4. Scuse sincere

N/A: grazie mille per i suggerimenti lo scorso capitolo, siete stati gentilissimi.

Anche se molti mi hanno fatto morire dal ridere, lo dimostrano i miei commenti poco seri.
Però quello è stato un buon punto di partenza.

Usando anche un'app che fonde i nomi in infiniti modi (anche illeggibili), ho estrapolato alcune versioni simili al nome che più mi era piaciuto fra i suggeriti.

Quindi, praticamente, ora la scelta è fra 5 nomi. Dite nei commenti quale o quali video piacciono di più.
I nomi sono:

-BruBerto (l'avete suggerito in vari, infatti è il più serio)

-BrunBerto

-BrunoBerto (questi due hanno una leggera modifica rispetto quello sopra)

-BruRoby

-BrunRoby (è decisamente più comodo usare Roby che Roberto quindi... perché non usarlo anche qui?)

Ora ho finito, vi lascio al capitolo :3
Dite la vostra, mi raccomando, almeno ci mettiamo tutti d'accordo.

<Cosa è successo? É scappato un morto e quel morto è Bruno? È l'unico che non vedo.> domandò Angela, tentando di sdrammatizzare la situazione.

<Cosa ci fate voi due all'ingresso come degli stoccafissi?> Francesca interpellò i due del centro, "fresca" di letto con i capelli scompigliati. Qualche passo dietro di lei c'erano Mario e Maurizio, il primo che si stava sfregando un occhio dal sonno, il secondo che fissava perplesso le altre due regioni.

<Entrate, su. Se scendono fra poco, aspettiamo anche gli altri del vostro "piano", così lo raccontiamo meno volte.> decretò Sofia, alzandosi, invitando i nuovi arrivati a sedersi.

<Sì, arriveranno fra poco. Se non vi dispiace, vorrei intanto farmi un po' di tè per svegliarmi.> asserì Angela.

<Ah, fate pure colazione voi! A stomaco vuoto e insonnoliti non so quanto possiate stare concentrati.> commentò Marie, alzandosi a sua volta e portando il piatto al lavabo.

<Allora mi metterò a lavare i piatti. Sei stato fortunato, la conversazione è rimandata a fra poco. Pensa intanto ad una bella risposta da darci.> Carlo suggerì a Roberto, fissandolo ancora qualche secondo negli occhi. Poi mise una mano sulla sua spalla e lo sorpassò, ma mantenendo il contatto visivo finché poté.

<Che cosa ci fate voi ancora qua? Non che non gradisca la compagnia, ma é strano... E perché Carlo sembrava star minacciando Roberto?> domandò Mario, sbadigliando.

<A tutto questo c'è una risposta, ma dato che ci scocciamo a dirla 300 volte, aspettiamo anche gli altri del vostro piano. Se vuoi un'anticipazione, te la do. Due parole: un bel casino.> rispose Giorgio.

<Sono tre parole.> puntualizzò Maurizio, mentre si prendeva il latte dal frigorifero.

<Senta, precisino-!> iniziò il veneto, ma venne interrotto da Anna: <Sono tre parole, ha ragione. E vuoi davvero contestare una cosa così futile?>

<Certamente!> affermò l'ex repubblica marinara.

<Perché la cosa non mi sorprende affatto?> domandò retorica Rosa, alzatasi per lasciare spazio agli altri. Tanto poteva sempre mettersi comoda arrampicandosi sullo stipite della porta e mantenendosi seduta "in aria".

<Tu non avresti ribattuto?> chiese Giorgio in sfida.
<Io so contare a differenza tua.> asserì la ligure. Francesca trattenne malamente delle risate poco più in là mentre si preparava il caffè.

Prima che si scatenasse il putiferio, entrò Rita sorridente, salutando: <Buongiorno!>

Poi si accorse dell'anormale quantità di gente nella stanza ed aggrottò le sopracciglia.

<C'è una riunione e non lo sapevamo...?> chiese Franco, osservando anche lui la scena.

<Assemblea improvvisata perché sono successi casini. E ora che ci siete tutti voi che ancora vi svegliate ad un orario decente... possiamo parlarne.> decretò Aleksander.

<Bene, perché mi dà tutta l'impressione di essere qualcosa di serio e vorrei evitare di farmi mangiare dall'ansia di prima mattina.> notò Domenico.

<Capisco, il fatto è che questo problema può diventare più su larga scala... e non solo, ma principalmente questo.> commentò Marie.

<Per arrivare dritti al punto> tagliò corto Sofia <Questa mattina, ascoltando il telegiornale, abbiamo scoperto che ci sono delle rivolte violente dei secessionisti dell'Alto Adige, che stanno distruggendo varie proprietà di cittadini di Trento in nome della propria libertà.>

<E questo non è sicuramente un buon segno. Chissà quali svitati faranno idiozie inneggiando di sostenere questa gente.> commentò Rosa.

<E il problema non è finito qui. Non solo ci sono state delle rivolte violente la notte appena trascorsa e questa mattina, sul presto, ma il governo regionale e la polizia postale hanno impedito a post e video a riguardo di circolare da oltre una settimana. É stata una casualità che i video che hanno permesso la diffusione della notizia non siano stati bloccati.> aggiunse Carlo.

<Perciò, non solo ci sono rivolte che possono istigare mine vaganti, ma Bruno stesso ce le ha provate a nascondere! É scappato in camera sua prima che potessimo sapere il perché di questa orribile scelta.> Marie tirò le fila del discorso, incrociando le braccia al petto.

<Non ci credo.> decretò Mario, esterrefatto.
<Apri Instagram o apri Internet e controlla se stiamo mentendo o meno.> lo incoraggiò Anna.

<Hanno ragione, appena vado sulle notizie a tendina di Google, è quella in cima alla lista.> dichiarò Rita, mostrando agli altri lo schermo del proprio cellulare.

<Porca puttana.> disse solamente Francesca, controllando il caffè nella moka.

<Ok, ora capisco perché volevate parlarcene. É un problema serio.> riconobbe Angela, mettendo la bustina del tè nel tegamino con l'acqua calda.

<Ma ancora una cosa mi sfugge... perché Roberto sembrava sotto accusa quando siamo arrivati?> chiese Domenico.

<Ah, quello perchè è quasi certo sia stato lui, con quello che ha detto, a far scattare Bruno e a farlo fuggire. Ok, era già sotto stress a causa di praticamente tutti noi, ma lui ha dato la secchiata che ha fatto traboccare il vaso.> rispose Giorgio.

<Pensavo fossi quello che aveva il migliore legame con Bruno in questa casa...> commentò Franco, per fortuna questa volta non ignorato.

Roberto, fino ad allora rimasto zitto, giocò con le mani in grembo, sentendosi in colpa.

<Avrà anche colpa, ma non bisogna esagerare. Forse era ferito appunto perché pensava di avere un bel legame e neppure lui ne era a conoscenza.> Angela parlò pacata in difesa del piemontese.

<Sì, esatto! Anche il fatto che proprio stamattina aveva mentito quando aveva tossito davanti a me e a Marie, senza poi dirmi la reale causa anche quando eravamo da soli, mi ha un po' ferito. Pensavo fossimo amici.> ammise Roberto, il cuore che gli batteva forte nel petto mentre parlava.

Non riteneva però che fosse perché stava parlando dei suoi sentimenti in generale, cosa che lo metteva generalmente in imbarazzo. Era qualcosa di diverso, di più profondo e che non riusciva proprio a capire.

<Sei davvero sincero? Non sapevi nulla come noi?> indagò Francesca, guardandolo accigliata.
<Sì!> si difese all'istante il piemontese, aggrottando le sopracciglia.

Rita si avvicinò e, guardando dritta negli occhi il settentrionale, chiese dolce: <Te lo chiedo solo per sicurezza, Savo, perché conosco la tua lealtà. Mi giuri che non eri a conoscenza prima di sentirlo dal TG?>

"Magari me l'avesse detto! Avrei sicuramente mantenuto il segreto per lui. Anche se sarebbe stato straziante sapere che stava male e non poter chiedere aiuto. Ma almeno non sarebbe stato solo, sarei rimasto al suo fianco a sostenerlo." pensò Roberto, affermando a voce alta: <Sì. Non sapevo nulla.>

La sarda lo scrutò per qualche lungo istante, poi gli diede un buffetto su una guancia e un bacetto sull'altra. Sorridendo confortante, gli strinse un attimo le mani nelle proprie e decretò: <Ti credo, Savo.>

<Beh, ora rimane solo il problema principale, che magari fosse piccolo. Bruno.> notò Aleksander.
<E le rivolte, no?> aggiunse retorico Maurizio.

<Se riusciamo a parlargli, di sicuro è un passo avanti. Insieme possiamo provare a fare qualcosa, se rimane da solo potrebbe anche diventare vittima dei suoi cittadini.> constatò Sofia.

<Ah, quello non si può contestare. Che qualcuno che possa avere chance di essere ascoltato vada subito! Rimanere in balia dei sentimenti degli umani non è mai una cosa fruttuosa.> concordò Francesca.

<Ah, te sei una esperta.> ironizzò Rosa.

<Non auguro a nessuno di avere la testa spaccata per via dei pensieri contrastanti dei cittadini. Si possono commettere azioni disperate nella speranza di avere pace. Come uccidere in un tripudio di sangue e urla cittadini innocenti sperando di rallentare i soldati di quella città perché la gente di un'altra ti supplica da giorni di poter vincere.> rispose freddamente la toscana, versandosi il caffè finalmente pronto.

<Sarebbe carino evitare uno spargimento di sangue, eh.> commentò a mezza voce Franco.
<Potrebbe arrivare a tanto?> domandò preoccupato Roberto.

<Potrebbe, teoricamente, ferire i suoi cittadini o ferire i nostri o ferire noi o se stesso. Dipende da cosa la pazzia può fargli fare.> notó Sofia.

Il sangue si congelò nelle vene del piemontese, terrorizzato dall'idea che Bruno potesse ferirsi gravemente, se non perfino in maniera irreparabile!, per via della ribellione.

<Io propongo di mandare Roberto, così intanto si scusa pure!> suggerì Giorgio a gran voce.

Il piemontese annuì quasi all'istante, desideroso di andare a parlare con il trentino e scusarsi per l'errore commesso.

"E per confortarlo e abbracciarlo e promettergli che tutto sarebbe andato per il meglio, baciandogli la fronte." sussurrò una voce dentro di sé.


Si spaventò.

A cosa aveva appena pensato?!

Abbracciarlo stretto al suo petto come se ne dipendesse la sua vita. Accarezzargli con cura i capelli dicendo sciocchezze nel suo orecchio per calmarlo. Giocare con il suo zigomo con il pollice e baciarlo in fronte per calmarlo e promettergli di stargli accanto.

Non era assolutamente da sé!
Nulla di tutto quello!

Certamente era pronto a confortare al meglio delle sue limitate capacità chi gli era caro. Ma quella maniera era così intima e dolce che lo spaventò in maniera orribile. Cosa gli stava accadendo? Quei pensieri...

<Posso venire anche io?> propose Anna.
<Sei dolce e premurosa, Anna, ed è un gesto nobile, ma non so se si sentirà a suo agio Bruno.> notò Sofia.

<Io ho un bel legame con lui, anche se forse non sembra! In fondo stava iniziando a parlare quando gli sono andata vicino e gli ho dato sostegno. Puoi essere anche un santo, ma se una persona è scossa e non hai un legame con essa, quest'ultima ti rifiuterà.> puntualizzò giustamente la romagnola.

Quella constatazione tirò Roberto fuori da quei suoi pensieri che lo preoccupavano sempre di più. Qualcosa di più bruciante sostituì la paura.

Ancora una volta si chiese, trattenendo a malapena uno sguardo inceneritore, da quando in qua la ragazza avesse un legame così speciale con Bruno.

Pensava di essere più in intimità con il trentino di lui? Nonostante tutte le ore che avevano passato a parlare di frammenti vaganti di sé, confidandosi? Nonostante tutte le piccole particolarità che sapevano dell'altro? Nonostante tutte le gentilezze che si mostravano solo fra loro due, quando erano soli? Nonostante tutti i piccoli momenti che parevano fuori dal mondo che avevano condiviso?

Anche con tutto questo fra di loro, la romagnola era più in confidenza di lui con Bruno? Cosa le dava il diritto o il potere di pensare di essere ciò?!

Non odiava Anna, no, era una brava persona... ma si sentiva estremamente attaccato dalla possibilità che lei si potesse frapporre fra loro due.

Ma a quale legame potrebbe mettersi in mezzo da preoccuparlo così tanto?

Ancora una volta l'ansia montò dentro di sé, terrorizzato in un angolino che potesse essere simile ad un doloroso e familiare sentimento, se non proprio quello o perfino più evoluto! C'era realmente la possibilità che fosse-?

<Andiamo allora, Roberto?> gli chiese Anna.
Il piemontese fu tirato fuori dai propri pensieri e osservò la romagnola qualche istante, neutrale, prima di annuire.

<Sì, andiamo.> acconsentì il settentrionale.

•~-~•

Ormai la stanchezza stava predominando la frustrazione e Bruno non aveva le forze per alzarsi dal pavimento freddo.

Appoggiandosi con la guancia e non più con tutto il volto sul cuscino, si rannicchiò e tenne chiusi gli occhi, tentando di compiere lunghi respiri.

Hans era tornato silenzioso, almeno quello!, ma era stato sostituito da un leggero ma fastidioso mal di testa che principalmente lo colpiva alla tempia destra.

"Sarà per il pianto o per le proteste? O entrambi? O quegli stronzi immortali che comandando tutti e mi odiano? Oh beh, dubito lo saprò con certezza. Spero passi." pensò Bruno.

Ringraziò che il freddo del pavimento aiutasse a non pensare troppo al mal di testa. Inoltre, nel suo gelido abbraccio si sentiva un po' più a casa, come quando correva con abiti mediamente leggeri quando c'erano pochi gradi sopra lo zero.
Una piacevole scarica d'adrenalina lo attraversò e in tutto il suo corpo i suoi recettori del freddo si attivarono, agendo contro le basse temperature. Lo faceva sentire vivo e gli piaceva farlo appunto per quello: si sentiva più vicino alla realtà da cui si era sempre sentito separato a causa di una barriera trasparente ma possente.

"Tutto può farmi male, proprio come un tempo... E io che pensavo di averlo superato. É anche vero che rispetto a prima c'è anche l'amore. Ha ragione chi ha detto per primo «Ah, l'amour, una gran fregatur.». Soffri per qualcuno che molto probabilmente neanche ti ricambia, eppure non riesci a non volergli stare accanto." ragionò mentalmente.

Un triste sorriso gli comparve in volto e sussurrò: <Chiamatemi Bruno il Masochista, mi si addice molto.>

Fu tirato fuori dai suoi pensieri dal rumore della maniglia che veniva abbassata più e più volte, mentre la porta rimaneva chiusa. Poi quel qualcuno là fuori bussò alla porta qualche volta prima di chiedere: <Bruno? Bruno, ci sei? Ti vorremmo parlare.>

Riconobbe subito la voce come quella di Anna, dolce e di medio tono.
Il biondo alzò la testa, si mise a sedere, la testa pesante e che reclamava il morbido cuscino, e sfregò piano un occhio.

<Non voglio essere sottoposto ad un altro interrogatorio con tutti voi a guardarmi e giudicarmi, molte grazie.> rispose il trentino schietto, il tono prettamente algido.

<Non ci siamo tutti, siamo solo noi due, Roberto ed Anna.> ribatté Roberto, intervenendo, sperando di poter entrare.

<Davvero?> chiese il mezzo germanico, a mezza voce, titubante.
<Sì, davvero.> asserì Anna.

I due fuori dalla porta sentirono dei passi e poi lo scatto di una chiave. La porta si aprì e davanti a loro si palesò Bruno.

Il piemontese percepì il petto comprimersi, a vedere come era ridotta la regione davanti a sé e la sua mente riusciva solo a ripetergli "Colpa tua".
Aveva gli occhi rossi e gonfi, il naso arrossato, le guance segnate dalla scia seguita dalle lacrime, lo sguardo basso e colpevole. Inoltre, con la postura rannicchiata con cui era venuto ad aprire, appariva ancora più piccolo di quello che già era.

Quel desiderio pericoloso e spaventoso si fece vagamente più forte di prima nella mente dell'ex sabaudo.

<Possiamo entrare?> chiese la romagnola, dolcemente.
Il trentino annuì e li lasciò entrare, chiudendo dietro loro due di nuovo la porta.

<Sedetevi dove preferite... O state in piedi, non so, come vi piace di più.> propose vago il biondo, evitando il loro sguardo.

<Possiamo sederci vicino a te?> domandò Anna.
Il più basso annuì una seconda volta, andando a recuperare il cuscino da terra e poggiandolo sul letto, dove si sedette circa al centro.

La romagnola si sedette alla sua destra e il piemontese alla sua sinistra.

<Hai... sfogato un po' di emozioni negative contro quel cuscino?> indagò titubante Roberto, provando a guardare in volto l'altro.

<Sì... è per caso un problema?> chiese freddo Bruno, stringendo però le mani a pugno e fissando le proprie ginocchia. Non desiderava agire così, ma in qualche modo doveva difendersi. E se sarebbe servito provare ad agire come la fredda bambola ambulante che era vario tempo prima, che fosse così.

<No, chiedevo. Mi sembrava molto la scena di quando vedevo certi signori infuriarsi e, per mantenere un minimo di contegno, buttavano il cappello a terra, poi lo calpestavano e infine lo riprendevano, andandosene. Poveri cappelli, molti erano di buona fattura.> raccontò l'ex-sabaudo, abbozzando un vago sorriso, enfatizzando qualche parte del discorso.

Per il semplice fatto che era lì a raccontargli un aneddoto, con quel sorriso impacciato che gli creava una tenera fossetta sulla guancia sinistra, a cercare di distrarlo, l'ex austriaco avrebbe tanto desiderato mostrarsene felice. Ma il dolore delle parole di prima e la speranza di potersi proteggere lo costrinsero a mantenere le labbra in una sottile linea chiusa.

<Oh, non ci sto!> asserì Anna, attirando l'attenzione su di sé <Non ci sto a te che giochi al gioco del silenzio, Bruno, proprio no. Ti voglio troppo bene per lasciarti da solo in una situazione così complicata.>

La romagnola prese per il mento il biondo e gli alzò il volto, fissandolo dritto negli occhi.

<Ci preoccupiamo. E mi dispiace se ti abbiamo fatto sentire in trappola. Ma abbiamo paura che possa espandersi e tu ce l'hai tenuto nascosto. Ci ha fatto diventare diffidenti. Lo sai anche te, la vita non è semplice. Appena viene incrinata la fiducia si va sul difensivo.> spiegò la ragazza, determinata, ma senza cattiveria.

<Lo so. Mi volete per caso cacciare di casa?> domandò senza traccia di ironia il trentino.

<Cosa?! No!> esclamò Anna <Tutto il contrario, vogliamo che tu ti possa fidare di noi e spiegarci le tue motivazioni! Desideriamo soltanto capire e aiutarti, starti vicino.>

Con delicatezza, la romagnola prese le mani del biondo fra le proprie e le strinse leggermente, a dargli conforto.
Bruno la osservò attentamente in volto, lo sguardo distante, ma le labbra lo tradivano, contratte come erano.

Da un lato avrebbe voluto soltanto fidarsi, erano una famiglia. Strana e spesso incoerente, ma sempre di famiglia si trattava.

Dall'altro, era spaventato.
Poteva davvero fidarsi?
Per dare una risposta esaustiva ed essere sincero avrebbe dovuto raccontare di Hans.
C'era la possibilità che gli credessero o lo avrebbero solo reputato un pazzo?
Aveva la fondata paura che succedesse la seconda opzione.

Inoltre, le parole del piemontese di prima ancora gli suonavano cristalline in testa, quell'odio che come un pugnale si rigirava nel suo cuore.

Perché era lì, a provare a parlargli?
A farlo sorridere?
Perché lo stava osservando con tale intensità?
Sentiva bruciare sulla nuca come il Sole d'estate lo sguardo castano del suo amato.

Decise di optare per la strada più sbagliata, ma che pensava potesse dargli più sicurezza.

<Davvero? Non pensate che io sia soltanto un bugiardo che non potrebbe mai dire la verità?> domandò retorico Bruno, togliendo le mani dalla presa gentile della ragazza.

<No, assolutamente! Hai avuto le tue motivazioni per mentire, azione che facciamo tutti!> ribatté Anna.

Il biondo tornò con lo sguardo alle propria ginocchia, deciso a rimanere rinchiuso nella sua solitudine auto-indotta.

<Mi dispiace.> confessò Roberto a mezza voce, osservando il trentino. Quest'ultimo lanciò una breve occhiata a sinistra e il suo cuore perse un battito a intravedere quello sguardo così dispiaciuto e dolce e profondo, tutto insieme. Dovette usare tutto il suo autocontrollo per tornare a fissare le proprie gambe e non cedere per quelle due paroline e un'occhiata efficace.

<Non volevo dire quel che ti ho detto in cucina, non lo pensavo lì prima e non lo penso qui ora.> asserì il piemontese.

<Eppure l'hai detto, qualcosa significa.> ribatté Bruno.
<Significa che ho un istinto di merda, ma questo già lo sapevo. E significa che ci tengo a te.> rispose l'ex sabaudo con sicurezza.

Il biondo alzò la testa e osservò con vago stupore e confusione il castano, che lo guardava con determinazione.

<Significa che ci tengo a te perché mi ha ferito non esserne a conoscenza. Pensavo e penso tutt'ora abbiamo un buon legame, in cui io mi posso confidare con te e tu puoi fare la medesima cosa con me.> spiegò il piemontese.

Il trentino lo ascoltava attentamente, affascinato dalla sicurezza e sincerità con cui l'altro stava parlando. Nonostante lo sguardo serio e la postura eretta, la voce ferma era tinta da una nota dolce e confortante.

<Mi ha ferito vedere la notizia al telegiornale e come tu l'abbia nascosta a tutta l'Italia. Ma quel che mi ha fatto più male è come tu l'abbia nascosta a me, a Roberto, non alla regione Piemonte. Stavi soffrendo da una settimana e io non ne sapevo nulla. Sono andato avanti come sempre con la mia vita, quando avrei potuto starti accanto, consapevole della tua situazione, e aiutarti o almeno darti conforto. Perché ci tengo a te.> proseguì Roberto. Il cuore gli batteva forte e si sentiva in qualche modo nudo a parlare con così onestà dei suoi sentimenti, specialmente in presenza di una stupita ma muta Anna.

Il biondo percepì il proprio stomaco in subbuglio alle parole dell'altro, gli facevano sperare in quel qualcosa che dubitava potesse esistere.

<E dato che ci tengo a te, ti chiedo scusa con tutto il cuore. Se c'è qualcosa in particolare che vuoi che faccia per te, la farò. Non voglio perdere il mio legame con te perché ho un impulso distruttivo.> concluse e promise Roberto, in una sincerità quasi disperata.

Bruno rimase muto davanti quelle parole, le labbra leggermente aperte dallo stupore, il cuore e la mente in totale confusione, prede facili dei suoi sentimenti.



N/A: Roberto è un po' uno stupidotto a volte, ma ci tiene, su :3
E verso la fine abbiamo un esemplare di Bruno mezzo in preda ai suoi sentimenti davanti crush.

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