39. Die Befreier
N/A: capitolo lungo perché sì, succede.
Commentate, stellinate e buona lettura!
Era passata una settimana e la situazione era la stessa: la gente protestava nelle città, chi pacificamente, chi con qualche esaltato che creava scompiglio.
E così alcuni di loro ci rimettevano.
Bruno non sapeva più che fare, aveva solo tanta voglia di sbattere la testa contro il muro. E quella mattina sarebbe stata anche una buona idea, si diceva, dato che i loro capi avevano indetto un incontro con presenti anche il presidente della Camera dei Deputati, quello del Senato, il premier e il presidente della Repubblica. Ci sarebbe stato giusto qualcuno e non aveva alcuna voglia di quella riunione formale.
Inoltre era assolutamente conscio che gli umani l'avrebbero accusato di tutto: come se lui avesse voluto tutto quel problema! L'unica cosa positiva era la piega che la sua relazione con il suo amato aveva preso ed era una cosa che non si sarebbe mai aspettato in una simile situazione!
Si mise davanti allo specchio, si osservò respirare lentamente e assumere la sua espressione neutrale.
Eccolo, il re dei ghiacci; la parte di sé che tanto odiava seppur fosse così utile.
Si stupì ma non troppo quando il suo riflesso si modificò e gli apparve davanti Hans, che sorrideva beffardo.
«Sembri pronto ad andare in guerra.» commentò con tono leggero.
<Perché è praticamente così. E tutto questo è colpa tua.> ribatté Bruno.
«Ne sono onorato! Mi piacerebbe farmi vedere da quegli umani e farmi beffe di loro! Peccato che non ci saranno specchi in cui comparire.» si lamentò l'altoatesino.
<Meno male! Figurati che casino succederebbe se gli umani ti vedessero! Non crederebbero mai tu sia lo stronzo parassita che sei. E troveresti un modo per irritare tutti.> notò il trentino.
«Ovviamente! Quanto vorrei stuzzicare il presidente della Repubblica, è un tipetto molto più incazzato dei due precedenti.» ridacchiò il secessionista.
<Lo so. Meglio che tu sia un fastidio solo per me.> notò la regione.
«Che palle...» si lamentò il sud tirolese.
Qualcuno bussò alla porta della camera.
<Posso entrare?> chiese dolcemente la voce di Roberto.
Bruno distese l'espressione in volto, sorridendo leggermente, e rispose: <Certo, entra pure.>
«Io vado, ciao ciao~» lo salutò il suo tormentatore.
Il piemontese entrò in camera del fidanzato, già vestito con abiti formali e i capelli lasciati al loro stato brado.
<Ciao, stai bene?> chiese, avvicinandosi al più giovane.
Questi gli venne incontro, lo abbracciò e appoggiò la testa sulla sua spalla. Sospirò e rispose: <Snì. Hans mi ha appena fatto uno dei suoi simpatici saluti e ho ansia. Gli umani faranno presto a puntarmi il dito contro e a fare la stessa cosa al mio capo. Bel modo per iniziare dicembre.>
Il castano lo strinse e gli accarezzò i capelli ancora scompigliati, indeciso su cosa dire di preciso.
<Non arrovellarti, brazedèl. È così e basta.> sospirò Bruno.
<A me dispiace. E mi preoccupo per te. Se potrò, proverò anch'io a rispondere alle sue accuse.> asserì Roberto.
<Amore, te non sei un attaccabrighe, non sei capace come altri di intrometterti nei discorsi. Anche se apprezzo il pensiero.> il biondo lo ringraziò.
<Vada come vada la riunione, appena finisce usciamo da quell'Inferno e passiamo il resto della mattinata in giro, solo noi due.> promise l'ex sabaudo.
<Cosa vorresti fare? Passeggiare mano nella mano sul Corso mentre siamo vestiti come due venditori porta a porta?> domandò retorico il trentino.
Il piemontese ridacchiò e rispose: <Sì, se appariremo così, sì. Voglio solo farti distrarre un po' facendo una tipica cosa da fidanzati.>
<Non vedo l'ora.> affermò il più basso.
Roberto sorrise e, giocando con qualche ciocca altrui, chiese: <Vieni con i tuoi capelli al naturale? Mi sorprenderebbe.>
<Certo che no. Devo andare a metterci su il gel.> rispose risoluto Bruno.
<Peccato, stai bene anche senza.> commentò il piemontese, arricciandosi una ciocca sul dito.
Il biondo si scostò leggermente, lo baciò a stampo e disse: <Ci tengo ad essere curato e abbiamo poco tempo, non voglio sentire nessuna strigliata perché ho ritardato di due secondi.>
<Hai ragione pure tu.> abbozzò un sorriso il piemontese.
Poco dopo, chi era ancora in casa si radunò in soggiorno.
<Chi non è qua, dov'è?> chiese Carlo, sistemandosi per l'ennesima volta il polsino della camicia.
<Sono usciti questa mattina sul presto. A quanto pare volevano bere qualcosa per consolarsi della giornataccia che sarebbe venuta.> rispose Sofia.
<Beh, almeno ci stiamo tutti sullo scassone di auto. Spero per loro siano in qualche modo riusciti a cambiarsi, perché altrimenti a nessuno di loro la strigliata è risparmiata.> notò Carmela.
<A saperlo, mi sarei aggiunto anche io. Qualche birra per prendere coraggio non sarebbe stata una cattiva idea.> commentò a mezza voce Bruno, ricevendo quasi subito una schicca sulla spalla.
Si girò verso la sorgente e vide un imbronciato Roberto osservarlo, come a sgridarlo. Il più giovane incrociò le braccia, sostenendo: <Il presidente della Repubblica è uno stronzo: con qualche birra in circolo sarei stato più accomodante.>
<No, solo un po' alticcio.> ribatté il piemontese, voltando la testa.
Spalancò gli occhi ed afferrò al volo le chiavi che gli erano state lanciate da Maurizio. Le guardò un attimo perplesse.
<Mentre voi due facevate la vecchia coppietta sposata, noi abbiamo deciso che guidi tu.> spiegò il marchigiano.
<Ma non mi avete neppure interpellato.> sospirò l'ex sabaudo, sapendo fosse inutile ribattere. Era la Fiat Multipla, ergo toccava a lui perché la Fiat era torinese. Girò la chiave in modo da impugnarla per inserirla nella sua fessura e si diresse all'uscita.
Salirono su quell'auto dal gusto estetico molto opinabile e andarono alla volta di Roma, abbastanza tranquilli perché Roberto, eccetto qualche rarità, guidava secondo il codice stradale. Bruno si godette il viaggio nel posto affianco a quello del guidatore, evitando però di coccolarlo data la presenza degli altri. Si concentrò sulle risposte da dare alle possibili accuse che gli umani avrebbero potuto rifilargli sotto forma di domanda.
Arrivarono anche troppo presto, per i suoi gusti. Però tutti quelli arrivati con l'automobile, si stupirono di vedere l'altro gruppo già nella sala d'entrata, che conversavano con i rispettivi capi e anche con altri.
<Oh, eccovi.> si accorse per prima Anna, sorridendo dolce e subito arpionando la gemella. Aveva bisogno del suo aiuto per sopportare quegli umani. Anche perché era sicura che più di una volta un maiale le avesse fissato il seno e anche a lungo. Sperava che con la presenza della sorella, dallo sguardo raggelante, quello là smettesse.
Bruno si diresse verso il sindaco di Bolzano (il rappresentante nei suoi territori si sceglieva fra il sindaco di Bolzano e quello di Trento a rotazione. Caso volesse che in quel momento l'ago della bilancia pendesse su Bolzano), che stava parlando con Aleksander e il suo capo. Si avvicinò e li salutò.
Ben presto però il presidente della Repubblica, che solitamente prendeva in mano le redini di quelle riunioni, decise fosse l'ora di iniziare tale riunione.
Il trentino entrò con il cuore in gola e si sedette al proprio posto, avendo come sempre alla destra il suo capo. Il sindaco di Bolzano gli sorrise amaramente, come a scusarsi di quello che sarebbe accaduto dopo.
<Mi sono preparato mentalmente qualche risposta da dare in caso di accuse.> disse a bassa voce Bruno all'uomo.
<Oh, ce ne sarà bisogno, c'è aria di guai. Proverò anche io a difenderci, anche se penderei di più per lanciare il bicchiere che ho qua.> commentò nello stesso tono il sindaco, facendo abbozzare un breve sorriso alla regione.
Il presidente della Repubblica, al suo posto, si alzò in piedi e asserì: <Decreto la riunione come iniziata. L'argomento è le rivolte compiute nelle ultime settimane da cittadini simpatizzanti per i "Die Befreier*", come si fanno chiamare ora questi scellerati.> ("Neanche leggerlo giusto, miseria" pensò Bruno) <Quali sono le vostre proposte per arginare il problema?>
[N/A: *Die Befreier= i liberatori.]
Il rappresentante della Toscana si alzò e rispose: <Sicuramente il modo in cui bisogna agire deve essere nazionale, non ci si può permettere di affidare tutto alle autorità regionali, altrimenti si creerebbe all'istante una disparità nei territori. Personalmente, ritengo che il metodo migliore sia il divieto di proteste con tale scopo.>
Nonostante vari umani per la sala guardarono con approvazione la sua proposta, Sofia all'istante si alzò e ribatté: <Nonostante condivida l'idea di agire su piano nazionale in modo unitario, trovo che questa idea sia da scartare assolutamente. Limiterebbe la possibilità di riunirsi e associarsi e la libertà di opinione del cittadino, andando contro gli articoli 17 e 21 della Costituzione. Si aggrapperebbero principalmente al secondo articolo che ho citato, criticando il Governo attuale come un regime totalitario e passeremo dalla parte del torto nell'opinione pubblica.>
<Però è anche vero che è lecito riunirsi solo pacificamente.> contestò il presidente del Senato.
<Non arrivano in piazza e strade con armi, tutt'altro. Vanno con cartelli e striscioni come tutte le proteste pacifiche. Molti forse lo fanno persino in buona fede. Sono pochi i soggetti che seminano il panico e lo scompiglio con azioni contro la sicurezza pubblica.> intervenne la rappresentante delle Marche <Posso assicurarlo perché ero presente quando si è verificata la protesta ad Ancona.>
<Però noi dobbiamo fermare tutti, non possiamo sapere a priori chi è buono e chi è no.> notò il presidente della Camera dei Deputati.
<Però è chiaro che non possiamo agire con la repressione. Scatenerebbero il caos perché troverebbero un modo per raggirare il problema, come all'inizio di questa situazione.> constatò Giuseppe, incurante delle sue parole finali e del potere che potevano avere.
Gli occhi del presidente della Repubblica brillarono di una luce crudele che non passò inosservata a Bruno. L'uomo si rialzò e, fissando nella sua direzione, commentò con tono quasi casuale: <A proposito dell'inizio di questa situazione, ora che siamo tutti qua riuniti, si può sapere come mai si è provato a nascondere la notizia?>
Bruno strinse per qualche istante le mani a pugno sotto il tavolo e si alzò, serio, ma desideroso di schiacciarlo totalmente. Rispose con calma: <L'idea è stata totalmente mia. Ho sottostimato la situazione e ho sopravvalutato le mie capacità di gestirla. Non volevo si creasse panico per qualcosa che ritenevo di poco conto. Purtroppo non è stato così, è peggiorato. Abbiamo provato con le "buone", mai con le cattive, ma non oso immaginare come sarebbe andata la situazione nei miei territori se avessimo agito col pugno di ferro. Hanno tentato di far saltare la stazione di Bolzano perché non volevano un accordo pacifico fra le due province. Hanno provato a bruciare il comune di Bolzano perché lui giustamente si era opposto all'idea della secessione.> indicando alla fine il proprio capo.
<Però è da lì che è partito tutto. Mi sembra logico che nell'epicentro ci sia stata così tanta violenza. Nelle altre città il danno è ancora contenuto e secondo me con un po' di durezza capiranno che devono abbandonare l'idea.> ribatté il rappresentante della Sicilia, facendo girare il capo di scatto a Giovanna, che lo guardò con una faccia traducibile solo con "Ma sei scemo?!".
<Forse sarà logico, ma è premonitore di quello che può accadere in altri posti. E anche solo circoscritto, fa paura a chi lo vive. I miei cittadini vicino al confine con i suoi territori hanno avuto fin da subito il timore di ricevere anche loro simile trattamento, nonostante per la maggioranza confinassero con la provincia di Trento.> contrattaccò verbalmente Giorgio.
<Cosa dovremmo fare? Aspettare? Il popolo vuole che lo Stato faccia qualcosa. Ora. Non c'è una scelta senza lati negativi, dobbiamo scegliere quella meno peggio. E se la violenza sarà la migliore, sarà la scelta definitiva.> li provocò il premier.
<Non possiamo più aspettare, ma possiamo rispondere in modo subdolo.> iniziò Franco, alzandosi, le mani che si trattenevano dal giocherellare con un elastico fattosi prestare da Rita prima di entrare lì.
<Non abbiamo servizi segreti come la CIA.> lo schernì il presidente della Repubblica.
Rita era pronta a saltargli addosso e strangolarlo se non avesse smesso di guardare il fratellino con quello sguardo di beffa.
Il molisano ignorò lo sguardo e proseguì: <Il problema è cresciuto perché ha avuto notorietà dopo che è stato nascosto. Noi non nascondiamolo, non apertamente. Diciamo le notizie riguardanti i secessionisti, ma per ultime e brevemente durante i telegiornali. Scriviamole nelle ultime pagine dei giornali e citiamole in piccolo nella prima pagina. Parliamone solo sommariamente in radio. Così, dandogli poca importanza, la gente smetterà di crederci. Perché penseranno che lo Stato sa della loro conoscenza ma non li ritiene pericolosi. E la maggioranza delle volte le persone aderiscono a queste idee per sentirsi gli eroi contro i sistemi oppressivi. Ma loro non sarebbero oppressi o etichettati male. Bensì trattati allo stremo della notizia dei cani periodicamente abbandonati per strada; cioè come qualcosa di poco conto e sempre lì.>
<Si può sicuramente chiedere la collaborazione ai media nazionali e regionali e potrebbe essere una soluzione. O almeno un inizio.> convenne Angela e anche la capa accanto a lei annuì.
<Non agiremmo come hanno fatto loro all'inizio?> domandò il rappresentante del Piemonte, indicando il trentino e il suo capo.
<Quello che ho pensato anch'io. È un modo subdolo di opprimerli, ma sempre oppressione è. Tanto varrebbe usare la forza nuda e cruda per non avere margini di errore.> si aggiunse la capa della Valle d'Aosta.
Sia Roberto che Marie fissarono il rispettivo capo ad occhi spalancati, non aspettandosi tali risposte.
Soprattutto il piemontese maledì internamente il mondo. Dannazione, lui voleva essere dalla parte del moroso, ma il suo capo gli remava contro! E lo accusava direttamente!
<Esattamente, evitiamo di fare gli stessi sciocchi errori.> sottolineò il premier.
Il sindaco di Bolzano si alzò talmente tanto velocemente che il trentino temette volesse davvero lanciare il bicchiere. L'uomo parlò: <Non sarà stata la migliore idea del secolo, ma non c'è nessun motivo di disprezzarla così tanto. Nessuno se lo aspettava e noi volevamo contenere la situazione per il benessere degli altri, è così tanto un crimine?>
<Abbastanza, dato che avete insabbiato tutto.> ribatté il presidente del Senato.
<Io direi più provare a contenere. La veda come una quarantena per le informazioni poco piacevoli provenienti dai miei territori.> rispose a tono Bruno, calcando la fatidica parola. Quell'uomo le aveva sparate grosse durante il periodo covid, anche se era passato più in sordina rispetto altre menti eccelse, era solo uno della Camera, al tempo.
Ma lui non dimenticava, specialmente con tutti i commenti fatti riguardo le scelte di Bolzano e Trento in quegli anni.
<È sempre nascondere tutto. Solo perché siamo in questa situazione è stato rimandato il momento di giudicare l'operato dei comuni di Trento e Bolzano e vedere che sanzione dare.> fece notare il premier.
<I cittadini non c'entrano, non si meritano nessuna sanzione.> ribatté Bruno, quasi offeso.
<Però tu li rappresenti.> asserì il presidente della Repubblica.
Nessun altro aveva coraggio di fiatare, c'era una tensione che era pronta a scoppiare in mille scintille nel giro di poco.
Però Roberto non poteva più sopportare quel litigio in cui era costretto ad osservare il suo moroso incassare colpi anche se provava a difendersi. Si alzò silenziosamente, ma poggiò la mano con forza sul tavolo e si schiarì fintamente la voce.
Occhi dardeggianti e desiderosi di guerra si posarono su di lui, più anche le occhiate sorprese e curiose delle regioni.
Rosa alzò gli occhi al cielo, quasi temendo cosa avrebbe detto l'altro nello slancio di aiutare il biondino.
Il piemontese, sorridendo cortese in modo appena accennato, disse: <Questa riunione è per decidere come affrontare la situazione attuale, non rivangare il passato. Detto questo, la mia opinione è che agire con il pugno di ferro e sopprimere tutto è la scelta peggiore che possiamo fare. Grazie dell'attenzione.> e si risiedette tranquillo, come se nulla fosse successo, sempre con quel cortese sorriso che neanche pareva finto.
Però quando osservò il fidanzato, per un istante, fu genuino.
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Quando la riunione finì con un nulla di fatto, Bruno salutò il sindaco di Bolzano e scattò in bagno a darsi una sciacquata alla faccia.
Oltre che per sfogarsi, dato che era incazzato come una iena. Due.fottute.ore.di.punzecchiature.
Non capiva chi più l'aveva innervosito, fra quei palloni gonfiati. Anzi, lo sapeva: il presidente della Repubblica. Quello stronzetto si sentiva il capo indiscusso.
Beh, sorpresa delle sorprese, se avesse provato a fulminarlo con la sua magia, sarebbe morto come tutti gli umani e a mai più rivederci!
"C'è qualcuno che ti fa incazzare più di me, wow!" commentò Hans.
Il trentino entrò nei bagni, si diede una lavata alla faccia e borbottò: <Nessuno ti ruba il posto, anche se ci va vicino.>
"Oh, meno male! E comunque ogni tanto sarebbe piaciuto farmi sentire, eh! Come si permette di definire le mie genti dei selvaggi?!" si lamentò l'altoatesino.
"Al massimo vuoi dire le mie genti." lo corresse il biondo, prendendo la carta dal dispenser. Si asciugò le mani e si tamponò la faccia. Quando stava per togliersi l'ammasso di carta dagli occhi, qualcuno gli picchiettò sulla spalla.
Ancor di più incazzato (dannate quelle goccioline che si erano infilate nella manica mentre si sciacquava il volto), si girò verso il responsabile con furia omicida... per trovarsi davanti Roberto che lo osservava con preoccupazione.
La rabbia dentro Bruno si acquietò temporaneamente, la presenza del suo brazedèl che lo aiutava molto.
<Sembravi pronto a strangolarmi.> commentò il piemontese, accarezzandogli una guancia timidamente.
<Scusa, io...> provò a dire il biondo, ma il moroso lo interruppe: <Non devi trovare scuse, non con me. Sfogati, piuttosto.>
Lo abbracciò, gli fece appoggiare la testa sul suo petto e gli accarezzò i capelli della nuca poco torturati dal gel.
<Dà sfogo a tutti i tuoi insulti più creativi, io ti ascolto.> lo esortò.
Il trentino lo strinse forte, chiuse gli occhi e, dopo mezzo minuto in cui tentò di rimanere calmo, si lasciò andare e singhiozzò. Maledì quegli umani fra i singhiozzi e lanciò a loro tutti gli insulti possibili che gli vennero in mente.
Dopo svariati minuti si calmò abbastanza da allontanarsi leggermente col volto dalla spalla altrui.
Il castano lo osservò attentamente, lo baciò sulla fronte, estrasse un fazzoletto dalla tasca della giacca, gli tamponò le lacrime sulle guance e infine gli porse il fazzoletto per finire il lavoro.
Bruno lo accettò volentieri e, tenendosi vicino a lui, finì di asciugarsi gli occhi e si soffiò il naso.
<Te lo pulisco io, promesso.> fece, riponendo il fazzoletto di stoffa usato nella tasca.
<Come vuoi tu, ma ora non pensare al fazzoletto. Pensiamo a noi due e godiamoci il tempo insieme, mh?> propose Roberto.
<Sì, andiamocene da qua e godiamoci un po' di sano relax.> accordò il biondo, uscendo dal bagno con al fianco il moroso.
<Facciamo un piccolo giro e poi mangiamo qualcosa?> suggerì il piemontese.
<Va benissimo tutto, a me basta stare con te.> asserì il trentino, prendendolo per mano una volta fuori dall'edificio.
Il castano sorrise contento e gli rubò un bacetto sulla guancia, soddisfatto quando vide il fidanzato arrossire leggermente. Ridacchiò e camminò, deciso ad andare verso le vie principali per la movida giovanile di Roma. Poco più in là dell'edificio della riunione, videro seduti ai tavolini fuori di un bar alcuni dei loro fratelli.
<Ohi, piccioncini, ben ritrovati! Vi eravate persi a pomiciare?> li richiamò Giuseppe con sorriso beffardo.
Bruno ruotò gli occhi e rispose: <Non stavamo pomiciando. E di nuovo al bar? Non ci siete andati anche prima della riunione?>
<Sì, ma c'è bisogno anche dell'auto-congratulazione per non aver spaccato la testa a nessuno.> si intromise Giorgio, che aspettava lo spritz ordinato un po' impazientemente.
<Vi unite o volete fare i fidanzatini? Se volete, sedetevi e appena torna la cameriera ordinate pure voi.> commentò Francesca.
I due si guardarono qualche secondo, indecisi su cosa fare. Il biondo fece vagamente spallucce e allora il castano si vide costretto a rispondere: <Perché no?>
Si presero due sedie e si sedettero. Poco dopo la cameriera arrivò con gli ordini degli altri e loro ordinarono per sé, vagamente ostacolati dal palese flirt di Michele.
<Cinque secondi senza fare l'idiota è così difficile?!> gli domandò retorica Carmela.
<Ma è bella!> protestò il pugliese.
<Ok, ma non ci devi neppure provare con tutte le umane carine esistenti.> notò pacata Anna.
Roberto, che distrattamente ascoltava la conversazione, si stupì quando un paio di labbra a lui note lo baciarono dietro l'orecchio, all'inizio del collo.
<Dopo prometto che stiamo totalmente da soli. E se proprio ce l'avrai con me, stasera mi farò perdonare nel modo che più ti piacerà.> sussurrò Bruno contro il suo orecchio, allontanandosi velocemente da lì tanto quanto si era avvicinato.
Il piemontese non poté evitare di arrossire, il tono allusivo del moroso che gli aveva fatto venire dei piccoli brividi. Voltò lo sguardo verso di lui e disse a mezza voce: <Va bene stare qui per un po', non sono arrabbiato. Non era quello che immaginavo come inizio, ma mi va bene lo stesso.>
<Eddai, ti faccio quell'offerta e tu la rifiuti?> domandò il trentino, recitando la parte dell'offeso.
<Io non ho mai rifiutato la tua proposta.> quasi sussurrò l'ex sabaudo dopo qualche secondo di silenzio. L'ex austriaco lo guardò con interesse e divertimento e poi spostò lo sguardo sulla cameriera puntata da Michele, che veniva al tavolo con le loro due ordinazioni.
La ragazza si avvicinò a loro due, posando ciò ordinato e scusandosi per il "ritardo", come lo aveva definito lei. Il piemontese, gentile qual era, le sorrise cortese, le assicurò che era stata veloce e si scusò piuttosto per essere stati loro ad averle fatto fare un secondo giro.
La cameriera ridacchiò, disse che era il suo lavoro (il tutto appoggiando velocemente una mano sulla spalla del piemontese) e poi se ne andò, il movimento dei fianchi più accentuato di quando era venuta.
<No, ma che cazzo oh!> quasi esclamò Michele, battendo una mano sul tavolino di metallo davanti a lui.
<Ohi, attento! Mi rovesci lo spritz così!> si lamentò Giorgio, prendendosi il suo bicchiere e tenendolo in mano per sicurezza.
<Ah, allora non era parso solo a me.> commentò Giuseppe.
<Non c'è da farne una tragedia.> asserì Rita, fino ad ora rimasta quieta a bersi la sua Ichnusa.
<Io non vi seguo.> decretò Roberto.
<Mio Dio, che tonto che sei. Non mi stupisce che ci hai messo fin troppi decenni per realizzare che Bruno fosse interessato a te.> borbottò Carmela.
<Non sono tonto.> si imbronciò il piemontese.
<Invece sì, perché quella cameriera ci stava provando di brutto con te e tu tranquillamente le stavi dando corda. Dal tuo lato, è sicuramente senza volere. Dal suo... beh, le intenzioni erano chiare.> decretò Mario.
<Ma siete voi che lavorate di fantasia.> borbottò l'ex sabaudo, girandosi verso il fidanzato per avere supporto.
Però il biondo stava fissando con uno sguardo d'odio un punto lontano. Preoccupato, il maggiore gli scosse leggermente la coscia con una mano, per richiamarlo.
Appena Bruno si girò verso di lui, l'espressione si addolcì notevolmente e fece: <Sì?>
<Che stavi osservando?> gli chiese Roberto, girando intanto il dito sua sulla coscia. Si era accorto che quei piccoli contatti fisici stimolavano l'altro a parlare più apertamente.
<Mi stavo assicurando che quella cameriera che ci stava palesemente provando con te si allontanasse a sufficienza per i miei gusti.> rispose schietto il trentino.
<L'abbiamo detto noi!> ridacchiò Mario, mentre Michele incrociò le braccia, offeso.
<Ma non ci stava provando!> ripeté Roberto.
<Ci stava provando eccome. Non si tocca la spalla ad uno sconosciuto in quel modo a caso e sicuramente non se ne è andata palesemente sculettando perché cammina così.> replicò Bruno.
<Uffaaaaaaa.> si lamentò il pugliese.
Anna si sporse e gli diede leggere pacche sulla schiena, commentando: <Dai, su, non è l'unica cameriera carina al mondo.>
<Ma perché doveva provarci lui e non con me?!> s'interrogò il meridionale.
<Che vuoi che ne sappia?> domandò la romagnola.
<Ma siamo a Roma, qua gli umani sono fatti così!> notò il piemontese.
<Ohi, che stai insinuando?> domandò Mario.
<Solo che le tue genti hanno la tendenza al contatto fisico più di quanto per me sia necessario.> replicò l'ex sabaudo.
<Quello concordo.> si intromise Giorgio.
<Savo, tu sei uno dei pochi a questo mondo che sa essere così... come dire... galante, ecco la parola giusta!, solo perché vuole esser cortese. La maggioranza degli umani si comporta in quel modo per secondi fini. O durante un flirt spudorato. Non sei così tanto smaliziato da notarlo, ma noi sì. Fidati, per favore.> notò Rita con tono dolce, quasi confortante.
Roberto sospirò piano e si arrese: <Va bene, avrete ragione voi, ci stava provando con me... Anche se lo trovo difficile per un mucchio di fattori.>
<Comunque, se si avvicina troppo a fare tutta la simpaticona con te le dimostrerò in maniera molto chiara che sei già impegnato.> borbottò Bruno.
<Stai davvero facendo il geloso?> lo interrogò il piemontese, incredulo.
<Ovvio.> replicò il biondo, decidendo di calmarsi bevendo un po' di birra.
<Ma è una umana, non la rivedremo mai più.> ribatté l'ex sabaudo.
<Fa lo stesso, non mi piace che ti ronzi intorno sperando in qualcosa.> asserì il mezzo germanico.
<Vi comportate decisamente come una vecchia coppietta sposata.> decretò Carmela.
<E il buffo è che si sono praticamente sempre comportati così e non ci siamo mai fatti due domande.> aggiunse Francesca.
<Ora posso essere sicuro che nessuno mi farà cadere il bicchiere? Bene.> si auto-rispose Giorgio, riappoggiando il bicchiere di spritz sul tavolo e rubando qualche arachide.
<Le priorità.> ironizzò Giuseppe.
<Certamente.> decretò il veneto.
E continuarono a parlare del più e del meno, anche se quella fastidiosa cameriera tornò altre due volte lì vicino, sempre nella parte dove stava seduto Roberto.
Bruno si stava leggermente innervosendo, anche perché la volta che aveva chiesto se volessero fare un secondo giro di drink aveva di nuovo toccato la spalla del suo fidanzato e con troppa lentezza l'aveva fatto scivolare fino a metà braccio. Quello lo fece scattare. Ora quell'umana lì avrebbe capito che il suo brazedèl era off limits e lui sarebbe stato contentissimo di impartirle tale lezione.
Quando la vide per la quarta volta dirigersi chiaramente verso il loro tavolo, il trentino afferrò il polso al moroso e lo tirò per richiamare la sua attenzione. Il piemontese, che stava parlando, si interruppe subito per lui e si girò a guardarlo, confuso.
<Baciami.> lo esortò l'ex austriaco, determinato.
<Perché?> chiese, preso di sorpresa, il più grande.
<Quell'umana sta per ritornare e mi dà sui nervi come ci stia provando ad attirare la tua attenzione. Facciamole capire che non sei interessato.> spiegò Bruno.
<Se proprio ci tieni, ok.> acconsentì Roberto, che si stava sporgendo per baciarlo velocemente a stampo. Ma il biondo fu lesto, spostò la mano dal polso alla cravatta e lo tirò a sé, appoggiando l'altra mano sulla sua guancia.
Chiuse gli occhi e approfondì il bacio con la lingua, accarezzandogli la guancia e poi portando la mano fra i capelli della nuca. Il piemontese spalancò gli occhi, arrossendo vistosamente (perché qualcuno al loro tavolo stava fischiando in approvazione?!), ma investito dalla dolcezza del bacio si rilassò e si lasciò guidare.
Fu perfino vagamente dispiaciuto quando vari istanti dopo (ma troppi pochi per i suoi gusti) il suo sole interruppe quel profondo bacio. Questi gli lasciò come consolazione un breve bacio a stampo e si allontanò, tornando seduto comodo e ammirando con soddisfazione l'umana fissarli scioccata prima di girare i tacchi e andarsene nella direzione opposta.
<Wow, che spettacolo! A casa siete mooooolto più pudici~> li schernì Giuseppe.
Solo allora Bruno decise fosse un buon momento per arrossire leggermente sulle guance. Incrociando le braccia, asserì: <L'ho fatto solo per scacciare quell'umana.>
<Direi che Savo ha apprezzato da quanto è perso come una pera cotta.> ridacchiò Rita. Al che il piemontese incassò un po' la testa nelle spalle e provò a tirarsi su il colletto della camicia il più possibile.
<Almeno qualcuno qua si diverte e scarica lo stress.> sghignazzò Mario.
<Come se potessi scaricare il nervoso che ho addosso con un bacio.> borbottò Bruno.
<Mi ha stupito che tu non abbia strangolato nessuno durante la riunione.> notò Francesca.
<Il desiderio c'era, quello lo assicuro.> rispose il trentino.
<Però non l'hai fatto perché ragioni e sai che sarebbe stato solo inutile.> specificò Roberto, dandogli velocemente un bacino sulla guancia.
Il biondo mugugnò in assenso e nascose un sorriso bevendosi l'ultimo sorso di birra.
<Siete così teneri da quasi essere stomachevoli.> affermò Carmela.
<Io sono sempre più convinto chi sia la donna nella relazione.> fece ironico Michele.
<Non.c'è.nessuna.donna.nella.nostra.relazione.> scandì il piemontese, seccato.
Inoltre, senza che le fosse richiesto, Rita diede un "calcetto" al pugliese, che si lamentò.
<Te lo sei meritato.> notò Anna.
<Io sono stufo di essere bullizzato.> si lamentò la regione dai capelli lunghi.
<E allora va a casa.> suggerì il veneto <Se vuoi ti do anche qualche calcio in culo, ho voglia.>
Il laziale rise mentre Michele lo guardò a dire "ma sei serio?!".
<Nah, ho voglia anche io di andarmene. Oggi a quanto pare tocca a me cucinare.> affermò Giorgio.
<Non cucinare per noi due, mangeremo da qualche parte qua e ci faremo un giro.> lo avvertì Bruno.
<Non avrete caldo con addosso quella roba?> domandò Mario.
<So usare la magia. Cambiare dei vestiti al volo è una sciocchezza.> rispose il trentino.
<Divertitevi a fare la coppietta diabetica.> augurò Francesca.
<Io speculerò a pranzo.> ridacchiò Anna.
I due fidanzati ormai si erano arresi al non essere stuzzicati.
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Ormai si erano girati tutto il centro di Roma e si erano coccolati pure un po' sulle panchine di un parchetto, protetti dalla magia del più giovane.
Stavano camminando sul Corso mano nella mano, contenti delle belle ore spese insieme.
<È stata una bella idea, dovremmo farlo più spesso.> commentò Bruno, alzandosi in punta di piedi un attimo per baciarlo sullo zigomo.
Roberto sorrise allegro e annuì. Rifletté qualche secondo e poi suggerì: <Se vuoi, quando questa situazione instabile finisce... a me piacerebbe passare un po' di tempo solo con te a Torino. Potremmo stare sempre così, per i fatti nostri... e in una città che conosco come il palmo della mia mano e dove i bus non ritardano di un'ora. Magari tutto questo si risolvesse per Natale, mh? Sarebbe perfetto andare lì per le vacanze. Ti andrebbe?>
Il trentino spalancò gli occhi, sorpreso, ma rafforzò per qualche istante la stretta sulla mano altrui e rispose: <Mi piacerebbe davvero tanto e anche io spero, in un angolino, che tutto si risolva per Natale. In quel caso, ricambierei il favore e ti porterei a Trento durante le ferie natalizie. Anzi, dovremmo partire un po' prima, così potremmo perfino ad andare a Bolzano, girare per i mercatini e goderci poi un bel meritato riposo alle terme!>
Stava fantasticando, ne era conscio, ma l'idea era così bella e piacevole che lo fece sorridere un po' come un idiota.
<Vediamo come si evolve la situazione, ma in ogni caso, quando le acque si saranno calmate, organizzeremo tutto. Andremo sia a Torino, sia a Trento e sia a Bolzano. E se non potremo goderci l'atmosfera natalizia di quest'anno, sarà per l'anno prossimo!> asserì risoluto il piemontese, ma comunque radioso.
Il biondo sollevò le loro mani intrecciate e baciò sul dorso quella del moroso, entusiasta della prospettiva.
N/A: mi scuso per la scena della riunione, ma non è qualcosa con cui ho molta dimestichezza, come tante altre tipologie di scene, quindi mi scuso se sarà risultata assurda.
Se avete idee per renderle migliori, buttatele qui.
Dubito potrò inserirle in questa storia perché i capitoli sono già pronti, ma tutto fa brodo e chissà mai che mi toccherà scrivere altre scene in futuro!
Spero vi sia piaciuto il piccolo momento cute alla fine, ovviamente dopo un Bruno ingiustamente geloso a bestia. Diciamo che c'è un miglioramento perché siamo passati da Carlo ad una umana. Almeno è una minaccia un pelino più possibile, dai.
Commentate, stellinate, che la pace sia con voi nei secoli dei secoli amen e noi ci vediamo al prossimo aggiornamento!
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