33. Cambio irruento

La settimana successiva passò con leggere turbolenze, ma niente di catastrofico era ancora successo, quindi Bruno non si poteva lamentare.

In quei giorni a Bolzano erano state portate avanti solamente proteste pacifiche in piazze e vie (anche se comunque la polizia era presente, per sicurezza).
Fin lì, niente di strano, no? Il problema infatti era un altro: la risonanza che l'evento stava avendo. In tutta Italia sempre più cittadini condividevano i video e sostenevano la causa, commentando come erano solo esaltati coloro che avevano arrecato danni. Anche alcuni politici stavano pendendo a favore della secessione. 

Però, fino a prova contraria, il governo altoatesino era ancora totalmente italiano e non vi era in atto alcuna pratica per cambiare le cose. Tutto ciò, in ogni caso, non aiutava i nervi tesi dell'ex austriaco.

Roberto era la sua boccata d'aria, il suo spiraglio di vita in quell'ammasso confuso e soffocante. In quelle sere, un po' per timidezza, un po' perché avevano paura di farsi sentire ora che gli altri sapevano, non erano più arrivati a quella situazione. Il trentino lo trovò un peccato, perchè era stata un'esperienza intrigante.

(E gli aveva fatto scoprire quanto bene suonasse il suo nome sulle labbra dell'altro, specialmente quando pronunciava la sua erre con il suo occasionale rotacismo*).

[N/A: rotacismo*: difetto della pronuncia della erre, che risulta "moscia" o "alla francese"]

Non significava non avessero fatto nulla di nulla, solamente stavano andando con i piedi di piombo ed erano concentrati sul loro lato emotivo.

Praticamente tutte le loro serate erano passate accoccolati seduti o stesi sotto le coperte e, fra un bacio o una carezza, parlavano. Iniziavano con conversazioni di nulla e finivano, nonostante anche i loro tentativi, a confessare parti di sé.

Il biondo principalmente rievocava tutte le volte che sotto il potere di Roderich si era trovato solo e ignorato, quasi disprezzato. Oppure citava continui assilli e insulti di Hans che più di una volta l'avevano fatto dubitare di sé.

Il castano invece raccontava ricorrenti incubi, frutto delle sue tristi esperienze. Rimembrava momenti dolceamari. Sfogliava vecchi capitoli di sé, ripercorrendo anche tempi molto lontani, legati alla sua infanzia, quieta e solitaria, abbastanza privo di responsabilità e notorietà. Sfogava le sue paure che lo attanagliavano e che minacciavano sempre di trascinarlo a fondo.

Il trentino non riusciva ad immaginare quanto difficoltoso fosse per il fidanzato rimanere in quella relazione, data la sua fobia. Ma sicuramente non perdeva occasione di ripetergli quanto fosse forte, importante e buono. E puntualizzava le sue parole con tante coccole.

Eppure era certo di non poter superare il supporto che il piemontese gli dava: era sempre così tanto, così limpido e così travolgente che ogni volta credeva sempre di più di essere fidanzato con qualcuno che rasentava un angelo o qualche simile creatura superiore.

Le trovava sempre delle serate molto importanti, perché era come fare un passo alla volta verso la parte più profonda del cuore dell'altro. E poi, alla fine della giornata, l'importante era passare la serata insieme al suo brazedèl, l'uno stretto all'altro, godendosi la loro vicinanza. Affrontava il giorno dopo con un migliore umore.

Eppure, le giornate trovavano sempre il modo per rovinare qualcosa.

<Ohi, piccioncini, muovete il culo o- Dio can, cazzo è quella roba?!> esclamò Giorgio, spalancando la porta del piemontese quella mattina.

I due fidanzati avevano vistosi segni rossi e viola sul collo, segno di come era stata spesa la notte precedente, oltre a parlare. Fatto aggravante: l'ex sabaudo era anche senza maglietta, lasciando scoperti i succhiotti lasciati sulle clavicole, lungo lo sterno e appena sopra lo stomaco.

Erano seduti sul letto e il biondo aveva in mano fondotinta e spugnetta, mentre vicino erano appoggiati dei correttori.

<Che hai da bestemmiare? Non che mi lamenti-> chiese Aleksander. Si sporse vicino al veneto e spalancò gli occhi alla scena. Emise un fischio in un apprezzamento sorpreso e commentò: <Fate tutti i santarelli, poi la sera vi divertite e la mattina cercate di nascondere il fatto~.>

Roberto, istintivamente, afferrò la maglietta accanto a sé e se la strinse al petto, sperando di nascondere i segni lì. Bruno ruotò gli occhi e poggiò i due oggetti in mano, desiderando fulminare i due intrusi.

<Di cosa state blaterando?> domandò Carlo, i passi che si avvicinavano.

<Cosa volete fare, un assembramento davanti la porta di camera mia?!> fece retorico il piemontese, vicino all'esasperazione. Il lombardo tanto tenne conto del commento che apparve subito all'ingresso della camera. Alla scena semplicemente alzò le sopracciglia in un moderato stupore, squadrandoli entrambi.

("Non guardarlo, altrimenti- anzi, no! Guardalo! Già, quei segni glieli ho fatti io! Io e io soltanto posso! Ora stagli alla larga! ... Dio, che patetico che sono" pensò il biondo.)

<Cosa c'è da vedere~?> chiese Marie, curiosa.
<Un diabetico e un biondino-crodino che fanno i fidanzatini, scommetto.> borbottò Rosa.
<Lasciateli in pace, poverelli!> li difese Anna. Arrivò alla porta, superò i tre settentrionali lì e si mise a scudo fra loro e gli altri due.

<Ora almeno so perché a loro serviva il tuo aiuto. Sai benissimo come usare i trucchi per nascondere i segni. E sicuramente li hai guidati nel scegliere che prendere.> decretò Sofia, sbirciando la scena da sopra la testa di Aleksander.

<Perché ho dovuto fare io la scoperta? Dio, non vi vedrò più nello stesso modo, specialmente te, diabetico.> decretò Giorgio.
<Potreste uscire o volete un invito scritto?> borbottò Bruno.

<Ah, volentieri me ne vado, anche se la scena non mi si leverà dagli occhi! Tanto vale che quei segnacci li lasciate lì!> decretò il veneto, andandosene. Aleksander fece spallucce e se ne andò.

<Ah, sicuro, così diamo mille motivazioni a qualcuno per tormentarci tutta la giornata a riguardo.> sbuffò Roberto, allentando la presa sulla maglietta. Questa scivolò un po' e lasciò in bella vista tutti i succhiotti lasciati dal partner sulla clavicola e prima parte dello sterno.

<Non ti avrei mai immaginato così passionale.> commentò Carlo, osservando il biondo, ovviamente solo dopo aver posato una lunga occhiata all'ex sabaudo.

"Sì, lo so, è bellissimo, ma smettila di guardarlo, dannazione!" pensò il trentino, geloso come sempre. Rispose con voce atonale: <Non sono solo la mia facciata. E sarebbe gradito avere un po' di privacy, anche se in questa casa è difficile.>

Prima che il lombardo replicasse, la valdostana apparve sullo stipite e, guardando oltre la romagnola, osservò i due sul letto, spalancando gli occhi alle condizioni di entrambi (specialmente del castano). Ridacchiò: <Wow Roby, a quanto pare non sei solo dolce dentro, ma anche fuori.> e poi se ne andò, lasciandosi alle spalle un piemontese tramutatosi in un peperone.

"Assolutamente sì." concordò mentalmente Bruno.

•~-~•

Dopo quell'inizio privo di pace, per la colazione e buona parte della mattinata Bruno si ritrovò con un fastidioso mal di testa. A tratti era più martellante, a tratti più tenue e per alcuni minuti pareva pure scomparire: eppure rimaneva lì, costante. E ciò lo stressava internamente a livelli altissimi. Voleva staccarsi la testa e vivere in un limbo vuoto.

Un veloce bacetto sulla testa da parte di Roberto lo risvegliò dai propri pensieri. Alzò la testa e osservò l'espressione vagamente preoccupata del fidanzato, il quale gli chiese premuroso: <Stai bene? Non hai una bella cera.>

Il trentino sospirò silenziosamente, appoggiò meglio la testa al petto del più alto mentre gli strinse di più la mano per qualche secondo e rispose con un tono stanco: <Credo di avere un po' di mal di testa e ho sonno perché ieri mi sono addormentato tardi.>

<Allora questa sera dormiamo presto.> asserì il piemontese.
<Assolutamente no, adoro restare sveglio per passare il tempo con te.> ribatté il biondo.
<Ma se dormi durante la giornata è peggio, rovini il tuo orologio biologico.> protestò l'ex sabaudo.

<Pazienza, ne creo un altro. E poi è piacevole dormire steso sopra di te.> commentò l'ex austriaco. Sollevò le loro mani intrecciate, diede un bacetto sul dorso di quella altrui e tornò a guardare ad occhi socchiusi la tv, comodamente steso sopra il fidanzato.

In quei giorni, avevamo imparato a fregarsene abbastanza di dei commenti altrui, perché li avrebbero fatti in ogni situazione. Tanto valeva godersi un po' di intimità extra senza sentirsi in imbarazzo. I brevi baci, stare abbracciati e l'uno coricato sopra l'altro era quello che si concedevano in presenza altrui. Non si lamentava, anzi!

Roberto tolse la mano da innocentemente appoggiata sopra lo stomaco del moroso, prese il telefono da una tasca e iniziò a guardare qualcosa. Il trentino non vi fece tanto caso, impegnato a girare il pollice sul dorso della mano altrui intrecciata con la propria. E ad elargirgli tanti piccoli bacetti su nocche, tendini e randomici quadratini di pelle. Era abbastanza silenzioso, quindi gli altri in stanza li lasciavano fare senza problemi.

Si arrese a guardare Modern Family e chiuse gli occhi, il mal di testa che gli stava rosicchiando i nervi e sfondando le tempie. Dio, perché doveva far così male?

Si irrigidì all'istante.
Un brivido che glaciale era dir poco gli passò per la schiena, bloccandolo, e si sentì tirato all'indietro. Strinse con più forza la mano del fidanzato e digrignò i denti, la mente ora lacerata in due e il corpo freddo e distante.

La gola e la bocca presero il sapore acido della bile, che scatenarono un piccolo senso di nausea. Doveva andarsene da lì, dov'era l'aria quando serviva?! Si staccò dal fidanzato, alzandosi un attimo barcollante sulle gambe, e si diresse fuori dalla stanza (verso il bagno del piano terra), cercando di mantenere un passo normale.

Appena fuori dalla stanza quasi corse fino al gabinetto, altre scariche di freddo giù per la schiena, il corpo gelido e difficile da muovere.

Roberto, che lo aveva osservato preoccupato, tornò un attimo con lo sguardo sul cellulare, sperando di trovare un'ultima notizia che spiegasse il comportamento del fidanzato. Ricaricò la pagina un minuto dopo e il titolo della prima notizia lo fece congelare sul posto, il cuore che batteva all'impazzata.

No, no, no-!

La pagina si ricaricò ancora, questa volta con una notizia più agghiacciante di quella precedente.
Aprì il sito, sperando di aver letto o interpretato male. Lesse velocemente e lo assalì la morte nel cuore.

Porca puttana!

Scattò in piedi, terrorizzato.

Bruno, intanto, era crollato a terra vicino al lavandino, la sensazione di vomito fortissima. Si costrinse a ingoiare qualsiasi cosa avesse in bocca, per respirare affannosamente mentre tentava di rialzarsi.

Arrancò qualche passo, ma di nuovo finì culo a terra, vicino il wc. Un'altra ondata di nausea gli risalì l'esofago e questa volta non la fermò. Si sporse con il volto e rigettò quell'acido bruciante e disgustoso, gli occhi strizzati chiusi dal dolore, mentre il mal di testa pareva non lasciarlo.

Quando s'interruppe, respirò di nuovo affannosamente, ma solo per qualche secondo, perché un altro conato di vomito lo avvertì che non era finita. Le mani strette attorno alla porcellana, buttò la testa in avanti e rigettò ancora, questa volta con più violenza di prima. Pensò fosse passata un'eternità quando smise, percependo in bocca non solo la bile... ma anche il sapore ferroso del sangue.

Non ebbe la forza di aprire gli occhi. Rivolse la testa all'indietro, la presa sul gabinetto che si allentava. Tutto, tutto era così distante.
Una sorta di scossa lo colpì e si sentì come trascinato indietro. La paura e la rabbia lo invasero. Strizzò gli occhi e poi li spalancò, urlando mentalmente: "HANS!"

"Lasciati andare, caro. Stai soffrendo! Se continui così, potresti perfino collassare. Ma se lasciassi a me il potere, io non sentirei nulla." spiegò Hans.
"Cazzo c'entra?! È sicuramente colpa tua se sono così! Non ti darò il controllo, sarei cretino a farlo." promise il trentino.

"Oh, non mi lasci altra scelta." commentò il secessionista.

La sensazione che seguì fu uguale a quella di essere pugnalato nello stomaco e spinto verso la lama. Emise un verso strozzato di dolore e fu strattonato indietro. Aprì gli occhi subito dopo, il dolore scomparso. Però non era più nel bagno, bensì in quell'orribile stanza bianca in cui era già stato una volta.

Il terrore lo colse.

‹HANS! FAMMI TORNARE FUORI!› gridò Bruno con tutto il fiato che aveva in gola.
Hans, nel mondo reale, ruotò gli occhi e commentò: <Perché dovrei? E non rovinarmi questo momento, sono appena tornato a dove appartengo.>

Mosse piano, in modo calcolato, il polso e la mano. Apparve così nella sua mano un flauto. Il flauto della regione.
‹Come hai fatto?! Quello è mio!› domandò imperioso Bruno, andando verso lo schermo e immergendovi una mano.

<Ho imparato una cosa nei tanti piccoli momenti in cui riuscivo a comandare in simbiosi con te il corpo...> iniziò Hans, sciacquandosi velocemente la bocca dal saporaccio.

Poi si portò la boccola del flauto alle labbra e suonò qualche nota. Intanto continuò il discorso mentalmente: "E cioè che, con il metodo giusto, posso anche trattenere le tue abilità, non solo il tuo aspetto."
‹C-Come è possibile che hai comandato in simbiosi con me?!› chiese esterrefatto il trentino.

Intanto, l'altoatesino nella realtà smise di suonare, dato che aveva finito di creare una barriera protettiva attorno il proprio corpo.

"Mentre eri perso con il tuo fidanzatino malato o a farti i cazzi tuoi, io riuscivo ad infilarmi nel ruolo di comando, ma senza scacciarti! Potevo fare piccoli gesti e farteli passare come tuoi! Fantastico, no?" spiegò allegramente Hans, uscendo dal bagno trionfante e andando verso l'ingresso di casa.

<Bruno-!> lo richiamò Roberto, sfrecciato via dal soggiorno, osservando confuso il biondino. Notò quasi all'istante che qualcosa non andava e subito risaltarono quelle iridi color del ghiaccio, distanti e fredde. E quel vittorioso ghigno accresceva solo il senso di disagio.

<Hans.> sibilò con veleno, stringendo le mani a pugno.
<Non ti si può nascondere nulla, principino.> ridacchiò il secessionista.

Roberto si lanciò contro di lui o almeno tentò, perché una barriera attorno a lui lo sbalzò all'indietro con una scossa. D'istinto mezzo strillò dal dolore e si tenne stretta la mano ferita, entrata in contatto con la barriera direttamente.

‹Lascialo in pace, bastardo!› strilló Bruno, furibondo.
"Ha fatto tutto lui." replicò il sud tirolese, che intanto se la stava ridendo di gusto nella realtà.
<Ohi, che succede?!> urlò Rosa, arrivando nel corridoio che portava all'ingresso di casa.

<Hans! Ha ripreso il controllo di Bruno... e a quanto pare ha la magia dalla sua parte.> spiegò il piemontese, osservando quello stronzo ghignare. Non aveva nessun diritto di usare il corpo del suo fidanzato come un pupazzetto.

La sua voce era stata abbastanza alta da farsi sentire anche da chi era in soggiorno e cucina. Intanto la ligure, rinomata per la sua irruenza, evocò le sue due mini falci di argento, le unì creando un'unica, grande falce con una lama ad ogni estremità e provò a colpire il nemico.

L'ex sabaudo stava per urlare di fermarsi, perché avrebbe ferito Bruno, cazzo!, ma la lama si scontrò con la barriera protettiva e anche lei fu sbalzata indietro, sibilante dal dolore.
<Brutto stronzetto.> sussurrò con odio la piccola regione, tenendosi in posizione difensiva, tornando ad impugnare due piccole falci.

<Non possiamo attaccarlo fisicamente. Ha quella barriera che lo protegge.> puntualizzò a voce alta Francesca, già pronta anche lei ad evocare la sua arma.
<Esatto, quindi potreste arrendervi da bravi ratti quali siete e lasciarmi andare via?> propose con tono zuccherino l'altoatesino.

<Col cazzo!> strillò Giorgio, lanciando una carta incantata. Prima che il sud tirolese potesse farci qualcosa, la carta esplose e varie catene ramate andarono ad intrecciarsi davanti alla porta.
<Che grande incantesimo.> lo sbeffeggiò Hans.

<Non sarà il mio migliore, ma di sicuro ha qualche effetto. E come ci avresti chiamati? Ratti? Vediamo se farai così lo sbruffone fra due minuti!> minacciò il veneto, lanciando altre carte contro il nemico.

Questi, ancora con il flauto in mano, riprese a suonare e i colpi scaturiti dalle carte tornarono al destinatario.

L'ex repubblica marinara si salvò grazie ad un portentoso scudo piazzatosi fra lui e il colpo. Il suddetto scudo era sorretto da Mario, il quale fissava l'altoatesino con un odio e serietà insoliti sul suo volto.

<Quasi come un sol corpo, fate tenerezza~.> ridacchiò Hans con un tono fintamente dolce.

‹Lasciali in pace!› gli impose Bruno, anche se non era nella posizione di farlo. Si era intanto staccato dallo schermo e aveva provato ad uscire dalla stanza. Primo muro, nulla. Secondo, ancora niente. Toccava all'ultimo, il terzo... porca puttana nulla!

La risata dell'altoatesino risuonò anche in quello spazio e replicò: "Anche te fai tenerezza mentre provi a difendere questi ratti."
‹Bastardo! Non far loro del male!› urlò Bruno, che prese disperatamente a toccare tutto il muro in cerca di un posto in cui oltrepassarlo.

Il sudtirolese lo ignorò, impegnato a usare la magia di chi aveva preso il controllo per sferrare altri attacchi di "avvertimento".

Le regioni li respingevano efficacemente, ma erano in una posizione di stallo. Hans era intoccabile, ma anche se fossero riusciti a tangerlo, dovevano stare attenti: quello era il corpo di Bruno e non sapevano le sue condizioni.

<Che c'è, già stanchi? Quanto siete sfaticati.> commentò il secessionista.

<Dov'è Bruno, lì dentro? Sta bene?!> si ritrovò a chiedere Roberto, fermo, non potendo fare molto. I suoi attacchi si basavano sull'utilizzare la sua spada, ma gli attacchi diretti erano inutili e non aveva comunque abbastanza spazio per muoversi bene.

L'altoatesino ghignò e rispose: <Oh, che fidanzatino premuroso. Nauseante. In ogni caso, sta strillando come un matto, pregandomi di lasciarvi in pace. Pft, come se lo ascoltassi! Nonostante sia io quello bloccato qua, sembrate voi i topini in trappola.>

Il piemontese strinse le mani a pugno, desideroso di strangolare quel pezzo di merda fino a che non ridava come di diritto il controllo al suo fidanzato.

Prima ancora di rendersene conto, aveva evocato il suo fioretto e aveva utilizzato quel poco di magia che sapeva gestire per sferrare più colpi incantati, a distanza, contemporaneamente. Tali colpi, brillanti nell'aria di un blu scuro, si diressero verso il sudtirolese.

Questi era ghignante, già a metà strada nell'aggiungere un incantesimo riflettente più potente alla sua barriera.

Bruno fu terrorizzato e si diresse, senza rifletterci, verso lo schermo, urlando ‹No!› con disperazione genuina. Stranamente, entrambe le mani passarono oltre lo schermo e desiderò con tutto se stesso di interrompere quell'incantesimo e tutti gli altri.

Hans sentì le mani bruciare e dovette lasciar cadere a terra il flauto in un sibilo di dolore, non completando l'incantesimo. La barriera subì pesanti colpi e si incrinò. Spalancò gli occhi, terrorizzato. La sua carta si stava rivolgendo contro di lui.

Le regioni italiane si stupirono al gesto.

<Non l'ha fatto apposta, non avrebbe senso.> borbottò Mario, stringendo con forza lo scudo.
<Bruno sta in qualche modo cercando di tornare al controllo e ci sta riuscendo!> asserì Roberto con sicurezza.

<Proviamo ad attaccarlo. Vediamo se quella barriera prende qualche altro colpo.> suggerì Rosa, un sorriso crudele in volto.
<Oh, con piacere.> commentò Giorgio con una simile espressione.

<Ehi, stronzetto! Che c'è, ti si è sgonfiata quella testa vuota? Ora ti facciamo vedere che significa mettersi contro di noi!> lo sfidò Francesca.

La ligure scattò in avanti e, quasi alla fine del corridoio, balzò in aria e affondò con una risata maniacale le lame nella bolla protettiva. La toscana, nel mentre, aveva fatto un passo avanti e con un fluido movimento del braccio aveva esteso la frusta e usata essa come veicolo per un pizzico di magia. Il veneto riuscì a lanciare la carta con precisione a metà altezza della protezione. La carta diede subito prova della sua magia, scuotendo la barriera e vagamente il terreno lì attorno.

Rosa purtroppo fu sbalzata, ma venne afferrata prima che cadesse da Domenico, che la riappoggiò a terra. Però il loro attacco non era stato infruttuoso, al contrario: la barriera era decisamente più incrinata. E chi vi era rifugiato dentro aveva le gambe tremanti e si sorreggeva la testa con le mani, in pieno conflitto interno.

‹Ho capito il trucco, stronzo! Ritorna da dove sei venuto!› ordinò Bruno trionfante, spalancando le braccia, spingendo ai lati lo schermo. Lo riuscì a dividere e a creare un portale per il vuoto nero, ma vedendo subito la porta che lo condusse la prima volta al controllo.

Attraversò lo spiraglio creato e corse nelle tenebre verso quella singola porta. Ancor prima di toccarla, allungò una mano e desiderò si aprisse. Essa lo fece con un sonoro click e si spalancò, rivelando all'interno Hans.

‹A noi due, puttana!› gridò il trentino, lanciandosi contro l'altoatesino e strappandolo al suo posto.

Venne risucchiato e catapultato in avanti. Capì di essere tornato nel mondo reale perché sentì tremendamente freddo e il senso di vomito era tornato. Si riuscì ad appoggiare al muro accanto a sé con una mano, reggendosi su gambe incerte. Aprì piano gli occhi e vide la barriera tremolare. Si sforzò per richiamare a sé il flauto, si staccò dalla parete e suonò quelle ultime note necessarie a romperla in un miliardo di frammenti. Poi richiuse gli occhi e barcollò, miracolosamente aggrappandosi al mobile vicino l'ingresso.

<Bruno!> esclamò Roberto con la voce rotta dal sollievo e presto il trentino si sentì avvolgere da un paio di braccia.

Affondò il volto nel petto del fidanzato, respirando rumorosamente, il mal di testa che forse si acquietava. Ma il senso di vomito era sempre lì. Mandò di nuovo giù un po' della bile che stava cercando di risalire, strinse il maglioncino del fidanzato e sussurrò: <H-Ho la nausea...>

Il piemontese lo osservò preoccupato, ma annuì, lo staccò quanto bastava per vederlo in volto e decretò: <Ti accompagno in bagno.>
Suggellò il tutto con un innocente bacetto in fronte, per poi sorreggerlo al meglio delle sue abilità.

<Cosa è successo?> domandò Domenico prima di accorgersi delle condizioni del biondo.
Bruno provò a parlare, ma la voce gli usciva flebile e farfugliata, quindi da lui non potevano avere granché.

<Avevo capito stesse male, mi ero preoccupato, ho cercato fra le notizie recenti e... Dio, quegli umani sono matti.> commentò il piemontese, scuotendo la testa come a scacciare il cattivo pensiero.

<E diccelo!> sbottò Rosa, ma si scostò in modo tale da far procedere il malaticcio e il suo supporto.

<A quanto pare, oggi il sindaco di Trento doveva andare a Bolzano a parlare con il rispettivo sindaco e aveva preso il treno e alla stazione i due si sarebbero salutati ufficiosamente. Una persona anonima ha fatto una soffiata alla polizia, confessando che c'erano molte bombe pronte a scoppiare. La polizia e gli artificieri sono andati ed era vero. Hanno dissinescato le bombe e sembrava tutto sventato, anche se c'era stata molta ansia. Purtroppo c'erano delle bombe che non hanno individuato, che sono scoppiate, hanno creato scompiglio e ferito vari civili, probabilmente.> spiegò seriamente Roberto, lanciando occhiate preoccupate al fidanzato.

<Ecco da dove viene la nausea...> borbottò il trentino, un peso depositato nel petto. Cazzo, quello era un vero e proprio attentato.
<Si sono bevuti il cervello?> domandò retorica Francesca.

<Ci penserai quando starai meglio, ma una cosa è certa: devi prendere misure serie per evitare altri incidenti. Deve entrare in gioco il pugno di ferro.> notò Mario.
<Lo so...> ammise il trentino. La voce era bassa ma vagamente più forte di prima. Aggiunse: <La situazione si inasprirà.>

<Ma tu non sei solo.> asserì Roberto, baciandolo velocemente su una tempia e portandolo verso il bagno.
Il biondo annuì piano, rincuorato dalla sicurezza del fidanzato, di cui aveva bisogno. Necessitava del suo ottimismo e del suo idealismo.

E di lui in generale.



N/A: Hans torna per fare danni.
E i secessionisti sono simpatici in culo.
Viva le cose belleeeeeeee.

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