51. You can break my heart in two but when it heals, it beats for you
pronte? 🖤
🔴🔴
JUNE
Le mie guance avvampano all'improvviso, come se un incendio incontrollabile avesse appena preso il sopravvento su tutto il mio corpo.
La paura che qualcuno possa vederci svanisce nel momento in cui le labbra di James premono con bramosia contro la mia bocca socchiusa, che si apre lentamente per dare adito ad un lungo bacio inaspettato.
Le nostre lingue danzano in vortici instancabili, si susseguono a ritmo incalzante, continuando a cercarsi.
Ancora e ancora.
Ormai conosco James, come conosco alla perfezione il suo modo di baciare: è estenuante, lento, eccitante.
E, come ogni volta, risulta essere così piacevole, da farmi dimenticare tutto ciò che mi circonda.
Con la testa sgombra e le gambe leggere, immersa nel nostro piccolo attimo di disconnessione dal mondo, mi perdo in questo bacio che sa di menta e sigaretta appena fumata.
«Siamo davanti a tutti», riesco a biascicare tra un incontro di labbra e l'altro.
Con le mani cerco una presa che possa sorreggermi, quindi prendo a scavare nella maglietta leggermente stropicciata che gli fascia il petto solido e ancora umido per via delle nuotate appena fatte.
«James...»
Mi stacco da lui riaprendo gli occhi e solo allora realizzo che mi sta osservando attentamente, con uno sguardo penetrante che è in grado di creare una profonda voragine dentro al mio stomaco.
«Ma che fai?»
Nel buio trattengo una risatina nervosa con la mano.
«Che c'è? Preoccupata che qualcuno ti veda mettermi la lingua in bocca?»
James solleva un sopracciglio, mentre io porto le dita a sfiorarmi il labbro inferiore, gonfio e accaldato.
«Mi hai appena baciata davanti a....»
All'improvviso le facce che mi circondano si fanno più nitide. Il bacio è stato intenso, tale da farmi quasi perdere la connessione con la realtà. Noto la chioma bionda di Poppy poco distante. Metto a fuoco e mi accorgo che sta sorridendo, mentre lì vicino, Taylor e Amelia ci fissano. Così come Brian, le nostre compagne. I ragazzi.
Letteralmente... Tutti
«Parla.»
Il sussurro di James, unito alla visione delle sue labbra rosee e arrotondate, mi cattura nuovamente lo sguardo. Si accorge della mia espressione spaesata, perciò si appresta al mio viso, piantando la punta del suo naso perfetto tra le mie ciocche sciolte.
«June...»
La sua voce suadente scivola dritta nel mio orecchio, inducendomi a parlare.
«Non sono preoccupata. Sono... confusa.»
Ed è così che mi sento, con i piedi fluttuanti e la testa tra le nuvole. La sensazione che questo bacio mi ha lasciato addosso è indescrivibile, sì, ma ciò non cancella la giornata di oggi.
Dopo quello che è successo con Amelia, James non ha fatto altro che mettermi pressione e io ho ceduto più volte alle sue provocazioni.
«Oggi è stata una giornata complicata.» spiego indietreggiando.
«Lo so e...»
James, con una facilità disarmante, è in grado di accoglie nuovamente il mio fianco nella sua mano grande. Mi attira a sé, riaccorciando la distanza tra i nostri corpi.
I suoi occhi si fanno prossimi e il suo blu, intenso come una notte senza stelle, m'ingloba lo sguardo, macchiandomi della stessa tristezza che aveva mostrato qualche ora fa.
«Mi dispiace June.»
Oddio.
Questa volta, il suo sussurro solitamente ammaliante, si fa quasi spezzato. Forse sincero.
«Ti perdono» replico senza mezze misure.
I nostro nasi si sfiorano ancora.
«Non me lo merito, lo sai.»
«No, non te lo meriti affatto, ma io...»
Le nostre labbra si cercano di nuovo, come se faticassero a stare lontane per troppo tempo. Vagano disperate, fino a ritrovarsi.
«Ti perdono lo stesso.»
«Cazzo...» lo sento mugolare.
Con il pollice sfiora la mia fronte, dolcemente, poi modella la bocca in un suono soffuso ed invitante.
«Sai, io non mi sono mai...»
«James»
Sto ormai boccheggiando quando mi stringe al suo petto caldo, causandomi nella pancia l'incanto di uno sfarfallio d'ali.
La mia pelle prende a vibrare a contatto con le sue labbra tiepide, che lasciano trapelare il timbro di voce graffiato che lo contraddistingue. Comincia una piccola lotta tra il suo respiro ed il mio collo, continuo a sottrarmi alla sua bocca, al contatto troppo piacevole.
«Non mi sono mai sentito così vicino a qualcuno, come sta succedendo con te, June»
Lo sussurra sottovoce, in modo quasi indistinguibile e le sue parole s'incidono nella mia testa.
«La cosa ti fa paura?»
Dirà questo per tirarsi indietro ora, è sicuro.
James però corruccia la fronte, poi si trascina una mano tra le ciocche castane per districarle appena con le dita ricoperte di anelli.
«Paura? No.»
La sua risposta mi disarma, così come il suo sguardo. Indifeso.
M'innalzo punta piedi e affondo le dita tra i suoi capelli scarmigliati. Lo bacio io questa volta, ma le voci attorno a noi si fanno più canzonatorie perciò il nostro bacio si trasforma presto in un incontro di sorrisi.
«Andiamo in hotel. Troppi spettatori qui» lo sento mormorare.
«Da soli?» domando a quel punto, causandogli un cipiglio sul volto.
Sembra non se l'aspettasse, perché si volta verso i suoi amici con aria indecisa.
«Uh. Ehm...Vuoi tornare da sola, con me?»
Mi sento improvvisamente accaldata.
«No, sto solo...»
Ma quando prende a ridacchiare con due fossette accentuate, capisco mi stia prendendo in giro.
«James!»
Lo rimprovero con un sorriso, lui intanto affonda le mani nelle tasche dei pantaloncini, forse alla ricerca di una sigaretta. Noto le sue braccia toniche contrarsi mentre s'infila il filtro tra le labbra.
«L'ho chiesto perché so che questa notte devi andare da qualche parte con Will e gli altri.» mi giustifico mentre James mi fa cenno di seguirlo.
Ci allontaniamo dal gruppetto e dopo pochi passi scorriamo davanti a qualcuno di nostra conoscenza.
Connell.
Questo mi lancia un'occhiataccia, è ancora arrabbiato per lo scherzetto che gli ho tirato poco fa, ma ciò non gli impedisce di starsene seduto insieme a Tiffany, sopra ad un muretto che costeggia il parcheggio.
Parlano l'uno di fronte all'altro, io riconosco la chioma ricciola di Tiffany china su di lui.
Sembra la stia consolando?
James aspira una grossa boccata di fumo dalla sigaretta, poi si avvicina a Corbell con fare minaccioso.
«Se ti vedo con una ragazza ubriaca m'incazzo, ma se ti vedo con una mia amica ubriaca, ti ammazzo.»
Io mi concentro su Tiffany, che solleva la testa controvoglia. Ha lo sguardo perso e sembra riconoscerci a stento.
«Stai bene?»
L'aiuto ad alzarsi e solo allora mi accorgo delle sue iridi velate di lacrime.
Tiffany erge gli occhi tristi verso una ragazza bionda poco distante. È molto buio e le rocce intorno alle pozze d'acqua coprono la visuale, ma dopo poco la vedo.
Taylor.
Anzi, no.
Taylor e Brian.
Sono in piedi, molto vicini tra loro.
Si stanno baciando.
«Ma cosa cazzo... »
James li fissa confuso, quindi decide di mollare Connell.
«Ti riaccompagniamo in hotel» dico alla mora, trascinandomela appresso.
James però non sembra felice della mia uscita perché mi guarda di storto.
«James, non possiamo lasciarla qui.»
«Okay, ma Tiff dorme in camera con loro.» sentenzia lui, indicando due figure in lontananza.
«Qualcuno ha allungato trecento dollari all'autista del pullman per farlo aspettare ancora un po' qui e non chiamare la prof.»
La voce è quella di Will, accanto a lui si staglia l'alta sagoma Jackson. Sono entrambi con le spalle alla vecchia auto noleggiata da James, quella per le mie lezioni di guida.
Mi preoccupo di aiutare Tiff a sedersi sul sedile posteriore, poi compio un giro intorno alla macchina per infilarmici dentro. Lei si abbandona con la nuca al poggiatesta e si addormenta all'istante.
«L'abbiamo persa» decreto indicando la mora a Jackson, che si mette al volante.
Will gli si siede accanto, mentre James entra in macchina insieme a noi, solo dopo aver finito la sigaretta.
Si accomoda di fianco a me e in un attimo il suo buon profumo invade l'abitacolo immerso nel buio, provocandomi un brivido piacevole. Io ho ancora i capelli umidi quando mi accorgo di star tremando.
James mi fa cenno di stringermi a lui è così faccio. Mi lascio andare con la guancia sul suo petto e vengo assalita da un forte senso di protezione, che aumenta quando James mi accerchia le spalle con il braccio.
Sollevo il mento e in un attimo le nostre labbra s'incollano senza più separarsi.
La cosa non passa inosservata, perché Will ridacchia, forse del fatto che non riusciamo a staccarci.
«Jax, se penso che un mese fa tu volevi stare al posto di June e io di James...»
«Ma ti senti, Will?» Jackson se ne esce costernato.
«Guarda che sarò anche un po' svitato, ma non sono stupido.» gli sorride l'altro.
Sfrego con la guancia sul petto caldo e rassicurante di James, mentre lui con il pollice mi sfiora lo zigomo, fino ad arrivare alle mie labbra. Con il polpastrello freddo ne segna i contorni lentamente, causandomi dei fremiti lungo le gambe.
«Dormi con me?» sussurra nel mio orecchio con voce rauca.
Sento le guance scaldarsi quando James affonda il naso tra i miei capelli.
«Non lo so.»
«Oh sì che lo sai.»
Ho lo stomaco in subbuglio, non mi sono mai sentita così.
«Ma ci sono Will e Jax» bisbiglio sollevando il capo.
«Infatti vengo io da te.» aggiunge lui mentre ci fissiamo le labbra con insistenza.
Le sue, tonde e gonfie, le marchio con una sfilza di timidi baci a stampo che lo portano a sorridere con due fossette profonde.
«Prima però mangi qualcosa.» incalzo io.
James sembra cambiare espressione rapidamente.
«C'è solo pizza in quella fottuta casa. Comunque devo prendere la mia valigia e trasferirla da te...» biascia con il chiaro intento di cambiare discorso.
«Tu non ti preoccupare. Appena arriviamo mangia qualcosa, ci penso io ai tuoi vestiti, al tuo spazzolino...»
«Lo sai che ci toccherà litigare per chi farà da testimone di nozze, Will?» sento Jackson ridere.
«Già m'immagino la reazione di Marvin, bisognerà consolarlo per una settimana perché lui non lo sarà di sicuro»
«Che cazzo state dicendo?» si adira James nell'udire le prese in giro dei suoi amici, quando siamo ormai giunti al bed and breakfast.
Loro continuano a ridacchiare, mentre io provo a svegliare Tiffany che seguita a dormire beata, ignara di tutto.
«Portatela in camera nostra, Tiff può dormire nel mio letto» esclama James con fare sbrigativo.
«Come sei generoso tutt'ad un tratto» lo canzona Jackson, che è costretto a prendere in braccio la mora che, ubriaca com'è, cammina a stento.
Io sto per uscire dall'auto per dar loro una mano, ma James mi arresta agguantandomi dal braccio.
«Ferma.»
«Che c'è?»
Lo vedo estendere entrambe le braccia lungo i sedili, mentre mi fissa con un sorrisetto laterale.
«Stiamo ancora un po' qui»
Non me lo faccio ripetere due volte, mi avvicino a James che prontamente mi afferra dai fianchi per posizionarmi a cavalcioni sopra di lui.
«Come stai?»
Lo vedo reprimere un ghigno sotto ai denti.
«Così molto meglio.»
È buio nell'abitacolo, gli altri si sono appena allontanati, ma la temperatura è già alle stelle.
Con le cosce allacciate al suo bacino gli punto un dito al petto.
«Dov'è la pistola?»
«Ehm..»
James inizia a ridacchiare e io mi vedo costretta a sferrargli uno schiaffo sul suo bicipite duro e teso.
«Fai il serio per favore, James.»
Ma lui è troppo impegnato a modellare le sue labbra turgide in un broncio adorabile.
«L'ho ridata a Will.»
«Cosa volevate combinare? Posso saperlo?»
«No. Meglio di no» dice fissandomi.
Abbasso sguardo e all'improvviso tutti i ricordi della giornata mi assalgono. Le sensazioni che ho provato mi ritornano addosso. E no, alcune di queste non sono affatto positive.
James però sembra non resistere, si sporge verso di me e con le labbra prende a tracciare il lato del mio collo. Ma invece che abbandonarmi alle sue attenzioni, lo respingo con entrambe le mani sul petto.
«Aspetta, dimmi prima cosa volete fare»
Lo vedo aderire di nuovo con la schiena al sedile.
«Possiamo parlare anche mentre ti tocco, lo sai?»
«No. Quando ti sto vicino è difficile ragionare in modo sensato...» bisbiglio con poca convinzione.
James affonda una mano nei miei capelli sciolti.
«James...»
«June?»
Lo sento mugugnare arcuando il collo, come a voler trovare la miglior inclinazione per assalirmi la gola di baci.
Ed è così facile cedergli.
Lui è attraente con il suo sguardo sicuro, la sua voce calda e gli occhi felini fissi sulle mie labbra.
Ha questo modo di fare così irresistibile, che porterebbe anche la persona più ostinata a cadere nella sua trappola.
«James non riesco a...»
Con le dita prendo a torturare il bordo della manica che gli fascia i bicipiti abbronzati.
«...Resistermi?»
«Smettila.» sbotto di getto, infastidita dalla sua arroganza.
«Però è vero» ammetto poi, candidamente «Mi è difficile resisterti.»
«Non devi. Mai.»
«James...»
«Io sono qui. Tutte le volte che vuoi...»
Solleva il bacino e fa aderire le sue zone intime alle mie, provocando una pressione troppo esasperante per il mio corpo.
«Quando vuoi.»
Il suo sospiro languido nel mio orecchio mi causa un vortice piacevole alla bocca dello stomaco.
«Dove mi vuoi.»
Chiudo occhi, quando ormai è evidente che il mio inguine sia premuto contro la sua erezione prominente.
«James, sì. C'è anche questo. Ma tra me e te non è solo questo e...»
Lui prende a far scorrere un dito lungo la mia gamba scoperta e io mi distraggo, non riesco più a continuare.
«Non fare così.»
«Così come?» domanda fissandomi ancora labbra.
«Penso sia arrivato il punto in cui io e te dobbiamo parlare. Seriamente.»
«Facciamolo ora.»
Sogghigna e una lama tagliente che ha tutto l'aspetto di un sorriso sfacciato si affila sul suo viso.
«Perché ogni volta che James Hunter apre bocca esce un doppio senso?
«E perché June White pensa sempre male?»
«Andiamo dentro. Fa caldo qui.» dice lui ad un tratto, cogliendomi di sorpresa.
«Vuoi rientrare perché ci fregano il posto a tavola?»
Lo prendo in giro giocherellando con le dita immerse nelle ciocche scombinate che gli adornano la fronte.
«Pensavo l'avessi capito.»
La presa sul mio fianco si fa più possessiva.
«Il tuo posto è qui. Sopra di me, Biancaneve» sussurra languido dietro al mio orecchio.
Arcuo il collo quando con la lingua carezza ruvidamente la mia pelle. Brividi sempre più piacevoli mi percuotono e se con una mano circonda il mio viso, con l'altra raggiunge il mio sedere per spingermi più vicina a lui.
Io in tutta risposta, premo con entrambi i palmi sul suo petto lievemente sudato.
«Non allontanarmi, June»
Resto a fissare le labbra gonfie che hanno appena pronunciato quelle parole, ma James è in grado di parlare anche con gli occhi, perché in questo momento sono lucidi e grandi.
«James non ti sto...»
«Continui, cazzo. Io voglio solo baciarti.»
Sento il suo corpo particolarmente accaldato perciò poso subito le labbra sulla sua fronte per controllargli la temperatura.
«Non hai più la febbre.»
Lui mi osserva stranito per quel gesto affettuoso ed inaspettato.
«Quindi sotto sotto t'importa di come sto.»
Divento rossa in volto e accade all'improvviso, perché avverto le guance bruciare intensamente.
«Molto sotto.» sorrido.
«Già... E perché per una volta...»
Si morde il labbro inferiore arrotondandolo in un sorrisetto provocatorio.
«Cosa James?»
«...Non dici quello che senti?»
La sua proposta mi spiazza completamente. Il modo in cui si appropria delle mie sensazioni è totalizzante. È così intenso che fatico persino a capire come mi sento in questo momento. Forse James ha ragione. È meglio se torniamo dentro.
Qui fa davvero troppo caldo e il suo profumo misto al calore dei nostri corpi a contatto, mi stordisce.
«Io...»
Alcuni rintocchi al finestrino fanno vibrare il vetro e mi obbligano a trasalire. Qualcuno è passato lì fuori e ha appena bussato facendo una battuta che non sono riuscita ad udire. Mostro il dito medio al ragazzo in questione, ma quando mi volto verso James, realizzo che lui non sta affatto ridendo.
«Stai bene?» domando a quel punto, nel notare i suoi occhi vacui.
Ad uno sguardo più attento mi accorgo che sembra boccheggiare.
James non parla, deglutisce eludendo il mio sguardo.
«Cosa c'è?» mi affretto a chiedere.
In tutta risposta, affonda le mani nei fianchi, lo fa in modo brusco e con la stessa violenza prova a sollevarmi
«Togliti.» sputa duro.
Le mie sopracciglia s'inarcano istintivamente.
«Cosa c'è James?»
Resto di stucco dinnanzi a quella reazione brusca, ma il suo respiro prende a farsi sempre più corto.
«Togliti, ho detto» ripete lasciandomi incredula.
«Ma...»
Sembra stia per soffocare da un momento all'altro, non faccio in tempo a sollevarmi che lui mi sposta sul sedile ed apre la portiera per uscire subito da lì.
Mi getto fuori dall'auto e lo sorprendo con un braccio poggiato al tettuccio, come a sorreggersi, mentre respira a sbuffi faticosi.
«Perché fai così ora?»
«Perché non voglio stare a parlare in una fottuta macchina June, lo capisci?» sbraita passandosi una mano tra i capelli, mentre l'altra gli scivola sul petto che si muove con impeto.
«Ma...»
Vedo la schiena del ragazzo allontanarsi da noi. Era solo uno stupido scherzo, eppure James è senza fiato.
Ed è lì che realizzo immediatamente.
«Scusa. Non avevo pensato...»
Lui non mi lascia parlare, si volta dandomi le spalle.
«James ...»
«Devo fumare.»
«No. Devi bere dell'acqua e calmarti.»
Con una velocità mai sperimentata prima, gli rubo il pacchetto di sigarette dalla mani.
«Vieni.»
Gli faccio strada in cucina dove mi affretto a versargli dell'acqua in un bicchiere.
«È acqua.» James osserva il bicchiere confuso quando glielo porgo.
«Appunto. Ed è fresca, bevi» lo esorto io.
«L'acqua non può curare.» bofonchia riluttante.
«L'acqua può farti sentire meglio. Il resto del lavoro devi farlo tu.»
Abbasso occhi al pavimento, lui prende a giocherellare con le punte dorate che mi ricoprono gli avambracci. Ho i capelli ancora bagnati, non vedo l'ora di fare una doccia.
«Siamo così bravi a parole.» costata portandomi ad annuire con quel l'affermazione così vera.
Ma presto il baccano dei ragazzi che tornano con il pullman invade lo spazio intorno a noi.
«Andiamo di sopra?» provo a proporgli, senza nascondere un lieve imbarazzo.
Ma James sembra ancora a corto di ossigeno.
«Ahm... Dammi un attimo»
«Sì certo. Io intanto salgo»
Credo che forse lui voglia i suoi spazi, così decido di lasciarglieli, ma quando faccio per allontanarmi, lui mi afferra dal polso e mi lascia un bacio sul collo che m'induce a serrare le palpebre.
«Ricordati di prendere le mie cose e metterle in camera tua» mormora con tono suadente.
Ancora sulle nuvole e confusa, mi allontano dalla cucina che si riempie di studenti schiamazzanti e in cerca di cibo.
Mi dirigo verso le camere, quando una voce sottile mi prende alla sprovvista.
«Lascialo stare per qualche minuto, di solito poi gli passa.»
Da dietro un'angolo sbuca Amelia e la visione della sua immagine mi fa cadere rovinosamente dalla mia nuvoletta fatata.
«Sai una cosa? Potrei anche accettarli i tuoi consigli, ma la domanda sorge spontanea.»
Lei corruga la fronte, ma non sembra stupita della mia reazione scontrosa.
«Perché ho come l'impressione che lui si sia sempre comportato da amico con te e tu, che non fai altro che darlo per scontato, fingi che t'importi di lui solo quando ti senti minacciata?»
Avverto dapprima la voce, poi la presenza di James alle mie spalle.
«Che succede?»
«Niente» ammetto imbarazzata.
Non voglio litigare con lei. Tantomeno davanti a lui. E se penso che si sono baciati...
Ma la gelosia passa in secondo piano quando noto che James non sta bevendo acqua come gli ho suggerito io.
«L'ultima volta che ho controllato, questa era birra, non acqua»
Gli levo la lattina dalle mani e non posso fare a meno di notare che la sua fronte è ancora leggermente lucida e che il petto non ha smesso di palpitargli.
«Vai a farti una doccia, io ti raggiungo» sussurra lui ignorando completamente Amelia, che finisce per andarsene via stizzita.
Che lei per una volta volesse fare qualcosa di buono?
«Resti qui a mangiare?»
«No, fumo qualcosa e arrivo.»
«James...»
«Arrivo ti ho detto» ripete tenendomi ancorata dai fianchi.
Il suo respiro sembra farsi di nuovo regolare e, in qualche modo, la cosa calma anche me.
Così salgo al piano di sopra, mi dirigo in camera dei ragazzi, dove c'è solo Tiff che dorme beata nel letto di James.
«Stai bene?» le chiedo preoccupata.
Lei solleva un braccio con fare svogliato, come a dire "sono viva, lasciami dormire", così decido di lasciarla stare.
Apro la valigia di James dalla quale estraggo due t-shirt e un paio di pantaloncini puliti, torno nella nostra camera per lasciare gli indumenti sul comodino, poi mi chiudo in bagno dove posso finalmente lavarmi.
Di solito mi ritrovo a fare ragionamenti, pensieri e supposizioni quando sono sotto la doccia, ma questa volta la mia testa è talmente sovraccarica di avvenimenti, che non faccio altro che fissare il vetro appannato.
Mi lavo i denti e lì mi ritrovo faccia a faccia con il mio riflesso nello specchio.
Ha baciato Amelia.
E più guardo la mia immagine, più mi chiedo come sia possibile che non gli importi nulla di Amelia o che questa sia solo un'amica.
Come può preferire me a lei?
E sebbene senta ancora l'amaro in bocca per quel bacio, è probabile che se James non l'avesse fatto, io sarei rimasta con il dubbio che tra loro potesse esserci qualcosa di serio.
Decido di mettere fine a questi pensieri pericolosi e dopo essermi lavata i denti, vado in camera dei ragazzi. Non è ancora tornato nessuno e a giudicare dal chiasso proveniente da sotto, saranno tutti giù a mangiare. In bagno temporeggio un po', perché non so quale sia lo spazzolino di James.
«Quello blu.»
«Will! Dio che spavento.» sobbalzo con le mani raccolte al petto.
Will esce dalla camera e io mi ritrovo a rincorrerlo.
«Aspetta» gli dico osservandolo con attenzione.
«Che vuoi?»
«Va tutto bene?»
Lui solleva le spalle, ma la sua espressione non pare affatto felice.
«Che t'importa?» chiede guardandomi ripiegare le t-shirt maschili sul comodino.
Poso lo spazzolino di James nel bagno delle ragazze, poi rivolgo un cenno a Will, che sosta sulla porta della nostra camera.
Gli propongo di sedersi sul letto accanto a me e lui, sebbene appaia riluttante, decide di assecondarmi.
«Mi dispiace per...»
«Dispiace anche a me June. Avrei dovuto essere sincero, parlarti di Ari quando ci siamo conosciuti. È che quando sono in un momento di totale euforia, non mi accorgo di come stanno veramente le cose. Le vedo meglio di come sono in realtà. Poi passano giorni e comincio a vederle peggio di come sono nella realtà.»
Will mi ha appena raccontato un po' più di quello che ero disposta a sentire, ma non per questo posso giudicarlo.
«Parli di lei? Di Ari?»
Lui annuisce senza levarsi quel piccolo broncio dal viso.
«Dispiace anche a me per come sono andate a cose... Tu volevi che ti fossi amica e io ti ho solo voltato le spalle.»
«Va bene, tanto lo sapevano tutti che sarebbe finita così.»
«Will tu stai con Ari. È quello che hai sempre voluto, no?»
«La vedi?»
Mi guardo in giro. «Che significa?»
«La vedi qui con me, quando ne ho bisogno?»
La sua domanda risulta un po' più aggressiva del dovuto e mi zittisce all'istante.
« Ari pensa solo a divertirsi, mi chiedo come faccia a non capire che io non sono normale come gli altri.»
«Non dire così. Non pensi si comportasse in ugual modo con Brian?»
Afferro la spazzola che ho abbandonato sul letto e prendo a pettinarmi i capelli ancora umidi.
«Sì, credo di sì. Ma tu c'eri sempre quando ne avevo bisogno, anche se... ti piaceva lui.»
Mi stringo nelle spalle. Cosa dovrei rispondergli?
La mia noncuranza però, non passa di certo inosservata.
«Non neghi neanche.»
«Non... Io non lo sopportavo, Will. Solo che...»
«Solo che è irresistibile. Bla, bla... Dite tutte la stessa cosa. È incredibile.»
«Will, perché sei arrabbiato ora?»
«Non sono arrabbiato, ma cazzo... Ti ha baciata davanti a tutti. Non l'ha mai fatto in quel modo, June.»
Lo fisso con aria interrogativa.
«Fino a ieri lo punzecchiavo dicendogli di farsi altre ragazze.»
Rollo gli occhi al soffitto.
«Grazie tante... Pensavo mi facessi un complimento fino a cinque secondi fa!»
«Ma che hai capito? Era per provocare una sua reazione, anche se mi è bastato vedervi per comprendere che... Forse ci tiene davvero a te.»
«"Forse". Grazie Will, tu usi sempre le parole azzeccate.»
Lui si strofina la fronte per finire a rimboccarsi il ciuffo biondo che gli casca sulle tempie.
«Non volevo... Vabbè hai capito. Sbaglio sempre.»
A quel punto scoppio a ridere e lui scrolla il capo divertito.
Will sa essere subdolo. A volte addirittura meschino con le persone che ama, eppure mi fa tenerezza. Sbaglia spesso sì, ma è umano, così come lo sono anch'io.
«Comunque, anche se ci avrò messo un po' a capirlo, stasera che vi ho visti insieme, mi sono reso conto che ero io ad essere in mezzo a voi due.»
«E lo sei di nuovo.»
Un colpo di tosse ci fa voltare all'unisono verso la porta.
James appare sulla soglia in tutta la sua altezza, con un succo di frutta in mano.
Non è arrabbiato, tant'è che si scambiano un sorriso. Quando Will si alza in piedi, James finge di dargli un pugno sull'addome, l'altro invece gli ruba il succo di frutta dalle mani, prima di sparire in corridoio.
«Ti ha chiesto scusa?»
Due fari intensi mi abbagliano nella penombra e improvvisamente il mio respiro comincia ad accelerare.
«No. Ma credo lo volesse.» ammetto sostenendo il suo sguardo tagliente.
«Tipico di Will» ribatte lui senza schiodarsi della porta.
Resta a braccia intrecciate al petto, con la spalla incollata allo stipite. La posizione rivela i suoi bicipiti pieni ed allenati sotto alla maglietta scura.
«Non credevo tornassi.» mi ritrovo a constatare rivolgendogli un'altra occhiata dal basso.
«Che significa?»
«Prima, quando hai detto che saresti venuto... Pensavo dicessi tanto per dire, che preferissi restare giù con i tuoi amici.»
James a quel punto, senza levarsi un sorrisetto beffardo dalle labbra rigonfie, entra nella stanza e chiude la porta alle sue spalle.
«E dimmi White, quale parte del...»
Sono ancora seduta sul letto, quando James compie un passo verso la mia figura.
«Voglio...»
Si china su di me e mi squadra dall'alto al basso con un'occhiata così calda che mi fa tremare.
«Dormire...»
La malizia celata dal suo tono provocatore m'induce a reclinare la testa verso il pavimento, ma due dita giungono prontamente sotto al mio mento, che si solleva lentamente.
«Con te...»
Infine i suoi occhi si restringono ai lati, andando formare un'espressione enigmatica.
«Non ti è chiara?»
Quando James assesta l'occhiata bramosa che dalle mie labbra casca sulle mie gambe, il calore prende a sprigionarsi dentro di me, fino a propagarmisi nelle guance. Ed è lì che ricordo d'indossare solo il pigiama.
«É inutile dirti di non fumare.» mi lamento nel vederlo estrarre un pacchetto di sigarette dalle tasche dei pantaloncini.
«È inutile dirti di fatti i cazzi tuoi.»
James sorride mordendosi il lato della bocca e io mi sento sciogliere dall'interno. L'abbronzatura gli dona un colore dorato che calza alla perfezione con il suo corpo statuario, ma i miei occhi restano imprigionati nel suo sguardo assorto.
Improvvisamente mi vengono alla mente le immagini di noi due all'interno dell'auto.
Che stupida, come ho fatto a non pensarci?
«Va meglio?» domando mentre James ricaccia il pacchetto nelle tasche.
«Sì. Sai che c'è? Vieni con me?»
Mi osservo intorno spaesata.
«Ma dove?»
«In doccia.»
«L'ho già fatta.» bisbiglio indicando i miei capelli ancora bagnati.
Ma sopratutto, insieme l'abbiamo già fatta
«Vieni lo stesso.»
James raccoglie i miei polsi ciondolanti e, indietreggiando nel bagno, mi trascina a sé.
Accompagna entrambe le mie mani al suo petto ampio, lasciandomi un chiaro segnale di cosa desideri in questo momento.
Vuole che io l'aiuti a spogliarsi.
«Scusa se prima avevo dimenticato che...»
«Non scusarti.» mi fredda lui, mentre i suoi occhi restano incollati alle mie mani tremolanti.
Lascio strisciare i palmi lungo il suo addome scolpito, dove tessuto della della sua t-shirt nera scivola verso l'alto, accartocciandosi al petto. Lui solleva braccia per facilitarmi il lavoro mentre lo privo della maglia.
Ci fissiamo per qualche istante, finché non mi avvicino al mobiletto sul quale ripongo l'indumento. Quando mi volto mi accorgo che James sta sorridendo nel vedere il suo spazzolino già lì, nel mio bagno.
Senza dire altro, curva la schiena sul lavandino e comincia a lavarsi i denti, mentre io mi avvicino alla sua figura di spalle. Le mie mani raggiungono la nuca, con l'intento di sganciare la catenina che porta al collo. Non perdo tempo e mi concedo di sfiorare la sua schiena scolpita, godendone di ogni particolare. In quel momento James solleva gli occhi nello specchio, lentamente, per immergerli nei miei.
«Poi però non dormiamo.»
L'agitazione mi fa sparare la prima cosa che mi salta in mente.
«Ah questo è sicuro» ridacchia lui, dopo aver sputato nel lavabo.
«Cretino, volevo dire che andiamo a mangiarci qualcosa.»
Con i polpastrelli segno i solchi che disegnano la sua schiena tonica e non appena James si volta verso di me, le mie mani finiscono per tracciare il suo addome tassellato di muscoli.
«Il modo in cui mi tocchi, June...»
Giocherello con la catenina che tengo ancora tra le dita.
«Che vuoi dire...»
Con la fronte sulla mia, le sue labbra rosse sono l'unica cosa che vedo in questo momento. E sono un'immagine divina.
«Come se fossi speciale.» sussurra sottovoce.
«Lo sei, James.»
Prendo un piccolo respiro, ma l'emozione è tale che mi serra la gola e mi si spezza il fiato ugualmente.
«E per me lo sarai. Sempre.»
Dopo aver pronunciato quelle parole mi sento vulnerabile come un nervo scoperto, fortuna che James in queste situazioni intime sa sempre come mettermi a mio agio: con la fronte scende a cercare il mio viso, lascia che i nostri nasi si sfiorino dolcemente.
È come se prima di un'intimità fisica, ne ricercasse disperatamente una mentale.
Il suo respiro di menta mi solletica la punta delle labbra, queste si schiudono come germogli al sole, al sentire il calore delle sue. Le nostre bocche s'incastrano alla perfezione, mentre con la lingua comincia a mandarmi in paradiso, la infila e la ritrae creando un gioco proibito, fatto di baci dolci, poi via via sempre più passionali.
«Stavo per mandare tutto questo a puttane.» lo sento ansimare con il fiato corto.
Insinua la lingua nella mia bocca, indugiando un po' di più sul mio labbro inferiore, che diventa il suo gioco preferito.
«Sì ti ci sei messo d'impegno oggi» ribatto prontamente, senza smettere di accogliere ancora i suoi baci disinibiti.
«Non credo di...»
James a quel punto si ferma e mi fissa attentamente.
«Cosa James?»
«Non posso più farlo...»
La sua lingua solletica il labbro inferiore prima di affondare di nuovo tra le mie labbra.
«Non posso più rischiare» biascica mentre non riusciamo a smettere di baciarci.
Il bacio si fa sempre più pericoloso e in breve tempo mi ritrovo con le dita impigliate nelle sue guance e la schiena premuta contro il muro mattonelle gelide.
M'intrappola contro la parete e un turbinio di emozioni mi morde il petto.
«Spogliami. Mi piace quando lo fai.»
Il sussurro è così invitante che sento il ventre ardere.
«Ma ti ho già...»
Ci fissiamo per qualche istante.
«Tutto, June»
A quel punto abbandono la fronte sul suo petto leggermente sudato, le mani di James restano ancorate ai miei fianchi con decisione, mentre io non so proprio come agire.
«Puoi prenderti tutto il tempo che preferisci.»
La sua frase cela significati nascosti, ma in qualche modo mi dà coraggio per continuare. M'impegno a scivolare pantaloncini verso il basso e lui se lo lascia fare.
Il mio tocco sembra farlo sussultare, soprattutto nel momento in cui con le dita arrivo a sfiorare il bordo dei boxer.
James si morde il labbro, senza mai smettere di fissarmi la bocca.
«Cazzo» lo sento imprecare con voce roca, perché con il pollice carezzo inavvertitamente la sagoma della sua lunghezza.
Sembra mancargli il respiro, l'addome allenato si contrae e James chiude gli occhi per poi lasciarsi andare ad un gemito impercettibile.
Perciò ne approfitto per abbassargli i boxer e girarmi di scatto con due guance infuocate.
«Okay, fatto.»
Lo sento sorridere alle mie spalle.
«Non era difficile, hai visto?» ridacchia entrando in doccia.
Sento cigolio del vetro, poi il getto d'acqua, io intanto mi accomodo sul bordo della vasca.
La mia testa comincia a vorticare di mille pensieri.
Cosa faremo?
È stata una giornata intensa per me. Lo è stata anche per lui? Ha mangiato alla fine?
Ma quando sollevo lo sguardo, tutti i miei dubbi vengono presto spazzati via dalla visione del vetro attraverso il quale trapela l'immagine di James. La parete della doccia è annebbiata dal vapore, ma il suo corpo bagnato cattura immediatamente la mia attenzione. Chino il capo con rapidità, quando lui si volta ad osservarmi.
«Puoi guardare se vuoi»
Sollevo lo sguardo per rubare frammenti della sua immagine proibita, mentre James, con un sorrisetto sfacciato, preme la confezione di bagnoschiuma lasciando scivolare dall'alto il sapone sul suo basso ventre. E con una naturalezza sconvolgente si porta una mano tra le gambe. I miei occhi stanno andando a fuoco.
«Ti da fastidio?» domanda conoscendo già la risposta.
«No.»
Lo vedo passare lo sguardo dal mio viso alle mie gambe scoperte, un numero indefinito volte.
Le serro nel momento esatto in cui percepisco la sua occhiata ardermi addosso. Saetta in mezzo alle mie cosce, come se volesse aprirmele con la potenza del suo sguardo lussurioso.
Gli schizzi d'acqua contribuiscono a rendere più tridimensionale il suo fisico possente che, altrimenti, sembrerebbe un dipinto perfetto, il ritratto di una divinità dalle proporzioni impeccabili.
Ma sono i suoi occhi scuri come la notte a tenermi incatenata e continuano a farlo anche quando esce dalla doccia.
«Ti pace lo spettacolo?» mi provoca avvolgendosi un asciugamano intorno alla vita.
Stringo le cosce tra loro, creando una frizione piacevole.
«E a te piace darlo...»
James curva capo, modellando la bocca in un ghigno provocante.
«Volevo dire...ehm...»
Che figura
Sono ancora seduta quando lui si avvicina pericolosamente.
«Perché sei diventata rossa?»
«Smettila»
«Sei bella.»
La sua mano s'insinua tra le mie ciocche umide, districandole appena con le dita.
«Ma sei ancora più bella quando hai i capelli bagnati e quando sei tutta...»
I suoi polpastrelli tiepidi s'insinuano tra le mie gambe serrate e si arcuano in prossimità della mia fessura. Seppur nascosta dal tessuto dei pantaloncini del pigiama, James riesce a strofinarvi le dita sopra, in un movimento dall'alto verso il basso, come a raccogliere la mia umidità.
«Mi sa che lo spettacolo ha dato i suoi effetti»
Il viso mi si colora inevitabilmente quando mi accorgo di come il mio centro stia pulsando per lui.
«Cretino.» sbotto serrando di nuovo le gambe tra loro, per impedirgli di toccarmi ancora.
«Per me dovresti aprirle le gambe, non chiuderle»
Lo sento allargare la mano per divaricare la mia carne e tra noi comincia il solito gioco di lotta che lui non sembra intenzionato a perdere. Raggiunge veloce il mio labbro inferiore che morde con forza, intrappolandolo tra i suoi denti bianchi, mentre io provo a spingerlo via afferrandolo dal collo. La mia mano circonda la sua gola ma James è molto più forte di me e invece che allontanarsi, mi viene più vicino.
«Tu finisci male, cazzo...» ringhia sul mio viso con voce eccitata.
«Magari non aspetto altro» azzardo con un po' di coraggio.
James solleva l'angolo della bocca, poi la sua occhiata torva cade pesante lungo tutto il mio corpo.
«Andiamo nel tuo letto»
Mi alzo in piedi e indietreggio oltrepassando la porta. James mi spinge sul materasso e si china subito verso di me.
Le sue mani scavano la pelle del mio ventre con bramosia, si arrampicano oltre la maglia del pigiama e un mugolio rauco si libera nello spazio circostante, quando si accorge che non indosso nulla lì sotto. I suoi palmi grandi e ruvidi giungono ai miei seni, che racchiude con una presa calda.
«Cazzo, ogni volta che ti tocco...»
Ogni mio respiro comincia a venir meno.
«Torno a pensare a quella sera.»
Le sue mani sicure ed esperte sollevano la mia maglietta, facendomi saltare un battito.
«James.» ansimo quando seguita ad intrappolare un capezzolo tra le labbra calde.
Il suo buon profumo scivola dalla sua pelle fina e perfetta, fino a solleticarmi l'olfatto, inondandomi di un'aroma maschile ed eccitante.
L'adrenalina scorre nelle mie vene e pompa nelle arterie gonfie del suo collo che sembrano scoppiare da un momento all'altro. Per poco non mi sfugge un urlo quando il suo bacino avvolto solo da un asciugamano, si fa spazio tra le mie gambe divaricate.
«Avevo una voglia fottuta di baciarti.»
Si lascia andare ad un rantolo soffocato prima di affondare la bocca sui miei capezzoli, questa volta per tracciarne i contorni con la lingua vellutata.
«Quando?» domando stordita dalle sensazioni positive che James è in grado di regalarmi.
«A quella festa dei colori. Quando ti ho dipinto le labbra.»
Deglutisco, la bocca si fa improvvisamente secca.
Incontro i suoi occhi affilati dal basso e tra le mie gambe torna di nuovo quella sensazione di bramosia insostenibile.
«Ma poi ho fatto di meglio quella notte....»
La mia schiena viene assalita da brividi voluttuosi e questi non sembrano arrestarsi quando James arriva ad un soffio dal mio viso con la sua bocca invitante.
«Cos'hai fatto?» domando con un pizzico di timore.
Le sue labbra però, si posano sul mio orecchio senza paura.
«Posso fartelo vedere?»
Annuisco confusa.
James mi afferra dalla vita e mi volta a pancia in giù con una velocità disarmante.
«Ora te lo mostro June.»
Punto entrambe le ginocchia nel materasso, intanto il mio viso si colora di un imbarazzo innegabile quando capisco la posizione.
«Non mi sembra il...»
James lascia scorrere braccio sotto al mio ventre per aiutarmi ad issarmi e far convergere il mio sedere contro la sua figura possente che si staglia alle mie spalle.
«Ti ho presa...»
Sento le ginocchia fiacche, il mio corpo sembra voler cedere da un momento, ma la stretta intorno alla mia vita è sicura.
«Ti ho messa a novanta sul mio letto»
«James...»
Il suo palmo preme con delicatezza sulla mia guancia, obbligandomi a sprofondare con il viso nel cuscino.
Percepisco il calore delle sue mani sul mio corpo, s'impossessano dei miei fianchi, questi sbattono violentemente contro sua erezione che s'incastona tra le mie natiche e va a sfiorare il mio punto più sensibile, ormai aperto per lui.
«E il resto, June...»
Con un gesto repentino m'invita a ruotare a pancia in su, mentre lui si passa una mano tre le ciocche scompigliate con fare seducente.
«...Lo puoi immaginare.»
«Mi sa che l'unico a farsi i film mentali qui sei tu.»
Non riesco a resistere, è più forte di me, devo provocarlo.
«Sì ma a guardarti, sei tu quella che non veda l'ora di passare alla pratica...» sorride lui con aria diverta.
Non so cosa accade, ma guardandolo negli occhi, in questo momento, arrivo a realizzare tutto. Siamo su un letto e...
Stiamo per farlo?
«Io...» mi muoiono le parole in gola.
«Tu?»
James mi sfiora la tempia levandomi i capelli viso.
Ci fissiamo e per un attimo mi ritrovo indecisa.
«Stai tremando cazzo.»
Qualcosa mi frena all'improvviso
Forse perché non abbiamo parlato.
«June non ho fretta» mormora quando si rende conto del mio stato d'animo.
«Lo so ma...»
«Non c'è nessun ma, te l'ho già detto. La giornata è stata strana.»
Sembra quasi sollevato nel pronunciare quelle parole e io non mi capacito di come possa volersi frenare anche lui.
Che motivo avrebbe?
«Hai paura?» ipotizzo a quel punto, incapace di riconoscere la giusta emozione che gli si dipinge in volto.
«No. Voglio aspettare anch'io.» sussurra mentre il cavallo duro si posiziona contro il mio centro vibrante.
La mia espressione dev'essere strana perché lui si affretta a spiegare.
«Hai detto che non volevi farlo così.»
«Lo so, solo non capisco perché sembra che ad avere timore sia tu e non io...»
«Magari, potresti non vedermi più nello stesso modo dopo.»
«Hai paura che poi tra noi sia solo... quello?»
James non risponde ma abbassa lo sguardo, gettandolo sui cuscini alle mie spalle.
«James non ti vedrò mai solo in quel modo.»
Provo a rassicurarlo, ma non sembra abbastanza.
Deglutisce, il suo pomo scende rapido e risale altrettanto velocemente.
«Voglio tutto di te, non sono quella parte.»
Solleva un sopracciglio, stupito della mia confessione. Di certo dovrei dare ascolto alla mia parte più razionale, che mi invita a non lasciarmi andare troppo con lui, vista la giornata di oggi. Ha baciato due persone che non avrebbe dovuto e nessuna delle due ero io.
Ma l'ho vissuta sulla mia pelle, la sua paura, quella sensazione che gli altri non volessero altro da lui.
In una spinta di coraggio, metto fine a questo momento di sospensione tra noi e mi sporgo col viso verso l'alto per raggiungere le sue labbra schiuse.
«Cazzo» sento biascicare prima che la sua bocca decida di lasciarsi andare con la mia.
«Cosa?»
«Mi sorprendi. Sempre.»
«Che significa...» domando mentre James, senza perdere ulteriore tempo, si sta già dedicando a riempire di baci il mio collo.
Inarco la schiena quando quelle effusioni si fanno più roventi e le sue mani scendono ad esplorare la porzione di pancia a filo con i pantaloncini del pigiama. James prosegue sempre più in basso e non si arresta finché non trova la mia parte più sensibile, che freme a contatto con i suoi polpastrelli freddi. Con la mano sinistra invece, sopraggiunge ai miei seni, sfiorandone prima uno, poi l'altro. La carezza delicata si trasforma in una presa più rude, li palpa con vigore e senza volerlo, quel gesto sfacciato spinge in circolo l'eccitazione nel mio sangue.
«Oddio» ansimo tendendo la schiena, quando il suo respiro tiepido vibra sui miei capezzoli, che allieta con continue slittate di lingua.
Con il pollice, invece, seguita a stuzzicare la mia intimità nascosta dalle mutande.
D'istinto provo ad abbassarmi la maglia, ma James abbandona il viso sul cuscino, in prossimità al mio, per sussurrare nel mio orecchio «Non coprirti, ti prego.»
Ruoto di poco il capo e incontro il suo sguardo affilato nella penombra.
«Non credere di non essere bella abbastanza.»
«E tu non credere di non essere abbastanza.»
Quella frase lo coglie di sorpresa, glielo leggo in volto, ma non per questo James smette di accarezzarmi.
«Quindi vuoi tutto di me» lo sento ansimare tra un bacio e l'altro.
«Sì.»
Sono incapace di aggiungere altro, estasiata per la bravura che ha nel baciarmi e nel vorticare la lingua sul mio corpo, tanto da provocarmi scosse bollenti che cascano dritte tra le mie cosce tremolanti.
Immergo entrambe le mani nei suoi capelli folti, mentre le sue vagano lungo la mia schiena, fino a scendere sul mio sedere. Sono ancora sotto di lui quando lo palpa con decisione assicurandosi una presa salda, che gli permette di convogliarmi più vicina. Sento il calore sprigionarsi tra le mie gambe quando le nostre intimità prendono a strofinarsi tra loro, nonostante gli indumenti.
«June... aspetta.»
«Che c'è? Hai dimenticato come farlo?» ridacchio.
«Stronza.» sbotta lui, prima di fermarsi con entrambi i palmi ai lati del mio viso.
«E poi...»
Lo vedo vagare con lo sguardo sul mio viso, sembra pensieroso.
«Cosa? Dimmi, James» lo invito a parlare, ancorando le mani ai suoi fianchi possenti.
«Chi mi dice che quello fosse il modo giusto?»
James è intraprendente, perché sembra sempre in grado di alternare dolcezza, sensualità e durezza, in modo fluido, gli viene naturale. E la sua parte da cucciolo indifeso si manifesta a sprazzi, difatti, senza che nemmeno io me ne sia resa conto, l'asciugamano che gli cingeva la vita è a terra e i miei pantaloncini scivolano via rapidi, sotto alle sue mani abili.
Inizio a tremare, il mio corpo viene presto attraversato da sussulti involontari quando, lentamente, mi sfila anche le mutande.
Scende sul mio seno per succhiare con decisione un capezzolo, poi lo circonda con la punta della lingua creando vortici lussuriosi ed eccitanti. Le sensazioni piacevoli mi distraggono, James è davvero bravo in questo perché quasi dimentico l'imbarazzo di essere praticamente nuda sotto di lui. Risucchia con desiderio la mia carne, mentre contro il mio interno coscia, comincia a crescere la sua eccitazione dura e sensibile.
«Ti piace se faccio così.»
«Come fai ad essere così sicuro che mi piaccia?»
Le dita esperte s'incurvano e trovano il mio centro prima di affogarci dentro con delicatezza, sfondando le mie barriere cedevoli al suo tocco.
«Non te ne accorgi, ma stai pulsando.» asserisce, divenendo presto la causa del mio mutismo improvviso.
«Questo di solito significa solo una cosa. Ti piaccio da impazzire.»
Non accolgo la sua provocazione, ma scivolo con lo sguardo lungo il suo torace scolpito fino a giungere alla sua erezione che svetta fino all'ombelico.
Ci scambiamo un'occhiata fugace prima che lui possa replicare.
«E sì, June. Anche tu mi fai impazzire.»
Provo ad incamerare aria, ma in questo momento sembro aver dimenticato come si respira.
Inizio a far oscillare i fianchi verso di lui, quando la sua lunghezza trova spazio sulla mia intimità liscia, dove prende a strofinarsi creando una frizione piacevole. È così lento il movimento che applica contro di me, che riesco a percepire la tridimensionalità di ogni nervo che irradia la sua eccitazione, i tendini che pulsano a contatto con le mie pieghe bagnate e quella sensazione di scosse di piacere che si amplifica sempre di più.
James sa perfettamente come fare per stuzzicarmi nel punto esatto, così come sa come atteggiarsi per farmene desiderare ancora.
«Quindi vuoi davvero tutto di me.»
Quelle parole assumono un nuovo significato quando avverto il suo corpo premere contro la mia apertura.
«Vuoi il mio cazzo»
Il suo respiro di menta inebria le mie labbra, ma le mie guance si arrossano all'improvviso.
«Vuoi le mie dita» ansima sfiorandomi il labbro inferiore con il pollice
«James»
«O forse... Vuoi la mia lingua»
Risucchia il lobo del mio orecchio con maestria, mandandomi in paradiso.
«James io voglio te.» riesco ad esalare a fatica.
Lui si prende del tempo per osservarmi con occhi persi e per un attimo appare realmente spaesato.
«June, se ci stiamo mettendo così tanto è perché voglio che lo sia anche per me»
«Speciale?» chiedo accigliata.
«No, speciale lo sarà per forza.» lo sento mugugnare.
«Di che parli?»
«Niente. È una cazzata.» minimizza sbuffando.
Lo vedo coprirsi con il piumone, prima di posizionarsi sul fianco.
«No, non lo è. Dimmelo.»
Mi porto entrambe le mani al petto e ruoto verso di lui per sfiorargli la guancia con la punta delle dita.
«Vorrei che anche per me fosse come la prima volta. Non ne ho un bel ricordo della mia».
M'incuriosisco inevitabilmente e lui mi frena prima che io possa aprire bocca.
«No, June. Non è il caso di parlarne ora.»
Con la punta dei polpastrelli traccio il suo addome, lui sembra affascinato dalla lentezza con la quale indugio a sfiorarlo.
«È sempre una tortura quando fai così.»
Lo sento lamentarsi e poi trattenere il respiro, ma ciò non gli impedisce di seguire con lo sguardo le mie dita, soprattutto quando giungono al suo ombelico. Queste risalgono causandogli una piccola contrazione.
«Ti manca il respiro...» realizzo a quel punto.
Con la mano compio quelle traiettorie proibite un paio di volte, senza mai scendere oltre la coperta che gli fascia i fianchi.
«June ti prego basta...»
«Ma che sto facendo?»
«Perché fai sempre la stronza?»
«Perché a te piace.»
Lo vedo chiudere gli occhi ogni volta che scivolo un po' più giù, ma quando James pensa di aver sofferto abbastanza, decide di tornare sopra di me.
Si appoggia sul mio corpo con delicatezza e la sua eccitazione spessa trova spazio tra le mie gambe, sulle mie pieghe esterne, che si schiudono per lui.
I nostri corpi sfregano, creando un rumore indecente nella stanza.
«Oh cazzo» sussurra lui. «Mi stai bagnando tutto.»
«Scusa»
«Non chiedere scusa. È quello che è voglio, sentire quanto ti piaccio.»
Sento i suoi addominali contrarsi ancora, glieli sfioro un paio di volte e lui sembra gradire tutte le volte che la mia mano scende un po' più in basso.
«Vuoi toccarmi...»
Mi mordo il lato del labbro, indecisa sul da farsi, ma James sa perfettamente come agire.
«Lo vedi perché ha senso aspettare? Ti senti più sicura ora.»
La mia pelle sta ardendo e il suo sussurro eccitante nell'orecchio non fa che esasperare questa sensazione.
«Quindi fallo, toccami.»
James serra le palpebre lentamente, quando lascio scorrere la mia mano intono alla sua lunghezza marmorea. La sua espressione di sollievo viene presto rimpiazzata da una faccia sofferente, lo vedo infatti corrugare la fronte e stringere gli occhi diverse volte.
«Ti faccio male?» provo a chiedere, nel notare la sua sensibilità.
La domanda può risultare stupida, ma per me è tutto nuovo e James sembra capirlo.
«No, male no. Ma se volessi...ehm...»
Lui dapprima si lecca il labbro un paio di volte, poi lo morde e io arrossisco ricordando la sua richiesta sotto alla doccia.
Sollevo di poco i fianchi e con la mano accompagno la sua punta tesa il più vicino possibile alla mia intimità, bagnandola della mia stessa eccitazione.
«Non male, White»
Un sorrisetto gli spunta sul viso, a me invece si rompe il respiro nel sentirlo indurirsi, così tanto da pulsare nella mia mano.
«Oh...» bisbiglio quasi spaventata, aspettandomi che succeda l'irreparabile da un momento all'altro.
«Di che hai paura? Guarda che posso andare avanti così tutta la notte» ridacchia lui, volgendo lo sguardo alla sua eccitazione racchiusa a stento tra le mie dita.
«Ah sì?»
Lui si spinge nuovamente tra le mie cosce, dove io con un pizzico di coraggio lascio scivolare la sua punta sulle mie pieghe umide.
«Però... Tu stai giocando un gioco pericoloso, June.»
«Il tuo preferito» ribatto sostenendo il suo sguardo febbrile.
«Un giorno di questi mi farai morire. Letteralmente»
Il bacio che spezza le nostre provocazioni è così sfacciato che diventa una lotta di lingue e morsi, mentre con la mano seguito a mandarlo fuori di testa.
«Sì, così. Continua.» ansima ogni volta che la sua erezione sbatte contro il mio clitoride con veemenza.
«Shhh» sussurro nel suo orecchio, dandogli i brividi.
Il cellulare di James è rimasto al fondo del letto quando comincia a vibrare insistentemente.
«Cazzo. Non ci credo» impreca allungandosi controvoglia verso il telefono.
«Non ho nessuna intenzione di rispondere a meno che non sia...»
Lo vedo lanciare gli occhi al soffitto.
«Quale cazzo è il tuo problema William Cooper?»
James risponde e io mi prendo quei piccoli attimi per lasciare che i miei respiri tornino a regolarizzarsi.
«Senti non sono venuto a bussare» sento dire in lontananza.
«Vuoi un fottuto premio perché per una volta sei riuscito a non rompere il cazzo?»
Una risata fragorosa arriva dall'altra parte del telefono.
«Cosa mi chiudo in camera a fare secondo te?»
Arrossisco con violenza.
«La mia ex ragazza.» sento Will ribattere.
«Non è mai stata la tua ragazza.»
«James non andare, resta qui...» sussurro sottovoce quando ricordo dei loro piani per la serata.
James poggia le labbra sulla mia fronte, mandandomi in una dolce confusione, capace di farmi dimenticare ogni cosa.
«Arriva al punto» si spazientisce lui con l'amico.
«Domani alle dieci, saltiamo l'escursione.»
«Okay. Ciao.»
James chiude la chiamata e lancia il cellulare il più lontano possibile da noi.
«Adoro quando prendi il controllo» mugola nel vedere la mia mano ancora ferma su di lui.
Con il pollice ne raccolgo l'estremità, obbligandolo a serrare le palpebre per via della carezza troppo piacevole.
«Così?» domando facendomi un po' di coraggio.
«Cazzo sì, così.»
Con tutte le dita una mano incastonate nella sua schiena possente, dondolo i fianchi in avanti per alleviare in qualche modo il supplizio che i suoi polpastrelli continuano a causarmi. Entrano ed escono sempre più velocemente, rendendo inevitabile quella sensazione di piacere che sta per esplodere tra le mie cosce.
«June aspetta, così è rischioso» dice guardando la sua erezione indirizzata proprio verso la mia intimità.
James si riposiziona sul fianco, poi si lascia andare ad una piccola confessione.
«Con gli altri riesco a controllarmi, ma con te...»
«Non devi.»
Gli accarezzo i capelli spettinati, così lui scivola con la guancia sulla mia spalla, dove abbandona ogni freno. Geme nel mio orecchio, creando una melodia proibita e irresistible.
«Ti prego, non fermarti» lo sento ansimare sempre più affannosamente.
I suoi sbuffi caldi mi carezzano le spalle nude e le sue dita aumentano il ritmo dentro di me, facendosi sempre più esigenti. La mia mano segue a ruota e quando lo vedo chiudere gli occhi, io non riesco più a resistere e faccio lo stesso. L'attimo è perfetto perché veniamo inondati da una sensazione devastante nello stesso esatto momento.
«Cazzo, la miglior...»
James prende a parlare, ma si blocca di colpo e io inizialmente non ne comprendo il perché. I miei occhi restano intrappolati nella visione delle sue guance arrossate e nella rete dei suoi capelli spettinati, che gli conferiscono un'aria dannatamente bella e sfatta.
«Oh cazzo June...»
«Cosa?»
Seguo la traiettoria dello sguardo di James e noto tra le mie gambe una grossa chiazza che macchia il materasso.
E non è stato lui.
«Oddio.» esclamo scandalizzata.
Ho fatto un gran casino.
«Va tutto bene, non ti agitare.» sorride lui socchiudendo gli occhi, ancora perso in quel momento.
Inaspettatamente però, le sue labbra premono sulle mie, dandomi una timida rassicurazione.
Mi rimetto subito i pantaloncini del pigiama, poi la maglia, ma prima che io possa andare a lavarmi, James mi precede.
«Che fai?»
«Vado ad occuparmi dei miei bambini.» sogghigna indicandosi il petto cosparso di liquido denso.
Io sono ancora agitata, ma quando lui esce dal bagno mi tranquillizza con un sorriso.
«Qual è il problema? Domani te lo fai cambiare.»
James non sembra aver la minima vergogna in questo momento, mentre io mi sento ancora frastornata dalla marea di sensazioni idilliache che mi hanno attraversato il corpo pochi minuti fa.
«Questo di chi è? Sembra non ci abbia mai dormito nessuno.» dice poi con un cenno del capo rivolto al letto di fianco al mio.
«Poppy.»
A quel punto afferra prontamente il piumone di Taylor.
«Prendiamo la coperta di...»
«Taylor.» suggerisco io.
«Uh...»
James ridacchia divertito mentre entrambi ci posizioniamo sul letto di Poppy.
«Come stai?»
«Perché lo chiedi ora, James?»
Mi rannicchio contro la testata del letto, mentre lui si fa spazio tra le mie gambe, dove si sdraia appoggiando la testa sul mio bassoventre.
«Perché per me è importante June.»
Io resto leggermente confusa a fissare la sua chioma di capelli che mi solletica l'interno coscia.
«A volte... quando mi guardi in quel modo...»
Con la testa persa tra le nuvole, mi accorgo che James mi sta parlando.
«Cosa James?»
Con avidità immergo le dita tra i suoi capelli, mentre lui fa scivolare un braccio sotto alla mia gamba per avvicinarsela alla guancia.
«Sembra che tu non veda quello che ho dentro.»
«Chi ti dice che io non lo veda, ma lo accetti lo stesso?»
Con le labbra sfiora la mia pelle, dandomi i brividi.
«James, non è mio compito cambiarti.»
«Lo so.»
«Ma sappi che se me lo permetterai, sarò qui tutte le volte che avrai bisogno di metterci un cerotto sopra a quelle ferite.»
«E come faresti, sentiamo?» mi provoca lui, già intento a recuperare una sigaretta dal pacchetto che ha un mano.
Allungo il braccio in avanti e gli sfilo la sigaretta dalle dita prima che possa portarsela alle labbra.
«Iniziando dalle piccole cose.»
La poso nuovamente sul comodino, mentre lui sorride con due fossette.
«Che fai?» domando quando lo vedo prendere il cellulare.
«Posso controllare la mia fattoria?»
Con una mano tiene il cellulare, con l'altra massaggia il mio interno coscia lasciato scoperto dai pantaloncini.
«Che cretino.»
«Mi chiedo una cosa, June.»
«Dimmi»
«Cosa ti spinge ad andare oltre con me? Sono io?»
Le mie dita affondano tra le sue ciocche scompigliate, il piccolo massaggio sembrava dissipare tutti i suoi dubbi.
«Sei tu James.»
«Raccontami qualcosa allora.» mormora lui scavando con i polpastrelli nella mia coscia.
«Ti posso raccontare di come una dolce e gentile fanciulla di nome Taylor Heart scoprì che qualcuno dormì nel suo letto. Imprecò in tutte e lingue possibili e immaginabili, poi fece saltare la testa a tutti. Fine.»
James scoppia a ridere, così trovo il coraggio di incalzarlo.
«Tocca a te.»
«Ti posso raccontare storie diverse, ma non sarebbero belle come le tue.» lo sento biascicare.
«Le storie inventate sono sempre più belle della realtà» spiego candidamente.
«Distorceresti la realtà per me?»
«Che vuoi dire, James?»
«Riscriveresti la storia per me?»
«Se io conoscessi la realtà James, proverei a darti un'altra versione della storia.
Te la racconterei da un'altra prospettiva e chissà, magari a quel punto capiresti che tu non hai fatto nulla di male. Che non sei tu il cattivo come ti hanno sempre fatto credere.»
«Lo faresti?»
Mi sporgo in avanti per raggiungere meglio il suo viso incastrato tra le mie gambe.
«Sì. Per ogni storia esistono tante versioni e sono sicura che qualcuno potrebbe raccontartela ancora meglio.»
«Chi?»
Mi mordo il labbro prima di parlare.
«Hai mai parlato veramente con tua mamma?»
«No»
Gli accarezzo la mascella, ma il mio tocco non è sufficiente a rilassarla, perché l'avverto contrarsi duramente.
«Non era colpa tua se erano arrabbiati»
«Tu cosa ne sai?» ribatte con voce tagliente.
«I miei lo erano spesso quando hanno saputo la notizia di mio fratello. I genitori reagiscono sempre così»
Restiamo in silenzio per qualche minuto, ognuno immerso nel suo dolore, condividendo un silenzio speciale.
«È stupido pensare che io voglia che la mia prima volta sia speciale?» chiedo senza troppi giri di parole.
James non si scompone, né si scandalizza per la domanda troppo diretta. Anzi, sembra avere già la risposta pronta.
«Oggi non l'ho reso speciale baciando Amelia e Jackson.» scandisce serio.
«Già.»
È ancora sdraiato tra le mie gambe, ma nel sentire il mio tono deluso, James si volta di scatto.
«Vuoi che questa sia una cosa solo tra me e te?»
Ora lo picchio
«Che domanda è James? Riesci a passare due giorni senza baciare qualcuno?»
«Non t'incazzare. Comunque sì. Ci posso provare.» ridacchia schivando lo schiaffetto che ho intenzione di sferragli.
«Dove vorresti farlo?»
La sua domanda è diretta, ma l'imbarazzo passa in secondo piano quando avverto le sue labbra calde carezzare il mio interno coscia. Abbandona sulla mia pelle sensibile un bacio così dolce da farmi sussultare.
«Camera mia, nel mio letto.» sussurro sottovoce.
«Mmmm.»
«Però prima guardiamo il mio film preferito.»
«Che sarebbe?»
«Titanic.»
«Cazzo. Vuoi dirmi che prima di mettertelo dentro, devo subire le torture medievali?»
«James!» Gli strattono i capelli causandogli una risata.
«Non fa ridere.»
«E infatti non sto scherzando!»
«Scherzi sempre in modo inopportuno.»
«Che cazzo avrei detto?»
«Mi ha dato fastidio quando hai parlato di Amelia in quel modo, davanti a Brian.»
«L'ho fatto per provocarlo June.»
«Non riesco a capire cosa voglia da te... Non capisco se sia davvero innamorata di te.»
«Dice tanto a me, mi accusa di essere confuso, ma lei non è da meno. Comunque no, non è presa da me»
«Sta con un uomo piu grande, come dice Taylor?»
Lui annuisce solleticandomi le cosce con le ciocche scompigliate.
«Non parliamo del prof d'inglese, vero?»
Non so perché mi viene da fare questa domanda, ma James non risponde, lasciandomi con un dubbio non indifferente.
«A tal proposito. L'uomo più grande di cui parlava nel tuo caso era...»
Lo so, mo sto infilando in un sentiero pericoloso, ma forse ne vale la pena.
«Sì. Te l'ho detto.» controbatte brusco, prima di mettersi a sedere di fianco a me.
«Non me ne hai mai parlato.»
«Ti ho già raccontato di quell'uomo.»
«Era lui che hai conosciuto alla festa, quella dove voleva portarti Hood?»
Sul suo sguardo si dipinge l'ombra di un'espressione colpevole.
«In realtà l'ho conosciuto prima di quella festa. Te l'ho detto, è il vicesindaco, fa parte del comitato di finanziatori per le borse di studio dedicate alla nostra scuola. L'ho incontrato alla cena di Ari e quando ha saputo che ero il capitano della squadra di football, ci siamo messi a parlare di sport e università.»
Ma c'è dell'altro, glielo leggo in volto.
«E poi...?»
James arriccia il labbro superiore prima di continuare.
«Alla cena di Ari mi ha lasciato il suo numero. E una sera, io ho fatto la cazzata di chiamarlo...»
«Perché dici così?»
«Ero appena stato dal dottore con Jordan. Quasi dieci anni di farmaci per scoprire che non avevo nessun disturbo d'iperattività, nessun deficit dell'attenzione. Quando diagnosticarono l'autismo a Jasper, io avevo sei anni e mia madre si mise in testa che fossi malato anch'io. Non lo so perché, non mi sopportava. Ero così arrabbiato quando quel dottore disse che ero completamente sano... Mi sentivo solo, quindi...»
«Vieni qui.»
James torna su di me, ma questa volta si appoggia con il viso sul mio petto.
«Possibile che tua mamma non se ne fosse accorta che tu non avessi bisogno di tutti quei farmaci?»
«Ero meno vivace e stavo buono in quelle condizioni. All'inizio mi facevano stare anche più tranquillo, ma in realtà non erano i farmaci a levarmi ogni energia. Era il fatto che mangiassi troppo poco e...»
Gli si spezza il respiro.
Provo ad accarezzargli dolcemente lo zigomo, ma mi accorgo che la tensione ha cominciato crescergli dentro.
«Dovevi vedere la faccia di quel cazzo di dottore. Era sconvolto dal fatto che Jordan sapesse a malapena quanti anni avessi. Gli chiese come mai prendessi tutte quelle medicazioni per un disturbo che non avevo, ma mio padre non sapeva rispondere. Ero normalissimo, non avevo bisogno di farmaci. Mi sono sentito una merda, June. Odiavo lei. Odiavo Jordan per essersene lavato le mani per tanti anni. Odiavo Austin perché non si era mai curato davvero di me, di Jasper. Così, quella notte... Non so perché io l'abbia fatto, ma ho deciso di chiamarlo»
«Eri chiaramente perso, James. E nessuno può biasimarti per questo. Comunque parli del signor Carter, vero?»
James mi scruta di sottecchi.
«Ti sei informata?»
«Beh... è un personaggio pubblico. È il vice sindaco. Io non sono della zona ma mi è bastato fare due ricerche.»
Lui si solleva sui gomiti per prendere a fissarmi. La situazione è troppo seria persino per lasciarsi andare a battutine chiamandomi "detective Madeline".
«Quindi non l'hai conosciuto durante la festa alla quale Hood voleva partecipassi? Non ci sei andato alla fine?»
«L'avevo già conosciuto prima. Ma non ci eravamo mai dati appuntamento di persona»
James resta vago e io sento crescere dentro di me il bisogno di saperne di più. Come posso stargli vicino, come posso sostenerlo nel migliore dei modi, se non so cos'è successo?
«È accaduto poi a quella festa? L'hai incontrato li?»
«È successo molto di più a quella festa...» sussurra lui interrompendo la nostra connessione di sguardi.
James mi ha sempre e solo raccontato una parte della storia. Non mi ha mai detto quello che è capitato un anno dopo e io sono sicura che sia tutto collegato, che questo c'entri con la sera in cui James ha picchiato Brian e con la sparizione di suo padre. Anche perché, nonostante tutte le bugie, Amelia sembrava sincera quando è scoppiata a piangere, la volta che, nei corridoi di scuola, avevo nominato il prof di nuoto.
«Taylor dice che Amelia ti odia perché pensa tu abbia fatto del male a suo padre»
«Un anno dopo la festa dal vicesindaco, la sera in cui Hood è sparito, la signora Hood aveva fatto una scoperta. C'è stata una brutta litigata in casa loro...»
«La signora Hood aveva scoperto della doppia vita del marito?» domando io.
«Non solo, June. Alla festa è successo un terribile incidente...»
James si blocca, incapace di racimolare aria. Per qualche secondo sembra gli si fermi il petto.
«Puoi dirmi quello che ti senti di dire. Non voglio che stai male.»
Provo a rassicurarlo cercando con le mie nocche il dorso della sua mano, abbandonata sul copriletto.
Viene colto da un brivido quando le nostre dita si sfiorano.
«Non l'ho mai raccontato ad Austin o a Hood, che mi sentivo con quell'uomo. E tu, June, mi giudicheresti, è comprensibile.»
«James non è mia intenzione giudicarti, solo mi chiedo... Avevi un sacco di ragazze che ti giravano intorno e magari anche ragazzi. Perché lui? Ti ha costretto...»
«No. Io stavo per compiere sedici anni e lui diceva che era tutto normale, ma non è questo il punto. Ero da Austin il pomeriggio prima della festa, lì ho conosciuto una ragazza che avrebbe lavorato insieme ad altre, da lui, quella notte.»
«Bazzicavi spesso nei locali di Austin?»
«Sì. Non è un posto adatto ad un ragazzino. Non ci farei mai entrare Jasper. Ma il mio patrigno aveva bisogno di una mano. E dopo l'incidente in piscina, con le minacce di Hood, Austin ha cominciato a chiedermi sempre di più. Di vendergli la roba, di vincere le gare per guadagnare sempre più soldi...»
Lo vedo curvare il capo di lato, mentre i suoi occhi sprofondano verso il basso. Non sembra felice di raccontare tutto ciò, perciò provo a cambiare soggetto.
«Una ragazza? Che ragazza?»
«Era arrivata con Hood e sembravano piuttosto intimi. Che quel viscido tradisse la moglie lo sapevo, oltre a mia madre, si scopava anche ragazze molto giovani. Sono cose che ti aspetti da uno come Austin, non da un uomo all'apparenza rispettabile come il signor Hood.»
Io annuisco restando in silenzio, così James continua a parlare.
«Provava a nascondere ai suoi figli e a sua moglie la sua seconda vita, ma... è durata finché Brian non ha scoperto che se la faceva con mia madre.»
Scrollo il capo, sono infastidita al solo sentir parlare di quell'uomo. Provo a raccogliere tutto il coraggio che ho, gli prendo la mano ed infine glielo chiedo.
«Puoi raccontarmi della festa?»
JAMES
«Non ero mai andato nessuna delle feste di Austin. Ero troppo piccolo per parteciparvi, ma quella volta, ci andai come richiesto da Hood sul letto di ospedale. E fu proprio lui che mi smollò all'ingresso, non appena mettemmo piede dentro alla villa lussuosa del vicesindaco.»
Non ho nessuna voglia di rivangare quel momento, non dopo essere stato così bene con lei. Eppure, sembra che June voglia sapere. Anzi, sembra abbia bisogno di sapere. Le nostre dita s'intersecano creando un intreccio più fitto e io, finalmente, mi decido a parlare.
Due anni e mezzo prima
Il vialetto non era quello di una normalissima villa da stronzi arricchiti, consisteva in un'area privata con tanto di security, barre e telecamere ovunque. Le dimensioni della sua dimora? Immense.
Quando giungemmo con l'auto alla proprietà, ai cancelli sostavano diverse guardie, ma nessuno fece domande a Hood, che sembrava essere di casa lì. Arrivammo davanti alla villa e lui, prima di farmi scendere, parlò.
«Ascoltami bene. C'è una cosa che devi sapere.»
«Cosa?» Non riuscii a guardarlo in faccia.
Mal sopportavo Austin, ma lui... Il mio odio per lui era nuovo. Non riuscivo nemmeno a parlargli dopo averlo trovato insieme a mia madre. E non solo per ciò che aveva fatto, ma perché mi fidavo di lui. Mi aveva sempre trattato come un figlio, mi aveva accolto in casa, mi aveva... ingannato.
«Fai questa cosa e finisce qui.» fece lui con freddezza, senza scollare gli occhi dal volante.
«Questa cosa, ti fara avere dei soldi?» Lo provocai. «Sei abituato a vendere cose non tue?»
«James non hai capito. Tua madre e io...»
«Cosa?» mi spazientii.
«Non è come sembra. È molto più seria la questione.»
«Cazzate. Vuoi dirmi che lei c'entra qualcosa? Darai dei soldi anche a lei?» sbottai infervorato, ma quando misi la mano sulla maniglia, lui mi bloccò con riflessi pronti.
«No, ma voglio aiutarla. Non hai capito, io... voglio stare con lei.»
«Che cazzo stai dicendo?»
«Sì. Voglio stare con lei.»
disse porgendomi una bustina con delle pastiglie colorate. «Devo solo trovare il modo per lasciare mia moglie e...»
La sua vita prima di conoscere Austin, era una vita ordinaria, d'altronde, lui era solo un professore di nuoto.
Casa, scuola, famiglia, chiesa.
Ma l'uomo, anche il più insignificante, sguazza felice nella sua mediocrità, finché non scopre che c'è qualcosa di più. Che può spingersi oltre. E nel caso di Hood, le donne e la droga gli avevano fottuto il cervello.
«Come puoi fare questo a Brian?» domandai schifato, nell'udire le sue parole.
Il totale menefreghismo nei riguardi della sua famiglia mi fece raggelare.
«Tu hai sempre voluto una famiglia, no? Austin non sopporta tuo fratello, non lo calcola, nemmeno gli parla. Lo tratta come un disabile.»
Cosa mi stava promettendo?
Sentii un nodo alla bocca stomaco e la voglia di vomitare mi assali, perciò presi quella pastiglia nella speranza che tutto passasse al più presto.
"Andrà tutto bene."
Quelle parole riecheggiarono nella mia mente e no, niente andò per il verso giusto quella sera.
June mi osserva attenta.
«Pensavi che Hood ti volesse bene per davvero. Ti ha deluso profondamente, non è così?»
Annuisco con amarezza, prima di continuare.
Entrai nella villa e mi stupii di ciò che videro i miei occhi: persone per bene, politici, magnati, mafiosi, c'era un po' di tutto e quello che facevano era conversare, bere alcolici costosi. Erano ben inserite, forse dovrei dire mimetizzate tra gli invitati, le ragazze di Austin. Riconobbi Jessica, la figlia della bidella, che per poco non scambiai per la fidanzata di un politico da quanto appariva elegante dentro ad un abito lungo e costoso. Io non c'entravo niente lì, così mi diressi al piano di sopra, non sapevo nemmeno cosa stessi cercando, forse la stanza di qualche mio coetaneo, che brulicasse di videogiochi e console. Magari una sala cinema.
Ma quando aprii una porta, completamente a caso, ritrovai la stanza da letto di un adulto. I tendaggi che ornavano le finestre e la struttura del letto il legno, indicavano che fosse la camera di qualcuno che amasse il gusto classico, di certo non un ragazzo. Quadri, mobili e altre decorazioni sontuose. Feci per richiudere la porta, ma un pacco regalo richiamò la mia attenzione. Mi sentii a disagio lì dentro, ma decisi comunque di scartare quella confezione, come se infondo, sapessi già fosse destinata a me.
Era un Nintendo Switch nuovo di pacca.
E non so perché lo feci, mi rannicchiai sotto alla grossa scrivania di mogano antico e presi a giocarci.
O forse sì, lo conoscevo il motivo: io e Brian lo facevamo spesso quando i suoi litigavano. Era un'abitudine ormai.
In quel momento una ragazza fece irruzione nella stanza. Dapprima s'incuriosì nel vedermi nascosto là sotto, poi chiese immediatamente il mio aiuto.
«Aiutami un attimo con la cerniera, non riesco a portarla in alto.»
Mi alzai in piedi e l'aiutai, lei in cambio si voltò regalandomi un sorriso spento. Era la stessa ragazza che avevo notato nel pomeriggio con Hood. Aveva gli occhi come il ghiaccio e i capelli biondi e sottili.
«E tu chi sei?» chiesi lasciando che lei mi squadrasse incuriosita. Non avevo avuto modo di chiederglielo nel pomeriggio.
«Tu?» fece lei.
Io non risposi, lei in tutta risposta sventolò una sigaretta davanti al mio viso. Sembrava avesse la mia stessa età.
«Non ci diremo i rispettivi nomi. Così è come se non ci fossimo mai incontrati. Vuoi fumare? Mi aiuta a diminuire il nervosismo che precede una serata»
Acconsentii e ci mettemmo nel grosso terrazzo a parlare.
«Perché dobbiamo fingere di non esserci mai incontrati?»
«Secondo te?» chiese lei indicando con l'indice le fotografie che appese ai muri di quella camera arredata in modo antiquato.
«Da quanto tempo fai questo lavoro?» domandai io.
«Qualche anno» si fece vaga, mentre dividemmo quella sigaretta, rannicchiati contro la ringhiera lussuosa che contornava quell'ampio balcone.
Parlammo del più e del meno, finché lei non mi diede un bacio sulle labbra. Mi fece strano baciare una sconosciuta, non l'avevo mai fatto.
Per me il problema maggiore era chi avrebbe vinto il campionato di football quell'anno.
«Hai una ragazza?»
«Non lo so. Non l'ho ancora capito.»
ammisi, sinceramente confuso dal mio rapporto con le ragazze.
«Sembri più grande di me» Non smise mai di squadrami con due occhi limpidi e attenti. «Quanti anni hai?»
«Diciotto» risposi aggiungendomi due anni e mezzo.
«Anch'io» mentì lei, che ne aveva sicuramente meno.
«Non dovresti» sibilò poi, quando tirai fuori la bustina di pastiglie che mi aveva consegnato Hood.
«E tu non dovresti fare questo lavoro.»
Lei rifiutò categoricamente la mia offerta.
«No grazie, io non prendo quella roba. Soffro di crisi epilettiche, non posso fare uso di niente»
Mi venne voglia di baciarla e lo feci. Non aveva un filo di trucco, eppure era molto bella. E quando il bacio si fece più intimo, le fu naturale dire «Sai, non l'ho mai fatto per divertimento. Solo per lavoro.»
«Io non l'ho mai fatto e basta» confessai senza vergogna.
Ormai le droghe che avevo assunto mi avevano privato di ogni inibizione.
Ci baciammo per un tempo indefinito poi lei mi chiese «Come ci sei finito qui?»
C'era della preoccupazione nascosta dietro alla sua domanda, ma io non risposi.
«Non l'ho mai fatto» ripetei mentre continuavamo a baciarci, ma stavolta sul letto.
Ero agitato quando cominciammo, la consolazione fu che perlomeno durai un po' più di qualche minuto.
«Com'è andata?» chiese lei subito dopo, sorridendomi con aria vagamente triste.
«Dammi tre minuti e lo rifacciamo» provai a farla ridere.
«Quanti anni hai per davvero?»
Lei in tutta risposta mi porse una sua foto.
«Guarda come sembro più grande qui.»
Ridacchiai perché ero fatto e tutto mi sembrava esilarante, soprattutto la foto di lei con un cappello da vecchia signora inglese.
«Ma che cazzo hai in testa?»
«Comunque ne ho diciassette» ammise, districandosi i lunghi capelli biondi che le scovolavano sulla schiena nuda e pallida.
«Io quasi sedici.»
«Cosa? Sembri più grande.»
«Grazie» ridacchiai guardandomi i boxer.
Lei però cessò di sorridere e non perché la mia ironia non le piacesse, ma perché prese a controllare l'ora in modo ossessivo.
«Cosa ci fai qui, ragazzo misterioso?»
«Non lo so nemmeno io. Devo vedere una persona.»
«E io che pensavo lavorassi come me...»
Feci cenno di no con il capo, prima di accendermi una sigaretta.
«Sai che ti dico? Perché non ce ne andiamo? Ti aiuto ad andare via senza farti notare. Non è posto per te questo.» propose lei.
«Mi sembra un'ottima idea.» replicai confuso.
Ma avevo una strana sensazione addosso. E se mi fossi infilato in un guaio più grosso di me? Probabile. Decisi comunque di fidarmi di lei, alla fine conosceva quelle persone meglio di me.
La vidi guardare il cellulare per qualche istante e il suo sorriso presto svanì nell'oblio.
«Posso fare qualcosa?» le chiesi quando mi accorsi che c'era qualcosa che la preoccupava.
«No Edward, sei gentile, ma mi sa che abbiamo appena fatto una cazzata...»
Mi si fermò il sangue.
«Come sai il mio nome?»
Lei si mise una mano davanti alla bocca, lo fece in modo infantile, ma io la fissai con insistenza, convincendola a parlare.
«Hood mi ha minacciato di starti lontano.»
«Perché?»
«Non lo so, ma questa è la stanza del signor Carter. E lui è molto geloso delle sue cose.»
Notai che il suo labbro prese a tremolare.
Che fosse... spaventata?
«Senti devo andare...» La vidi cambiare idea repentinamente dopo aver usato il cellulare.
«Pensavo volessi andartene insieme a me.» mi stranii.
«Non sono quello che pensi.»
«Non sei una ragazza?» la presi in giro senza risultati. Il suo sorriso triste le restó piantato in volto.
«Sei così dolce...» mi accarezzò il viso.
«Ma se il signor C. scopre che siamo stati insieme, mi fa fuori»
«Perché?»
La cosa mi fece scoppiare a ridere, lo conoscevo a malapena.
«Perché è pazzo di te.»
«Come scusa?»
La porta si spalancò e lei sobbalzò spaventata.
Si rivestì in fretta ma io ero ancora mezzo nudo e di sicuro le tracce di quello che avevamo fatto non passarono inosservate.
«Esci.» le disse brusco.
Lei ci mise più del dovuto a risistemarsi e io mi girai di scatto quando lo vidi afferrarla per il braccio.
«Stanne fuori.» m'intimò lui prima di accompagnarla fuori dalla stanza. Sostarono in corridoio, lì parlarono ma io non sentii nulla del loro discorso. Ad un tratto la discussione si accese, ma non vi diedi peso.
«La bionda ha scoperto che lui è qui, te ne occupi tu.»
L'uomo tornò in camera parlando al telefono.
«Mi avevi assicurato la privacy assoluta. Che gli avresti dato istruzioni precise. Non so che cazzo ci faceva lei con lui.»
Mise giù la chiamata poi mi squadrò. Stavo seduto sul letto incapace di comprendere bene quella situazione.
«È tutto risolto.» disse versando del vino in un calice sontuoso. Io inizialmente rifiutai perché ero troppo fatto per mettermi anche a bere, ma lui insistette perciò alla fine cedetti.
«Hai un ragazzo?»
«Perché sono qui? È perché ti piace parlare con me o per altro?»
Alla fine le nostre chiacchierate erano state tante, sì, ma solo a distanza.
«Hai appena scopato con un'altra persona nel mio letto e vieni a farmi una domanda del genere?»
Il suo tono cambiò improvvisamente e io raggelai.
«Ti ho fatto una domanda.» ripetè.
«No che non ho un ragazzo. Perché me lo chiedi?»
«Il biondo che c'era alla cena...»
«Ma no, quello è Jax.» trattenni una risata.
Poi però mi feci serio.
«Perché sono qui?»
«Farmi compagnia, non farai niente che non vuoi.»
Lo disse sbottonandosi i pantaloni.
«Quindi fammi capire...»
Non lo conoscevo, ma la sua voce adulta era familiare, avevamo parlato tanto per telefono.
«Le ragazze o i ragazzi?»
«Entrambi. Poi tu hai dei figli.»
Indicai con sfrontatezza le foto appese alle pareti. Non provai rimorso in quel momento, né senso di colpa, forse perché ero fatto.
«È solo convenzione, dovevo sposarmi ai miei tempi» spiegò lui iniziando a sbottonarsi la camicia.
E le sostanze chimiche che scorrevano nelle mie vene resero tutto fottutamente piacevole.
«A quella cena ti ho visto, ho visto come le ragazze sgomitavano per te»
«Mi guardi.»
«Ti guardano tutti quando entri in una stanza.»
Il resto, non c'è bisogno di dirlo.
«Ti piaceva? Perché sei stato con lui?»
June è diventata improvvisamente protettiva.
L'ho vista sbattere le folte ciglia innumerevoli volte durante il racconto, ma ora si è fatta tesa, sembra non darsi pace per ciò che le ho appena confidato.
«Non è stato solo quella volta. Abbiamo iniziato a vederci. Pensavo mi piacesse. Insomma era attraente, più grande... Ma poi quando le cose si sono fatte serie...»
«Intendi fisicamente?»
«Dopo non mi piaceva più quella sensazione. Non so darti una risposta. Sì, lui mi piaceva, ma non mi piacevo io insieme a lui.»
È mentre lo racconto mi accorgo di star sudando un po'.
«È tutto okay, James.»
Lei si stringe al mio braccio ma è più scossa di me.
«Non posso crederci. Hood e Austin sarebbero dovuti essere come dei padri per te e invece ti hanno venduto in quel modo abominevole e...»
June è rigida come un ghiacciolo. Non riesce nemmeno a parlare da quanto risulta arrabbiata.
«Hai saldato il tuo debito con Hood, poi? Hai smesso di frequentare quell'uomo?»
«Ho continuato a vederlo ancora per un po', poi ho deciso di smetterla. Non mi andava più» ammetto col cuore pesante.
«È accaduto qualcosa?» s'insospettisce lei.
Annuisco senza trovare il coraggio di parlare.
«È successo qualcosa a quella ragazza, vero?»
«Lui aveva fatto una telefonata quella sera, mentre era con me, subito dopo la discussione accesa che avevano avuto. Ma non ci avevo fatto caso, ero troppo fatto e...»
Incamero una grossa boccata d'aria ma l'ossigeno sembra restare intrappolato da qualche parte, nel mio petto.
«Il giorno dopo, quando mi svegliai mi accorsi del trambusto che regnava in casa. Sentivo alcune ragazze piangere, altre urlare. E quando mi sono affacciato alla camera poco distante, mi sono accorto che... Loro erano sconvolte perché lei era lì, sul pavimento, grigia in volto. Overdose mi dissero.»
«O mio dio.»
June sbarra gli occhi, ma nonostante la rivelazione l'abbia sconvolta, non si lascia sfuggire nulla.
«Aspetta. Tu hai detto che lei aveva rifiutato qualsiasi tipo di droga...» sottolinea con il suo modo di fare sveglio e puntuale.
Ecco perché mi fai impazzire, Biancaneve
«Sì, lei mi aveva assicurato di non voler prendere droghe... Infatti quell'incidente mi risultò così strano...»
«Cosa'hanno detto i medici?»
«Non chiamarono subito l'ambulanza. La portarono via, perché non vollero che si venisse a sapere di una prostituta minorenne, morta a casa del vicesindaco.
Così ho cominciato a sospettare che quelle persone c'entrassero con la morte della ragazza.»
Lei sfrega la guancia liscia contro la mia spalla nuda, invitandomi a continuare con quel gesto dolce e affettuoso.
«Quella sera ero distrutto June, non sapevo dove andare. Con chi confidarmi. Nessuno mi avrebbe mai creduto. Non potevo andare dalla polizia e dire una cosa del genere. Il tutto avrebbe avuto ripercussioni su mia madre, su Jasper. Quell'uomo ai miei occhi era l'ennesima persona di cui non mi potevo fidare. Sono andato casa di Amelia e Brian quella sera, come facevo spesso, dove ho trovato la signora Hood.»
Due anni e mezzo prima
Mi fece accomodare in cucina e mi preparò un panino. Da un lato visibilmente preoccupata perché ero in uno stato terribile, dall'altro mi fissava diffidente.
«James anche se lui non ha parlato, lo so che sei stato tu a ridurlo in quello stato. Con una chiave inglese poi? Sono abituata a difendere ragazzi violenti, ma qui parliamo di mio marito.»
«Sono fatto così.» Mi strinsi nelle spalle davanti alla signora Hood che, aspettò che io finissi di mangiare, poi mi cacciò via.
«È meglio se vai»
Mi alzai in piedi ma prima di varcare la soglia, mi arrestai.
«Devo parlarti di una cosa» aggiunsi sottovoce.
Lei a quel punto mi ascoltò, perché le feci domande che la incuriosirono. Le dissi che una ragazza bionda che avevo appena conosciuto, era morta di overdose, nei pressi di West Hollywood. Lei dapprima fu riluttante, poi decise di fare una telefonata allo sceriffo, con cui era in confidenza. Lui confermò che quel giorno una ragazza era stata trovata in un'auto abbandonata, davanti ad un cinema, poco distante dalla zona che avevo segnalato.
«L'hanno portata in macchina e lasciata davanti al cinema. Come se fosse morta lì. Ma non è morta lì, ha perso la vita casa sua.»
«Sua di chi?» m'interrogò la signora Hood.
E sì, io stavo delirando, eppure lei mi prese sul serio.
«Non posso chiamare polizia e fare una soffiata anonima?»
«Devi andarci di persona e raccontare tutto quello che sai, James.»
«Come faccio, tu non hai idea...»
Hood in quel momento entrò in casa e io per poco non sobbalzai.
«Cosa diavolo ci fai qui?»
Sembrava particolarmente agitato quel giorno.
«Sto andando via.» mi affrettai a commentare.
La signora Hood mi scortò fuori, poi domandò «Hai un nome?»
«No. Ho una foto.»
Lei si prese degli istanti per scrutare la ragazza col cappello buffo raffigurata nell'immagine e infine scrollò il capo. Non l'aveva mai vista.
«Tienila tu. Devi scoprire cosa l'è successo» la esortai.
«Provo a fare due chiamate in centrale, ma non ti assicuro niente James.»
«Non è stato un incidente.» ripetei convinto.
«Il massimo che posso fare è provare a sentire anche l'ospedale. Ho un amico che lavora lì e potrebbe prelevare un campione di dna prima che questo venga archiviato come un caso d'incidente. Perché se così dovesse essere, la polizia non farà nulla, ma se provo ad insistere... non lo so.»
Si mise una mano sulla fronte, strofinandosela con apprensione.
«Va bene» annuii. «Meglio che niente.»
Avevo bisogno di sapere.
E la signora Hood non c'entrava nulla. Nemmeno sapeva che suo marito era invischiato in tutto questo. Non era tenuta fare niente, ma voleva aiutarmi. Sapeva che quella era la cosa giusta da fare.
Io e Marvin avevamo smesso di chiedercelo se esistesse il paradiso o meno. Lui aveva smesso di andare a messa con Jackson e sua nonna, io avevo smesso di frequentare le ore di religione. Ma quella lezione non la imparai a scuola, bensì la vivendo.
C'erano persone che avrebbero sempre fatto del bene, tenute a bada dalle loro credenze religiose, nella speranza di ottenere una qualche ricompensa divina.
E poi, c'erano persone che si sarebbero comportate bene a prescindere da tutto, lo avrebbero fatto nonostante avessero già la sicurezza che, in quel paradiso, loro non ci sarebbero mai entrate. Una di queste era la signora Hood, che in tribunale difendeva assassini e delinquenti di ogni sorta, ma ciò non le impediva di avere una sua morale.
«Facciamo così, porto la foto allo sceriffo che potrebbe darmi l'identificativo della ragazza e io potrei... dico "potrei" perché non è una cosa certa, sentire un mio amico medico legale. Potrebbe occuparsi di un esame tossicologico, ma è una prassi costosa e se non è la polizia a richiederlo... Non so se sarà realmente fattibile. In più per i risultati ci vorranno mesi»
A quel punto mi osservò dall'alto al basso e riconobbe che non ero proprio lucido in quell'istante.
«James ma sei sicuro? Se tu hai assunto droghe e stavi con questa ragazza, può darsi che lei abbia preso più sostanze di te.»
«Lei non ha preso nulla.» insistetti.
«Ne sei proprio certo?»
«Sì.»
«Ma sei ancora qui?»
Hood uscì nel porticato della casa inducendo sua moglie a rientrare immediatamente. Loro due non si sopportavano più, ma prima che io andassi via, lui mi richiamò.
«Austin è un ottimo partner in affari, ma tua madre non dovrebbe stare con lui. Guardati, è una brutta influenza su di te.»
Mi esaminò con aria schifata, sembravo fargli pena.
E io glielo promisi guardandolo dritto negli occhi. Gliel'avrei fatta pagare.
«E un anno dopo hai scoperto la verità?»
Annuisco senza trovare il coraggio di proseguire oltre.
«James.»
«Cosa c'è?»
«Questa cosa è sbagliata, completamente sbagliata. Devi andare alla polizia. Se è stato qualcuno a fare del male a quella ragazza...»
June s'impunta, accecata dal suo forte senso di giustizia, senza riuscire a vedere il quadro più ampio.
«Non è così facile.»
«Sai cosa non riesco a capire? Non capisco come le persone possano essere state così crudeli con te.»
La sua uscita lascia trapelare l'ingenuità che la contraddistingue e la cosa mi fa stare immediatamente meglio.
«Pensano tutti che lei ti somigliasse. Perlomeno così hanno detto Will e la signora Hood, gli unici due che hanno visto la foto.»
June non ci gira intorno, arriva dritta al punto.
«Provavi qualcosa per lei?»
No, certo che no.
«Non la conoscevo nemmeno. Quello che non riesco a perdonarmi è stato il susseguirsi di eventi. Se... non lo so, se magari non fossi entrato in quella stanza... O se l'avessi mandata via prima...»
«Non è colpa la tua. Non ci provare nemmeno, James. Poi perché non me l'hai mai raccontato?»
La sua espressione risulta particolarmente seria quando ruota il capo e lascia convergere i nostri occhi in una lunga occhiata.
«Pensavo mi giudicassi.»
«Non lo farei mai e...»
Compie una piccola pausa per sollevare il piumone e avvolgere la mia figura fino alle spalle, poi spegne la luce e quando è tutto buio intorno a noi, torna a sdraiarsi sul mio petto.
«Vorrei poterti dire che nessuno ti farà più del male, James.» mormora con voce limpida, prima di rannicchiarsi tra le mie braccia.
«E a me piacerebbe sentirtelo dire»
Sollevo il lato della bocca in un sorriso stanco, infine scivolo in un sonno tormentato.
JUNE
Un fastidioso rumore di sottofondo prende a ronzare nella mia testa e mi accompagna durante tutta la dormita. Mi sveglio sudata, confusa, perché quello che mi ha raccontato James, mi ha scossa così tanto da tormentarmi anche nel sonno.
Al mio risveglio mi accorgo che in camera non ci è ancora entrato nessuno.
I letti intorno a noi sono vuoti.
Provo a muovermi, ma James è dietro di me e mi tiene stretta con un braccio intorno alla vita.
È già sveglio perché lo sento lusingare la mia nuca scoperta con la punta del naso.
«Ti va fare colazione?» propongo a quel punto.
«La mattina mi va solo di scopare.»
Il suo timbro assonnato è un suono irresistibile per l'udito, risulta infatti particolarmente roco e profondo.
«Grazie tante per l'informazione non richiesta.»
«Beh, ora lo sai.»ridacchia con l'erezione premuta contro il mio sedere.
«C'è da dire che l'avevo vagamente intuito...» lo canzono senza ritrarmi.
Dei piccoli baci trovano spazio sul mio collo, esposto alle sue labbra tiepide e avvolgenti. Non sono nemmeno le sette e James è già in grado di farmi impazzire con questi gesti affettuosi.
«June, dovrei scendere...mi stanno aspettando.»
«Non andare con Will.» erompo d'istinto.
E senza lasciargli il tempo di alzarsi dal letto, lo trattengo dal bicipite, dove le mie mani trovano appiglio, godendo della durezza dei suoi muscoli.
Lui si posiziona sopra di me e un senso di piacevole stordimento prende il sopravvento sul mio corpo.
«La tua innocenza è in serio pericolo, White.»
Tento di mantenere la concentrazione, anche se il buon profumo unito al suo tono mattutino, mi stanno mandando in fumo la sanità mentale.
«Che vuoi dire?»
«Ti ho scopata così tanto nei miei pensieri che non sarai nemmeno più vergine.»
Afferro il cuscino dove prima poggiava la testa e glielo lancio diretto sul viso.
«Cretino...»
A quel punto dal corridoio arriva un vociferare femminile inconfondibile e prima che la porta si spalanchi per lasciare entrare Taylor in tutto il suo splendore, James si fionda in bagno.
Gli occhi taglienti della bionda cascano rapidi sulla mia figura, nota subito il cambio di letto.
«Che diavolo succede?» domanda lei con aria sospettosa.
«Niente.»
«Cosa cazzo ci fai nel letto di Poppy?»
«Niente.»
«Perché al mio letto manca la coperta? Il tuo è ...»
Si volta verso il mio materasso poi torna su di me.
«O mio dio. È passato Jamie da qui?»
Divento viola, le orecchie prendono a pungere dall'imbarazzo.
«Cosa? Noooo. No. Figurati. Ho...»
E adesso che dico?
«Ho rovesciato dell'acqua.»
James trattiene un sorrisetto sghembo ed esce dal bagno.
«Vado di sotto, White» lo sento bofonchiare con voce sbrigativa.
Taylor a quel punto mi fissa dall'alto, con le braccia incrociate.
«Lo tieni in pugno lo stronzo, sai?»
«Dove cazzo è Will?»
Dopo essermi fatta una doccia veloce arrivo nell'ampia cucina comune del bed and breakfast.
Ho indossato un costume con sopra una maglia oversize e degli shorts, ma la prima cosa che noto è la disinvoltura con la quale alcune delle ragazze stanno in bikini sin dalle otto del mattino.
«Non l'ho visto, pensavo fosse rimasto con Ari» ribatte Marvin controvoglia, senza scollare gli occhi da Poppy che sembra ignorarlo per parlare con Amelia e Brian.
«La fidanzatina dell'anno è lì. Non la vedi?» s'innervosisce James indicando la coda alta di Ari, seduta al tavolo a fare colazione in compagnia di uno studente di un'altra classe.
«Ari, dov'è Will?»
Lei solleva spalle con disinteresse, perciò James si allontana innervosito.
In tutto questo trambusto però, io avverto addosso degli occhi insistenti.
Brian mi sta fissando.
Gli accenno un mezzo sorriso ma solo dopo pochi secondi mi rendo conto che sta guardando qualcosa alle mie spalle. Precisamente Taylor e Connell che parlano in modo concitato. O meglio, litigano.
Abbandono il salone da pranzo e mi dirigo ai fornelli dove mi preparo un caffèlatte mentre James apre il frigo un paio di volte.
«Ti preparo un latte?»
Indico la confezione di biscotti con scaglie di cioccolato poggiati sulla credenza. Lui compie una smorfia irritata arricciando l'angolo del labbro.
«No.»
«Ma se latte con i biscotti lo mangi sempre...»
«Sì ma non a colazione.» s'infastidisce lui. «C'è della frutta?»
«Non puoi mangiare solo frutta.»
«Non mi sembra di aver chiesto il tuo fottuto parere White.» sputa prima di uscire fuori a fumare.
Decido di non dargli ulteriore tormento e mi metto con la mia tazza di latte e cereali sui tavolini esterni, dove resto a scambiarmi qualche messaggio con mia mamma.
Il solito.
"Che fai?"
"Niente mamma"
"Niente? Vuoi dirmi che ho speso tutti quei soldi per mandarti in gita a fare niente?"
Ma quando sollevo lo sguardo dal telefono, mi scontro proprio con quello che non avrei mai voluto vedere.
James sta svaccato a fumare su un divano e Bonnie gli sta seduta in braccio. Ovviamente non mancano altre ragazze intorno a contornare il quadretto.
Lancio gli occhi al cielo soleggiato, provando a convincermi di essere ormai abituata a quello spettacolo, ma non ci riesco. Non posso fare a meno di guardali.
Lei indossa una gonna ed è letteralmente a cavalcioni sulla sua gamba.
Sento tutta la colazione appena fatta voler uscire dal mio corpo.
All'improvviso però, Brian e Amelia si siedono al mio tavolo facendomi irrigidire la schiena. Quello che mi ha raccontato James mi ritorna in mente ed è inevitabile chiedersi se i due sappiano tutto il dolore che ha causato loro padre.
«Dove vai?»
James prova a richiamare la mia attenzione quando mi vede sfilare davanti a lui.
«Devo andarmi a preparare per l'escursione.» borbotto senza nemmeno degnarlo di un'occhiata
«Aspetta»
«No, non aspetto.»
Lui a quel punto segue i miei passi fino alla cucina.
«Che c'è?»
Si appresta al mio corpo e affondando una mano tra i miei lunghi capelli sciolti, avvicina le labbra alle mie. Io volto immediatamente il viso per evitare di baciarlo.
«Ho fatto qualcosa?»
«No»
«Sei incazzata con me?»
«Noooo» Taylor, poggiata con il fianco al tavolo da pranzo, sorseggia il suo caffè e ci guarda.
«Che cazzo ridi tu?»
«Rido perché sei sempre il solito imbecille » dice lei, indicando con un cenno del capo il divano con le altre ragazze.
James a quel punto sembra capire, perché solleva un sopracciglio castano senza abbandonare l'espressione divertita.
«Ti ha dato fastidio?»
Dio mio, dobbiamo davvero fare questa scena davanti a tutti?
«No»
«No, magari anche lei si siede lei in braccio a qualcuno dei ragazzi. Vediamo se capisci meglio.»
«Ma che cazzo vuoi tu?» James s'inasprisce con Taylor.
«Attenta, fa il finto tonto quando gli conviene.» mi avverte la bionda mentre io mi sto defilando in cucina.
«Ti ha dato fastidio?»
Fingo di non vederlo, ma quando mi segue fino a davanti al lavandino, non posso evitarlo.
«Dillo tu.»
«Ehm... vediamo un po'...»
«A parole tue, Jamie.» lo rimbecco stizzita.
Verso il detersivo sulla spugnetta e prendo a lavare i piatti con fare nervoso.
«Ho parlato con Stacy»
Lo vedo fare la conta con le dita.
«Hai parlato con Stacy...Wow.» lo canzono.
Sono infastidita all'inverosimile.
«Ho fumato con Bonnie...»
«Certo, hai fumato con Bonnie. Il tuo racconto è così innocente»
«Ma è la verità.» esclama allargando le mani come un bambino.
«Ti stava in braccio» ringhio a denti stretti.
«Stava sulla mia gamba»
«Ah, vero! Scusami, ho dimenticato che la gamba non è attaccata al corpo.»
«Dettagli.» ridacchia infilandosi sigaretta in bocca.
Sbuffo infastidita, ma James si avvicina inondandomi con il suo buon profumo.
«White...»
Mi accerchia i fianchi da dietro, causandomi un uragano nello stomaco.
«Sono arrabbiata, lasciami stare»
Il suo respiro mi accarezza il collo e io tento in tutti i modi di non lasciarmi andare.
«Tutto questo perché una di cui non me ne frega un cazzo, si è seduta in braccio a me?»
Scoppia a ridere a quel punto.
«Ti fa ridere?»
«Dico solo che stai esagerando, June.»
«E poi, che cazzo....»
Mi priva della spugnetta levandomela dalle mani.
«Basta fare Cenerentola.» sbotta afferrandomi dal braccio.
«Ma che fai?»
«Andiamo.» lo sento dire.
Usciamo dalla porta sul retro e mi ritrovo presto in una porzione di cortile che non conosco.
James non perde tempo e appena si accorge che siamo da soli, mi cinge la vita e fa convergere il viso verso il basso per baciarmi.
Io però gli pianto i palmi sulla maglietta aderente e lo allontano prima che possa avvicinarsi troppo.
«Perché io mi giro un minuto e tu ne hai una in braccio, una che ti parla, l'altra che t'imbocca ...»
James sogghigna, con quelle labbra gonfie che si curvano intorno al filtro della sigaretta spenta appena messa in bocca.
«Perché ridi?» lo provoco con occhi avvelenati.
Lui a quel punto si spinge contro di me e mi pianta entrambe le mani sopra la testa, contro il muro alle mie spalle, creando un impatto che mi fa sobbalzare.
«Sorrido perché penso a quanto sarà dolce farmi perdonare...»
«Hai almeno fatto colazione alla fine?»
Tento di mantenere il controllo, ma la mia buona volontà comincia a vacillare. Mi vibra stomaco quando mi sta così vicino.
«Non ancora.»
La sua voce graffiata e languida è la causa della miriade di brividi che mi percorrono le braccia.
«Non sorridere» lo rimprovero quando inizia a giocherellare con la lingua contro l'interno della guancia.
«Perché?» domanda esibendo due fossette irresistibili.
«Smettila.»
«È forte, June.»
«Che?» Sbuffo irritata.
Il suo sguardo ingloba la visione delle mie labbra, poi scende sul mio petto coperto dalla t-shirt, facendomi sentire strana.
«Questa cosa tra noi.»
«Ti dico un segreto» assottiglio la mia espressione adirata, per arrivargli sotto al mento con aria di sfida.
«Si chiama astinenza.»
Lui ridacchia, poi si fa serio all'improvviso.
«No, si chiama voglio solo te e nessun altro, June»
«Perché?» incalzo rapidamente.
«Perche te l'ho detto...»
«L'hai detto da ubriaco. Non vale.»
«Questo non c'entra ...»
Una mano resta fissa contro la parete alle mie spalle, mentre l'altra mi scivola sul fianco, a tenermi ferma.
«Tu per me non ne sprechi mai di parole, pensavo non ne avessi bisogno» mi punzecchia.
Il broncio che mi adorna le labbra parla chiaro, non è questa la risposta esaustiva che pretendo.
«Sei bella arrabbiata ma...»
James inumidisce il labbro inferiore con una passata di lingua poi si avvicina al mio orecchio.
«Era solo un culo sulla mia fottuta gamba. Non ricordo nemmeno chi fosse»
«Non m'importa.» replico orgogliosa.
«Cosa dovrei fare? Non sedermi con loro?»
«C' è modo e modo James»
«Dovevo cacciarla?»
«No, perché dovresti? Mica stiamo insieme io e te»
«Infatti non stiamo insieme io e te.»
James ripete le mie stesse parole, ma nel mio stomaco si crea una voragine abissale. Gli sferro uno spintone e mi divincolo da quella posizione, scappando via da lì.
O almeno ci provo, perché James mi riacciuffa subito.
«June»
«Allora dimmi una cosa: perché facciamo le cose che fanno le persone che stanno insieme?»
«Cazzo...»
Lui sembra dispiaciuto, ma sto già scuotendo il capo, mentre abbasso gli occhi al pavimento di mosaico che contorna la villa.
Ma certo, cosa mi aspettavo?
Che lui mi avrebbe mai considerata per davvero la sua ragazza? Che illusa.
«Senti, non lo so. È la prima volta che mi trovo in questa situazione...»
«Quindi quando si tratta di me sai perfettamente come si atteggia un fidanzato geloso, mentre quando si parla di rifiutare qualsiasi essere umano che ti si getta addosso, non sai mai come si fa!»
«June... Non sto dicendo questo. Nè sto dicendo che quello che faccio sia giusto, solo... Dammi solo tempo per mettermi dentro a questa cosa e farla al meglio. Io...»
«Tu?» Stringo gli occhi a due fessure.
Ora devi parlare
«Io lo so che è diverso questa volta.»
«E come mai?» Incrocio le braccia al petto con tanto di sguardo di sfida.
James però non appare minimamente in difficoltà.
«Perché lo sento. E lo senti anche tu, lo vedo da come mi guardi»
«Che vuoi dire?»
Proseguo con la mia parte da dura, ma le gambe cominciano ad ammorbidirsi perché il suo sguardo è troppo irresistibile.
«Mai nessuno mi ha guardato così. Come fai tu. Mai nessuno mi ha toccato come fai tu.»
E dopo avermi resa incapace di parlare, si avvicina alla mia bocca, dove vi stampa un dolce bacio.
«Maledizione, ti odio James.»
Lui sorride.
«Non sono durata nemmeno cinque minuti arrabbiata.»
In quel momento ci passa a fianco un gruppetto di ragazzi che ridacchia nel vederci così vicini.
«Non c'è mai un cazzo di attimo di privacy qui»
James apre una porta di un piccolo casottino e mi trascina dentro.
«Che posto è?» domando confusa.
Anche James sembra spaesato. C'è un lieve ronzio di sottofondo e un'afa non indifferente.
«È un cazzo di deposito per i motori dell'aria condizionata.»
«Fa caldo James.» bisbiglio con un cipiglio preoccupato.
«Non è un problema.» si affretta a dire, prima di togliersi la maglia per rimanere a petto nudo.
«Sicuro?»
Lui mi solleva dai fianchi e mi accomoda su una superficie di metallo che vibra per l'eco dei motori che ci circondano.
«È troppo caldo per te, non è meglio se usciamo?»
«No. Voglio restare...» deglutisce con sguardo serrato.
«Non devi forzarti a...»
«June. Lasciami provare.»
Ci fissiamo a lungo, non posso fare a meno di notare il suo labbro inferiore tremare appena.
Decido di smetterla con il mio solito atteggiamento testardo e lasciargli fare come vuole.
Sono ancora seduta davanti a lui, quando la sua mano bollente aggancia la mia gamba sinistra per allontanarla dalla destra.
«Non riesco a...»
Con le mani ben piantate nelle mie cosce mi attira a sé, inducendomi ad avvolgergli il bacino.
«Non riesco a resistere e quando ti vedo. Voglio toccarti.»
Io sento di arrossire mentre lui mette su un sorrisetto sfacciato e prende a muovere in circolo le dita piene di anelli, riempiendo la mia pelle sensibile di brividi sottili.
«È lo stesso sentimento che provano gli altri per te. Non riescono a tenere le mani a posto.» lo punzecchio nuovamente.
«E tutto questo, un po' mi spaventa.» confesso a malincuore.
«A cosa ti riferisci?»
«Tu e io... Abbiamo modi di vedere le cose che sono così diversi tra loro» spiego incontrando il suo sguardo che sembra essere l'unica fonte d'illuminazione in quello spazio scuro e angusto.
«Spaventa anche me, June. Però, ammettilo, mi hai appena fatto una scenata. Tu non sopporti che qualcuno mi tocchi.»
La sua provocazione mi punge su un nervo scoperto, perciò non posso fare a meno che reagire d'istinto.
«Cambierebbe qualcosa se lo ammettessi? Smetteresti di lasciare che chiunque ti metta le mani addosso, James?»
Mi si serra la gola, ma con un filo di voce riesco ad emettere un piccolo sospiro.
«O che ti baci...»
Chino la testa portando il mio sguardo verso il basso, ma James mi raccoglie il mento tra pollice e indice.
«Non ti è andata giù, vero?»
«No. Vorrei che tu...»
«Cosa?» domanda lui con tono stranamente paziente.
«Insomma... Non voglio mettermi ad indovinare quale sia stato il motivo che ti ha portato a fare determinate azioni. Con Jackson penso di averlo capito, con lei... Non lo so. E se tu non mi parli...»
James si strofina il palmo sul petto lievemente umido per il calore soffocante.
«Credo che una parte di me lo volesse, togliersi quel peso.»
«Baciarla è stato un peso?»
Le mie sopracciglia creano un arco, palesando la mia reazione sorpresa.
«Te l'ho già detto non c'entrava con te. Mi sarei fermato comunque. Le ho anche chiesto se voleva... beh...»
Resto a fissarlo a bocca letteralmente aperta.
«Come scusa?»
«Le ho chiesto se voleva scopare, se quelle erano le sue intenzioni con me, perché io di sicuro non ce l'avrei fatta.»
«E quando hai baciato Jax?»
James dà una scrollata di spalle.
«È stato...» Poi lo vedo corrucciare la fronte.
«Ti è piaciuto?»
«Perché c'eri tu.» replica fissandomi negli occhi.
«Però ti è piaciuto.»
«È Jackson, cazzo! E tra i due che non avevano provato nulla, quando ci siamo baciati per la prima vola, guarda che c'ero anch'io, eh»
«E allora perché l'hai fatto di nuovo?»
«Non mi sembra ti abbia dato fastidio June.»
«Non sto rinnegando, James. Sto provando a capirti. Perché fidati, capirti è davvero difficile a volte. Lo so che non stiamo insieme ma... Se io e te non comunichiamo e non siamo sinceri l'uno con l'altro...»
«Mi faceva troppo incazzare il fatto che lui in passato avesse provato qualcosa per me. Non voglio circondarmi di amici che stanno con me per un doppio fine. Lo capisci?»
Annuisco.
«Sì. Dopo quello che mi hai raccontato ieri, inizio a capire perché non ti fidi delle persone sotto quel punto di vista ma... baciarlo?»
«È l'unico linguaggio che conosco»
James si morde il labbro, spostando lo sguardo a lato. Mi provoca una fitta dritta al petto.
«Non è vero. James. Ieri sera sei riuscito ad aprirti con me.»
«Forse sto imparando allora.»
«Mi stai dando qualche merito, James Hunter?»
Circonda nuovamente i miei fianchi con le mani, prima di sorridermi sulle labbra.
«Cretina presuntuosa.»
Scoppiamo a ridere all'unisono, quando un'altra curiosità prende il sopravvento.
«Lo avresti fatto con Will?»
«Io, te e Will dici?» si acciglia lui mentre sto annuendo.
«Era diverso. Ti conoscevo a malapena. Mi eccitava l'idea di averti con lui ma poi quando... Sì insomma, quella volta che durante la mostra di Psico April ho scoperto del... dildo» dice indicandomi i capelli.
«Riesci a scherzare anche su questo?»
«Se riesco farti sorridere... Perché no.»
Lo vedo sospirare a lungo.
«Non lo so, non sarei mai andato fino in fondo.»
«Sicuro?»
«Come faccio a saperlo, June? All'inizio eri una tra le tante e quando Will voleva farlo, per me sarebbe stato l'ennesimo modo per scappare dall'intimità, un modo per proteggermi.»
«Sì, un modo per farti usare da Will, per i suoi scopi» sottolineo con un po' di riluttanza.
«Cosa vorresti insinuare? Che non posso fare a meno di farmi usare?» s'inasprisce lui.
Ci fissiamo di sottecchi per qualche istante. E sì, probabilmente siamo troppo diversi. Probabilmente la cosa più sensata sarebbe finirla qui, prima che qualcuno si faccia male per davvero, ma... Dopo quello che mi ha raccontato ieri, come posso biasimarlo?
«Mi dispiace, non volevo essere offensiva»
James però non le raccoglie nemmeno le offese, ma si appresta a spiegare.
«June, io sono abituato a questo. Non mi puoi venire a chiedere il perché io mi comporti in un certo modo, perché non lo so. Mi parli di gelosia e di queste cose ma non... Non mi è mai capitato di trovarmi in una situazione del genere con qualcuno, come sta succedendo con te. Per me è normale scopare con più di una persona alla volta, figurati durante la settimana...»
«Quindi non sei mai stato geloso di Taylor?»
Lui compie cenno di dissenso con il capo.
«Nemmeno di Ari?»
«Mi stava sul cazzo Brian e sì, la eccitava l'idea che io fossi geloso ma era solo un giochino fra di noi. Lei si faceva tutta la squadra di football e va bene così, non la giudico, ma non ero di certo geloso, sennò avrei ucciso chiunque a quest'ora.»
«E di Jax non lo sei stato?»
«Non volevo ti guardasse, né che ti toccasse... Sono geloso di te come non sono mai stato con le altre, ma definire i rapporti non fa per me.»
«Okay» ribatto leggermente infastidita.
Lo ammetto, volevo qualcosa di più.
«Lo so che ci sei rimasta male, ma... Dammi solo il tempo di riuscire a non fare cazzate per due giorni di fila.»
«Okay.» Metto su il broncio e lui sorride appena.
«Non voglio ferirti. Non voglio prometterti cose che non so nemmeno io se riuscirò a mantenere, solo per fare sesso con te»
Annuisco.
«Ho capito. Quindi questo significa a farti chi ti pare?»
«No. Certo che no.»
«Perché? » lo interrogo.
«Perché non me ne frega un cazzo di nessuno che non sia June Madeline White. Ti piace come risposta?»
James curva il capo verso il basso, fino a rilasciare un piccolo sospiro che sa di menta e sigaretta, in prossimità delle mie labbra.
«E poi perché...»
La mia bocca si schiude istintivamente, pronta a ricevere un suo bacio.
«...La mia fidanzatina ne sarebbe troppo gelosa» ridacchia contro il mio orecchio in modo delizioso.
«Sei proprio stronzo.»
È l'ultima cosa che riesco a dire, prima che le nostre labbra si ritrovino in uno scontro dolce, morbido, cadenzato. Mi lascio guidare dalla sua lingua instancabile, che avvolge la mia con slittate sempre più calde e passionali.
«Lo so e voglio farmi perdonare»
Lo sento ansimare, forse boccheggiare, ma questo non gli impedisce di immergersi in un lungo bacio.
«Sicuro non faccia troppo caldo per te?»
«Voglio creare dei nuovi ricordi. Lasciami cominciare con il mio nuovo passatempo preferito.»
Mi tasto il labbro inferiore con la punta della dita, mentre lui si china su di me per sbottonarmi i pantaloncini. Sollevo i fianchi per facilitargli il lavoro, poi glielo chiedo.
«James, che fai?»
A quel punto lo vedo scendere tra le mie gambe, i miei pantaloncini sono a terra e senza preavviso James lecca il mio interno coscia con bramosia.
«Qualcosa che di solito ti fa impazzire» mi prende in giro prima di sollevare entrambe le mie gambe e portarsele sulle spalle.
Con le labbra umide, lo sento baciare, stuzzicare ogni mio centimetro di pelle, dal ginocchio fino a giungere in prossimità dell'inguine, senza però mai sfiorarlo per davvero. L'osservo dall'alto e potrei giurare lo stia facendo apposta, sta mettendo in atto un piccolo supplizio capace di farmi smaniare.
Una scia di lunghi baci traccia prima una gamba, poi l'altra, fermandosi sempre prima delle mutande del costume.
Con il battito a mille, appoggio la schiena contro la parete, riversando la testa all'indietro. Lui mi sta provocando, continua ad istigarmi e io sento di aprirmi e bagnarmi sempre di più, ogni volta che la sua lingua si avvicina al mio centro.
«James...» inizio ad ansimare.
«Non ho sentito. Devo fermarmi?» chiede lui, fingendo di non aver capito.
«E invece hai sentito benissimo» lo rimprovero spingendomi in avanti nella speranza che possa dare sollievo alla piacevole sofferenza che lui stesso ha creato.
James però si solleva in piedi giusto il tempo di lasciarmi un bacio sulle labbra. Io ne approfitto per aggrapparmi ai suoi capelli con una presa sicura, mentre le nostre bocche assetate cercano pace l'una nell'altra.
«Mi dai il permesso di tornare giù White?» domanda lui con il labbro inferiore impigliato tra le mie labbra che lo risucchiano avidamente.
«Beh se proprio insisti...»
Scrollo lo spalle, mentre James mi rivolge un sorrisetto compiaciuto.
La sua testa di capelli mossi sparisce tra le mie gambe, mentre le sue mani serpeggiano avide sotto alla mia maglietta, fino ad agganciare il pezzo sopra del bikini che solleva con facilità. Inizia a stuzzicare i miei seni imprigionandoli tra le sue dita forti, stimola i miei capezzoli con la durezza dei suoi polpastrelli e io non posso fare a meno di muove i fianchi in avanti, per cercare l'appagamento della sua lingua esperta.
«Sì, così» lo sento ansimare.
Il suo respiro bollente mi provoca una cascata di brividi intensi che per poco non mi mandano in paradiso.
«Brava.»
Le sensazioni piacevoli le sento accrescere a dismisura nella mia pancia e nel mio cervello ma, sopratutto, nel punto in cui lui insiste di più.
«Non fermarti» lo supplico quando avverto la sua bocca tornare sul mio interno coscia.
La sua mano abbandona il mio seno e sale fino alle mie labbra.
«Cazzo.» lo sento imprecare quando indice e medio trovano spazio nella mia bocca.
Risucchio le sue dita facendovi slittare sopra la lingua.
James solleva lo sguardo, sembra incredulo.
I suoi occhi solitamente affilati e sottili sono ora spaesati. Mi fissa dal basso e io sembro ipnotizzata dalla sua bocca gonfia e pulsante, leggermente schiusa.
Mi lascio andare ad un piccolo sbuffo di disapprovazione, quando, invece che finire, James si alza in piedi e mi fissa la bocca.
«Non dovevi fermarti però.» mi lamento.
«Quella lingua... Qualcosa mi dice che starebbe divinamente sul mio...»
«James!»
Il bacio che segue il mio finto rimprovero è disinibito, James continua a leccare e succhiare avidamente il mio labbro inferiore mandandomi fuori di testa.
Sento la sua erezione crescere e sfregare contro la mia pancia, mentre l'umidità tra le cosce comincia a pizzicare fastidiosamente.
«Non puoi farne a meno, June... Di muoverti così»
«Smettila»
«Lo vuoi»
«James, perché sei così...? Dio mio»
«Incontenibile?»
«Che vuoi dire?» mi ritrovo a sorridere, lui intento si abbassa i pantaloncini esibendo il bordo dei boxer che nasconde a stento la sua eccitazione.
Poi prende a fissarmi le labbra.
«Sai Biancaneve, potresti anche pensare di fare cambio una volta.»
«Non m'inginocchierò mai, se è questo che mi stai chiedendo.» mormoro mentre lo vedo farsi nuovamente strada tra le mie gambe.
«Ah davvero?» mi osserva dal basso.
«Non è che per caso ti credi ha fottuta regina White?» sogghigna prima di sferrare una leccata ruvida proprio sul mio clitoride ormai gonfio e sensibile.
«James, per favore...»
Sto ardendo, il mio corpo ha raggiunto temperature insostenibili, è ormai un fascio di nervi pronti ad esplodere da un momento all'altro.
«Ma sai che c'è?»
«Cosa?» ansimo a corto di fiato.
«Credo tu lo sia per davvero»
James inizia ad insistere con pazienza e dedizione sul mio punto più bagnato, lo tortura con la lingua e le labbra, inondando il mio corpo della scarica elettrica definitiva. Mi perdo in un lungo ansito di piacere, le mie gambe tremano a lungo e solo quando riapro gli occhi, piombo di nuovo nella realtà che mi circonda.
I capelli appicciati alla fronte quasi m'impediscono la visuale, ma noto subito che anche James ha il viso, il petto e le spalle lucide di sudore.
«Stai bene?» mi affretto a chiedere.
«Beh...»
James fa per sollevarmi la maglietta ma io glielo impedisco.
«No.»
«Non ti vede nessuno»
«Tu sì»
«A me piace quello che vedo.»
Resto frastornata ad incamerare aria.
«E non mi aspetto niente in cambio, hai capito?»
Le nostre labbra si modellano in un bacio a stampo accennato e soffuso.
«Sì lo so.»
James rallenta il ritmo con una facilità impressionante. Mi fa sentire immediatamente a mio agio, perché mi concede quell'attimo di dolcezza che mi merito, dopo essere state sulle montagne russe.
In quel momento però, sentiamo un vociferare conosciuto provenire da fuori.
I rumori si fanno più insistenti, perciò James apre la porta per capire cosa stia accadendo. Lì fuori sorprende Will insieme ad altri ragazzi.
L'occhiata che mi rivolge James non è affatto rassicurante, perciò gli faccio cenno di andare a vedere che succede, io intanto mi prendo il tempo per abbassarmi la maglia e sistemarmi i capelli. Uscendo però, la situazione è già tesa.
«Che c'è?» chiedo confusa nel notare William di spalle.
«Niente. Vai dentro. In casa.» mi ordina James.
Compio un giro intorno alla sagoma di Will e noto che ha un occhio accerchiato da un alone completamente violaceo.
«No. Io non vado dentro.»
«Perché devi sempre farmi incazzare? Vai dentro ti ho detto.»
«È stato il vicino vero?» m'intrometto causando un'espressione infastidita sul volto di James.
Will però, in tutto questo, sembra avere la bocca cucita.
«Vado a prenderti del ghiaccio.»
Mi allontanano da lì a grosse falcate.
In lontananza sento Will e James continuare a parlottare tra loro, ma è quando passo davanti ad un gruppo di ragazze, che mi rendo conto ci sia qualcosa di strano in me. Loro mi scrutano a lungo, così quando abbasso lo sguardo sul mio corpo, mi accorgo che manca un pezzo.
Oh no. Ho dimenticato i pantaloncini là dentro.
La maglia è sufficientemente lunga da arrivarmi quasi fino alle ginocchia e io mi chiedo cos'abbiano sempre le persone da guardare, da giudicare. Quando sono troppo vestita non va bene, quando lo sono troppo poco, non va bene. È chiaro che il problema non sia io a questo punto.
Persa in questi pensieri mi dirigo in cucina. Qui nessuno mi vede arrivare, tant'è che alcune ragazze sedute al tavolo da pranzo, stanno proprio parlando di me.
«Sono belli insieme.» La voce di Poppy.
«Lo dicevi anche quando stava con William "Sono fuori come un'anguilla" Cooper» la rimprovera Taylor.
«Poppy shipperebbe anche la mia tartaruga con il suo coniglio» sottolinea Blaze. «Però è vero, sono belli insieme.»
«Quindi ce l'hai davvero un coniglio...?» domanda Ari confusa.
«Sono carini ma non durerà. Jamie non è mai stato fedele a nessuna di voi»
La riconosco a stento la voce, ma quando mi sporgo oltre lo stipite della porta, scorgo la sagoma alta di Bonnie.
«Ha parlato l'oracolo, la bocca della verità» sputa Taylor.
«Sarebbe?»
«Hai presente quelle maschere di marmo dove s'infila la mano....» prova a spiegare Blar.
«Ah, ecco cos'avete in comune, Bonnie. La bocca sempre aperta.» la zittisce Taylor.
Scrollo il capo e dopo aver recuperato una confezione di patatine surgelate corro in cortile.
Will e James però, non sono più sul retro dove li avevo lasciati, perciò raggiungo il parcheggio antistante alla villa, dove li trovo insieme a Jackson. Il biondo è già in macchina, mentre loro stanno fumando.
«Dove andate?» domando avvicinandomi a Will, prima di schiaffargli la confezione ghiacciata sull'occhio malmesso.
«Oh no. Lei no.» sbuffa James fissando Will in cagnesco.
«Stiamo andando a fare un giro...» bofonchia quest'ultimo.
Un giro? Certo
Will ci prova, ma con me non attacca affatto.
«Okay vengo anch'io.» decreto mettendomi le mani sui fianchi.
«No»
È ovviamente James a parlare ed è parecchio risoluto, ma non potrà impedirmi di unirmi a loro.
«Sì invece. Guarda.»
Apro la portiera e m'infilo nel sedile posteriore, dove ci trovo già Jackson ad aspettarmi.
James si appoggia con un braccio alla carrozzeria e mi squadra dall'alto con uno sguardo torvo.
«Mi stai facendo incazzare»
Irrigidisce mascella, l'arrabbiatura gli conferisce un'aria dannatamente seducente.
Io però lo ignoro e mi volto immediatamente verso Jackson.
«Ciao Jax.»
«June.»
«June il cazzo, non sei nemmeno e vestita.» sbraita James aprendo la portiera del posto del guidatore.
«Ah perché Bonnie era vestita mentre ti stava in braccio, vero?»
James si mette al voltante e si volta di scatto.
«Bonnie almeno aveva le mutande.»
Sgrano gli occhi e mi accorgo che Jackson è appena diventato tutto rosso.
«I vostri litigi tra moglie e marito li potete tenere per dopo?» Si lamenta William, dopo essersi accomodato di fianco a James.
«Le ho le mutande, cretino.» ringhio nervosamente.
«Mmm, certo. Ti ricordo che avevo la faccia tra le tue cosce fino a due minuti fa.»
«Smettila!» esclamo esausta.
«June, se vuoi passare prima a vestirti...»
William mi prende in giro, causandomi una rollata di occhi al tettuccio.
«Ho il costume, finitela.»
James non ha ancora messo in moto, mi fulmina dallo specchietto con un'occhiata tagliente.
«Sei proprio stronzo»
«Così magari te ne a vai.» mi rimbecca pronto.
A quel punto però, una sagoma alta fa ombra all'abitacolo. Vedo un uomo in piedi oltre al finestrino. È il vicino che l'altro giorno per poco non ho messo sotto, durante la lezione di guida mattutina.
«Lui viene con noi.» sussurra William con un filo di voce, facendo cessare di colpo tutte le risatine.
«Che cazzo hai detto Will?»
«Lui viene con noi. Ci accompagna.»
Sul volto di James si palesa lo stupore più assoluto.
«Ci accompagna dove? Ma non era Escobar che te l'ha venduta? Non dobbiamo restituire i soldi a lui?»
«Mmmm, più o meno. Ma te l'ho già spiegato ieri come stanno le cose, James»
Will è pericolosamente calmo.
«Ieri avevo la febbre e altre cose più importanti a cui pensare.»
«Sì ma mentre voi discutete, Pablo è ancora qui fuori che ci fissa.»
Indico l'uomo pelato che sta finendo di fumare la sua sigaretta, fuori dall'auto.
«Ti sta guardando?» mi chiede James.
«No, nessuno te la sta guardando. Sentite, dove dovremmo andare?» domanda Jackson ad un tratto.
«Una stazione di servizio. Abbiamo appuntamento lì.»
«Ma con chi?»
«Boh» Will non è per nulla d'aiuto.
«Non mi piace questo essere così approssimativi.» si agita il biondo.
E in quel momento il tizio apre la portiera della macchina. James si volta di scatto, ma Will lo ferma dalla spalla.
«Lascialo venire con noi. Riportiamo i soldi al venditore, lui ci accompagna» spiega poi, con fare pacato.
Mi piacerebbe credergli. Mi piacerebbe credere al tono tranquillo di William, ma lo conosco ormai: di tranquillo in questa situazione, non c'è proprio nulla.
James si morde l'interno della guancia per scaricare il nervosismo, mentre il tipo si siede nel sedile posteriore esclamando un
«Vamonos?»
Poi si volta verso di me.
«Che cazzo hai da guardare?»
«James finiscila, ma hai preso stamattina?» lo rimprovera Will, come se quello di fianco a me non fosse un tizio pericoloso, uno spacciatore o chissà cos'altro.
Il tipo sembra parlare poco inglese, Will è l'unico a tradurre, mentre James mette in moto controvoglia.
«Perché non diamo i soldi a lui e basta? Perché dobbiamo andare tutti?» domanda Jackson interrompendo lo strano silenzio, mentre siamo già a metà del tragitto.
«Infatti nessuno ti ha chiesto di venire, Jax. Io...»
James a quel punto si blocca.
«Già, Will. Perché non abbiamo dato i soldi a Pablo e tanti saluti?»
«Ehm... Beh, potrebbe esserci una cosa che non ti ho detto.»
Oh no
Will si volta verso di noi con aria angelica.
James inasprisce i connotati. «Parla»
«Ci sarà una festa domani sera. Sai com'è, è l'ultima sera.»
William sta letteralmente approfittando del fatto di trovarsi lontano da casa, per fare tutto quello che i suoi genitori gli hanno categoricamente proibito per anni.
«E quindi...»
Jackson ha già capito, infatti si sta strofinando una mano sul viso.
«Gli ho fatto prendere altra roba»
«Ma se riusciamo a pagare a malapena quella vecchia?!» esclama James con tono indignato.
«No, ma che dici...»
William minimizza, ma sappiamo che è proprio questo suo atteggiamento strafottente, a mettere sempre tutti nei casini.
«Senti Will, non mi sembra il caso» prova a dire Jackson, che però viene zittito all'istante dall'amico.
«Non t'immischiare, Jax»
«Dove devo andare?» si sbraccia James al volante.
«Sempre dritto.»
«Sempre dritto che cazzo d'indicazione è?»
Il tipo di fianco a me ridacchia e allungando il braccio sul sedile, mi sfiora i capelli.
Mi sposto il più possibile verso destra, stringendomi a Jackson, che prende a guardare male il tipo.
L'uomo allarga appositamente le gambe andando a sfiorare le mie, ma il biondo decide di non fiatare per non attirare l'attenzione di James, che ha già i nervi tesi al massimo. A quest'ultimo però, non sfugge niente, infatti gli basta un'occhiataccia dallo specchietto per capire.
«Che cazzo succede lì dietro?»
«Niente» sputiamo io e Jax all'unisono.
«L'hai toccata?»
«No, smettila» lo rimprovera Jackson.
Ma il tipo sogghigna e quando fa per prendere qualcosa dalle tasche mi sfiora la gamba nuda con le nocche callose, facendomi sobbalzare al tocco. Non faccio in tempo a parlare che l'auto inchioda bruscamente, James accosta sul ciglio della strada.
Scende dalla macchina come una furia e prima che possa fare un altro passo, Jackson accorre a fermarlo. E io lo seguo a ruota.
«Cazzo, aspetta.»
«Hei» urla Will.
Il tipo in tutta risposta scoppia a ridere per le reazioni appena provocate e resta in auto a rollarsi una canna.
«James tu ti devi calmare, non puoi fare così.»
«Oh e questo me lo dici tu, Jackson? Ti ho chiesto di non venire.»
«James...» provo a calmarlo io, senza ovviare riuscirci. Lui si volta verso di me con aria irritata.
«E anche a tu, che devi sempre immischiarti in cazzi che non ti riguardano»
«James non è successo niente» mi ritrovo a dire.
Jackson mi spalleggia indicando l'auto.
«Mi ci siedo io in mezzo. Non le ha fatto nulla, voleva solo stuzzicarti.»
E quando James prende un ampio respiro e sembra calmarsi, William se ne esce con un
«Ti ha toccata?»
Il sole è alto nel cielo e io sento la pelle cominciare a pizzicarmi.
«No che non mi ha toccata.»
«Perché stai mentendo?» mi fulmina James.
«Fammi capire. Io non posso girarmi un secondo, che tu hai tre ragazze addosso...»
«Mi hanno sono chiesto una sigaretta. Che cosa devo fare?»
«Mandarle via»
«Ragazzi... »
Jackson prova a fare da intermediario.
«Ah certo perché tu non parlavi con Brian "sono inquietante" Hood oggi?»
«Ci parlavo, esatto! Non gli stavo in braccio. Vuoi che mi ci sieda in braccio?»
James mi viene incontro spingendomi contro la carrozzeria.
«Ripetilo.» stringe la mascella duramente, lasciando intendere quanto l'eventualità lo faccia adirare.
«Sei proprio stronzo. Tu puoi fare quello vuoi ...»
«Sì io faccio quello che voglio e sai cosa voglio? »
«Voglio scopare solo con te. Non ti sembra una fottuta dichiarazione?»
«Cosa?»
«Ma vi sembra il momento?» Jackson ci redarguisce, indicando con un cenno del capo il tizio che aspetta in macchina.
James mi sfiora le labbra con la dolcezza delle sue, mettendo fine a quella scenetta.
La paura mi passa all'improvviso, ma ad un certo punto la portiera si spalanca.
«Non state parlando troppo?»
Il tizio pelato scende dall'auto e l'unica cosa che vedo è Will che posa una mano sulla tasca dei pantaloncini. E non è una bella sensazione. Sembra spaventato.
«Gli altri soldi li voglio ora, non mi fido di voi. Locos.» dice l'uomo fissando William.
«Che altri soldi?» James si volta verso l'amico con aria interrogativa.
«Io te li ho dati i soldi. Avevi detto che oggi ti avremmo solo pagato il debito dell'altra volta. E che la roba di domani sera te la potevamo pagare prima di partire. La prossima settimana»
Le parole di Will creano un momento di panico che è facilmente intuibile sulle nostre facce. Io James e Jackson ci guardiamo confusi. Noi non partiamo la prossima settimana, noi partiamo dopo domani.
«È per questo che stiamo andando con lui?» esclama Jackson.
«Ho bisogno di una garanzia. Voglio essere certo che non mi vogliate fottere. Chi mi dice che non partirete senza pagare?»
O mio dio, la faccia di William.
Glielo si legge in faccia che era quello il suo piano diabolico. Mettersi nei guai con questi delinquenti e poi non ripagarli.
«Perché cazzo non ne hai parlato con me?»domanda James a quel punto.
Will però ha occhi solo per lo spacciatore.
«Avevi detto che ti andava bene, così» insiste William.
«Ho cambiato idea, non mi fido di voi.» ribatte l'uomo.
Vedo la mano di Will scivolare con circospezione sulla sua tasca dei pantaloni.
«Non li abbiamo tutti quei soldi, Will. Mi sono svuotato il conto in banca per i tuoi casini»
«Chiama Austin allora»
La proposta di William fa sbuffare James, io e Jackson sembriamo di pietra.
La situazione è tesa, ma a loro due sembra importare poco.
«Tu sei proprio stronzo, Will.» bofonchia James prima di accedersi una sigaretta con la mano a conca davanti al viso.
«Okay anch'io ho cambiato idea, non la vogliamo più»
La voce di Will appare calma ma un senso d'inquietudine inizia a serpeggiare.
«Non funziona così. Loro l'hanno comprata e ora tu mi fai avere quei soldi.» insiste l'uomo.
«Chiama Austin.» ripete William sottovoce.
«È la tua soluzione a tutto, vero Will?»
Cala improvvisamente il silenzio tra i ragazzi.
«E se fosse armato?» sussurra Jackson visibilmente spaventato.
«Non mi sembra un'eventualità così assurda... guardalo, James» bisbiglio io.
«Mio dio, vorrei essere Marvin in questo momento» sputa Jax infilando mani tra capelli.
James a quel punto cede, forse per paura che l'uomo faccia qualche cavolata.
«Okay posso farti avere i soldi, ma non ora. Almeno questa sera.»
James inizia a parlare calmo, ma l'uomo non vuole sentire ragioni.
«Io ho detto ora.»
«E io ho detto questa sera.»
La voce di William arriva decisa quando, senza alcun preavviso, sfila la pistola dalla tasca dei pantaloni e la punta contro l'uomo.
Ma questo non sembra affatto impaurito, anzi, con un gesto rapido mi afferra dal fianco e imprigionandomi con un braccio allacciato intorno al collo, m'immobilizza contro il suo petto.
Senza dire nulla James si getta addosso al mio aggressore, ma prima che possa raggiungermi, sento grugnire un «Guarda un po' cos'ho qui?»
Vedo solo il volto di James sbiancare all'improvviso e nonostante i trentacinque gradi, io prendo a tremare.
Con la coda dell'occhio riesco a captare una sagoma metallica e capisco che il tizio ha appena estratto una pistola dalla tasca dei jeans sgualciti.
«Oh cazzo.» sputa Jackson continuando a scorrere con lo sguardo spaventato da Will a me.
«Lasciala, ti do tutti i soldi che vuoi»
James prova a mantenere la calma ma il tipo è particolarmente nervoso, soprattutto con William.
«Il tuo amico mi sta puntando la pistola addosso.»
«Will, mettila via» ordina James a quel punto.
Lui ovviamente non obbedisce.
I miei occhi saettano rapidi a Will. Non riesco a decifrare la sua condizione.
«Metti via quella cazzo di la pistola» si arrabbia James.
È tutto confuso, vedo la mano di James colpire il polso di Will con un colpo secco, facendola cascare a terra.
«Lasciala ora.» lo supplica James, indicando l'arma rimasta sull'asfalto lucido.
L'uomo però sogghigna, spalmando sui miei capelli un odore di tequila e qualche altro alcolico sconosciuto.
«Allontanatevi dalla pistola» sbraita tenendomi stretta.
La presa non è forte, non ha intenzione di farmi male. Austin era stato molto più violento. Potrei provare a scappare, ma il terrore negli occhi dei ragazzi m'impedisce di muovermi.
«Dove cazzo vai?» insiste James.
L'uomo mi spinge contro la carrozzeria, verso la portiera aperta che da sul sedile del guidatore.
Io intanto guardo James che non mi scolla gli occhi di dosso nemmeno per un attimo.
«Dove vuoi portarla?»
«Non avvicinatevi o bum bum.» lo minaccia il tipo.
Non sa l'inglese ma si fa capire benissimo
«Voi tre fate troppo casino, voglio una garanzia..»
«Dove cazzo vuoi portarla?.»
«Allontanatevi.»
Jax e Will si spostano immediatamente dall'auto, mentre James si avvicina a noi.
Il tipo mi tiene stretta dal braccio quando punta la pistola alla fronte di James che però non sembra avere paura.
«Lasciala.»
Ma io ne ho io, tanta.
«Allontanati, ti ho detto»
«Lasciala cazzo.»
Il tipo serra la stretta intorno al mio collo, sento il suo avambraccio premere contro la mia gola, impedendomi di respirare correttamente.
«E io ti ho detto...»
Carica pistola per poi ripiantarla nella tempia di James.
«Allontanati.» conclude secco.
«James, ti prego» mormoro impaurita con il poco fiato che ho in gola. Sto letteralmente tremando.
«Dimmi dove vuoi portarla»
Il tipo indietreggia con il braccio teso e la pistola verso James.
«Io e lei andiamo dal mio amico, gli lasciamo i soldi. Lui mi da la roba, ve la riporto questa sera. Quando vedo i soldi, rivedrete la ragazza. Chiamate la polizia e lei non la rivedrete mai più. Claro?»
«Te lo puoi scordare. Con lei non vai da nessuna cazzo di parte» sbotta James compiendo un altro passo in avanti.
«Preferisci non vederla più ora?»
A quel punto l'uomo punta pistola carica alla mia tempia. Il metallo freddo mi sfiora le ciocche di capelli che si accalcano sul mio viso e improvvisamente il respiro comincia a martellarmi nel petto.
«James» sento sussurre Jackson.
Will è poco distante, bianco come un lenzuolo.
«Ti ammazzo se non la lasci andare»
Il tipo indietreggia verso auto tenendomi ben salda con il braccio, mentre James resta immobile, con gli occhi sbarrati.
«Sono io che l'ammazzo se non fate ciò che vi ho chiesto. Forse non mi credete capace? Procuratevi i soldi e non le torcerò un capello»
Le parole del tizio dovrebbero rassicurarmi, invece riprendo a tremare. Le mie gambe sembrano cedere da un momento all'altro. Sono nel pallone più totale, solo dopo mi accorgo che James mi sta cercando con lo sguardo.
«June, vengo a riprenderti.» sussurra con il labiale.
Io sono completamente sotto shock, non riesco a registrare niente, se non la sua mano che si avvicina all'orecchio, compiendo il segno del telefono.
Maledizione, non ho il cellulare con me
Ma quando butto un occhio all'interno dell'auto, intravedo il mio telefono abbandonato sul sedile posteriore. Per non lasciare incustodito il volante e non perdermi mai di vista, il tizio mi fa cenno di entrare dalla parte del guidatore, senza mai scollarmi la pistola dalla testa. Io eseguo, slitto fino al posto del passeggero e così facendo, allungo una mano verso il telefono e lo afferro con rapidità, senza che lui possa accorgersene.
Guardo subito fuori e noto James portarsi una mano al petto, come a volersi indicare. Il tizio entra in macchina impugnando quella maledetta arma, che resta puntata verso di me per tutto il tempo e in un attimo serra tutte le portiere. Will lo distrae chiedendogli qualcosa e io con il cuore a mille avvio la chiamata e infilo il telefono sotto alla maglietta, incastrandolo tra il seno ed il costume.
Vedo James prendere il suo telefono, probabilmente per rispondermi.
«Chiama polizia e non la vedrete più.» sentenzia lui prima di sbattere la portiera e mettere in moto.
«Dove mi porti?»
«Zitta.»
«Posso saperlo?»
«No»
D'istinto agguanto la maniglia arrugginita della portiera per aprirla, ma questa è bloccata.
Lui si volta di scatto verso di me, mentre io sto pensando alla prossima mossa.
JAMES
«Zitti. Ha messo il vivavoce.»
«James, fermati. Non puoi inseguire una macchina nel bel mezzo del nulla, dobbiamo chiamare un taxi e tornare indietro.»
Jackson prova a farmi ragionare ma è del tutto inutile. Inseguirò quella fottuta auto anche in capo al mondo.
Se solo non ci fossero questi quaranta gradi del cazzo.
«Conosco una canzone» La sento canticchiare.
«Zitta.» l'ammonisce l'altro.
Lo uccido. Solo io posso dirle di stare zitta.
«La canzone fa "Ero una povera contadina e andavo sempre dritta, sin dalla mattina. Poi ad un certo punto, svoltai a destra... Oh, guarda c'è un benzinaio! Mi sa che ho perso la testa»
«Eh? Ma che sta dicendo?»
Faccio cenno a Will di stare in silenzio. June ci sta dando direzioni tentando di non farsi scoprire da Escobar, che pare già abbastanza spazientito.
«Benzi...che?» domanda la voce maschile.
«No, hai ragione. Faccio pena ad inventare le rime»
Giurerei di aver sentito il rumore del freno. Si sono appena fermati.
«Una gasolinera.» scandisce lei lentamente.
«Sono al prossimo benzinaio.» esclamo concitato, poi però lascio Will e Jax a fissarmi mentre prendo a correre lungo la strada.
«James ma dove vai? Ci saranno quarantacinque gradi!»
Non importa
«Ti sentirai male, ti conosco non lo sopporti il caldo.» Anche William prova a convincermi a desistere.
Non importa
«Chiamate un taxi, Uber, chi cazzo vi pare.» taglio corto senza voltarmi indietro.
«La polizia?» urla Jackson in lontananza.
«Tranne quella Jax.»
«James!» Sento la voce di June provenire dal cellulare. «James mi senti?»
«Sì sono qua. Sto arrivando. Dimmi dove siete»
«È appena sceso. Mi ha chiusa in macchina. Siamo ad un benzinaio. Il primo che si trova sulla destra. A... oddio non lo so, saranno circa otto chilometri? Forse cinque, non lo so.»
«Sto arrivando, June.»
«Perché hai l'affanno?»
«Sto correndo.»
«James no, fa troppo caldo.»
«Dimmi altro. La macchina era a corto di benzina e sta facendo rifornimento?»
«Sì, ma oltre a questo... mi sa che è qui l'appuntamento. Ti sei fermato poco prima che giungessimo. »
«Con chi stai parlando?»
Di nuovo la voce di quell'uomo, poi la sento sospirare in maniera plateale.
«E anche oggi siamo qui...»
«Ma che stai dicendo?»
«Parlo da sola. Soy un poco loca, sabes?»
«Eh?»
«L'ho ereditato da mia madre.»
C'è un attimo di silenzio, finché lei non torna a parlarmi sottovoce.
«Okay lui sta facendo benzina, ma mi ha detto di scendere, ci sono delle altre persone. Farò di tutto per trattenermi in questo posto, è pieno di gente che fa benzina, non dovrebbero... sì insomma, fare cose troppo losche qui. Con me intendo»
Sento una forte fitta allo stomaco. E non è la corsa estenuante sotto al sole cocente, ma il pensiero che qualcuno possa farle del male.
«Ah, James. Non ti ho detto una cosa.»
«Cosa June? Parla, cazzo» la incito, agitato.
«Ho le mani legate, piccolo dettaglio.»
«Che cazzo dici?»
«Ha usato, non so... una fascetta.»
«Perché ti ha legato i polsi con una fascetta?»
«Non so. Potrebbe essere perché ho provato ad uscire dall'auto e poi ad aggredirlo mentre guidava?»
«O porca troia. Sei vestita?»
«Sì non mi ha toccata»
«Parli sola? Ancora?» L'uomo è tornato.
«Okay basta parlare cretina che non sei altro...» sussurro con un senso di vuoto che mi mangia le viscere.
«Torna a parlarmi appena puoi.»
Lei resta in silenzio sento dei rumori e un vociferare di sottofondo, ma non riesco ad intuire cosa stia accadendo. Il mio respiro si sta spezzando in rantoli sconnessi e questa sensazione di soffocamento si acutizza, man mano che vado avanti.
Sono allenato, potrei correre cinque chilometri in un quarto d'ora, ma il caldo mi sta ardendo la faccia. Mi sento andare a fuoco e più lo realizzo, più un senso di nausea mi attanaglia la bocca dello stomaco.
Sono costretto a fermarmi per qualche secondo. Voglio vomitare. Sto ansimando. La vista mi si annebbia. La maglietta mi si appiccica addosso. Le labbra perdono sensibilità. La gola brucia. E il mio cervello perde lucidità.
E non è di certo stata la piccola corsetta a ridurmi in questo stato, ma il ricordo. In un attimo mi ritrovo catapultato in quella macchina. È Luglio e lei scende per andare a comprare qualcosa. La chiamo con un filo di voce, la mia manina sfiora il vetro nella speranza che lei possa ricordarsi di me, che possa voltarsi, almeno per uno sguardo. Un sorriso. Invece prosegue dritta verso il negozio, lo fa senza mai girarsi. E lì trova un suo amico. Si mettono a parlare. Forse iniziano a flirtare. E io? Io sto morendo. Lentamente.
«James.»
Il richiamo di June mi riporta alla realtà. Mi sollevo la t-shirt e con il bordo mi asciugo il viso, bagnato di lacrime e sudore.
«June»
«Sì?»
«Vengo a prenderti. Fosse l'ultima cosa che faccio. Hai capito?»
«James...»
«Ora non parlare, fallo solo quando puoi.
Restiamo in silenzio per qualche minuto e io trovo il coraggio di riprendere la mia corsa.
«Non fare cazzate. Perché se ti succede qualcosa giuro che io...»
«James mi dispiace»
«Non riattaccare, mai. Voglio sentire la tua voce.»
«James...» La sua voce è ormai ridotta ad un soffio tremolante.
«Non avere paura.»
«Stanno arrivando dei tizi...»
«Cazzo.»
Il cuore mi sta scoppiando in gola.
«Non mettere giu»
«Ha un cellulare» sento dire ad una voce sconosciuta.
Comincio ad aumentare il passo.
«O porca miseria, mi hanno appena beccata.»
«June!»
«James c'è una stanza dietro della cassa. Sono lì dentro. C'è un uomo alto, ha una cicatrice sotto l'occhio sinistro, zoppica un po' e...»
Sento un tonfo, poi la linea s'interrompe.
«June!»
Il silenzio.
«June!»
Niente.
Inizio a correre a perdifiato, con la maglietta zuppa e occhi annebbiati. Fa così caldo che la strada sembra liquefarsi in lontananza, ma è proprio in lontananza che noto qualcosa.
JUNE
Qualcuno sta parlando in una lingua sconosciuta, io mi tasto la fronte indolenzita. La testa mi gira e mi fa un male cane. Il pavimento è freddo qualcuno mi ha colpita, devo aver perso i sensi perché ora mi ritrovo in un angolo della stanza.
«Aveva un telefono? L'hai lasciata con un telefono?»
«Non me ne sono accorto.»
Il ragazzo inizia a sudare freddo, sembra aver paura dell'uomo con la cicatrice, che chiama subito due dei suoi scagnozzi.
Altri due uomini bassi e tarchiati entrano in quello stanzino scuro e io mi sento soffocare. Ad incutere realmente timore però è l'uomo con la cicatrice che estrae estrae un coltellino dalle tasche dei pantaloni. Io mi faccio piccola contro la parete fredda, intanto lo spacciatore soprannominato Escobar prova a difendersi. Parlano fitto, in spagnolo e io recepisco solo qualche parola.
«Avevano una pistola ed erano pazzi» dice il pelato.
«Hai detto che erano solo dei ragazzini ricchi e che ti avrebbero pagato. Ho visto solo una parte del denaro però, dov'è il restante dei soldi?»
Escobar mi indica e l'altro inarca un sopracciglio folto.
«Quindi è lei la garanzia?»
«C'è li daranno. Non la lascerebbero mai qui.»
«Perché non hai preso loro?»
«Fidati non li avresti voluti tra i piedi quei tre»
«Sei bugiardo! Ti hanno detto che non la volevano più la roba e tu hai insistito!» esclamo a gran voce.
E la mia uscita non passa di certo inosservata perché i due uomini si voltano verso di me.
«Vedi niña, l'abbiamo ordinata perciò va pagata. Ma ora che sei qui con noi... io non mi lamento.»
I due scagnozzi sullo sfondo ridacchiano come due imbecilli. Sto per reagire, ma il pelato e il tizio con la cicatrice mi si avvicinano, minacciandomi con le loro stazze imponenti.
«Che significa? Che vuoi farle?» chiede Pablo.
«È bella.»borbotta l'altro prima di acciuffarmi dai capelli causandomi un lamento, quando prova a sollevarmi da terra.
Pianto un ginocchio sul pavimento polveroso di quel ripostiglio e mi alzo in piedi. Lui prende ad annusarmi il collo e io per poco non gli vomito sulle scarpe per lo schifo che mi provoca la sua vicinanza.
«Ha l'odore di un altro addosso però.»
Lo fisso con le labbra corrucciate e la fronte increspata, il mio sguardo è quello del puro disgusto.
«Stammi lontano.»
Ma lui sembra divertito dalla mia reazione perché mi solleva la maglia, rivelando il costume nero che indosso sotto. Non so cosa mi prende in quel momento, ma senza nemmeno rifletterci su, metto in pratica la lezione di James. "Il gomito e le ginocchia sono un'arma." mi aveva detto una volta.
Ho ancora le mani unite della fascetta di plastica, quando gli sgancio una gomitata sul mento che gli causa prima un'imprecazione, poi un lamento sonoro.
Ma questo non è sufficiente ad allontanarlo, è molto più forte di me e mi sferra uno schiaffo con tutta la violenza di cui sembra capace. Avverto un bruciore sordo, proprio all'altezza dello zigomo, quindi mi porto una mano a tastarmi la parte dolente e in quel momento mi accorgo che l'uomo porta un grosso anello pacchiano, con il quale mi ha appena ferita.
Il colpo però, mi ha fatto perdere l'equilibrio, inducendomi a cascare su un mobiletto verticale che contiene oggetti di cui non ne conosco l'uso, forse da giardinaggio.
«Non voglio farti male» dice lui sopraggiungendomi alle spalle.
Avverto il suo corpo sconosciuto contro di me e mentre mi tiene ferma dal braccio, mi alza la maglia.
A quel punto inizio ad urlare con tutto il fiato che ho in corpo.
«No, noi non facciamo queste cose» si allarma Pablo quando vede che il tizio inizia a far scorrere una mano sul mio seno coperto dal bikini.
«Magari è ora che cominciamo a farle.»
Provo ad indietreggiare, a ribellarmi in qualche modo usando i gomiti, ma lui mi dà un'altra spinta, questa volta più vigorosa e finisco nuovamente contro il mobile, l'impatto è così forte che questo oscilla e altri utensili cascano sul pavimento.
«Voglio solo capiscano che facciamo sul serio.» grugnisce l'uomo.
Lo zigomo riprende a pulsare di un dolore intermittente, provo a sfregare i polsi tra loro ma le fascette sono troppo strette e non c'è verso di riuscire a liberarmi.
Ma è quando la sua mano scivola lungo la mia schiena, per andare sempre più in basso, che comincio seriamente ad avere timore.
Con i muscoli ghiacciati dalla paura e un macigno pesante che mi serra la gola, il mio pensiero va a James.
Sono così spaventata da non mi rendermi conto che la voce che popola i miei pensieri, non me la sto immaginando, è reale.
«Dov'è la mia fottuta ragazza?»
Sgrano gli occhi perché riconosco la voce di James, poi quella di una donna che piagnucola qualcosa. Dev'essere la cassiera del bancone che sta proprio qui fuori.
«Perché Maria sta urlando?» domanda l'uomo con la cicatrice ai due scagnozzi che ignari di tutto ipotizzano «Una rapina?»
E poi di nuovo la voce di James. È fuori di sè.
«Scommetto che improvvisamente ti è tornata la memoria!»
La donna urla terrorizzata.
«Ma che diavolo...»
Vedo la porta chiusa dello sgabuzzino precipitare di colpo. James entra con una pistola impugnata in entrambe le mani.
E il suo sguardo ci mette pochissimo a finire nella mia direzione. Sono ancora schiacciata contro il mobiletto con il tizio inquietante alle spalle, che mi tiene ferma.
«Hai tre fottuti secondi per lasciarla o ti ammazzo.»
Vedo James posizionare la mano sull'arma, tira indietro la parte superiore con un movimento rapido. Carica la pistola, poi fa saettare lo sguardo da me al tizio con la cicatrice, infine dice «Tre»
L'uomo molla la presa, fa un cenno ai suoi scagnozzi che però rimangono immobili in un angolo. James indirizza pistola verso di loro e questi sollevano le mani in aria.
«Perché non siete armati?» li rimbecca il tizio con la cicatrice sotto l'occhio.
«Era solo una niña» si giustifica uno di questi.
L'uomo sembra piuttosto adirato per la noncuranza dei suoi uomini e si volta verso Pablo, che pare colto di sorpresa anche lui.
«La pistola l'ho messa al solito posto, mica potevo sapere che...»
«Basta parlare. Lasciala subito.» interviene James con voce decisa.
«Vogliamo solo i nostri soldi prima» spiega il tizio.
«Li avete già. Il resto della roba tenetevelo, non vogliamo più niente»
«Non funziona così. Siamo in quattro, se spari ad uno di noi gli altri intanto ti avranno già preso alle spalle.»
Il tizio comincia con una tecnica dissuasiva che dovrebbe portare James ad abbassare l'arma.
James inizia a deglutire nervosamente.
«E poi lo so che non spareresti mai.»
«Tu continua a tenerle le mani addosso e vediamo se non ti pianto un fottuto proiettile in quella testa di cazzo che ti ritrovi»
La mano di James trema ma io in questo momento non avrei dubbi a riguardo. Sembra intenzionato a farlo per davvero.
Pablo fa un cenno al suo socio, come a dirgli "Questo è pazzo, lascia perdere", poi si volta verso James e lo invita a non fare cavolate.
«Ci sono telecamere ovunque»
«Oh certo immagino. Le tenete per filmare i vostri scambi illegali? La tua amica dietro alla cassa sta chiamando la polizia? Che paura.»
Il tizio con la cicatrice comincia a ridacchiare, guardando verso la porta ormai sfondata che permette l'accesso al piccolo corridoio che da sul negozio.
«Puoi sparare allora»
Lo provoca il tipo. Non so a quali razza di criminali siano abituati questi, ma sembrano essersi appena resi conto che James non ha fatto nulla alla ragazza alla cassa, perciò probabilmente non è uno dal grilletto facile.
«Ti farò avere il restante, ma lascia andare lei»
Il tono di James s'indebolisce quando i suoi occhi incontrano il mio zigomo ferito. Sembra avere paura, il tipo con la cicatrice invece, non conosce timore. Vuole fare affari nonostante James sia armato.
«Chi me lo garantisce?» lo provoca quell'uomo.
«Rimango io qui»
«James no» esclamo di getto.
Sento il cuore volermi scappare dal petto.
«Tu lasciala andare prima.»
Ora fuggiamo insieme, mi dico tentando di placare il terrore che sta per prendere il sopravvento.
Così l'uomo ci pensa un po', infine mi lancia come un peso verso il centro della stanza. Io mi avvicino a James che con un braccio mi avvolge, portandomi contro il suo torace.
«Oddio cosa ti ha fatto?» si distrae nell'osservare il mio zigomo ferito e basta quell'attimo di distrazione che gli spacciatori, in quattro, si avvicinano a lui. James ovviamente non si mette a sparare, così loro lo braccano prontamente.
«Scappa June»
James mi allontana con una spinta verso quello che è rimasto della porta.
«No»
«Esci da qui» lo sento urlare, prima che uno degli scagnozzi gli sferri un pugno.
Senza pensarci due volte fuggo velocemente da lì. Devo cercare aiuto.
«Perché non la insegui?» Sento uno degli uomini parlare.
«Dove vuoi che vada? C'è il nulla per chilometri e chilometri.»
Esco di corsa dal negozio, non vedo niente. Per poco non scivolo sul pavimento bagnato, una vecchietta sta lavando per terra. O forse ho le allucinazioni.
Il caldo mi stordisce i sensi.
Le orecchie prendono a fare un ronzio fortissimo, ma giurerei di sentire la voce di Will che mi chiama ripetutamente.
Lo vedo scendere da un auto insieme a Jackson, arrivano trafelati.
«June! Ma cosa... Dov'è James?»
«E lì dentro, senti dobbiamo chiamare la polizia, non penso che la cosa finirà bene. Sono in quattro»
«Okay, andate»
Will fa un segno al tassista che li ha appena scaricati di non ripartire.
«Voi tornate, me ne occupo io.»
«Will sono armati e delinquenti.» provo a farlo ragionare.
«Non possiamo lasciarlo qui.» asserisce lui puntando l'ingresso con gli occhi infuocati.
«No, ma dobbiamo chiamare la polizia, ha ragione lei.» realizza Jackson, anche lui senza fiato.
«La polizia? Secondo voi la polizia farebbe qualcosa? Ho già chiamato Austin, la risolvo io.»
Will compie un cenno, invitandoci ad entrare nel taxi.
«Non voglio lasciarlo qui.» esclamo con la voce sopraffatta dall'angoscia.
Potrei scoppiare a piangere da un momento all'altro. Mi sembra tutto surreale. Fino a qualche ora fa stavamo a discutere di cose così stupide...
In quel momento vediamo degli uomini uscire dal negozietto, ci fissano da lontano e una bruttissima sensazione comincia a farsi strada sotto alla mia pelle. Jackson mi circonda le spalle con il braccio.
«Andiamo June.» mi esorta con occhi visibilmente lucidi.
«Cosa? Non puoi dire sul serio! Non voglio lasciarlo qui.»
«Nemmeno io, ma se scopre che non ti ho messa al sicuro, non me lo perdonerà mai.»
Dal basso posso scorgere la sua mascella compiere movimenti impercettibili, mentre un'espressione di sofferenza gli oscura il volto.
«E io credo di averlo ferito abbastanza.»
Mi ritrovo faccia a faccia con il dolore di Jackson, quindi non mi sento di aggiungere altro. Non sono l'unica a tenere a James, questo è sicuro.
«Will!» provo a richiamare William che, diretto verso il negozio, ormai non mi sente più.
Io e Jackson c'infiliamo nel taxi e dopo avergli dato la direzione del bed and breakfast, ci poggiamo con la schiena contro il sedile. Ma nessuno dei due appare sollevato o rilassato.
«Non m'importa cosa dite, se Will entro cinque minuti non ci fa avere notizie, chiamo la polizia o ci torno io stessa lì.»
Lui però non risponde, resta con lo sguardo fisso a guardare il vuoto.
«Jax?»
«Mhm?»
«Non l'hai ferito. L'amore non è mai qualcosa di negativo.» sussurro causandogli un sospiro.
Una morsa mi stringe la cassa toracica, soffocandomi con le mie stesse paure: il pensiero che gli stiano facendo del male mi ribalta lo stomaco.
Jackson è bianco come un cadavere, giurerei che possa svenire da un momento all'altro.
«Ci fermiamo al prossimo benzinaio e prendiamo dell'acqua? Vuoi mangiare qualcosa?»
Lui fa segno di no con il capo.
«Mi dispiace per la situazione con Blaze. provo a cambiare discorso per distrarlo un po'.
«Sei come lui. Pensi sempre agli altri» sento Jackson lasciarsi andare a quella riflessione con la voce quasi spezzata.
Non sono una persona affettuosa, non lo sono mai stata, ma in questo momento ho bisogno di un abbraccio e forse Jackson ancora di più.
Mi allungo nella sua direzione e lui sembra leggermi nel pensiero, o forse sente esattamente quello che sento io.
Ci abbracciamo e prima che le lacrime possano fare capolino agli angoli dei miei occhi, io mi ritraggo.
«Non penso di aver mai avuto così tanta paura in vita mia.» confesso con il naso che prude per via del pianto represso.
«Will lo tirerà fuori dai guai.»
«Come fai a saperlo?»
In quel momento cellulare di Jakcson prende a vibrare.
«Will?»
«Sto tornando, non andate in hotel.»
«In che senso? James sta bene?» domanda il biondo.
«Cosa dice? Cosa dice?» salto su impazzita.
«James non vuole che la prof lo veda così.» percepisco la voce William molto più chiara quando Jackson imposta il viva voce.
«Così come?» Mi agito nel sentire quelle parole.
«Ci hanno lasciati andare. Pablo ha detto che, dato che abbiamo restituito i soldi, non c'era bisogno di accanirsi di più.»
«Quindi dove dovremmo andare?»
«Chiedi all'autista di portarti in un hotel qui vicino poi mandami la posizione.»
«Ma non ho molti soldi con me.» si lamenta Jackson.
Io mi tasto i fianchi coperti dalla t-shirt.
Ah già, sono in mutande.
«Avrò dieci dollari in contanti»
«Va bene qualsiasi cosa, giusto per levargli il sangue di dosso.»
Sgrano gli occhi e quando Will interrompe la chiamata, Jackson chiede al tassista di accompagnarci nell'hotel più vicino.
Dopo circa qualche chilometro raggiungiamo la stanza di un orribile motel. Vecchio scuro e umido.
Una donna anziana ci accompagna nella stanza e sì, fa veramente schifo, ma al momento non è di certo questa la nostra priorità.
Io e Jackson ci sediamo sul letto comodo come una lastra di ferro a fissare la porta.
«Quindi con Blaze?» domando a quel punto. Lo faccio un po' per ingannare l'attesa e un po' perché m'interessa.
Jackson scrolla il capo.
«Ci credi che sono stato incazzato con lui per tutta la sera, finché non vengo a sapere che con Scott si è solo scambiato un bacio?»
«Oh pensavi avessero...»
«Già, da quello che mi aveva fatto credere sì. Ma l'ha fatto apposta»
«Beh, vedila così... almeno ti è servito a capire quanto lui fosse importante per te.»
Annuisce sfregandosi la nuca bionda con la mano.
«Mi da comunque fastidio che l'abbia fatto.»
«Beh, tu ieri sera...»
Mi mordo la lingua prima di dire altro.
«Sì ma lui ha fatto la cazzata per primo. Io da quando siamo stati insieme non ho fatto altro che pensare a lui, di certo non mi sono messo a baciare gente in giro. Se ci è riuscito con tanta leggerezza, evidentemente per lui non sono stato così importante»
Le parole di Jackson mi scalfiscono il cuore, mi lasciano l'amaro in bocca, ma non penso che lui abbia ragione. È solo troppo ferito per vedere le cose con lucidità.
«Secondo me anche per Blaze è stato importante, è solo che... A volte quello non basta. Vuoi essere sicuro che anche per l'altra persona lo sia stato. Magari tu non gli hai dato segnali abbastanza chiari»
«E tu sei sicura di dare segnali abbastanza chiari?»
La porta si spalanca e balzo in aria come una molla impazzita. Corro all'ingresso pronta a saltargli in braccio, ma quando mi appare davanti il volto tumefatto di James per poco non mi si gelano le ossa.
Il collo è ricoperto da lividi e la maglietta completamente zuppa di sangue. Ma quando i nostri occhi s'incontrano nulla sembra avere più importanza. Gli butto le braccia intorno alla nuca e prendo a baciarlo senza lasciargli nemmeno un attimo per respirare.
James barcolla appena, così provo a ritrarmi, magari per permettergli di sedersi o riposarsi un attimo, ma lui affonda una mano tra i miei capelli e curvando la testa verso il basso, ricomincia ad immergere la lingua tra le mie labbra con dolcezza.
Il mio cuore impazzisce. Il sapore ferroso del sangue si mescola al gusto di fumo e menta, lui ansima appena, causandomi le palpitazioni nel petto.
In lontananza avverto un'eco. È la voce di Will che sta spiegando l'accaduto a Jackson.
«Della roba che non abbiamo preso ci hanno fatto pagare metà, mi hanno portato al bancomat che c'era lì alla stazione di servizio, ho prelevato ed è finita lì. Volevano solo i soldi.»
La sua parlantina da uomo vissuto mi dà sui nervi. Se penso che è tutta colpa sua
...vorrei prenderlo a sberle.
«Perché allora James è ridotto così?» domanda Jackson, ancora preoccupato.
«Lo conosci avrà detto qualche parola di troppo. Vero James?»
William si volta verso di noi ma io non ho nessuna intenzione di staccarmi da quel bacio e James nemmeno.
«Certo fate pure» si lamenta Will.
«Ringrazia di avermelo riportato sano e salvo, William Cooper»
Lo minaccio puntandogli un dito contro.
A quel punto Marvin chiama Jackson e quest'ultimo lo rassicura, dicendogli che va tutto bene.
«Qui invece non va bene un cazzo, la prof vi da per dispersi e tra poco chiama i sommozzatori. Dovete tornare» dice Marvin facendoci scoppiare a ridere.
«Okay noi andiamo, anche perché tra poco qui ci tocca assistere a qualcosa di vietato ai minori» si stizzisce William.
«Salutate Marvin.»
«Ciao Marvin»
«Ciao June. Ti ho già comprato il test di gravidanza per domani.»
«Non fai ridere»
«Infatti non deve far ridere, è la verità»
«E poi, per tua informazione, non si risulta già incinte il giorno seguente»
«Con James Hunter tutto è possibile»
James non riesce nemmeno a parlare, si limita a lasciarsi sfuggire uno sbuffo divertito.
«Portategli dei vestiti puliti per domani.»
È l'ultima richiesta che faccio ai ragazzi, prima di cacciare Will e Jackson dalla stanza.
James è seduto sul letto quando i miei occhi perlustrano la sua sagoma nel dettaglio.
Ha i capelli completamente spettinati, un occhio ammaccato e le labbra spaccate.
Mi avvicino a gli sollevo la maglietta bagnata, causandogli un sorrisetto soddisfatto.
«Sei impaziente...»
I miei occhi scorrono rapidi sui lividi che gli macchiano il torace scolpito e noto subito qualche ferita aperta fare capolino qua e là.
«James devo assolutamente medicarti le ferite prima che queste s'infettino. Soprattutto i graffi sul viso e i tagli che hai sull'addome.» lo rassicuro, mentre lui annuisce senza aggiungere altro.
«Vieni, ti preparo una vasca.»
«Non è il massimo per le ferite»
«Prima di disinfettarle devi essere completamente pulito e ora non lo sei. Sei...»
Ruoto la manopola del vecchio miscelatore della vasca dalla quale comincia a scorrere l'acqua tiepida, perché so che odia quella bollente, poi mi volto a fissarlo, mentre sta poggiato con la spalla contro lo stipite.
«...Sei pieno di sangue, ma che è successo?»
«Niente.»
Ovvio, che domande
«Ti fa male vero?»
James non risponde, ma si spoglia completamente, prima d'immergersi in acqua.
Mi verso lo shampoo sul palmo della mano e prendo a lavargli i capelli, massaggiandogli la testa con cura. Lui chiude gli occhi abbandonandosi a quella coccola silenziosa.
«Il resto puoi farlo da solo?»
Lo vedo leccarsi il lato del labbro, prima di affondare le sue iridi buie nelle mie.
«Ma se lo fai tu è meglio.»
«Tirati su in piedi»
James si erge dall'acqua in tutta la sua altezza. L'interezza del suo corpo reclama la mia attenzione, non c'è parte di esso che non esprima vigore, forza. Ma la sua pelle, solitamente perfetta, al momento è così infiammata, che pare quasi irriconoscibile.
«Ma che cosa ti hanno fatto...»
La mia protesta cade nel vuoto perché James non l'accoglie, si limita a gemere per il dolore quando comincio ad insaponargli l'addome con minuzia. Capisco che le ferite gli fanno molto male, perciò mi affretto a lavare via i residui di bagnoschiuma il prima possibile.
Infine metto su un'espressione dispiaciuta e lui se ne accorge subito.
«Non fare quella faccia, sono vivo.» sibila uscendo dalla vasca.
Gli porgo un asciugamano e non posso fare a meno di reprimere un singhiozzo. Lo trattengo al fondo della gola, mentre il pianto comincia a montarmi dentro.
M'immergo con il naso nel suo petto che ora profuma di vaniglia. Percepisco i suoi polpastrelli caldi sfiorarmi lo zigomo con dolcezza. Se penso che procurarmi quel graffietto mi era sembrato dolorosissimo... Non oso immaginare cos'abbia passato lui.
Gli prendo la mano e lo accompagno in stanza, lui fa per stendersi sul letto ma io lo fermo.
«No, non sdraiarti. Siediti, così faccio tutto.»
Con le garze e l'acqua ossigenata recuperate nel bagno, mi occupo del suo viso mal ridotto. La mascella solitamente lineare e ben marcata, ora è leggermente rigonfia. Ma sotto ai lividi è impossibile non vedere la sua bellezza incontrollabile. Non importa quanto l'abbiano distrutto, l'armonia dei suoi tratti riesce sempre ad emergere. Non importa che nel suo passato le persone abbiano fatto di tutto per buttarlo giù, ingannarlo o ferirlo, il suo animo è rimasto puro.
«Sei silenziosa... »
James è ancora seduto sotto di me e non smette di fissarmi le labbra. Io trovo difficile anche deglutire in questo istante, immersa come sono, in pensieri che alla fine si rivelano più profondi del previsto.
«Ho avuto paura» confesso sottovoce.
«June. Sono ancora incazzato con te.»
A quel punto inarco un sopracciglio.
«Ti sei fatta perdonare perche sei stata astuta, ma poteva accaderti qualcosa di orribile e io....»
Lo vedo cascare con la schiena sui cuscini.
«Non mi hanno fatto nulla, James.» mormoro riponendo l'occorrente del pronto soccorso nell'apposita valigetta metallica.
«Vieni qui. Voglio averti vicina.»
Quella richiesta mi obbliga a voltarmi di scatto, salgo sul letto e in un attimo mi trovo seduta sopra di lui.
James emette un piccolo ansito e io balzo su, trattenendo tutto il peso.
«Non mi pesi, è solo che il ginocchio mi fa male. Vieni più su»
Un ghigno malizioso gli taglia il viso, quando mi accompagna sul suo bacino avvolto dall'asciugamano, fino ad indurmi ad abbandonare tutto il mio peso proprio lì. Io abbasso lo sguardo, mentre lui non mi scolla gli occhi di dosso nemmeno per un secondo.
«Dovrei essere arrabbiato con te.» bisbiglia sfiorandomi il taglio sullo zigomo con la delicatezza del suo pollice.
«Lo sei?» domando.
James a quel punto affonda una mano tra i miei capelli sciolti sulle spalle.
«Come cazzo faccio?» mormora con voce rauca, prima di sprofondare con le labbra nelle mie.
E come era avvenuto poco prima, il nostro incontro è rude, disperato. Quegli attimi di paura sembrano risvegliare in noi dei desideri primordiali che non sapevamo nemmeno di avere.
«June, ho un fottuto bisogno di scoparti»
Oscillo sopra di lui con una lentezza che sembra mandarlo fuori di testa.
«Davvero?»
«Davvero.»
«S'intuiva vagamente...» lo prendo in giro.
Lui sorride e quando ci baciamo ancora, io decido che è arrivato il momento.
«James non voglio più aspettare»
Le nostre fronti convergono l'una sull'altra.
«Cosa?»
«Hai capito. Ti voglio.»
I nostri visi stanno vicini e i nostri sguardi sono troppo prossimi e non lasciano modo di scrutare le rispettive espressioni, perciò io non mi accorgo che lui stia tentennando.
«Non adesso June»
«Perché no?»
Lui si guarda in giro. C'è odore di umidità, le tende sono di un verde smorto e il ronzio fastidioso di un vecchio ventilatore appeso al soffitto riempie l'aria densa:
«Perché non è...»
Sì, questo posto è terribile
«Non importa, l'unica cosa che conta siamo io e te.» spiego con voce calma.
«Mi ero promesso che...»
«Cosa James?»
«Volevo fosse tutto perfetto» borbotta prima d'intrappolare il labbro inferiore sotto agli incisivi.
«Ma lo tu lo sei»
La mia risposta lo disorienta per qualche secondo, poi riprende a parlare.
«Voglio darti di più June. Poi immagina che io voglia farlo per me. Se fosse la mia prima volta... Tu vorresti fosse tutto perfetto, no?»
«Sì, di certo non vorrei farlo qui. Però...»
«E poi non possiamo nemmeno guardare Titanic» mi prende in giro facendomi scoppiare in una risata liberatoria.
«La stai facendo più importante di quello che è, o sbaglio?»
«Chi lo dice lo faccia solo per te, presuntuosa che non sei altro?»
Il sorriso che m'illumina il viso non accenna a scomparire.
«Hai ragione, James. Non ci avevo pensato»
«E poi ci sono tante altre cose che potremmo fare.»
Osservo la sua espressione maliziosa tentando di assorbirne i particolari per studiarla al meglio.
Cosa vorrà dire?
«Guarda lì.» dice lui indicando il piccolo spazio dedicato al mini bar.
E ora che noto del cibo sul ripiano poco distante, mi ricordo improvvisamente di una cosa.
«Tu non mangi da ieri. Dal pranzo di ieri.»
«Ma che cazzo dici?»
Mi dirigo al piccolo frigobar nascosto sotto ad una scrivania sverniciata e prendo a sventolargli davanti al naso della frutta secca, patatine e altre schifezze. James però continua ad indicarmi la confezione di caramelle gommose che ho lasciato sulla scrivania.
Così rompo il pacchetto e gliene porgo una.
«Non voglio quelle.»
«Tu invece ti becchi quelle perché a me fanno schifo»
Gli lancio un orsetto addosso, ma James mi afferra dal braccio trascinandomi a sé.
«Non credo proprio White.»
Cominciamo a litigare scherzosamente e il pacchetto si squarcia, facendo volare caramelle gommose su tutto il letto.
Inizio a raccoglierle con lei mani il più velocemente possibile e lui fa lo stesso.
C'è le mettiamo in bocca rapidamente per evitare che l'altro le mangi e io per poco non soffoco tra una risata e l'altra.
«Non ho mai visto una persona più cretina di te» bofonchia James con la bocca piena.
«Io sì, prova a guardarti allo specchio.»
Lui prova a spintonarmi via per non farmi raggiungere le altre caramelle sparse sul copriletto, solleva la coperta e le getta lì sotto, dove si rifugia anche lui. Io io gli blocco le mani e in un attimo trovo sdraiata sul suo corpo.
«Hai i boxer addosso, vero?» domando quando lo vedo sotto alla coperta.
«Chiedi troppo»
Ridacchiamo e le mie risatine si fanno più concitate quando comincia a pizzicarmi i fianchi. Soffro il solletico, troppo.
Fatico a respirare e probabilmente sono diventata di un rosso imbarazzante in viso, ma quando finalmente James la smette di torturarmi, io posso rimettermi a cercare le caramelle nascoste nel letto.
«Hai finito le coca cola?»
«No guarda ce n'è ancora una.» dice lui, infilzandosene una tra i denti.
Aspetta che io la prenda con un bacio e io non me lo faccio ripetere due volte.
Gli mordicchio le labbra, che si fanno presto umide dei miei baci, infine mi arresto e lo guardo.
«Ho avuto una paura fottuta.» erompe James, senza fiato.
Non credo di aver mai provato così tante emozioni diverse in un singolo giorno. Dopo la brutta parentesi del pomeriggio, eccoci qui. A ridere come due bambini. E non penso di essere mai stata più felice.
Gli accerchio il viso con entrambe le mani e comincio a baciarlo senza sosta.
«Ma che stai...»
Ogni tratto del suo viso: la punta del naso dritto, la fronte lineare, la guancia liscia, il mento simmetrico. Poi scendo sul suo collo turgido di vene spesse, tracciando dapprima le clavicole, poi le spalle scoperte.
James sorride quando sollevo la testa per affondare nei suoi occhi scuri.
Con i baci scendo più in basso, e indugio su ogni piccolo livido che gli macchia il torace.
«Così è dolce.»
«Cosa?»
«Il sesso»
La sua effettuazione secca e sfacciata mi causa un lieve giramento di testa.
«Ma non stiamo...»
I miei occhi cascano sul suo basso ventre segnato da muscoli e tendini sporgenti, a filo con la coperta che nasconde le sue zone più intime. Continuo a coccolare di baci la sua pelle che emana un delizioso odore di bagnoschiuma vanigliato, misto al suo profumo, più maschile.
Temporeggio un po' quando giungo al suo ombelico e James sembra accorgersene.
«June non trattenerti, non farlo»
A quel punto sposto gli occhi a lato, leggermente imbarazzata al pensiero di baciare tutto il suo corpo.
«Ci sono cose che non ha senso io faccia, perché sei stato con così tante ragazze...»
«Non è minimamente paragonabile» ammette lui senza conoscere vergogna.
La sua mano si allaccia al bordo della coperta che fa scivolare giù lentamente, rivelando l'inguine liscio.
Il profumo di vaniglia mi addolcisce l'olfatto, mentre la visione del suo corpo completamente nudo e perfetto mi lascia stordita.
Sollevo lo sguardo per incontrare i suoi occhi ardenti e lo vedo trascinare una mano tra i capelli. Lo fa disinvolto, con un gesto attraente, come per alleviare la tensione causata dalle mie provocazioni.
«Se non vuoi, non c'è bisogno che...»
Ma io non lo lascio proseguire e torno a dargli attenzioni con qualche bacio più proibito, sotto all'ombelico.
«O cazzo» ansima quando comincio a premere le labbra sulla sua lunghezza tesa.
La traccio di baci fino al punto più estremo, che sembra particolarmente sensibile al calore del mio respiro.
Noto che la sua eccitazione continua ad inturgidirsi sempre di più, ogni volta che viene irrorata da una scarica di tensione.
«June, ti prego basta»
«Perché?»
«Guardami, secondo te non sto soffrendo?»
«Non si direbbe...» lo provoco lasciandogli un bacio innocente sulla parte più sensibile della sua eccitazione.
«Perché continui a....» Il respiro gli si spezza. «Torturarmi?»
«Perché a te piace»
Osservo la sua eccitazione sconfinata che rimane solida sotto alla morbidezza delle mie labbra.
Il mio respiro caldo sembra causargli ripetuti brividi, vedo le sue spalle ampie tremare appena, ma è il suo sguardo, ad essere veramente sofferente..
«Non farmi supplicare, June»
«Sei carino quando lo fai»
James curva le labbra in un ghigno malizioso.
«Ma le pagherei tutte. Lo sai, Biancaneve?»
«Può darsi. Nel frattempo però...»
Quando James capisce le mie intenzioni, solleva immediatamente il bacino per facilitarmi il compito.
«Tu non guardare.» affermo a quel punto, causandogli uno sguardo stranito.
Così sparisco sotto al piumone, dove trovo il coraggio di assestargli dei baci più indecenti.
Alterno passate di lingue ad effusioni più dolci e James sembra gradire questo cambio di ritmo, perché inarca la schiena e solleva i fianchi per venirmi incontro. Quando alzo la testa nella sua direzione, però, noto che mi sta bruciando con uno sguardo accaldato.
«James...»
«Lasciami guardare. Mi piace il fatto che sia tu a farlo.» scandisce con un timbro così graffiato e sensuale da farmi tremare.
«Dammi un bacio»
Così invece che seguitare lì in basso, mi isso sui gomiti e raggiungo il suo viso con un solo obbiettivo: le sue labbra. Iniziamo a baciarci, ma James ha decisamente cambiato marcia perché continua a giocare con la lingua umida, spingendomela in bocca in modo volgare.
«Ti servirà aprirla un po' di più la bocca, se vuoi prenderlo tutto.» ansima ritraendo la lingua morbida che si fa turgida quando l'affonda di nuovo tra le mie labbra.
Mi sento contrarre proprio lì, in mezzo alle gambe e delle forte scosse di piacere mi pizzicano il basso ventre, mentre l'eccitazione prende a pulsarmi nelle vene.
«Non sei obbligata a...»
James soffoca un lamento eccitato quando ritorno sul suo bacino. Lascio che la mia lingua rotei intorno alla sua punta eretta, prima l'avvolgo, poi gli sferro delle slittate disinvolte che non avevo mai immaginato prima d'ora. Sono meno impacciata anch'io, anche perché lui ormai ha perso ogni freno. Glielo si legge in viso quali sono i punti che ama di più.
Lo vedo portare entrambe le braccia verso la testiera del letto, si aggrappa con entrambe le mani al legno e i bicipiti attraversati da vene bluastre gli si gonfiano a dismisura.
Provo a scacciare via il pensiero di come io possa apparire ai suoi occhi o di come io possa risultare poco innocente in questo istante, perché ormai sono un disastro di saliva e respiri soffocati. James però si preoccupa di spostare con dolcezza le ciocche di capelli che mi ricascano sul viso e basta quel gesto affettuoso e intimo per cancellare ogni mia insicurezza.
«Aspetta, no. Usa solo le mani» dice ad un tratto con il respiro corto.
«Perché?»
«Ci sono vicino»
Io però non gli do retta e continuo ad infliggergli quella piccola tortura, così piacevole da sembrare un vero e proprio supplizio sul suo volto.
«June...»
Ripete il mio nome un paio di volte, finché la sua voce non fa morbida, liquefatta.
«Oh cazzo»
Gli accarezzo la zona più bassa dell'addome che all'improvviso si gonfia di vene pulsanti e comincia a vibrare.
Lo sento tendersi, contrarsi, il suo petto è in preda alle convulsioni quando finalmente si libera del suo piacere.
James ha gli occhi lucidi, il respiro corto, le guance rosse. E mi guarda confuso.
«O mio dio»
«Cosa?»
«Vieni qui, baciami»
Torno su di lui e sto per unire la mia bocca alla sua, ma prima di farlo mi porto una mano sulle labbra per ripulirmi.
«No James»
«Pensi non mi piaccia?» sogghigna lui con aria divertita.
«Ah già »
«E anche tanto» mi prende in giro facendomi arrossire.
«Finiscila!»
«Anche se in realtà... Non mi è mai piaciuto così tanto»
«Infatti sembri in paradiso» lo punzecchio accoccolandomi sul suo petto.
«Sì ma è questo il vero paradiso» mormora prima di racchiuderci in un caldo abbraccio.
JAMES
Il suo respiro è regolare, lo vedo da come la coperta si alza e si abbassa lenta, proprio all'altezza del suo petto. June sta ancora dormendo, mentre io sono già sveglio dalle sei del mattino. I morsi della fame cominciano a farsi sentire e dopo aver resistito un'ora a fissare il soffitto, decido di uscire a farmi una sigaretta. Infilo i boxer ed esco in balcone dove trovo un messaggio.
È risalente a ieri pomeriggio.
dove sei? devo parlarti
Blaze?
«Che c'è?» esordisco senza mezzi termini.
«James, stavo dormendo.» si lamenta lui con voce impastata
«È successo qualcosa? Di cosa mi devi parlare?» domando un modo forse un po' troppo brusco.
«No. Volevo solo dirti che ho parlato con mio padre.»
«Ti ascolto Blaze.»
«Il test antidoping per la squadra è la prossima settimana»
«Okay» Mi stringo nelle spalle.
«Volevo solo che lo sapessi, visto che so quanto ci tieni a passarlo.»
Mi costa ammetterlo, ma nonostante suo padre, Blaze si è sempre comportato bene con me. E io? Io ho sempre fatto lo stronzo.
«Grazie.» mugugno controvoglia.
«C'è un'altra cosa che non sai. Brian vuole quel posto.»
«Lo immaginavo...» sospiro gettando fuori il fumo dalle labbra che mi bruciano ancora per i colpi ricevuti.
«E anche tu vuoi quel posto» aggiunge poi. «Ma c'è solo una persona che merita quella borsa di studio.»
Assottiglio le palpebre a due linee semichiuse e capisco immediatamente di chi stia parlando.
«Jax non ha bisogno di una borsa di studio per il college, i suoi voti sono ottimi. L'ammetteranno a prescindere.»
«Sì ma forse non sai che i nonni di Jackson non possono permettersi l'università che vorrebbe frequentare lui.»
Blaze compie una piccola pausa prima di ricominciare a parlare.
«Lo so che tu e Brian siete sempre i primi a fare la voce grossa ma... pensaci. Hai l'occasione di fare la cosa giusta per una volta.»
Blaze termina la chiamata e io resto a fissare gli alberi che circondano quel motel, assorto nei miei pensieri. Ben presto però, dei passi mi prendono alla sprovvista.
June esce in balcone stropicciandosi gli occhi come una bambina che non ha voglia di andare a scuola. Indossa solo una maglia sgualcita addosso ed è come sempre bellissima.
«Mi sono spaventata, non eri più nel letto.»
Le cingo la vita e la invito a sedersi su di me.
«Nella mia vita ci sono un po' di cose che vorrei sistemare.»
«Lo so e voglio aiutarti.»
«Okay.»
La mia risposta inattesa le fa brillare gli occhi di una scintilla luminosa.
«Davvero? Non mi dici "Fatti i cazzi tuoi" questa volta?» Lei modula la sua voce infantile imitando la mia, più grossa, facendomi scoppiare a ridere.
«Non illuderti. Quello te lo dirò sempre.»
Sorridiamo all'unisono, finché lei non stringe la bocca ad una linea dritta, facendosi seria.
«Andrà tutto bene, James.»
Il cinguettio circostante si fa più insistente, due uccellini si posano sulla ringhiera e io resto lì a fissarli, come facevo da bambino.
Ma per una volta non li invidio. Per una volta non mi sento prigioniero di me stesso.
Così mi volto e la guardo. «Andrà tutto bene.»
Quella stessa mattina William ci viene a riprendere e fortunatamente mi porta dei cambi puliti.
«Me li ero scordati i tuoi vestiti, sono tornato indietro due volte.» annuncia quando entra in camera, seguito da Jackson.
«Prima avevamo dimenticato il cellulare, poi i tuoi vestiti. Insomma, tutto normale.» sbuffa il biondo.
Durante il tragitto in auto evitiamo di parlare della giornataccia di ieri e una volta tornati in hotel, la prof decide di non porci domande. L'unica cosa che ha fatto è stata quella di guardarmi di traverso per tutto il pomeriggio. È l'ultimo giorno di gita e probabilmente nemmeno lei vuole casini. Credo di averla scampata del tutto, quando, prima di cena, la vedo apparire sulla soglia della nostra camera. Io e Jackson ci scambiamo un'occhiata d'intesa. Nessuno dirà nulla.
«Lo sai che se riporto a casa uno studente nelle tue condizioni mi licenziano?»
Continuo a rollarmi la canna davanti ai suoi occhi senza fiatare.
«I genitori di quell'ipotetico studente mi sbranerebbero.»
«Non ha di che preoccuparsi nel mio caso. Nessuno verrà a lamentarsi.»
Lei scrolla il capo con disappunto.
«Smettila di bruciarti il cervello» sputa prima di sparire in corridoio.
«Hai fatto pace con Blaze?»
Jackson sta sdraiato con gli auricolari, ma è del tutto inutile che se li metta, perché la sento da qui quella merda di musica che gli piace. I BTS.
«Che ti frega?» ribatte acidamente. «Tu sei stato a letto con June?»
«Che ti frega?» ridacchio, prima che lui ammetta a malincuore «No.»
Così decido di dirgli la verità anch'io «No.»
Jackson mi fissa accigliato e so già cosa si sta chiedendo.
«Voglio che lei capisca che il sesso non è la cosa più importante tra di noi.»
Il biondo continua a scrutarmi con la sua solita aria di superiorità.
«Quindi quando state insieme parlate dei vostri interessi, vi raccontate ...»
Ho già capito dove vuole arrivare con il suo sarcasmo, perciò lo blocco all'istante.
«Jax ho detto che non scopiamo, non che mi sono fatto amputare il cazzo. E comunque, fai tanto lo splendido, ma c'eri anche tu l'altro ieri, insieme a noi.»
La sua carnagione chiara si colora all'istante per l'imbarazzo.
«E quindi, tu, James Hunter, ti vuoi fermare a quello? Non vuoi andare oltre?»
«Certo che voglio farlo, ma voglio che sia come dico io. Non ora, dopo tutte le cazzate che sono riuscito a commettere in cinque giorni di gita...»
«Wow... E poi hai il coraggio di venire a chiedermi "quando ci si accorge di essere innamorati"?»
«Eh? Jax tu devi parlare in modo semplice con me, lo sai»
Celo un sorrisetto dietro alla mano con la quale massaggio la mandibola ancora dolorante.
Mi siedo sul letto di Jackson, chiudo la cartina leccandone il lato con cura, poi gli strattono il braccio, invitandolo a togliersi di nuovo una cuffietta dall'orecchio.
«Jax, stavo pensando... Per l'esame tossicologico non c'è bisogno di fare niente. È da un po' che non assumo nulla e se continuo così, magari mi fanno il test e mi va di culo.»
«E se non ti va? Rinunceresti al college?»
Quando dico che farei qualsiasi cosa per te, è la fottuta verità
«Tu sei l'unico che se la merita. Non ti sei mai messo nei guai, hai degli ottimi voti...»
Jackson si solleva in piedi nell'udire le mie parole.
«Ma che cazzo dici?
«Quello che hai appena sentito. Tua nonna ti sta passando pure gli acciacchi della vecchiaia, oltre che a gusti di merda in fatto di film e musica?»
Lui è troppo serio per badare alle mie battutine.
«Rinunceresti per me?»
Mi alzo in piedi e glielo dico in faccia, così magari capisce che non sto scherzando.
«Sì, Jax e quindi?»
«No. Troveremo un modo» erompe lui sottovoce, prima che i nostri petti vadano ad impattarsi in un lungo abbraccio.
A quel punto sento una voce provenire dal bagno, poi Marvin fa la sua apparizione.
«Io ve lo dico, a stare con voi sono ogni giorno più confuso.»
Sul tardo pomeriggio scendo in cucina a perdere tempo con gli altri ragazzi, June dà una mano a Poppy a preparare la pizza e ogni volta che i nostri sguardi s'incrociano da lontano, con il labiale mi sussurra un buffo: "Me l'hai promesso. Me l'hai promesso."
Infastidito, roteo gli occhi verso l'alto, ma è solo una farsa.
In realtà mi fa impazzire il fatto che lei si preoccupi per me.
Alcuni ragazzi vogliono fare un piccolo falò alla spiaggia più vicina, io mi sto accordando con i miei amici sul da farsi, quando June arriva davanti a me.
Mi piace stuzzicarla, perciò la ignoro e continuo a parlare con Marvin e gli altri ragazzi.
«Sì, magari adiamo a fumare qualcosa...»
«Me l'hai promesso.» annuncia questa volta, a gran voce.
«Che le hai promesso, Jamie?» mi prende in giro Marvin.
«Un cazzo.»
«Mi hai detto che avremmo mangiato la pizza insieme.»
«Sì, ma dopo.» sbuffo acidamente.
«No io voglio che mangiamo quella che ti ho preparato io, non una a caso.»
Marvin e gli altri cominciano a ridere e, ovviamente, a prendermi per il culo.
«Cioè fammi capire, una ragazza, con tanto amore prepara una pizza solo per te e tu fai quella faccia? June fallo promettere a me la prossima volta, ti posso dare grandi soddisfazioni. Non lascio nemmeno una briciola»
Lo so che Marvin e gli altri stanno scherzando, ma la cosa mi pungola nello stomaco. Non mi va di ridere.
«Va bene. Va bene.» taglio corto irritato.
«Okay, allora ti dico io quando è pronto.» esclama lei tutta felice.
«Ma dove... »
June sparisce all'instante e io non capisco cosa stia tramando.
Quando arriviamo al falò sulla spiaggia, scorgo diversi gruppetti di ragazzi già formati. Sto continuando a consumare la mia sigaretta fino al filtro, quando vedo una sagoma conosciuta vicino alla riva.
I biondi capelli le fluiscono lisci sulle spalle lasciate scoperte da un vestitino bianco.
Mi avvicino per notare che ha steso una coperta sulla. sabbia e una grossa sagoma rettangolare ne occupa lo spazio. C'è della stagnola sopra e il delizioso profumino di pane appena sfornato mi lascia subito intendere che cosa ci sia lì sotto.
Lei non si accorge subito della mia presenza, perché sta al telefono con qualcuno.
«Okay ciao. Ci vediamo domani.» la sento dire.
Resto in silenzio, solo il fruscio delle onde del mare, finché non mi decido a parlare.
«Con chi eri al telefono?»
«Me l'ha prestato Poppy. Il mio è distrutto. Comunque con mia mamma.» risponde voltandosi verso di me.
La fisso negli occhi, mi perdo nel suo sguardo pulito e un pensiero mi trafigge la testa.
Non mi sono ancora stancato di lei. Perché? Non mi è mai successo.
«Se Psycho April sapesse che combini...» la provoco con malizia, causandole una smorfia imbronciata.
Mi siedo accanto a lei, dove è persistente il suo profumo di pesca, che prende ad avvolgermi completamente, ricordandomi tutte le sensazioni intense che abbiamo vissuto insieme negli ultimi giorni.
«Attento.»
La prima cosa che fa è allontanare dalle mie gambe lunga la teglia ancora bollente, per evitare che io mi scotti.
«Che hai detto a tua madre?»
«Le ho detto che è una gran noia qua.» replica lei con disinvoltura.
«Sì?»
June solleva il viso con fierezza.
«Sì.»
Inspiro gli ultimi avidi respiri da quella sigaretta senza staccarle gli occhi di dosso.
«E lo è?»
«Da quando ti ho conosciuto, James... La mia vita è stata tutto fuorché noiosa...»
«È il primo complimento che mi fai, Biancaneve?»
«Fattelo bastare.» sogghigna lei.
«Ho delle richieste» annuncia poi con voce solenne, solleticando tutta la mia curiosità.
«Mmm. Mi piace. Sentiamo le richieste di Madeline.»
Seguito a massaggiarmi il mento, lei intanto inizia a fare una conta con le dita.
«Prima di tutto... Smettila di baciare persone random»
Ci voltiamo entrambi quando udiamo delle voci. Poco distante passano Jackson e Blaze, che non ci notano nemmeno, impegnati come sono a parlare tra loro.
«Smettila di comportarti in quel modo con Blaze.» aggiunge pizzicandosi l'indice con le dita dell'altra mano.
«E terza cosa, la più importante, devi mangiare tutto quello che io ti preparo.»
Sollevo le spalle e scoppio a ridere, senza darle la soddisfazione di accettare le sue imposizioni.
«Non mi stai dicendo sì. Perché stai ridendo? Io sono seria.» mi rimprovera con voce buffa, dandomi uno spintone.
Ci punzecchiamo per qualche istante, finché i nostri visi si fanno troppo vicini e la chimica tra noi riprende ad esplodere.
«Anch'io June. Sono serio con te»
Sono fottutamente serio
Ci guardiamo per qualche istante, ma prima che tra noi scoppi il bacio, affondo una mano nella sabbia.
«Jasper mi ha suggerito di fare una cosa...»
«Che cosa?»
«Te l'ho detto, non posso dirtelo. Non ancora.»
«Quando me lo dirai? Non ho tutta la vita davanti, James» esclama a gran voce.
Scrollo il capo facendola innervosire ancora di più.
«Quando sarà il momento, quando avrò trovato quello che cerco.»
«Quindi cosa dici delle mie richieste?» domanda strizzando le palpebre, quasi impaurita per la mia eventuale risposta.
«Richieste accettate.» ribatto senza farla attendere oltre.
Lei resta a bocca aperta per qualche secondo, non si aspettava cedessi così facilmente, abituata com'è al mio essere dispettoso.
«E poi c'è un'altra cosa, June.»
«Cosa?»
«Grazie.»
«Per?» Sgrana gli occhioni, questa volta è confusa.
«Per come mi fai sentire.»
Le sue ciglia prendono a svolazzare rapide, segno che io non le sono per nulla indifferente. Le mie parole non le sono indifferenti.
«Mi sono sentito come se potessi raccontarti tutto»
«Tu puoi raccontarmi tutto, James»
Annuisco e nel buio la vedo slittare con i fianchi a lato, per farsi più vicina a me.
«Scusa se a volte sono sembrata un po' troppo moralista. Ma non ti conoscevo, ho cominciato a vederti in modo diverso proprio quando tu hai iniziato ad aprirti con me.»
«Che vuoi dire?»
«Quando la prima volta mi hai parlato di Jasper, a casa tua. Non ti vedevo più involucro vuoto e bello. Ci ho visto altro. Ci ho visto te.»
Non so che cosa le succede, ma seguita a portarsi una ciocca dietro all'orecchio, che continua a toccarsi con fare nervoso. Non l'ho mai vista così agitata.
«E se hai bisogno... io sono qui.» conclude con un filo di voce.
Vuoi forse dirmi...
Mi sporgo verso di lei e comincio a baciarle la porzione di collo lasciata scoperta dai capelli che emanano un incantevole profumo di pesca. Lei sorride poi si gira nella mia direzione, concedendomi di guardala negli occhi.
Che questo bastardo è così fortunato da meritarsi una come te?
«Ti sta bene il bianco.» sibilo sottovoce, lei sembra non udirmi nemmeno.
«Come hai detto?»
O forse vuole solo sentirselo dire ancora.
«Dicevo che questo vestito ti fa un bel culo»
«Prova a dirlo di nuovo!» sbotta lei tirandomi una gomitata nello stomaco.
Io l'afferro dal fianco, affondo la mano nel punto esatto che so la farà scoppiare a ridere e la trascino verso di me.
«June»
I nostri visi combaciano e con la fronte abbandonata sulla sua, riapro gli occhi.
«Voglio metterci tutto in questa cosa tra di noi»
Lei chiude gli occhi. Resta in silenzio. Sorride. E io so che vuole sentirsi raccontare dell'altro mentre la brezza marina continua a farle scivolare i capelli davanti agli occhi.
«Te l'ho detto, non mi fa paura. Ce la possiamo fare insieme.»
All'udire le mie parole sincere lei riapre le palpebre.
«Wow»
Mi sento tremare.
«Che c'è, James?»
«Non ho mai visto un cielo così.»
«Eh? Non capisco» biascica imbarazzata.
Le raccolgo la mano.
«Niente, stavo pensando che...»
Le nostre fronti collidono, lei mi sfiora le labbra cospargendo il mio petto di scintille.
«Non vedo l'ora di guardare Titanic con te»
Spero il capitolo vi sia piaciuto 🦋
Ci vediamo su Instagram
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per commentare insieme, per sclerare nel box domande e per insultare Will ✈️
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