42. Avvolto

N/A: spero abbiate passato una bella settimana, per ora.
Da me siamo stati ridotti a 8 in classe ed è stata una settimana pesante ma non eccessivamente.

Commentate, stellinate e buona lettura!


Spalancò gli occhi, un dolore che si propagava dal sedere che si mescolava alla voce strozzata e il corpo tremolante.
Subito un paio di mani gli furono sulle guance e lo sollecitarono ad alzare il volto.

Roberto.
Roberto era lì, che lo scrutava con preoccupazione, sussurrandogli qualcosa che non udiva.
Roberto era vivo, Roberto era salvo, Roberto non era schiavo di Hans.

<Roberto...> balbettò Bruno, alzando timoroso le mani. Gli sfiorò con riverenza e poi sollievo le guance, risalendo il volto. Tastò le tempie, la fronte, il naso, la nuca. Tutto. Nonostante ci fosse il contatto fisico, aveva il terrore il fidanzato svanisse da un momento all'altro.

<Sei vivo...> sussurrò poi, continuando a sfiorarlo. Spostò le mani alle spalle e successivamente si diresse alle mani altrui, stringendole senza toglierle dal proprio volto.

Chiuse gli occhi e si concesse di piangere, silenziosamente, abbassando lo sguardo. Serrò la presa sulle mani altrui, le spostò e le baciò con riverenza fra le lacrime, ripetendo ancora e ancora le ultime due parole dette.

Il piemontese lo lasciò fare, ovviamente ancora spaventato e pure confuso, ma con il cuore pesante. Era straziante osservare la scena: una lama si stava girando nel suo petto, ancora e ancora.

<Sì, Bruno, sono vivo.> asserì ad un certo punto. Si ritrovò d'improvviso nella morsa del più giovane, che lo stringeva come se ne andasse della sua vita. Ricambiò l'abbraccio, accarezzandogli la schiena. Poggiò le mani sui suoi fianchi e lo spronò a sedersi sulle sue gambe.

Il trentino lo fece all'istante e si avvinghiò come un koala, singhiozzando. L'ex sabaudo proseguì le sue carezze, silenzioso. Se l'altro avesse voluto, avrebbe parlato. Non era come lui, non aveva bisogno di mille domande o incitamenti per parlare. L'avrebbe preso come un attacco.

Quando il biondo riuscì a calmarsi, alzò lentamente la testa e lo osservò per interminabili secondi, scrutandolo nelle iridi castane. Voleva perdersi in quella dolcezza. Dimenticare gli incubi e la realtà. Scordarsi del dolore vecchio e nuovo. Rimanere solo con il suo affetto per chi aveva davanti. Amare. Essere amato. Vivere felice.

Ma non poteva avere il suo idillio. Quando mai?
Prese un bel respiro e ammise: <Ho avuto un incubo. Ho sognato il finale più tragico per questa situazione.>
Tentativamente, Roberto alzò una mano dal fianco per accarezzargli i capelli.

Bruno inclinò la testa per incoraggiarlo. Confortato dai grattini sulla nuca, specificò: <Io... stavo morendo. I secessionisti avevano già conquistato Bolzano, stavano completando Trento. Io ero in mezzo alla piazza, inerme. È... arrivato lui, Hans... era vivo. E ti teneva come prigioniero.>

<Cosa è successo poi?> sussurrò il castano.

<Mi ha detto che tu avevi fatto un patto di sangue con lui. Se ne infrangi uno, muori definitivamente. Lui... non mi avrebbe ucciso. Né avrebbe ferito gli altri. Ma tu dovevi pagarlo... e diventare... il suo schiavo personale. Non voglio neanche immaginare a cosa nel sogno mi riferissi.> rispose il biondo.

Il piemontese non fiatò, ma rallentò i grattini. Il trentino concluse: <Poi... Hans ordinò ad un uomo di uccidermi. Tu ti ribellavi, Hans ti aveva ingannato. Ma eri debole, io pure... e l'uomo mi ha sparato.>
L'ex sabaudo lo abbracciò più forte. Non c'era bisogno di parole.
Inoltre, cosa poteva dire di giusto?

<Ho pensato davvero di morire. E di farlo, sapendoti nelle mani di quello stronzo.> aggiunse il trentino.
<Faremo di tutto per tornare alla normalità. Io ci proverò con tutto me stesso.> promise il piemontese.
<Se... non bastasse?> indagò Bruno, lo sguardo un po' perso.

<Basterà. Perché non sei solo. E non permetteremo a quello là di vincere. Né ora, né mai.> asserì Roberto.
L'ex austriaco desiderò tanto avere la sua fiducia. Invece, disse: <Non ci voglio più pensare, fino a domani... ho bisogno di te.>

<Torniamo nel letto?> propose un po' ovviamente il piemontese. Il moroso annuì comunque. Tenendosi stretto all'altro, si alzò in piedi su gambe malferme.
Venne fatto stendere dal più alto, che si mise sopra di lui.

<Ti fa male qualche parte?> domandò il suo brazedèl.
Scosse la testa.
Il castano annuì e lo baciò sulla fronte. Ripeté il gesto, sempre lì. Poi si spostò alla tempia. Scese per una guancia. Fece una piccola tappa al naso. Completò con un bacetto sul mento. Andò fronte contro fronte con il fidanzato e gli sfiorò le labbra con le proprie.

Il biondo, rimasto con gli occhi socchiusi a godersi il momento, calò totalmente le palpebre e ricambiò il gesto. Si baciarono lentamente, con poco contatto e con dolcezza per svariati minuti.

Il trentino alzò le braccia, intrecciò le mani sul retro del collo altrui e sospirò di sollievo nel bacio, senza staccarsi. Approfondì il contatto, ora non era più un semplice sfiorarsi di labbra, ma ancora non c'era in gioco altro. E la dolcezza di prima permaneva.

Non sapevano quanto tempo erano rimasti a scambiarsi quel genere di effusioni, non importava. Il tempo era insignificante. S'interruppero solo perché l'ex sabaudo non riusciva più a sostenere il proprio peso sulle braccia, perciò finì il bacio e rotolò accanto l'ex austriaco, che abbracciò all'istante.

Bruno intuì il perché, si girò verso l'altro e lo baciò sulla guancia. Abbozzò finalmente un sorriso.
Roberto, in cambio, gli sorrise radioso, in parte sollevato.
Il più giovane si sciolse interamente sotto quella dolcezza e sussurrò: <Sei stupendo e sono fortunato ad averti con me. Ti amo.>

Il castano distolse lo sguardo, le labbra premute in una linea dritta, anche se c'era un vago sorriso che provava a spuntare. In imbarazzo, replicò con lo stesso tono: <Anche tu sei fantastico. Non avrei mai creduto di sentirmi così felice, con qualcuno. Mi dispiace solo di non aver capito prima quanto ti amassi.>

<L'importante è esserci trovati... e non lasciarci.> commentò il biondo.
Il piemontese annuì all'istante e asserì: <Sarei il più grande idiota al mondo a lasciarti andare o a ferirti in qualche modo.>

La risposta fu un piccolo bacio. Quando finì, il maggiore chiese: <Sei libero questa mattina o pomeriggio?>
<Sì... per ora non c'è molto da fare, sono libero tutto il giorno. Perché?> indagò infine l'ex austriaco.

Il riccioluto sorrise enigmatico in un degno sosia di Monna Lisa, gli accarezzò una guancia e rispose: <È una sorpresa. Però preparati ad uscire subito dopo pranzo, ok?>
Il trentino annuì, incuriosito.
Però bastarono poche coccole del maggiore, con il suo bel sorriso dolce in volto, a farlo addormentare.

•~-~•

Bruno si stava frizionando una parte dei capelli, sperando di togliere più acqua possibile. Fece la stessa cosa per il resto dei capelli, attentissimo all'infido ricciolo. Si tolse l'accappatoio, ormai era asciutto, come ogni volta: ci metteva sempre molto tempo con i capelli.

Si mise su solo i boxer, evocò il flauto, suonò una frizzante melodia e una calda brezza l'avvolse all'altezza della testa. Dopo qualche minuto si fermò, tastò i capelli e li sentì asciutti.
Era comodo usare la magia per quel tipo di cose.

Qualcuno bussò alla sua porta.
<Chi è?> domandò, aprendo l'armadio e nascondendosi così dietro un'anta dalla vita in su.
<Colui che ti ha fatto arrovellare il cervello tutta la mattina.> ironizzò Roberto dall'altra parte della porta.

<Entra pure, sto scegliendo che mettermi.> Bruno gli diede il permesso e si sporse brevemente dall'anta per vederlo.
Il castano entrò, richiuse la porta e gli sorrise. Notò l'accappatoio ancora sul letto e chiese: <Ti sei fatto la doccia per questa uscita o era già in programma?>

<Era più o meno in programma.> borbottò il trentino, nascosto di nuovo grazie all'armadio. La risatina divertito del più alto lo raggiunse, come in fretta fecero un paio di braccia attorno il suo busto e un bacio sulla nuca.

<Oooook. Comunque sei carino con i capelli scompigliati: per favore, non intrappolarli nel gel.> lo "pregò" il più alto.
<Vedrò.> rispose solo il biondo, inconsciamente premendosi di più contro l'altro.

<Ok, però vestiti un po' pesante. Dove ti porto c'è veramente inverno... in una delle due location.> lo avvisò il piemontese.

<Perfino due posti? Wow, ora sono decisamente più curioso.> decretò l'ex austriaco. Si rigirò nell'abbraccio e lo baciò a stampo. Poi l'occhio si soffermò sull'abbigliamento e ammirò il maglioncino rosso scuro che lo stringeva dolcemente, il colletto della camicia bianca che spuntava dallo scollo leggermente a V, i jeans neri e... sì, non se lo stava sognando, erano aderenti.

<Ho decisamente un modello per fidanzato, non solo una regione.> disse di getto. La voglia di infischiarsene dell'uscita, buttarlo sul letto, spogliarlo, baciarlo e segnarlo dappertutto stava crescendo rapidamente.

Roberto arrossì vistosamente e gli diede un colpetto sulla spalla, borbottando: <Smettila di dire stupidaggini, su, cambiati.>
<Non sto dicendo stupidaggini.> ribatté Bruno, riguardando l'armadio.

Di nuovo un paio di braccia furono attorno ai suoi fianchi e questa volta un bacio fu depositato fra i capelli.
<E comunque fra i due il modello sei tu. Cioè, guardati, sei bellissimo. E sembri appena uscito da una pubblicità per i boxer. O per i profumi, anche lì la gente è quasi nuda.> commentò il piemontese, tirando piano l'elastico dei suoi boxer <Però di solito le mutande son di Calvin Klein, non di qualche marca sconosciuta.>

Un brivido percorse il biondo al piccolo tocco che a lui sembrò decisamente allusivo. Ancora una volta, parlò prima di fermarsi: <Beh, è più importante quello che c'è dentro le mutande che la marca di queste, mh?>

Il castano velocemente gli diede uno schiaffetto (per nulla doloroso) sul braccio, si allontanò, incrociò le braccia e decretò: <Meglio lasciarti da solo, dopo aver fatto una doccia a quanto pare sei in vena di spogliarmi con gli occhi.>

L'ex austriaco si sentì colto con le mani nel sacco e, mentre indossava un paio di pantaloni color crema, domandò come un finto tonto: <Che intendi?>
<Come mi guardi o pensi a me quando hai visto quello che indossavo, mentre mi complimentavi e probabilmente adesso, facendo quella battutina.> elencò con calma il più alto.

<Sei arrabbiato?> domandò vagamente preoccupato il giovane, indossando una maglia a maniche lunghe.

<Non proprio. Cioè, da un lato mi sorprende in positivo che ti piaccio tanto a livello fisico... dall'altro ho l'ansia che sei smanioso di arrivare fino in fondo perché sei attratto dal mio corpo, non perché... lo ritieni importante. E che forse, una volta arrivato lì, perderai interesse. O capirai... ci sia solo quell'interesse.> confessò Roberto. Si era seduto sul letto, disegnando cerchi immaginari sulle coperte con un dito.

Bruno si infilò una camicia azzurrina e si mise davanti il moroso, appoggiando le mani sulle sue spalle. Silenziosamente, il maggiore alzò la testa.

L'altro rispose: <Ti amo con anima e corpo. Mi piace la parte fisica nella nostra relazione. Ma ci tengo a te a livello emotivo e sentimentale che... neanche lo so spiegare! Tu sei la mia eccezione alla regola. Mi posso essere mostrato debole pure di fronte agli altri, ma davanti a chi ho pianto senza timore di giudizio? Con chi mi sono confidato così profondamente sul mio passato? Chi guardo per ricordarmi che vale la pena lottare? Con chi sto per essere felice fino in fondo? Tu. La risposta sei sempre tu. E se non ci fosse questo amore, questi tuoi abiti non mi avrebbero fatto così tanto effetto. Tu mi fai sempre effetto e ora sei vestito bene e sei felice... Cazzo, ho solo voglia di baciarti.>

Il piemontese lo osservò, gli occhi vagamente lucidi. Si alzò e improvvisamente il biondo si ritrovò in posizione di svantaggio, le braccia che scivolarono giù dalle spalle altrui alle braccia. Furono prese nelle mani del più grande che, sempre con gli occhi lucidi, lo baciò sulle nocche. Poi l'ex sabaudo fece appoggiare le mani altrui sui propri fianchi, mentre le proprie andavano alla camicia sbottonata del minore.

Gli allacciò lentamente la camicia, attento al proprio lavoro. Sussurrò: <Grazie mille, mi dai sempre un motivo per scacciare i miei dubbi. Sei paziente, gentile e... estremamente romantico. Puoi non crederci, ma è la verità. E condivido quel che hai detto.>

Lo baciò sulle labbra, velocemente. Asserì: <Sei la mia miglior eccezione, ti amo con anima e corpo. È perché sei tu che mi fido e che tutto questo mi pare quasi un sogno da cui non voglio mai più svegliarmi.>

Bruno non resistette più, strinse le mani sui fianchi altrui, si mise in punta di piedi e lo baciò per bene. Roberto si sciolse nel bacio. Continuarono in quel lento miscuglio di labbra e lingua finché ebbero fiato. Quando si staccarono, il piemontese accarezzò i capelli dell'altro e propose: <Andiamo?>

<Va bene. Non far caso a me che ti fisso come se ti volessi baciare fino alla fine dei tempi, che è la verità.> commentò il biondo.
<Useremo il viaggio fra nazioni, ho bisogno della tua collaborazione.> specificò il piemontese.

Il trentino si incuriosì di nuovo, intrecciò le loro mani e domandò: <Mi vuoi portare molto lontano?>

L'ex sabaudo fece qualche passo all'indietro, usando il potere del viaggio nello spazio, trascinandosi dietro il moroso. Sorrise e rispose: <Devo farti da guida, ergo devo portarti in un luogo che conosco molto bene.>

Bruno fu investito da un freddo vento quando il breve viaggio terminò. Si guardò attorno. Erano vicino agli alberi, accanto una strada.

Roberto lo prese per mano e lo condusse su per la strada; ai lati c'erano edifici di mattoni, dalle piccole finestre e dall'aria decisamente antica. Andando oltre quei banali edifici, la vista era bellissima. Una distesa di alberi si ergeva sulla ripida fiancata e le chiazze verdi si estendevano giù, fino ad arrivare a valle, ma che non poteva raggiungere con lo sguardo.

<Siamo in Val di Susa, presso la Sacra di San Michele, a circa 40km da Torino. È una vecchia abbazia. Non c'é niente di troppo eclatante al suo interno, tra l'altro un incendio l'ha un po' danneggiata.> raccontò il piemontese.

<Ti ha fatto male?> domandò il biondo.

<Poco, neanche ricordo bene.> raccontò il maggiore. Osservandolo con un piccolo sorriso, aggiunse: <A me questo posto piace perché lo trovo molto pacifico, ma questo è solo il mio esiguo commento. L'abbazia è stata costruita prima dell'anno mille, è riconosciuta come monumento simbolo del Piemonte e ha fortemente ispirato Umberto Eco per il luogo del suo romanzo "Il nome della Rosa.">

<Posso immaginare il perché, è in un certo senso pittoresco e trasuda di antico da ogni mattone. Inoltre immagino facilmente monaci che gironzolano attorno. Posso vederlo come simbolo della tua regione, è antico, ma non come tuo. Tu sei decisamente di più di un'abbazia arroccata.> commentò il trentino.

L'ex sabaudo gli strinse di più la mano per qualche secondo e borbottò: <Adulatore.>

Arrivarono davanti un grande edificio, dal pesante portone di legno. Roberto alzò la testa e indicò una statua di un uomo con un paio di ali da angelo. Spiegò: <È una particolare statua di San Michele Arcangelo, è qua solo dal nuovo millennio. E, sono andato a controllare, ironia della sorte, l'artista che l'ha fatta è altoatesino.>
Bruno lo guardò con vaga sorpresa: <Davvero?>

L'altro fece un verso in assenso. Riabbassò lo sguardo, aprì il portone e proseguì a parlare: <È stato per vario tempo luogo di pellegrinaggio. Oltre che per le varie opere sparse in giro e l'antica biblioteca, il luogo è molto interessante dal punto di vista architettonico. Quindi il pezzo forte sono come i mattoni sono stati disposti, forse anche per botta di fortuna.>

Il biondo emise uno sbuffo divertito e decretò: <Sei la guida più professionale e ironica insieme esistente.>
<Molte grazie.> rispose con un sorrisetto il piemontese. Prese a salire una rampa di scale e, dato che erano sufficientemente larghe, potevano camminare fianco a fianco.

<C'è una chiesa nelle abbazie, no? Non è bella quella qui?> domandò ad un certo punto il trentino.

Il castano diventò un po' rigido e disse a mezza voce: <C'è, c'è, è una chiesa normalissima... e contiene i corpi di alcuni reali della casata dei Savoia, ovviamente si parla dei primi.>. Era vagamente nostalgico, se ci si azzardava a decretarlo così, oltre che triste.

"Bravo coglione." si complimentò fra sé e sé l'ex austriaco, maledicendosi. Cercò di recuperare la situazione: <Ok, chiaro, grazie per avermelo risparmiato. Andiamo a goderci la bellissima vista che sono sicuro ci sia in alto.>

L'ex sabaudo annuì, il volto abbastanza neutrale. Una stretta di mano per qualche secondo più forte e un bacetto sul dorso lo consolarono un po' di più.
Arrivarono fuori, accompagnati per un tratto da archi e strutture architettoniche volte a sostenere il peso della parte centrale.

<Chiudi gli occhi.> istruì il maggiore e l'altro fece come detto. Si fece guidare e arrivò davanti ad un muretto di mattoni. Appoggiò lì la mano libera.
<Aprili.> acconsentì il fidanzato.

Bruno aprì gli occhi e si perse nell'ammirare quel pezzo di mondo così verde e pacifico da apparire tagliato fuori dal mondo. Un enorme bosco si estendeva dall'esterno del complesso dell'abbazia fino ai piedi della montagna, dove nella valle sbucavano cittadine, paeselli e piccoli ciuffi di casette separati dal resto. A dare una traccia di civiltà moderna erano i fili della corrente sostenuti da tante colonne di legno e metallo.

Erano troppo distanti per sentire il rumore delle genti così in basso, rafforzando la sua idea di essere in qualche magica bolla. I versi dei pochi uccelli ancora presenti nei dintorni e il fruscio del vento fra le fronde era il quieto concerto che la natura offriva loro. Inspirò a pieni polmoni quell'aria fresca. Non era come casa sua, ma poteva diventare una sua seconda casa. Quella che non ti appartiene totalmente, ma ti fa stare così bene che quasi non noti la differenza.

Per la terza volta in breve tempo, si ritrovò abbracciato da dietro da Roberto.

Questi lo baciò sulla nuca, si spostò di lato con i baci, arrivò dietro l'orecchio sinistro e scese sul collo, fin dove la camicia gli permise. I tocchi erano veloci, quasi sospiri. Si sposavano alla perfezione con le dita altrui che si erano appoggiate sui suoi fianchi ed erano prese a disegnare ghirigori sul bacino con i polpastrelli.

La coccola avvolse quasi all'istante il trentino, che silenziosamente spronò inclinando il collo. Altri delicati baci furono lasciati su quei pochi centimetri quadrati di pelle scoperta.

Una corrente fredda li investì e per qualche istante il biondo ebbe la pelle d'oca. Anche se non era totalmente certo fosse stato il vento o lo sfioramento di denti sulla sensibile pelle, dove sotto passava la giugulare.

<Ti piace?> domandò il piemontese, ovviamente con tono basso. Nonostante ciò, nel loro silenzio, proruppe come un fulmine che risvegliò il trentino dalla trance in cui era caduto. Non capì cosa intendesse. Il luogo? Le coccole? Il paesaggio?

Il castano gli dissipò tali dubbi, aggiungendo: <So bene come preferisci i posti pacifici e ho pensato fosse una bella idea portarti qui, in mezzo la natura, quasi fuori dal tempo... in un posto che significa qualcosa anche per me.>

<Mi è piaciuto, hai avuto una bella idea. La vista è bella e rilassante.> concesse l'ex austriaco <Ma diventa stupenda, perché ci sei tu.>

(Poté quasi percepire il sorriso del suo brazedèl contro la propria pelle.)

Venne premiato con un bacino sul collo.
<Se te la senti, ti porto nell'altro posto. È un po' più caotico, ma decisamente più pittoresco.> propose Roberto, accarezzandogli un'altra volta i fianchi.
<Mi porti a Torino?> indagò Bruno.

<No, Torino voglio tenerla per un'altra volta. C'è così tanto che ti vorrei far vedere e così tanto da raccontare...! No, non è adatta ad un pomeriggio mentre ci sballottiamo qua e là con il viaggio fra nazioni. È un altro posto, son sicuro che non ci arriverai.> rispose il piemontese.

<Hai molta fiducia delle mie capacità deduttive.> ironizzò il biondo.

<Non so benissimo che idea si possa fare uno di esterno dei punti turistici piemontesi, fuori da Torino, ma sono sicuro che molti pochi potrebbero arrivare a pensare di quel luogo come mio. Anche perché in quel caso sembra che tutti dimentichino della mia esistenza e si ricordino solo di Carlo...> borbottò il castano alla fine.

<Io no, anzi!> protestò all'istante il trentino.
Il maggiore ridacchiò brevemente e rispose: <Lo so, lo so, amore.>. Si tolse da dietro l'ex austriaco e intrecciò le loro mani.

<Andiamo? Ti porto nel pezzo clou del pomeriggio.> asserì Roberto, indietreggiando lentamente, tirandosi dietro il moroso.
<D'accordo.> concesse Bruno e la conosciuta magia li avvolse. 

N/A: un po' di fluff ci voleva dopo l'allegria degli scorsi capitoli... e anche un po' di demenzialità.
Horny trentino cretinetto.

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