si sia liberato di un peso.
«Sì ti odio. »
E con un lungo bacio caschiamo sul letto.
«Però una cosa devi dirmela.»
«Cosa?»
Com'è possibile che io piaccia a te?
«Cosa ti piace di me, James?»
«Mi fai sentire speciale.» ribatte senza nemmeno doverci pensare.
«Quello che fai con me?»
«Quello che faccio con te posso farlo anche con altri, è il "con te" a farmi sentire speciale.»
La sua confessione mi spiazza.
«Per una volta non sono io a far sentire così gli altri. Mi ci sento davvero.» conclude prima di stendersi sopra di me.
«James, dopo ieri sera... Ho male ovunque, non credo di...»
«Non voglio fare sesso con te. Voglio solo ammirarti. E vedere quanto cazzo sono fortunato.» sibila avvolgendomi con un'occhiata calda.
«È stato bellissimo. Tutto quello che hai fatto per è stato stupendo, ma... Ho bisogno di sapere che domani non ti trovo in bagno, a scuola, con Bonnie o qualche ragazzo.»
«Mi stai chiedendo di eliminare tutto il resto? Tutti gli altri?»
«Sì.» annuncio con gli occhi fissi nei suoi.
«Pensavo l'avessi capito...Sei la mia ragazza»
Il suo tono di voce così sicuro e profondo mi fa rabbrividire.
Sto scoppiando di felicità, ma non glielo do a vedere, bensì gli punto un dito contro.
«Andiamoci piano. Vedremo come ti comporti... Sei in prova come fidanzato, James Hunter»
Lui sorride ma i suoi occhi affusolati scendono sul sassolino che stringo tra le dita.
«Lo terrai?»
«Ne avrò cura come la cosa più preziosa che ho.» annuncio a testa alta.
James prende il mio viso tra le sue mani, prima di far congiungere le nostre fronti.
«E io avrò cura di te, come la cosa più preziosa che ho.»
«Vedi che quando ti sforzi esce pure qualcosa di carino?»
«Stronza.» borbotta prima di lasciarmi un bacio a fior di labbra.
«Senti James, era romantica l'idea della colazione a letto ma... Io ho fame.»
«Porca miseria White, rovini sempre i momenti migliori!» mi prende in giro senza smettere di ridere. «Dove cazzo vai ora?»
«A preparare i muffin. E tu li mangerai tutti.»
Scendo in cucina dove una bella luce mattutina entra dalla finestra.
"Questa casa è davvero perfetta" mi ritrovo a costatare. Ci cucinerei tutti i giorni qui.
June riprenditi.
Non ho potuto confessare a mia madre che degli spacciatori messicani hanno fatto in mille pezzi il mio iPhone, così ho recuperato uno dei miei vecchi telefoni e per ora sto usando quello.
Lo tiro fuori dalle tasche dei pantaloncini e prendo a scrutare lo schermo frastagliato.
Sette chiamate.
Pensavo peggio
Sto per richiamarla, quando sento suonare alla porta.
James sarà ancora di sopra a tenere d'occhio la sua fattoria, perciò decido di andare ad aprire.
Mi si presenta davanti un uomo con dei grossi occhiali da sole e un cappello con la visiera.
«Ho delle tele da consegnare a Jordan, è qui?» Domanda indicando furgone.
«Ehm... No. Jordan non c'è.»
Che strano.
Le persone appassionate di arte di solito non sono eleganti? Questo sembra uscito da uno spot pubblicitario del duemila.
È vestito in modo strano.
«Oh, è in ritardo col volo? Perché ci siamo accordati per vederci a quest'ora e ho altre consegne urgenti da fare...»
L'uomo sembra impaziente ma io non so come aiutarlo.
«Non so se il volo sia in ritardo o meno...»
In quell'istante però, il mio il telefono prende a vibrare.
«Oh, no. È mia madre. Devo rispondere. Aspetti qui un attimo.»
«James puoi scendere un attimo?» lo richiamo a gran voce.
Lo sento sbuffare, poi i tonfi dei suoi passi sulle scale.
Lo vedo con un paio di pantaloni della tuta addosso, una sigaretta spenta in bocca e nient'altro. Posa il cellulare sull'isola della cucina, mentre io mi defilo in bagno per rispondere a mia madre. Non vorrei mai che qualcuno la senta urlare come una pazza disperata.
«Mamma.»
«Sentiamo che hai da inventarti questa volta. Gli alieni? I mostri marini? Le creature mitologiche dalle sembianze rettiliane?»
Scoppio a ridere. «Lo sai già dove sono.»
«Stai bene? Dimmi solo questo.»
«Sì.»
«Hai scuola tra un'ora.»
«Lo so. Passo da casa a cambiarmi e a prendere lo zaino.»
«Che non si ripeta più.»
«Va bene mamma.»
Apro la porta del bagno e mi rendo conto che quella all'ingresso è ancora spalancata.
«James?»
Arrivo sull'uscio dove però non c'è più nessuno. L'uomo dev'essersene andato, perché il viale è sgombro, del furgoncino non c'è traccia.
«James?» urlo più forte credendo lui sia al piano di sopra. «Perché non hai chiuso la porta?»
Mi sporgo verso il pianerottolo che dà all'esterno della casa e noto dei cocci sparsi e un vaso rovesciato sull'asfalto.
Che ci sia stata una colluttazione?
Ma quello che salta subito all'occhio è il cellulare di James. È per terra. E ha la scocca leggermente ammaccata sul lato, come se fosse appena caduto.
Una strana sensazione mi assale, freddandomi le ossa.
Quindi rientro in casa, aggiro l'isola della cucina con aria sospetta e un pensiero mi fulmina la spina dorsale. Quell'uomo portava gli occhiali da sole, il cappello, eppure... Ho l'impressione di averlo già visto.
Ma dove?
Corro in salotto e lì mi metto a cercare la foto. Quella foto.
Il gelo inizia a scorrermi nelle vene quando i miei occhi si bloccano sull'immagine del padre di Amelia e Brian.
È lui.
O mio Dio, era lui
Torno in cucina in cerca del mio telefono. Devo chiamare qualcuno. Ora.
La polizia? Mia madre? Jackson?
Con mani tremolanti lo sblocco, poi una chiazza colorata attira la mia attenzione.
Sollevo lo sguardo e sul frigo noto un post-it giallo.
Mi avvicino lenta.
James lo sapeva che sarei scesa a preparare i muffin.
TI AMO, CRETINA
Allora... allora... allora.... 😳
Che dire? Piaciuto?
Se volete ci troviamo su insta (stefaniasbooks) per metabolizzare tutto quello che è successo e commentare insieme
🖤
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