37. Parassita

N/A: ciao a tutti; spero abbiate passato dei bei giorni, fra vigilia, Natale e Santo Stefano.
Per quanto mi riguarda, ho passato il 25 e il 26 nell'ozio più puro, decidendo di ignorare compiti per la scuola ed esercizi per i test d'ammissione universitari.

Da oggi mi è toccato ricominciare e probabilmente ciò che avevo organizzato per l'ultimo mi salta, quindi sono piena di gioia oggi.
Vabbè, di più allegro ho questo disegno che ho fatto.

Specialmente Bruno sembra una mozzarellina... E io dovrei anche stare zitta, data come sono d'inverno.

Commentate e lasciate stelline e io vi auguro una buona lettura!


Per alcuni giorni la situazione fu tesa: non vi furono manifestazioni, ma su Internet il verdetto era chiaro: la secessione del Sud Tirolo era accolta favorevolmente e con molto entusiasmo.

Bruno non riusciva a capacitarsi di simile sostegno e l'unica cosa che gli venne in mente di logico fu che dato erano considerati crucchi, il resto degli italiani li volessero fuori dai coglioni. Ma lui non poteva. Erano una parte di sé, non l'avrebbe lasciata, non importava l'insistenza di Hans e dei cittadini. Era altresì vero che non voleva mettere in pericolo i fratelli.

Era combattuto e spesso era trascinato lontano dal mondo reale dai suoi sensi di colpa e conflittualità interna. Per fortuna, il suo moroso era sempre lì per lui, a coccolarlo e confortarlo in tutti i modi possibili. Era come una droga, ne aveva perennemente bisogno. E non gli importava di esserne così dipendente.

Quella sera stavano facendo le caldarroste (quelle castagne erano state conservate gelosamente) e si stava "pacificamente decidendo" cosa guardare tutti insieme. Si era ancora indecisi se rimanere sulle normali reti o sfruttare l'abbonamento Netflix e questo la diceva lunga.

Bruno era riuscito ad assicurarsi una comoda poltrona, reclinandola leggermente, e osservava il litigio ma la testa vagava per altro. Era ancora indeciso su come dividere il comodo mobilio con il fidanzato. Questi comparve dalla cucina con qualche tazza fumante fra le mani. Le distribuì fra varie regioni e se ne tenne una per sé, sorridendo al biondo mentre sorseggiava dalla propria tazza e si avvicinava a lui.

<Non è un po' pesante la cioccolata calda con queste temperature? Inoltre, ci sono anche le castagne.> chiese Bruno.
<Un po' di cioccolata non mi impedirà di mangiarmi le castagne, tranquillo. E potrei bere la cioccolata calda pure in estate, se fosse possibile.> rispose Roberto.

<La cosa perché non mi stupisce?> chiese retorico il biondo, abbozzando un sorriso. Il castano fece spallucce, divertito a sua volta, e commentò: <Beh, mi trascinerò qua vicino un puff su cui sedermi così ti rimango vicino.>

<In realtà volevo usare questa poltrona insieme... e volevo chiederti, almeno finché non è deciso che guardiamo, se ti andasse di sederti sulle mie gambe.> propose vagamente timido il trentino.

Il piemontese strinse le mani sulla tazza e notò: <Mi piacerebbe... ma non ho voglia di sentire commenti.>
<Se hanno qualcosa da ridire o lancio una ciabatta o evoco il mio flauto e li trasformo in una rana per un'ora.> asserì l'ex austriaco, il tono ironico ma osservava l'altro con serietà.

Roberto tentennò qualche secondo, poi annuì e commentò: <Mannaggia a te e ai tuoi occhi blu che mi ipnotizzano.>, senza cattiveria alcuna.
Bruno si mise meglio seduto sulla poltrona, lo invitò a sedersi sulle proprie gambe con un gesto della mano e rispose: <Per una volta allora sono allora contento di averli così.>

L'ex sabaudo si sedette sulle sue gambe e subito venne avvolto alla vita dalle braccia del più giovane e sentì la sua testa appoggiarsi sulla propria spalla. Girò leggermente la testa verso la sua e asserì: <Tu sei bello in tutto e per tutto.>

<Non lo so. È da secoli che vengono apprezzati i capelli biondi e gli occhi azzurri o blu, anche se specialmente sulle donne. Ora anche sugli uomini. In ogni caso, ad avere tali caratteristiche sei automaticamente bello per la società, anche se in realtà potresti essere definito brutto sotto molti altri canoni.> borbottò il trentino, facendo cerchi immaginari sulla pancia coperta del fidanzato.

Il piemontese bevve un sorso di cioccolata e chiese: <Ti senti come se fossi fuori luogo, come se fossi definito bello per casualità o errore?>
<Sì...? Più o meno è così. Come se non fossi davvero bello, ma dato che ho certe caratteristiche non si può dire il contrario.> sospirò il più giovane.

<Mh... è una sorta di sindrome dell'impostore. Ti senti come se quello che hai o ti viene detto fosse sbagliato, perché ti senti che non te lo sei meritato. Ignori i tuoi sforzi e ritieni che i tuoi successi siano casuali e ti svaluti sempre.> spiegò Roberto.

<Un pochino, forse... ma fra i due questa sindrome ce l'hai di più te.> ribatté Bruno.

Il piemontese fece spallucce e rispose: <Chissà. In ogni caso, la possibilità di essere definito bello per molti aspetti è data dal caso: non decidiamo il colore dei nostri occhi o capelli, la forma del naso o della bocca... ma altro si può decidere. Per esempio, tu hai deciso di allenarti e sei in forma. Non mi stupiva molto, quando andavamo al mare insieme, che in spiaggia varie ragazze ti occhieggiassero. Inoltre, scegliamo noi come comportarci con gli altri. E tu... non so bene come spiegarlo, ma hai un savoir-faire che mi attira. Preciso, attento, deciso e chiaro.>

Il biondo affondò la faccia contro la spalla del fidanzato per nascondere come le sue guance stavano diventando velocemente rosse.
<Io avrò pure questi begli occhi, ma tu sei anche fin troppo bravo con le parole.> borbottò e il castano ridacchiò, riuscendo a lasciargli un bacetto sulla testa.

Il più giovane non si mosse dalla sua posizione, vagamente godendosi il profumo altrui. E poteva scommettere che ora quel suo ricciolo era arricciato a cuore, infido sbandieratore dei suoi sentimenti.

<Sol, le mie parole hanno avuto così tanta importanza per te? Il tuo ricciolo è a cuore.> il castano commentò a bassa voce, concretizzando la sua supposizione.

L'ex austriaco si costrinse a rialzare la testa e annuì, borbottando: <Immaginavo.>
<Ohi! Sentitemi!> Francesca richiamò l'attenzione di tutti <Vi va bene vedere "Rocketman"?>
<Di che parla?> domandò Domenico.

<Della vita di Elton John, per una parte, quella più turbolenta. Dall'infanzia fino a quando non prova a riprendersi dalla droga, tipo.> riassunse Carmela.
<No!> gridò Giorgio dalla cucina.

<La sua musica può piacere o non piacere, ma è qualcosa di media serietà, la giusta via di mezzo in questa casa.> notò Vincenzo.
<È un cantante famoso, sarà pieno di scene di sesso! Non ho voglia di rovinarmi le castagne così!> si lamentò il veneto.

<Non ci scommetterei troppo.> notò Anna.
<E perché?> chiese invece Angela, abbastanza scettica al credere esistesse un film del genere senza scene di sesso.

<Perché è gay. Si è quasi sposato una volta e dopo quattro anni di matrimonio con una ha divorziato e si è dichiarato gay, dato che prima aveva detto fosse bisex. Ci sarà sicuramente questa vicenda, ma dato che al pubblico medio una scena di sesso gay è peggio dello stupro...> spiegò Anna, storcendo il naso. Fissò la coppietta e provò ad aggiungere: <Raga->

<Non hai detto nulla di falso, gli umani sono molto strani e crudeli, quando vogliono.> notò Roberto in modo pacato.
<Motivo per cui non abbiamo ancora fatto le normali cose di coppia in giro, dato che potrebbe essere un suicidio.> aggiunse cinico Bruno.

Il castano poggiò una mano su quelle dell'altro e gliele accarezzò, non negando la cosa.

<Va beh, intanto mi avete convinto. E anche se ha la crisi da "oh dio sono gay", tanto ho già avuto Feli quindi credo di aver visto tutto. Peggio di un nano che indossa un vestito da cameriera e se la fa con un idiota che lo crede una tipa non c'è nulla.> asserì Giorgio, arrivando in soggiorno con una bottiglia di vino.

<Io pensavo Lovino scherzasse quando diceva che tutti lo scambiavano per una ragazza.> commentò Michele.
<L'unica che capiva fosse un maschio ma non diceva nulla era Ungheria, a quanto mi ha sempre raccontato.> spiegò il veneto.

<Tu lo hai scambiato per una bambina?> domandò Roberto a Bruno, il quale scosse la testa e commentò: <A differenza di Austria, ci vedevo.>
Il piemontese abbozzò un sorriso e annuì.

<Voi due avete intenzione di restare così tutta la durata del film? Sembra scomodo.> domandò Rosa alla coppietta.
<No no, Bruno mi aveva chiesto di stare così solo per un po'.> rispose l'ex sabaudo.

<E chissà perché proprio così~> sghignazzò Giuseppe, con Michele che accanto a lui annuiva divertito.
Il piemontese li guardò perplessi, mentre alcuni altri ebbero reazioni fra lo scuotere la testa o alzare gli occhi al soffitto.

Michele lo osservò stupito e domandò: <Non ci hai pensato?>
<A cosa? È solo un modo per stare vicini.> replicò Roberto, finendo poi la propria cioccolata calda.

<Ma é ovvio, su! Qualsiasi partner chiede all'altro di fare così pe- AHIA!> si lamentò Giuseppe quando una ciabatta gli arrivò in faccia.
<Bella mira.> commentò Franco, avendo notato l'uso della magia del biondo.

<Sfrutto quel poco di magia che so fare senza flauto.> asserì il trentino. Richiamò a sé la ciabatta e la riappoggiò vicino la gemella, soddisfatto di averli interrotti. Avrebbe dovuto pensarci che qualcuno più smaliziato ci sarebbe arrivato, ma gli potevano dare una vera colpa per aver chiesto all'innocente fidanzato di sedersi su di lui?

Roberto si alzò e andò a poggiare la propria tazza nel lavandino in cucina. Bruno nel mentre si dovette beccare le occhiate e le alzate di sopracciglia eloquenti dei due meridionali, che ignorò facendo loro "sciò sciò" con la mano. Ne aveva approfittato, e allora? Avere avuto il lato b del fidanzato contro certe parti era stato davvero appagante.

Quando il piemontese tornò, il campano e il pugliese smisero con quelle espressioni, per mettersi a farne alcune più volgari, non visti dall'ex sabaudo. Quest'ultimo chiese al trentino: <Come ci dividiamo la poltrona?>

<Di sicuro, alziamo il poggiapiedi e vediamo se stenderci uno di fianco all'altro o uno steso sopra l'altro.> notò il biondo.
<Se vuoi, ti stendi tu su di me, dato che ora mi sono seduto io su di te.> propose il più anziano e l'altro annuì.

Fecero ciò detto e il più giovane si godette il stare felicemente accoccolato al suo brazedèl, che prese ad accarezzargli i capelli ancora vagamente intrisi di gel.
Bruno si alzò solo per prendere la porzione propria e del fidanzato di castagne, tornando felicemente nella loro accordata posizione.

Roberto, una volta finite le proprie castagne, coccolò il moroso e si concentrò di più sul film.

Era passata poco più di mezz'ora dall'inizio della veduta, che alcuni diedero segno di insolita irrequietezza.

Saltò all'orecchio Giorgio, che prese a tossire rumorosamente, un po' piegandosi in due sul divano. Subito il trentino andò in allerta: non si era strozzato, no, era tosse per colpa di qualcos'altro.

<Dio can-! Perché mi fa così male?!> si arrabbiò con voce strozzata il veneto, in mezzo alla tosse.

Sofia, con in mano il telecomando, fermò il film, anche perché notò gesti poco rassicuranti da parte di altre regioni. Si alzò, andò ad accende la luce in salotto e in modo imperativo chiese: <Che succede?>

<Nulla di positivo.> sibilò fra i denti Carmela, appallottolatasi su un puff, la faccia sofferente.
Domenico, solitamente tranquillo, si stringeva dolorante un braccio al petto: era come essere trafitto nel bicipite ancora e ancora.

Mario aveva la testa reclinata all'indietro sul divano e premeva le mani sulle orecchie e tempie, ripetendo qualcosa a bassa voce. Suoni confusi gli rimbombavano da un lato all'altro della testa, creando una cacofonia che lanciava un grido di rabbia.

Bruno si spaventò quando sentì Roberto agitarsi un po'. Si girò e notò che il suo fidanzato aveva gli occhi strizzati chiusi, il naso fuoriuscente sangue e si teneva stretta una mano al petto.
<Roberto? Roberto?> sussurrò con disperazione il trentino, alzandosi dal moroso.

Il piemontese spalancò gli occhi, si mise più seduto, estrasse un fazzoletto di stoffa dalla tasca e si tamponò il naso, mentre rafforzava la presa sulla maglietta, desiderando strapparsela e buttarsi in una vasca di ghiaccio.

<Porca puttana-!> imprecò Giovanna, tenendosi un fianco e con il petto pesante, schiacciato.
<Cosa cazzo stanno facendo?!> domandò con una vaga traccia di disperazione.

<Questa volta non si sono risparmiati.> notò Rita, preoccupata. Si alzò in piedi ed evocò la propria arma magica: un antico bastone da pastore, di legno scuro e nodoso, alla cui cima, invece di curvarsi, si allargava leggermente. Lì vi era avvolta una lamina di ferro su cui era incisa una piccola faccia che rassomigliava la maschera di un mamuthones. Dove erano posti gli occhi, brillavano due piccoli frammenti di ametista che brevemente si illuminarono quando la sua padrona impugnò il bastone.

Lo sbatté con forza a terra e un'onda d'aria a cerchio si diffuse con prepotenza per la stanza, sorpassando le regioni indenni e soffermandosi invece su quelle sofferenti, che furono investite da un calore narcolettico e si appisolarono.

<Grazie.> balbettò il trentino, osservando il fidanzato ora dormire. Notò però qualcosa che lo fece raggelare: un segno rosso vivido sulla clavicola che pareva espandersi al di sotto della maglietta. E non era troppo lontano da dove la mano, ora mollemente appoggiata, prima stringeva il tessuto con forza.

<Gli umani si sono rincretiniti.> asserì Rosa, cellulare alla mano, sfogliando le notizie.
<Questo pare ovvio.> decretò Carlo.
<Cosa hanno fatto a Mimi e mamma?> domandò Giuseppe in un mezzo borbottio, osservando le due sorelle ora assopite.

<Tanta gente ha iniziato a creare scompiglio in tante città diverse e pare tutte più o meno nello stesso momento. Non può essere una coincidenza.> decretò Anna, anche lei che scorreva le notizie con Sofia.

<Si saranno messi d'accordo, i mezzi per farlo li hanno.> notò Franco.
<Oh, è uscito un articolo con tutte le città coinvolte, probabilmente.> annunciò Rosa, che proseguì a leggere: <Allora... Verona, Torino, Latina, Pescara, Potenza, Messina.>

<Beh, tutti gli svenuti sono all'appello.> asserì con acidità Vincenzo.
<Che facciamo?> domandò Marie.
<Risvegliamoli fra poco, sperando stiano meglio, e facciamoli andare in camera affinché si riposino. Se saranno instabili sulle gambe, si faranno aiutare.> rispose Carlo.

Rita poco dopo disattivò il potere e le regioni addormentate si risvegliarono, chi più lì con la testa, chi meno. Intanto avevano letto le notizie e gliele raccontarono. Poi li accompagnarono nelle rispettive stanze e ovviamente Bruno aiutò Roberto, nonostante l'ansia che lo divorava.

Arrivati in camera del più alto, l'altro chiuse a chiave la porta e chiese a bassa voce, dolcemente: <Brazedèl, te la senti di togliere la maglietta? Prima avevo visto... qualcosa che non mi piaceva.>

<Va bene... sento ancora fare male, quindi scusa le smorfie.> acconsentì il piemontese, sfilandosi la maglietta, sofferente in volto.

<Se fai smorfie non è un pro-> il biondo si bloccò nella spiegazione al vedere le condizioni del petto altrui. Gli venne voglia di piangere e sfregarsi il petto fino a ridurlo in un simile stato. Sul petto del castano c'era una sottile ma grande macchia rossa che si estendeva da una clavicola fino all'ombelico, a metà fra un'escoriazione e una bruciatura.
Il diretto interessato abbassò lo sguardo e si osservò, ritrovandosi con il fiato mozzato.

<C'era una ragione se mi faceva male.> riuscì solo a commentare l'ex sabaudo, la voce alta quanto un sussurro.

Il più basso crollò a terra in ginocchio, si prese la testa fra le mani e si rannicchiò su se stesso. Tutto girava e ondeggiava e riusciva ad avere in mente solo le condizioni del petto del fidanzato. Era colpa sua, solo colpa sua. Sicuramente c'entrava la loro relazione, essendo così vicini emotivamente in qualche modo anche le relazioni fra gli umani erano state rese più semplici. Aveva messo tutti in pericolo e ora anche la persona più importante per lui era ferita per colpa sua.

Colpa sua, solo colpa sua, era un mostro, feriva e distruggeva tutto quello che aveva attorno.
Lasciava terra bruciata dietro a sé e sperava pure di essere nel giusto e di poter migliorare.
Era una serpe in seno, un inodore e incolore gas letale, un parassita che lentamente uccideva senza che l'infestato se ne accorgesse.

Non meritava nulla, nulla, nulla.

Un paio di braccia lo strinsero forte.

<Amore, non dire più cose del genere. Per favore.> lo supplicò Roberto, la voce tremolante.
Bruno si costrinse ad alzare la testa ed allentare la posizione a riccio, osservando il moroso. Nonostante fosse ferito, ancora stanco e scosso, era lì a disperarsi per lui.

Non ce la fece più.
Scoppiò a piangere, nascondendo il proprio volto nella spalla del più alto, ripetendo in un mantra la parola scusa.


N/A: la minaccia dei secessionisti si fa sentire per benino e ora anche Roberto vi è finito di mezzo!

Quanto scommettete che Bruno ci perde la testa nonostante le rassicurazioni del suo amato piemontese?

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