45. I'm in love with a Starboy
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♠️ JAMES POV ♠️
Il modo in cui lei s'inumidisce le labbra e poi guarda le mie. Mi ipnotizza. Come se provasse a dissimulare la voglia, un po' come faccio anch'io, ma alla fine ogni nostro tentativo risulta vano.
Non abbandono la sua fronte, mentre con le nocche ruvide percepisco la morbidezza della guancia liscia. Chiudo gli occhi lentamente, assaporando a fondo i brividi provocati da quel contatto piacevole, ma lei si discosta nel momento in cui le mie dita raggiungono lo zigomo ancora umido.
Ha pianto?
S'irrigidisce all'improvviso e io faccio lo stesso, di riflesso. Stringo la mano a pugno, riportandomela lungo il fianco.
«Allora?» incalzo brusco.
Vuoi restare o no? Non è difficile, cazzo
«Sì va bene, ma... devo inventare qualcosa con mia madre»
«Hai tutto il tempo. Devo farmi una doccia» ribatto fissandola negli occhi.
Con aria impacciata prende a sfregarsi il collo pigiandovi sopra la punta delle dita.
Non riesco a capire perché il solo parlare di svestirsi, la faccia innervosire a tal punto da stoppare persino la sua parlantina insopportabile. I segni del ferro con me non deve più nasconderli.
Poi ha detto che non ha paura di me, perlomeno ha capito che non voglio saltarle addosso, allora che cos'è che la preoccupa tanto?
Così, senza pensarci due volte, interrompo quel momento d'incertezza: mi chino verso il basso, l'agguanto per i fianchi e me la carico in spalle.
«Ma sei pazzo? Dove mi porti?»
«Nel mio letto»
«James...» Vorrebbe rimproverarmi, ma alla fine il suo lamento si trasforma in una risata piccola.
E prima che possa dire altro, arriviamo in camera mia, dove la lancio di peso sul letto. Lei si porta le mani al petto, come per limitare i danni della t-shirt che si solleva fin sotto al seno.
«Sei cattivo»
«Tu non hai ancora visto un cazzo, Biancaneve»
Sono in piedi davanti a lei quando mi lecco istintivamente il labbro inferiore.
«Letteralmente» mugugno mordendomi il lato della bocca.
Non riesco a non stuzzicarla.
«Dovrei ridere?»
Ribatte lei, intenta a raccogliere l'interezza dei suoi capelli in una mano per portarseli dietro alle spalle.
«Veramente stai già ridendo»
Poi mi avvento sul letto con la grazia di un elefante.
«No» la sento trattenere una risata.
«Sì invece»
Conficco la punta dell'indice nella sua guancia per allargarle un sorriso.
«Dai, smettila»
Prova ad allontanare la mia mano con un gesto brusco, ma io le impedisco di sfuggirmi. Grazie ad uno scatto repentino, torno su di lei e affondo le dita nella pelle morbida del suo viso, per guidarlo contro il mio. A quel punto la bocca stretta nella mia presa si schiude, come un bocciolo di rosa. Sta per cedere, ma prima che le nostre labbra si sfiorino, lei scappa nuovamente dalle mie grinfie.
«No, non ti bacio» nasconde il naso nell'incavo del mio collo.
A contatto con la mia pelle, il respiro caldo che sprigiona il suo sorriso mi dà una scarica di tensione tale da attraversarmi tutto il corpo.
Non sapevo di essere così sensibile.
«Perché?» domando ormai teso, mentre con l'estremità delle labbra la sento baciare distrattamente il mio collo.
Sta per diventare fottutamente piacevole, lei però interrompe quel gioco proibito all'improvviso.
«Non devi aver paura di fare la prima mossa» le dico di getto.
Mi rendo conto che forse si sta trattenendo anche lei.
«Che vuoi dire?» domanda con le guance arrossate.
«Te l'ho già detto, puoi fare quello che vuoi quando sei con me» le mormoro nell'orecchio.
Lei trema ogni fottuta volta che lo dico. Il suo corpo sembra scaldarsi appena, così come le sue gote lisce.
«E non parlo di sesso, ora. Dico che puoi sentirti libera con me.»
«Perché dici questo, James?»
«Perché lo vedo. Ti trattieni. Forse hai paura che qualcuno ti giudichi se fai una mossa di troppo, se dici una parola di troppo...»
Ma cosa cazzo sto blaterando? Dovrei farmi una doccia, poi magari una canna. Sono nel mio letto e sono sopra di lei. Dovrei infilarle una mano nelle mutande e passare una mezz'ora spensierata, possibilmente senza parlare di queste stronzate. E invece no. Sto a fissarle le labbra, in attesa che mi risponda.
«Quelle parole di troppo le dico lo stesso, tu già lo sai.» confessa arcuando il collo con titubanza, come a cercare una rassicurazione da parte mia.
«Fin troppo bene, ma so anche come farti stare zitta» ironizzo premendo le labbra sulle sue.
Lei non oppone resistenza, scivola all'indietro, sdraiandosi sul letto, e con una naturalezza inaspettata, il mio corpo si modella sul suo.
«Ahi sei pesante» si lamenta poi, quando mi sente sopra di lei.
«Ingombrante vorresti dire» la stuzzico schiacciandole la pancia con la mia forza.
«James...»
Sembra venirle meno il respiro quando scivolo più in basso e le sue cosce si aprono per concedermi lo spazio necessario.
«Conoscendoti, lo prenderesti come un complimento... » sussurra abbassando lo sguardo per eludere l'imbarazzo.
Sta davvero parlando di quello?
E se la cosa da un lato mi fa sorridere, dall'altro... quella parola non mi piace.
Sì, lo dice anche Jackson ogni volta che dormiamo insieme, che occupo troppo spazio nel letto. Ma non è l'unica occasione in cui mi è stato detto.
Che ero troppo ingombrante, me l'hanno sempre fatto capire. Sentire.
James è il problema.
James ha un problema.
Se lo imbottiamo di farmaci, non darà più fastidio. Se lo sediamo, non farà più domande.
«Dimmi una cosa» annuncio liberandola dal mio peso.
Poi il mio sguardo scorre fervido lungo tutto il suo corpo disteso.
Sulle sue curve nascoste dalla maglia aderente e su quei pantaloncini che le stringono il culo alla perfezione. Dovrei farmela invece che ricominciare con le cazzate, ma è più forte di me.
La vedo sbattere le ciglia, poi un cipiglio le si forma sulla fronte quando mi vede assorto nei miei pensieri. Appare incredula persino lei. Quale idiota vorrebbe parlare, pur avendo una ragazza così nel proprio letto?
Solleva di poco il busto, fa presa sul gomito e si tira su a sedere, mentre io mi accomodo sul bordo del materasso dandole le spalle.
«Li hai dei nonni, White?»
«Sì tutti e quattro. Tu?» bisbiglia stranita per via della mia richiesta insolita.
Sbuffo.
Prima le faccio una domanda, poi non ho voglia di rispondere.
«James?»
«Sì» ribatto controvoglia, intanto sto già cercando nelle tasche il pacchetto di sigarette. Da quando ho finito l'allenamento ho pensato solo a tornare a casa, non ho nemmeno fumato.
Lei si avvicina appena, sento il suo respiro tiepido sulla mia spalla scoperta. Sembra lasciarci un bacio, invece sono parole.
«Raccontami.» Sibila con un filo di voce così fragile che sembra voglia rompersi.
«Mia nonna non mi riconosce più. E fin qui nulla di particolarmente strano. Ma sai qual è la cazzo di beffa?»
Non le lascio il tempo di dire altro, che continuo il mio racconto.
«Ogni volta che mi vede inizia ad urlare. Scoppia in un pianto disperato, è quasi impossibile tranquillizzarla. E sai perché?»
Curvo il collo per sorprenderla a fare cenno di no, mentre scuote il capo.
«Mi scambia per il fottuto ladro che l'ha rapinata anni fa, mentre stava andando in chiesa»
«Mi dispiace» la sento sussultare.
Con la punta del naso sfrega sulla mia spalla, per poi abbandonarvi la fronte.
«Ma quando ha qualche sprazzo di lucidità, torna a ricordarsi di me. O meglio, non di me. Di quel bambino.»
«E cosa... cosa si ricorda di quel bambino?»
«Che ero curioso. Forse troppo» rispondo senza pensarci.
«Troppo?»
«Sì, mia madre era troppo impegnata...»
Mi arresto immediatamente.
Impegnata a fare cosa?
La domanda sorgerebbe spontanea.
Ma nessuno vorrebbe stare a sentirla la risposta.
A bere, a sprecare il pomeriggio sul divano, a uscire la sera e andare non so dove. Troppo impegnata per rispondere ai miei perché, per questo motivo ho smesso di farne. Lo odiavano tutti quel bambino. Si muoveva troppo, parlava troppo, chiedeva troppo. E se lo dicono persino delle fottute maestre... beh, come si può dar torto anche a loro?
«Intendi con Jasper?» domanda senza provare a nascondere l'ingenuità che trapela dalle sue parole.
«Era impegnata con le sue cose. Un giorno la vicina l'ha minacciata di chiamare i servizi sociali, così, prima che accadesse, mio padre è tornato a casa ed è riuscito a convincerla ad andare in riabilitazione, per disintossicarsi. È stata meglio. Poi è nato Jasper...»
«E tu sei stato di nuovo lasciato solo»
«Un po' egoista come pensiero» la rimbecco con voce dura.
«Ma è la verità, o sbaglio?»
«No, non sbagli» ammetto sottovoce.
«Comunque lui aveva dei problemi e necessitava di tutte le attenzioni. Che c'era poco spazio per me in quella casa, mi è stato chiaro sin da subito»
«Per questo scappavi da Will.»
Se lo ricorda ancora?
«Sì. Poi lei si è risposata con quell'uomo, Will viaggiava con i suoi....mi sono ritrovato a fuggire da Amelia e Brian.»
«Mi dispiace che il rapporto tra te e Brian sia così rovinato.»
«A lui non dispiace proprio per un cazzo. Perché a me dovrebbe?»
«Brian ce l'ha con te perché hai fatto del male a suo padre vero?»
Lo sapevo che prima o poi, anche senza rivelarle nulla, lei avrebbe tentato di mettere insieme i pezzi.
«Non proprio.» aggiungo infastidito.
«Faceva del male ad Amelia e Brian, per questo hai provato a difenderli?»
E questa da dove cazzo esce?
«Cosa? No, chi ti ha detto queste cazzate?»
«Beh con l'episodio di Will... credevo...»
Mi volto di scatto, probabilmente la mia espressione non ha nulla di rassicurante, perché lei sembra spaventata.
«Quale episodio di Will?» ringhio nervoso.
Questa mi era sfuggita.
«Cosa ti ha detto Will?» L'afferro dal braccio con irruenza.
«Calmati, James»
«Ora me lo dici»
«Che il prof di nuoto ha provato ad approfittare di lui» ammette sottovoce.
Oh no. Will ha raccontato quella versione. Quella non vera.
Scrollo il capo.
«Cos'altro ti ha detto?»
Will è sempre così imprevedibile.
«Che poi tu sei arrivato in tempo e hai colpito quell'uomo.»
Mi alzo in piedi. Sento la pressione sanguigna crollare verso il basso, poi vengo colto da sudori freddi.
La pelle inizia a formicolare.
«No» le dico senza guardarla negli occhi.
«No?»
«No. La colpa è tutta mia.»
«Tua? Ma se hai provato a difenderlo!»
«Non ha mai fatto del male a Will, né ai suoi figli. Non andare in giro a dire una cosa del genere»
«E allora perché Will ha detto...»
Spingo la fronte sulla sua, forzandola ad arcuare il collo.
«Tu devi farti i cazzi tuoi, va bene?»
«Io...»
«Se pensi di aiutarmi, non è comportandoti in questo modo che lo fai. Finiresti solo per metterti nei guai. E la famiglia di Austin sa che esisti. Dove abiti. Chi è tua madre.»
«Cosa c'entra Austin...?»
Mi innervosisco. Non ha capito. Non ha proprio capito un cazzo.
«Cosa credi che rappresentasse il gesto di venire a parlare con tua madre? Pensi si siano trovati per caso?»
Lei corruccia le sopracciglia folte, sembra una bambina.
«È stato un avvertimento, June.»
«In che senso?»
«Che sanno come muoversi. Se vogliono farmi del male, possono partire anche alla lontana. Pensi che abbiano bisogno di un motivo valido per far sparire tua madre?»
«Ma che dici...» La vedo sgranare gli occhioni azzurri «Il signor Hood, l'hanno fatto sparire loro?»
Se quella sera Will non l'avesse portata alle gare... Se quella volta non si fosse intromessa per venire al club a recuperare la pistola... Ora non avrei questa fottuta paura che loro possano farle del male. Forse voleva davvero aiutarci, ma è proprio così che l'abbiamo messa in pericolo.
«Vado sotto la doccia» rispondo nervoso.
«James» Lei mi sfiora il braccio con un tocco leggero, obbligandomi a fermarmi.
Non rispondo, sento la mascella troppo rigida per parlare.
«Scusa, a volte esagero» sospira dolcemente.
La spingo sul letto, con impeto questa volta.
«Ho notato» ringhio sulle sue labbra schiuse.
Ma ha chiesto scusa.
«E c'è solo un modo per farti stare zitta.»
I suoi occhi color cielo cascano lenti sulla mia bocca.
«Puoi baciarmi ancora, se vuoi» biascico con il suo labbro inferiore ormai intrappolato sotto ai miei incisivi.
Lo tiro appena, causandole un gemito eccitante.
Però devi fare qualcosa in più o dovrò di nuovo fermarmi
Ma lei resta immobile sotto di me. I nostri sguardi intrecciati, io intanto mi prendo il tempo per riflettere. E di sicuro il tempo per ragionare sulle cazzate che potrei fare nello stare troppo tempo in un letto insieme a lei.
«June...»
Dalla mia bocca fuoriesce un mugolio ansante, quando senza preavviso si avvicina alla mia mandibola e mi lascia un piccolo morsetto.
Poi il morsetto diventa un bacio sfacciato. Avverto la sua lingua inesperta giocare con la mia pelle.
«Ti piace?» chiede timidamente.
Cazzo
«Sì, però se continui così...»
«Me l'hai chiesto tu»
«Lo so, ma è meglio se ti fermi»
Devo fare pace con il cervello.
«Perché?»
«Beh....»
Senza pensarci nemmeno per un attimo, le infilo mano tra le gambe. Lei sembra colta da sussulto, che presto si trasforma in un debole gemito soffiato tra quelle labbra disegnate.
Sembra mancarle il fiato quando la mia mano arpiona la sua coscia e il pollice le sfiora l'inguine.
«Devo andare in doccia» esalo, ormai esausto da questa tensione. Lascio scorrere una mano tra i capelli, mentre l'altra resta salda sulla sua gamba.
Ho paura di non riuscire a trattenermi oltre. Lei s'irrigidisce, sento la pelle d'oca scorrere sulla sua carne scoperta. Abbandono immediatamente la presa, lei ne approfitta per sgusciare via da sotto di me.
«Che c'è? Non ti ho chiesto di farla insieme»
«Ci mancherebbe» mi rivolge una smorfia, poi si alza in piedi.
Si è appena buttata sulla difensiva. È dolce non appena mi avvicino, provocante se la stuzzico, poi ad un tratto diventa schiva se sfioro alcuni tasti.
«Ma visto che ci tieni così tanto...»
Ruoto su me stesso per seguire la sua sagoma che si sposta nello spazio circostante.
«Finiscila. È solo che... Ho gli stessi vestiti da oggi» Si lamenta legandosi i capelli in una coda alta.
Accorcio le distanze tra noi e lei è di nuovo senza respiro. Attorciglio il fondo della sua coda tra le dita per strattonargliela appena.
«Infatti devi toglierteli» taglio corto tracciando con l'indice il lato del suo collo.
Si volta di scatto, questa volta fulminandomi sul posto con una lunga occhiataccia.
Prima che lei possa chiedere altro, spalanco l'armadio e afferro una delle mie felpe.
«Ma questa torna indietro, hai capito?»
June mi fissa con uno sguardo che non riesco a decifrare. Vorrei levarmi tutti i vestiti. Uno ad uno. Sono sudato, non lo sopporto.
«Vai, non mi cambio davanti a te» asserisce poi, indicandomi la porta che conduce al bagno.
«E io posso farlo davanti a te?»
Aggancio il bordo della maglietta che mi fascia il torace e con un gesto rapido me la sfilo.
I suoi occhi lambiscono languidi la mia pelle scoperta, per poi rifuggirla velocemente.
«Certo che no»
Restituisco il medesimo sguardo smanioso sul suo corpo. Forse non dovevo fare quella battuta, ieri, a casa sua.
Ma che cazzo mi salta in mente?
Se in quel momento avevo voglia di vederla nuda, ho fatto bene a dirlo.
Cos'ha lei di speciale?
«Senti cambiati dove cazzo ti pare» le rispondo in modo sgarbato, poi mi chiudo in bagno e m'infilo in doccia.
Quando l'acqua calda comincia a scivolarmi addosso, chiudo gli occhi per godermi il tepore di quel piacevole momento. Il vapore coccola la mia pelle, ma come succede ogni volta, ben presto una sensazione sgradita prende il sopravvento. Mi sento debole, come se stessi per svenire da un momento all'altro. E la mia vista si offusca appena, il calore che mi avvolge è così insopportabile che mi serra la gola, mi sembra di soffocare. Appoggio immediatamente il palmo contro la parete, come a volermi sorreggere, poi abbasso la temperatura dell'acqua, rendendola più tiepida, quasi fredda. Il mio corpo viene percorso dai brividi, ma almeno torno a respirare.
Ed eccolo lì, Jordan. Prova a fare due tiri al canestro con noi. Alla sua destra un manichino immobile, con vestiti stirati e precisi. Jasper.
Io sono un ammasso di capelli arruffati, nascosto da una canottiera da basket troppo grande per me.
«Questo è il tuo regalo.» dice mio padre. Lo guardo dal basso, ignaro del fatto che un giorno l'avrei osservato dalla sua stessa altezza. «É un travestimento da Spiderman, so che ti piace» aggiunge poi, porgendomi il pacco regalo. Con la punta delle dita gratto i bordi della superficie.
«Non riesco a restare.»
«Perchè?» domando io.
Non esiste una risposta. Non può e basta. Lo vorrei dire a quel bambino, perché tanto lui avrà sempre la speranza che arriverà il giorno in cui le cose saranno diverse, ma puntualmente verrà deluso. E crederà sempre che la colpa sia stata sua, solo sua.
Finisco di lavarmi, con la sola voglia di uscire da lì e aprire lo scomparto del bagno in cui tengo i medicinali. Le confezioni di quelle pasticche possono stare in bella mostra, non è necessario nasconderle. Alla fine è droga legalizzata. Se il coach mi obbligherà a fare le analisi del sangue, solo allora dovrà chiudere un occhio.
Mi avvolgo i fianchi con un asciugamano bianco, poi scompiglio i capelli bagnati con una mano. Con l'altra afferro la confezione gialla riposta sul lavandino.
Può creare dipendenza leggo sull'etichetta fitta di scritte minuscole.
Lascio scivolare l'asciugamano a terra e i miei occhi si piantano esattamente in quel punto, tra le mie gambe.
Come se fosse l'unico effetto collaterale. Le ragazze non si sono mai lamentate. Trattengo il respiro portando la pancia all'indietro, tendo la schiena, poi, una volta tirati su i boxer, allargo le spalle. Mai.
Eppure dicono che la ricerca della perfezione sia la via più facile per una vita d'insoddisfazione.
"La ricerca della perfezione sarà la tua condanna"
Cazzate.
Esco mezzo nudo dal bagno e solo a quel punto, nella penombra, mi accorgo della sagoma raggomitolata sul mio letto.
«Stai davvero...?»
...Dormendo, cazzo?
La mia felpa blu le sta enorme, tiene entrambe le mani congiunte sotto al viso ma queste non si vedono, sono coperte dal tessuto. E io che come un'idiota ci tenevo a chiederle una cosa.
Compio un giro intorno al mio letto, poi mi strofino la nuca, come se quel gesto mi aiutasse a trovare una soluzione.
Devo mettermi accanto a lei? Sì, ma sta dormendo.
E la cosa invece che infastidirmi, mi crea sentimenti contrastanti.
Provo uno strano sollievo.
Se finisco nello stesso letto con una ragazza significa solo una cosa.
Che finiremo per scopare.
Di certo non dormiremo.
Di solito mi capita la prima sera, ma se non capita?
Come mi devo comportare?
Non mi è mai successo di stare nello stesso letto con una che ho già baciato un paio di volte, senza farci niente.
Ma è così. E non so perché ma quella sensazione di sollievo mi scalda le membra.
Forse perché siamo ancora al prima.
É il dopo ad essere freddo.
Perché non mi sono ancora stufato di questa attesa? Il brivido della caccia sta durando un po' più del previsto.
Le accarezzo lo zigomo caldo con le mie nocche ruvide, intanto le sollevo appena la coperta che le era scivolata oltre ai fianchi.
L'ho sentita singhiozzare nel sonno ieri, mi chiedo se lei ne sia a conoscenza.
Così senza pensarci due volte mi dirigo in camera di Jasper.
Mio fratello non muove un muscolo, mai.
Nemmeno quando dorme.
Il viso resta immobile.
Io invece sono l'opposto.
E se non è il mio corpo a ribellarsi, è il mio cervello.
Finché non mi addormento.
Siamo sempre stati diversi
Io sempre troppo agitato.
Lui sempre troppo calmo
Siamo sempre stati troppo.
O forse di troppo.
Questo ci accomuna.
Mi sdraio sul letto di fianco al suo e mi addormento prima del previsto, quando ad un certo punto delle urla di bambini mi prendono di soprassalto.
«Tanti auguri a teeeeee»
Ci sono i bambini ovunque.
Si lagnano.
Ma io invece che guardarli dall'alto, mi trovo alla loro stessa altezza.
Oh no, no.
Sembra la festa di compleanno di qualcuno, l'ambiente è famigliare. Sono nel salotto di casa mia.
«Voglio la torta.»
«Voglio il succo di frutta.»
«Voglio guardare la tv»
«Ma dov'è il festeggiato?»
E io sono qui, vestito da Spiderman.
Non c'è torta.
Non ci sono candeline davanti a me.
Alcune mamme bisbigliano tra di loro fissandomi con facce dispiaciute.
Altre mi guardano con pietà.
A loro faccio pena.
La mamma di Jackson è l'unica a non avere un volto. Non la ricordo.
Ma a pensarci bene, nemmeno mia madre è qui.
Così vado a cercarla.
Mi muovo nel corridoio come se fossi davvero Spiderman, mi arrampico sulle pareti, fino a saltare davanti alla sua camera.
«Mamma sei qui?»
Sento parlare oltre la porta che si apre, lasciando intravedere il suo sguardo stanco.
«Arrivo subito»
Si allaccia la vestaglia che le avvolge il corpo scheletrico poi socchiude la porta alle sue spalle. Riesco a scorgere delle bottiglie, forse delle voci maschili.
«Perché non sei vestita?»
«Sto facendo una cosa, arrivo subito.»
«Hai visto come sono vestito io?»
Mi metto in mostra con il mio vestito nuovo.
«Non ora» mi rimprovera lei.
«Ma...»
«Vai»
Mi chiude la porta in faccia e proprio in quel momento, qualcuno ticchetta sulla mia spalla.
«Che succede?»
Riconosco immediatamente la voce di Brian. Quando mi volto un cespuglio di ricci scuri oscura la mia vista.
«Non ci voglio più andare di là»
Mi accuccio davanti alla porta della mia stanza.
«Ma è il tuo compleanno, perciò un bel giorno. Hai detto che una volta compiuti nove anni, saresti diventato grande.»
«Non è un bel giorno, ora fa schifo.» mi lamento sfilandomi la maschera dal viso.
«Vuoi che lo metta io?» domanda Brian, indicando il mio travestimento da Spiderman.
«Che vuoi dire?»
«Se indosso pure la maschera, scambieranno me per te» bisbiglia lui con una mano a conca davanti alla bocca. «Se non vuoi andare di là. Me li prendo io i tuoi regali.»
«Lo faresti per me?»
«Lo faccio per i giocattoli» aggiunge serio, ma poi finisce per scoppiare a ridere.
Brian prova a farmi tornare il buon umore, io però mi sento troppo sbagliato per mostrarmi felice in un giorno come questo.
Ad un certo punto anche Amelia viene a cercarmi. Ne ha otto di anni, ma ragiona proprio come sua madre: è più preoccupata per la figura che farei se non mi presentassi a soffiare le candeline davanti a tutti gli invitati, che per il mio stato d'animo.
Però a differenza mia e di Brian, lei prende le cose di petto.
«Dirò alla mia mamma di tirare fuori la torta dal frigo e di metterci il numero nove sopra. Perché tua mamma non sta bene vero?»
Una ciocca riccia le finisce sul naso, lei la lancia alle spalle con aria di sfida.
«Vero.» risponde Brian al posto mio.
Dei passi, poi quella voce cupa.
«Tutto bene?»
«Sì, non abbiamo bisogno del tuo aiuto» sbraita Brian quando incontra gli occhi di suo padre fissi su di noi.
L'uomo ci riserva un'occhiata di disapprovazione, poi si allontana lasciandoci soli.
«Perché ce l'hai tanto con lui?» chiedo confuso.
«Perché finge davanti a tutti»
Corruccio sopracciglia.
Non capisco.
Il padre di Brian è sempre stato buono con me.
«Cosa finge?»
«Di volerci bene» ribatte lui senza nemmeno doverci pensare.
Lo fisso incredulo.
«Quando mamma lavora fino a tardi, lui dice che rimarrà a casa, invece se ne va sempre.»
«E dove va?» domando ingenuamente.
Brian si stringe nelle spalle e io compio lo stesso gesto mentre in lontananza lo scorgo parlare con Austin. Sono vicini.
E non è la prima volta che li vedo confabulare.
«Chissà cos'hanno sempre da combinare quei due...» lo sento dire.
«Tu hai paura dei ladri. E Spiderman non ha paura dei ladri.» prendo in giro il mio amico, facendo scorrere la cerniera per sfilarmi la tuta da supereroe.
Brian non è come Amelia, ha paura di tutto. Persino del buio. Forse perché sua madre lavora fino a tardi e suo padre li lascia abbandonati a loro stessi. Perlomeno regna la pace e il silenzio in casa loro. Ecco perché la preferisco alla mia.
«Vado a soffiare le tue candeline» annuncia poi, tirandosi in piedi.
«I regali però sono miei» specifico con prepotenza.
«No»
«Sì»
«No»
Ridiamo, ma è a quel punto che mi sveglio.
Mi alzo dal letto a fatica, non mi sembra di aver dormito. Non provo la sensazione di aver riposato, anzi, sono più stanco di quando mi sono messo a letto. Avverto dei passi nel corridoio, poi delle voci.
È Jackson. E sono le sette del mattino.
Che cazzo ci fa Jackson qui?
Non vi è traccia di Jasper nel letto di fianco al mio.
Apro la porta e lancio il mio sguardo assonnato nel corridoio circostante. Jackson non c'è, ma in compenso, June White sta uscendo da camera mia.
Mi ero dimenticato lei fosse qui.
«Ma dov'eri?» chiede divertita, provando a risistemarsi i lunghi capelli capelli biondi sulle spalle. Ha ancora la mia felpa addosso e le sta enorme.
«Dormivo in camera di Jasper» sottolineo l'ovvio. Lei sorride, io invece non sto ridendo.
«Che cazzo ridi?» l'aggredisco in malo modo, facendole ombra con la mia figura.
Lei si fa piccola, poi corruccia le sopracciglia dal basso.
«Mi sono addormentata »
Tenta di mantenere un'aria vagamente indifferente, ma sembra solo confusa.
«Appunto» sbotto strofinandomi le ciocche spettinate con la mia solita gestualità nervosa.
«Appunto cosa?»
«Se stavi dormendo, come cazzo facevo a chiederti se ti andava bene o meno?»
June scoppia a ridere, ma questa volta di gusto.
«Dovevi chiedermi se potevi metterti di fianco a me, sul serio?»
«E quindi?» La fisso negli occhi, obbligandola a palesare la sua presa in giro.
Lei sembra particolarmente divertita. Intrappola l'indice tra le dita dell'altra mano per iniziare una conta immaginaria.
«Mi hai chiuso nel seminterrato di Will...»
Sbuffo lanciando gli occhi al soffitto, ho già capito dove vuole arrivare.
«Mi hai presa in giro...»
Trattiene il labbro sotto ai denti, come a voler fermare le risate.
«Mi hai insultata, umiliata davanti ai tuoi amici più e più volte»
Si è già persa nel fare la conta, troppo impegnata com'è a ridere di me.
«E ora...»
«E ora perché non te ne vai a fanculo?» l'aggredisco in modo così brusco che lei non sa nemmeno come replicare. La spiazzo completamente.
«Ma cosa...»
Poi una sagoma alta e grossa sopraggiunge alle sue spalle.
«Lascialo perdere» dice Jackson rivolgendomi un'occhiataccia. «Non c'è giorno che odia di più di questo.»
Lei ovviamente non capisce, forse non vuole capire, lui invece mi squadra rapidamente dall'alto.
«Tu perché non ti metti qualcosa addosso?» chiede nel vedermi in boxer.
June però ci ha già voltato le spalle e si è dileguata per le scale.
«Jasper e Jordan sono già partiti per New York»
Jackson parla, io non lo sto ascoltando.
Mi strofino gli occhi, infastidito dal colore sgargiante della sua felpa rossa.
É davvero un pugno in un occhio oggi. Afferro un paio di pantaloni della tuta dal mio armadio, me li infilo svogliatamente, poi entrambi scendiamo al piano di sotto. Prima di giungere in cucina per farmi un caffè però, sosto ancora un attimo nel corridoio.
Osservo June arrivare davanti all'ingresso di casa mia, dove si china a prendere le sue scarpe. Sembra stralunata, forse è sveglia da poco o forse l'ho offesa in qualche modo.
Ovviamente non ci pensa lontanamente a restituirmi l'ennesima felpa che mi ha rubato.
Quando apre la porta per uscire però, con mia sorpresa c'è Will sulla soglia.
«June...» lo sento mormorare.
Lei lo saluta distrattamente e scappa via.
«Oh no...» sospira Jackson quando nota il nostro amico entrare in casa.
Arrivo in cucina, giusto in tempo per sorbirmi l'espressione accigliata e per nulla contenta di William.
«Io potrei averlo fatto, ma tu non lo fare.» asserisce guardandomi con i suoi occhi color acquamarina.
«Buongiorno anche a te, dormito bene principino?» lo canzono.
«Io forse l'ho ferita, ma tu non lo farai.» insiste indurendo la mascella.
Forse
«Tutti santi con il culo degli altri, Will» biascico mentre Jackson litiga con la macchinetta del caffè.
«Che vuoi dire?» domanda lui.
«Facile dire così ora...»
«È appena scappata da casa tua con la faccia sconvolta. Cosa devo pensare?»
«Ma se non hanno neanche dormito insieme» mi prende in giro Jax porgendomi una tazza di caffè bollente.
«Ma che cazzo, voi la privacy non sapete nemmeno cos'è, vero?» mi adiro guardando prima uno, poi l'altro.
«Strano sia tu a dire queste cose. Un mese fa la pensavi diversamente.» incalza Will con un sorrisetto storto.
Sbuffo sorseggiando il caffè, ma William non ci gira intorno, posa entrambi i palmi sul ripiano della cucina e mi inchioda con i suoi specchi azzurri.
«Quindi?»
Non scollo gli occhi dalla tazza che stringo tra le mani.
«Cosa cazzo vuoi sapere?»
«Beh, se avete...»
Con la coda dell'occhio vedo Jackson fermare il braccio a mezz'aria, la sua tazza oscilla appena.
«Devi andare a scuola e mettere i volantini in giro?»
«E dai... non lo farei mai. Sono solo curioso.»
«No.» asserisco con decisione.
Jackson torna a sorseggiare il suo latte e caffè, ma William non demorde.
«Non ci credo. Perché mi prendi per il culo, James?»
«Ti sto dicendo la verità.»
«Lei non vuole?»
Scrollo le spalle.
William solleva un sopracciglio e un'espressione di stupore gli si dipinge in volto.
«O tu... non vuoi?»
Non pensavo fosse così complicato.
«Con un'altra non avresti tollerato tutta questa attesa» sentenzia Will con occhi sottili.
«Cazzate, sono stato dietro a tipe per mesi solo per il gusto di farmele.»
Forse è la sfida. Il fatto di riuscire finalmente ad ottenere ciò che non potevo avere. Poi però l'interesse svaniva magicamente, una volta ottenuta la conquista. Era la caccia ad essere veramente entusiasmante.
Chi mi dice che non sarà così anche questa volta?
«Sì ma in quei casi, nel frattempo, durante la fatidica attesa, scopavi a destra e sinistra»
Jackson. Ecco chi pensa di dirmelo.
Ed è proprio lui a credere di sapere sempre tutto.
«Eh»
Sto tentando di bere il mio caffè in santa pace, ma a quanto pare i miei migliori amici non sembrano essere d'accordo nel lasciarmelo fare.
«E ora non accade. Non scopi con nessuno» continua il biondo, dandomi sui nervi.
«Jax cos'è? Tua nonna ti ha fatto vedere il diario di Bridget Jones? Titanic? Che cazzo di film d'amore hai visto?»
«Quindi da quando l'hai baciata, con chi sei stato?» s'incuriosisce Will.
Sta diventando un processo alle mie fottute intenzioni. Ho bisogno di fumare.
«Con nessuno. Te lo dico io» aggiunge Jax con tono compiaciuto e saccente.
«Per ora» ringhio infastidito.
Una sigaretta spenta trova spazio tra le mie labbra, intanto mi perdo a pensare.
Prima o poi finirà tutto. Il mio cervello mi dirà che è finita, che non sarà più una sfida e che la conquista è già stata fatta.
E forse, dico forse, io non voglio finisca questa cosa.
Ma la tensione tra di noi è troppa, non so se e quanto, resisterò ancora.
Lo sguardo deluso di William però, sta provocando in me una reazione nervosa.
«Dai sentiamo la cazzata che ti frulla in testa, Will...»
«C'è bisogno di parlare?»
«Non ci ho scopato» erompo cercando un accendino nelle tasche dei pantaloni.
Lui però osserva il quadrante dell'orologio che tiene al polso.
«Te la tieni per regalo di compleanno. Ah, a proposito, tanti auguri.»
«Chi è che continua a parlare di lei come fosse un oggetto, eh?»
«Come se tu non lo facessi, James»
Compio un piccolo cerchio intorno all'isola della cucina, eliminando ogni ostacolo tra di noi. Ora siamo uno di fronte all'altro.
Ma con Will non ci sono atteggiamenti intimidatori che funzionino, lui continua imperterrito.
«Chissà che pensieri dolci e profondi avrai fatto mentre pensavi a lei.... quella sera»
I miei occhi si assottigliano.
La tentazione di rispondere a tono e provocarlo è forte. Magari potrei dirgli che non è stata solo una sera, ma meglio evitare con William.
«Magari pensavi a lei anche mentre ti scopavi un'altra, vero?»
«Ancora, cazzo?» sbraita Jackson alle nostre spalle, ormai esausto. «Basta.»
Ma lui non ha capito una cosa.
«Qui June non c'entra un cazzo, Jax»
«Che vuoi dire?» domanda il biondo.
«Sono io il problema per te, vero Will? Non ti fidi di me. Prima avevi paura te la portassi via... ora, di cos'hai paura?»
Per non parlare del fatto che riesci sempre a incolparmi per ogni cazzo di cosa che succede nella tua vita.
Ma quel pensiero ne fa scaturire subito un altro.
«Che cazzata le hai detto?»
«Eh?» William aggrotta le sopracciglia bionde, come se non capisse il riferimento.
«Per giustificare il rifiuto che hai per le piscine, la nausea che ti dà il cloro» spiego io, mentre ormai Will sta guardando Jackson, che resta incapace di reagire.
«Lei hai detto la verità, sì o no?»
«Beh... senti, neanche tu ti fidavi di lei, okay?»
«Non ci posso credere! Se non mi fido di lei, non le racconto un cazzo! Non apro bocca per sparare cazzate come hai fatto tu» sputo infervorato.
«Le ho solo detto qualcosa che lo mettesse in cattiva luce, cosa che si merita»
«Sì ma è una cazzo di bugia.»
«Ma non l'ho inventata io James.» mi rimbecca lui.
«Perché dovete tornare sempre lì...» si lamenta Jackson sottovoce.
«Ed è quella che avremmo detto io e Brian, l'avremmo detta per proteggere te» esclama William, come se stesse raccontando qualcosa di ovvio.
Confuso, mi strofino la fronte. «Non ci credo, perché cazzo ti piace incasinare le cose e darmi la colpa?»
«Cosa dovevo dire? La verità? Che quello stronzo si scopava tua madre e che io e Brian li abbiamo beccati insieme? Tanto tutti si scopavano tua madre!»
Mi si annebbia la vista nel momento in cui William pronuncia quelle parole, sento solo il richiamo di Jackson.
«James!»
Il mio moto di rabbia però si spegne in fretta. Afferro William dal colletto della giacca della divisa e lo strattono con decisione. «Perchè le hai detto quella cazzata?»
«Ero poco più che un bambino e tu hai massacrato un uomo davanti a me, cos'avrei dovuto dire?»
Prende fiato per respirare, i suoi occhi azzurri e limpidi s'iniettano di livore.
«Che è tutta colpa tua? Che il cloro mi dà la nausea perché lo associo alla vista di tutto quel sangue?»
«Cazzo... Riesci sempre ad avere ragione tu» sbuffo lanciandolo via, lui barcolla con un'andatura malferma.
«Spero soffocherai nel tuo stesso vomito stanotte. Tanto solo quello sai fare»
«Will» Jackson prova a placare le acque, ma come al solito è del tutto inutile. Sta provando a tenermi dalle spalle e sebbene Jax sia davvero forte, con me non è sufficiente.
Sono io a fermarmi.
Perché se non avessi Will di fronte, ma una qualsiasi altra persona, probabilmente l'avrei già uccisa con le mie stesse mani.
«Non provare a presentarti alla mia festa.» taglio corto, trattenendo la rabbia nei pugni.
«Non ci tengo. Tanto finirai come al solito. Fatto da non capire più un cazzo, a sguazzare nella tua melma, ma...»
William protrae una mano in avanti, come se stesse per redimersi dalla cattiveria appena pronunciata.
«... se avrai fortuna, potrai assaggiare un po' dei miei avanzi»
Jackson questa volta prevede la mia mossa, ancor prima che io la compia.
«Parla di lei ancora in questo modo, Will...»
«James, ragiona almeno tu.» mi intima il biondo trattenendomi dal bicipite a fatica.
«Non dovete fare così per una ragazza»
«Te l'ho già detto Jax, il problema non è June White. È il disprezzo che il mio migliore amico prova per me.»
Ma alla fine... come dargli torto.
«E meglio se te ne vai Will.» sento dire a Jackson.
L'occhiata tagliente che William getta a Jackson mi fa rabbrividire. Non voglio litigare con lui, tantomeno il giorno dl mio compleanno, eppure non sembra ci sia altra via d'uscita.
🦋 JUNE POV 🦋
Non gli piaccio. Non gli piacerò mai.
Si sarà pentito, ovvio. Se mi avesse trovata sveglia, magari non avrebbe avuto problemi a baciarmi ancora, alla fine è proprio questa la definizione di "passatempo".
Qualcosa di poco impegnativo e che non occupa troppo tempo, questo sono per lui. Sennò non mi avrebbe trattata così questa mattina. A dirla tutta, non ho idea del perché si sia comportato così, l'unica cosa che so, è che James aveva l'aria sincera quando ha detto che Will mi ha raccontato una bugia.
E quando arrivo a scuola, sembra sia il destino a dirmi quali siano i prossimi passi da compiere: in cortile noto Amelia seduta su una panchina insieme ad Ari e Poppy. La mora mi rivolge un cenno svogliato. Tutte e tre indossano dei grossi occhialoni da sole.
Mi ricordano delle vecchie vedove ad un funerale. O forse dei vampiri.
«Tutto bene? Dimenticato l'anello solare?»
Le tre sembrano non capire, perciò evito di spiegarmi oltre. Mi fermo in piedi davanti alle loro sagome, ma è Amelia la prima a far scorrere gli occhiali lungo il naso per osservarmi meglio.
«Posso parlarti?» chiedo a quel punto.
«Mi andate a prendere un thè caldo?»
Le sue amiche la squadrano impassibili, o almeno così credo, dato che mi è impossibile scorgere le loro facce lì sotto.
«Ma...» Poppy prova ad attaccare con il suo soliloquio, Ari però la blocca sul nascere.
«Andiamo» dice quest'ultima portandosi via l'amica.
James mi ha lasciato intendere una cosa ben precisa: ci sono altri segreti.
E se prima era curiosità, ora è necessità. Come posso fidarmi di lui se non so nulla del suo passato?
«Mi dispiace» esordisco sfilandomi lo zaino dalla spalla.
Amelia non chiede chiarimenti, anzi, forse le pretendeva già queste scuse. Si stringe sulla panchina, lasciandomi lo spazio accanto al suo.
«Intendo... se ho detto qualcosa che non avrei dovuto. A volte non me ne accorgo, sono troppo diretta su faccende che non mi riguardano.»
La vedo corrucciare le sopracciglia scure. Sta fingendo di non ricordare o non se lo ricorda per davvero?
«Quella volta che in corridoio ci sei rimasta male...» chiarifico a quel punto.
«James, cazzo...» impreca lei eludendo il mio sguardo.
Si risistema il bordo della gonna sul ginocchio, mentre io continuo.
«Non è stato lui a dirmelo.»
«Brian?»
Faccio cenno di no con il capo.
«James è proprio un coglione» sbuffa infine, prima di incrociare le braccia al petto.
Non dovrei reagire d'istinto, ma se prima ero tranquilla, ora mi sento quasi punta nel profondo.
«Perchè c'è l'hai tanto con lui?» trattengo a stento la rabbia «L'hai incolpato ingiustamente, gli hai messo Brian contro e...»
«Ho solo salvato la faccia ad Ari. Guarda che Brian lo odiava già da prima.»
La voce di Amelia è ferma e sicura, non lascia trapelare indecisione.
«Perché?» insisto.
«Fammi indovinare... scommetto che questa è l'unica cosa che James non ti dirà mai, vero?»
Forse no, ma io li ho sentiti parlare quella sera a casa di Poppy. "L'ho fatto per te" aveva detto lui.
«Che cos'ha fatto per te? Ha provato a proteggerti da tuo padre?» le chiedo senza girarci intorno.
L'esile corpo di Amelia viene rapito da un guizzo, salta sulla panchina come se avesse appena preso la scossa.
«Ma come ti permetti?»
«Scusa, ma nessuno di voi riesce ad essere chiaro. L'unico che è riuscito a parlarmi è stato Will...»
«Pensi che quello svitato di William ti abbia detto la verità? Sono un branco di bugiardi. Pensano solo a difendere loro stessi.»
Nel pronunciare quelle parole, lo zaffiro dei suoi occhi si fa di ghiaccio.
«Certo che gli ho creduto, me l'ha detto con le lacrime agli occhi. Come puoi difendere...»
Amelia si alza in piedi e mi fulmina dall'alto con un'occhiataccia furibonda.
«È mio padre. Ed è persona rispettabile»
«E allora dov'è?»
Ora però, sembra venirle meno tutta la sicurezza che ha sfoggiato poco fa. Si guarda intorno con fare circospetto, poi si avvicina a me per bisbigliare sottovoce.
«Comincio a sospettare che loro c'entrino qualcosa.»
«Questo l'avevo capito, Amelia. Ma... sei sicura non avessero delle buone ragioni...»
Mi mordo l'interno guancia, quasi imbarazzata dal mio tentativo di giustificarli.
«Se era davvero quel mostro che ti hanno fatto credere, perché James veniva tutte le sere a casa nostra per fuggire da quel criminale di Austin e da quel fantasma di sua mamma? Perché si fidava così tanto di mia madre e di mio padre?»
Resto a fissarla senza saper bene cosa dire.
La madre di Amelia mi sembrava una persona affidabile, ma il modo in cui mi ha guardata... Come se mi conoscesse
«Questo loro non lo dicono, vero June?»
Si alza in piedi e io faccio di conseguenza.
«Andiamo dentro» dice alla fine, ricordandomi che mancano pochi minuti all'inizio delle lezioni.
Io e Amelia restiamo in silenzio finché non arriviamo in corridoio, dove ci raggiunge anche Brian.
«Facciamo qualcosa di alternativo.»
Il moro si appoggia con la spalla contro il mio armadietto, mentre io come al solito lotto con l'apertura dell'anta difettosa.
«Alternativo a cosa?» domando ignara.
«No. Io ci vado, tutti ci vanno» taglia corto Amelia, a qualche metro da noi.
«Ma dove?»
Nessuno però mi sta calcolando.
«Perché devi andarci?»
«Hei ci sarei anch'io?» sventolo la mano davanti agli occhi di Brian, che saettano fulminei verso la sorella.
«Alla festa di James» aggiunge lei, mentre il vociferare che riecheggia nel corridoio aumenta a progressivamente.
«Festa?»
«È il suo compleanno»
«Oh, non lo sapevo.»
«E io che credevo foste intimi» mi prende in giro Brian con il solito sarcasmo che contraddistingue lui e Amelia.
È difficile ignorare la sua provocazione, ma lo è ancor di più, ignorare la sagoma alta di James, dall'altra parte del corridoio.
Sta poggiato al muro mentre parla con un ragazzo. Lì per lì non attira la mia attenzione, infatti tento di non considerarlo, ma poi il tizio si avvicina al suo orecchio e lui abbassa gli occhi sorridendo maliziosamente.
E io come faccio a non notarlo?
Indugio un po' troppo su di loro e James, con la testa ancora chinata, solleva solamente lo sguardo e mi trafigge in pieno con un'occhiata tagliente.
Il tipo non viene in classe con noi, ma l'ho già visto, è il ragazzo di Stacy.
Non sono gelosa, perché dovrei?
«Scott ha detto che chiamerà un po' di gente» sento dire a Jackson, che passa in corridoio insieme a Marvin.
«Chi è Scott?»
James mi fissa ma non parla.
Come se la mia domanda non fosse degna di una risposta.
Che ci siamo lasciati in malo modo e che lui sia un tipo permaloso, l'ho capito, ma questo è troppo.
Ed è proprio quando assisto alla scena successiva, che trovo risposta alla mia domanda.
È lui, il tipo alto e tatuato che sta aggiustando il colletto della camicia di James, sotto lo sguardo di tutti. Per non parlare del fatto che lo sta facendo ad un centimetro dalle sue labbra.
Perché riesce a darmi fastidio anche una scena del genere?
Finalmente Scott si allontana, io invece resto spiaccicata contro il mio armadietto.
Jackson e Marvin sono troppo impegnati a discutere tra di loro, perciò decido di recuperare i miei libri e filare in classe, quando mi ricordo dell'esistenza del mondo intorno a me. Amelia è già scappata in aula, Brian torna a parlami.
«June, senti...»
«Dimmi»
Ma non facciamo in tempo ad avvicinarci che un braccio separa le nostre figure.
Vedo James piantare una mano sull'armadietto alle mie spalle, frapponendosi tra me e Brian.
Il moro sbuffa un «Ci vediamo in classe, June. O magari stasera.»
Io mi acciglio, James però non accoglie la provocazione.
«Quindi verrai alla mia festa?» chiede divertito, fissandomi dall'alto.
«No.»
«No nel senso che non ci vieni?»
Prendo un grosso respiro, sento i miei polmoni riempirsi del suo profumo dolce e al contempo, maschile.
«No, nel senso che non ci verrò da sola.»
Potrei giurare d'averlo lasciato a bocca aperta ma alla fine non posso dirlo con certezza, perché non gli rivolgo nemmeno uno sguardo. Sono troppo impegnata a voltargli le spalle e ad andarmene.
🦋
Arriviamo da James verso le dieci.
Il viale davanti casa sua è un formicaio di gente schiamazzante.
Forse avrei fatto meglio a restare a casa mi dico annusando nell'aria odore di guai, o molto più probabilmente di qualcosa d'illegale per la maggior parte dei presenti.
Amelia e Brian si fermano a chiacchierare con alcuni dei loro amici, perciò io e Poppy ci avviciniamo all'ingresso. La temperatura mite della California questa sera non ci ha concesso l'onore di esistere. Fa davvero freddo.
Fortuna che ho messo una giacca, eppure questa non sembra essere sufficiente.
Dei lunghi ed intensi brividi mi attraversano, quando il mio sguardo s'inchioda all'alta figura che svetta all'ingresso della casa.
James è circondato da un gruppetto di ragazzi, indossa una camicia scura che fascia il suo fisico slanciato e ogni tanto si passa una mano tra i capelli castani, come a volerli scompigliare di più. E io vengo colta immediatamente dalla piacevole sensazione di averli sotto alle mie mani.
Giocherella con la catenina intorno al collo, ma prima che io possa distogliere lo sguardo curioso, i suoi occhi s'intrecciano ai miei, causando un fremito che arriva dritto nel mio stomaco.
O forse poco più in basso.
"Indifferenza" è la parola chiave per affrontare questa serata, June
Proseguo di fianco a Poppy, ci districhiamo tra la gente già ubriaca, poi lei sguscia dentro casa con facilità, mentre io vengo bloccata all'ingresso.
«C'è una regola per entrare: non puoi portare più di tre indumenti addosso»
Alcuni ragazzi sorridono nell'udire quelle parole. E ovviamente sono pronunciate con strafottenza, proprio da James in persona.
Sollevo lentamente lo sguardo per incontrare di nuovo il blu dei suoi occhi, scuri come la notte. Questa volta sono più vicini, ma non per questo mi faccio intimorire.
La mia attenzione poi, scivola nuovamente in basso, a lambire il suo torace scolpito, nascosto dal tessuto aderente.
Sembra già ubriaco. Perciò il proposito di ignorarlo per tutta la sera si fa ancora più forte.
«Perché Poppy e le altre ragazze entrano?»
«La cosa non ti riguarda, c'è una regola ti ho detto»
Possibile sia così permaloso? Che gli ho fatto adesso?
«Che regola del cavolo è?»
Lo sguardo affilato di James si perde in lontananza. Potrei giurare stia puntando Brian, ma non ne sarei poi così sicura.
«La regola è semplice: spogliati o non entri» aggiunge un ragazzo alle sue spalle.
James si volta per rivolgergli uno sguardo omicida. I suoi occhi si fanno così intensi da sembrare neri.
«Ho detto forse che puoi parlarle?»
«Smettila» sbuffo io, richiamando la sua attenzione.
«No, non la smetto» ringhia James, fissando nuovamente un punto preciso alle mie spalle.
Sta guardando Brian.
E se fosse geloso di lui?
No, essere geloso di Brian implicherebbe il fatto che io gli piaccia, impossibile.
«La regola è semplice, Biancaneve: fai come ti dico o non entri»
«Non fai ridere»
James mi ferma dal braccio prima che io possa muovere un altro passo.
«Reggiseno e mutande le terrai, no? Come terza scelta, beh... suppongo tu debba decidere...»
«Suppongo ti arrivi un pugno sul naso a breve. Che ne dici? Ripetiamo l'accaduto anche questa sera?»
I ragazzi alle sue spalle ridono sguaiati.
«Questa ti mette sotto, Hunter»
«Le piacerebbe» ribatte lui mordendosi il labbro inferiore, continuando a studiarmi dall'alto.
«A me? Sicuro?»
«Sì, proprio a te. Lo sappiamo.»
La sua bocca rigonfia si curva in un sorrisetto soddisfatto.
«Non so nemmeno perchè ci sono venuta alla tua stupida festa»
Lui scuote il capo divertito.
Devi andartene June, ti sta prendendo per il culo
E invece sorprendo anche me stessa quando torno ad aprir bocca.
«È questo che vuoi?» lo istigo infervorata, togliendomi la giacca.
Il suo sguardo lucido e febbrile si posa sulla mia t-shirt bianca.
Ora giurerei gli piaccia ciò che sta vedendo.
«Beh, così porti comunque quattro indumenti» sogghigna indicando prima la mia maglia, poi i miei pantaloncini.
Lo sento chinarsi verso la mia guancia per sussurrare
«Il reggiseno ti si vede.»
Basta, questo è troppo, me ne vado.
Non è facile lasciare James Hunter a bocca aperta, è abituato a qualsiasi tipo di ragazza, forse ragazzo. Ma oggi, nel corridoio di scuola, mi è piaciuta quella sensazione. Di confonderlo.
Mi sollevo punta di piedi per dirgli un'ultima cosa all'orecchio.
«Davvero sicuro che siano tre?»
Con le pupille roventi traccia la traiettoria del mio collo, per poi scendere sulla mia pancia.
«Ora che mi ci fai pensare, hai ragione... dovrei controllare»
«Dai fallo»
«Non giocare con me, Biancaneve. Non farlo.»
«Vuoi che mi tolga anche la maglia? È questo che vuoi?»
Lui però si inumidisce il labbro con una rapida passata di lingua, poi si accosta al mio orecchio, stavolta con più decisione.
Sento la sua bocca calda e morbida premere contro il mio lobo.
«Sì cazzo, è proprio questo» sussurra suadente.
Perché fa così adesso?
Il suo profumo mi confonde.
La sua vicinanza mi dà le vertigini.
Dio, mio. Devi stargli lontana, June.
Anche perché ho già capito cosa vuole questa sera.
«Dove vai?» lo sento chiedere quando oltrepasso la sua figura e procedo attraverso la folla, sotto agli occhi interessati di Connel e degli altri ragazzi.
«White!» mi richiama James sventolando la mia giacca. «Ora puoi rimettertela!»
«Fottiti»
«E tu rivestiti!»
Ma io non gli do più ascolto.
♦️JACKSON POV♦️
«E quella di prima? È una ragazza nuova?»
«Sono loro a cercare me» ansimo riportando le labbra sul suo collo sensibile.
Gli strappo un gemito quando il calore del mio respiro raggiunge la sua gola. La pelle viene attraversata da piccole scosse, mi piace l'effetto che gli provoco, perciò vi lascio scorrere sopra dapprima il piercing gelido, poi la lingua.
«Puoi smetterla di fare lo stronzo almeno quando hai la mano dentro ai miei pantaloni?»
La voce di Blaze vibra di eccitazione, mentre le mie labbra continuano a torturargli il collo.
Qualcuno bussa alla porta del bagno, ma entrambi facciamo finta di niente, c'è troppo casino là fuori e io voglio stare qui con lui. Solo con lui.
«C'è qualcuno?»
«Cazzo...» sento dire a Blaze.
«Cosa? »
«È Brian» sussurra lui premendo le labbra sulle mie.
La porta ondeggia per i colpi ripetuti.
Blaze si lascia andare ad una smorfia preoccupata, poi mi afferra il polso per allontanare la mia mano dal suo corpo e proprio mentre si riabbottona i jeans, la porta si spalanca con un boato che quasi sovrasta la musica. Sembra che Brian l'abbia forzata.
«Ti dai una cazzo di calmata?» Sbraito trascinandomi nervosamente una mano tra i capelli.
I suoi occhi verdi come quelli di un felino stanno fissando il collo violaceo di Blaze.
«Tutto bene qui?»
Poi osserva l'amico con aria apprensiva.
Blaze non è molto discreto nelle reazioni. Gli si legge sempre tutto in faccia. In quell'istante, invece che fingersi distante, mi guarda le labbra con bramosia.
«La porta era chiusa, Hood! Dovevi forzarla in quel modo?»
«Appunto, la porta era chiusa. Perciò cosa ci faceva quello stronzo di Jackson, chiuso in bagno, insieme al mio migliore amico?»
Scoppio in una risata nevrotica, nell'udire quell'insinuazione.
«Stai... scherzando vero?»
L'occhiata schifata che lancio a Blaze però, non passa inosservata. Lui si asciuga il labbro inferiore con il dorso della mano poi fugge via.
«Non hai visto un cazzo.»
Minaccio Brian con sguardo duro, poi esco dal bagno sudato e nervoso.
Maledetto Blaze
E ora dove si è cacciato?
Lo cerco con gli occhi, tra la folla ubriaca, le luci sono soffuse ma riesco ad individuare la sua sagoma vicina ad un gruppetto di persone sedute sui divani.
È vicino a James.
Quest'ultimo spalanca gli occhi, il suo interesse sembra una molla impazzita. Delle ragazze gli ballano davanti, altre gli parlano, ma le sue occhiate sono sempre molto brevi. Finché nella sua traiettoria non entrano June e Brian. Si alza in piedi senza scollare lo sguardo da un punto ben preciso. È difficile capire cos'abbia rapito la sua attenzione, ma ad occhio e croce, direi la mano di Brian sul fianco di June.
Dovrei starmene in disparte e non immischiarmi, ma i bicchieri si sono moltiplicati e la rapidità con la quale James arriva davanti al viso di Brian, mi allarma parecchio. Lo seguo senza fiatare.
Con mio stupore si sfila la giacca di pelle per porgerla a June.
«Sei hai freddo metti questa»
«No.» risponde lei con il broncio.
«Mettiti la mia fottuta giacca»
«Non la voglio»
Mi viene da sorridere perché James è l'unica persona che conosco che saprebbe come conquistare chiunque, eppure, in questo momento, sembra davvero un uomo primitivo che non sa come approcciarsi ad un'altra persona, se non in modo rude.
Forse perché non è in grado di comunicare i suoi sentimenti.
È ovvio che June sia estremamente confusa dal suo atteggiamento, anche perché, se si tratta di sedurre, James non ha problemi, ma con June... il suo comportamento è davvero molto strano.
«James, senti... ti ho già diviso da Will questa mattina, sei andato vicino alla rissa una volta» gli intimo afferrandolo dalla spalla.
«Non c'è due senza tre» ribatte sbrigativo.
Poi però torna a June.
«Perché hai la sua giacca addosso?»
«Qual è il tuo problema, è forse la tua ragazza?» lo provoca Brian.
«E dai Hood, non parliamo di ragazze»
«Sennò che fai? Inizi a fare la conta di quante volte ti sei scopato la mia? Solo per ripicca? Solo perché mio padre si portava a letto tua madre?»
Brian deve aver bevuto qualche cocktail di troppo, perché non si sta affatto dando un contegno.
Vedo June sgranare gli occhi.
«Non che fosse un'esclusiva, la sua»
«Fammici pensare...»
Con lo sguardo, James passa in rassegna uno ad uno i nostri compagni di football. «Ti do un piccolo spoiler: nemmeno la mia su Ari era un'esclusiva»
«Come hai detto, scusa?»
«Ragazzi, per favore» m'intrometto tra i due, prima che si prendano a cazzotti.
«Che cazzo ci fai qui? Io non ti ho invitato!»
«Mi ha invitato Jackson» spiega Brian, tirandomi in mezzo alla loro discussione senza un motivo valido.
«Davvero?»
No non è vero
«Quello stronzo di Jackson... » si corregge Brian fissandomi.
Di norma risponderei alla provocazione, ma dopo ciò che ha visto in bagno... meglio andarci cauto. James ovviamente non è del mio stesso avviso.
«Ripetilo, dai»
«Perché, scusa? Non fa che minacciarmi di scoparsi mia sorella e poi lo vedo provarci con il mio migliore amico!»
L'esclamazione di Brian mi lascia sgomento.
Io e June ci guardiamo all'unisono. L'impatto è così forte che sembra quasi di udire il fragore di due vetri rompersi.
«Oh no» bisbiglia lei.
«Che cazzo hai detto?»
Gli animi s'infervorano velocemente.
James si ferma dinnanzi a Brian per lanciargli uno sguardo minaccioso. Gli è così vicino alle labbra che per un attimo penso desideri infilargli la lingua in bocca, invece che ucciderlo.
«Non capisco» sussurra James, confuso.
«Brian sta scherzando, vero Brian?» aggiunge June preoccupata.
«Sì, mi sta solo provocando» aggiungo con il cuore che mi martella in gola.
Non voglio che James lo scopra così. Voglio dirglielo io.
Ma lui ovviamente non ascolta, gli interessa solo dare addosso a Brian.
«Prova a nominare Jackson un'altra volta e io ti ammazzo»
«Calmiamoci» provo a tranquillizzarlo.
«Lo stronzo spara cazzate a casa mia»
«Certo, vedrai come sparo cazzate. Il tempo mi darà ragione»
James lo spintona, quello che vedo è la sagoma di Brian schizzare all'indietro. Deve aver impattato contro un tavolo o forse un mobile, perché comincia a lamentarsi toccandosi la schiena.
C'è un po' di trambusto, ma noto subito la faccia adirata di James quando June soccorre Brian.
«Stai bene, Brian?» la sento chiedere.
«Brava, vai con lui»
«Gli hai fatto male!» sbraita lei arrabbiata.
«Andiamo James»
Poi me lo porto via, prima che succedano altri danni.
🦋JUNE POV🦋
Perché Brian si comporta così durante il giorno del compleanno di James?
E poi perché se la prende proprio con Jackson?
Sebbene me l'abbiano descritto come un violento e l'abbiano anche espulso da scuola, Brian non sembra una testa calda.
Ma posso dire con certezza che da quando sono qui, ho notato che detesta Jackson. Potrei quasi azzardare sia geloso di lui.
«Voi eravate migliori amici vero?»
«Te l'ha detto lui? Ha coraggio di chiamarmi "amico"?» ribatte Brian quando lo scorto in un angolo più appartato.
«Non è stato carino con te, lo so ma...»
«James è un bastardo.»
Scrollo il capo. Vorrei dirgli di smetterla, ma da quello che ho capito, si tratta di un astio famigliare difficile da risolvere.
«Non puoi dire una cosa del genere di Jackson. Non sono affari tuoi»
«Perche lo difendi?»
«Perché Jax non ti ha fatto nulla, non puoi prendertela con lui.»
Brian lancia la testa all'indietro, poggiando la nuca contro una parete. I suoi tatuaggi fuoriescono prepotentemente dalle maniche della maglietta a maniche corte.
«Sì, ero io il suo migliore amico» ammette ad un certo punto, cogliendomi di sorpresa. La sua voce è così cupa che mi fa stringere il cuore, mi dispiace vederlo così.
«Le colpe dei vostri genitori non dovrebbero ricadere su di voi.»
Lui mi fissa.
«Perché sì, tu e James non andate d'accordo, lo so, ma quella volta, alla festa di Halloween.... sembravate stranamente complici» lo provoco.
«Non mi piace parlare di quello che è accaduto in passato»
«C'è solo questo Brian?»
Quello che ha detto poco fa mi sembra sufficiente per scatenare l'odio tra di loro, eppure il mio intuito mi suggerisce ci sia dell'altro.
«Come posso dirti di sì guardandoti negli occhi, June?»
Lo vedo portarsi una mano sulla fronte.
«Scusa, ora vado a cercare Amelia. Me ne voglio andare»
«Tieni» gli allungo la sua giacca, nella speranza che James non abbia buttato la mia chissà dove e me la restituisca.
«Puoi tenerla.» lo sento mormorare in mezzo al frastuono della musica.
«No, magari torno anch'io. Vado solo a cercare la mia giacca»
Così io e Brian ci separiamo e se poco fa avevo qualche dubbio a riguardo, ora ho deciso. Voglio tornare a casa.
Perché vedere il ragazzo che ho baciato meno di ventiquattr'ore fa, versare lo champagne in bocca a cinque ragazze diverse, non è forse sufficientemente avvilente?
Poppy non so dove sia, Will non c'è e non conosco nessuno, a parte Tiffany. L'ho intravista poco fa, tra la folla, ma è con Taylor, perciò radioattiva.
Della mia giacca non vi è traccia e ormai ho deciso di abbandonare la ricerca, di certo non mi abbasso ad andare a James, impegnato com'è con le sue amiche.
Esco di corsa da quella casa, quando una voce nel buio mi richiama.
«June?»
«Will! Oddio! Che fai qui fuori?»
«Non sono il benvenuto»
«A quanto pare neanch'io...» mi lamento sbuffando.
«Siediti, voglio parlarti» dice ad un tratto.
Ed è particolarmente serio, perciò decido di dargli corda.
«Io voglio bene a James...»
«Ma?»
Lui mi guarda e sta per arrivare il MA, me lo sento.
«Ma ha un sacco si problemi e se ti ferisce, non lo fa apposta»
«In questo siete uguali.» sentenzio fredda.
«Me lo merito questo risentimento da parte tua, lo sappiamo tutti, però...se io ho fatto lo stronzo, questo non vuol dire che starò a guardare se lui farà lo stesso con te»
Sorrido mentre lui scuote la testa per spostare il ciuffo ribelle che gli invade fronte di tanto in tanto.
«Grazie, ma so badare a me stessa»
«Lo so, però come amico non sono stato molto presente»
«Will da amico sei comunque molto meglio» replico decisa.
«Ho litigato con James oggi.»
La sua uscita mi spiazza.
«Perché?» domando sfregandomi le braccia scoperte con le mani, come a volermi scaldare un po'.
«È sbagliato pensare che possa ferirti?»
No, perché è una possibilità dannatamente plausibile.
«Ed è per questo che avete litigato?» lo interrogo, ignara di quello a cui andrò incontro. Con Will è sempre così.
«Anche.»
Rimango in silenzio? No, non fa per me.
«E per cos'altro?»
«Potrei averti detto una bugia, June.»
Oh no
«Quando?»
«Sul prof di nuoto...»
Maledizione, Amelia aveva ragione
«Will...»
Un attimo prima migliora l'opinione che ho di lui, l'attimo dopo si fa di nuovo detestare. È proprio William.
«Sai che è una cosa orribile fare false accuse di tali proporzioni?» mi indispettisco, perché mi ha fatto credere cose non vere.
«Mi sono dispiaciuta per te! Ed era tutta una bugia!» esclamo a gran voce.
Sto per alzarmi in piedi, indignata, quando William mi ferma.
«Sì ma non me la sono inventata di sana pianta. È stato Austin a...»
A quel punto mi fermo.
«Cosa?»
«Senti June, potremmo... aver fatto una cosa molto brutta.»
Il cuore martella all'impazzata nel mio petto e non c'è altro modo di definire questo sentimento. Paura. Ho paura.
E se prima bramavo conoscere la verità, ora non voglio più sapere. Ma devo.
«Dimmi Will, ti prego. Cos'è successo quella volta che James ha ferito il signor Hood?»
«Io e Brian eravamo in piscina, oltre l'orario di lezione...»
Will interrompe il racconto perché una ragazza ci passa a fianco e prosegue solo non appena questa è sufficientemente lontana.
«Quando la mamma di James e il papà di Brian sono arrivati, noi ci siamo nascosti nell'acqua per non farci vedere, loro erano sugli spalti. Inizialmente parlavano di scuola, di chi rischiava la bocciatura e altre cazzate del genere. Ridevamo perché stavamo origliando quei discorsi proibiti, poi però... hanno cominciato a baciarsi. Brian ha smesso di ridere.»
«Avevano una relazione, vero?»
«Sì, noi non lo sapevamo. Io volevo uscire dall'acqua ma Brian era paralizzato. E quando hanno cominciato a fare altro... Disgustoso, ma ormai era troppo tardi per andare via dall'acqua. Ci avrebbero scoperti. Io me ne sarei fregato ma Brian non voleva. Era terrorizzato.»
«E poi?»
«E poi è arrivato James.»
«O mio dio...»
«C'era la cassetta degli attrezzi lasciata all'ingresso dall'uomo delle riparazioni. James ha avuto una reazione esagerata. Il padre di Brian l'avrebbe denunciato, sarebbe finito in carcere minorile.»
«O mio dio...»
«Per questo abbiamo inventato quella storia. È stata una sciocchezza che non abbiamo raccontato a nessuno. Nemmeno alla polizia. Ma l'avremmo fatto se lui fosse andato a denunciare James.»
«L'avete ricattato.»
«Okay magari abbiamo sbagliato, ma quell'uomo non era un santo, né lui né Austin»
«Era?» sgrano gli occhi.
«È...» si corregge subito.
«O mio Dio...»
«Sai dire altro, June?»
La testa mi scoppia.
«Vorrei vedere te, Will! Che fine ha fatto...? Avete...?»
«James non vuole che ti dica la verità»
Ma una voce profonda alle nostre spalle ci fa voltare all'unisono.
«O forse vuole essere lui a raccontartela. E magari quando avrà voglia.»
È Jackson. Lo vedo indicare il posto sugli scalini sul quale sono seduta.
«Devo parlare con Will, June. Da soli»
Sono così frastornata dal racconto di Will che rientro in casa.
Ma ovviamente me ne pento subito quando nel salotto incontro la figura snella e longilinea di Taylor. E come non notare la sua smorfia disgustata nel vedermi.
«June! Perché non mi hai detto che venivi?»
Tiffany è gentile come al suo solito, ma non posso dire altrettanto della sua amica.
«Smamma» sbotta la bionda guardandomi dall'alto al basso. La linea di eyeliner azzurro che le segna gli occhi, è così psichedelica che s'illumina al buio.
«Sicura che tutto l'impegno che ci metti nell'essere la cattiva della storia, serva a qualcosa? Credi di farmi paura, Taylor?»
«Io credo che se non ti levi dal cazzo ora, in questo preciso istante, i tuoi capelli stepposi diventeranno de colore del mio cocktail» sputa acidamente.
«Perché devi sempre fare così con lei? Cosa ti ha fatto?» la rimprovera Tiffany.
«Tiff, taci»
Ero sul punto di andarmene, sì, però mi infastidisce troppo il modo in cui le parla.
«E tutta questa gelosia? Solo perché Tiffany parla con me?»
Taylor digrigna i denti e il suo mento sembra ancor più affilato.
«Stai lontana dai miei amici.» mi aggredisce con livore.
Entrambe però, veniamo distratte dal profumo alle mie spalle. Io resto immobile, mentre lei mi oltrepassa per raggiungere James.
«Sono qui. Cosa cazzo avevi da dirmi?» sbuffa lui spazientito.
Si mette una mano sul fianco a la guarda con occhi vuoti.
«Non è come sembra» mi suggerisce Tiff, quando si rende conto del mio sguardo deluso, nel vederli ancora insieme.
«Non hanno bisogno dell'avvocato, è proprio come sembra.»
Io non gli darò mai quello che vuole, ovvio che tornerà da lei.
«Tic, Tac. Il tempo sta per scadere» sento dire a Taylor.
La musica è alta ma non tanto da coprire i loro discorsi.
«Che cazzo vuoi adesso?»
«James, mi sto rompendo di aspettare. Mio padre andrà alla polizia a denunciare il furto della pistola. Te l'ho già detto»
«Che vada.»
«Va e fa il nome di Will» lo minaccia la bionda.
James sbuffa, i suoi occhi affilati si assottigliano ai lati. Si sente alle strette. Glielo leggo in volto.
«Dammi ancora un paio di giorni»
«Non di più, James. Sono stata zitta troppo a lungo. Non te ne frega un cazzo di me, forse l'ho capito tardi, ma l'ho capito. Sono stufa di pararti il culo. Andrai a fondo e io non cadrò con te. Ah tieni»
Gli mostra il dito medio.
«Questo è il mio regalo di compleanno»
Taylor se ne va con fare da diva, mentre Tiffany la segue controvoglia.
«Biancaneve.»
Ignoro quanto sia seducente il suo timbro rauco e profondo.
«Dove diavolo è la mia giacca?»
«Boh» ridacchia compiaciuto.
Non fiato quando James si avvicina alla mia figura.
«Sei a caccia di guai, ragazzina?»
«Alza gli occhi. I miei sono qui.» gli indico il mio viso con due dita.
«Che stai facendo?»
«Sto rispettando le tue stupide regole» borbotto contrariata.
«Lo vedo. Le stai piacevolmente rispettando, aggiungerei.»
«E sarebbe un problema?» indietreggio per sottrarmi al suo sguardo penetrante.
«Potrebbe, sì»
«Non sono affari tuoi.» mi faccio ancora più scontrosa.
«Potrei avere da obbiettare...»
«James smettila con queste frasi a metà, con queste...»
Lui porta tutto il suo peso verso di me, obbligandomi ad indietreggiare sempre più. Appoggia il braccio sul muro alle mie spalle, fino a braccarmi. Sono in trappola. Il respiro mi si accelera, mentre i suoi occhi scendono languidi sul mio seno che sotto la maglietta si alza e si abbassa ritmicamente.
«Dimmi una cosa, ragazzina.»
«Dimmela tu. Chi è Scott?» ribatto con prontezza.
«Nessuno, mi ha succhiato il cazzo una volta.»
Resto di ghiaccio.
La sua risposta è altrettanto rapida. James ha appena pronunciato quella frase come se la cosa non fosse importante.
«Non sapevo che i signor "nessuno" facessero queste cose, grazie tante.»
«Vuoi farmi la predica adesso?» domanda riacciuffandomi dal fianco.
«Non mi toccare. No che non voglio, non è affar mio ciò che fai.»
«Io non ho fatto un cazzo.»
«Ciò che ti fai fare...che ti sei fatto fare...»
Tutta questa situazione mi confonde.
«...in passato... Perché è passato, vero?»
Mi mordo il labbro. Non avrei dovuto chiederlo, ma ormai è fatta.
«Devi proprio saperlo?»
Lo fisso senza batter ciglio.
«A casa di Will, la sera in cui siamo andati a recuperare coniglio.» spiega senza emozioni, come se stesse recitando la lista della spesa.
La testa mi gira impazzita.
«Ma se eri con me....»
Avverto la nausea mangiarmi la bocca dello stomaco. Non riesco più a reggere i suoi occhi, così gli volto le spalle e mi dirigo in cucina, dove trovo una ragazza addetta agli alcolici.
«Dammi qualcosa...» farfuglio indicando delle bottiglie sul tavolo imbandito di bicchieri e alcolici.
«Posso offritelo io?» mi domanda uno studente dell'ultimo anno, mentre lei è già intenta a versarmi da bere.
Non lo calcolo nemmeno.
«È casa mia. Sto offrendo io, stronzo.»
James scivola alle mie spalle, lento come un felino.
«Calmati Hunter, volevo solo ballare con lei.»
«Ho la faccia di uno che ti lascerebbe ballare con lei?»
Il ragazzo sbuffa e se ne va, mentre io mi sforzo a non fare battutine per istigare James, che dal suo canto sembra non volerne sapere di lasciarmi in pace.
«Ti devi ubriacare ora?»
«Cosa c'è? Vuoi tenere tutto champagne per te e le tue amichette?»
James prova a togliermi il bicchiere dalle mani, ma io glielo impedisco.
«Perché, non posso ubriacarmi?»
Lui innalza appena il lato sinistro del labbro, poi fa scoccare un'intensa occhiata lungo il mio corpo, infine si avvicina al mio viso.
«Non sono tutti come me, Biancaneve»
«Fossero tutti come te, il mondo sarebbe popolato da stronzi.»
Con mia sorpresa, lui sorride, scavando con la lingua nell'interno guancia.
Non cedere, June
«Non riesco. Non c'è la faccio ad essere incazzato con te.»
«Non ne hai motivo»
«Perché tu ce l'avresti?» mi punzecchia.
Non so perché, ma ripenso a Scott.
«Potrebbe essere.»
James mi solleva dal fianchi e mi porta a sedere sul bancone della sua cucina. Il calice che tengo in mano ondula inevitabilmente e per poco non gli verso lo champagne addosso, lui però non sembra farci caso. Ha tutt'altre intenzioni ora.
«Troppo vaga. Devi essere più precisa.»
Le luci sono basse, ma nel buio le sue labbra rosee sono ancora più invitanti.
«Va a farti fottere. Abbastanza precisa?» esclamo a testa alta.
«Cazzo, inizia a fare caldo o sbaglio?»
Lo sussurra con le guance tinte di rosso e con l'aria di uno che mi bacerebbe fino a togliermi il fiato.
«Hai appena litigato con Taylor. Perché vuoi il confronto anche con me ora?»
È solo la sfida che vuole, vero?
«Taylor litiga da sola.» scandisce lentamente.
Ma il mio cervello ha cominciato a rallentare nel momento esatto in cui le sue mani si sono appropriate dei miei fianchi.
Sono ancora seduta sul bancone della cucina, quando sento il suo corpo farsi stretto contro il mio.
«Vorrebbe... vorrebbe dire?»
«Che con te ci parlo, June.»
I suoi occhi maliziosi s'inchiodano alla mia bocca in un modo così soffocante, da indurmi a recuperare aria più volte.
«E...?» sto boccheggiando.
«E che con te non resisto»
Il mio labbro inferiore resta incastrato sotto al tocco del suo pollice, ma James non sembra farsi problemi nel compiere gesti così sfacciati, lo sfiora con avidità, lasciandomi a bocca aperta.
Mi giunge in gola un sapore dolce mescolato a quello del tabacco, quando, nel leccarsi il labbro inferiore, il calore della sua lingua sfiora la mia bocca.
Sento lo stomaco tremare.
«Non ci provare neanche, Jamie. Non li voglio più i tuoi baci, non dopo che questa sera hai messo la lingua in bocca a mezza scuola.»
Non l'ho visto baciare nessuno, ma lui sogghigna, non mi dà conferma.
Né smentisce.
«Sì, ma...»
Mi si blocca il fiato, quando respira pesantemente nel mio orecchio.
Chiudo gli occhi e serro involontariamente le gambe, ma è la durezza del suo corpo incastrato nel mio, ad impedirmelo.
Maledetta me. Non devo cedere.
«Ma...?» soffio esausta.
«Ma non è la stessa cosa con te»
È ubriaco, è chiaro, sennò non parlerebbe così.
«Lo so...» mormoro abbassando gli occhi.
Lo so?! Oh no, ma che sto dicendo?
Le sue dita fredde salgono lente ai lati del mio busto, dove incontrano la mia pelle nuda nel momento in cui i bordi della mia maglietta si sollevano pericolosamente, sotto alle sue mani esperte.
«Con che diritto? Vedi di sparire e di affogarti nello champagne.» mi reclino all'indietro, sottraendomi al suo tocco.
«Cos'è, tutto ad un tratto ti è passata la voglia di baciarmi?»
«Sei proprio uno stronzo» esclamo saltando giù dal bancone.
«Tanto sono solo bacetti no?» lo vedo compiere un mezzo giro su se stesso per seguire la mia andatura.
«Che vorresti dire? E attento a quello che dici!»
«Non hai negato davanti a Taylor, l'altro giorno»
«Nemmeno tu!» Alzo la voce.
Ci squadriamo in cagnesco per qualche istante, finché i suoi occhi non si addolciscono, creandomi delle sensazioni contrastanti nel petto.
«Di solito non resto a dormire con nessuno»
James sembra senza fiato nel dirlo, ma ormai sono sulla difensiva.
«Nooooo » scoppio a ridere sarcastica. «Raccontane un'altra! Avrai condiviso il letto con mille ragazze e chissà, anche ragazzi, magari insieme»
A quel punto mi afferra dal fianco, portandomi contro di lui. I nostri corpi impattano duramente.
«Sto dicendo senza scopare, cretina»
«Incredibile... vuoi forse un premio per aver fatto questo sforzo? Cosa sei, un animale incapace di controllarsi?»
Maledizione, la storia di Scott non mi è andata giù. E si nota, parecchio
Lo vedo strofinarsi la fronte, gli anelli sulle sue dita iniziano a raddoppiarsi. Forse dovrei smetterla con i bicchieri di champagne.
«Non sono mai stato a dormire con qualcuno senza essere fatto o ubriaco. E lo stesso vale per quei baci del cazzo!» sputa con le labbra strette e gli occhi sottili come due lame.
«Cosa?»
James però mi volge le spalle e in un attimo la sua schiena larga e possente si allontana, torna indietro solo per lanciarmi un ultimo sguardo tagliente.
«Vaffanculo» ringhia ad un centimetro dalle mie labbra.
«James...»
Mi viene un tuffo al cuore quando lo vedo andare via con un'aria ferita che non avrei mai immaginato potesse appartenere ad uno come lui.
«Lo odio» commenta una voce dietro di me.
È Taylor.
«Pure io. Credo» dico a ruota, quando lei mi ruba il bicchiere dalle mani.
«Mhmm, prima del previsto. Pensavo riuscissi a scopartelo almeno.»
Sollevo gli occhi al soffitto quando la vedo sorseggiare dal mio calice.
«Non gira tutto intorno a quello.»
«Perché Barbie Campagnola parla con me, Tiff? Puoi dirle di smettere? Grazie»
«Perché tu non la smetti di fare sempre la stronza?» sento la voce vellutata di Tiffany alle nostre spalle.
«Svegliati Tiff»
«Detto da te. Andiamo, June»
«Dove?»
«Non lo so, lontano da lei»
Taylor inarca entrambi i sopraccigli.
«Mi molli qua, per andartene con...quella?»
«Esatto, vedo che quando vuoi sei sveglia.» ribatte Tiffany, mentre io acciuffo una bottiglia, prima di seguirla al piano di sopra.
Lei apre una porta e mi fa strada verso una camera che, solo dopo un po', arrivo a riconoscere.
«Io non fumo.» annuncio nel vederla sedersi a gambe incrociate sul letto di James.
Si sfila la sigaretta dalle labbra e mi fissa seria.
«Lo so»
«Ho provato e non mi piace. Fa schifo.»
«Mi fai compagnia?» domanda allungandosi verso il comodino, dove trova un pacco di cartine.
«Si, certo.» mi stringo nelle spalle.
Poi mi guardo intorno.
Ci ho dormito qui.
«E se tornasse James?»
«Ma figurati se torna in camera così presto, starà con la madre dei suoi figli»
Spalanco la bocca inorridita.
«Come?»
«Nel senso che lei se li sta mangiando. I suoi figli»
«Tiff!!!»
Scoppiamo a ridere all'unisono.
Non dovrei, non c'è nulla di divertente in tutto ciò, ma Tiffany ha questo potere.
«June sei davvero troppo bella per stare male per uno così»
«Uno così come?»
«Voglio bene a James, ma.... Sono quelle cose che dicono per tirare su il morale, no?» sorride appena.
Poi il suo viso si fa mesto.
«Che c'è? Tu cos'hai da dimenticare?» le domando tentando di non sembrare troppo invadente.
O chi
«La vedi come fa? È sempre arrabbiata con il mondo, è eccessiva, incontrollabile e....»
«E ti piace così» sottolineo.
«Sì, vero. Ma a volte esagera. Fosse un po' più simile a te...Sarebbe perfetta»
Resto interdetta a fissare i capelli color caffè che le ricadono a scie ondulate sulle spalle esili.
«Quindi non fumi... è il gusto che non ti piace?»
Tiffany cambia immediatamente argomento, forse per stemperare il lungo silenzio che si è creato.
«Non mi piace l'idea di perdere controllo...»
«Allora fossi in te, io smetterei di bere» sorride.
Tiffany è sempre pronta a darmi consigli e non mi chiede mai niente in cambio. É la classica persona che dà sempre il meglio di sè agli altri, senza pretendere altrettanto.
Siamo ancora sedute l'una di fronte all'altra, quando mi porto le mani sulle ginocchia e mi sporgo verso di lei.
«Taylor non ti merita. E questa non è una cosa che dico tanto per dire. Ne sono fermamente convinta.»
Lei compie il medesimo gesto e con uno scatto istintivo, le nostre labbra premono le une sulle altre.
«Scusa...» bisbiglia indietreggiando, io invece torno verso di lei.
«Sicura di non aver bevuto troppo?» la sento sussurrare non appena sfioro il suo labbro inferiore con il respiro.
«June...»
Non mi chiedo il perché e sembra non farlo nemmeno lei, perchè quando lascio che le nostre bocche si ritrovino, tutto il resto passa in secondo piano.
Il gusto zuccherino di frutta fresca appena raccolta, caramello e spumante, quel miscuglio mi invade le papille gustative. Mi dimentico di tutto e tutti, e per quanto Tiffany sia brava a baciare, sicuramente l'alcol sta facendo il suo lavoro. La sua lingua vortica voluttuosa insieme alla mia, ma senza accorgermene, la presa intorno alla bottiglia di champagne si fa più indecisa e inevitabilmente rovescio gran parte del liquido sulla mia t-shirt e sui suoi vestiti.
«Ops scusa.»
Lei si sfila il top nero, rimanendo con un reggiseno a fascia che lascia intravedere il piercing all'estremità del suo seno sinistro.
Sento il liquido gelido colare lungo il mio petto, mi passo una mano sotto alla maglietta e strizzo dapprima una coppa, poi l'altra. Sono completamente fradicia.
«Devo cambiarmi.»
«Possiamo rubare delle magliette a James». realizza lei. «Oppure...»
I suoi occhi scuri scintillano nei miei.
«Io lo tolgo a te e tu lo togli a me.» sibila con voce suadente, prima che la sua lingua morbida torni delicata a giocare con la mia.
La testa mi gira in modo ovattato, piacevole, perciò senza pensarci troppo, seguo Tiffany. Le mie dita raggiungono la sua schiena, dove lascio scorre pollice e indice per sganciarle il reggiseno.
Mi accorgo di avere il petto scoperto, solo quando l'acciaio gelido che le trafigge il capezzolo colpisce il mio seno turgido.
I brividi che partono dalla mia nuca si susseguono, finché lei non mi discosta una ciocca dagli occhi, con dolcezza.
«June, non abbiamo bevuto troppo, ma abbiamo comunque...»
«O porca...»
Il fragore di una bottiglia di vetro che casca a terra ci riporta immediatamente alla realtà.
«James!» lo rimprovera Tiffany.
«Cosa state... Cazzo.»
Con una rapidità disarmante, mi affretto a coprirmi il petto usando la maglietta, poi non appena lui si volta a chiudere la porta, me la infilo in fretta e furia.
Gli occhi di James cascano pesanti sul mio reggiseno caduto e terra, poi su di me.
«Niente, non riuscivamo a fare...»
Tiffany si riveste, poi gli indica la cartina, il tabacco e tutto l'occorrente buttato sul suo copriletto.
Io non ho il coraggio di guardare James negli occhi, ma non sembra che lui abbia parole in questo istante, perché è stranamente in rigoroso silenzio.
«Tu che fai, Jamie?» domanda Tiff.
Non riesco a fiatare. Noto solo i suoi capelli arruffati e i suoi occhi lucidi come due specchi.
«Cosa ci fai qui?» insiste lei.
«Dovevo...recuperare una felpa»
La sua voce calda e profonda mi provoca un vuoto nel petto.
«Prendila e vai.» gli ordina la mora con fare risoluto.
James però mi sta fissando così intensamente che sento le gambe tremare.
«Non ho più freddo.» tuona lui avvicinandosi.
Deglutisco rumorosamente.
All'improvviso la temperatura della stanza si fa rovente e l'atmosfera pericolosa.
«Anzi, no. Prima di andartene, aiutami con questa.»
Tiffany gli passa una cartina.
James ci giocherella pressandola tra le dita, poi la lecca, con le guance arrossate e gli occhi lucidi puntati su di me.
É una visione così piacevole che mi sembra di assistere ad una piccola tortura. Sarà stato lo champagne, ma ora mi sento proprio stupida. Come tutte le altre ragazze. Vorrei quelle labbra e quella lingua su di me.
«Ora puoi andartene James»
taglia corto Tiff, ma quando si accorge che io me sto immobile, senza dire una parola, lei prosegue con titubanza.
«A meno che June...»
Guardo Tiffany con occhi sgranati.
«...non ti voglia qui»
James si avvicina al mio orecchio con la sicurezza di un leone pronto a divorare la propria preda. Io sprofondo nel letto facendomi piccola.
«June» La sua voce bassa e suadente non mi lascia scampo.
Lo guardo inumidirsi la bocca con la lingua rossa, poi si china ancora verso di me.
I suoi occhi profondi cascano sul mio seno velato dalla t-shirt bianca, con il dito indice traccia una traiettoria immaginaria sulla mia coscia. Sale dal mio ginocchio, fino al bordo dei miei pantaloncini.
«Mi vuoi...qui?»
In quell'esatto istante preme con la punta delle dita sulla mia pancia leggermente scoperta e una cascata di brividi mi trafigge la nuca.
Fa caldo. E a peggiorare la mia situazione è il suo profumo così buono.
Lo voglio qui?
C'è davvero bisogno di dirlo ad alta voce?
Non apro bocca, resto solo ad ammirarlo quando lui aspira una grossa boccata dalla canna appena fatta. Subito dopo una nuvola aromatica mi avvolge, perché lui sputa il fumo sul mio viso.
«Stronzo» biascico sottovoce.
Entrambi gli angoli della sua bocca si sollevano all'unisono, andando a formare una curva maliziosa. Ed è l'ultima immagine che mi è concessa, prima di sentire le sue labbra legarsi alle mie in un lungo bacio. Avverto indistintamente il calore espandersi nel mio petto, quando le nostre lingue cominciano a rincorrersi e il mio cuore scoppia in una esplosione di sensazioni piacevoli.
La sua lingua è fredda, sa di birra e menta.
Riconoscerei un suo bacio anche ad occhi chiusi. Il sapore così fresco, il profumo così maschile e intenso.
La mano di James scivola esperta sotto alla mia maglietta, andando a modellarsi sul mio seno. Lo raccoglie a fatica nella mano, applicando una piccola pressione con le dita.
«Dio mio» lo sento mugugnare con il respiro affannato.
Poi però riconosco dell'insicurezza nelle sue iridi, per un attimo appare incerto sul da farsi. Sembra voglia slegare il nostro bacio e io non ne capisco il motivo, perciò mi aggrappo con entrambe le mani alla sua nuca, come a volermi sorreggere. Sotto alle dita, avverto la sporgenza delle vene che irradiano la sua gola, il sangue sembra fluire impazzito dentro di esse, tanto da renderle turgide e sporgenti.
«Non credo che sia... ehm...»
Riesco ad udire a fatica le parole di James.
E non è la musica assordante che arriva accennata dal piano inferiore, è proprio la situazione così piacevole da mandare il tilt il mio cervello. Il profumo di Tiffany si fa più vicino, mi mordo il labbro inferiore quando i suoi baci languidi cominciano a trovare spazio lungo il mio collo sensibile.
James si erge dritto, ma i suoi occhi sembrano non volerne sapere di scollarsi dai miei.
Sento una strana umidità pizzicarmi dentro.
Riverso testa indietro gemo appena quando Tiffany lascia scorrere una mano sul mio corpo.
«Siete fottutamente ubriache.»
«Sì?» ridacchia Tiffany.
«È meglio se la smetti, White.»
Vedo il suo pomo d'Adamo scivolare pesante verso il basso, mentre io ho perso le inibizioni
«Fammi smettere tu.» esalo senza pudore.
«Ci stiamo divertendo. Anche tu, no?» lo provoca Tiffany.
James solleva entrambe le sopracciglia, in un'espressione smarrita.
Con gli occhi grandi e persi, sembra proprio un cucciolo. Poi l'occhiata che si lancia in basso verso il suo bacino, lascia poco all'immaginazione.
«Cazzo se mi sto divertendo, ma... White sei ubriaca»
«E tu sei eccitato.» ribatto sfacciata.
Avverto Tiffany sorridere contro l'incavo del mio collo.
«E dai, cazzo...»
James esala un respiro faticoso, tira la testa all'indietro mentre entrambe le mani arpionano i suoi capelli, in un gesto quasi disperato.
Chiude gli occhi e si morde il labbro.
È così attraente senza nemmeno volerlo, che mi fa girare la testa. Mi chiedo se Tiffany provi quello che provo io in questo momento.
«Ti prego...»
Guardo la mora che mi rivolge un sorrisetto furbo, poi sussurra nel mio orecchio.
«Faglielo dire ancora.»
James però sente tutto.
«La finisci?» La redarguisce. «June ascolta...»
Raccolgo una piccola porzione di camicia tra le dita e lo strattono, portando il suo corpo contro di me.
Lui esala un mugolio rauco, sento le sue dita sfiorarmi il seno, ma poi la sua mano si stringe a pugno.
«Tieni mettilo». sputa raccogliendo il reggiseno da terra.
Non so perché accade, ma avverto presto le lacrime riempirmi gli occhi.
Mi sento umiliata.
Perché mi sta rifiutando?
Perché sono stata così stupida?
♠️ JAMES POV ♠️
Il suo seno grande e sodo resta alto sotto alla maglietta bianca. E cazzo, ci provo, ma non riesco a non lasciarmi scappare un respiro roco ed eccitato, quando Tiffany le fa scivolare la lingua in bocca. Non è necessaria un'immaginazione fervida per sentire quello che sto sentendo in questo momento.
«Però... aspetta un attimo»
Qualcosa non mi convince.
«Cosa?»
Non la sto nemmeno toccando, June ansima sottovoce quando mi avvicino.
«Perché fai così?» mi acciglio. Sarò anche intossicato, forse ubriaco, ma non posso fingere di non riconoscere che non è sè stessa in questo momento.
«Cosa starei facendo?» Chiede lei con sguardo confuso.
«Sei ubriaca sul serio, cazzo» ringhio quasi infastidito di doverlo constatare a voce alta.
«Ha bevuto ancora Tiff?»
Interrogo Tiffany che però mi guarda con aria persa, sollevando le spalle.
Poi tornano a toccarsi i capelli e i miei occhi cascano sui loro capezzoli turgidi che si sfiorano sotto agli indumenti.
Questo è il fottuto paradiso, ma dovermi fermare è l'inferno
«Io vado.» annuncio sbuffando.
«Ma che dici? Stai scherzando vero?» s'inacidisce Tiff.
«No, non sto scherzando proprio per un cazzo. Non è in sé.» indico June che mi rivolge un'occhiata accigliata.
«Hai finito di parlare di me come se non fossi qui?»
Poi lancia via il reggiseno che provo a consegnarle.
«Come se non fossi in grado di decidere!» Esclama rimettendosi le scarpe.
«Beh non lo sei»
«Da quando fai il guasta feste Jamie? Mi rimprovera Tiff «È un po' brilla, come lo è chiunque questa sera»
Ma lei non è chiunque
«Tu scopi da ubriaco, fai di molto peggio»
«Sì, ma tu non la conosci» mi indispettisco, poi abbasso la voce «E se si fosse pentita? Intendo, dopo»
«Mi stai parlando come se io volessi farle del male, James» mormora Tiff dispiaciuta.
«No, non dico questo è che...»
«Sei troppo protettivo con lei, che ti sta succedendo?» s'insospettisce la mora.
June è ancora qui, ma è troppo impegnata a rovistare sotto al mio letto.
«Ma che cazzo fai?» le chiedo ad un certo punto.
La vedo prendere il suo zaino.
Perché era nascosto sotto al mio fottuto letto?
«C'era il tuo regalo qui dentro! Ora non mi va più di dartelo»
Sento le labbra curvarsi inevitabilmente, il suo modo di fare così ingenuo ed infantile mi fa sorridere.
«June...»
«Lasciami!»
«Senti, datti una cazzo di calmata ragazzina. Sono strafatto, non capisco un cazzo... secondo te voglio... Non ti voglio.... Non così.»
«Tu mi confondi. Non la sopporto questa cosa» la sento mugolare scappando via dalla mia stanza.
«Ma dove cazzo vai ora?» domando osservando il suo reggiseno abbandonato sul mio letto.
E non posso fare altro che seguirla, per evitare si metta in altri guai.
La casa è sottosopra. Non invidio la ditta delle pulizie che domani dovrà rivoltarla come un calzino per non lasciare nemmeno una cosa fuori posto. Non ho voglia di discussioni inutili con Jordan. E nemmeno lui le vuole con me, per questo se n'è andato due giorni a New York, insieme a Jasper.
Nel tentativo di cercare la ragazzina però, mi ritrovo ben presto fuori da casa mia. O forse non è una casualità. In casa c'è troppa gente, fa un caldo fottuto e non so nemmeno io perché ho ancora questa cazzo di camicia addosso.
«Will?»
Mi stupisco di trovarlo lì, seduto sul pianerottolo di casa mia.
«James»
«Sei... venuto?» domando strofinandomi la fronte con fare confuso.
«Sono qui da un po'»
I suoi occhi color cielo mi evitano per qualche istante, fino a immergersi nei miei.
«Perché... non entri?»
Ho già sotterrato l'ascia di guerra. Non m'interessa litigare con Will e poi non ha tutti i torti, se lui soffre ancora per quel trauma, la causa è mia e del mio scatto di rabbia.
«Devo dirti una cosa» annuncia facendomi tremare.
«Non mi sembra il caso ora... non voglio litigare ancora, Will»
Lui però mi fa cenno di sedermi accanto a lui.
«Di che parli?» chiedo, ormai accovacciato alla sua altezza.
«Di chi parlo secondo te?» mi provoca.
La mia fronte s'increspa ai lati.
«Merda...» sussurro a denti stretti.
La biondina che non fa altro che farci litigare
«Che è successo?»
«Ti incazzerai, James.»
«Che hai fatto ora?»
Ho quasi paura nel chiedergli una cosa del genere. É pur sempre di William che parliamo.
«Le ho raccontato la verità.»
Mi muore un singulto al fondo della gola.
«Solo di tua madre e del padre di Brian» puntualizza, causandomi un sospiro di sollievo.
«Lo sai perché non voglio raccontarle tutto. Will, non voglio mettere in mezzo Austin, perché se scoprono che le abbiamo detto qualcosa...»
«Lo so. Neanch'io voglio che le facciano del male.»
Percepisco della chiara preoccupazione dalle sue parole.
«Vedi, questa mattina...»
«Senti, va bene così. Non mi devi delle scuse.» lo interrompo, brusco come al mio solito
«Nemmeno tu. Non stiamo più insieme. Se è così a corto di amor proprio da farsi scopare da te... che faccia pure»
«Cazzo, Will! Un po' di delicatezza almeno il giorno del mio compleanno. Guarda che non è colpa mia se quella sera, dopo la festa, ti ha fatto venire nei pantaloni, poi è venuta a cercare me.»
«Va bene, siamo pari.» sbuffa lui facendomi cenno di smetterla con la mano.
Reazione tipica di una persona punta nell'orgoglio.
«L'hai almeno cancellata la foto?» domanda ridacchiando.
Io non rispondo, mi mordo il lato del labbro, mentre lui scuote il capo.
«Stronzo che sei» lo sento dire prolungando quel piccolo sorriso.
Restiamo assorti a fissare il buio dinnanzi a noi, il silenzio viene frammezzato solo da qualche schiamazzo sporadico proveniente dalla casa.
«Ma sai una cosa? Gli piaci tu, James. È inutile girarci intorno» sentenzia fissandomi negli occhi.
«Con me non l'avrebbe mai fatto. Non mi avrebbe mai mandato quella foto.»
«Guarda che non era niente di...»
«Non voglio sapere! Ma vuoi proprio farti odiare?»
«Ci sono riuscito?» chiedo divertito.
«No»
Will mi lancia un braccio intorno alle spalle.
Non voglio perderti Will
🦋JUNE POV🦋
La piacevole calma che regnava in camera di James svanisce presto. Mi basta mettere piede in salotto. C'è troppo baccano intorno a me, la testa mi gira. Devo tornare a casa.
La voglia di andare a piedi manca, ma non posso fare altrimenti. Non sono abituata a bere e uno degli effetti collaterali è sicuramente la pipì che prende a scapparmi clamorosamente. Così, all'improvviso, non riesco più a trattenermi. Fuggo in bagno, dove però mi sorprende una lunga coda. Mi maledico, ma dopo aver aspettato venti minuti buoni che "non so chi" finisse di fare "non so cosa" in quel maledetto bagno, finalmente è il mio turno.
A stento mi riconosco nello specchio. I fili biondi e sparpagliati che mi contornano il viso non sembrano i miei, così come non sento mie le labbra arrossate e gonfie della ragazza del riflesso. Vi passo le dita sopra, come a tastarne la sensibilità. Ma quando scendo con gli occhi alla maglietta, mi accorgo di non portare il reggiseno. Merda.
Alcune ragazze della mia scuola non lo portano quando escono la sera, ma nel mio caso, è un po' troppo visibile. E io non mi sento a mio agio così. Come faccio la strada verso casa, conciata in questo modo? Devo recuperare la giacca. Dovrebbe avercela James?
Quando esco dal bagno però, non presto attenzione a dove vado e sbatto pesantemente contro una figura alta e grossa.
Riconosco gli occhi chiari e la barba color mogano.
Per un attimo credo si tratti di Eathan Austin, ma in realtà mi accorgo che è suo fratello più piccolo. Tom.
«Ma guarda un po' chi abbiamo qui...»
È lui che ha drogato il bicchiere di Tiffany, questo lo ricordo perfettamente.
«Non è lei la ragazzina che stava con Cooper? O con Hunter? Magari con entrambi» fa quell'insinuazione rivolgendosi ai suoi amici.
Proseguo per la mia strada, ma uno degli altri mi ghermisce dal braccio e mi spinge in mezzo al loro gruppetto.
Resto di sasso. Mi credevo forte in queste situazioni, invece mi sento paralizzata dall'umiliazione, ho paura.
«Hunter dev'essere pazzo a lasciare che un bocconcino del genere giri sola per casa» grugnisce uno di questi.
Ma è Tom Austin che mi cinge la vita senza pensarci due volte.
«Lasciami subito!» sbraito provando a sciogliere quella morsa non gradita.
«Ehi, non ti faccio niente»
«Lasciami ho detto!»
Mi copro il petto con le mani, perché il suo sguardo non è per nulla discreto, poi non so cosa accade. In un raptus di coraggio metto in pratica l'insegnamento di James. Mi divincolo dalla sua presa e gli sferro un pugno in pieno volto.
Lui probabilmente si aspettava di tutto da me, di certo non una mossa del genere.
Non ho però i riflessi abbastanza pronti per fuggire via, fortuna che ad un tratto sento la voce di Jackson alle mie spalle.
«June! Ma che fai?»
Austin si copre il viso con la mano, poi mi afferra dal bordo dei pantaloncini e mi attira contro il suo corpo possente.
«Avanti amico non è successo niente» prova a sdrammatizzare Jax come al suo solito.
Nel vederlo con un atteggiamento così cauto e con entrambe le mani alzate, inizio a pensare che anche Jackson tema Austin.
«Dai ti ha tirato un gancio da femminuccia, non può averti fatto male!» ridono gli amici di quest'ultimo.
Ma il tafferuglio attira l'attenzione delle persone intorno a noi e ovviamente, anche del festeggiato.
«Che cazzo ci fai qui? Vattene da casa mia»
«Quella puttana mi ha colpito»
Il mio colpo è stata una carezza in confronto. Il pugno di James invece, è così violento che vedo Austin crollare come un peso morto sul pavimento.
«Ora siamo in due ad averti colpito. Dici che la terza volta capisci meglio coglione?»
E succede tutto in un attimo. Quando ho reagito non potevo di certo prevedere ciò che sarebbe accaduto da lì a poco. Nè avrei mai pensato che gli amici degli Austin fossero più pazzi di loro. Uno di questi estrae una pistola dalla tasca della giacca di pelle e la punta in fronte a James.
«Okay la festa è finita. Potete andare, su»sento dire a Jackson, rivolto ai curiosi.
Alcune ragazze urlano, altri sembrano spaventati e ad una rapidità incedibile, la gente si dilegua. La casa si vuota.
«Che stai aspettando?» lo sfida James, come al solito, senza la benché minima paura.
Il delinquente ruota la pistola impugnandola dalla canna e con il manico gli sferra un colpo. In un attimo il viso perfetto di James comincia a zampillare di sangue.
«Cazzo, meno male che non c'era Will.»
sento dire a Jackson mentre sorregge l'amico appena ferito, poi lo aiuta a stravaccarsi sul divano, intanto quei criminali se ne vanno in gruppo, lasciandoci soli.
«È tutto qui?»
«Di solito sì» borbotta Jackson, intento a cacciare la gente via dal salotto.
Il mio sguardo viene rapito dalla sagoma di James: la camicia è ormai un ammasso di stoffa stropicciato, i capelli sfatti e la guancia sporca di sangue che scivola da un lato della fronte.
«James, mi dispiace» mormoro tastandogli la tempia lacerata.
«Ti è bastata una lezione per sentirti una fottuta Wonder Woman?»
«No ma...»
«Mi sei piaciuta.» sorride e io curvo le labbra di rimando, nonostante non possa fare a meno di notare che il suo viso sia impregnato di sangue.
«Ti lascio fare ciò che sai fare meglio, White.» mi prende in giro Jackson, indicando la ferita. «Disinfettalo e portalo in camera per favore»
Con un braccio infilato sotto al suo bicipite, provo ad aiutare James a sollevarsi dal divano, ma non c'è verso.
«Cosa credi di fare, Biancaneve? Mi alzo da solo.»
«Io mi assicuro non ci siano troppi danni e che se ne siano andati via tutti» continua il biondo, mentre noi saliamo le scale.
«Che fai?» domando a James quando entriamo in camera sua.
Lo vedo svitare il tappo di una confezione gialla, poi delle pastiglie atterrano sulla sua lingua. Afferra la bottiglia che poco fa ho lasciato lì sul pavimento e ingolla grandi sorsate alcoliche per mandarle giù i farmaci.
«Che cazzo di casino che hai combinato questa sera, White.» biascica indicando il suo letto dove oltre al tabacco sparpagliato, c'è la chiazza di champagne che ho versato quando stavo lì con Tiffany.
E io che credevo parlasse della rissa che ho scatenato cinque minuti fa.
«Perché prendi quella roba?»
«Sono antidolorifici.» spiega lui.
«Ti ha fatto così male...?»
«No. Lo faccio sempre»
Il modo sbrigativo in cui risponde mi lascia intendere che non gli faccia piacere parlarne.
«Quale parte del corpo ti fa male James?»
«Il cervello, June»
«Cosa?»
«Niente, lascia stare.» taglia secco.
Io però voglio sapere.
«E queste cosa sono?» domando scorgendo altre confezioni identiche nel cassetto del suo comodino.
«Altre pillole.» ribatte lui controvoglia.
Si poggia con una mano contro l'armadio, sembra stanco.
«Da quando le prendi?»
«Da quando avevo otto anni »
«Perché James?»
Lo vedo sedersi a terra, di fianco al letto.
«Per avere un problema in meno? Non lo so. Come cazzo faccio a saperlo. Così non dovevano occuparsi di me.»
Mi accovaccio alla sua altezza, come fossi in cerca di una connessione tra noi.
Posso aver bevuto, sì, ma fatico comunque a lasciarmi andare. Stavo per fare qualcosa d'impensabile con lui e Tiff poco fa, perché allora un piccolo affettuoso, mi risulta così difficile?
«Mi dispiace tanto»
James reclina il capo.
E io mi sento inutile davanti alla sua sofferenza, perciò compio un balzo istintivo all'indietro.
«Ti aiuto a cambiare il letto e vado.» sentenzio fredda.
«Come torni?»
«Chiedo a Jax un passaggio»
James annuisce, ma quando mi ergo in piedi, lo fa anche lui. Mi cinge la vita con il braccio e il mio addome si contrae.
«Stavamo per fare una cazzata» lo sento ansimare vicino al mio orecchio.
Chiudo gli occhi, beandomi del suo buon profumo, ma dei colpi sulla porta mi fanno compiere un altro salto.
Sento delle voci femminili.
«Ops camera sbagliata...»
La porta si apre e una ragazza alta e mora fa la sua apparizione.
«Sbagliata direi di no, dato che Jamie è qui!» cinguetta un'altra, poi un coretto di risate a seguire.
Io sono già spazientita, come posso non sentirmi una di loro?
James però va a chiudere la porta senza troppi complimenti. Quando si volta e scrolla il capo, io mi imbambolo a fissare la sua tempia ancora ferita.
«Grazie..» mormoro sottovoce.
Lui solleva un sopracciglio, sembra sorpreso della mia gratitudine.
«Ma poi perché ti ringrazio tanto l'hai fatto solo per Will, vero?»
James non può farne a meno, sogghigna davanti al mio sarcasmo.
«Però non sto più con lui, perciò smettila con questa farsa in cui hai paura di dire come stanno veramente le cose.»
«Non è una farsa, mi ha detto di badare a te quando non c'è. E così l'ho fatto. Vedi di non metterti più nei pasticci»
Il suo tono è volutamente canzonatorio. Potrebbe prendermi in giro, oppure no, ma io decido comunque di stare al suo gioco.
«Ma io non ho fatto niente» bisbiglio sottovoce.
«No... Te ne vai solo in giro l'aria da brava ragazza...»
«E quindi?» mi mordo il labbro.
«Beh... Ai cattivi ragazzi piace»
«Ah si?»
«Hmm...»
«E cosa ne sai tu?» lo provoco.
«Boh, lo dico per sentito dire» solleva il mento, ma la sua scena da duro ha vita breve.
Sembra che qualcosa lo preoccupi sul serio.
«Senti, tu non conosci gli Austin. Potevano approfittare di te. Perché devi sempre cacciarti nei guai?»
«Tu pensi a tutti quelli che possono approfittare di me, ma a te non ci pensi mai?»
La mia uscita solletica la sua curiosità.
«Che significa?» pretende una spiegazione, restando con le spalle contro la porta.
«Non devi ridurti in questo stato. Sei completamente ubriaco e fatto. Chiunque potrebbe approfittare di te, non te ne accorgeresti neanche.»
«E allora?» scoppia a ridere. «Pensi che mi importi?»
«Importa a me» sussurro avvicinandomi a lui con cautela.
Lui abbassa il viso nella mia direzione, poi con la punta delle dita scalfisce delicatamente il mio zigomo.
«Adoro quando lo fai» ammetto in un moto di coraggio, forse dettato dall'alcol.
«Cosa...?»
«Tu che mi tocchi il viso»
«Anch'io lo adoro.»
«Cosa, James?»
«Tu che ti preoccupi per me.»
Chiudo gli occhi quando entrambe le sue mani diventano conche pronte a raccogliere l'interezza del mio volto.
«Aspetta»
Poso i palmi sul suo petto accaldato, provo a respingerlo, ma in realtà non è ciò che vorrei. Voglio lui. E James sembra capirlo, perché preme il suo corpo contro il mio, lasciandomi intuire quanto anche lui voglia me, adesso.
«Sei così...»
«Sono duro, sì. E tu sei morbida. Lo adoro, cazzo» mi afferra fianchi poi con le labbra punta alla mia bocca socchiusa.
«Aspetta. L'avresti fatto?» chiedo, continuando a rimandare il nostro bacio con le mie domande insistenti.
«No, sennò avrei detto a Tiffany di affondare le sue belle dita dentro di te»
Si avvicina ancora e io, di nuovo, lo allontano. Lui sbuffa questa volta.
«Cosa c'è?» chiedo notando la sua reazione.
«È una cazzo di tortura con te»
«Dimmi una cosa, hanno ragione Taylor e Will? Vuoi solo questo?»
«No, vi ho fermate io. Non te lo ricordi?»
Restiamo a squadrarci, lui mi osserva dall'alto, mentre io lo studio dal basso. Siamo come due esseri appartenenti a specie diverse che s'incontrano per la prima volta e faticano a capirsi.
«Dai, sentiamo.» mi prende in giro, quando si rende conto che sono ancora dubbiosa.
Non ho il diritto di avercela con lui per Scott o per tutte le ragazze che ha imboccato con le bottiglie di spumante questa sera. Non stiamo insieme, eppure... se provo fastidio, cosa devo fare?
Non dovrei forse dirglielo?
«Ti comporti sempre in un modo che non capisco»
Lui solleva un sopracciglio. «Spiegati. E intanto dammi una mano a rifare il letto che hai sporcato»
Lo aiuto a sfilare il copriletto macchiato, mentre James ne recupera uno pulito dall'armadio.
«Con le ragazze devi sempre esagerare»
«Sono solo amiche, qual è il problema?»
È una causa persa mi dico mentre stendiamo la coperta che profuma di ammorbidente.
«Tu proprio non capisci, James...»
«Fammelo capire allora.»
«Beh, forse non ne sei a conoscenza, ma esiste il concetto di "rispetto" tra due persone e....»
Lui però mi rivolge cenno di diniego, non è questo che gli interessa.
«No. Non con le parole. Fammelo capire con i fatti.»
Interdetta e confusa, ammiro i suoi occhi larghi e vacui. Il blu è così sottile da far sembrare le iridi completamente nere.
«Quindi domani non verrai con me?» chiede poi.
«Cosa? Dove?»
Si strofina le punte spettinate con un movimento rapido delle mani.
«Non ricordo se te l'ho già chiesto»
«Cosa mi avresti chiesto? Non mi hai chiesto niente.»
James però, invece che spiegarsi, si sbottona la camicia.
oh no
«White.»
«Hmm?»
«Cosa c'è nel tuo zaino?»
Con occhi curiosi indica il mio zainetto abbandonato in un angolo della stanza.
James si sfila la camicia, poi i pantaloni e prima che riesca a dire altro, vedo il suo corpo mezzo nudo trovare spazio sul letto.
Le cose sono due, June.
O te ne vai. O te ne vai.
E invece decido di andare a recuperare lo zaino, apro la zip poi estraggo un grosso paio di cuffie bianche.
«Raccontami la storia di queste cuffie». lo sento dire, mentre lui ha già chiuso gli occhi.
Mi accomodo sul bordo del letto, mi sporgo verso il comodino per accendere una luce più soffusa, infine torno a guardarlo.
«C'era una volta... ehm...»
«Avanti, White.»
Mi faccio coraggio e proseguo.
«C'era una volta, un ragazzo che aveva bisogno d'isolarsi da tutto e tutti. I genitori litigavano sempre...»
«Aspetta. È la mia cazzo di storia?» sorride James sollevandosi appena.
«No» lo freddo io.
A quel punto una piccola ruga segna di apprensione la sua fronte e non smette di fissarmi in silenzio.
«Ma quando ieri ho visto Jasper... mi è venuta in mente questa storia.»
«June, se non vuoi raccontarla...»
«Lasciami finire. I suoi genitori litigavano sempre e lui non amava sentirli discutere. Sua sorella piangeva spesso nella camera a fianco e lui non amava sentire quei pianti. I medici non facevano altro che ricordargli della sua malattia e del fatto che... la sua vita, seppur breve, stava già per arrivare alla fine»
Il groppone che mi si forma in gola non mi permette di continuare, ma i polpastrelli freddi di James sfiorano le mie dita strette intorno all'arco delle cuffie. Le mie nocche sono ormai bianche, come se non fossi pronta a lasciarle andare.
O forse, a lasciar andare quel ricordo.
«Perciò... lui non era più felice. Lo era solo quando infilava queste e ascoltava la musica.»
James mi osserva disorientato, quando vede che gliele sto porgendo.
«Jasper mi ricorda mio fratello. E forse, tu sei molto più simile a loro di quanto credi. Potresti averne bisogno, quando senti troppo rumore, invece che affidarti a...»
Indico i medicinali composti in ordine sparso sul suo comodino, insieme a bustine di sostanze non identificate.
James accoglie tra le mani il mio regalo, e proprio in quell'istante, si solleva con il busto e giunge alle mie labbra per posarvi un dolce bacio.
«James»
«Grazie» lo sento sospirare.
«Allora, domani vieni con me in un posto?» domanda allargando gli occhi.
«Dove?»
«Alla fine non te l'ho chiesto?» Mi squadra confuso. «Ah, già ti eri addormentata.»
«È per questo che eri arrabbiato ieri? Sì che ci vengo»
«Lo prometti?»
Lo vedo affondare con la testa nel cuscino, si sdraia sul letto, ma non sembra voler lasciare il mio regalo, lo stringe a sé, come se fosse realmente prezioso.
«Sì»
«Giuralo» chiede chiudendo gli occhi.
«Sì James, sta tranquillo.»
«Va tutto bene» dice ad un tratto, provocando la mia reazione stranita.
«Era una domanda, questa volta» sorride con gli occhi chiusi.
«Sì, James va tutto bene...dormi adesso.»
Rimbocco le ciocche che sparpagliate gli albergano sulla sua fronte e con quella scusa, accarezzo la ferita che si è procurato per difendermi.
«Di solito non è così»
Sta per scivolare nel sonno, ma non so come, trova le forze per parlare ancora.
«Okay» rimbalzo sbrigativa.
«Di solito sono ubriaco»
«Lo sei anche ora» sottolineo mentre la sua voce si fa più biascicante.
«Fatto da non capire più un cazzo»
Annuisco ma mi sento disagio.
Ho paura possa dire qualcosa per ferirmi.
E potrebbe farlo senza nemmeno volerlo.
«Di solito non sono a casa a mezzanotte. E ho più di una ragazza nel letto»
«Basta, smettila»
«E faccio le cose peggiori. Solo perché è la mia festa, ma...»
Mi si blocca il respiro.
«....Ma stavolta no. Questo è stato senza dubbio il miglior compleanno finora.»
James non apre gli occhi, ma si addormenta subito dopo aver cercato con le sue dita, la mia mano rigida, impigliata nel materasso.
«Volevo solo che lo sapessi»
Eccoci.
Oggi poche parole per lo spazio autrice.
♠️ Ci sarebbero voluti altri due giorni per la revisione, ma me ne sono fregata altamente.
Il capitolo non è perfetto, ma ce lo facciamo andare bene ugualmente ✨
♠️ cosa ne pensate della scena 🔴 ? Secondo me, viste le abitudini di James, questo passaggio era necessario per dimostrare che forse, a June ci tiene un pochino di più rispetto alle altre...
Forse, chi lo sa 🤔
♠️ Stellinatemi ⭐️ se vi è piaciuto
(lo spero, sennò giuro mi do al giardinaggio 🪴💃🏻)
Ci vediamo su insta per commentare il capitolo 🦋
✨ Instagram: Stefaniasbooks
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