6. Oltre lo specchio
N/A: oltrepassando il bullismo contro Hans nei commenti del capitolo scorso, son contenta la storia visto stia piacendo.
Commentate e mettete la stellina sempre, le cose ora si fanno interessanti :3
Erano passati due giorni dalla scoperta delle rivolte secessioniste e Bruno fu sorpreso dal supporto che ricevette dalle altre regioni, anche da quelle più meridionali una volta che lessero il biglietto e chiesero dettagli agli altri.
Non solamente l'aveva sorpreso, ma perfino quasi commosso.
Attraverso quei piccoli gesti poteva affermare che era parte della famiglia.
Se non ti importava minimamente di qualcuno, non lo aiutavi nel modo che poteva osservare!
Ma quella gioia era abbastanza smorzata in quel momento, a metà mattina, dal mal di testa che gli martellava le tempie.
Quanto avrebbe desiderato staccarsi la testa per non sentire quel dolore!
E così era steso su uno dei divani in soggiorno, tenendo gli occhi chiusi, sperando che il dolore si acquietasse. Per distrarsi, strizzava più e più volte una pallina di gommapiuma che Francesca gli aveva dato.
«So benissimo cosa significa avere mal di testa che ti fanno anche pentire di esistere. Il modo migliore per distrarsi è tenere le mani concentrate e scaricare la frustrazione nel gesto che fai. E per evitare spiacevoli inconvenienti, tutta tua.» aveva spiegato la toscana, ogni tanto non guardandolo negli occhi.
Alla fine del discorso gli aveva messo con forza la pallina fra le mani, mordendosi il labbro inferiore.
Anche se gentile, era comunque una regione molto orgogliosa e quindi non indugiava troppo nei suoi atti di gentilezza. Il trentino lo aveva capito. Era lo stesso comportamento di molti altri lì dentro.
L'orgoglio era una brutta bestia che ti stringeva la gola e annebbiava la mente, facendoti vedere solo ciò che desiderava tu perseguissi: apparire al di sopra di tutto, potente e intoccabile.
Lo sapeva bene.
L'aveva visto e provato sulla sua pelle, di tanto in tanto.
Quindi, al gesto della ragazza, aveva ringraziato e aveva strizzato piano, sperimentando, la pallina di gomma piuma.
La toscana si era dileguata, borbottando un «Bene» nel mentre.
Ah, l'orgoglio, quanta dolcezza e genuinità impediva di essere mostrata.
Eppure il trentino reputava che la gelosia fosse una ben peggiore bestia, che ti stregava con decisamente più fascino, almeno nel suo caso.
Ti prendeva lo stomaco, rivoltandolo e stringendolo, aumentava la bile che finiva (metaforicamente) per scorrerti nelle vene, stringeva la tua gola solo per forzarti ad urlare e tutto diventava ostile ai tuoi occhi, in special modo chi minacciava il tuo "territorio".
Non solo quello accadeva, ma le sensazioni principali per lui erano quelle.
E bruciavano sottopelle con vigore anche in quel momento, fatto che lo portava ad essere ancora più volenteroso a strizzare la pallina tenuta nella mano destra.
All'altro capo del divano su cui era steso, quindi non troppo lontano dai suoi piedi, erano seduti Carlo e Roberto.
I due erano presi a parlare fitto, a mezza voce per non farsi sentire bene, spalla contro spalla e ginocchio contro ginocchio.
Nonostante entrambi avessero una perfetta postura eretta, i loro volti rimanevano troppo vicini per i suoi gusti, mentre lanciavano ogni tanto occhiate al tablet del lombardo, sorretto da quest'ultimo per essere visto senza chinarsi.
Inoltre, con i vaghi e contenuti gesti che facevano, invadevano il (praticamente) nullo spazio personale che avevano.
Già questo bastava per far saltare alcuni nervi del biondo.
Carlo era letteralmente uno di quelli che più ripudiava il contatto fisico e a Roberto serviva tempo per abituarsi al tocco altrui.
Quindi qualcuno poteva gentilmente spiegargli perché quei due erano così vicini?!
E, soprattutto, cosa significavano quelle occhiate furtive che il lombardo lanciava ogni tanto al piemontese, quando era preso dal parlare?!
Cosa si era perso?!
"Che se mai il tuo "amore" fosse un frocio come te o può provare attrazione pure per un altro uomo, sicuramente quello non sei tu." commentò Hans con freddezza.
"Non mettertici pure te, per favore." lo pregò il trentino, coprendosi gli occhi con il braccio sinistro.
"Oh, ora mi preghi~? Negli ultimi giorni la situazione si sta davvero facendo critica, mh~?" indagò il secessionista, divertito a modo suo.
"Non ti voglio sentire." decretò il biondo.
"E invece mi sentirai!" replicò l'altoatesino.
"Fottiti." lo maledì Bruno, girandosi su un fianco e appallottolandosi leggermente.
Si sentì il petto oppresso e quindi fu costretto a tornare in posizione supina velocemente, respirando un po' affannosamente.
Quanto poteva odiare tutte quelle ribellioni e genti in contrasto che lo facevano sentire compresso, senza aria da respirare?
<Bruno, stai bene?> chiese preoccupata la sua voce.
Il trentino levò il braccio e aprì gli occhi, potendo così ammirare Roberto osservarlo dalla testa ai piedi con attenzione.
<Mh... più fiacco di quando mi sono svegliato ma sono fiducioso che passerà in poco tempo.> rispose Bruno, chiudendo piano gli occhi ed esalando stanco con le labbra semichiuse.
Il piemontese rimase preoccupato quando quelle profonde iridi cerulee (che quasi gli parevano private della loro solita scrupolosità) furono nascoste dietro le palpebre, creando un'espressione stanca sul volto del più giovane.
L'ex sabaudo si morse il labbro inferiore, l'impulso di accertarsi seriamente delle condizioni del migliore amico (che ancora come nome suonava errato) forte dentro il suo petto.
<Se le condizioni peggiorano, facci un fischio.> commentò Carlo, poggiando una mano sulla spalla del piemontese per richiamare la sua attenzione.
Questi fu costretto a distogliere lo sguardo dal trentino e osservare di nuovo il lombardo, che disse: <Comunque, ritornando a quello che stavo dicendo...>
<Ah, già.> commentò Roberto.
E i due furono di nuovo presi dalla loro conversazione.
Bruno, ad occhi socchiusi, aveva osservato la scena, con quell'orribile mostro verde che gli impediva di non osservare l'intimo contatto fra i due.
"Leva quella mano dalla sua spalla, hai già richiamato la sua attenzione, non c'è nessuna necessità di tenerla ancora lì!" decretò il trentino, fissando con veleno la mano del lombardo ancora sulla spalla del piemontese, il quale pareva ignorare la cosa.
"Se invece la tenesse lì perché gli piace e pure al tuo "amore" non dispiace?" chiese retorico Hans, ridacchiando con un tono vagamente più alto del solito.
"Non può essere così." disse Bruno, anche se pure la sua gelosia gli suggerivano altro.
"La tua mente ti contraddice e ti dà ragione insieme, caro. E poi non posso dirti che hai il cervello fuso!" commentò l'altoatesino.
"Perché funziona così la gelosia! È una bastarda, quasi peggio dell'amore non corrisposto." rispose il trentino.
"Quindi anche tu ammetti che non c'è possibilità che lui ti ami!" notò il secessionista, divertito.
"No, ammetto che lui probabilmente mi vede solo come il suo migliore amico, ora come ora, e che fa un male cane." ribatté il biondo.
Si girò su un fianco, rannicchiandosi. Il peso sul petto si fece più forte nel giro di una manciata di secondi e, prima ancora di trattenersi, prese a tossire convulsamente.
Si tirò su debolmente grazie alle braccia e si sedette sul divano, chinato in avanti, una mano davanti alla bocca e il braccio dell'altra mano a cingersi lo stomaco.
Tossendo, sentì la gola chiusa e in fiamme insieme, mentre la testa continuava a fare male.
<Ohi, cerca di non sputare polmoni sul pavimento!> impose Carmela, comodamente rannicchiata su un puff.
Il tono però non risultava scocciato, bensì preoccupato.
Quando riuscì a calmare un attimo la tosse e ad osservare in direzione della lucana, notò come il suo sguardo accentuasse l'ipotesi che fosse seriamente preoccupata.
<Cosa sta succedendo?> si preoccupò Roberto, prendendo in mano il proprio telefono per cercare le ultime notizie sul Trentino-Alto Adige.
Bruno alzò una mano nella direzione del piemontese, in segno di fermarsi. Lasciò andare la pallina di gommapiuma nell'altra mano per sorreggersi la testa.
<Sarà stata... una scarica, non lo so. Il mal di testa e la salute non ottimale degli scorsi giorni non aiutano ad attenuare le reazioni. Mi vado a sciacquare la faccia, sperando di darmi una rinfrescata.> rispose il biondo, alzandosi, cercando di non mostrare la stanchezza che gli impediva di rimanere totalmente saldo sulle gambe.
<Non vuoi essere accompagnato? Chiedo solamente perché alcune volte capita di svenire quando la situazione è una merda per vario tempo.> propose Francesca, scrutandolo.
<No, no. Dubito di svenire da qua al bagno vicino lo sgabuzzino o nel ritorno. Davvero, tranquilli. Solo un po' di tosse che mi ha colto di sorpresa.> rispose il trentino, cercando di apparire calmo e distaccato come suo solito.
Roberto lo guardò uscire dal soggiorno con preoccupazione, anche se non sarebbe parso così dal suo volto neutrale.
Si vedeva che Bruno non stava bene, lo notava alla perfezione.
Parlava con voce più bassa del normale.
Gli occhi erano spesso socchiusi e molto frequentemente fissi in un punto o persi nel vuoto.
La sua postura era più incurvata in avanti.
I capelli erano lasciati al naturale, con le sue ciocche bionde tutte sparate che gli davano un'aria più sbarazzina (non che davvero gli dispiacesse quell'aspetto, ma era sintomo di non prendersi cura di sé nel caso altrui).
Infine, fra gli atteggiamenti più palesi, vi era il suo volto, più stanco.
Niente stava andando bene e dentro di sé sentiva che doveva aiutare il trentino, qualcosa lo sprovana a farlo.
La cosa preoccupante, però, era anche cos'altro lo incitava a svolgere.
Bruno, intanto, aveva raggiunto il bagno e si era dato una sciacquata alla faccia, l'acqua fredda che gli ridava un minimo di forze. Alzò lo sguardo e notò come, in generale, fosse stanco e disfatto.
<Si nota lontano un miglio che non sono nel migliore della forma.> sussurrò, continuando a fissare il riflesso.
Poi questo si distorse e davanti a lui comparve Hans, ghignante.
«Allora non sei più felice a vedere me, decisamente più pimpante~?» ridacchiò l'altoatesino.
<Assolutamente no.> sibilò a bassa voce il trentino. Era tutta colpa sua se stava così male.
«Ehi, non dare tutta la colpa a me! Io ne giovo, ma non vuol dire abbia iniziato io la cosa.» si difese il biondo platino, sorridendo mefistofelico.
<Di sicuro non fai nulla per provare a farli smettere, oh cara finta regione dei miei stivali.> commentò Bruno, fissandolo torvo.
«Quanta cattiveria contro il povero me!» si lamentò il secessionista.
<Ti odio dal profondo del mio cuore. Quanto ti vorrei morto, non lo sai. Finalmente avrei pace.> asserì il biondo, lo sguardo ceruleo fiammeggiante di rabbia.
«Io invece vorrei essere lì nel tuo mondo ed esistere davvero, ma per ora posso solo stare nella tua testa e occasionalmente negli specchi. In fondo, c'è una barriera anche qua che non posso attra-AH!» strillò il biondo platino, preso di sorpresa.
Verso la fine del suo discorso si stava appoggiando alla barriera che gli impediva solitamente di andare oltre lo specchio. Ma questa volta non si ritrovò poggiato ad una invisibile parete.
L'attraversò, quasi risucchiato da essa e spinto in avanti.
Bruno lanciò un grido di terrore, arretrando di qualche passo, mentre dallo specchio fuoriusciva un fascio curvato di luce che scaraventò nel bagno, con lui, Hans.
E così i due si ritrovarono a fissarsi per lunghi istanti, sbigottiti e confusi, ignorando le voci confuse provenienti dal salotto.
Il trentino si sentì congelato nel terrore: era uscito allo specchio? Come aveva fatto?! Non era mai capitato prima!
L'altoatesino invece prese a sorridere trionfante, una risata in gola che non vedeva l'ora di uscire. Era finalmente nel mondo reale! Ce l'aveva fatta!
Ma non poterono ignorare il rumore dei passi avvicinarsi alla porta del bagno, che venne spalancata di colpo mentre Francesca domandava a gran voce: <Perché hai urlato, Bruno?!>
Si fermò all'istante alla scena che le si palesò davanti, arretrando di qualche piccolo passo, permettendo anche alle altre regioni venute con lei di osservare la scena.
Bruno riuscì solo a pensare a quanto la situazione fosse precipitata in una manciata di minuti.
E a come ora il suo secondo più grande segreto era stato rivelato.
<C-Cosa cazzo-?!> a malapena riuscì a dire la toscana, scioccata.
<Ok, per gentile cortesia... qualcuno mi spiega perché straminchia ci sono due Bruno?!> domandò Carmela, gli occhi totalmente spalancati e la voce più alta di un'ottava.
«Io non sono un secondo Bruno! Sono decisamente meglio di lui!» ribatté Hans, incrociando le braccia, facendo la prima donna (niente di nuovo, a pensarci).
Ma la voce era distorta, quasi vi fosse un'interferenza. E a guardarlo meglio, il trentino si accorse come fosse semitrasparente.
Era lì ma allo stesso tempo no.
Dio, che casino.
A riprendere in mano la situazione fu prontamente Angela, che fece due passi avanti e recitò in latino: <Incatena il corpo e lo spirito!>
Delle catene di diverso colore uscirono dalle sue mani e prima che i due biondi anche solo provassero a schivarle, si ritrovarono legate le braccia lungo i fianchi.
Bruno aveva attorno due catene, una bianca e una nera, Hans solo una bianca.
«Scheiße*-! Ok, capisco che voi non conoscete me mentre io conosco voi, ma questo non mi sembra modo di trattare la gente!» si lamentò l'altoatesino, provando a liberarsi della catena senza alcun successo.
<Sta' zitto, crucco!> lo minacciò Carmela, che nonostante lo shock non aveva perso la sua grinta.
«Magari lo fossi davvero anche ufficialmente!» desiderò il biondo platino, che ancora tentava di liberarsi dalla catena.
<Non ce la farai a liberarti. Angela é brava con le magie.> lo avvertì Bruno, guardandolo esasperato.
«Ma io sono testardo!» asserì Hans, continuando nei suoi vani tentativi.
<Oh, non me ne ero mai accorto, guarda.> rispose con chiara ironia il trentino, ruotando gli occhi.
<É ancora troppo presto per avere a che fare con certe assurdità!> si lamentò Giuseppe, grattandosi la nuca senza capire.
<La cosa più sensata da fare è... chiamare tutti gli altri in soggiorno e discuterne.> decretò Roberto, osservando il biondo con una tale intensità che quest'ultimo ebbe l'impulso di distogliere lo sguardo.
Ma non lo fece, perché avrebbe solo accentuato la sua colpevolezza.
"Sì... ti ho mentito ancora. Avevo altri segreti. E ne ho tanti ancora. Mi dispiace." pensò il trentino con enorme dolore.
Hans ridacchiò e lo guardò, commentando: «Le bugie hanno le gambe corte~.»
Bruno si girò verso di lui di scatto e chiese esterrefatto: <Ancora senti i miei pensieri?>
«Sento e vedo, più o meno. Rimane comunque un grande spettacolo~.» rise l'altoatesino.
"Allora goditi lo spettacolo di come ti distruggerei se avessi le mani libere per farlo." asserì il trentino, lasciando libera la sua fantasia più cruenta.
Il secessionista, che a quanto pare poteva ancora vedere benissimo i suoi pensieri, impallidì e sgranò gli occhi.
<Voi due state litigando mentalmente o cosa...?> domandò il campano ai due incatenati, mentre gli altri poco lontani dalla porta stavano decidendo chi andasse a chiamare chi.
<Più o meno... cioè, lui può sentire e vedere i miei pensieri e sogni.> spiegò Bruno.
Giuseppe stava sicuramente per fare un'altra domanda, ma venne preceduto da Carmela che impartì: <Teniamo le domande per dopo, Beppe. Per ora portiamoli in soggiorno.>
«Così può iniziare un interrogatorio in piena regola? Ci punterete addosso una fastidiosa luce per convincerci malamente a parlare?» ironizzò Hans, fin troppo a suo agio in quella situazione.
Dall'altro canto, pensò il trentino, se si faceva picchiare da qualche miccia corta di casa si sarebbe goduto felicemente la scena.
<Sei altamente fastidioso.> decretò la lucana <E, tutti e due, seguiteci, evitando i tiri mancini. Non sarò dolce se ci proverete.>
<Ai suoi ordini.> replicò glaciale Bruno, seguendola. Hans si mise al suo fianco, per una volta silenzioso.
<Non potete neanche fare granché. Siete all'angolo. E a quanto pare ci sono sempre sorprese con te.> commentò Carlo, calcando la parola "sorprese" e osservando torvo il trentino.
<È... complicato.> borbottò il biondo, viso volto al pavimento, mentre aveva ancora in mente lo sguardo che gli aveva rivolto il piemontese.
"L'ho ferito, gli ho mentito ancora una volta. E questa volta è anche peggio della precedente. Mi odierà di sicuro." asserì mentalmente Bruno.
Erano arrivati in soggiorno e Carmela e Carlo li avevano fatti sedere su uno dei tanti divani, Hans contro il bracciolo e Bruno accanto a lui.
«Appena divento libero vengo incatenato da quei pazzoidi degli italiani... che posto di merda.» il secessionista trasse le sue conclusioni contro l'orecchio del biondo, sbuffando infine.
<Ehi ehi ehi, muto. Puoi parlare solo se interpellato o parla ad alta voce se proprio non puoi stare zitto.> comandò la lucana, seduta accigliata sul suo puff.
<Beh, meglio che queste cose le dica solo a me, vorrei evitare scene violente, se possibile.> rispose Bruno.
«Aw, ti importa di me~» commentò Hans, con finto tono zuccherino.
<In realtà ho nei miei interessi le mie orecchie e la mia incolumità.> rispose il trentino.
«Cattivo.» mise il broncio l'altoatesino, recitando.
<Smettila, è ancora più ridicolo vederti e sentirti che solo sentirti fare il cretino.> gli ordinò il biondo e il secessionista, sbuffando, ruotò gli occhi per poi tornare con un'espressione scocciata.
Angela entrò in quel momento con le regioni che erano rimaste nelle loro stanze a cazzeggiare.
Marie, che stava guardando il cellulare, alzò lo sguardo e chiese: <Perché ci hai trascinato qua dicendo fosse urge- oh.> per interrompersi quando vide i due biondi incatenati e seduti sul divano.
<Ehm...-> disse con molta arguzia Michele, abbastanza confuso.
<Sì, esatto.> lo prese un po' in giro Giuseppe.
<Sediamoci, intanto che aspettiamo gli altri. Probabilmente Francesca e Roberto stanno incontrando più resistenza.> propose Angela, andandosi a sedere su una poltrona.
<Con Roberto immagino facilmente il perché, Giorgio e Aleksander erano allegri di raccogliere l'uva e iniziare a produrre vino questa mattina. Ergo, saranno più testardi del solito> notò Carlo.
"Ah, Roberto è il primo che casualmente ti viene in mente dei due e chi decidi di difendere, mh? Qual è il tuo gioco?!" si domandò Bruno, in preda alla gelosia.
«Pari uno svitato completo, fattelo dire. Come ci si può ridurre così per qualcosa di talmente deviato?» commentò Hans al suo orecchio.
<Ho.detto.di.non.parlare.al.suo.orecchio.> ripeté Carmela, scandendo le parole.
«Oh, stavo solo dicendo che piano piano il salotto si sta riempiendo e che il nostro interrogatorio fra poco comincerà. A proposito, posso decidere chi può farmi l'interrogatorio? Preferirei Giorgio, almeno ci sarebbero un po' di faville!» chiese l'altoatesino con una tranquillità impressionante.
Il trentino sapeva benissimo quanto il secessionista adorasse recitare con lui, come avrebbe potuto resistere all'idea di comportarsi in quel modo anche con le altre regioni italiane?
<Quindi tu ci conosci?> domandò Sofia, anche se sembrava tanto un'affermazione.
«Non posso rispondere~. Non é ancora iniziato l'interrogatorio, no~?» domandò retorico il biondo platino, sorridendo soddisfatto.
L'emiliana avrebbe voluto ribattere, ma la voce di Francesca, proveniente dalla porta sul retro (da quanto intuiva) esclamò: <Finalmente in casa, maremma maiala!>
<Scusa se volevo finire i miei due minuti di plank, eh!> ribatté Rosa, scocciata.
Il primo però ad entrare in soggiorno fu Domenico, con addosso una canotta e dei pantaloni corti, mentre qualche goccia di sudore gli imperlava le braccia.
<Ho le traveggole o...?> chiese, indicando i due biondi.
<No no, ci vedi benissimo.> rispose Mario, che ancora non aveva parlato per lo stupore.
<Ok... cosa cazzo è successo adesso?!> domandò Rosa, andandosi a sedere su un bracciolo di un divano.
<Stiamo aspettando quelli che sono nell'orto o giù di lì e poi possiamo iniziare a fare domande.> spiegò Giovanna.
Una porta fu spalancata aperta e dei passi pesanti risuonarono per il pavimento.
La "gentile e delicata" voce di Giorgio esclamò: <Ora voglio proprio vedere quale sia l'emergenza che mi impedisce di continuare a raccogliere l'uva! Giuro che se é per una cazzata, io-!>
Si fermò a notare i "due Bruno", il suo volto che da arrabbiato passò a stupito.
«Tu...? Sono curioso!» lo stuzzicò Hans, un ghigno mefistofelico in volto.
<Ok, l'emergenza era vera.> asserì Rita, guardando quell'estraneo con sospetto ma anche curiosità.
<Bene, ora che ci siamo tutti, possiamo iniziare.> decretò Carlo.
Il secessionista sembrava sul punto di commentare, che Bruno lo minacciò mentalmente: "Prova ad aprire bocca e giuro che ti taglio la lingua, te la faccio ingoiare, poi ti squarcio la pancia, tiro fuori le tue budella e ti impicco con il tuo intestino tenue."
Il biondo platino rimase muto, mentre il trentino si sentì carico di stress.
Ma non poteva evitare le loro domande, quindi prese un bel respiro e tentò di prepararsi psicologicamente.
N/A: Scheiße*= cazzo
E ora le cose si complicano.
Il segreto segretoso non è più segreto.
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