44. Bad boy. Good lips

𝚂𝚎𝚍𝚎𝚝𝚎𝚟𝚒 𝚌𝚘𝚖𝚘𝚍𝚎,
𝚙𝚛𝚎𝚗𝚍𝚎𝚝𝚎 𝚞𝚗 𝚋𝚎𝚕 𝚛𝚎𝚜𝚙𝚒𝚛𝚘 𝚙𝚛𝚘𝚏𝚘𝚗𝚍𝚘...
𝙴 𝚜𝚒 𝚌𝚘𝚖𝚒𝚗𝚌𝚒𝚊. 🦋




JUNE POV

La lampada poggiata sul mio comodino illumina debolmente lo spazio circostante, lasciando che sia solo lo sguardo affilato del ragazzo in piedi dinnanzi a me, a risplendere nella penombra.

Ed è proprio lo stesso sguardo a restare ben impresso dentro ai miei occhi, anche mentre mi lascio cadere contro il suo petto caldo e marmoreo. Il gesto non viene accompagnato da alcuna parola, ma è un atto così intimo che mi induce a dimenticare ogni brutto ricordo della serata appena trascorsa.

Perché non posso negarlo, questa situazione ha dell'assurdo: sono in camera mia insieme a James Hunter, che si è presentato con tanto di ferita sanguinante e con l'intento di restare con me per proteggermi da Austin, il tizio inquietante che è piombato a casa mia dopo l'invito di mia madre. E ora James se ne sta qui, con solo un asciugamano avvolto in vita, a tenermi stretta contro il suo petto.

Perché adesso si comporta in modo così premuroso?

Come un fulmine a ciel sereno, le parole di Taylor tornano prepotenti nella mia testa, così come l'atteggiamento di James, oggi a scuola. Mi ha completamente ignorata per parlare con un'altra ragazza e la cosa non mi ha neanche stupita più di tanto.

Con un movimento repentino ed istintivo, poso un palmo sul suo torace solido per venir meno a quell'abbraccio caldo.

«Stai bene?»

Lo chiede senza curarsi di nascondere una lieve preoccupazione, mentre io sto già intrecciando le dita tra loro per alleviare la tensione.

É inevitabile, la domanda di James provoca un'ulteriore reazione a catena nella mia testa e il riassunto delle immagini che mi si palesa davanti risuona abbastanza inquietante.
E non è cominciato con la presenza di Austin nella mia cucina, ma è accaduto ieri, con Taylor che ha preso a dire quelle cattiverie a casa di William, ricordandomi non solo quanto io sia stata impulsiva nel lasciarmi andare con James, ma anche come sia stato facile farmi dimenticare tutte le bugie e i segreti che le persone in torno a me nascondono.

E tutto per un bacio...

Sto bene? No. Ma non sarebbe giusto scaricare tutte le colpe su James, perché ha deciso di restare con me e se lui non fosse rimasto qui...

I miei occhi vagano alle sue spalle, dove la porta del bagno è ancora aperta e lascia trapelare il mobile con il cassetto in cui tengo l'arricciacapelli.

Lo sguardo turbato si perde a macchia d'olio sul pavimento, come a voler ritrovare un appiglio, quel punto di sostegno che poco fa James aveva provato a regalarmi.

«Sì, sto bene» mento per non fornire ulteriori spiegazioni sul mio stato d'animo attuale.

Riesco a percepirla con la coda dell'occhio, l'espressione accigliata che gli si disegna sulle labbra rigonfie.

«Dirai mai la verità quando qualcuno ti chiede come stai, ragazzina?»

«É solo una forma di cortesia, a nessuno importa la reale risposta. Perciò sì o no, non fa differenza.»

Lo fulmino con un'occhiata secca, James invece solleva appena il lato della bocca, come se riconoscesse dell'ironia nelle mie parole.

«Nemmeno se te lo chiedo io?»

Presuntuoso

«Perché? Tu invece staresti bene?»

Arriccio la bocca mentre gli indico il fianco ferito, fasciato dalla garza bianca.

«Brucia solo un po'»

«La volta che ti faranno del male per davvero, James...»

Un turbinio di brividi freddi sale rapido lungo la mia spina dorsale. Rabbrividisco. Forse perché quell'eventualità mi terrorizza.

James però non sembra minimamente toccato dalle mie parole, anzi, sbuffa infastidito, poi si siede sul bordo del mio letto.

«Ethan e suo fratello sono due coglioni, non mi fanno paura. Il problema è...»

Con la mano destra prende a tastarsi l'addome, prima di compiere una pausa, giusto il tempo di riallacciare lo sguardo al mio. Appare pensieroso, concentrato, ma non intenzionato a continuare.

«Austin ha parlato di suo padre... Chi è?» lo rimbecco prontamente.

Mi faccio sopraffare dalla curiosità, o forse, in questo frangente, dalla paura. Il ricordo del corpo di quel tizio contro il mio mi fa sobbalzare e il pensiero del suo respiro sul mio viso, mi provoca un orrore non indifferente. Dei fremiti di paura puntellano le mie spalle coperte dall'ampia maglia del pigiama di pile, mentre sto in piedi a fissarlo attentamente. Sicuramente risulterò infagottata come fossi pronta per il polo nord, mentre l'aspetto di James è sempre impeccabile: i capelli castani più scompigliati del solito, le pupille ampie e la pelle del suo torace dorata e completamente liscia. Le guance rosate e le labbra della stessa tonalità, solo un più vivide.

Non so che arma abbiano usato per procurargli quella ferita, di certo era qualcosa di appuntito e sono sicura che nessuno eccetto lui, apparirebbe così perfetto dopo una serata del genere.

«Loro padre non è una persona con cui vorresti avere a che fare. Ha le mani ovunque e lo conoscono tutti qui. É a capo di un piccolo clan che gestisce le attività più criminose di Los Angeles.»

Il blu che riempie le sue iridi si rabbuia tempestivamente.

«E tu perché hai a che fare con una persona così, James? Come fai a conoscerlo?»

Un attimo di silenzio assordante s'insinua tra le nostre sagome, intanto i miei occhi vengono rapiti dal suo petto scoperto, che sembra sollevarsi a fatica, riempiendosi di una quantità d'aria non sufficiente.

«Prima di Jordan, lui e mia madre stavamo insieme. Erano sposati quando sono nato io»

La percepisco ad ondate, l'amarezza che proviene dalle sue parole.

«Vuoi dirmi che Ethan e Tom sono figli di tua mamma?»

Il mio volto si deforma in un'espressione spaventata, che rasenta il disgusto.
James annuisce, rifugiando gli occhi profondi sulle sue stesse mani, che nervose prendono a tormentare il bordo dell'asciugamano.

«Quindi sei nato fuori dal loro matrimonio...»

«Già. E lui mi odia, cazzo.»

«Pensavo che Jordan e tua madre fossero sposati...»

«Lo sono stati. Si sono sposati qualche anno dopo la mia nascita, finchè non è nato Jasper. É durata niente. Lei non ha fatto altro che tradirlo. Alla fine si sono lasciati quando io ero piccolo e ovviamente è tornata con lo stronzo.»

«Tu e Jasper siete cresciuti con lui?»

«Sì, ma quei due non li considero neanche fratellastri. Lui li ha mandati in un fottuto collegio quando erano ancora piccoli.»

Resto accigliata, sconvolta, senza parole. Forse l'astio che James riserva a suo padre è dovuto all'assenza della sua figura durante l'infanzia. Anche perché da quel poco che conosco Jordan, mi è sembrato troppo premuroso e attento con i suoi figli: quello che deve aver passato James è sicuramente peggiore della mancanza di un padre. Vorrei chiedergli qualcosa in più, vorrei mi raccontasse di sua mamma, ma solo il ricordo di ciò che mi ha confidato quando eravamo al fiume, mi paralizza.

«Sono comunque rimasti dei delinquenti» commento ancora disorientata.

«E io non sono tanto diverso.»

Lo sibila con voce profonda, così bassa che fatico ad udirla.

«No, James. Non è affatto così.»

«Faccio le stesse cose che fanno loro.» ribatte con durezza, immergendo i suoi occhi cupi nei miei.

«Le cose che fai non definiscono chi sei.»

Tento di allacciare la sua fiducia a quelle misere parole di conforto, ma non è sufficiente.

«Invece sì, se fai ciò che faccio io.»

Lo vedo alzarsi dal ciglio del letto per giungere alla sedia accanto alla mia scrivania, con l'intento di rovistare nelle tasche dai pantaloni della tuta, ancora macchiati di sangue rappreso.

«Tu vendi quella roba perché ti ricattano, non hai bisogno di soldi. Vero?»

James però non risponde. Vorrei dirgli di non fumare in camera mia, ma invece che estrarre una sigaretta, strappa un piccolo pezzo dal pacchetto e comincia a torturarlo tra pollice e medio.

«Vero, James?»

Senza replicare, inclina il capo verso il basso e la morsa al mio stomaco si fa più stretta.

«Sfruttano la tua popolarità e le feste, per massimizzare le loro vendite?»

«Sanno che io non parlerei mai, né li denuncerei mai»

«Perché?»

Le sue labbra gonfie sembrano rimpicciolirsi quando si serrano per il nervoso.

«È per quello che hanno fatto per te, vero?»

«Non....» Forse è il mio sguardo deluso a smuovere qualcosa in lui, tanto da indurlo a continuare. «Senti, se fosse facile...»

«Prova a spiegarmelo allora!»

Volevo risultasse una supplica gentile, ma quello che esce dalla mia bocca è un ordine sgarbato. Forse perché io, dal mio canto, mi sono già fatta le mie idee.
James ha sicuramente chiesto un favore agli Austin lo scorso anno, ma se ha rubato la pistola al padre di Taylor, dev'essere stata una faccenda che inizialmente ci teneva a sbrigare in prima persona. Questo significa che quello che aveva in mente era qualcosa di grosso. Molto grosso.

E dopo tutto... Che cosa ci fai con una pistola se non... uccidere?

Lo osservo con minuzia, mentre accompagna il piccolo filtrino appena creato alla sua bocca socchiusa.
Non c'è giustificazione alla violenza, questo l'ho sempre pensato, ma non credo che James volesse uccidere per davvero. Per quello che so di lui, per quello che ho vissuto in prima persona con lui, forse voleva  mdifendere qualcuno.

Mi perdo a rimuginare a quando un mese fa lui e i suoi amici avevano aggredito il preside. Stando a ciò che ha detto Austin, a scuola c'è qualcosa che qualcuno sta nascondendo. Forse è proprio il preside questo qualcuno? Forse è per questo che l'hanno aggredito?

Non mi vengono in mente altri tasselli da collegare a questi avvenimenti, l'unica cosa degna di nota che è successa e di cui sono a conoscenza, è l'episodio che mi ha confidato William, quello riguardante il professore di nuoto.
Ma è successo troppi tempo fa... James è andato in riformatorio dopo il litigio di Brian alla festa di Taylor, lo scorso anno... quindi non era Will che voleva difendere.

«Qualcuno ha fatto del male ad Amelia e tu volevi proteggerla?»

É la sola ipotesi che mi frulla in testa da settimane.

James scuote la testa trattenendo un sospiro amaro. «Mi piacerebbe fosse così semplice... Ma solo io so come sono andate realmente le cose e se ti raccontassi ciò che è accaduto, non credo vorresti avere ancora a che fare con me»

Con lo sguardo cerco i suoi occhi colmi d'angoscia, che come due specchi rovesciati ricadono verso il pavimento.

Dal mio canto, vorrei sapere tutto, sì, ma se lui avesse provato a fare del male a qualcuno.... non penso glielo perdonerei mai.

Il silenzio cala drasticamente e dura un tempo indefinito, tant'è che quando sollevo il capo, mi accorgo che James resta fermo dall'altra parte della mia camera a fissarmi, come se provasse a studiare le mie reazioni. Mi avvicino a lui con cautela, senza però sfiorarlo. I suoi occhi sono pericolosi, sottili, non ho dubbi. Tutti mi hanno detto di stargli alla larga sin dall'inizio, tutti mi han detto di fare attenzione a questo ragazzo, eppure il mio istinto non sembra essere d'accordo. Questo mi dice che, nonostante tutto, di lui posso fidarmi.

«James, a dirla tutta...»

Tende un braccio verso di me, quanto basta per raggiungermi e il respiro mi si blocca nel petto. Le sue dita fredde scalpellano lente il mio polso, carezzandolo appena. Risalgono con pazienza, ma ben presto si scontrano con la manica del mio pigiama, che arresta la corsa del suo tocco. Sembra in cerca di tepore, di un contatto umano, pelle contro pelle, come un neonato che ha bisogno di essere lasciato tra le braccia della madre, subito dopo la nascita. Quindi con la mano mi scavalla il braccio rivestito dalla stoffa, per finire sul lato sinistro del mio collo, dove la mia pelle scoperta accoglie le sue dita fredde.

«Continua»

«Voglio dire... Per quello che hai fatto, ci saranno sicuramente delle motivazioni e...»

«Continua»

Dapprima la punta delle dita, poi gli anelli freddi. La frizione che applica sul lato della mia gola risulta in un brivido piacevole. Ed è un gioco di sguardi, il suo rincorre il mio e lo fa con ostinazione, mentre io rifuggo a quegli occhi affilati, restando però ipnotizzata dalla sua bocca, che sembra essere messa lì apposta per essere leccata e morsa di baci.

Ma che pensieri faccio?

«James, dirla tutta... Sebbene io non sappia cos'hai fatto in passato, mi fa più paura...»

«June»

Il fremito che mi scuote non sembra essere in grado di sciogliere tutta la tensione accumulata nella serata. Questa infatti, resiste, imprigionata nella mia schiena rigida e tesa. Rimango immobile, mentre il suo pomo slitta rapido davanti al mio sguardo che comincia a bruciare per via della sua soffocante bellezza.
Mi chiedo come sia possibile resistergli, ora

L'osservo chiudere gli occhi, quando le sue labbra gonfie raccolgono il respiro che abbandono sulla sua mandibola, poi la sua bocca prende a solleticare la porzione di pelle sensibile dietro al mio orecchio.

«Cosa ti fa paura?»

«Tutto questo. Io e te da soli.» spiego con un sussurro accennato.

Siamo troppo vicini, così io mi ritraggo, compiendo un passo indietro. James non oppone resistenza, forse se lo aspettava. Ho detto che mi fido di lui, forse è davvero l'unica persona che potrebbe proteggermi se sono nei guai, ma... ci stiamo buttando in un sentiero pericoloso.
E se è vero che dei baci possono anche significare nulla, io non riesco a fare a meno di pensare che sarò trattata come tutte le altre.

Le sue labbra però, non perdono tempo, hanno già raggiunto la mia guancia, dove vi posano un bacio e poi un altro, tracciano dolcemente la mandibola fino a giungere al lato della mia bocca. Quel movimento così vellutato e languido mi fa rabbrividire.

Ma che sto facendo?

Basta, ora prendo un bel respiro e lo mando via.

«C'è mia madre di sotto e domani abbiamo scuola.»

Dico la prima cosa che mi viene in mente, ma lui sembra fregarsene, mi volta le spalle lasciandomi ad ammirare gli intarsi perfetti che compongono la sua schiena enorme.

«Senti James, mettiamo le cose in chiaro...»

«Non c'è proprio un cazzo da mettere in chiaro.» sputa con decisione.

«Guarda, fatto. Ti ho risolto i problemi» annuncia stendendosi sul mio letto, dove con la grandezza del suo corpo riempie tutto lo spazio senza lasciarmene neanche un po'.

Inspiro innervosita, ma quello che assumo è l'odore del mio bagnoschiuma alla pesca, mescolato con l'intenso profumo maschile che sembra impregnare la sua pelle sempre e comunque.

«Dicevi...?»

M'incalza con un ghigno compiaciuto, non appena si rende conto che mi sono distratta, persa a rimirare le sue dita affusolate che giocherellano sinuose con i capelli arruffati.
Poi i miei occhi cascano dritti sulle sue labbra e per un po' ci restano.

Non mi stancherei mai. Proprio mai

E per una volta devo dargli ragione, se si tratta di lui, la coerenza è proprio sopravvalutata.

«Che stai guardando?» chiede sollevando appena lato della bocca.

«Sto guardando un arrogante che si è appena sdraiato sul mio letto. Presuntuoso e prepotente»

Le fossette si accentuano quando un sorriso piccolissimo fa capolino sul suo viso.

«Tu dici?»

Mi stringo nelle spalle.
La risposta non ce l'ho. Ancora adesso mi chiedo se la sua sia una maschera o se si crede per davvero un dio sceso in terra.

In tutto ciò però, devo assolutamente fargli mettere qualcosa addosso, di certo non può stare così nel mio letto.

«Senti, vado a vedere se trovo dei vestiti...»

Fuggo di corsa verso l'armadio in cerca di abiti da fargli indossare.
Come scie di fuoco, al mio ritorno i suoi occhi inceneriscono gli indumenti che stringo nella mano.

«Sono sempre quelli di Blaze» annuncio conoscendo la domanda.

«Non li voglio» dice lui, già sdraiato sul letto, con il piumone a coprirlo dalla vita in giù.

«Invece te li metti.»

Glieli lancio addosso, ma lui li afferra al volo mettendo in mostra i suoi riflessi pronti, neanche fosse Peter Parker in persona.

«Dormo nudo di solito»

«Non è affar mio»

«Ah no?» Ridacchia divertito.

«Non nel mio letto»

Questa volta mi mostro seria, mentre incrocio le braccia al petto, in attesa che James faccia quanto gli ho domandato.

«Sei una fottuta rompi coglioni»

Ha ancora l'asciugamano stretto in vita quando lo vedo infilarsi sotto al piumone con i pantaloncini in mano, così mi giro per lasciargli modo di vestirsi. Voltandomi però, scorgo nello specchio il mio pigiamone largo, nonché poco attraente. E proprio mentre scannerizzo la mia figura goffa e impacciata racchiusa in quegli stati di stoffa, incontro il suo sguardo sottile rivolto al mio fondoschiena, mi fissa senza la benché minima vergogna.

«Hai finito?» ringhio infastidita.

«Che ho detto? Non ho nemmeno fatto commenti del cazzo sul tuo bellissimo pigiama. Illuminami, White: è già Natale?»

«E dai, smettila»

Mi accosto di poco alla sua sagoma sdraiata, ma è quanto basta per permettergli di agguantarmi dal polso e trascinarmi sopra di lui.

«Cos'è che ti fa tanto paura nello stare da soli?»

«Tu sei pericoloso»

Atterro con le dita della mano destra sul suo torace, che mi fa da appiglio sul quale poggiarmi.

«È per quello che potremmo fare, Biancaneve?»

Sento le guance scaldarsi appena, forse perché sono seduta su di lui, con solo una coperta a dividere i nostri corpi premuti.

«Esattamente.» annuisco abbassando timidamente la testa per non incontrare i suoi occhi sotto di me.

«Per adesso ti ci sei solo seduta sopra»

«Finiscila» Lo rimprovero riconoscendo il tono malizioso della sua voce.

«E poi di cosa dovresti aver paura? Le cose piccole sono le più innocue, no?» sogghigna con un'espressione da adorabile arrogante.

«Cretino.»

Gli lancio uno schiaffetto sul torace ma James afferra prontamente il mio polso e lo trascina verso di sé, inducendomi ad avvicinarmi a lui. L'incavo del suo collo emana un profumo divino, ma è la durezza del suo petto compresso sul mio, a togliermi realmente il fiato.

No June

Ricordati di Taylor, di come ti ha trattata a scuola

Mi discosto immediatamente da quella posizione che vede i nostri visi troppo vicini, ma prima che io possa sgusciare via, James mi trattiene sopra di lui, piantando entrambe le mani sulle mie cosce allacciate intorno ai suoi fianchi.

«Che è successo poi, con Taylor?»

«Solito. Abbiamo litigato.»

Si morde il labbro inferiore, poi senza paura prende a fissarmi le labbra con occhi pieni di un blu fulgido.

«Sì ma non mi stai raccontando niente, James...»

Solleva lato bocca per un periodo troppo breve, non sembra contento di cosa sta per dire.

«L'ho fatta incazzare»

«Che le hai detto?»

«Me ne sono andato dal bagno perché le sue scenate del cazzo non le sopportavo più. Non è la prima volta che le fa, ma questa volta si è incazzata sul serio»

«Cosa le hai detto?»

James alza le spalle disinteressato, così gli sferro un colpetto sul petto per invitarlo a parlare.

«Niente» Rotea gli occhi a lato.

«James»

«Non vuoi sentirlo...»

«Sì invece»

Lo vedo irrigidire la mascella che si segna notevolmente, mentre la vena che gli attraversa il collo s'indurisce sotto alla pelle sottile.

«Le ho solo proposto di scopare con me e Bonnie»

Rimango a bocca aperta per qualche secondo, lui mi fissa impassibile, senza distogliere gli occhi dai miei neanche per un attimo.

No, è una provocazione, June... Sta tranquilla

«Sapevo che l'avrebbe fatta incazzare, infatti si è levata di torno»

No, non era una provocazione. L'ha fatto per davvero.

«Sei proprio stronzo»

Non riesco a trattenere il commento acido, nonostante la persona in questione sia Taylor.

Lui sbuffa irritato dalla mia reazione. I suoi occhi si piantano ancora nei miei, stavolta con più sfacciataggine, mentre le sue mani scolpiscono le mie cosce avvolte dal pigiama, per poi cominciare a risalire lente.

«Sì ma Taylor non ci è andata leggera con te. Non ci va mai leggera con te, June»

Il respiro mi si blocca nel petto.
Dura una frazione di secondo, ma per quel piccolo lasso di tempo mi ritrovo in una bolla perfetta, dimentico tutto, anche mia madre, che probabilmente si sarà addormentata sul divano, al piano di sotto, davanti ad una puntata di Grey's anatomy.

«E se Taylor avesse detto di sì alla proposta?» chiedo mossa dalla confusione.

«Boh»

James porta il labbro all'infuori con una noncuranza che mi manda su tutte le furie e mi risveglia da quello stato di assopimento in cui i miei sensi avevano smesso di ribellarsi a lui.

Non può essere serio

«Cos'hai?» domanda quando mi vede irrigidire le spalle.

«Io non ti capisco» sbotto senza filtri.

«Cosa cazzo c'è da capire?»

«Non la sopporti, perché ci devi andare a letto?»

«Ci devo andare? Guarda che non mi obbliga nessuno»

Scrollo il capo. Siamo troppo diversi, è inutile negarlo.
E allora perché siamo ancora qui a guardarci negli occhi? Perché nessuno dei due fa un passo indietro e se ne va?

Dovrei mandarlo via- penso mentre lui è intento a schiarirsi la gola con un'espressione strana.

«Senti, White...»

«No. Risparmiatelo, lo so già il discorsetto che sai per fare» lo blocco immediatamente.

«Che?»

«"Io non mi lego a nessuno, non voglio relazioni serie, quello che facciamo non con conta un cazzo, bla bla bla"»

Quando mi accorgo di essermi lasciata sfuggire un po' più di quanto avrei dovuto, distolgo subito lo sguardo dal suo, ma la sua risata sincera è una calamita irresistibile.
Osservo le fossette profonde che gli scavano le guance.

«Bell'imitazione da Oscar, ragazzina... ma sei un po' egocentrica. Non stavo per parlare di te»

«E cosa stavi...?»

«Se faccio sesso con qualcuno non significa che questo qualcuno conti qualcosa per me. E nemmeno significa che provo qualcosa»

«E quindi?» m'indispettisco.

Non sopporto la naturalezza con cui muove le labbra piene e i denti bianchi per pronunciare tali assurdità.
Non voglio risultare pesante, però il suo modo di pensare non lo reggo affatto.

«Quale cazzo è il tuo problema adesso?»

Il suo tono di voce non è arrabbiato, ma di sicuro infastidito, si muove appena sotto di me per sistemarsi al meglio e io mi aggrappo alle sue spalle per non franargli addosso.

«Non c'è nessun problema» ribatto orgogliosa, mentre i capelli sciolti mi scendono a fiotti davanti al viso per finire a solleticagli la fronte.
Con un movimento inaspettato, sfiora la mia guancia mentre mi sposta una lunga ciocca bionda dietro all'orecchio.

«Solo... non capisco. Come puoi pretendere che agli altri...non importi quello che fai... con gli altri.»

James non molla la presa, ma con la mano applica una piccola pressione sulla nuca, inducendomi ad abbassarmi contro il suo viso.

«Ci sono troppi altri qua, Biancaneve. Inizia a mettere i soggetti»

Il suo pollice slitta più a fondo, andando a strisciare sul mio labbro inferiore, come a raccogliere la voglia di un bacio. Desiderio che sto provando a nascondere in tutti i modi.

«Beh non sono io a metterli nel quadro, questi...altri.»

«Non c' è nessun quadro...»  lo sento sospirare quando le nostre labbra sono ad un soffio dallo sfiorarsi.

Ingoio un respiro soffocato.

«Allora non c'è nessun bacio»

Riesco a dire, senza farmi tradire dall'agitazione.

«Sempre la cazzo di battutina pronta, eh...»

Le nostre fronti si sfiorano e proprio in quel momento le nostre debolezze si palesano, perché entrambi chiudiamo gli occhi all'unisono.

«Che fai mi baci, ora?» ridacchia curvando la bocca vicino alla mia.

«Ti odio»

Faccio per spostarmi, ma James arresta il mio movimento posizionandomi le sue mani sui fianchi, stavolta più in alto, intorno alla vita.

«Puoi odiarmi anche mentre mi stai addosso, non trovi?»

«James»

Usa una mano per far strisciare verso l'alto il bordo della mia maglia del pigiama. La punta delle sue dita fredde solletica la pelle sensibile della mia schiena, facendomi sussultare.

«Ti odio anch'io White. Non sai quanto...»

Fa caldo. Perché ho messo questo pigiama?

Mi mordo l'interno della guancia, poi provo a cambiare discorso.

«Ti fa male?»

Lo sento gemere quando applico un po' di pressione sulla garza che gli avvolge il busto.
Osservo il suo corpo possente, ora inerme sotto al mio.

«Un po'»

Le sue labbra gonfie si schiudono, sembra sofferente per via di quella ferita e lo sono anch'io.

Vorrei baciarlo, ma come faccio?

Non dovrei. E se la cosa più vera che avesse detto Taylor fosse proprio questa? So che lui non gli dà l'importanza che dovrebbe, eppure voglio baciarlo lo stesso.

«Continui a pensarci...»

Si accorge della mia tensione, io provo a fingere di non essere agitata, ma è un'impresa ardua, visto che un attimo prima tremo, l'attimo dopo sto andando a fuoco.

«A cosa?»

«Non so, smettila. Si sente il rumore dei tuoi pensieri fino a qui» mi redarguisce.

«Torno a non fidarmi di me stessa quando sto con te» ammetto con una facilità disarmante.

Non mi capita spesso di confessare le mie vulnerabilità, ma con lui non riesco a fare altrimenti.

«Ed è un problema? Puoi smettere di controllarti per cinque minuti?»

Come glielo spiego che io non sono così?
A me importa se il ragazzo che bacio sta con un altra, o con altre

«Io non sono così »

«Così come?»

«Quello che dicono gli altri mi rimane in testa» confesso col capo chinato.

James raccoglie il mio mento con un gesto delicato.

«Di quello che dicono altri non te ne deve importare un cazzo»

«Se Taylor si ritiene la tua ragazza, ci sarà un motivo, non è stupida»

E invece che sparare a zero su Taylor come lei ha fatto nei suoi riguardi, James resta in silenzio.

«Io non sto con nessuno» ripete come una cantilena rotta.

«O stai con tutte?»

Mi sfugge quella stupida provocazione.

«E da quando sarebbe un tuo problema, White?»

«No hai ragione, se hai troppe amiche da scopare non è un mio problema»

James però non sembra arrabbiato, anzi, appare divertito dalla mia reazione.
E io accolgo quel momento di distrazione per levarmi dalla posizione imbarazzante e sdraiarmi di fianco a lui, rintanandomi sotto alla coperta.

«Ma sentila... Sei volgare»

«Detto da te»

«Attenta, potrebbe piacermi»

«Stai zitto»

Perché fai così ora? Cosa c'è di divertente?

«Non voglio unirmi alla schiera delle tue amiche»

«Ah perché stiamo scopando? Non me ne sono accorto» ridacchia portandosi un braccio dietro alla testa.

«James, che schifo» mormoro spiattellandomi verso il bordo del letto, allontanandomi da lui.

«Cos'è che ti fa schifo, sentiamo»

Il suo fisico statuario preme contro il mio, avverto la presenza del suo torace immenso contro la schiena.
Mi sento avvampare.
Non sono abituata a questi gesti così sfacciati da parte di qualcuno.
Va bene dormire nello stesso letto, ma così non è un po' troppo?

«Ti fa paura il modo in cui ti faccio sentire?» Lo sento sussurrare con voce profonda tra i miei capelli.

«Beh...»

«Come ti faccio sentire? Dimmelo»

Confusa, accaldata, strana.

Vorrei riuscire a dirgli di no, ma è difficile

«James, per favore...»

«Ti da fastidio?» domanda allontanando immediatamente la mano.

Ma io in un momento di follia la riacciuffo, portandola nuovamente sul mio fianco.

Lui accoglie quel mio gesto e lo prende come un invito, perché discosta le ciocche sottili che mi ricoprono il collo per insinuarvisi in mezzo con le labbra, che roventi sfregano contro la pelle della mia nuca. Il suo respiro tiepido mi dà i brividi.

«Ti odio» ripeto lasciandomi sfuggire un gemito, quando la sua lingua esperta traccia lenta il mio collo.

Sono troppo sulle nuvole per realizzare il modo indecente in cui si sta comportando.

«Mi odi?» Domanda languido.

Annuisco, incapace di parlare.

«E se faccio così?»

Le sue dita fredde scavano sotto alla maglia del pigiama sfiorandomi la pancia. I brividi si moltiplicano, fino a togliermi il fiato.

«Sei irritante»

«Anche tu, proprio tanto...» sospira lui.

Mi tiene salda e con una presa più rude del previsto, mi fa ruotare a pancia in su, bloccandomi sotto al peso del suo corpo pesante.

«Ma quella lingua mi piace come la muovi» lo sento mugolare.

E con le labbra finiamo sempre lì, vicini, forse troppo. Non riesco a stargli lontano, non voglio.

James risucchia il labbro sotto ai denti, stringo le cosce in modo involontario, nel ricordare quando l'aveva fatto lui con il mio.

«C'è mia madre...» ripeto discostando di poco il viso quando lo vedo assorbire il profumo dei miei capelli, mentre affonda il naso tra le mie ciocche sparse sul cuscino.

«Vuoi sempre farti pregare?»

«Potrei prenderci gusto...» sorrido con le guance accaldate.

«Ma prima dammi un buon motivo per non mandarti via, James.»

«Ancora con questi motivi del cazzo, White?»

Compie una pausa per trascinarsi la mano tra i capelli folti.

«Quel bastardo che torna qui. Tu che eri spaventata. Non ti sembrano motivi validi?»

«Mmmm» Un'espressione da smorfiosa si disegna sul mio viso.

«Vista la posizione in cui ti trovi in questo momento James, non sembra tu sia qui per questo»

Lo prendo in giro, ma l'affronto mi esce troppo provocante e fa scintillare una fiamma di perdizione nei suoi occhi.

«Cazzo. Vuoi proprio giocare col fuoco, ragazzina...»

Non resisto più.

Intrappolo tra le dita la catenina argentata che gli penzola dal collo e spingo il suo viso contro di me.
Mi lascio sopraffare dal buon profumo che proviene dai suoi capelli, ancora lievemente bagnati.
La grandezza del suo corpo contro il mio non mi fa ragionare in modo lucido. Voglio baciarlo, ma al contempo voglio che mi dica qualcosa di più.

«James, ti ho detto di darmi un buon motivo...»

Ma prima che io possa continuare, lui afferra la mia caviglia e con un gesto rapido la solleva posizionandola sulla sua spalla.

«Continua a provocarmi e te lo do così un buon motivo»

Con una spinta volontaria del bacino preme contro il mio centro, causando una frizione piacevole. Ci sono strati di vestiti a coprici, ma non posso fingere di non avvertire un calore indescrivibile tra i nostri corpi.

«Ti ho già detto che ti odio.»

«Tu non mi odi. Odi te stessa perché mi vuoi. E mi vuoi adesso.»

Potrei dirgli di no, ma che senso ha?

Sto continuando a trattenermi da un'ora e sebbene la mia testa mi dica di resistere, sento qualcosa dentro che mi indurrebbe a cedere. Subito.

James sembra saperlo già, sembra conoscere perfettamente i segnali che il mio corpo è in grado di mandare.
Forse anche meglio di me.

«Cazzo. Però staresti da Dio se fossi nuda, in questa posizione»

Sento il labbro inferiore tremare appena.
Quell'eventualità mi terrorizza e la mia espressione facciale lo lascia trapelare senza filtri.

James si blocca ad osservarmi in volto, probabilmente ignaro del fatto che una delle mie peggiori paure sia proprio quello di spogliarmi completamente davanti a qualcuno.

Soggiogata dall'intensità e dalla lussuria con cui mi ha guardata, pensavo mi toccasse, mi baciasse... invece non lo fa, lui parla.

«Puoi farci quello che vuoi con me»

E se poco fa ero pietrificata dalle mie stesse paure, ora resto frastornata dalle sue, da quella frase.
Pronunciata con così tanta leggerezza.
Mi destabilizza.
In che senso?
Per un secondo vengo risucchiata dal vuoto dei suoi occhi. Il blu solitamente pieno e vivo si svuota all'improvviso, come se recitasse qualcosa di imparato a memoria, senz'anima.

E capisco immediatamente in quale senso.

«Non è questo che voglio da te» mi affretto a dire.

E mi stupisco delle mie stesse parole. Non perché non siano vere, ma perché non avrei mai creduto di doverle dire ad un ragazzo.

«Che significa?» chiede confuso, guardando dapprima il suo torace scoperto, poi la posizione in cui ci troviamo.
La mia gamba scivola giù sul materasso, intanto lui non sembra capacitarsi della mia risposta.

«Che se pensi che a me interessa solo quello...»

James lascia che la sua fronte si corrughi, rivelando tutto il suo smarrimento. E di nuovo le parole di Taylor nella mia mente.
Ha detto che lui fa così con le ragazze, che le adula finché non riesce ad arrivare a ciò che vuole e poi tanti saluti.

«Interessa a te?» chiedo timidamente.

«Cosa mi stai chiedendo, ragazzina?» domanda rimettendosi sdraiato di fianco alla mia figura.

«Sei qui per... questo

«No che non sono qui per questo. Non mi fido di Austin. Mi aveva promesso di non tornarci mai più e non l'ha fatto. Non ti lascio da sola» sputa quasi infastidito dal doverlo ammettere a voce alta.

Osservo il suo profilo perfetto rivolto verso il soffitto.

«Gli avevi davvero fatto promettere...»

«Certo, dopo l'ultima volta che ti ha seguita.»

Il ricordo dell'episodio è così spiacevole che è in grado di paralizzarmi.

«Se preferisci non dormire con me... Togliamo lui?»

James indica l'orsacchiotto poggiato sulla poltrona, all'angolo della stanza.

«Ce l'hai ancora» constata poi.

«Ehm, sì...»

«È un regalo di Taylor, mi fa strano che lo tieni ancora» ridacchia.

Vorrei picchiarlo in questo momento.
Me l'ha portato lui. Solo per questo è ancora lì.
Che se lo sia dimenticato?

«Dici sul serio? Lo faresti? Dormiresti lì?»

«C'ero che no. Ci dormi tu su una fottuta poltrona. Io ho bisogno di stare comodo»

James sorride, ma io vengo rapita da un pensiero che non mi permette di rilassare il volto in un sorriso.

«Austin ha parlato di telecamere»

«Bastardo» mugugna sottovoce.

«Lo sapevi?!»

«Sì, lo immaginavo. Se vuoi commettere un'effrazione la prima cosa che devi fare assicurarti che nessuno ti veda, no?»

«Ma a scuola non ci sono telecamere o sbaglio...?»

«Il preside non ha dato il consenso per installarle, ha convinto anche gli altri insegnanti e la maggioranza ha votato per il no. Hanno fatto un consiglio lo scorso anno. Non c'è verso. Secondo lui non ci sono motivazioni abbastanza valide per avere un sistema di sorveglianza più avanzato. Per lui è solamente uno spreco di soldi»

«Cosa c'è a scuola di così importante?»

«Stai di nuovo mettendo il naso, ragazzina...»

«Scusa tanto se un criminale è venuto a casa mia facendomi domande sulla scuola! É il minimo voler sapere di più, no?»

«É venuto qui perché così facendo, pensa di spaventarmi»

«Ha spaventato me, non te.»

Curvo il viso verso la mia spalla, nella sua direzione. I nostri occhi si fondono.

«Hmmm, lascia che sia io a dirlo però»

Dio mio se mi guarda così cederò, non devo.

Così mi faccio coraggio.

«Puoi dormire qui, nel mio letto. Ma solo se in cambio mi dici qualcosa»

C'è poca luce, ma la curiosità scintilla nei suoi occhi.

«Cosa?»

«Dimmi della pistola»

E senza farsi pregare, James sintetizza ciò che è accaduto.

«Un anno fa ho rubato la pistola al padre di Taylor. Le tiene in cantina.»

«Hai fatto...»

«Non ho fatto del male a nessuno» mi interrompe brusco.

«È un crimine rubare un'arma, lo sapevi?» lo istigo.

«Certo che lo so. La mia fedina non è immacolata come la tua, miss santarellina»

«La volevi usare?»

Abbassa capo, ma i nostri occhi rimangono intrecciati, mentre condividiamo lo stesso cuscino.

«Spegni la luce, dormiamo. Ho parlato abbastanza.»

Senza dire altro, allungo il braccio verso le interruttore e lascio che il buio ci sovrasti.

«Posso levarmelo?» sento chiedere ad un tratto.

«Cosa?» domando stranita.

«L'asciugamano»

«Ma non ti sei ancora messo i pantaloncini?!» strillo indignata.

«No, ho fatto finta. Me li metto ora»

Mi accovaccio il più possibile vicina bordo, dandogli la schiena.

«Prova ad avvicinarti e ti uccido, ho un libro pesante qui sul comodino»

«Tieni la bibbia sul comodino?»

Trattengo uno sbuffo divertito.

«Posso o no?»

«No, ora no.»

«Ti sto chiedendo il permesso, che cazzo vuoi di più?»

Questa volta non mi contengo e scoppio a ridere nel buio.

«Che ti ridi adesso?»

«Tu mi fai ridere»

«Sei proprio cretina»

«Mia madre vuole che io torni a fare ripetizioni a Jasper» annuncio ad un certo punto.

«Mmm, e tu vuoi?»

«Sì» ammetto con un filo di voce.

«E poi guarda che se mi insegni a sganciare pugni, poi ti metto KO ogni volta che mi fai arrabbiare...» sorrido, ancora rivolta sul fianco.

«Ti prego...»

«Cosa, James?»

«L'asciugamano è ruvido e scomodo, June. Molto scomodo.»

«Tutto di colpo?»

«Tutto di colpo. Che cazzo ti devo dire...»

«Hai cinque secondi per metterti i pantaloncini o finisci giù dalla finestra.» ribatto acida.

«Okay, cretina. Fatto»

«E non provare ad avvicinarti.»

«Non mi avvicino, però non capisco tutta questa tua ossessione. E una parte del corpo come un altra, cazzo.»

E quando lo dice, sento già il calore del suo petto, sempre più prossimo alla mia schiena.

«James...»

«Sbaglio?»

«Sì ma...»

«Ci sono altre parti altrettanto sensibili...» soffia seducente contro la mia clavicola lasciata scoperta dallo scollo del pigiama.

«Ci sono le spalle»

Lo sento sfiorarmi delicatamente le spalle, ma il tessuto pesante del pile attutisce il tocco, privandomi delle emozioni delle nostre pelli a contatto.

«La schiena...»

Prende a carezzarmi i fianchi, insinuando la mano sotto al mio pigiama.

Pensavo lo facesse in modo provocante, ma prima che io realizzi, finisce per farmi il solletico.

«James!»

«Shhhh c'è tua madre!» mi prende in giro quando scoppio a ridere ad una tonalità di voce troppo alta.

Dopo aver ripreso fiato, gli sferro una gomitata sul lato del torace.

«Fatti più in là. Il letto è troppo piccolo per entrambi» mi lamento, quando avverto i nostri fianchi essere in collisione.

«Dormi di lato allora»

«Non credo proprio, dormici tu» ribatto brusca.

«Girati verso di me»

«Perché?»

«Perché sì. Perché cazzo devi fare tutte queste domande?»

Così mi volto.
Sento la sua fronte cercare la mia nel buio. Queste si fondono, lentamente, e qualche secondo dopo ci addormentiamo cadendo in un sonno profondo.









La luce mattutina penetra dalle persiane senza pietà, inducendomi a spalancare gli occhi controvoglia. Ho così tanto spazio a mia disposizione, che quasi dimentico con chi ho condiviso la notte. Quando ruoto sul materasso, scorgo James sul ciglio del letto, con la sua stazza massiccia relegata ad un piccolo angolino. Con la schiena rovesciata all'insù e un braccio che penzola dal bordo, per poco non casca sul pavimento.

Deve aver udito i miei piccoli movimenti, perché sebbene stia ancora dormendo, prende a muoversi lento.
Il suo profumo aleggia indisturbato per tutta la stanza. Lo guardo, ancora.
Ammiro il suo corpo perfetto immerso nel biancore delle lenzuola e con il piumone bianco ad avvolgerlo dall'addome in giù, assomiglia per davvero ad un angelo.

Inaspettatamente però, la sua mano si allunga nella mia direzione, forse in cerca di qualcosa. Non ricordo molto di questa notte, ci siamo addormentati, questo sì...ma ho un vago ricordo di qualche mio piccolo risveglio travagliato. Potrei giurare di aver sentito la sua mano calda sul mio viso, ma potrei anche averla solo sognata.

Mi protendo verso il comodino in cerca dell'ora sul cellulare, ma non faccio in tempo ad aprire la bocca per parlare, che sento bussare alla porta.
Mi allarmo all'istante.

«James, c'è mia madre»

Non è una richiesta, è un annuncio funesto, di quelli che preannunciano morte e distruzione.

«Hmmm, mi fa piacere» sussurra lui ancora assonnato, voltandosi con il viso dalla parte opposta.

«Mamma, un attimo mi sto... vestendo» urlo, poi torno ad una tonalità molto più bassa.

«James non hai capito, te ne devi andare»

«Muoviti, sei in ritardo June!» sento dire oltre alla porta.

James non sembra darmi retta, così mi faccio coraggio e posando entrambe le mani sulle sue spalle provo a smuoverlo per svegliarlo.

Finalmente apre gli occhi. «Mia. Madre». scandisco minacciosa.

Mi osserva con lo sguardo di un cucciolo smarrito, mentre con una mano tiene il piumone ben saldo contro il suo bacino.

«Devo andarmene?» chiede quando ormai si sta già alzando controvoglia.

«Sì. E devi anche farti vedere da un dottore» aggiungo ammirando la sua figura alta e ben proporzionata avvicinarsi ai vestiti.

«Ho la tua felpa grigia... te la restituisco se la vuoi» borbotto sottovoce.

James forse non mi ha sentita, perché indossa immediatamente la felpa che aveva ieri sera, ancora macchiata di sangue, si risistema i pantaloncini di Blaze, poi si volta e mi inchioda con i suoi specchi assonnati e più taglienti del solito.

Non vorrei mandarlo via, è uno spettacolo per gli occhi, soprattutto di prima mattina, ma non posso fare altrimenti. Non voglio scoppi la terza guerra mondiale in camera mia.

James compie due passi e torna vicino alla mia figura accucciata sul bordo del letto. Con il pollice fa roteare una ciocca dei miei capelli ribelli e me la porta dietro all'orecchio.

Mi si seccano le labbra e finisco per posare lo sguardo sulle sue, lucide e perfette.

Poi bussano di nuovo. E ancora la voce di mia madre.

«June!»

«Esci subito James. Davvero»

L'ultima cosa che vedo è il suo labbro inferiore pizzicato al lato dagli incisivi.

«Ci vediamo a scuola, ragazzina»

Poi la sua schiena imponente, che sparisce oltre la mia finestra.


La porta di camera si spalanca neanche stesse arrivando un uragano, di quelli così devastanti da meritarsi un nome. April.

«Hai cambiato profumo?» la sento chiedere con tono sospetto.

«Cosa? Che assurdità, mamma...»

April cane segugio è tornata

«C'è un profumo che non è il tuo qui»

«Non so di che parli, sicura di stare bene mamma? Sai che dicono quando inizi a sentire profumi inesistenti?»

«Innanzitutto, quello che so è che sei ancora in pigiama»

I miei occhi scivolano sulla scrivania, dove un piccola confezione di cartine richiama la mia attenzione.

«Mamma mi preparo veloce, ora però... esci» bofonchio sperando se ne vada e non si avvicini al luogo incriminato.

«Muoviti. Oggi è il mio primo giorno di scuola» annuncia poi con fierezza.

Io intanto sprofondo con la testa nel cuscino.

Oh no...







«June vieni!» mi richiama Poppy quando entro in classe. Questa mattina mi sento un po' più stanca del solito, ma sopratutto agitata. Molto.

Vedo Amelia e Ari sedute a fianco, mentre Poppy mi indica il posto accanto al suo.

Ari giocherella con la punta della coda dei suoi lunghi capelli castani, continuando a fissarmi come fossi un alieno, mentre Amelia mi trafigge con i suoi occhietti chiari.

«Stai bene?» domanda quest'ultima con la sua solita sicurezza, come se nulla la scalfisse.

Ma alla festa di Halloween l'ho vista con le lacrime agli occhi, mi chiedo cosa sia stato a farla crollare in quel modo.

«Sì, perchè...?» chiedo standomene sulla difensiva.

«Hanno detto che un delinquente si è presentato a casa tua...»

Jackson non sa mai tenere quella boccaccia chiusa penso tra me e me, quando James entra dalla porta.

Mi concentro sul viso di Poppy, nella speranza che le sue ciocche ravvivate da un biondo cenere, mi possano distrarre.
Il suo colore naturale non le sta male.

La voce di James però, la sento sempre più presente e man mano che la tutta classe si accomoda ai propri banchi, la tentazione di voltarmi a guardarlo si fa sempre più pressante.
Non riesco ad evitare di sorbirmi gli inequivocabili schiamazzi femminili intorno a lui.

«Quando hai cambiato colore?» domando nella speranza che Poppy mi aiuti a non curiosare in quella direzione.

«Okay non ne vuoi parlare del tuo aggressore. Ma è vero che tua madre sarà una nuova insegnante in questa scuola?»

Annuisco distrattamente a Poppy, poi però lancio un'occhiata di troppo nei pressi della finestra.
Abbiamo dormito insieme e ora se ne sta dall'altra parte della classe, a fare finta di niente, appoggiato con un braccio sul davanzale, intento a parlare con due ragazze. Fantastico.

Dopo poco, a fermare il chiacchiericcio generale ci pensa il prof d'inglese, che arriva con il suo solito ritardo.
E la lezione non è neanche cominciata che, mentre tutti vanno ai propri posti, James si alza in piedi.

«Prof...»

«Cosa vuoi Hunter?» domanda l'insegnante, già spazientito.

«Pisciare. Posso?»

Il professore sta finendo di riporre i propri libri sulla cattedra, quando lo fulmina di traverso.

«Ti sembra il modo?»

«Che avrei detto?» lo istiga James avvicinandosi alla porta d'ingresso.

«Dove stai andando? Ti ho forse detto che puoi uscire dalla classe?»

«Vuole forse dirmi di no?» James imita il suo accento inglese, facendolo infuriare notevolmente.

Due linee marcate segnano la fronte del professor Beckett, che squadra lo studente con un'aria interrogativa.

«La lezione è appena cominciata, non hai bisogno di uscire. Se devi fumare, puoi aspettare l'intervallo.»

«Ho quindi bisogno di un avvocato?» chiede James usando un tono particolarmente strafottente.

«Ha presente la madre della qui presente Amelia Hood? Lei sì che è un ottimo avvocato...»

Il prof deglutisce nervoso.

«Dio, James... sta zitto» lo rimprovera lei senza sollevare la testa dai libri. Potrei giurare che sia arrossita in volto, cosa piuttosto rara per Amelia.

Con mio immenso stupore, arrivati a questo punto, il prof compie un timido cenno di sì con la testa, indicandogli la porta.

E ancora più stupefatta, raccolgo l'occhiata sfuggente, ma sufficientemente intensa, che mi lancia James prima di uscire dall'aula.

Ma che significa quello sguardo?
Può significare solo una cosa.
É impazzito?
Di sicuro io non mi schiodo dal banco.

Il prof comincia a spiegare, ma io non riesco a recepire una singola parola.

Comincio a mordicchiare il fondo della penna, come se grattare con i denti la plastica potesse aiutarmi a darmi una calmata.

Però pensandoci... Devo fare pipì. E restituirgli le cartine.

Così passano dieci minuti, i dieci minuti più lunghi della storia, se vogliamo essere precisi.
Se chiedo di uscire ora, non se ne accorgerà nessuno provo a convincermi.

Però pensandoci, lo sanno tutti che James segue solo metà delle lezioni e fa sempre come gli pare. Non per questo, una povera ragazza non può più permettersi di chiedere di uscire dall'aula.

Convinta delle mie buone intenzioni e solo dopo aver avuto il consenso del prof, mi allontano dalla classe. E proprio mentre chiudo la porta alle mie spalle, vedo una sagoma alta appoggiata al muro  del corridoio.
Con la schiena ampia che aderisce alla parete, sogghigna senza sollevare gli occhi dalle sue dita che torturano una sigaretta.

Io però gli passo davanti e proseguo verso i bagni, ignorandolo completamente.

I miei passi si dileguano lungo il corridoio, ma non sono gli unici, sento la sua camminata lenta alle mie spalle e come al suo solito, non lo fa in silenzio.

«Quindi non sei uscita, come dire.... per me?»

«Chi io? Figurati. Dovevo andare in bagno...»

Lo sento sorridere.

«Ah si?»

«Sì certo....»

«Nel mio stesso bagno?» domanda divertito.

«Può essere...»

Sollevo gli occhi, giusto in tempo per accorgermi che mia madre sta camminando nella direzione opposta alla nostra. É insieme al preside, sono entrambi impegnati a chiacchierare tra di loro e prima che possano vederci, James mi afferra dal braccio trascinandomi dentro al bagno delle ragazze.

«Ci è mancato poco.» boccheggio impaurita, mentre James chiude la porta.

C'è un forte odore di disinfettante e detergente per pavimenti, segno che la bidella deve aver pulito da poco. Il tutto si mescola al suo profumo, più intenso e piacevole del normale.

«Quindi non siamo qui per altro....»

Corruga la fronte, poi pianta una mano sulla porta alle mie spalle, sovrastandomi con il suo braccio muscoloso.

«Non so di che parli, James....»

«Credo che tu lo sappia fin troppo bene, ragazzina....» sospira, accrescendo la mia sensazione di stordimento.

Spinge il bacino contro il mio basso ventre, intrappolandomi contro la porta con entrambe le braccia, per poi posare le labbra gonfie sulle mie e regalarmi un bacio stampato che sa di menta e zucchero.

«Ti sono mancato.»

La sua non è una domanda, lo proferisce con una sicurezza irresistibile.

«Potrei dire lo stesso di te» ribatto a testa alta, immobilizzata dalla sua figura possente.

«Non stai negando però.»

Modella quelle parole con le labbra incollate sulle mie, sembrano incapaci di scollarsi, come attirate da un magnetismo primitivo.

«Neanche tu, strano. È la tua specialità, no? O fai finta di niente solo quando siamo davanti a tutti?»

James curva la bocca in un sorrisetto furbo. «Cazzo, quanto parli sempre....»

«Beh, allora potresti....»

E prima che io possa aggiungere altro, lui mi zittisce facendo slittare la sua lingua morbida tra le mie labbra socchiuse. Accolgo quella dolce intrusione con bramosia, come se non aspettassi altro da giorni. Il silenzio che regna nel bagno è frammezzato solo dallo schiocco delle nostre bocche che combattono per avere la meglio l'una sull'altra.

Sento il cuore scoppiarmi nel petto, viaggia ad una velocità inarrestabile.

«Ora ricordi? O continui a non sapere di cosa parlo?» mi provoca sciogliendo quel bacio, senza però lasciarmi libera di muovermi.

«A dirla tutta, credo di aver bisogno di un altro aiuto»

Lo dico con una malizia che non credevo di avere. E questa volta lo vedo leccarsi il labbro inferiore con lascivia, facendomi desiderare di averne ancora. Mi isso in punta di piedi, per raggiungere la sua bocca, ma James spinge la testa all'indietro, senza levarsi un sorrisetto beffardo dal viso.

«Lo credo anch'io...» mi istiga senza darmi ciò che voglio.

«Sei proprio stronzo» gli dico dal basso, quando lo vedo sottrarsi al bacio.

Ma la distanza che si crea tra di noi dura poco, perché James raggiunge il mio orecchio e con voce rauca e seducente, sussurra «Dai, fammi vedere cosa sa fare una ragazzina come te»

Le sue parole non hanno significato, solo un suono, quello della sua voce, così calda e vellutata che mi provoca milioni di brividi lungo la schiena.

«So tirare gomitate e ginocchiate.»

Provo a fingere che la sua vicinanza non mi causi nessun fremito, ma James è troppo esperto in questo gioco, penso se ne sia accorto da quando eravamo in classe, quanto fosse palese il mio desiderio di baciarlo.

«Hmmm... Qualcosa di più dolce?» propone poi, mordendosi il labbro inferiore ormai arrossato e gonfio.

Costretta a mettermi sulle punte per raggiungere la sua altezza, finisco con l'immergere le labbra nelle sue, che restano schiuse ad attendere una mossa più ardita. Con le dita mi aggrappo alla sua nuca, come per non cadere, poi sprofondo con entrambe le mani nei suoi capelli morbidi e glieli scompiglio appena, rubandogli il piccolo gemito silenzioso e provocante, che solitamente precede un bacio.

«Ti ho portata qui per avere un bacio del genere secondo te?»

Due zaffiri al posto degli occhi mi inchiodano contro il muro. Forse per lui il mio modo di baciare è troppo casto o non abbastanza sfacciato, ma io non ho l'esperienza che ha lui, né sono abituata a farlo nei bagni di scuola.

Con le mani ancora piantate sulla porta alle mie spalle, James solletica la mia bocca con la dolcezza della sua, assaltando nuovamente le mie labbra, stavolta però con l'irruenza che preferisce. L'impeto del bacio è tale da farmi aderire bruscamente contro la superficie dietro di me.

E prima che io possa rispondere, il suo sorrisetto compiaciuto si trasforma in un groviglio di lingue vorticanti e instancabili, mentre le sue mani seguitano a tenermi imprigionata contro la porta. Mi agito quando ad un tratto finiscono sui miei fianchi. Le sento scorrere esperte su di me, ma invece che scendere verso il basso salgono fino ad immergersi nei miei capelli.

Sono senza fiato, perciò mi stacco appena posso, ma con lui è sempre una lotta. La sua lingua incalzante riprende le mie pause, lasciandomi poco spazio per respirare e quando è il suo turno per fermarsi, lo afferro dalla catenina d'argento che gli circonda il collo, per riportarlo a me. Sento la temperatura del mio corpo salire drasticamente, forse è meglio fermarsi qui.

«Devo andare ora» boccheggio senza fiato.

«No. Tu resti qui con me, June»

La sua voce graffiata e profonda mi disorienta, è come una tempesta in grado di lanciarmi in mare aperto per farmi affogare.

«Mia madre...»

Mi bruciano le labbra, sì, ma vorrei mi baciasse all'infinito.
Inclino di poco il collo quando sento il suo respiro piacevole solleticare la mia pelle.

«Ancora. Ti prego» mormora suadente, ora che la sua voce si è fatta liquida come il miele.

Chiudo gli occhi, ormai sfiancata da tutta quella tensione e proprio in quel momento, James mi afferra dai fianchi e con una facilità impressionante, mi posiziona sul lavandino.

Si spinge contro di me con tale veemenza, da costringermi a divaricare le gambe per accogliere il suo corpo caldo a contatto con il mio.

La gonna della divisa si solleva appena, ma io provvedo ad abbassarla subito.
Sento le gambe vacillare, fortuna che sono seduta o potrei svenire da un momento all'altro.
I pantaloni della divisa che fasciano le sue gambe lunghe non nascondono troppo bene la sua durezza che, puntata in quel punto esatto tra le mie cosce, mi causa un sussulto piacevole.

Stringo il bordo del lavandino sotto alle dita, James modella la bocca sulla mia con la promessa di un altro bacio, perciò schiudo le labbra, ostinata ad averne ancora.

Intanto i nostri corpi trovano un'armonia tutta loro, lo sento sfregare appena contro di me, sapendo perfettamente come muoversi per farmi smaniare.

Dio se è piacevole.

«Tremi...»

C'è qualcosa di estremamente eccitante nella sua voce e non riesco ancora a capacitarmi del fatto che lui sia qui. Insieme a me. A baciare me.

«No, non tremo»

Sostengo il suo sguardo, mentre mi risistemo la gonna che non ne vuole sapere di stare ferma sulle ginocchia.

«È inutile che provi a tenerla giù»

James inclina gli occhi verso il basso, lasciandoli scontrare languidamente con le mie cosce scoperte. Affonda la mano tempestata di anelli nella mia carne, poi fa slittare il palmo contro il dorso della mia mano destra, ancora intenta ad aggiustare la gonna della divisa. Spengo ogni razionalità e lascio che il suo tocco guidi il mio. Non so cosa voglia fare, ma sebbene io sappia quanto James sia sfacciato, non mi aspettavo lo facesse con così tanta naturalezza.
Con la mano ancorata alla mia, accompagna le mie dita sotto al bordo della gonna e prima che mi permetta di sfiorare le mie stesse mutande, ritrae la mano e sorride.

«Ti piace così tanto l'effetto che mi fai?» boccheggio.

Lui invece si scompiglia i capelli con una tranquillità disarmante, come se fosse abituato a tutta questa tensione tra due corpi.

«Forse non ti sei resa conto di cosa tu fai a me, Biancaneve» sussurra rauco.

Il suo respiro colpisce il mio labbro in modo invitante, imprimendo sempre più a fondo, nella mia memoria, quell'odore di menta mescolata alla sigaretta.

Il calore che emana il suo petto a contatto con il mio mi fa sentire stranamente al sicuro. Se solo ieri non mi fossi tirata indietro, quando ha provato ad abbracciarmi... è durato così poco. Vorrei lo rifacesse, ma so già che mi paralizzerei di nuovo.

Le nostre anche si scontrano rovinosamente, ancora. Mi lascio scappare un piccolo ansito che lui raccoglie nella sua bocca carnosa.
James mi guarda intensamente negli occhi e poi, subito dopo, quegli stessi occhi si piantano nelle mie labbra, mentre un ghigno attraversa le sue.
Mi si incendia il petto.

«Che cosa ti ha detto Will al fiume?» bisbiglio tra un bacio e l'altro.

James solleva spalle.

«Perché siete tornati in quello stato, dopo aver recuperato il coniglio?»

Lui non appare minimamente interessato a rispondere, ma è costretto a farlo.

«Non gli è andata giù la storia delle foto»

«Ma come fa a...»

Mi tasto le guance, dove si disegna il mio imbarazzo.

Quando mi volto a rimirare la mia figura allo specchio, quasi non mi riconosco.

«Cosa c'è?»
James si fa serio all'improvviso.

Nello specchio scorgo i miei lunghi capelli spettinati e le guance scarlatte.
Il mio corpo diventa strano quando stiamo vicini, non riconosco più me stessa. E non è solo un'impressione, il mio riflesso ne è la prova concreta.

«Niente»

«Ho fatto qualcosa che ti ha dato fastidio?»

«No, fastidio no»

«Ti piace baciarmi?»

La sua domanda mi inchioda sul posto.
Se baciarlo è un turbinio di emozioni, non oso immaginare tutto il resto.

Con il pollice carezza il mio zigomo.
É incredibile come possa darmi i brividi con un gesto così innocuo.
Il suo sguardo profondo è in grado di trasmettere qualcosa di proibito, di cui non sono neanche a conoscenza.

Annuisco timidamente in risposta alla sua domanda, mentre James si lecca il lato del labbro, poi mi afferra dai fianchi in modo brusco. In un attimo il suo dito indice si arriccia in prossimità del terzo bottone della mia camicetta, all'altezza del seno. Lo aggancia, facendolo schizzare via con una mossa decisa.

«Ma sei impazzito?»

Lui in tutta risposta sorride, compiaciuto  del suo gesto rude.

«Dovevi per forza farmi saltare un bottone della camicia?» domando stizzita.

Mi tasto sul tessuto che resta aperto all'altezza della curva del mio seno.

«L'altra opzione è strappartela via a morsi» sogghigna soddisfatto.

Il suo sguardo è così intenso da farmi sussultare, sento il mio stomaco in subbuglio e la sensazione di vertigini e pericolo sale a dismisura, quando James inchioda quelle labbra morbide e perfette sulle mie per darmi un bacio.
Un altro supplizio agognato e piacevole, ma sempre più sfrontato, sopratutto perché ora prende a baciarmi in modo più affamato, sovrastando la mia bocca con la sua, assetata di baci e morsi caldi.
Allaccio cosce intorno a lui, come se il mio corpo volesse sentirlo ancora più vicino.

«Cazzo, non fare così però...»

Vorrei richiamare all'appello la mia sanità mentale, la mia intelligenza e il mio buon senso. Magari anche gli ormoni.

Ma proprio in quell'istante, mentre sono in preda ad una lotta interiore tra bene e male, la porta del bagno si apre lasciando entrare uno sciame di persone.

Tra queste riconosco Bonnie, l'amica di Tiffany, che è presa a chiacchierare insieme ad alcuni suoi compagni.

Gli altri si dirigono alla parete opposta alla nostra e non ci calcolano affatto, mentre la mora resta a fissarmi con la bocca socchiusa. James non sembra minimamente toccato dalla presenza altrui, ma con la punta delle dita fa strisciare verso il basso il bordo della mia gonna, risistemandomela con cura.

«Juliet, giusto?»

Bonnie tormenta la punta dei lunghi capelli corvini, fissandomi con gli occhi nascosti dalle lunghe ciglia finte.

«June. Mi chiamo June»

«Cosa ci fai con.... June?»  si rivolge a James, ma è la mia voce che sta canzonando.

«I cazzi tuoi mai?» ribatte lui scontroso.

«Vuoi accenderla tu?» gli chiede poi un ragazzo dietro a Bonnie, mostrando una sigaretta a James, o forse dovrei dire una canna.

Lui solleva le spalle, portando il labbro inferiore all'infuori.

Ma prima che il loro siparietto prenda forma, salto giù dal lavandino e senza dire altro, me ne vado.




Il rimorso è una di quelle sensazioni che raramente assale una persona come me. E ciò accade non perché io sia immune a determinate emozioni, ma per via del mio modo di essere.
Sono l'esatto opposto di James: non mi caccio nei guai e sto ben attenta a non uscire dalla mia confort zone. Sono convinta di questo: quando si è caratterialmente trattenuti e incapaci di gettarsi a capofitto nelle situazioni, come lo sono io, ci si sentirà sempre inattaccabili e al sicuro.

Ma basterà mettere un piede fuori da questa bolla protettiva, per incontrare ostacoli inevitabili che porteranno a degli errori. E dagli errori, eccolo che arriva lui, il rimorso, per essere andata contro quelli che sono solitamente i miei principi. E vorrei poter dire che questa è la prima volta che mi succede, ma non è così. Da quando sono arrivata in questa scuola ne sono capitate di cose che hanno messo a dura prova non solo la mia moralità, ma anche la concezione che ho di me stessa.

E per quanto io mi stia lasciando sopraffare dal rimorso e mi stia maledicendo per essermi appena lasciata andare con James, pur sapendo che per lui non conto niente, mai mi sarei aspettata le occhiatacce indiscrete, al mio rientro in aula.

Vorrei non sentirli addosso, gli occhi pungenti e severi di Amelia, ma purtroppo questi rimangono incollati sulla mia figura, finché non mi accomodo al banco.

Prima però, ho fatto tappa obbligatoria nel mio armadietto per recuperare la giacca, dato che ho buco nella camicetta che non lascia molto all'immaginazione.

Quello che resta dell'ora d'inglese volge al termine e a quel punto anche James si degna di tornare in classe.

«Con chi fai la relazione di storia?» sento chiedere a Jackson, in attesa che il professore faccia il suo ingresso.

«Boh, tu?» risponde James sedendosi di fianco all'amico.

«Con Marvin»

In quel momento entra Brian, catturando l'attenzione di James e Jackson.
Sono distratta, quasi non saluto il povero Brian che non ne può nulla del mio malumore attuale.

Invece che andare al suo posto, quest'ultimo si pianta davanti al mio banco facendomi ombra con la sua altezza. I suoi occhi color smeraldo mi puntano decisi, ma la sua voce esce sussurrata.

«June non so se ti ricordi, ma...»

«Lo facciamo. Va bene» ribatto brusca, mentre James mi fissa dall'altro lato della stanza.

Gli pianterei un dito medio sulla faccia.

Distolgo immediatamente lo sguardo dal suo e mi accorgo che Blaze torna in classe con un pacco di Oreo. Solo alla vista della confezione blu, il mio stomaco viene assalto dai morsi della fame.

«Blaze vuoi farlo con me?» domanda James con un ghigno al lato della bocca.

Le iridi grigie di Blaze si ghiacciano.

«Cosa?»

«Non so, che hai in mente...?» Sospira malizioso James, prima di stravaccarsi sulla sedia.

Con le guance che si accendono all'istante, Blaze scuote il capo, come se si sentisse vittima di una presa in giro.
Ha una cotta per James o tra loro c'è stato qualcosa, sennò non si spiega la sua reazione così istintiva.

Quando James stende il braccio dietro alle spalle di Jackson, Blaze si agita visibilmente. È solo un gesto amichevole, ma se fossi in Blaze sarei gelosa anch'io di quei due.

«Allora?» James si fa più incalzante.

«No Hunter, non lo faccio il compito con te»

Non contento della risposta però, si alza in piedi e bracca il povero Blaze contro il muro. Quest'ultimo si fa piccolo dinnanzi alla stazza dell'altro. Ormai James lo conosco, inizialmente avrei detto che voleva solo provocarlo come al suo solito, ma ora non lo sta facendo per prendersi gioco di lui, ora vuole qualcosa.

«Vengo a casa tua» Asserisce convinto mentre i miei occhi slittano dai loro sguardi ravvicinati alla sagoma di Jackson, che sta seduto poco distante. È ora che riveli i suoi sentimenti per Blaze, o altrimenti continuerà a soffrire in silenzio.



BLAZE POV

«Salve signor Manor»

James saluta mio padre con un tono così accondiscendente che quest'ultimo è quasi in procinto di rispondere con un sorriso, ma non appena ne riconosce la voce, sbianca in viso.
E solo quando si volta verso l'uscio di casa nostra, che vede la sagoma alta e massiccia dello studente che detesta di più. La giacca di pelle ricade alla perfezione sulla camicia della divisa che fascia il suo petto largo. A differenza mia, di certo uno come James non passa inosservato.

«Cosa ci fa Hunter qui?» si acciglia mio padre.

«Studiamo» taglio corto, facendo cenno a James di seguirmi in camera.

«Terrò le mani a posto, lo prometto signor Manor»

É solo una provocazione, ma mio padre perde così tanto colorito in volto che giurerei stia per venirgli un collasso.

«Come hai detto?»

«Papà, sta scherzando...» Metto subito a tacere ogni dubbio, così io e James saliamo al secondo piano.

Una fitta feroce mi pungola al fondo dello stomaco, vedere James passarmi davanti per entrare in camera mia mi agita notevolmente. Soprattutto perché so che non vuole studiare.

«Hai paura di tuo padre»

La sua non è una domanda, pronuncia quell'affermazione mentre curiosa nella libreria, occupata solo dalla mia collezione di manga.

«Non direi»

Afferro lo zaino dal pavimento, poi apro la cerniera per estrarvi il libro di storia.

«É uno dei buoni, no?» mi punzecchia dandomi le spalle.

«Se fosse stato uno dei cattivi, che gli avreste fatto?»

«Hmm.. Nei sei sicuro? Sei così sicuro che sia dalla parte giusta, Blaze?»

Ovviamente non posso dirlo con certezza. È stato aggredito dai suoi studenti e invece che denunciarli o sospenderli, ha fatto finta di niente. Sa che sono stati loro, allora perché comportarsi così?

Forse ha paura che le cose gli si ritorcano contro, mio padre lo conosco bene. È sempre sostenuto e intransigente con gli altri, specialmente con gli studenti, ma sotto alla sua corazza sono nascoste delle paure difficili da debellare. E se avesse paura di fare la fine del padre di Brian? Quest'ultimo è partito un anno fa senza lasciare tracce, l'unica cosa che si è degnato di fare, è stato mandare messaggi di congedo ad alcuni amici, tra cui mio padre.

Amelia sostiene che sia andato in Canada a badare ai suoi nonni, ma non si fa sentire da un anno e ogni volta che provo a chiederle se lui l'ha chiamata, lei elude il discorso.

Eppure il mio sesto senso mi dice che una persona non sparisce così nel nulla, dall'oggi al domani... perciò l'ipotesi che qualcuno l'abbia fatto sparire e che mio padre abbia paura di subire la stessa sorte, diventa sempre più plausibile. Soprattutto dopo la scena alla quale ho assistito il giorno dopo la festa di Halloween. Amelia non ha voluto raccontare nulla, si è chiusa in sé stessa. Fortuna che è tornata a parlare con Ari, perché con Brian le acque continuano ad essere agitate.

«Che sei venuto a fare?»

Decido di non girarci troppo intorno, se James vuole qualcosa, che me lo dica subito.

«La ricerca di storia, no?» sorride incurvando le labbra piene.

«No, io ti conosco»

Ostento una sicurezza che non mi si addice.
James sembra incuriosito da ciò, perché con due lunghe falcate è davanti a me, desideroso di scrutarmi dall'alto.

«Ah, davvero? Quindi cosa vorrei da te, sentiamo»

«Qualcosa che riguarda mio padre, ma non l'avrai» Azzardo un'ipotesi, rispondendo in modo impulsivo.

«Hmmm, mossa sbagliata Blaze» sibila lui avvicinandosi con il viso al mio.

Non devo vacillare, né perdere la concentrazione.

«Allora che mi dici delle telecamere, perché vuoi convincerlo ad installarle a scuola?»

James sembra trasalire dinnanzi a quella domanda. I suoi occhi sottili e affilati come quelli di un predatore sempre pronto ad assalire la sua vittima, si allargano, causandogli un'espressione da cucciolo smarrito.

«L'ultima volta che eravamo uso ufficio... ne ho vista una» ammette con l'aria di chi è totalmente immerso nei suoi pensieri.

«Ne sei sicuro? Mio padre ha sempre detto che è contrario ai sistemi di sicurezza troppo avanzati, per via della violazione della privacy. Perché nel suo ufficio dovrebbe tenere la vigilanza?»

James annuisce impercettibilmente seguendo il mio ragionamento, che a quanto pare combacia alla perfezione con il suo.

«Nasconde qualcosa...» realizzo ad un tratto, con occhi sgranati.

«Sei perspicace quando vuoi» mi prende in giro, senza però abbandonare l'espressione seriosa che ha messo su.

«Cosa nasconde mio padre? Devo saperlo, Hunter»

«Non lo so. L'unica cosa che so è che dei criminali vogliono quello che lui tiene in quel maledetto ufficio»

«Dici che si tratta di qualcosa di illegale?»

James corruccia lo sguardo e questo si perde verso l'orizzonte, quando si avvicina alla finestra che dà su un'area deserta e abbandonata.

«Vedi Blaze...» Lo vedo compiere una pausa, proprio mentre fuori il sole viene oscurato dalle nuvole e i suoi zigomi segnati vengono rabbuiati dall'ombra di una luce grigiastra.

«L'uomo si batte solo per una cosa: la libertà.»

«Libertà?» chiedo sopraffatto dalla confusione.

«Già. Immagina un preside di una scuola così prestigiosa dietro le sbarre.»

Mi si gela il sangue nelle vene.
Ma che sta farfugliando?

«Dimmi quello che sai James»

«Non so cosa stia nascondendo, ma sono quasi certo ci siano delle prove lì dentro, qualcosa che potrebbe mettere nella merda qualcuno. Qualcuno di importante.»

«Non ti seguo.» ribatto spaesato.

«Ti ricordi la cena di Ari?»

«Sono passati anni, intendi quella con tutti i genitori...?»

«Già...»

«Quella in cui c'era quel fotografo che ci aveva provato con Ari...?»

Abbozzo una faccia turbata, non ricordo bene cosa sia accaduto, perché io e mio padre siamo andati via molto presto quella sera.

«Qualsiasi cosa sia, voglio capire di che si tratta, prima che lo facciano i cattivi»

Utilizza la mia espressione infantile, per descrivere una situazione che di giocoso e ingenuo non ha proprio nulla.

«Cosa vuoi da me allora?»

«Te l'ho già detto. Tua padre deve mettere quelle fottute telecamere a scuola, non voglio che qualcuno s'intrufoli di nascosto. E se dovesse accadere, cosa che accadrà, voglio sapere chi e quando l'ha fatto»

Ci fissiamo in silenzio. James questa volta si avvicina a passi lenti, si arresta davanti a me, poi prende a sussurrare sottovoce.

«Se tuo padre non cede, dobbiamo affidarci qualcuno che possa farlo in totale segreto, ma tu mi devi dare l'accesso a scuola»

«James...»

«Chiavi, tutto.» replica risoluto. «Se fosse una scuola pubblica a quest'ora l'avrei già sventrata da cima a fondo, ma le porte esterne che ha fatto installare, sono resistenti persino ai proiettili»

«Non lo so...»

«Basta che scendi di sotto, nel fine settimana gli rubi il mazzo di chiavi e lo dai a me. Ne faccio una copia e te lo restituisco. Ti sembra tanto difficile, cazzo?» mi aggredisce spazientito.

Comincio a tremare un po' e lui se ne accorge.

«Hai paura di lui?» domanda lasciandomi scorgere un po' di preoccupazione nelle sue iridi blu come il mare di notte.

«No, ma è mio padre... e voi l'avete...»

«Ti agito ancora così tanto?»

«No, cioè...»

«Blaze, Blaze... ma tu proprio non ci parli con i tuoi amichetti, vero?»

Sta parlando di Brian e Amelia, non ho dubbi.

«Ho compreso la questione delle telecamere, ora però dimmi cosa volete da mio padre e io posso pensare ad aiutarvi»

«Te l'ho già detto. Voglio quello che nasconde. É qualcosa che vogliono gli Austin. Non so cosa e perché la vogliano, ma devo averla prima io.»

«Ma se non sai nemmeno di cosa si tratta, perché metterti in mezzo? Non è tuo patrigno quell'uomo? Perché non lo chiedi direttamente a lui?»

James questa volta non accoglie la provocazione, si avvicina al terrario dove tengo la mia tartaruga, solleva il vetro superiore e vi infila la mano.

«Vedi Blaze.... »

Afferra Spike, la mia piccola tartaruga, spingedola con la testa verso il fondo del terrario.

«Tuo padre è solito fare questo» continua, facendo sprofondare la testolina dell'animale sotto la sabbia.

«Ma che fai?» salto su agitato.

Dura un secondo, la tira fuori e se la posiziona al centro del palmo della mano, mentre con l'indice le accarezza la parte superiore della testa.

«Perchè non la lasci libera?» domanda lui, prima di lanciarmi un'occhiata tagliente che mi scalda il petto.

«Tutti dovrebbero essere liberi. Sopratutto di essere sé stessi, Blaze»

Sembra un chiaro monito nei miei confronti.
C'è del buono in James, questo l'ho sempre pensato, mi chiedo solo perché si ostini così tanto a nasconderlo.



Un anno prima

Con le ginocchia ancora pulsanti di dolore per via del forte impatto contro l'asfalto, provo a risollevarmi in piedi.
Ho perso l'equilibrio e sono scivolato, proprio mentre uno dei ragazzi mi spintonava con più vigore.
La strada davanti casa di Tiffany è immersa nel buio, perciò posso prendermi il lusso di asciugarmi le lacrime che mi ricamano il lato degli occhi.

«Hei che sta succedendo qui?»

Riconosco immediatamente la voce di James, sovrasta cupa quella del gruppo di ragazzi che si sta prendendo gioco di me.
Ancora accasciato a terra, con una mano strofino sul ginocchio più dolorante e sollevo di poco il mento per incontrare quei due fari blu come la notte.

«In cinque contro uno? Non vi fate schifo?»

Lo sento dire con voce altalenante. È chiaramente ubriaco.

«Che cazzo vuoi Hunter? Lo conosci? È il tuo fottuto fidanzatino?» urla uno dei miei aggressori.

Non ho fatto proprio un bel niente per farli adirare, sono solo inciampato su questi scimmioni mentre camminavo, versando accidentalmente della Coca Cola addosso ad uno di loro.
E al gruppetto la cosa non è andata molto a genio, di certo essere il figlio di un preside stronzo ha solo lati negativi.

Non so cosa confabulano, ma James non si lascia dire una mezza parola che ha già sferrato un pugno al più grosso di questi.
Nonostante non sia lucido, ha i riflessi più pronti di loro e prima che possano acciuffarlo, mi tende una mano per aiutarmi a rialzarmi.

«Corri» lo sento dire quando stiamo già scappando via a gambe levate.

Mi sento ancora dolorante, ma finalmente riusciamo a seminarli. Sostiamo davanti ad un cancello sconosciuto e solo allora mi accorgo di non riuscire a recuperare il fiato.
La figura di James slitta davanti a me in tutta la sua altezza. Le labbra rosse e gli occhi luminosi come due luci sgargianti.

«Ti sei appena fatto picchiare per me?»
chiedo tastandomi il petto dolente.

«Non farei mai una cosa così per te, Blaze.»

Schiocca la lingua al palato.

«E invece l'hai appena fatto»

«Che cazzo hai?» Chiede avvicinandosi di più. «Sei pallido»

Mi sento mancare la terra sotto ai piedi, ho un attacco d'asma e non riesco più a parlare.

«Blaze?»

Inizio ad indicargli la tasca della giacca dove tengo l'inalatore per trattare l'asma, ma James fatica a comprendere i miei gesti convulsi. Mi manca l'ossigeno non riesco più a muovermi.

«Cos'hai nella tasca? Vuoi farti toccare, cazzo?» dapprima sogghigna, poi però si accorge del mio malessere lampante.

«Stai davvero di merda.»

Inizia a frugare nelle tasche finché non infila la mano in quella giusta per prendere l'inalatore.
Me lo spinge in volto e poco prima che io perda i sensi, riesco a prendere qualche boccata dallo spray.

«Respira avanti»

Lo sento dire, mentre tutto il mio corpo torna alla normalità, così come il mio respiro.

«Meglio?»

«Sì»

Non so che mi prende, mi piacerebbe dare la colpa al poco ossigeno che mi affluisce nelle vene, ma con una mossa imprevedibile mi sporgo verso di lui, aggrappandomi alla giacca di pelle.

Casco con le labbra sulle sue.

Mi aspettavo un pugno, una spinta, un insulto. Di certo non pensavo che la sua lingua scivolasse come cera calda tra le mie labbra tremolanti, con la voglia di incontrare la mia, per danzarci insieme.
Dura poco, troppo poco.
Come a volersi prendere un piccolo assaggio e niente più.

«Raccontalo a qualcuno e ti ammazzo.»

«Mi hai appena salvato la vita, due volte.»

«Appunto. Mi sei debitore, lo sai.»

JUNE POV

Da quello che ho potuto notare, Brian è una persona molto riservata. Non ha scelto camera sua per studiare insieme, bensì il tavolo della sala da pranzo. Siamo ricurvi sulla nostra relazione di storia da circa un'ora e mezza, quando una signora mora e molto alta fa il suo ingresso in casa.
Il suo aspetto distinto ed elegante mi colpisce subito: indossa un tailleur blu scuro che le fascia il fisico magro e longilineo, mentre i capelli li tiene raccolti alla perfezione dentro ad una pettinatura impeccabile.

«June, lei è mia mamma» sbuffa Brian infastidito dall'intrusione della donna.

La donna sembra non considerare minimamente il figlio, anzi, a quanto pare sono io l'oggetto del suo interesse, si avvicina a passi lenti verso di me, senza togliermi gli occhi di dosso.

«Ti ho già vista?» chiede cogliendomi di sorpresa.

«Sono June White, molto piacere»

Lei abbozza un sorriso di circostanza continuando a fissarmi attentamente, anche quando parla con Brian.

«Tua sorella è ancora dalle sue amiche?

«Credo di sì»

«La voglio a casa entro le otto» conclude prima di girare i tacchi per raccogliere la sua borsa costosa dal divano ed andarsene.

Quando io e Brian portiamo a termine la relazione sono le quattro, abbiamo finito molto prima del previsto.

«Wow. Due ore esatte. Siamo i migliori. Lo possiamo dire?» lo prendo in giro, tentando di smuoverlo dalla solita espressione seria che ha dipinta sul volto.

«Se io dico che studiamo, studiamo sul serio»

Brian ha ragione. Di sicuro se ci fossero stati Will o James, o Will e James... avremmo fatto tutto tranne che studiare.

«Ti sei ricreduta quindi» mi istiga lui.

Io raccolgo tutti i miei libri e li ripongo nello zaino.
Vorrei far finta di niente, ma in realtà so perfettamente di cosa sta parlando. Quando ci eravamo appena conosciuti avevo detto a Brian che James non mi sembrava nulla di che e che non capivo come mai tutte le ragazze potessero morirgli dietro.

Ora sì, potrei iniziare ad averne una vaga idea...

«Beh dicono che solo gli stupidi non cambiano il proprio pensiero» ammetto tra i denti, mentre Brian mi scorta verso l'uscio di casa.

Attraversando il corridoio però, mi accorgo di alcune coppe esposte sopra ad una mensola in cui si stagliano delle fotografie che ritraggono Amelia e Brian da bambini.

«Sono tue?»

«Sono di mio padre. Da giovane era un campione di nuoto.»

Le sue parole mi fanno sussultare.

«Oh, ha fatto carriera?»

La domanda può risultare sciocca, ma in realtà ho come la sensazione mi stia portando in una direzione ben precisa.

«No, è finito ad insegnare.»

Mi ghiaccio sul posto.

Brian apre la porta d'ingresso, ma solo successivamente viene rapito dalla mia espressione raggelata.
Il professore di nuoto menzionato da William è proprio loro padre, ecco perché Amelia era quasi scoppiata a piangere in corridoio, quando l'ho nominato.

«June, so che è una richiesta assurda, ma... non credere a James. Per ogni storia vi sono sempre due versioni.»

«James non mi ha detto proprio un bel nulla» ammetto amareggiata nel constatarlo a voce alta.

Approfitto dell'attimo di disponibilità di Brian, per provare ad azzardare un'ultima domanda, prima che mi cacci di casa a calci nel sedere.

«Vive con voi?»

Non dovrei mettere il naso, lo so, ma con mia sorpresa lui risponde.

«Non vive più con noi. Non lo vedo da un anno. È andato via.»

Come accendere la curiosità di una persona come June White? Dicendo le frasi a metà. Qui sembrano tutti degli esperti in questa abilità.

«Si è trasferito?»

«Più o meno...»

Suona il mio cellulare proprio in quell'istante. E se un attimo prima ero in preda allo stupore per aver appena rimesso insieme alcuni pezzi del puzzle, mi sorprendo maggiormente nel vedere il nome sullo schermo del telefono.

James

«Sì?» rispondo brusca.

Lo sento sbuffare dall'altra parte.

«È successo qualcosa?» domando con una paura inconscia. Non mi avrebbe chiamato altrimenti.

«Non lo so. Lo chiedo a te, dato che non vedo il tuo culo a casa mia.»

«Sono da Brian, ma che vuoi?»

«Che mio padre non avesse proposto a tua mamma di farti dare ripetizioni a Jasper»

O no

«Sono due fottute settimane che aspetta questo momento» lo sento borbottare prima si chiudermi il telefono in faccia.

«Merda. Devo andare» congedo Brian frettolosamente.

Quando mi vede saltare sulla mia bicicletta, mi lancia un cenno di saluto che ricambio con un sorriso.
Di certo non dimenticherò le sue parole.

Perché ha detto che non devo credere a James?



Invece che tornare a casa decido di fare una piccola deviazione a casa Hunter. Sono solo le quattro e mezzo del pomeriggio e sì, sono in ritardo di un'ora, ma io e Jasper potremo comunque recuperare il tempo perduto.
Jordan mi viene ad aprire con un sorriso smagliante e una t-shirt aderente che mette in mostra il suo fisico scolpito.

«Ehm... Ciao»

«June, finalmente. Jasper ti ha aspettato...»

«Lo so e mi scuso per questo. Avevo un colpito da finire, ma possiamo fare i compiti ora. Sempre se per te va bene»

«Credo li abbia già fatti, però sono sicuro che sarà felice di vederti. Io sto per uscire, lo trovi in camera sua. Sali pure.»

«Grazie.»

Quando sorpasso camera di James mi accorgo che la porta è socchiusa ma non mi metto a curiosare, passo oltre, tirando dritta fino alla stanza successiva.

«Jasper?»

Vi entro in punta di piedi, con la paura di dire qualcosa di troppo. Jasper è seduto alla scrivania, sta giocando al computer con la testa immersa in un grosso paio di cuffie che gli copre metà del viso.
«Come stai?»

Lui però non accenna a salutarmi riesco solo a percepire un lieve movimento del labbro inferiore, nulla di più.

«Ho avuto un noiosissima relazione da finire, ma ora sono qui.» aggiungo mortificata.

Jasper non si smuove dalla sedia, né si degna di voltarsi nella mia direzione, perciò tento di fare la mia mossa. Accorcio la distanza tra di noi avvicinandomi alla sua figura.

«Immagino avrai già finito i compiti. Però se vuoi posso restare e giochiamo...»

Sfioro il padiglione delle cuffie che porta in testa, ma lui a quel punto si gira di scatto, fulminandomi con lo sguardo di un felino ferito.
Indietreggio, consapevole del fatto che uscirò sconfitta da questo conflitto silenzioso.

«Okay. Ti lascio sbollire un attimo... » mormoro chinando il capo.

In quel momento mi accorgo del frastuono di colpi ripetuti, provenire dalla stanza a fianco.

Abbandono camera di Jasper con un po' di amarezza e mentre proseguo nel corridoio, scorro davanti alla porta di James. Questa volta è semi aperta e mi basta un tocco per spalancarla del tutto.

«Guarda chi si è degnata di venire...»

Incrocio le braccia al petto fissandolo di sbieco. Jasper ha il diritto di essere offeso con me, lui no.

«A te la cosa non dovrebbe interessare» sibilo osservando il suo torace leggermente sudato, velato da un'ampia canottiera sportiva. Porta i guantoni da boxe e con gli stessi abbranca il sacco che sta ancora oscillando per via dei colpi precedenti.

«Infatti non me ne frega un cazzo di quello che fai tu, White»

James poi si avvicina minaccioso, non sembra stupito del mio affronto, anzi. É già pronto ad attaccare.

«Non si direbbe dalla tua faccia»

Una gocciolina di sudore gli riga il viso, ma lui emana sempre un buon profumo, dolce e virile.

«Sentimi bene ragazzina, qui non stiamo parlando di me o di William. Hai capito bene?»

Le sue iridi luminose e sottili ai lati, si scuriscono, trafiggendomi lo sguardo senza pietà.

«Lo so. Ma ero da Brian e...»

James però torna al sacco, privandomi di ogni attenzione.

«Hai finito di spiare?» dice poi, intento ad aprire con i denti il guantone che gli ricopre la mano destra.

Io sbuffo lanciando gli occhi al soffitto e sto anche per andarmene, quando lui mi richiama.

«Dai avanti»

Lo vedo indicare il sacco che ha di fronte, mentre lui termina di sfilarsi l'altro guanto.

«No» Enfatizzo la negazione con un cenno di dissenso del capo.

«Pensi ancora che tutto questo sia un fottuto scherzo?»

Restiamo a fissarci negli occhi senza parlare, la tregua silenziosa dura qualche istante. Vuole aiutarmi, lo so, ma ci sono troppe cose di lui che non mi vanno giù. Si ostina così tanto a volermi insegnare a difendermi e poi gli basta l'entrata in scena di una ragazza come Bonnie, per dimenticarsi completamente di me?

«Fammi vedere qualcosa prima, così capisco se sei all'altezza per insegnarmi»

«Che cazzata è questa?» s'indispettisce, inarcando le sopracciglia castane.

«Magari c'è qualcun altro che potrebbe farlo meglio di te»

James assottiglia gli occhi blu a due lame sottili e appuntite, poi sferra pugno così forte contro il sacco che sento il pavimento tremare. E non solo.

«E sentiamo ragazzina...Chi potrebbe insegnartelo meglio di me?»

A quel punto solleva il bordo della canotta blu per portarsela sul collo ad asciugarsi le goccioline che attraversano la sua pelle dorata, lasciando scoperto l'addome tassellato.

«Beh, fammici pensare...»

«Zitta e ascoltami»

La mia bocca si sigilla all'istante, mi viene così vicino da togliermi il respiro.

«La prima parte del corpo che devi usare per difenderti è il cervello. Molto probabilmente è l'unica cosa in tuo possesso, ad essere più grande di quella del tuo aggressore. Perciò sta tutto qui. Nella tua fottuta testolina.»

Pigia la punta dell'indice nella mia tempia, io mi faccio più piccola contro il muro, mentre il suo profumo m'impregna le narici.

«Devi essere lucida, sempre, ma nello stesso tempo devi sfruttare l'adrenalina che il tuo corpo è in grado di regalarti. Questa ti darà il coraggio per affrontare chiunque, anche una persona con forza e stazza doppia alla tua.»

Annuisco tentando di non farmi catturare dalla visione del suo fisico forte e possente, i muscoli svettano oltre alla canottiera larga, mentre i nervi s'intrecciano spessi sotto alle pelle fina e lievemente abbronzata.

«Austin ti ha bloccato i polsi, non sei stata abbastanza reattiva. Non devi arrivare a quel punto, devi agire prima»

Con la punta delle dita attraversa la sua chioma scompigliata, poi si ferma, in attesa di una mia risposta. Le sue labbra gonfie si serrano davanti ai miei occhi.

June, concentrazione

«Stavamo discutendo e...»

«Ti ho detto che puoi parlare?» ringhia ad un soffio dalla mia bocca.

«C'è una cosa che dovrai sempre evitare»

«Cosa?» domando confusa.

«Questo.»

James porta la sua mano grande intorno al mio collo. Non stringe, ma avvolge la mia gola con le sue dita calde, segmentate dagli anelli gelidi. I nostri corpi aderiscono, quando sono ormai con le spalle contro la parete.

«Una volta che avrai una mano al collo, non potrai più liberartene. E se il tuo aggressore stringe, è la fine. Perciò la prima regola è prevedere questa mossa»

Annuisco, James fa scorrere la lingua tra le labbra e gli occhi più in basso, lungo il mio corpo immobilizzato dal suo.

«Fallo tu, così ti faccio vedere» dice poi, lasciandomi nuovamente libera.

Se poco fa ero vagamente arrabbiata con lui, ora mi sento frastornata. Una sensazione di vertigini carezza la bocca del mio stomaco e le emozioni si accavallano mio petto, ogni qualvolta lui mi sta così vicino.

«Cosa dovrei fare scusa?»

«Quello che ho appena fatto io. Mettimi una mano intorno al collo» spiega brusco.

«Io?»

«Sì tu, cazzo»

«Ma...»

James m'interrompe, questa volta scavando con le sue labbra vellutate sulle mia guancia sensibile, dove vi abbandona un respiro accaldato che mi dà i brividi.

«Puoi farlo, per favore?»

Mi si serra la gola, riesco a dire solo un timido «Oh, okay»

Aspetto che lui si allontani di circa un metro da me, prendo un lungo respiro guardandolo negli occhi, poi passo all'attacco allungando una mano verso il suo collo affusolato.

Lui però mi agguanta dal polso prima che possa sfiorarlo, mentre con l'altra mano va in controbattuta, mi arriva al viso e con una presa sicura mi afferra il mento. Resto interdetta quando con il pollice striscia sul mio labbro inferiore.

«Devi agire così. Come ho appena fatto io. Il segreto è contrattaccare prima che lui possa anche solo pensare a cosa fare» aggiunge sicuro di sé.

«Devo sfiorare labbro mio aggressore?» corruccio la fronte.

«No, quel gesto equivaleva ad un pugno sul tuo bel faccino.»

«Non credo di aver capito bene...» commento, ormai preda del caos che James è in grado di causare nel mio corpo e nella mia mente.

«Con questa mano lo blocchi, mentre questa lo colpisci in volto, sul mento, sul naso, dove ti pare. L'importante è che sia sul viso. Non sul busto, lì non gli faresti un cazzo»

«Ah...»

«Ora prova tu»

«Sì ma non posso tirarti un...»

«Non distrarti. Avanti.» m'incalza spazientito.

E prima che lui si metta in posizione, gli sferro un pugno sulla guancia.

Seppur debole e tirato da una dilettante, è pur sempre un pugno.

«Ahiaa cazzo» si lamenta James, tastandosi la mandibola con la mano destra.

In un attimo però i miei polsi vengono imprigionati nelle sue mani forti, che svelte mi allacciano entrambe le braccia sopra alla testa.

«Scusa, mi sono fatta prendere...»

«Non sarebbe comunque sufficiente» sospira con uno sguardo così denso da farmi liquefare contro la parete.

«Perché?»

James si spinge con più decisione contro di me, soffocandomi con il suo petto marmoreo.

«Non ci siamo, Biancaneve. Ti metto sotto troppo facilmente, sei di nuovo spalle al muro.»

«Però sembra non ti dispiaccia» sussurro nel suo orecchio.

Le mie provocazioni trovano il vuoto, James non sembra volerle cogliere.
Si sta trattenendo?

«Così non va bene, perché avrai sempre bisogno di qualcuno che ti difenda. Devi imparare a farlo da sola»

Con il dorso della mano si asciuga le labbra umide e mentre indietreggia via da me, lo vedo risistemarsi la grossa canottiera sui pantaloni della tuta.

«Non ho bisogno di essere difesa, tanto meno da te»

«Quante volte vieni a fare ripetizioni?» domanda lui quando ormai è di spalle.

«In teoria tre volte a settimana. Un'ora e mezza.»

«Bene. Dopo le ripetizioni con Jasper, tiri al sacco. Con me»

«Tutte le volte? Perché?»

«Perché sì. Procurati dei guanti della tua misura» James si blocca con lo sguardo a mezz'aria.

«Ah e metti un reggiseno sportivo»

Sollevo entrambe le sopracciglia.

«Così... ti stanno ferme» spiega lui leccandosi il lato della bocca rosea.

«Troppa paura di perdere la concentrazione?»

James fa ruotare la lingua all'interno della guancia fissandomi intensamente, poi sorride come un bambino.

June no

Gli volto le spalle, per evitare di dire altre cose stupide.

Sto per andarmene, ma quando mi accorgo che si è appena distratto a raccogliere un guantone dal pavimento, lo sorprendo alle spalle e lo spingo a terra. O almeno ci provo. James è troppo svelto, ruota il corpo quanto basta per agguantarmi e farmi cadere sul pavimento insieme a lui. Ci schiantiamo a terra rovinosamente.

«Ti ho messo KO, Hunter» sibilo affannata.

«Ben fatto, White»

Mi accorgo che è immobile sotto di me, ma il suo sguardo scorre lungo la mia maglietta aderente, poi crolla rapido sulle mie cosce, avvolte intorno al suo bacino.

«Da qui in poi però non so più cosa dovrei fare...» balbetto in preda al panico, mentre tento di risistemarmi su di lui, trattenendo il peso per non schiacciarlo troppo.

Le sue mani prendono possesso delle mie cosce lasciate scoperte dai pantaloncini, cattura le mie gambe affondandoci le dita dentro, in un modo rude che non avevo previsto, poi mi induce spingermi un po' più avanti, verso di lui.
Sento la sua durezza nascosta dai pantaloni grigi slittare sotto di me, dandomi un brivido piacevole.

«Io dico che sai perfettamente cosa fare adesso»

Resto a bocca semi aperta, eludo il suo sguardo intenso e mi lecco le labbra nella speranza di trovare saliva ad inumidirmi la gola ormai arida.
Gli pianto una mano intorno alla gola senza pensarci più di tanto.

«Cazzo.» lo sento ansimare.

«Ho sbagliato?»

«No è che... Così non vale. Giochi sporco.»

Mi perdo a rimirare la scintilla di desiderio fa brillare le sue iridi lucide, così lui ne approfitta e con un movimento brusco e repentino fa inverte le nostre posizioni.
In un attimo è di nuovo sopra di me.

«Perché gioco scorretto?» lo provoco, ignorando il buon profumo che mi solletica il naso.

«Zitta.» ringhia facendo stridere i denti bianchi.

«Perché?»

Sento la sua erezione modellarsi sul mio interno coscia, mi si blocca il respiro per la grandezza del suo corpo. Forse non avrei dovuto prenderlo in giro con così tanta facilità, in passato.

«Perché prima o poi finisce che ti lasci scopare»

«Senti quante cazzate dici solo per nascondere il fatto che ti ho messo al tappeto.»

«Fino a prova contraria sei proprio dove ti voglio. Sotto di me, Biancaneve» mugugna accaldato, con le guance arrossate.

Le sue labbra sono sempre più prossime alle mie, che si schiudono desiderose di avere un suo bacio, ma questo non accade. Restiamo con le bocche vicine, entrambi troppi orgogliosi per scegliere la prossima mossa.

«È meglio se torno a casa» dico in preda ad un attimo di lucidità.

James pianta entrambe i palmi sul pavimento ai lati della mia testa e si solleva in piedi.

«Già. Fai quello che ritieni sia più giusto» mi prende in giro.

«Non dovrei?» Inarco un sopracciglio.

«Dovresti fare quello che ti senti, per una volta»

«Ha parlato» lo stuzzico a quel punto.

«Che vuoi dire, ragazzina?»

«Che non sei da meno. Anche tu spesso non fai ciò che ti senti»

È una provocazione. Sto alludendo al bacio mancato di poco fa. E poi, riflettendoci, ci siamo già baciati più di due volte, ma William, è stato molto più fisico di James. Persino Tiffany. Lui non mi ha mai sfiorata oltre i limiti, né ha mai provato a farlo.

«Ah no?»

«No, non lo fai.» insisto senza paura.

Intrappolo il labbro inferiore sotto ai denti, poi mi risistemo la maglietta che si è leggermente sollevata e mi dirigo verso la porta.
A James basta allungare un braccio, protende la mano verso di me, lasciandola affondare tra i capelli che mi ricadono lunghi sulle spalle. Mi afferra bruscamente, con il solo intento di attirarmi a sè. Gemo appena, ma i miei mugolii strozzati vengono silenziati presto dalle nostre labbra in collisione. Un impatto rude, eppure al contempo soffice. Necessario. Schiudo le labbra ma ormai è solo più un gioco di lingue frenetiche e sempre più intrecciate.

Deve aver mangiato qualcosa al cioccolato perché il sapore è inconfondibile nella sua bocca, sulla sua lingua. E ora sulla mia.
Divino.
Sono così in estasi per via del bacio, che solo dopo poco mi accorgo che le sue mani, dapprima posizionate sui miei fianchi, hanno preso a modellare il mio corpo senza alcuna vergogna. Raggiunge il mio seno sinistro, che ingloba con l'interezza della sua mano, strizzandolo appena.

Il gemito roco che sputa fuori è innegabile, intanto con l'altra mano scivola più a fondo, oltre la mia schiena, per scontrarsi con la morbidezza del mio sedere. Lo preme con le dita, applicando una forza non indifferente, portandomi con quel gesto, più vicina al suo corpo. I nostri fianchi si scontrano e in quel momento esatto le nostre bocche si slegano, per prendere ossigeno.

«Cazzo» lo sento ansimare nel mio orecchio.

«James, ma cosa...?»

Mi sento in uno stato confusionale, indebolita da quel gioco pericoloso.

«Dato che facciamo quello che ci sentiamo di fare...»

I piccoli baci che lascia sul mio collo mi fanno sussultare, ma la sua bocca è così umida che ben presto diventa solo più lingua, liscia e calda, segna tutta la lunghezza della mia gola.

Un rantolo sommesso abbandona le mie labbra, mentre James non sembra volersi arrestare.

«Fermami, dai.» mi incita, continuando quel duello di provocazione che ormai abbiamo messo in atto.

Mi aggrappo con le mani alla sua canottiera, come per sorreggermi, ma sebbene il mio corpo stia andando a fuoco, la mia mente mi dice di continuare ad istigarlo.

«Non ho bisogno di fermarti io. C'è già qualcosa che mi frena»

«Sì, puoi dirlo forte. Perché sennò ti avrei fatta voltare e presa qui, contro questa fottuta parete.» mugola lui, abbandonando ogni inibizione.

Non riesco neanche a rispondere.
Come posso? É così piacevole.
La presa sul mio fondoschiena si fa più possessiva e in qualche modo riesce a spingere ancora di più il mio corpo contro il suo. Quel contatto così serrato e intrecciato, diventa essenziale, tanto da sembrare quasi una piacevole sofferenza. Sogghigna appena quando sussulto per via della sua erezione così ingombrante contro la mia pancia.
Nessuno mi ha mai sfiorata in questo modo. Non come il mio corpo fosse completamente soggiogato al suo, ma come se usasse le mani per toccare qualcosa che va oltre l'ammasso di carne e ossa che noi siamo. È molto di più, è mentale.

Solo quando si stacca da me e prendiamo ad osservarci, mi accorgo di come gli ho scompigliato i capelli. «Se resti qui finisce male, già lo sai» sussurra sulle mie labbra.

«In che senso?»

James lancia un'occhiata fugace al suo letto e io capisco immediatamente.

«O forse non me lo lasceresti mai fare...»

Stavolta è lui a boccheggiare.

Io non fiato. Sono immobilizzata.

«Vero?» incalza poi.

Nel vedermi senza parole però, ancora spossata per via di quel bacio così travolgente ed intenso, James si fa subito serio.

«Non volevo spaventarti...»

Sbatto le ciglia un paio di volte. Ancora non riesco a capacitarmi del perché James sia sempre stato così trattenuto. Con le altre ragazze non lo è affatto, anzi. Che io non gli piaccia abbastanza? Potrebbe essere...

«No, non mi spaventi. Solo non capisco perché sei così tanto sostenuto con me.»

Mi mordo la lingua, dopo aver esternato quella stupida frase.

«Perché ci provo tutte le volte, okay? Non sono perfetto.» risponde impetuoso.

«Provi a fare cosa?»

«A non strapparti quei cazzo di pantaloncini di dosso ogni fottuta volta che ti vedo. Non lo capisci?»

Il mio cuore salta un battito.

«James andiamo?»

Sentiamo una voce provenire dal corridoio.
Oh merda. È Jackson

«Che combinate?» domanda il biondo, entrando in stanza.

Scruta attentamente le nostre sagome che hanno appena preso un po' di spazio tra loro.

«Niente, Jax. Che cazzo c'è? Sembri mio padre con le sue domande del cazzo.»

«Ma ti calmi? Abbiamo gli allenamenti. Già salti la prossima partita, vuoi saltare tutto il campionato?»

James sbuffa, si volta di schiena per sfilarsi la canottiera e lanciarla nel cesto dei vestiti sporchi.

«Mi faccio una doccia e andiamo»

«Tra cinque minuti ti farà correre così tanto che sarai di nuovo sudato» si lamenta Jackson, probabilmente alludendo al loro allenatore.

Saluto Jasper e me ne vado, mi dico, intanto James afferra una felpa dall'armadio e la indossa.

«Va bene andiamo, ma..»

Poi si ferma, sembra rapito da un pensiero.
Jackson intanto ridacchia.

«Ma i tuoi capelli che hanno visto?» lo prende in giro il biondo, riferendosi alle ciocche scompigliate di James.

«Ripensandoci, non posso venire. Mio padre è uscito. Devo stare con Jasper, oggi non è di buon umore.» lo sento dire a malincuore.

E la causa sono io

«Resto io, tu vai» annuncio, ancora ferma sull'uscio della porta, facendoli voltare entrambi nella mia direzione.

«Come scusa?» si acciglia James.

«Sono già le sei, non torni in tempo per cena. Gli preparo io qualcosa.» spiego con calma.

«Non penso proprio. Poi dovrai andare via ad un certo punto e lui...»

«Ci resto io. Aspetterò che torni. Non lo lascio da solo.»

Jasper appare sulla soglia in quel momento.

«Ti va di preparare dei muffin insieme?» provo a coinvolgerlo.

Un guizzo di felicità mi stringe il cuore quando vedo i suoi occhi blu illuminarsi.

Anche James sembra percepirlo, perché serra le labbra per nascondere un sorriso ricurvo.

«Attento che White è una frana in cucina. Controllala, miraccomando»

«Non ascoltarlo» sorrido a Jasper, mentre una voragine calda mi scava nel petto.

Mi sento strana. Jackson osserva quel siparietto con aria incuriosita e braccia conserte, poi mi fa un cenno di saluto uscendo dalla stanza.
Prima che James segua Jasper e Jackson in corridoio però, si avvicina a me, che me sto immobile senza sapere bene come atteggiarmi.

«Non faccio tardi» sputa serio, abbassandomi la maglietta che era rimasta lievemente sollevata sul fianco.

No elefanti nello stomaco, grazie

«Mangerai qualcosa che ho preparato io?» lo provoco sapendo già la risposta.

«Non voglio morire avvelenato, White»

Curvo le labbra a lato e lui fa lo stesso, mentre estrae una gomma dal pacchetto per infilarsela sulla lingua.

Si avvicina per baciarmi, così chiudo gli occhi. Ma James ovviamente si rivela sempre imprevedibile, questa volta punta alla mia guancia.

«Sei una ragazzina troppo ingenua. Non devi mai abbassare la guardia.Ricordatelo.»

Il suo ansito caldo mi solletica l'orecchio e invece che baciarmi, finisce per mordicchiarmi il lobo, dandomi i brividi.

«Ma non hai imparato niente oggi?»

Sorride contro la mia mandibola, facendomi vibrare la pelle sensibile con il suo respiro che sa di cioccolato e menta.

Quando riapro gli occhi se n'è già andato, ma il sorriso sulle mie labbra, quello è rimasto.




Io e Jasper trascorriamo la sera davanti ai fornelli. Oltre agli ingredienti per i muffin alla vaniglia però, purtroppo c'è solo cibo surgelato in questa casa. Perciò prima ci smezziamo una pizza scaldata al forno, poi divoriamo tre muffin a testa davanti alla tv.

«Tuo fratello di sicuro avrà da lamentarsi.
Avrà da dire che sono troppo dolci, poi si lagnerà perché non gliene abbiamo lasciati abbastanza»

In generale Jasper non dispensa molti sorrisi, ma visto il suo buonumore a fine serata, devo dire che mi sono fatta ampiamente perdonare per oggi.
E verso le nove entrambi crolliamo guarendo la televisione.
Ci ho provato a resistere, ma le mie palpebre pesanti si chiudono involontariamente, trascinandomi nelle braccia di Morfeo.

«Stai bene?»

Mi sveglio soprassalto.
Ma dove mi trovo?
Dopo qualche secondo, finalmente realizzo: sono ancora accovacciata sulla poltrona, nel salotto di James.
Lui è in piedi, davanti a me, ma sta fissando qualcosa che mi è accanto.
Il cuscino sul quale posavo la guancia risulta lievemente umido, mi tasto lo zigomo e mi accorgo che anche il mio viso lo è.

Resto pietrificata, non so che dire.

«Dov'è Jasper? Era... era qui sul divano...»

Questa l'unica cosa che riesco a balbettare.

«L'ho già portato nel suo letto, non si sveglia quando lo prendi in braccio.»

Mi stropiccio gli occhi, come a realizzare che questo non è un sogno. La luce è spenta, c'è solo lo schermo della televisione a rischiarare il suo viso nella penombra.

«Da quanto sei qui?»

«Sono appena arrivato »

Abbasso lo sguardo a seguire il movimento delle sue mani, le posa lente sui miei fianchi e prova a prendermi in braccio, ma io l'allontano.

«James, che fai? No»

Scalpito affossandomi nella poltrona, per impedirgli di toccarmi.

«Calmati, cazzo. Volevo solo... »

Lo vedo irrigidirsi in seguito al mio rifiuto.

«Ho notato che la casa è tutta pulita.» asserisce guardandosi intorno.

«Sì, Jasper mi ha dato una mano.»

Mi strofino la fronte, sono ancora assonnata.

«Perché l'hai fatto?»

«Era pulito, però sai...»

«No, dico... perché sei rimasta con Jasper?»

Mi stringo nelle spalle, facendomi il più piccola possibile.

«Ci sarà un motivo.» insiste bruscamente.

«Non tutti vogliono qualcosa in cambio, James» tronco secca.

Lui solleva il mento nella sua solita espressione strafottente.

«Non dire cazzate. Se vuoi me è un conto, ma Jasper che cazzo c'entra? Perché lo fai?»

È arrivato da cinque minuti e già mi sta trattando male.

«Senti me ne vado»

Salto su dalla poltrona, ma lui mi blocca dalle spalle.

«No ferma. Che succede?»

James sembra intuire il mio stato d'animo, forse appaio leggermente scossa in questo istante, non sono abituata svegliarmi nel bel mezzo della notte, interrompendo il sonno in questo modo.

«È solo.... oggi mi sono dimenticata di lui e mi sono sentita in colpa.» confesso a fatica. Pronunciare quelle parole ad alta voce è davvero insolito per me.

«Ho esagerato nel fartelo pesare.» esordisce mentre mi osserva dall'alto.

«No, beh... Mi ci sentivo già prima così e quando succede...»

La frase successiva mi scivola in gola, ma James non ha bisogno di udirla. Con una mano tiene salda la mia spalla, mentre con l'altra scivola piano sui miei pantaloncini, dove il pollice sfiora delicatamente il mio interno coscia, come se avesse memoria della piccola cicatrice ancora impressa sulla mia pelle.

Il mio cuore ha un guizzo inaspettato.

«Così ho pensato di fargli qualcosa per cena. Abbiamo preparato i muffin insieme e pulito casa. Siamo stati bene e lui si è divertito. Questo è stato il mio modo per chiedergli e chiederti scusa.»

James non parla più, resta in rigoroso silenzio. Non sembra aver bisogno di altre parole, la mia spiegazione è più che sufficiente adesso.

«Ora vado, è tardi e...»

Lo sguardo di James però, così arrendevole e irresistibile, mi induce a restare ferma ad assorbire la visione idilliaca delle sue labbra pronunciate.
I suoi occhi s'immergono a fondo, nei miei. Sento le iridi prendere fuoco. Bruciano dello stesso calore ardente che m'incendia il labbro inferiore, quando lui lo carezza con il polpastrello caldo. Dopo averlo tracciato dapprima con lo sguardo, poi con il pollice, James vi lascia un bacio a stampo così dolce, che mi ritrovo completamente attraversata dai brividi.

«Se questo era il tuo modo per chiedere scusa...»

Sopraffatta dalle troppe emozioni, mi ritrovo a chinare timidamente la testa, ma James spinge la fronte sulla mia e con dolcezza, reclama il mio sguardo.

«...Questo è il mio modo per chiederti di restare»

Allora...

🦋 Ragazze, innanzitutto spero stiate bene. So che vi ho fatto aspettare molto, ma non è accaduto perché stavo preparando il capitolo del secolo. L'attesa c'è stata perché -come vi avevo già anticipato- questo è un periodo molto impegnato per me.

🦋La mia soddisfazione per questo capitolo è veramente bassa, avrei dovuto rileggerlo ancora una volta ma non ho avuto tempo. Ho preferito rifilarvelo comunque oggi. Spero vi sia piaciuto ugualmente 💖

🦋Sembra non sia successo nulla, ma in realtà June scopre qualcosina in più su James e il suo passato.

🦋 Che debba capitare qualcosa di 🌶 tra J e J, solo quando è prima successo qualcosa di importante... su questo siamo tutti d'accordo, vero?

🦋 Il prossimo capitolo... 🔥
riguarderà la festa di compleanno di James e direi che sarà abbastanza 🔴 non troppo però (o forse sì, dipende dai punti di vista 😶)

Alla prossima

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