43. You say we're just friends but I swear when nobody's around




TAYLOR POV

«Smettila di guardarmi così»

Mi allungo fino al bordo del letto per recuperare i miei vestiti disseminati sul piumone ormai stropicciato.

«Così come?» chiede lui.

«Non lo so, non devi andare? Non hai un allenamento?» lo rimbecco in malo modo, guardandolo di traverso.

«Mi hai appena scopato e mi chiedi di andarmene?»

Connell mi osserva come fossi una specie di esemplare raro, di cui non se ne capiscono le fattezze, né la pericolosità.

È inutile nascondere la mia reazione seccata, perciò sbuffo e poi sbuffo ancora. Mi alzo in piedi e dopo aver infilato entrambi i piedi nei jeans, me li tiro su per abbottonarli.
La mia camera è ormai impregnata di profumo maschile e la cosa comincia ad urtarmi.

«Cos'è... mandarci via dopo il sesso è un diritto che avete solo voi pene-dotati?»

Lui afferra la t-shirt sportiva, ma invece che indossarla, si accomoda sul mio letto, poi si passa un braccio dietro alla testa, gonfiando i bicipiti.

«E dai, Tay... Hai paura che ti scopra quello stronzo?»

«Cosa c'entra James adesso?» sbotto scuotendo il capo.

«Guarda che non gliene frega un cazzo di te»

Sento il collo irrigidirsi incredibilmente, così lancio un forte sospiro, nella speranza di liberarmi della sensazione di costrizione al petto.

«Ogni volta che usciamo sta con le mani nelle mutande di una diversa, pensi che stia a pensare a te in questo momento?»

«Ma cosa cazzo ne vuoi sapere tu. Mica il nostro rapporto si basa sul sesso»
spiego abbottonandomi la camicetta della divisa.

«Ah no, cos'è... una relazione aperta, la vostra?»

Faccio rollare gli occhi al soffitto alla velocità della luce.

«No e comunque non sono cazzi tuoi, Connell»

«Ha detto che farà delle foto a mia sorella» lo sento lamentarsi, mentre agguanta il pacchetto di sigarette dal comodino.

«Lascialo parlare, era solo per spaventarti non lo farebbe mai»

«Ogni volta che respiro mi fa male la cassa toracica» grugnisce massaggiandosi il petto ancora sporco di lividi che gli ha lasciato lo scontro con James.

«Te lo meritavi, nessuno ti ha detto di prendere il mio cellulare e diffondere il video...»

Mi accingo a risistemare i capelli che mi cascano disordinati sulle spalle.

Connell invece si alza dal letto, è ancora a petto nudo quando nello specchio vedo il suo riflesso scorrere alle mie spalle. Con una mano tiene una sigaretta accesa, con l'altra mi sposta una ciocca liscia dietro all'orecchio.

«Per colpa tua, adesso pensa che sia stata io»

«Tanto meglio, così la smette di starti dietro» sussurra prima di posare le dita sotto al mio mento per portarmelo verso l'alto.

«La finisci? Se provi ancora una volta a baciarmi ti giuro che finisce qui»

«Guarda che se al posto della ragazza nuova, ci fossi stata tu in quel video, lui non mi avrebbe mai picchiato»

Connell non lo fa apposta, ha solo questa odiosa predisposizione per farmi incazzare senza neanche accorgersene.

«E invece sì» controbatto stizzita.

«Certo che tu sei proprio andata per quello» scoppia a ridere lui.

«Che cazzo ridi Connell? James mi avrebbe difesa allo stesso modo»

«Pensi davvero che...»

Comincia ad abbozzare una frase, poi però decide di non concludere.

«Cosa? Sentiamo»

Lo invito a continuare, lui solleva le spalle.

«Niente»

«Voglio saperlo adesso»

Questa volta lo punto con uno sguardo più intenso, lui intanto si prodiga ad aiutarmi nel chiudere l'ultimo bottone della camicia.

«Poi ci rimani male se te lo dico»

Gli do uno spintone che per poco non lo fa traballare.

«Senti basta, se devi fare il coglione in questo modo, non ci vediamo più»

Solleva lo sguardo dispiaciuto, sguardo che va ad aggiungersi al broncio sofferto che ha sulle labbra, per completare l'espressione da cane bastonato che pensa possa farmi intenerire.

«Vai per favore....» Gli indico la porta.

«Ma...»

«Sta arrivando Tiff, non ti voglio qui»

Lo sento lamentarsi per i dolori, intanto si rimette maglietta aderente, poi la giacca della divisa.

«Sì ma non volevo offenderti»

«Vai. Va' a raccontare a tutta la squadra e ai tuoi amici cos'abbiamo fatto, come fai sempre con tutte»

Lui dapprima ridacchia divertito, poi però rimane con la mascella aperta per qualche istante, come se realizzasse qualcosa.

«Aspetta un attimo. L'hai fatto apposta?»

Non accolgo la sua domanda, ma con la mano continuo ad indicargli l'uscita di camera mia.

«Vuoi davvero che Hunter lo venga a sapere così?»

Il fine giustifica sempre i mezzi.

«Stai facendo di tutto, ma non te ne rendi conto?» bofonchia incredulo, prima di chiudersi la porta alle spalle.



«È stato Connell»

Tiffany controlla il cellulare, poi lo rinfila nella tasca posteriore dei jeans aderenti.

«Ero sicura non fossi stata tu»

Sono sollevata nel sentirglielo dire, ma il suo sguardo diffidente non mi convince.

«E allora perché sono giorni che non mi parli?»

Le chiedo fredda, tentando di celare la punta di amarezza che mi invade quando realizzo come ci stiamo allontanando.

Qualcosa ci sta dividendo, o forse qualcuno.

«Perché comunque il video l'hai fatto tu. Io non posso passare sopra ad una cosa del genere...»

Tiffany è abile a guardarsi intorno per evitare le mie occhiate sottili. Incrocio le braccia fissandola con attenzione, lei sembra più distratta del solito.

«Io sono passata sopra a tutto, Tiff»

Capisce immediatamente di cosa sto parlando, ma prova far finta di niente, glielo leggo negli occhi.

«Che intendi?»

E se ne sta lì a giudicarmi, come se lei fosse innocente.

«Davvero credi che io sia stupida, Tiff?»

«Senti, tu continui a comportarti in un modo che a me non piace. Partendo dalla festa di Poppy in cui hai fatto litigare tutti... cioè, non è normale il tuo atteggiamento»

Basta, ne ho le scatole piene. Mi alzo in piedi mentre lei resta ferma contro la scrivania, con le caviglie accavallate.

«Quindi non è normale come mi comporto io, eh...»

Il mio tono esce più minaccioso del solito e lei prende a mordersi il labbro superiore con insistenza, si sta agitando.

«Forse hai ragione, il mio atteggiamento non è normale. E sai perché? Sono mesi che faccio finta di niente. Tu però ne hai avuto l'opportunità e cosa hai fatto? Non non mi hai mai detto un cazzo. Pensi che quello che hai fatto tu sia normale?»

«Tay...»

«Credi non sappia di come il mio ragazzo e la mia migliore amica se la siano spassata per tutta l'estate?»

Lei sbatte le ciglia folte un numero indefinito di volte, questo argomento la innervosisce parecchio.

Probabilmente si sente in colpa ma poco importa, non riesce a starsene zitta.

«Taylor, lui non è il tuo...»

«Non è il mio ragazzo, certo. Ma tu dovresti essere mia amica o sbaglio? Forse avresti dovuto perdere questo titolo non appena mi hai mentito. O hai omesso. Dilla come cazzo ti pare» sbraito facendomi sopraffare dalla collera.

Mi volto stringendo i pugni lungo i fianchi, prima d'incamerare un grosso respiro.
Tiffany apre la bocca, ma io la fermo prima che possa dirlo.

«No. Non è vero. Non ti dispiace, sennò non avresti continuato»

«È successo solo...»

«Un paio di volte... non eravamo da soli... bla bla bla, le tue solite cazzate»

«Sì ma non mi lasci mai parlare, cazzo! Quindi lo sapevi, ma con lui hai sempre fatto finta di niente?»

La sua domanda ha una sottile vena di rimprovero che non mi piace affatto.
Le vado davanti, piantandomi entrambe le mani sui fianchi.

«Secondo te sono disposta a perdere James?»

Lei si schiarisce la voce, poi abbassa lo sguardo sulle sue stesse dita che tormentano lo smalto nero leggermente smangiucchiato.

«Gli ho perdonato qualsiasi cosa. E tu lo sai. Da lui non ho mai preteso scuse, ma dalla mia migliore amica le avrei volute»

Vorrei poter far finta di niente, infierire ancora, ma... sul suo viso è dipinto un senso di colpa che mi crea un vuoto allo stomaco solo a guardarla.
Io non so se sia dispiaciuta per davvero o meno, eppure non riesco ad essere arrabbiata con lei. Amareggiata, quello sì.

«Pensi non lo sappia che quando c'è da divertirsi, tu non ti tiri mai indietro, anche se sai che sono innamorata di lui?» continuo imperterrita.

«Beh preferirei fare finta che non sia così» erompe lei inaspettatamente, lasciandomi a bocca aperta.

«Come scusa?»

Tiffany solleva lentamente gli occhi color nocciola, mentre la sua mandibola affilata sembra avere un leggero tremolio.

«Che tu non fossi innamorata di lui, Taylor»

La sua frase sussurrata mi lascia sgomenta. Non ci posso credere... e io che pensavo fosse solo il solito divertimento tra loro due.

La risata isterica che abbandona le mie labbra le causa una smorfia infastidita al lato della bocca.

«Dio che patetica che sei, Tiffany. Pensi davvero che a lui importi qualcosa di te?»

È assurdo. Le stesse parole che io ho ricevuto da Connell. Quando si tratta di James è sempre così...

Vedo la mia migliore amica deglutire un boccone amaro, mentre il suo sguardo torna a fissare il pavimento.

«No, sei tu che non capisci. Non me ne frega un cazzo di James»




JUNE POV

«Baciami, ti prego»

E me lo chiede in modo condiscendente, sembra quasi una dolce supplica, ma poi, senza lasciarmi neanche il tempo di rispondere, di agire, fa slittare il braccio sopra alla mia testa e m'incatena al muro.

Il suo corpo è in grado di modellarsi contro il mio con un calore e un'impetuosità che non avevo previsto.

Mi ha fatto gli occhi dolci, aveva l'espressione di un cucciolo indifeso e io, senza rendermene conto, ho appena abbassato la guardia.

«Però, ora che ci penso, ragazzina...»

Porca miseria, perché deve sempre farmi impazzire?

Così, per eludere il contatto con il blu troppo intenso delle sue iridi vicine, i miei occhi guizzano in lontananza fino a fermarsi sullo specchio del bagno.
La schiena nuda e segnata di James nasconde la mia sagoma, ma quando scorgo il riflesso della mia felpona che ricade larga sui jeans, mi paralizzo.

E se fosse tutto uno scherzo?
É scientificamente impossibile che io piaccia ad uno così.

«Ho litigato con Will, per te»

«James...» sussurro sulla sua bocca arrossata e rigonfia.

Lui sembra accorgersi della mia distrazione, ma con pazienza torna a reclamare i miei occhi, avvicinando le labbra morbide alle mie.
Io mi appresto a dimenticare tutta l'insicurezza che fino a qualche minuto fa aveva fatto capolino nella mia testa e questo accade non appena il suo buon profumo diventa prominente e totalizzante, la mia unica fonte di ossigeno.
E si mescola in modo delicato e naturale alla fragranza di menta della gomma che James demolisce sotto ai denti bianchi.

«Che senso ha pensare a Will adesso...»

La mia voce è calda, sembra di velluto e quasi non la riconosco.

«Sei stata con lui»

«È una vostra regola?»

Il mio timbro trema appena, mentre James non si scompone minimamente e continua a sussurrare con la sua voce seducente.

«È una regola, sì, ma...»

Il suo profumo mi sta facendo perdere la testa, perché le sue labbra dicono una cosa, ma il suo corpo mi è così vicino?

«Ma...?»

Lui però non risponde. Non so neanche io dove credo di andare, eppure decido di muovere un passo per uscire da quella situazione. James mi bracca contro la parete, questa volta con più risolutezza, impedendomi di muovermi con la forza della sua figura.

«Ma quella regola può fottersi»

Con il petto che combacia con il mio, inclina la testa verso il basso per approfondire il contatto delle nostre labbra che si sfiorano dolcemente, per poi scoppiare inevitabilmente in un lungo bacio.

La sua lingua si attorciglia con la mia. Finalmente.
Ancora.
Mi sembra di aver aspettato una vita.
Comincio ad avvertire le gambe leggere, perciò poso entrambe le mani sul suo torace nudo per trovare un appiglio e lo sento particolarmente accaldato.

È diverso dal primo che ci siamo dati.
Mi manca il respiro questa volta.
Il gioco delle nostre labbra è più sfacciato e la sua lingua spinge forte contro la mia, ogni volta che rifuggo alla sua rincorsa.

Mi stacco per un attimo, non posso fare altrimenti. Ho seriamente bisogno d'aria.

«Perché ti sei fermata?» lo sento ansimare con le guance rosse ed infiammate.

«Devo respirare...» boccheggio a fatica.

Lui esibisce un sorrisetto compiaciuto, curvando quelle labbra turgide e tumefatte per via dell'impeto del bacio. Sembra divertito dall'effetto che è in grado di farmi.

«No, non devi»

E dopo aver pronunciato quella frase, torna su di me. In modo più rude questa volta, più impaziente. Con le mani ben piantate sui miei fianchi, mi tiene stretta, intanto la sua lingua scivola morbida contro mia e il gusto di birra e menta si fa più intenso nella mia bocca.

Un risucchio eccitante si espande nell'aria, ma i miei sensi sono tutti stregati dalla sua lingua, questa sembra essere in grado danzare seguendo dei movimenti piacevoli che non avevo mai avvertito prima.
Il suo petto imponente preme un po' di più contro il mio, facendomi mancare nuovamente il respiro.

«James piano, ho bisogno di respirare»

Lui sogghigna e questa volta decide di fermarsi più di quanto avessi previsto.
Lo vedo chiudere gli occhi lentamente, per poi schiacciare la spalla al muro per sorreggersi.

«Hai mangiato qualcosa?» domando mentre lui con la mano si districa i capelli scompigliati e folti.

Lo fa distrattamente, come se le sue sembianze non fossero quelle di una divinità umana.

«Hmmm... sì» risponde vago.

«Sì? Pillole e alcol non valgono» lo istigo io.

James accorcia nuovamente la distanza tra di noi, ma io non mi lascio intimorire.

«Cos'hai mangiato? Quando sei tornato la pizza era ormai...»

«Hai finito?» domanda con tono strafottente prima di leccarsi il labbro inferiore.

Se mai mi avessero detto che in vita mia avrei fatto una cosa del genere... non ci avrei mai creduto. Mai. Con il cuore che mi martella nel petto, mi sollevo in punta di piedi e affondo una mano nei suoi capelli scarmigliati. Vengo assalita da un fremito piacevole nel sentire quanto morbidi siano a contatto con il mio palmo sensibile.

James inclina di poco la testa e torna sulla mia bocca, stavolta in modo più sommesso, schiude le labbra aspettando una mia mossa e io, senza neanche pensarci troppo, intrappolo il suo labbro inferiore tra i denti per risucchiarlo con bramosia.

La sua bocca si curva in un sorrisetto soddisfatto e l'ansito rauco e seducente che gli strappo via, lascia intendere che tutto ciò non gli dispiaccia affatto. Così reprimo ogni imbarazzo, prendo l'iniziativa e lascio che nostre lingue si carezzino in modo lento, senza fretta. Il movimento della sua è accennato, tanto soffice da sembrare fluido. É un piacevole attimo di calma, come se il tempo si fermasse per darci possibilità di regolarizzare i nostri respiri in un'armonia necessaria.

All'improvviso la sua lingua vellutata si fa così remissiva nell'accogliere il mio bacio, che per un attimo mi chiedo se abbia ancora voglia di continuare. Mi discosto appena, come per studiare l'espressione sul suo volto, ma James mi cinge i fianchi con la tenacia del suo braccio, portandomi verso il suo corpo statuario ancora una volta.

E se le sue mani sono rudi, il bacio è morbido, tanto dolce e flebile da farmi sussultare di piacere.
Prima che però io possa compiere un'altra mossa, James usa la punta della lingua e comincia a disegnare delle traiettorie immaginarie, la fa slittare sulle mie labbra per poi scivolare dentro alla mia bocca a cercare la mia in modo arrendevole e docile. Una cascata di brividi bollenti precipita dritta verso il basso, tra le mie cosce serrate.

Il mio cervello ormai è un mucchietto di pensieri sconnessi.
Desideravo da morire immergere le mani tra suoi capelli spettinati, ma sentirlo gemere nella mia bocca in modo così eccitante, ogni volta che stringo con più con forza, mi causa le capriole nello stomaco.

«Ho bisogno di sapere cosa ti piace...»

Dei fremiti prolungati cominciano a scorrermi lungo le braccia. La sua voce è un gemito provocante nel mio orecchio e io credo di non aver mai sentito nulla di così piacevole e proibito prima d'ora.

«...come ti piace...»

Deglutisco a fatica, mentre un calore avvolgente prende a palpitarmi nel petto.

«....dove ti piace»

O mio Dio... O MIO DIO

Le sue labbra calde sfregano sul mio lobo sensibile quanto basta, prima di tornare davanti al mio sguardo come qualcosa di irrimediabilmente illegale.

Mi allontano da lui, come a volermi salvaguardare per un attimo, perché le guance scottano eccessivamente e James sta diventando qualcosa di troppo piacevole sotto alle mie mani.
Lui invece di compiere resistenza, mi lascia libera d'indietreggiare.
É inevitabile. Quando inclino lo sguardo, le mie attenzioni cascano sulle sue braccia attraversate da muscoli e vene rigonfie, fino a scendere sulle sue mani adornate di anelli argentati.

«Devo farmi una doccia»

James risucchia il labbro inferiore, poi mi fissa intensamente, mentre i miei occhi scalpellano lentamente la pelle liscia del suo ampio torace scoperto.

Dovrei andarmene, sì... ma come si fa?

«Beh allora è meglio se...»

Ma m'interrompo subito.
È inutile provarci, il mio cervello ha smesso di funzionare già da un pezzo.

«Puoi restare...» aggiunge lui, che sembra essere perfettamente a suo agio in una situazione così intima.

Giocherella con la catenina che gli circonda il collo affusolato, facendola scorrere tra indice e medio.

Io invece deglutisco, ferma immobile contro la parete opposta alla sua. Il bagno non è piccolo, ma lo spazio sembra restringersi quando io e James siamo nella stessa stanza.

«...Oppure puoi andartene se vuoi» prosegue sollevando il lato della bocca in modo provocatorio.

«Ma...»

E quando si scolla dal muro per avvicinarsi a me, perdo un battito.

«...fossi in te, rimarrei qui...»

Mi sento di nuovo tremare, James sembra non curarsene quando con un gesto apparentemente innocuo, torna a farmi avvampare.
Con la punta delle dita fa scivolare verso l'alto il bordo della mia felpa, strofinando i polpastrelli freddi sulla pelle sensibile del mio fianco scoperto.

«....ancora un po'»

Chiudo gli occhi, ormai sopraffatta dal suo modo di fare così irresistibile, ormai pronta a ricevere ancora un po' di quel dolce veleno che sono le sue labbra.

Ma poco prima che lui possa baciarmi ancora, sobbalziamo all'unisono, perché un colpo di tosse ci richiama.

Taylor poggiata allo stipite con le braccia incrociate, ci guarda con aria di sfida.

«Cazzo, Taylor» impreca lui passandosi una mano sulla fronte.

«Ma guardali...»

Resto ammutolita dinnanzi a quella visione inattesa: labbra strette dal nervoso, aria superiorità e due occhi che sembrano vetri appena rotti. Indossa una giubbino scuro sopra ad un dolcevita bianco che ricade sulla vita sottile e sui jeans che segnano le sue gambe lunghe e magre.

James però non muove un singolo passo per allontanarsi da me.

«Che poca fantasia Jamie, davvero. Mi aspettavo di meglio da te»

La bocca di Taylor pronuncia parole dure, ma il suo sguardo dice tutt'altro. Sembra ferita.
Io invece ho la bocca secca, non riesco a parlare. Sento un caldo così forte che potrei svenire.

«Perché non fai uno sforzo e provi a stupirmi per una volta?»

Stanno parlando tra di loro? Devo andarmene subito

Ma Taylor m'inchioda con un'occhiataccia asettica prima che io muova un passo.

«L'orsacchiotto di peluche piace a tutte...
É lo stronzo che arriverà dopo, quello più difficile da sopportare»

James a quel punto sbuffa, poi si avvicina a lei con la sua tipica aria strafottente. «Che cazzo vuoi?» l'affronta duramente.

«Parlare con Biancaneve e dirle che la tua messa in scena ha una scadenza molto breve»

Lui la punta senza rispondere.

«Ehm... io è meglio se vado» bisbiglio impacciata.

«Non c'è fretta, White»
Taylor mi blocca con un cenno della mano.
«Perché non resti a sentire cos'ha da dirti Jamie?»

Apro la bocca per replicare, ma un cipiglio mi si disegna sul volto e finisco per guardare James con aria interrogativa.
Lui gonfia il petto come se un respiro troppo grande lo riempisse, ma non smette di fissarla in malo modo.

«Le dici la verità?» incalza lei.

«Di cosa parli, Taylor?»

Ad un tratto sembro aver ritrovato le parole anch'io.

«Che sei solo un gioco, perché gli piace la caccia»

Quella sua frase è la classica doccia ghiacciata in grado di risvegliarmi improvvisamente. James scuote il capo, come se fosse abituato alla cattiveria di Taylor, o forse dovrei dire gelosia.

«E non ti ha ancora avuta nel suo letto, ma dagli tempo... quanto? Una settimana? Due? No, magari sarà più paziente perché non l'hai mai fatto...»

Non può parlare seriamente di una cosa così personale con tanta leggerezza. E sebbene la perfidia che trapela dalle parole di Taylor mi faccia rabbrividire, in qualche modo mi riscuote dal torpore che mi aveva avvolto fino a poco fa.

Che cosa stiamo facendo io e James?

Lei si considera la sua ragazza e io sto ferendo i suoi sentimenti?

«Facciamo tre settimane, appena cederai diventerà lo stronzo senza cuore che è sempre stato»

James non fiata, ma la osserva con la mascella contratta.

E la cosa mi destabilizza. Mi sono fatta prendere così tanto da questo ragazzo, da non pensare di potermi ritrovare in una situazione come questa?

Avanti, June... era prevedibile

«Ma sai qual è il punto, White? Sai qual è la cosa peggiore? Tu sai già che sarà così, che ti tratterà come tutte le altre, ma non te ne frega niente. Lo vuoi lo stesso»

Lei arriccia le labbra fini, mentre le sue cattiverie hanno il potere di crearmi un buco nel petto non indifferente.

«Hai detto le tue stronzate? Ora che hai finito di rompere il cazzo, puoi andartene?»

La redarguisce James con tono spazientito, prima di cercare un accendino nelle tasche dei pantaloni della tuta.

Io però sono in tilt, completamente.

«Vi lascio ai vostri ehm... »

Provo ad avvicinarmi alla porta, ma vedo Taylor mettere su una faccia volutamente schifata.

«Oh, no. Tu resta. Io vi lascio io ai vostri... ehm... come possiamo chiamarli... "bacetti"?»

Poi scoppia a ridere con gli occhi cristallini rivolti a James, come se stesse dicendo una cosa alquanto assurda, visto l'individuo in questione.

Così si gira come se volesse andarsene, ma poi torna repentinamente sui suoi passi.

«Uh, quasi dimenticavo... Prima di farla cadere completamente ai tuoi piedi, magari diglielo che non sei solo il ragazzaccio cattivo e pericoloso che vuoi far credere a tutti. Diglielo che sei un criminale e che hai rubato una pistola a mio padre»

Processare le sue parole non è semplice, vista la mole di malignità che ha raccontato da quando è entrata in questo bagno.

E io devo essere diventata rossa all'istante, perché Taylor capisce subito.

«Ma aspetta... Tu lo sai. Come sai del preside, vero?»

Guardo James senza sapere bene cosa dire.

«Poverina. Sei proprio come tutti gli altri. Anche perché... cosa pensi che ci faccia uno con una pistola?»

Taylor rincara la dose e io in quel preciso istante mi maledico. Come ho potuto non chiedermi a cosa servisse quella pistola che stavano cercando di recuperare?

E io ho provato pure ad aiutarli

«A che ti serviva, James? Avevi detto che gli Austin dovevano sbrigare una cosa per te»

Quasi mi stupisco di averlo chiesto ad alta voce. James solleva gli occhi dalla cartina che tiene tra le dita e mi fissa, ma sembra che nel suo sguardo non ci sia nulla, solo il vuoto.

«Pensi che quei delinquenti degli Austin avessero bisogno dell'arma di mio padre? Non credi che forse questa servisse proprio al nostro caro Jamie?» mi istiga Taylor.

James non parla e il suo torso nudo lascia intravedere il petto fermo e immobile, pieno d'aria incapace di fuoriuscire.

«Non l'ho mai usata» sussurra lui sottovoce, ma Taylor ha sempre la battuta pronta.

«Non è premere il grilletto che ti rende un assassino. E questo tu lo sai benissimo»

La mia testa è completamente svuotata, ma dei piccoli frammenti di dialoghi altrui cominciano ad incunearsi nel mio cervello. E la domanda sorge spontanea.

«C'entra Amelia, vero?»

James non batte ciglio, sembra si aspettasse la mia uscita.

«Non proprio»

«Ah...non si dicono le bugie Jamie» contrattacca Taylor.

Mi sento improvvisamente soffocare.
E tradita. Terribilmente.

«Meno di quanto tu possa pensare» spiega lui con uno sguardo vacuo.

Ho un intuito e questo intuito mi dice che Taylor non sta mentendo.

«Quindi la pistola non l'hai usata ma... credevi di usarla?»

Lui abbassa gli occhi e a me non serve altro.

La testa mi gira, devo andarmene. Senza parlare ulteriormente, mi avvento sulla porta dove Taylor si sposta per farmi passare. Sono così scossa che quasi non mi accorgo che James prova a parlami.

«June...»

Non riesco neanche a guardarlo negli occhi. Mi sono fidata di lui, confidata con lui e gli ho detto cose che non ho mai detto a nessuno.
Ma la colpa non è sua, è mia.
Avrei dovuto pensarci prima.
Lo sapevo che era così, ho voluto fare finta di niente. Forse ha ragione Taylor. Sono come tutte le altre.

Poi però James mi raggiunge, affonda i suoi occhi blu come la notte nei miei e io non riesco più a ragionare.
Sento un calore inspiegabile nel petto.

«Dimmi qualcosa, ti prego James»

«Se vuoi te lo racconto io, eh...» s'intromette Taylor.

Nessuno però la sta ascoltando.

«Non posso» lo sento bisbigliare con un filo di voce.

Chiudo gli occhi, perché so che altrimenti potrei farmi sopraffare dal panico.

«Preferisco che tu rimanga all'oscuro da tutto. È meglio così»

Scuoto il capo, ormai delusa da me stessa.

«Non puoi provare a capirmi?»

I suoi occhi cercano disperatamente una connessione con i miei, connessione che credevo di aver trovato anch'io, ma forse era tutta un'illusione.

«Capirti? Ma come faccio se non mi dici la verità?» sibilo ormai senza fiato.

«Allora ti chiedo solo...»

«Cosa, James? Cosa? Sempre che James sia il tuo vero nome...»

A questo punto Taylor non apre più bocca, lui mi fissa con la mascella serrata.

«Chi volevi far fuori?»

Gli concedo un'ultima opportunità, affinché possa parlare, ma lui mi fulmina con voce dura.

«Forse è meglio se te ne vai»



JAMES POV

«Capirti? Ma come faccio se non mi dici la verità?»

«Allora ti chiedo solo...»

Ma poi mi blocco. Non riesco a continuare, perché dovrei pregare una che conosco appena? Per cosa? Per farla stare con me?

Eppure ho avuto quella sensazione che...

La ragazzina corruccia le sopracciglia folte, è diventata improvvisamente scontrosa.
Ma resta comunque buffa.
E bella.

«Cosa, James? Cosa mi chiedi?»

E prima che lei potesse dire altro io le avrei risposto.

«Di non lasciarmi da solo»

«E perché?» avrebbe chiesto lei.

E io le avrei detto la verità.

«Perché sennò faccio cazzate, ragazzina. Lo sai »





La fiamma si mangia un'ampia porzione di cartina, bruciandola completamente.
Inspiro con più intensità, come a voler correre verso la fine, ma la fine non arriva mai, perché ho sempre qualcosa di più forte nelle tasche.

Sto sotto alla tettoia per ripararmi dalla pioggia battente, seduto sulla sdraio che affaccia sul giardino di Will, quando nel buio mi si avvicina Bonnie.

«Ma come fai a non avere freddo?» domanda mentre ondeggia in un vestitino che le copre a malapena le mutande.

«Ti sei vista?» le faccio un cenno sollevando il mento in direzione della porzione di stoffa che imprigiona le sue forme.

«Jamie...»

«Non è serata Bonnie»

«Che fai qui da solo?»

«Sto fumando. Hai un'altra domanda del cazzo da fare?»

La sua mano scivola lenta sul mio braccio scoperto.

«È da tanto che non...»

«Lo so, ma oggi non sono in vena»

«Non ci credo»

Neanch'io

«Magari posso fare qualcosa per fartela tornare»

Ignoro il suo sguardo malizioso, perché i miei occhi vengono rapiti dalle unghie lunghe che tengono strette una bustina trasparente.

«Dove l'hai presa?»

«Me l'hai venduta tu una settimana fa» scoppia a ridere Bonnie. «Cos'è, non te lo ricordi?»

Beh, ogni tanto sì, mi piacerebbe dimenticare che cazzo di persona sono

«James....»

La voce di Taylor. Ancora.

Con la coda dell'occhio la vedo fare capolino dalla finestra che dà sul giardino.

«Che cazzo vuoi ancora?» domando senza neanche voltarmi.

«Volevo solo dirti un'ultima cosa. Non l'ho messo io in giro, è stato Connell»

«Connell?»

«Se l'è inviato dal mio cellulare»

Irrigidisco la mascella, faccio per alzarmi ma lei si avvicina, ordinandomi di stare seduto con un cenno.

«E l'hai già massacrato abbastanza»

Taylor mi esamina, ha lo sguardo completamente fisso su di me e sembra non capire la mia strana voglia di voler sempre trovare qualcuno da salvare. Io invece sono affascinato dal suo egoismo e dalla sua indifferenza.
Se fossi più simile a lei, ora, non avrei questa scala di ragazze dall'importanza mutevole. Si scavallano, alcune salgono, altre scendono di importanza. E forse, nessuna ha valore per davvero.

«Perché cazzo non mi lasci stare?»

«Sei il mio punto debole James»

sospira Taylor, totalmente incurante della presenza di Bonnie che fuma seduta accanto a me.

Dalla sua bocca esce qualsiasi tipo di cattiveria, ma sono i suoi occhi freddi a lasciarsi sfuggire la debolezza che prova a nascondere in tutti i modi.

E se fossi io, troppo egoista, da non rendermene conto?
Se lei fosse realmente innamorata di me?

Non avevo mai preso in considerazione quest'opzione. Sicuramente si scopa Connell, che senso ha stare sempre qui, al punto di partenza?
Magari perché lo è per davvero.
In tal caso, meglio tagliare rapporti sul serio.

«Sono il tuo punto debole? Davvero?»

Wow, che cazzo di frase ad effetto che mi ha sparato.
Ma mai quanto quella che sto per dirle.
Lei annuisce, potrei quasi giurare che abbia gli occhi lucidi.

Possibile che vedermi con la ragazzina l'abbia sconvolta così tanto?

«Vuoi diventare il mio punto debole, Taylor?»

Poi però con un sorrisetto soddisfatto rivolgo gli occhi alla sagoma di Bonnie.

Loro due si guardano.

«No» replica Taylor voltandosi di scatto.

«Allora finiscila di cercarmi»

Esalo l'ultima boccata di fumo nella notte e Taylor non si ferma questa volta, se ne va senza guardare più indietro.

«Hai appena proposto alla tua ragazza di scopare con noi?»

«Noi?» Scruto Bonnie confuso.

«Non sai cosa sia la delicatezza, James...»

La mora si accosta al mio corpo per posizionarmi un bacio sul collo.
Con le dita impigliate sul mio petto, le sue unghie affilate tracciano avidamente i miei muscoli.
Le stringo la mano, riportandogliela sulla coscia.

«Devo andare»






«Potete andare da un'altra parte a drogarvi, grazie? Mi serve la doccia»

In bagno m'imbatto in Stacy. Lei e il suo ragazzo si stanno facendo del male grazie a quello che le ho venduto io.

«Si potremmo...»  ribatte lui con la sua aria apatica.

«Ma la vera domanda è... vogliamo?» incalza lei con tono chiaramente malizioso.

La maglia e i pantaloncini puliti che sono andato a recuperare in camera di William, li lancio sul ripiano del lavandino, mentre mi accorgo di avere i loro occhi addosso.

«Perché siete ancora qui?»

Stacy ridacchia come una bambina di otto anni. È fatta come al solito.

«Scott ha detto che pagherebbe pur di farlo con te»

Chi cazzo è Scott?

Il mio sguardo saetta rapido sul ragazzo e sulla sua sagoma alta poggiata al muro.
Indossa una camicia nera sopra ad un paio di pantaloni scuri. Le maniche leggermente ripiegate sui bicipiti mettono in mostra i numerosi tatuaggi. Lo squadro rapidamente, mentre i suoi occhi neri come il petrolio mi fissano affilati.
Il suo fisico ricorda quello di Brian, ma lo sguardo è completamente diverso.

«Ah sì, ha detto così?» chiedo avvicinandomi con passo lento.

Lo vedo leccarsi il lato della bocca, per poi sorridere ammirando il mio torace scoperto.

«E quanto valgo secondo te?»

«Fammi dare un assaggio, poi decido» lo sento dire senza togliermi gli occhi di dosso.

Sembrava più alto visto da lontano, ma in realtà sono costretto a curvare un po' il viso quando le sue labbra si appoggiano sulle mie.

Prima ancora che possa decidere sul da farsi, lui protende lingua nella mia bocca, lasciandomi assaporare il freddo metallo del piercing che la trafora.

«Quindi?» domando portando la testa all'indietro per slegare quell'intreccio di salive.

«Mmm non è sufficiente...»

La statura di Stacy non le permette di arrivarmi al viso, a fatica riesce a raggiungermi il collo, sogghigna contro la mia pelle mentre lui si abbassa in ginocchio.

O cazzo

Io mi curvo verso il marmo dove mi aspetta il veleno che ho già puntato da quando ho messo piede in questo fottuto bagno, mentre il respiro accaldato carezza la mia parte più sensibile, nascosta dal tessuto dei pantaloni tuta.

Inarco la schiena e mi viene naturale chiudere gli occhi, quando il calore della sua bocca prende a giocare con i miei sensi ormai assuefatti.







«Dov'eri?»

Will mi sorprende con questa domanda quando entro in camera sua.

«Fa differenza?» biascico chiudendo la porta svogliatamente.

Sento le membra rilassate, sarà stata la doccia appena fatta.

Vedo Will stringersi dal suo lato del letto, poi mi fa cenno di stendermi di fianco a lui.

«Non avrei dovuto tirarti quel pugno» annuncia ad un certo punto.

«E io non avrei dovuto nasconderti quello che abbiamo fatto. Avevo paura ti arrabbiassi con lei»

«Perché mai?»

Guardo William. La sua felpa bianca e i suoi occhi azzurri come l'oceano, lo fanno rassomigliare ad un angelo. Ma è tutta apparenza.

«Will, sei serio?»

«Intendi perché sono un pazzo, incline a reazioni incontrollate?»

Vedi che lo sai

«Eravamo ubriachi, non l'avrebbe fatto sennò» puntualizzo giocherellando con il pacchetto di sigarette leggermente sgualcito sui lati.

«Stai continuando a difenderla, ma io sto parlando di te. Sei tu il mio migliore amico»

Il ragionamento di Will non fa una piega, se non fosse che sta parlando di me.

«Non sono proprio l'esempio di cosa bisognerebbe o non bisognerebbe fare. L'hai sempre detto che sono inaffidabile»

Lo dice anche Taylor, lo sanno tutti.

E a forza di sentirli parlare di me, divento esattamente come e cosa dicono gli altri.

«Per questo sei uscito dal bagno con Scott e Stacy?»

Tormento il filtro della sigaretta con i denti per sfogare la tensione che sta cominciando ad accumularsi nuovamente dentro di me.

«E quindi?»

«Che è successo con June?»

«L'ho fatto di nuovo, Will»

Lui si stringe nelle spalle questa volta.

«Tanto ormai si sa, le piaci...»

Il mio respiro però si blocca improvvisamente.

«Come piaci a tutti» conclude infine, inducendomi a rilasciare uno sbuffo rumoroso.

Lancio la testa sul cuscino blando e resto in silenzio a scrutare la piccola crepa che taglia un angolo del soffitto.

«James, riesci solo a... non ferirla troppo?»

Chiudo gli occhi nella speranza che il sonno arrivi veloce e senza i morsi dei sensi di colpa.

«È un po' tardi per questo. Credo di averlo già fatto»



JUNE POV

«Io non voglio mettere il naso»

«Mamma lo stai già facendo...Naso e becco» sbuffo sbattendo l'anta della dispensa.

«Ha detto Tiffany che ti avrebbe riportata a casa ieri sera, perché alla fine hai chiamato me?»

«C'è stata un'emergenza, la prossima volta che faccio? Preferisci che dorma in giro?» domando versando la cascata di cereali nel latte bollente.

«Okay, senti questa» mi richiama lei, aggiustandosi la gonna che le calza aderente fino a sotto il ginocchio.

E proprio quando penso che stia per annunciare qualcosa di cui non me ne importerà un accidente, se ne esce con un «Mi hanno assunta»

Sorseggia il suo caffè poggiata alla cucina e mi fissa tutta soddisfatta.

«Assunta dove scusa?»

«June! Ma come dove?»

«Se te lo chiedo è perché evidentemente non lo...»

La mia faccia si deforma in un'espressione puro terrore.

«Oddio no!» mi porto una mano alla bocca.

«Nella mia scuola?»

«Sì. Te l'ho detto, per il laboratorio d'arte»

«Ma come...»

«Perché? Non ti fa piacere?»

Ma certo, che infinito piacere avere te che mi controllerai a vista tutti i santi giorni

«Non ho detto questo, è solo che... Sarà imbarazzante»

Lei si lascia scivolare addosso le mie perplessità e torna all'attacco.

«Jordan mi ha chiesto di te, June...»

Sollevo gli occhi dal latte solo per adocchiarla con diffidenza.

«La madre non gli basta?»

Lei per poco non si sputa il caffè sulla camicetta color lavanda.

«June!»

«Sto scherzando»

«Ascoltami... Jordan ha messo una buona parola per la mia assunzione con la scuola, perciò gradirei che continuassi con il favore che lui mi ha chiesto. Con Jasper»

«Sono una merce di scambio? Fagli una torta e portagliela»

Mia nonna diceva così.
Non c'è alterco o situazione spiacevole che una buona torta fatta in casa non possa sistemare.

«June te l'ho già detto, i dolci non sono la soluzione a tutto» borbotta lei asciugandosi il lato della bocca con un tovagliolo di stoffa.

«E invece usare tua figlia quando non sai come ricambiare...»

Mi mordo il labbro. Lei si fa inevitabilmente sospettosa, assottiglia gli occhi incuriosita.

«Da quando non ti va più di andare da Jasper?»

I miei occhi cominciano ad oscillare a destra e sinistra in cerca di una risposta sufficientemente intelligente, ma allo stesso tempo verosimile.

«Non ho detto questo. Non è per Jasper è che...»

Oh no

«Sono tutta orecchie, cara...» mi bracca lei con un'occhiata saccente, accompagnata dalle braccia incrociate al petto.

Guardala, come pensa di sapere...

«È successo qualcosa?» m'interroga poi, in preda alla curiosità.

Soffio via uno sbuffo spazientito e mi alzo controvoglia dal tavolo.

«Va bene, va bene. Facciamo come dici tu»

«Dove vai?» chiede lei nel vedere come mi appresto al lavello, continuando a tracannare cucchiaiate di cereali.

«A scuola, forse?»

«Ti accompagno... non prendere la bici, potrebbe tornare a piovere»

«Ma hai detto che dovevi passare a fare la spesa»

«Ci andiamo dopo, insieme. Muoviti. Basta mangiare» impartisce levandomi la tazza di latte dalle mani.

«Ti nutri di aria tu la mattina, April?»

«Non mi chiamare per nome, June Madeline White»

«Ah, ora è tutto chiaro. Ti nutri di gioia e simpatia»

🦋

«Chi?»

É l'ora di teatro, siamo alle prove e come al solito la giovane assistente si sta lasciando vessare da Taylor.

«Ma non erano cambiati i ruoli? Non erano Cooper e...»

«Ha visto Cooper da qualche parte, nelle ultime lezioni?»

Taylor ostacola le parole della povera assistente che non può permettersi di mettere due proposte in fila, che lei gliele smonta subito.

«No, ma June...»

«Chi cazzo è June? Qualcuno conosce June?» chiede la bionda, rivolta alla sala con tono scorbutico.

James sta comodamente sprofondato in una poltrona posta al centro del palco, con la testa poggiata sullo schienale e lo sguardo al soffitto, a rimirare le scritte sul pacchetto di sigarette che fa ruotare tra le dita.

«Non possiamo cambiare le frasi da recitare? Non si capisce un cazzo di quello che dicono» si lamenta poi, indicando il copione che tiene in mano Taylor.

«Vogliamo provare o no? Se vuole cambiare Romeo lo faccia pure, per me va bene. Ma voglio che sia chiaro, per me è di vitale importanza la recita»

L'appunto di Taylor fa storcere il naso all'assistente.

«Ma se hai fatto quella scenata l'ultima volta...»

«Ha presente la borsa di studio per il teatro? C'è forse qualcuno che la merita più di me?»

Per l'ennesima volta Taylor zittisce la ragazza, poi si rivolge a James.

«Dai Jamie alzati»

«Che palle» sbuffa lui balzando giù dalla poltrona per andare verso di lei.

«Devi mettermi una mano sul viso. Qua» prosegue Taylor indicandosi la guancia.

«Eh?»

«Sul viso. Che cazzo hai fatto alle mani?» lo rimprovera lei.

«No. Così non va bene. Non c'è passione qui. Non c'è chimica tra voi due» si lagna l'assistente.

«Perché Romeo non può essere donna?» domanda James ad un certo punto, facendo ridere mezza sala.

Siamo seduti qui da mezz'ora e questi due non fanno altro che perdere tempo.

«James smettila con le tue idee strampalate» lo rimprovera Taylor a denti stretti, impaziente di provare.

«Vedrà che se fa baciare Giulietta e Giulietta, mi torna la passione»

«Coglione è il tuo secondo nome vero?» lo aggredisce Taylor.

«Sentite, così non può funzionare. Non siete adatti a questo ruolo. I sostituti, avanti» annuncia l'assistente facendosi un po' di coraggio.

Poi si perde a sbirciare tra i fogli in cerca di un nome e io inizio a farmi piccola nella sedia.

«White e Cooper»

Oh no, sta chiamando me e ora che dico?

C'è un silenzio imbarazzante, sopratutto dopo che i nostri nomi sono rimbombati per tutto lo spazio circostante.
Non si sente fiatare nessuno, io riesco però a percepire il battito martellarmi forte nel petto quando sollevo lo sguardo dalle mie ginocchia e incontro quello di James fisso su di me.

Sta sul palco con la mano sul fianco, i nostri occhi si uniscono da lontano e io per poco non perdo il fiato.

«Ehm... William non c'è» è l'unica cosa che riesco a dire, mentre Poppy mi spinge verso il palco.

«Non importa, vieni tu»

Taylor si siede sulla poltrona e tutto quello che fa è sollevare un sopracciglio.

«Taylor, tu puoi andare» la invita l'assistente con voce pacata.

«Sì ma io non ho le battute pronte...» mi ritraggo, nonostante io sia già sul palco.

«Oh no, io invece sto qua a godermi lo spettacolo. Anzi, il disastro annunciato. Il prof s'incazzerà e la colpa sarà tutta sua»

Taylor minaccia l'assistente come se non avesse alcun tipo di autorità, ma quest'ultima si rivolge a me, ignorando completamente la mancanza di rispetto della bionda.

«Due personaggi come Romeo e Giulietta per essere credibili, devono prima di tutto avere chimica...Le battute, quelle puoi sempre impararle, June»

E come posso contraddire l'assistente?
É così dolce e gentile quando parla.
Si passa una mano a districare i lunghi capelli castani che ricadono sulla scollatura leggermente pronunciata.

«Dovresti guardare me, eh...» sussurra James sottovoce quando si accorge che sto fissando l'assistente con aria imbambolata.

Gli rivolgo un'occhiata inacidita, lui in tutta risposta sogghigna divertito.

«Buongiorno. Ma chi si rivede...» mi prende in giro, mentre l'assistente e Taylor si perdono in un piccolo battibecco.

«Zitto» sospiro a bassa voce.

«Non manchi mai all'appuntamento fisso...»

«Per cosa, James?»

Arrossisco mentre i miei occhi vagano persi sulle sue labbra rosee.

«Secondo te?»

Si lecca il lato della bocca lentamente,  prima di sorridere impigliando il labbro inferiore sotto ai denti.

«Memoria e disciplina. Questo mi hanno insegnato in anni di teatro. E voi cosa state facendo?»

L'assistente sbianca in volto, quando la voce baritonale e cupa del prof di teatro riempie il salone.

«Stiamo provando.. ehm...»

Lei prova a farfugliare qualcosa tutta impaurita.

«Non voglio Hunter sul palco. Pensavo fosse chiaro»

Vengo distratta dalla sagoma corpulenta del prof che fa la sua entrata, ma quando mi volto, James mi sta fissando dall'alto.

«Prima di White e Cooper chi erano i sostituti?»

«Hood e la ragazza...»

«Hood muoviti» lo rimprovera il professore.

Non so perché, ma mi agito a sentire il suo nome.

La mano di James finisce pesante sul mio fianco, vi applica una presa possessiva e dura un istante, quanto basta per far avvicinare il mio corpo al suo.

«Sì ma neanch'io ho tutte le battute pronte» si giustifica Brian prima di raggiungerci.

«Puoi andartene?» chiede poi, rivolto a James, una volta sul palco.

«Ho la faccia di uno che vuole andarsene?»

mugola quest'ultimo impuntando il petto verso quello del moro.

«James per favore...» mi ritrovo a dire.

E gli animi rilassati s'incendiano in un attimo, è bastato mettere loro due nello stesso spazio vitale.
Quando provo a fargli capire che deve andarsene, James solleva entrambe le mani in segno di resa, ma la sua espressione è decisamente di sfida. Gli occhi smeraldo di Brian si assottigliano a due fessure brillanti, finché James non decide di allontanarsi.

«Come volete..»

Nell'oltrepassare la figura di Brian però, James gli dà una spallata così violenta, da farlo oscillare.

«Niente bacio questa volta, sennò i bambini dell'asilo ridacchiano per due ore lì sotto» sento dire al prof, mentre io e Brian ci fissiamo negli occhi con un po' d'imbarazzo.





«Sto ufficialmente morendo» sbraito entrando in auto.

«Oh bene, dove la vuoi l'urna?»

«Mamma...»

Ride di gusto, sembra stranamente di buon umore.

«Non sei più nervosa»

La mia constatazione non causa battutine acide, anzi, lei mi risponde con il sorriso.

«Beh ho un lavoro, il contratto è a tempo determinato, ma chissà...»

«E la pittura? L'accantoni tutto di colpo?» domando accigliata.

«Abbiamo un po' di cose da sistemare tesoro... pensiamo prima a sopravvivere»

«Comunque stavo morendo di fame» mi accingo a spiegare.

«Non avevo dubbi. Passiamo a prendere due cose per pranzo»

Così prima di giungere a casa facciamo una deviazione all'alimentari.

«Vado a prendere qualcosa da sgranocchiare» sentenzio dirigendomi verso il reparto degli snack.

«June, prima di pranzo niente dolc...»

Ma ormai sono fuggita. Non la sento più.

Perdo dieci minuti buoni a decidere quale sia la miglior schifezza cioccolatosa da trangugiare prima di pranzo, quando da lontano noto un capellino rosso e una camicia a scacchi da boscaiolo.

Sembra qualcuno di conosciuto...

Afferro un Kinder Bueno al cioccolato bianco, poi riporto lo sguardo verso il tizio.
E purtroppo, quando si volta, non ho più dubbi.

Oh no, è proprio lui. Ethan Austin.

Mi nascondo dietro ad uno scaffale e intanto continuo a spiarlo.
Sta parlando con qualcuno.

Guardalo come sorride...
Poi però mi si incespica la saliva in gola quando mi rendo conto con chi sta parlando.

CON MIA MADRE?

Oddio, calmati June.

Rifletto un attimo sul da farsi.

«Mamma?» è la prima cosa che dico, ma lei ovviamente non mi ha sentita.

Sono così impaurita che non riesco a muovere un passo. Ho i piedi incollati al pavimento. Quel viso mi ricorda cose troppo spiacevoli.

Ad un tratto lei lo saluta e si avvicina alla cassa, dove poco distante vi sono io, immobile, con tanto di Kinder Bueno in mano.

Vorrei urlare che quello era Ethan Austin, un criminale di prima categoria, ma forse è meglio non rivelarle troppo.

«Mamma!? Non dovresti parlare con degli sconosciuti»

«Ma che dici, il ragazzo frequentava la tua scuola un paio di anni fa, conosce la tua insegnante di arte. Ha detto di essere un tecnico che lavora a scuola saltuariamente»

«No, non lo è. Fidati. Cosa voleva da te?»

«Ma che sciocchezze dici? Niente. Abbiamo solo parlato del più e del meno»

«E parli con gente che non conosci?!»

«Ma se ti ho detto che è...»

Un buzzurro, uno spacciatore, uno che organizza corse illegali...

Devo dirlo a James





Il giorno dopo a scuola ci arrivo con un po' di angoscia. Quando giungo in cortile saluto Amelia e Blaze che stanno facendo colazione, mentre Poppy li delizia con qualche aneddoto strampalato.

Mi osservo intorno e ben presto noto James parlare con una ragazza, sta accasciato ai tavoli esterni della mensa con la guancia spiaccicata sulla mano.
Sembra annoiato.
Quando gli arrivo davanti comincio a stringere i laccetti dello zaino tra le dita, inutile negarlo, sono nervosa.

Lui si accorge immediatamente della mia presenza, si rizza su a sedere composto, mi lancia un'occhiata di sbieco, poi torna dalla ragazza.

«Dicevi Margaret?»

Questa s'imbarazza quando lui le pianta il naso spiaccicato al suo.

«Ehm... C'è lei... Forse lei ti vuole parlare»
pispiglia la ragazza indicandomi timidamente.

«Forse a me non interessa cos'ha da dire»

Mi volto infuriata dinnanzi a quella provocazione, ma quando mi ricordo perché mi sono abbassata a tanto, torno indietro.

«Non credi che se sono qui, è perché c'è qualcosa d'importante?»

«No, l'unica cosa a cui credo, è che a me non frega un cazzo di quello che hai da dire»

La o che disegna la mia bocca ci mette un po' ad andare via.

«Sei un immaturo quando ti comporti così»

«Fino a prova contraria sei tu che sei fuggita per non discutere»

«Discutere? Tanto non mi avresti detto niente! Ma perché perdo tempo con te?» strepito innervosita.

«Jamie, è la tua nuova ragazza?»

Domanda lei mentre io ho già girato i tacchi per andarmene.

Lui le risponde con una risata beffarda.

«Ho la faccia di uno che avrebbe mai una ragazza?»

Certo, quando non sa cosa dire comincia con "Ho la faccia di uno..."

Hai la faccia di uno stronzo

Ma me lo tengo per me e filo in classe.








É ora di cena e dopo aver studiato tutto il pomeriggio per il compito di fisica, scendo in cucina.

«Senti mamma, il tizio che si è messo a parlare con te al supermercato...»

«Sì, dici il tecnico?» chiede lei venendomi incontro.

«Ma che tecnico...»

«Pensa che non credeva che io avessi l'età per insegnare... »

Pianto gli occhi al soffitto, massaggiandomi la fronte nervosamente.

Dio, se esisti, dammi la forza

«Ti ha detto che verrà a scuola?»

«No, è qui per darmi una mano con le app da installare sulla tv» esclama indicando la cucina.

Sgrano gli occhi, incredula.

«L'hai invitato qui a casa? Sei forse impazzita!?»

«Ma lo conosci?» domanda lei sgranocchiando una carota.

«Oddio...»

Non mi sento tranquilla e se fosse armato?

«Senti, tienilo impegnato in cucina, arrivo»

Farà del male a mia madre?

Devo chiamare qualcuno.

E Jackson è la terza persona che mi viene in mente. La prima l'ho depennata dalla lista delle persone con cui tornerò a parlare in vita mia.

E la seconda, beh... è William.

E William non risponde mai al telefono quando ne hai bisogno.

«Mia madre ha invitato Ethan Austin qui a casa mia»

«Bella questa»

Sento Jackson ridere con la bocca piena.

«Cosa le dico? Le dico che è un criminale? Non voglio mettere James nei casini»

«A ma quindi non è una battuta?»

«No Jax, ma che stai facendo?»

«Sto mangiando, cazzo»

Fa una pausa per ingurgitare dell'acqua poi torna a parlarmi.

«Ma dici sul serio? Austin è a casa tua?»

«Sì. Secondo te posso scherzare su una cosa così seria?»

Lo sento iniziare a tossire.

«Senti... Mi devo andare ad allenare»

«Sei con James?»

«No, ma devi chiamarlo»

«Se ho chiamato te è perché non ho intenzione di chiamare lui»

«Non sai di cos'è capace, June»

Chi James o Austin?

«Me l'ha detto Taylor»

Si crea una piccola pausa nella nostra telefonata.

«Oh merda, cosa ti ha detto?»

E il suo tono di voce cambia drasticamente.

«Del fatto che James volesse uccidere qualcuno»

Sento un sospiro, ma non accenna a rispondere questa volta.

«A volte mi fa paura» ammetto a fatica.

«Anche a me» sento dire a Jackson «Ma solo perché farebbe qualsiasi cosa per chi ama»

«È una giustificazione la tua, Jax»

«No è solo la realtà dei fatti. Prova a richiamare Will. Se non ti risponde, scrivimi. Vengo io»

«E l'allenamento?»

Ma Jackson ha già messo giù.

Le cose devono essere molto più serie del previsto.

E come da previsione, Will non risponde mai al telefono neanche dopo l'ennesima chiamata.

Devo dire la verità a mia madre - mi dico mentre torno in cucina con il battito cardiaco che mi pulsa fino alle orecchie.

Non volevo farla spaventare, ma alla fine è l'unica soluzione.

«Tua madre è salita al piano di sopra per una video call...»

Trasalisco e per poco non mi casca il cellulare dalle mani.
Austin si alza in piedi, la sedia di legno stride sulle mattonelle della cucina, facendomi rabbrividire.

«Quello puoi posarlo, dato che l'ultima volta mi hai fatto un bello scherzetto...»

Non sono abbastanza svelta da nasconderlo dietro alle spalle, che lui con un gesto rapido mi sferra un colpo alla mano e me lo fa cadere a terra.
Resto pietrificata a guardare il mio telefono schizzare sul pavimento, ma anche quella reazione dura poco, perché Austin si avventa su di me con una velocità che non avevo previsto. Imprigiona il mio polso nella sua mano facendomi ruotare il braccio per obbligarmi a voltarmi di spalle.

Oddio

Il mio viso preme forzatamente contro il muro della cucina.
Apro la bocca per urlare, ma la sua mano calda e sudaticcia mi arriva in viso per impedirmi di parlare.

«Se fai la persona civile, ti libero e discutiamo»

Sbarro gli occhi.
Io dovrei fare la persona civile?

«Annuisci»

E così faccio, pur di levarmelo di dosso.

«Ora prometti che non urlerai appena ti libero»

«Vattene subito da casa mia o chiamo la polizia!»

Forse non avrei dovuto, ma questa è la prima cosa che esclamo quando mi lascia libera.

Lui però sembra prevedere le mie reazioni, perché sogghigna in modo inquietante.

«Cosa vuoi da mia madre?» chiedo spiaccicandomi con le spalle alla parete.

«Cerco un accesso nella scuola...» mormora raccogliendo il mio telefono da per terra.

«Come facevi a sapere che è stata assunta? Chi te l'ha detto?»

«Lo stronzo se le sceglie anche astute, eh...»

Sto ancora rabbrividendo di paura, ma ignoro il suo riferimento a James e continuo imperterrita.

«Dimmi chi te l'ha detto»

«Tu pensi di essere in grado di dettare le regole bambinetta? Posso andare dove mi pare, quando mi pare... sai chi è mio padre?»

Mi punta il cellulare contro, scavandomi nello stomaco.

«Per questo vai in giro a dire che lavori a scuola? Cosa devi fare nella mia scuola?»

«Voglio sapere una cosa da te. Ci sono telecamere all'ingresso?»

Cosa?

Lo scruto corrucciata.

Non credo, non le ho mai viste...

«Cosa stai cercando?»

Lui mi fa cenno di abbassare la voce, poi indica le scale che conducono al piano di sopra, dove c'è mia madre.
Non vuole farsi sentire.

«Cerco qualcosa che appartiene alla mia famiglia e che qualcuno sta nascondendo»

«Nella mia scuola?»

Il mio tono di voce si fa stridulo e dimostra quanto io sia sbigottita.

«Non ti ha detto proprio niente quel coglione...» mugugna avvicinandosi troppo ai miei capelli.

Sento la sua barba ispida grattarmi la guancia, mentre mi annusa facendomi rivoltare lo stomaco.

In un attimo lancia il mio telefono sulla cucina e si avventa su di me.
Sbatto contro il suo petto, mentre con una presa salda mi blocca entrambe le mani contro il muro.
Chiudo gli occhi come per estraniarmi dalla situazione spiacevole, ma l'odore di birra mescolato al fumo è troppo fastidioso.

«All'inizio pensavo ci tenesse sul serio a te e invece guardati ora...»

Deglutisco dolorosamente quando sibila contro il mio viso.
«...Incapace di difenderti»

«Non ho bisogno di nessuno per difendermi»

Il mio lamento non è lontanamente credibile, ma è più forte di me.
Non riesco a stare zitta.

«Ah no?» grugnisce lui, divertito.

Adesso urlo
Mia madre è di sopra, può fare qualcosa. Siamo in due contro uno.

Lui sembra aver capito le mie intenzioni perché ancor prima che io possa parlare, dice «Prova a fiatare e ti zittisco con la mia bocca»

Seguito nel dimenarmi, ma le sue parole mi ripugnano così tanto che non riesco più a pensare alla prossima mossa e la mia confusione accresce, quando avverto la sagoma di Austin barcollare all'indietro.

Riconosco gli anelli e le mani che lo afferrano con violenza dalle spalle, per sbatterlo con la faccia sul tavolo della cucina.

Impallidisco quando vedo James estrarre un coltello dal ceppo posizionato sul bancone della cucina. Lo impugna saldamente per poi puntargli la lama affilata alla guancia.

«James, cazzo!» sento Jackson urlare.

«No, c'è mia madre!» esclamo spaventata, come se fosse una scusa sufficiente ad impedirgli di bucargli la faccia.

James trattiene Austin dal colletto, poi lo trascina fuori da casa mia.

«Non è da te fratellino, prendertela così, siete in due contro uno»

A giudicare da ciò che dice e dal tono canzonatorio con cui lo dice, Austin non ha affatto paura di James.

La porta d'ingresso è ancora aperta, così con il cuore in gola mi avvicino cauta, senza farmi vedere.

«E prendertela con lei invece?» sento la voce di James questa volta.

«Tu non devi venirci qui, cazzo. Lo vuoi capire o no? Te l'ho già detto»

«Avanti, era solo una cosa divertente... la madre è una gran figa.»

Mi sporgo a guardare fuori e proprio in quell'istante James lo zittisce con pugno così violento, che la testa di Austin comincia a penzolargli dal collo.

Lo lascia andare dopo avergli detto sottovoce dell'altro che non riesco ad udire.

Mia madre dev'essersi chiusa in camera con gli auricolari per fare questa benedetta chiamata, sennò non si spiega come non faccia a sentire tutto il casino che c'è qui sotto.

Ad un certo punto James torna dentro e il suo sguardo si scurisce ancora di più nel vedermi.

«Questo non è un fottuto scherzo, ragazzina»

Indietreggio spaventata quando lo vedo avvicinarsi con aria intimidatoria.

«Che ho fatto ora?»

«Perché cazzo non mi hai chiamato subito?»

Giurerei di poter sentire lo stridore dei suoi denti da qui, per quanto la sua mandibola sia serrata.

«Ho provato a dirtelo oggi ma..»

«Poteva...»
Si guarda in giro, per un attimo non appare arrabbiato, ma confuso.
«...Farti male sul serio» mormora abbassando gli occhi.

«E da quando t'importa? Oggi ho provato a parlarti, sai com'è...eri troppo impegnato»

I suoi occhi s'incendiano di rabbia e il blu diventa un nero accecante.

«Ti giuro non ti sopporto» ringhia infervorato.

«Ma...?» lo provoco a testa alta.

«Ma...» indugia per qualche istante, per poi indurire nuovamente lo sguardo in due fessure taglienti «Non c'è nessun ma. Tu non hai capito un cazzo. Qui non si tratta di me e te che ...»

James trattiene il nervoso in un grosso respiro e si volta verso Jackson che segue tutta la discussione con le antenne rizzate.

«Non me lo sarei perdonato» conclude quasi infastidito dal doverlo ammettere.

Quindi lo fa per sé stesso o perché gli importa qualcosa di me?

Ma proprio mentre mi pongo questa domanda, James assottiglia gli occhi e comincia a fissare un punto sulla mia tempia.

«Che cosa ti ha fatto?»

La sua espressione cambia drasticamente, io intanto mi tasto la fronte senza però percepire nulla.

«Niente» balbetto confusa.

Quando però James mi volta le spalle, io mi agito subito.

«Dove vai? James no, lascialo perdere»

Provo a sfiorargli la spalla ma prima che possa raggiungerla, lui si gira di scatto.

«Torna dentro. E chiudi la porta a chiave» m'incenerisce con fare rabbioso.

«No, non andare...»

I suoi occhi dicono una cosa sola "stanne fuori"

«Mi vuoi ascoltare? James...»

Ma ormai le mie sono parole nel vuoto.
Vedo entrambi salire sulla macchina di Jackson e quando corro in bagno a guardarmi la fronte, noto un piccolo graffietto sulla tempia. 









Sono nel letto a fissare lo schermo nero del telefono da circa un'ora.
Mentirei se dicessi che non sono preoccupata a livelli cosmici.
Poco fa, invece, mia madre è scesa in cucina con tutta la tranquillità del mondo.

«Che succede?» mi ha chiesto non accorgendosi del grosso coltello sul pavimento.

«Niente. Il tuo amico è dovuto scappare. Un'emergenza tecnica, sai..»

Lei ha sollevato le spalle.

Con la punta delle mie ciabatte a forma di unicorno, ho provato a spostare la lama sotto al tavolo, in modo che lei non la vedesse, ma è stato del tutto inutile, non sono riuscita a smuoverla da dove si trovava.

«Ero al telefono con Melissa» ha concluso infine.

Così ho rollato gli occhi al soffitto e dopo aver approfittato di un suo attimo di distrazione, ho riposto il coltello nella lavastoviglie e sono corsa a chiudermi in camera, dove sto ancora a rimuginare su quello che è successo.

Austin vuole compiere sicuramente qualche atto criminale, sennò non si preoccuperebbe delle telecamere all'ingresso.

Ma cosa ci sarà mai a scuola di così importante?

Con la testa immersa nei miei pensieri, ad un tratto mi accorgo che una brezza fresca s'intrufola trai miei capelli sciolti e appena lavati.

«La coerenza è davvero sopravvalutata»

Compio un balzo dal letto all'udire dapprima un rumore, poi una voce conosciuta nella notte.

«James?»

Mi sporgo verso la finestra, noto che questa invece che essere chiusa, è sollevata a metà.

Non ci credo...ha appena forzato la serratura per entrare?

Accendo immediatamente la luce e la prima cosa che vedo è James in tutta la sua altezza, davanti a me. In una mano stringe una felpa scura, nell'altra il cellulare.
Il bianco della t-shirt che indossa è sgargiante e sono così confusa quando vedo la sua sagoma apparirmi dinnanzi, che per poco non mi accorgo della sua maglietta sporca di sangue.

«James stai sanguinando?»

«Eh?»

Lui in tutta risposta sorride con due fossette innocenti, facendo finta di niente come al solito.

«Hai una ferita... Perché sei qui? Oddio...»

Sto diventando irrequieta e il mio senso di inquietudine aumenta a dismisura perché James compie due passi verso di me, pertanto poso la mano sul suo petto, come a volerlo fermare, o forse semplicemente per sentirne il respiro.

Lui inclina il viso verso il basso, dove con un respiro sussurrato mi solletica la fronte.

«Non ti agitare Biancaneve, non ti ho nemmeno toccata»

«James ma...»

«Shh»

Provo a sfiorargli il fianco, ma lui mi ferma dal polso prima che io possa giungere alla chiazza color porpora sulla maglietta.

«No, ti sporchi»

Lo osservo con un cipiglio serio.

«James. Sei ferito»

«Non è niente» minimizza lui.

«Chi te l'ha fatto? »

É impossibile celare la mia preoccupazione in questo momento.

«Non posso dirtelo»

«Tu sei pazzo, tu sei completamente...»

Ma le mie parole vengono arrestate dalla sua bocca che, più morbida del solito, si posa sulla mia, come a zittirmi nel modo più dolce che esista.

Chiudo gli occhi, beandomi di quell'istante perfetto, ma presto sono costretta a ritrarmi perché il mio cervello non ne vuole sapere dei fremiti che sente il mio corpo quando gli sto accanto.

«Aspetta... dimmi, perché sei qui?» chiedo scrutando l'ampia porzione di torace macchiata di sangue.

Non riuscirò a valutare l'entità della ferita finché non si toglierà quella benedetta maglia.

«Non lo so» Mi fissa le labbra con due occhi così intensi che mi danno i brividi.

Inizio a guardarmi intorno.

É giusto tutto questo? Probabilmente no.

Taylor ha ragione. Perché ho voglia di baciarlo ancora?

«Era vero quello che hai detto, ragazzina? Che ti fidi solo di me? »

Corrugo le sopracciglia.
Cosa vuole sapere adesso?

«L'ho detto in un momento...»

Ripenso a quella sera.
Di certo non ero in me.
Eppure oggi mi ha dimostrato che su di lui posso contare. E a pensarci bene, non me l'ha dimostrato solamente oggi, ma in svariati episodi.

«Sì è vero»

Lo confesso sopraffatta da una sensazione strana. Sensazione che provo ogni volta che il suo profumo è così vicino.
Però ho una paura tremenda di prendermi una batosta colossale. E non solo per quello che nasconde o per quello che ha detto Taylor, ma anche perché siamo diversi.
Tremendamente diversi.

Innalzo il mento, finendo per incontrare i suoi occhi scuri e magnetici.

«Allora da domani vieni a casa mia»

Il tono di voce che usa per parlarmi è così profondo che mi causa dei sussulti lungo la pelle della schiena lasciata leggermente scoperta dal pigiama.

«Cosa?»

«Voglio che impari a difenderti»

Lo vedo avvicinarsi alla finestra per richiuderla.

«Comunque non sei ma Marcus Baker» lo prendo in giro.

«Sono il doppio di Marcus Baker, Biancaneve. E non solo di spalle»

«Smettila pervertito»

Il sorriso ricurvo che trova spazio sulle sue labbra turgide mi fa sorridere di rimando.

«Pensiamo alle cose serie adesso. Devi andare in ospedale» insisto.

«È solo un graffio» mormora lui, spostandomi i capelli dalla fronte.

«No James»

«Sì» ribatte lui mentre con il polpastrello freddo traccia il piccolo graffietto che ho scoperto di avere vicino alla tempia sinistra.

«No»

Stringo le labbra quando il suo respiro caldo di menta e tabacco prende a stimolare quella piccola porzione di clavicola lasciata esposta dalla maglia del pigiama.
Ma i brividi che si accavallano nel mio basso ventre, sono troppo intensi per permettere a me stessa di ricordare che sto indossando un pigiamone di pile in questo momento.

«Sì» lo sento sussurrare prima di lasciare un piccolo bacio a stampo sul lato della mia bocca socchiusa.

«No»

Non ricordo neanche più di cosa stavamo discutendo.

L'unica cosa di cui sono certa è che sto reprimendo con tutte le mie forze l'istinto di affondare una mano nei suoi capelli arruffati. Così come sto sopprimendo la voglia irrefrenabile di sfiorare con la lingua le sue labbra grandi e rosse.

Sei ufficialmente impazzita, complimenti

Ma quando nel suo sguardo scocca una scintilla di malizia, sento la mia pelle andare a fuoco.

«Cosa... che fai?» domando impaurita mentre lui si priva della maglietta aderente che racchiudeva il suo petto, ormai esposto.

«Oh no. Non basterà disinfettarla...» constato quando mi accorgo che tutto il suo fianco, compreso l'addome, è macchiato da una coltre di sangue.

Senza darmi minimamente ascolto, James si infila nel bagno di camera mia, dove lo sorprendo a chinarsi verso la vasca.
La sua ampia schiena sembra essere un vero e proprio incastro di muscoli e nervi, questi si mescolano alla perfezione e lì sotto alla sua pelle leggermente abbronzata, vanno a ricreare dei rilievi degni di uno scultore classico.

Mi s'incendiano le guance quando lo vedo azionare l'acqua per riempire la vasca.

«Mi dai una mano?»

«No che non ti do una mano»

«Devo lavarmi, c'è troppo sangue. Come cazzo pensi di disinfettare una ferita in questo stato?»

«Infatti non penso affatto di disinfettartela, devi andare all'osp...»

«Bla bla bla» mi fa il verso abbassandosi i pantaloni della tuta.

«James?»

«Cosa c'è?»

«Ti prego, non i boxer»

Lui mi fissa smarrito.

«Oh. Posso tenerli se ti fa piacere»

Solleva le spalle come se la cosa non lo riguardasse.

L'acqua sale a sufficienza, così James entra in vasca e un lamento roco fuoriesce dalle sue labbra quando la ferita viene a contatto con l'acqua calda.
Io intanto vado ad assicurarmi che la porta di camera mia sia chiusa a chiave.
È la volta buona che succede davvero il finimondo qui

«Cazzo fa male»

Ritorno in bagno dove un profumo soffocante ed intenso mi prende alla sprovvista.

«Hmmmm... pesca e albicocca» lo sento dire squadrando la confezione del mio bagnoschiuma.

«Ma quanto ne hai messo?»

«Tu devi sempre rompere il cazzo, vero?»

«Beh, scusa tanto se sottolineo il fatto che inquini l'ambiente in modo considerevole, dato che sprechi la quantità di bagnoschiuma che una persona normale usa in dieci docce»

James mi lancia un'occhiataccia, pare stia per dire qualcosa per zittirmi, ma ad un tratto si fa leva sul lato della vasca e si alza.

Le bolle di schiuma che ricoprivano il suo corpo si dissolvono e solo quando si erge in piedi, la sagoma spessa e longilinea sotto ai boxer, comincia a catturare la mia attenzione.

«O mio Dio»

Mi copro subito gli occhi con la mano.

«E che ti aspettarvi con dei boxer bagnati?»

James scoppia inevitabilmente a ridere.

«Non che tu fossi...oddio!»

«Non sono eccitato, sono parecchio rilassato, White. Rilassati pure tu, grazie»

Sospiro a lungo e intanto che aspetto finisca di lavarsi, preparo delle garze con il disinfettante.

«Metti questo»

Gli porgo un asciugamano pulito senza sollevare gli occhi dalle piastrelle del pavimento.

James dapprima si asciuga, poi se lo avvolge intorno ai fianchi.

«Intanto posso togliermi i boxer che sono fradici o...»

«Senti, fa quello che devi fare» sputo voltandomi dall'altra parte.

«Almeno puoi dire di averne visto uno, ora»

Ignoro il suo sorrisetto sfacciato, così come la sua provocazione e lo invito a sedersi sul bordo della vasca.

Fortunatamente la ferita è molto più piccola di quello che sembrava inizialmente.

«Cos'è stato, anzi... chi è stato? Me lo puoi dire?» domando tamponando la zona lacerata.

Lui però mi fissa senza parlare.
Il suo atteggiamento mi fa realmente saltare i nervi.

«Che hai da guardare?» lo istigo con le mani tremolanti.

«Vedo che sei ancora agitata, ragazzina»

Forse fino a cinque minuti fa ero sotto shock, ma ora sto cominciando a realizzare il tutto.

«Senti, vorrei vedere te. Quel criminale era a casa mia. Ha intercettato mia madre, ci ha parlato. Mi ha messo le mani addosso e...»

Il cotone mi scappa improvvisamente dalle mani, nel ripercorrere l'accaduto della serata.

«June...»

Mi alzo in piedi e porto entrambi i miei palmi sulle guance che scottano.

«Non credo che dormirò» sentenzio fissandomi nello specchio del bagno.

La mia crocchia è spettinata e i miei occhi sono segnati dalla paura.

James finisce di applicare la garza sulla ferita poi si alza con un po' di fatica.

«Va bene, pensavo peggio. Non è messa così male» dico indicandogli il fianco.

Ripongo l'occorrente nel kit del pronto soccorso, poi però vengo assalita da un dubbio.

«Ma...come fai a uscire in questo stato ora?»

«Uscire dove? Devo solo fare due passi fino al tuo letto»

Mi rivolge un ghigno compiaciuto, prima di scompigliarsi i capelli ancora umidi con la mano.

«James non è il caso...»

«Poi perché fai sempre domande che non ti riguardano?»

«Sì che mi riguardano, io...»

Chiudo l'anta del mobiletto del bagno e quando mi volto, finisco per scontrarmi contro il suo torace caldo e marmoreo. Mi si blocca il respiro perché la sua mano scivola sulla mia guancia, con il pollice compie qualche piccolo cerchio delicato intorno al mio zigomo, finché non preme dolcemente sulla nuca per invitarmi a rilassarmi contro il suo petto.

«Non ci torno a casa se sei così spaventata»

No, non credo di sentirmi bene

I battiti del mio cuore sono impazziti e hanno cominciato a bombardarmi la cassa toracica senza pietà.

«Quello stronzo potrebbe tornare e io non posso permetterglielo»

ALLORA...
questa volta sono stata meno
cattiva del solito con il finale.
Vero?

🦋 sono in ritardo? Sì 🖤

🦋 il capitolo vi è piaciuto? Spero di sì

🦋 so che una parte immagino non vi sarà piaciuta, ma era necessaria e utile sopratutto per farci tornare tutte con i piedi per terra

🦋 nel prossimo capitolo torna Jasper

🦋 e tra J e J avremo delle scene un po' più 🔥✨

seguitemi su insta per gli aggiornamenti
🦋stefaniasbooks🦋

stellinate e ricordate che vi adoro 🖤

a presto

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